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XV John Fante Festival, Torricella Peligna il 21, 22, 23 agosto 2020. Il programma

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Dal 21 al 23 agosto a Torricella Peligna in Abruzzo torna il JOHN FANTE FESTIVAL “Il dio di mio padre”, diretto da Giovanna Di Lello, giunto alla sua XV edizione. La manifestazione, fin dalla prima edizione, è organizzata dal Comune di Torricella Peligna per ricordare e omaggiare lo scrittore americano John Fante (1909-1983), il cui padre Nicola era un muratore originario proprio di questo piccolo paese abruzzese. Il Festival è sostenuto anche da Regione Abruzzo, Vini Contesa, Ambasciata Statunitense e dall'agenzia ANSA, da quest'anno nuovo media partner.

Tra gli ospiti di questa XV edizione che festeggia i 100 anni dalla nascita di Charles Bukowski, accanto ai figli di Fante Jim e Victoria Fante che interverranno in video, saranno presenti: Melania Mazzucco, Remo Rapino, Toni Ricciardi, Alessio Romano, Roger Angeles, Christian Carano, Federico Sirianni, Simone D'Alessandro, Rita Salvatore, Antonio Buonanno, Lia Giancristofaro, Antimo Amore. Alessio Vassallo interverrà in streaming, Marco Vichi e Fred Gardaphé saranno presenti in collegamento, mentre Joe Mantegna e Ray Abruzzo interverranno in una video-intervista registrata

Sabato 22 agosto sarà annunciato dallo scrittore due volte Premio Strega  Sandro Veronesi (in video) il Premio alla Carriera John Fante/Vini Contesa 2020, che quest'anno sarà assegnato alla scrittrice Melania Mazzucco. Insieme alla scrittrice interverranno Maria Ida Gaeta, Presidente della Giuria del Premio John Fante Opera Prima, e Nadia Terranova, nuova giurata del Premio.

Domenica 23 agosto la Presidente di giuria insieme alle scrittrici Nadia Terranova e Claudia Durastanti, anche lei nuova giurata, annunceranno e premieranno la vincitrice del Premio John Fante Opera Prima: interverranno le finaliste Alice Cappagli (Einaudi), Arianna Cecconi (Feltrinelli) e Claudia Petrucci (La Nave di Teseo, in streaming)

Tutti gli eventi si svolgeranno alla presenza di un pubblico ristretto nel rispetto delle norme anti-Covid, pertanto è consigliata la prenotazione ai seguenti numeri: 334.3131061 - 333.3721391.

PROGRAMMA COMPLETO
https://www.johnfante.org/programma/
 

VENERDÌ 21 AGOSTO 
ore 17.30
Mediateca John Fante

Apertura Festival

     JOHN FANTE AI TEMPI DEL COVID-19

Video-lettura di JIM FANTE del suo racconto Il combattente
 
ITALIAN AMERICANS
Video-intervista agli attori JOE MANTEGNA e RAY ABRUZZO, con introduzione di VICTORIA FANTE


ore 18.00
Mediateca John Fante
 
15 EDIZIONI DEL JOHN FANTE FESTIVAL
Incontro con Giovanna Di Lello e Toni Ricciardi, curatori del volume Dalla parte di John FanteScritti e testimonianze (Carocci editore, 2020). Intervengono il sindaco di Torricella Peligna, Carmine Ficca, gli autori Alessio Romano, Antonio Buonanno, Lia Giancristofaro, in collegamento streaming Marco Vichi e Fred Gardaphé
Conduce Antimo Amore
 
ore 21.00
Mediateca John Fante
 
100 ANNI DALLA NASCITA DI CHARLES BUKOWSKI
Incontro con Alessio Romano e Roger Angeles, autori della graphic novel
Bukowski. Don’t Try – Il segreto di una Vita (LiscianiLibri, 2020)
Conduce Giovanna Di Lello
 
A seguire
Reading musicale Fame di polvere: Bukowski e Fante
di e con Alessio Romano e Christian Carano
 
 
SABATO 22 AGOSTO

ore 17.30
Piazza Unità d’Italia

 
BONFILIO LIBORIO, L’ALTERITA’
Incontro con Remo Rapino, autore del romanzo Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (Minimum Fax, 2019)
Intervengono Maria Ida Gaeta e Antonio Buonanno
                                                                                                

ore 18.45
Piazza Unità d’Italia
 
PREMIO ALLA CARRIERA JOHN FANTE / VINI CONTESA 2020
A MELANIA MAZZUCCO
Intervengono insieme alla scrittrice
Maria Ida Gaeta, Nadia Terranova e Sandro Veronesi (in video)
 
A seguire
Degustazione Letteraria Vini d'Autore Contesa
                                                                                                
 ore 22.00

Piazza Unità d’Italia
 
MAQROLL, GABBIERE
Spettacolo musicale di Federico Sirianni,
ispirato ai racconti di Alvaro Mutis,
guardando a John Fante
 
                                                                                      
DOMENICA 23 AGOSTO
 ore 17.30

Piazza Unità d’Italia
 
TORRICELLA PELIGNA, MON AMOUR
Incontro con Simone D’Alessandro e Rita Salvatore, autori del volume Ripartire dai borghi, per cambiare le città. Modelli e buone pratiche per ripensare lo sviluppo locale (FrancoAngeli, 2020)
Interviene il sindaco Carmine Ficca
Conduce Giovanna Di Lello
 
 ore 18.00

Piazza Unità d’Italia


PREMIO JOHN FANTE OPERA PRIMA 2020
Incontro e premiazione con le tre finaliste: Alice Cappagli (Niente caffè per SpinozaEinaudi, 2019), Arianna Cecconi (Teresa degli oracoliFeltrinelli, 2020) e in streaming Claudia Petrucci (L'esercizio, La nave di Teseo, 2020)

Interviene la giuria dei letterati: Maria Ida Gaeta (presidente),
Nadia Terranova e Claudia Durastanti

  

ore 20.30
In streaming
Piazza Unità d’Italia
 
JOHN FANTE E DINTORNI
Intervista all’attore
ALESSIO VASSALLO
Conduce Giovanna Di Lello


ASSERGI E SAN ROCCO, PROTETTORE CONTRO LE EPIDEMIE. La storia del santo di Montpellier

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di Giuseppe Lalli - L’AQUILA - Ad Assergi, ridente ed illustre borgo adagiato sulle pendici del versante meridionale del Gran Sasso d’Italia, in quest’annus horribilis per il Covid 19 si ricorda l’Ottocentenario della morte del suo patronoSanFranco eremita. Per l’occasione è nata un’associazione culturale denominata “Assergi: cultura, memoria e montagna” presieduta da Ivana Fiordigigli, che ne è anche l’animatrice. Molte delle programmate iniziative, a causa dell’emergenza sanitaria, sono state rimandate all’anno prossimo, alcune si sono già svolte, sia pure nella sola forma religiosa, nei giorni 13, 14 e 15 agosto. Tra queste, la mattina del 13 agosto, come da tradizione, ha avuto luogo un pellegrinaggio alla sorgente dell’Acqua diSanFranco, dove il santo eremita fece sgorgare miracolosamente l’acqua e dove sorge una graziosa chiesetta. Alla sera poi, nella suggestiva chiesa parrocchiale intitolata a Santa Maria Assunta, è stato inscenato uno spettacolo di racconto, musica e canto dal titolo “Il respirodella montagna”, che ha riscosso molto interesse, una specie di oratorio che racconta la vita del Santo patrono, con musiche originali di Andrei Popescu, eseguite dal gruppo da camera Deltensemble.
Coerentemente con il programma religioso, il 14 agosto, si è festeggiato San Rocco, venerato ad Assergi da tempo immemorabile, come sta a dimostrare l’esistenza nella chiesa parrocchiale di un altare a lui dedicato, in seguito rimosso, già menzionato nella visita del 1781 del vescovo dell’Aquila mons. Cervone eultimatoqualche anno dopo (D. Gianfrancesco, Assergi e S. Franco, pp. 164 e 166). Chi era questo uomo di Dio che l’iconografia, come nella bella statua che campeggia nella chiesa di Assergi e che viene portata in processione, ci mostra nell’aspetto di un giovane quasi sempre con la barba, segno distintivo del viandante, con un giustacuore rosso e un mantello di ruvida stoffa, una borraccia e un tascapane a tracolla, che impugna il bordone dei pellegrini, come San Giacomo, e che ha accanto un cane che reca in bocca una pagnotta?Bisogna riconoscere che attorno a questa popolarissima figura molto è affidato alla tradizione popolare. Le fonti storiche propriamente dette sono poche e incerte. Non esistono cronache datate, né resoconti precisi. Fino al secolo scorso, la biografia ritenuta più antica ed affidabile è stata gli Acta breviora, un documento redatto in latino che si riteneva avesse tradotto una precedente agiografia scritta in volgare e andata perduta. I cosiddetti Bollandisti - gruppo di eruditi che prendono il nome dal loro fondatore, il gesuita belga Jean Bolland (1596-1665) e che lavorarono allacompilazione degli Acta Sanctorum, una raccolta delle fonti documentarie sui santi attraverso i secoli - avevano rinvenuto il codice latino tra i manoscritti del monastero dei Betlemiti, presso Lovanio, in Belgio. Gli specialisti hanno fatto risalire la stesura di detti Actaai primi decenni del XV secolo. Ad essi si rifarebbero tutti i biografi successivi, che aggiungono solo poche altre informazioni sul santo e ne inquadrano le gesta eroiche in un’epoca circoscritta da date più o meno attendibili. Spicca tra di essi il veneziano Francesco Diedo (1435(?)-1484), che colloca la vicenda terrena di San Rocco tra il 1295 e il 1327.
L’onestà intellettuale, che deve sempre presiedere ad ogni autentico lavoro di ricerca, impone di registrare che negli ultimi anni lo studio rigoroso di uno storico accademico belga, Pierre Bolle, che alla figura di San Rocco ha dedicato gran parte della sua vita, ha sollevato fondati dubbi sia sul primato cronologico degli Acta breviora chesull’attendibilità delle biografie fiorite attorno alla figuradel santo. L’insigne studioso ha inoltre prospettato, con argomentazioni che appaiono ben documentate, la possibilità che sulla vicenda di San Rocco abbia potuto sovrapporsi la storia di un altro santo, quasi omonimo, tale Raco di Autun, vescovo vissuto nel VII secolo. In altri termini, la vicenda di Rocco da Montpellier, sarebbe il frutto di una ‘duplicazione agiografica’ («doublet agiographique»), caso non infrequente nei racconti dei santi medievali.
È, questa, la tesi sorprendente che Bolleè convinto di aver dimostrato nelle sue ultime accurate ricerche su San Rocco. Tutte le agiografie, quale che sia il loro effettivo valore di documento storico, concordano sulle origini di Rocco, nato a Montpellier, nella Francia meridionale, da una famiglia benestante a cui gli studiosi hanno dato un nome: i Delacroix, notabili e consoli della città. Secondo i summenzionati Acta, la sua nascita, che si fa risalire attorno al 1350, negli anni in cui l’Europa era funestata dalla tristemente celebre “peste nera”, ed era seguìta ad un voto che i genitori, già avanti negli anni, avevano fatto. La madre, donna assai pia, nonché catechista, lo indirizzò verso una profonda devozione alla Madonna, spingendolo fin dalla nascita a diventare «servo di Cristo» per seguire Gesù nelle sofferenze terrene prima di accedere alla gloria celeste. Di intelligenza sveglia (e in questo, oltre che per la sua origine agiata, ci ricorda San Franco), studiò fino a vent’anni nell’Università di Montpellier, per poi abbracciare in toto la spiritualità francescana entrando a far parte del Terz’ordine di San Francesco. Alla morte dei suoi genitori, rinunciando ad ogni ricchezza, distribuì gli ingenti beni ereditati ai poveri della sua città, e s’incamminò in pellegrinaggio verso Roma.
Durante la giovinezza trascorsa a MontpellierRocco aveva conosciuto l’epidemia della peste, e in essa, soccorrendo i malati più miserabili, aveva scoperto la sua vera vocazione, quella dell’amore per gli altri e in particolare per i più bisognosi. La prima fondamentale tappa del suo pellegrinaggio fu Acquapendente, in provincia di Viterbo. Qui, prestando servizio nell’Hospitale di SanGregorio, in un luogo di dolore, fece il suo apprendistato della carità, e manifestò la potenza taumaturgica che Dio aveva voluto accordargli. I miracoli contro le malattie e le epidemie si moltiplicarono anche nelle altre città che il suo zelo caritativo toccò. Rimase a Romatre anni, curando gli ammalati dell’Hospitale di Santo Spirito. Con tutta probabilità curò e guarì anche un alto prelato non meglio identificato che secondo alcuni studiosi potrebbe essere un cardinale francese, fratello di papa Urbano V (1310-1370). 
Il viaggio di ritorno a Montpelliervenne funestato ancora dalla peste, in corso a Piacenza. Rocco si fermò a prestare soccorso, ma nell’assistere i malati, con tutta probabilità, contrasse il morbo. Allo scopo di non contagiare gli altri a sua volta, si nascose dentro una grotta, o capanna, sul fiume Trebbia, sulla via Francigena. Sarebbe morto di fame se, come narra la tradizione, un cane non avesse provveduto a portargli il pane (da qui il rilievo iconografico) sottratto alla mensa del suo padrone, che era anche il signore del luogo. Il nobiluomo, seguendo l’animale lungo un tortuoso sentiero attraverso il bosco, giunse fino al rifugio di Rocco: lo soccorse e lo curò. Il giovane innamorato di Cristo, mai sazio di carità, fece ritorno nei lazzeretti di Piacenza; e quando la città fu liberata dal contagio si ritirò nella selva per soccorrere gli ultimi appestati, che, insieme a molti piacentini, diventeranno suoi discepoli.
La tradizione più antica vuole che il santo abbia fatto ritorno nella sua Montpellier, mentre le scoperte successive concordano sul fatto che egli si sia fermato a Voghera, in provincia di Pavia (gli errori e le alterazioni di dizione crearono confusione con Angera, in provincia di Varese). Benché sfigurato dalle prove e dalla malattia, avvolto in poveri stracci, giunse al confine della città, non passando inosservato neppure alla vigilanza delle guardie. Quando gli chiesero chi fosse, egli rispose senza esitazione: «un umile servitore di Gesù Cristo». Fu allora accusato di essere una spia. Legato e condotto di fronte al governatore della città, Rocco non si ribellò, ad imitazione del suo divino Maestro, e dopo cinque anni di reclusione, che accettò come un purgatorio per l’espiazione dei peccati suoi e di tutti gli uomini, morì in carcere nella notte tra il 15 e il 16 agosto di un anno imprecisato tra il 1376 e il 1379 (altra analogia con San Franco).
Al fianco della salma fu rinvenuta una tavoletta sulla quale erano incisi il nome di Rocco e la seguente frase: «Chiunque mi invocherà contro la peste sarà liberato da questo flagello». (Noi, al giorno d’oggi, in casi simili, preferiamo affidarci alle sole disposizioni governative…tutt’altra mentalità).     Dapprima i resti mortali del pellegrino della carità venne accolti in una delle chiese di Voghera, per poi passare, dopo alcune temporanee traslazioni, dapprima nella chiesa di San Geminianoa Venezia, in seguito nel palazzo del patriarca di Grado, nella chiesa di San Silvestro, per trovare la loro definitiva dimora, il 3 marzo 1490, nella nuova chiesa di San Rocco a Venezia, dove tuttora sono custoditi. Nel 1590 papa Sisto V (1521-1590) chiese al legato veneziano a Roma, Alberto Badoer, di procurargli informazioni sulla vita e sui prodigi del santo, in vista della sua canonizzazione. Gregorio XIV (1535-1591) fece iscrivere il suo nome nel Martirologio romano, il giorno seguente l’Assunzione di Maria Vergine, vale a dire il 16 agosto. Il 16 luglio 1629 Urbano VIII (1568-1644) invocò la protezione di San Rocco contro le epidemie, per poi approvare definitivamente il suo culto con un breve apostolico.
Il patronato di San Rocco, da iniziale protettore contro le epidemie, si è progressivamente esteso alle catastrofi naturali come i terremoti. Nella sola Italia è patrono di oltre cento comuni e compatrono di molti borghi e città, fra cui Napoli. Con il trascorrere dei secoli è divenuto uno dei santi più conosciuti in Europa, e grazie alla presenza dei francescani è venerato anche nelle Americhe e in Asia. A partire dal XVI secolo la figura di Rocco da Montpellier ha ispirato in tutta Europa molte opere d’arte: veri e propri cicli di dipinti e vetrate che rappresentano gli episodi salienti della sua straordinaria avventura umana. Celebre è il dipinto del Tintorettonella Scuola di San Rocco a Venezia, come pure famose sono le vetrate di Saint-Étienne d'Elbeuf. Gli assergesi, che festeggiano San Rocco il 14 di agosto e non il 16 come prescrive il calendario universale della Chiesa (una punta di civetteria?), i loro “santi in Paradiso” se li sono sempre saputi scegliere bene...

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SAMANTHA CASELLA DAL SUCCESSO DI “TO A GOD UNKNOWN - AL DIO SCONOSCIUTO” AL SUO 1° LUNGOMETRAGGIO

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(intervistaTo A God Unknown - Al Dio Sconosciuto”, il nuovo cortometraggio di Samantha Casella, sta continuando il suo percorso internazionale tempestato di successi. Al momento, infatti, si contano ben 40 premi. Per la precisione:

HOLLYWOOD BLOOD HORROR FESTIVAL

Los Angeles, California, USA.

Best Action / Adventure Short

INDEPENDENT SHORTS AWARD

Los Angeles, California, USA.

Silver Awards: Best Experimental Short

Honorable Mentions: Best Female Director

Honorable Mentions: Best Cinematography

ACCOLADE GLOBAL FILM COMPETITION

La Jolla, California, USA.

Award of Merit: Film Short

Award of Merit: Women Filmmakers

INTERNATIONAL INDEPENDENT FILM AWARDS

Encino. California, USA.

Best Narrative Short

GLOBAL SHORTS

Los Angeles, California. USA.

Honorable Mention Best Short

PRAGUE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL

Praga. Repubblica Ceca.

Honorable Mention Best Experimental Short

BERLIN UNDERGROUND FILM FESTIVAL

Berlino, Germania.

Best Female Director

MONTREAL INTERNATIONAL SHORT FILM AWARDS

Montreal. Canada.

Best Experimental Short

KOSICE INTERNATIONAL MONTHLY FILM FESTIVAL

Kosice. Slovacchia.

Honorable Mention Best Experimental Short Film

Best Sound Design

AFTER HOUR FILM FESTIVAL

United States. Latin America. India.

Jury Award Best Short Film

TORONTO SHORT FILM CHANNEL FESTIVAL

Best International Short

BEYOND EARTH FILM FESTIVAL

Chennai. India.

Best Women’s Short

MONTHLY ONLINE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL

Tirupur. Tamil Nadu. India.

Best Short Documentary Film

GLOBAL MOUNTHLY ONLINE FILM COMPETITION

New York. USA.

Best Experimental Short

Best Music Short

Best Women Director

METROPOLITAN FILM FESTIVAL NYC

New York. Stati Uniti.

Best Experimental Short

ONE-REELER SHORT FILM COMPETITION

Los Angeles. 26 luglio 2020

Award of Merit: Best Short Film

YOUR SHORT FILM FESTIVAL

On Line Festival. 28 luglio 2020

Best Short Film

INDUS RIVER INTERNATIONAL CINEFEST

Gahan. Himachal Pradesh. India. 18 agosto 2020

Best Experimental Short

Outstanding Director

HOLY GRAIL INTERNATIONAL FILM FESTIVAL

Gerusalemme. Israele. 24 agosto 2020

Best Experimental Short

Outstanding Director

ONYKO FILMS AWARDS

Onyko. Japan

Best Cinematography

TWILIGHT TOKYO FILM FESTIVAL

Tokyo. Japan.

Best Short Film

Best Women’s Film

LA INDEPENDENT FILM CHANNEL FESTIVAL

Los Angeles. USA

Best Director

ACCORD CINE FEST

On Line Event. USA.

Best Experimental Short

Best Director Music Short

LA SUN FILM FEST

Los Angeles. California. USA.

Best Experimental Short

SCREEN POWER FILM FESTIVAL

Londra. Gran Bretagna.

Best Cinematography

Best Sound Design

NEW CINEMA LISBON FILM FESTIVAL

Lisbona. Portogallo.

Best Inspirational Film

TORONTO FILM MAGAZINE FEST

Toronto. Canada.

Best Experimental Short

MONT BLANC INTERNATIONAL FILM FESTIVAL

Parigi. Francia.

Best Experimental Film

Best Women’s Film

Decisamente una bella soddisfazione per la regista italiana, che dopo “I Am Banksy” (che ha avuto numerosi riconoscimenti Oltreoceano) è ripartita dagli Stati Uniti con questo suo progetto. Il corto è diviso in tre capitoli (ognuno recitato in lingua originale): il primo è ispirato ai versi del poeta russo Sergey Esenin, il secondo si basa su un romanzo di John Steinbeck che da il titolo all’opera, il terzo si chiude con dei brani poetici di Arthur Rimbaud.

Ad unirli sono elementi primordiali quali l’acqua, il sangue, il fuoco, l’amore, Dio.

Una chiave di lettura più approfondita suggerisce che tutti i capitoli trattano il tema del sacrificio rituale in onore dell'amore, di Dio e della sacralità.

Il "tempo"è la matrice della vita umana nel mondo, eppure se il tempo si fonde con il divino, ogni orologio viene annientato.

Il cast è composto da un solo attore, ovvero Brian Witt (al secolo Matteo Fiori) presente nel secondo capitolo.

“To A God Unknown - Al Dio Sconosciuto” è stato realizzato con il prezioso supporto del gruppo di lavoro “The Wild Bunch”.

Il montatore è lo stesso di “I Am Banksy”, ovvero Trevor Bishop. E lo stesso vale per la colonna sonora, firmata da Massimiliano Lazzaretti, qui affiancato da Tatiana Mele.
Il direttore della fotografia è Frank Hoffman.
Per quanto riguarda gli aspetti di visual effects ed effects templates sono state coinvolte numerose persone come Nassim Farin, Arseny Gutov a Lario Tus. Tra gli operatori Dylan Winter e Nik Rijavec.

I doppiatori sono il russo Viacheslav Syngaevskiy, l’americano Richard Lloyd Stevens e il francese Frédéric Bernard.

Il dipinto di Ofelia presente nel corso è stato realizzato da Claudia Drei, madre di Samantha Casella.

Intanto Samantha Casella ha iniziato le riprese del suo primo lungometraggio (prodotto da "The Shadows Factory"), dal titolo “The Fall Of Time”. «Si tratta di un film diviso in tre capitoli che si intrecciano, una rivisitazione delle dottrine orfiche tra cui il mito di Orfeo e Euridice, riproposto in chiave moderna, così come il susseguirsi di diversi personaggi legati alla mitologia» - anticipa la regista - «I temi affrontati saranno diversi, a partire dallo scorrere del tempo e dal valore che ha esso in sospeso tra l'eternità e la mortalità. Ci sono poi temi intimisti: la coscienza, l'alienazione dell'individuo, l'amore come fonte di speranza e dolore. Infine, forse per la prima volta in una mia produzione, il film è attraversato da tematiche sociali quali la difficoltà di staccarsi da una struttura patriarcale e la ricerca di una fluidità sessuale in cui il genere significa intraprendere un percorso che parte da dentro».

Il film verrà girato tra Italia, Francia e Stati Uniti. Tutto il cast tecnico cambierà dagli USA all'Europa, mentre il cast artistico è ancora in via di definizione.


E se fosse il Vascello fantasma a dare le risposte?

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Approfondimenti della puntata in onda sulle frequenze di Radio CRT di Flaviana Pier Elena Fusi con Edoardo Flaccomio 

SALPARE L’ANCORA

Per disincagliare serve una posizione particolare, perfettamente verticale, che permette di andare. Partire e veleggiare, con il vento in poppa tra i flutti del mare, per ricercare, scoprire ed osservare, la Terra da una prospettiva distanziale. La costa a volte è frastagliata, altre è baia che rallegra la giornata, più avanti c’è la grotta che permette di riavvolgere la scotta. Chiudersi dentro se stessi, per visitarne gli abissi, aspettar l’alba di un nuovo giorno e prendere al volo ciò che non fa ritorno.

Questo è il sale della vita, che nessuna strada vede proibita, solo il discernimento renderà il cuore contento. Attraverso una delusione s’impara il senso della direzione, analizzando un accadimento si può ripartire sulle ali del vento e per non stancarsi di viaggiare, basta lasciarsi andare. Aspettare la vita ci inebria di gioia infinita.

Indagine di Edoardo Flaccomio

VASCELLI FANTASMA E CAPITANI

La parola Vascello si fonda sulla radice vasc. Lo scafo è innegabilmente simile alla comune vasca da bagno.

Le sillabe restanti El e Lo di vascello, alludono ad Elohim, ad Elì, Dio che si manifesta attraverso la creazione, secondo l’ebraico.

Il ‘Fantasma’ del Vascello è proprio il significato recondito: Vasca di Dio; impossibile non associarla al Sacro Graal, entrambi contenitori delle Leggi generanti l’Ordine Universale.

Gli alberi legnosi dell’imbarcazione, si elevano verso l’alto, a significare l’avvicinarsi all’Altissimo. È interessante far presente che il verbo elevare viene da “Ele”, equivalente di El o Elì, nomi dell’Onnipotente in Medio Oriente.

Le vele, da collegare agli alberi, accolgono brezze per sospingere il veliero. I venti simboleggiano l’alito divino. Tutto torna. 

La parola fantasma, si riferisce a qualcosa di intangibile, all’informazione, a ciò che non si vede ma che guida la ricerca del significato. Negli svariati racconti sui Vascelli Fantasma, si ha la netta impressione che tali imbarcazioni conoscano la rotta, in altre circostanze danno la sensazione di essere guidate da energie consapevoli.

La parola “fantasma” si basa sulla radice ‘fantas’, annunciatrice di ciò che è fantastico, fantasioso, fantasia.

 Il ‘ma’ di fantasma, in ebraico, significa madre.

La parola Annam, all’interno di fantasma, in sanscrito, significa Cibo. Letto da destra a sinistra la stessa parola diviene Manna, proprio un richiamo alla Manna dal cielo che nutrì il popolo ebraico fuggito dall’Egitto.

Mana, sempre in sanscrito, vuol dire Mente.

Il vocabolo “fantasma” annuncia inoltre la parola Fanat, nel senso di esaltazione religiosa, derivante dal latino fanum, che vuol dire tempio.

L’equazione verbale che ne risulta, è la seguente: La fantasia della mente è tempio, cibo e madre.

Mettendo insieme Vascello Fantasma si ottiene il messaggio nascosto che la Vita invia agli esseri umani affinché modifichino la rotta da seguire: Nella Sacra Vasca di Dio, la Fantasia della Mente è Tempio, Manna e Madre.

La fantasia, se utilizzata per ampliare la Conoscenza, rivela gli arcani.

Quando si parla di Vascelli, ritornano alla mente fiabe, racconti, capitani.

Capitan Fracassa, Uncino, Tempesta, Matamoros, Spaventa, Terremoto. Nomi che di primo acchito non incantano. In realtà, la durezza del Capitano, nella prospettiva della Conoscenza, è legata all’Ordine, alla disciplina; ciascuno deve eseguire il proprio ruolo, tanto sul bastimento, quanto in Terra. Non sono concessi sconfinamenti. I Comandi del Capitano sono il riverbero dell’Ordine Universale. L’autorevolezza che ne deriva, non è cattiveria, ma rispetto delle Regole Celesti. Si ha l’impressione che il significato di capitano sia stato alterato. È fuori dubbio che tale parola contenga la radice Capo, ossia l’essenza della Mente dei Buddisti, il Modello Assoluto Rosc per gli ebrei, Mana, nei versi sanscriti della cultura vedica.

Emblematica la rappresentazione Wagneriana del Vascello Fantasma. Nella incisione commemorativa della prima rappresentazione del 1876, si vede una donna spinta con forza verso il pazzo capitano olandese. Nella scena finale, il capitano maledetto ottiene il perdono di Dio, grazie al sacrificio della fanciulla che lo ama. Nella raffigurazione si vede il vascello che sta affondando ed il capitano su una nuvola con il braccio destro alzato verso l’alto, ivi compreso lo sguardo. La donna lo abbraccia con trasporto e quasi si intuisce il braccio sinistro del capitano che cinge la vita, il fianco della donna. L’Amore trionfa e punta verso l’alto, lo scafo, il veliero fantasma, portatore del messaggio d’amore, scompare in basso, all’interno del mare, simbolo di Conoscenza.

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Ricetta erboristica di Anna Maria Esposito:responsabile della testata giornalistica di radio CRT e conduttrice del programma “Blaterando”.

Il sedano rapa vanta origine molto antiche. Era già noto presso i Greci, tanto da essere citato da Omero nell’Odissea in diversi passi. Lo ritroviamo insieme alle viole nel giardino di Calipso, la ninfa; Achille lo somministra al suo cavallo, gravemente ammalato, che miracolosamente guarisce. Tra gli Elleni era ritenuta pianta sacra al punto che la sua effige veniva rappresentata sulle monete della città Selinunte. Annoverata per le sue proprietà medicinali, nell’antica farmacopea, Ippocrate e Santa Ildegarda la consigliavano contro la depressione. Madame de Pompadour l’assumeva per “sensibilizzare i sensi”. Nel Medioevo era popolare con il nome di “sedano di Verona” perché tipico di questa zona.

Il sedano è ortaggio da radice, ricco di Sali minerali, vit K, vit: c gruppo B e fibre. È un toccasana per le sue proprietà rimineralizzanti, diuretiche, depurative e digestive.

Ricetta depurativa: succo centrifugato

Un sedano rapa di medie dimensioni sbucciato e centrifugato. Bere mezzo bicchiere di questo succo fresco, prima dei pasti principali, per un mese. Controindicazioni: sconsigliato alle donne in gravidanza per la sua capacità di provocare contrazioni uterine.

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Nel mare della vita la pietanza è servita e se fra i flutti vogliamo stare, abbiamo necessità di pescare.

Ricetta di chef Domenico: calamari ripieni al forno

Ingredienti:

4 calamari medi

8 gamberi

1 Sedano rapa medio

1 cipolla rossa di Tropea

1 uovo

Pane raffermo

Olio extra vergine di oliva

Sale q.b.

Facoltativo grana grattugiato

Preparazione:

lavare bene i gamberi e i calamari, separare il corpo dai ciuffi e ridurre il corpo a pezzettini, rosolare il sedano rapa tagliato alla julienne in un po’ d’olio, aggiungere la cipolla tagliata sottilmente, poco dopo i ciuffi dei calamari tritati e per ultimi i gamberi. Cuocere non oltre 7 minuti in totale. Una volta pronto, aggiungere pane raffermo, un uovo, sale e pepe a piacere e per ottenere un sapore più deciso è possibile aggiungere del grana grattugiato. Riempire le sacche dei calamari con il composto fino atre quarti. Sigillare con uno stuzzicadenti. Disporre i calamari ripieni in una teglia e infornare a 180 gradi per circa dieci minuti. Buon appetito.

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Bollettino Radiometeo di Flaviana Pier Elena Fusi

Il vascello è un contenitore

di anime unite nell’ardore

che vogliono viaggiare nella vita

dove la magia è infinita.

Solcare mari profondi

scoprire tesori di antichi mondi

recuperare la storia

che resta insegnamento di gloria.

Tutto viaggia sulla scia

di una straordinaria poesia

quando si parla di velieri

la mente corre tra caratteri alteri

che si ritrovano vicini

perché accomunati da destini:

portare parole d’amore

dove c’è fragilità di cuore.

Sono quelle vele spiegate

frutto di sintonie accreditate

è l’equipaggio unito

che salpa l’ancora d’acchito.

Consiglio Radiometeo: il gruppo può viaggiare nel mare dell’amore, riesce a veleggiare, a ritrovare e ripristinare sublimi armonie lontane.

Bookolica. Il festival dei lettori creativi, Terza edizione 3-6 settembre 2020

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Quattro giorni di incontri dedicati alla letteratura con personaggi della cultura di rilievo nazionale e internazionale legati ad un programma ricco di attività

Giovedì 3 settembre alle ore 21.00, nella suggestiva cornice di Piazza Faber a Tempio Pausania, inaugura il programma ufficiale della terza edizione di Bookolica con un raffinato calendario di letture, performance, musica, presentazioni, talk e proiezioni per rileggere sotto nuova luce le più recenti proposte editoriali.

Il progetto Bookolica Kids, dedicato al mondo dell’infanzia, vedrà invece gli esordi già a partire dal 31 agosto.

Tante le novità, le partecipazioni di attori sardi, numerosi nuovi ospiti nazionali e internazionali ma anche dei graditi ritorni.

Dal 3 al 6 settembre 2020 il Festival torna ad essere, per un pubblico eterogeneo sia per età che interessi,  l’occasione di un fertile confronto tra saperi e uno spazio in cui affrontare, attraverso la letteratura, temi che riguardano l’attualità. La maggior parte degli appuntamenti si svolgerà in uno dei luoghi più suggestivi di Tempio Pausania, Piazza Faber, seguendo tutte le misure e direttive di sicurezza in materia COVID. “Riteniamo un dovere e diritto, sia per noi come organizzatori che per il pubblico e i sostenitori del festival, portare avanti questo progetto seppur in un momento delicato come questo. Vogliamo esserci per creare un immaginario di possibilità, raccontare storie, incontrarci, leggere e rileggere” – Associazione Bottega No-Made. Bookolica conferma così l’impegno verso il pubblico e per la prima volta trasmetterà gli eventi anche in diretta streaming per tutti coloro i quali non potranno essere presenti.

Bookolica per il 2020 mette al centro il ruolo della lettura come elemento essenziale nel percorso di crescita culturale delle persone e fondamentale per rafforzare l’idea del libro come bene comune. I numerosi appuntamenti mettono in dialogo i diversi linguaggi dell’arte, della letteratura e della cultura con la tradizione, il contesto ambientale e l’innovazione, creando un ambiente interattivo di condivisione, confronto e dibattito.

Ampio spazio sarà dedicato all’ambiente con un focus sull’acqua, tema sempre attuale e di estrema urgenza. Attraverso la letteratura si analizzeranno le problematiche ambientali a livello locale e mondiale alla presenza di esperti del settore, startupper, attivisti e giornalisti ambientali come Emanuele Bompan, Simona Savini, attivista del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e Christian Secci, imprenditore virtuoso nel campo dell’ecosostenibilità e dell’innovazione green.

All’interno del Festival anche la musica avrà il suo grande momento con un incontro retrospettivo dedicato alla vita e all’opera di Franco Battiato; cantautore di spicco della musica italiana e artista tout court, Battiato sarà il protagonista di un intenso approfondimento: sul palco di Bookolica si susseguiranno Fabio Zuffanti, musicista eclettico della scena nazionale, il filosofo Giuseppe Pulina con un affondo sulla poetica dell’autore e il musicista Fabio Cinti, il quale vanta importanti collaborazioni con grandi nomi della musica come Morgan e lo stesso Battiato.

Alla musica sarà dedicato un altro momento del Festival con un incontro sul Grande Maestro Ennio Morricone assieme al compositore e scrittore Alessandro de Rosa.

Ogni giornata del festival, infine, chiuderà con un concerto dal vivo. 

Bookolica apre l’edizione 2020 con il progetto Bookolica Kids, occasione di formazione e crescita per il mondo dell’infanzia e  per docenti, educatori e genitori. Fin dalla prima edizione Bookolica ha sempre posto la sua attenzione sulle nuove generazioni affinché anche i più piccoli si riconoscessero nel festival. Bookolica Kids, realizzato con il sostegno della Fondazione di Sardegna, accoglierà un nuovo pubblico, stimolando le pratiche di apprendimento attraverso un laboratorio di scrittura creativa a cura di Alberto Capitta, reading letterari ad opera di Savina Dolores Massa e presentazione di libri  scritti a due mani da Giuseppina Cuccu e Antonello Cuccu.

L’amore per il territorio sardo e la passione per il proprio lavoro che contraddistinguono l’Associazione Bottega No-Made, ideatrice e promotrice di Bookolica, si traducono in una serie di iniziative che arricchiscono il territorio isolano durante tutto l’anno. Da sei anni Bottega No-Made organizza PROPS - Festival dei gesti dei sentieri e delle favole, in programma per il 2020 dal 25 al 27 settembre, sempre a Tempio Pausania. Una manifestazione di spettacoli teatrali, incursioni di micro-teatro, workshop e laboratori di teatro, scenografia e tecniche delle luci e del suono. Tra gli spettacoli che si svolgeranno durante il festival andrà in scena “Macbettu" di Alessandro Serra, uno dei più celebrati spettacoli teatrali degli ultimi anni che torna in via eccezionale per Props 2020.

Bookolica è organizzato dall’Associazione Culturale Bottega No-Made, con il sostegno di Regione Autonoma della Sardegna, Fondazione Banco di Sardegna, Comune di Tempio Pausania, Fondazione Sardegna Film Commission. Media partner: Aeroporto di Olbia Costa Smeralda, Tiscali e Profilcultura.

BOOKOLICA: IL PROGRAMMA DELLA TERZA EDIZIONE

Da giovedì 3 a domenica 6 settembre il festival proporrà un calendario ricco di eventi e appuntamenti tra cui novità editoriali, presentazioni di libri, incontri con gli autori, letture di poesie, proiezioni di film, laboratori e concerti; a partire dalla seconda giornata del festival il programma degli appuntamenti sarà preceduto dalle letture degli attori Chiara Murru e Felice Montervino, come introduzione al tema della giornata.

L’apertura di Bookolica 2020 sarà affidata alla performance poetica di Domenico Brancale tratta dal suo ultimo libro “Mal d’Acqua” (Modo Infoshop 2020) e proseguirà all’insegna della musica d’autore con un’immersione totale nell’universo del cantautore siciliano Franco Battiato. A raccontarlo saranno numerosi ospiti: il musicista e scrittore Fabio Zuffanti presenterà i libri “Franco Battiato. Tutti i dischi e tutte le canzoni, dal 1965 al 2019” (Arcana 2020) e “Battiato. La voce del padrone. 1945-1982. Nascita, ascesa e consacrazione del fenomeno” (Arcana 2018); Giuseppe Pulina, filosofo, docente, scrittore e direttore della rivista “Mneme Ammentos”, presenterà il suo libro “La cura. Anche tu sei un essere speciale” (Zona, 2010), in cui indaga il background filosofico e la fitta trama di suggestioni dell’opera del noto cantautore. Fabio Cinti - musicista, cantautore e autore, tra le cui collaborazioni spiccano i nomi di Morgan, Paolo Benvegnù e Franco Battiato – racconterà l’artista e musicista siciliano.

A concludere la prima serata sarà il concerto live “Al blu mi muovo” a cura di Fabio Cinti e Alessandro Russo.

La seconda giornata sarà dedicata ai temi ambientali: in diretta streaming il pubblico potrà assistere agli interventi di Emanuele Bompan, Christian Secci e Simona Savini.

Emanuele Bompan, giornalista ambientale, geografo e direttore della rivista “Materia Rinnovabile”, parlerà del suo libro “L’Atlante Geopolitico dell’Acqua” (Hoepli 2019). L'acqua è l'elemento naturale indispensabile per la vita sulla Terra: una risorsa preziosa da sempre oggetto di contese, conflitti e depauperamento. Bompan racconterà in chiave geopolitica la situazione dei Paesi in cui è maggiore la criticità legata ai sistemi idrici.

Christian Secci della startup Alfred Italia discuterà della conversione ambientale; il talk, toccherà la territorialità e uno degli aspetti del problema del collasso climatico, cioè la tecnologia e come essa può aiutarci a compiere piccoli progressi.

Infine Simona Savini, attivista del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, affronterà la tematica ambientale parlando del  sistema idrico e alimentare. Alla fine dello streaming sarà proiettato un breve video realizzato dalla realtà sarda “I medici per l’ambiente” realtà virtuosa sul territorio.L’evento “Streaming per l’ambiente” è pensato, progettato e realizzato dalle ragazze e dai ragazzi dello Staff di Bookolica.

A fine serata, prima del concerto live “Palla di Gas” del Duo Bucolico, tornerà sul palco un volto noto di Bookolica, lo scrittore di culto Antonio Moresco  che, in dialogo con Francesco Cattaneo, presenterà il suo ultimo libro “Canto degli alberi”, scritto durante la quarantena (Aboca, 2020).La giornata di sabato inizierà con “Emergenti” doppio appuntamento curato da Domenica Azzena che presenterà Daniela Piras con il suo “Un modo semplice” (Talos 2020) seguita da Zaira Zingone con “Andai nei boschi” (Catartica, 2020).Entrambe le scrittrici saranno accompagnate da una performance musicale; nel primo caso incontreremo Daniele Ricciu al sax tenore e a seguire Graziano Solinas alla fisarmonica. Anche il cinema avrà il suo spazio con un intervento estetico-filosofico dedicato a Werner Herzog. Herzog, cineasta, pensatore e tra i più importanti esponenti del nuovo cinema tedesco, sarà la figura centrale nel dialogo tra Jonny Costantino, scrittore e cineasta e il filosofo Francesco Cattaneo, già traduttore di Herzog e autore di diversi saggi sul visionario filmmaker, nell’ambito della presentazione del numero monografico di “Estetica. Studi e ricerche” .

Per la prima volta a Bookolica la sezione dedicata al giornalismo d’inchiesta, Diego Gandolfo presenterà, in dialogo con Pablo Sole, “I Signori delle città: la prima inchiesta completa sul potere e i segreti delle fondazioni bancarie”.

Ziga Koritnik, artista sloveno di fama internazionale,  illustrerà il libro “Cloud Arrangers” (Pega 2019). Ziga è il più sensibile ritrattista della scena free jazz europea e ha fotografato durante la sua carriera mostri sacri dell’improvvisazione come Peter Brötzmann, Joe McPhee e Mats Gustafsson. Assieme a Jonny Costantino ripercorrerà le avventure e gli incontri indimenticabili del suo viaggio artistico mentre le sue immagini contrappunteranno, sullo schermo, i racconti di vita e di musica.

Chiuderà la giornata la performance musicale free jazz del gruppo We Now accompagnata dal bassista Gianluca Accogli. La domenica mattina gli appuntamenti si svolgeranno in via eccezionale al Monte Limbara, nel suggestivo parco dell’Hotel Vallicciola.

Alle ore 11 la poetessa Savina Dolores Massa dialogherà con Sergio Scavio sul suo ultimo libro “Lampadari a Gocce“ (Il Maestrale, 2020); a seguire Fabio Zuffanti che presenterà, insieme a Sergio Scavio,  il suo libro “Amori elusivi” (Les Flaneurs Edizioni, 2019).

Il programma serale di quest’ultima giornata si svolgerà nuovamente in Piazza Faber partendo da una figura “bigger than cinema”, l’attore Sterling Hayden.

Protagonista di Giungla d’asfalto di John Huston e Rapina a mano armata di Stanley Kubrick, a raccontare la sua “vita disastrata ed epica” sarà Jonny Costantino, autore del libro “Un uomo con la guerra dentro” (Lamantica, 2020).

L’ultima giornata del festival proseguirà con un evento d’eccezione alla presenza di Alessandro de Rosa, co-autore con Ennio Morricone della sua autobiografia in conversazione “Ennio Morricone – Inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita. Conversazioni con Alessandro De Rosa” (Mondadori, 2016). Questo libro è il risultato di anni di incontri fra Ennio Morricone e il giovane compositore Alessandro De Rosa. È un dialogo denso e profondo che parla di vita, di musica e dei modi meravigliosi e imprevedibili in cui vita e musica entrano in contatto e si influenzano a vicenda. Il lungo e ricco percorso artistico di Morricone verrà inoltre raccontato al pubblico grazie a contributi video

Dopo questa testimonianza prenderà nuovamente la parola l’autore Antonio Moresco per approfondire, insieme a Jonny Costantino, il suo libro “Canto di d’Arco” (SEM, 2019).

Moresco, a conclusione della presentazione, rimarrà sul palco insieme allo scrittore Marcello Fois (in collegamento streaming) per affrontare il delicato tema dell’identità e per scoprire insieme al pubblico le criticità e i significati che questa parola porta con sé.

Chiuderà la quattro giornate Sound&Fingerpicking, concerto live del duo Marco Messina & Anna Mancini.

Grazie alla collaborazione tra Bookolica e Sardegna Film Commission il 9 settembre il pubblico potrà assistere alla proiezione dell’ultimo film e insieme primo lungometraggio “L’Agnello” del regista Mario Piredda (vincitore del David di Donatello nel 2017) presso il Cinema Teatro Giorno di Tempio Pausania.

Tutti gli eventi di Bookolica 2020 sono gratuiti e per la prima volta saranno trasmessi in diretta streaming sui social network della manifestazione.

INFORMAZIONI UTILI

TITOLO: Bookolica. Il festival dei Lettori Creativi

QUANDO E DOVE: Tempio Pausania, Sardegna – dal 3 al 6 settembre 2020

Bookolica Kids: Tempio Pausania, Sardegna – dal 31 agosto al 4 settembre 2020

Per info e prenotazioni: 346-8803715

DIRETTA STREAMING: https://www.facebook.com/bookolicafestival/

FACEBOOK: https://www.facebook.com/bookolicafestival/

YOUTUBE: https://www.youtube.com/channel/UCKJ6xK6HFaPd7EkrvjEUatg

L'ACCESSO A TUTTE LE INIZIATIVE È GRATUITO

Organizzato da: Associazione Culturale Bottega No-Made

PAOLO BUONVINO: "VI RACCONTO LA MIA TARANTA"

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Sarà un viaggio emozionale quello immaginato da Paolo Buonvino, maestro concertatore dell’edizione 2020 de La Notte della Taranta, che tiene insieme le note e le voci della tradizione popolare salentina, dense di sofferenza, di gioia e di storie di vita. Emozionare il pubblico che seguirà l’evento in  tv “La Notte della Taranta” (trasmesso il 28 agosto su Rai 2 e realizzato dal vivo il 22 agosto a Melpignano) ed emozionarsi nel raccontare le radici di una terra sono aspetti centrali del lavoro del maestro Buonvino, e lo sono stati a partire dal momento in cui si è approcciato alle note della tradizione per comporre le musiche di questa edizione dell’evento di Melpignano: “Mi sono avvicinato alla musica popolare salentina con molta umiltà, timore, ma sicuramente con tanta passione. Ho preso quello che mi è arrivato anche dalle piccole sfumature, da cui carpivo vissuti, esperienze e ho cercato di metterci un pezzo di me, della mia esperienza di vita”. “Ho scoperto che in questa tradizione”, racconta ancora il maestro Buonvino, “ci sono aspetti profondi e significativi. La vera ricchezza, essendo una musica che viene dal popolo, sono le vite di ciascuno, le fatiche e i dolori raccontati in musica dagli stessi protagonisti. Naturalmente, essendo musica popolare, è primariamente espressione di persone e non di musicisti professionisti. Semplicità e spontaneità sono parole chiave per comprenderla appieno ed è incredibile come l’essenzialità di alcuni gesti, per esempio il battere del tamburello, provochino un’intensità indescrivibile”. L’emozione semplice ma di grande pathos di un tamburello che suona, il maestro Buonvino ha cercato di restituirla in un evento che si preannuncia di grande effetto. Una sorta di viaggio all’essenza, all’origine della musica, capace di curare e guarire, e della danza liberatoria che diventa un antidoto contro il malessere. È una musica capace di abbattere i muri ed è questa la vera forza della tradizione popolare salentina: elimina le sovrastrutture, smussa le rigidità, rompe quelle barriere che separano. Davanti alla musica, a un ritmo vero e ancestrale, non si può che lasciarsi andare a momenti di incontro e scambio, in cui l’interazione diventa la chiave di violino nel pentagramma emozionale. In questa edizione diretta da Buonvino, autore di straordinarie colonne sonore per il cinema, non poteva mancare l’abbraccio tra due espressioni musicali diverse: l’Orchestra Popolare de La Notte della Taranta e l’Orchestra Roma Sinfonietta. Due orchestre differenti, che si uniscono regalando un evento speciale, che sfiora la magia. Un omaggio emotivo a cui contribuirà anche la nuova scenografia costituita da un palco molto basso di legno e le proiezioni e i supporti di carattere quasi cinematografico. Sullo sfondo, la facciata dell’ex Convento degli Agostiniani, sede della Fondazione Notte della Taranta, che diventa fondale spettacolare, testimone del percorso unico e imperdibile che i telespettatori saranno invitati a compiere insieme per una notte.

Manfredonia, dal 26 agosto “Sarà l’Estate”: Musica, teatro e laboratori per ritrovarsi all’aperto

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Il cartellone di eventi realizzato da Teatro Pubblico Pugliese e Regione Puglia, in collaborazione con Bottega degli Apocrifi e Gal DaunOfantino con il patrocinio del Comune di Manfredonia. Dal 26 agosto al 12 settembre 2020 in location suggestive e innovative di Manfredonia.

Sarà l’Estate” è il programma di eventi estivi che andrà in scena a Manfredonia dal 26 agosto al 12 settembre tra musica, teatro e laboratori per ritrovarsi all’aperto.

Il cartellone – realizzato da Teatro Pubblico Pugliese e Regione Puglia, in collaborazione con Bottega degli Apocrifi e Gal DaunOfantino con il patrocinio del Comune di Manfredonia – prevede 8 concerti e spettacoli aperti al pubblico e un laboratorio teatrale gratuito aperto ai ragazzi della città.

Gli eventi si svolgeranno in location suggestive e innovative diffuse nella città di Manfredonia: il Chiostro di Palazzo San Domenico, la Piazza della “Terrazza sul mare”, gli Ipogei Capparelli nel Parco Archeologico di Siponto, la nuova Piazza di Comunità (Cortile Scuola Media Perotto) adiacente al Teatro Comunale “Lucio Dalla”.

Quattro gli eventi dedicati alla musica, uno dei quali all’alba. Si parte con “L’Estate”, concerto della sera, in programma mercoledì 26 agosto alle 21. Da Shostakovich a Beethoven per attraversare la musica in un’estate di emozioni e di bellezza con il Quartetto d’archi César Franck composto dai maestri Matteo Calosci (violino primo), Niccolò Musmeci (violino secondo), Vincenzo Starace (viola), Bruno Crinò (violoncello).

Musica per tirare tardi alla sera con “From San Francisco to Mississipi”, venerdì 28 agosto alle 21, che vedrà all’opera la Harlem Blues Band con Richard Blues (voce), Matteo Fioretti (chitarra), Jon Trip (organo), Francesco “draft” Bozza (piano), Daniele Del Gaudio (basso), Rocco Di Cosmo (batteria).

Facciamo Giorno”, il concerto all’alba in programma sabato 29 agosto alle 06.10, a cura di Bottega degli Apocrifi con Fabio Trimigno (violino), Michela Celozzi (violoncello) e Andrea Stuppiello (percussioni). Un saluto al sole con alcune delle misteriose sonate di Chédeville attribuite a Vivaldi.

E poi ancora un concerto della sera, sempre a cura degli Apocrifi, domenica 30 agosto alle 21, con “non di solo Mozart” di e con Fabio Trimigno (violino) e Antonio Simone (pianoforte), che si tufferanno nella carica innovativa di spartiti di 300 anni fa.

Harem, le donne di Federico” è invece lo spettacolo teatrale di Carla De Girolamo che ci offre uno sguardo nuovo e inedito sulla figura di uno degli uomini più potenti di tutti i tempi, con Anna Laura d’Ecclesia, Arianna Gabbaccini e Carla De Girolamo. In scena sabato 29 agosto alle 21.

E poi tre appuntamenti di teatro e musica dal vivo. Si parte giovedì 27 agosto alle 21 con “Odissea: ovvero l’importanza di chiamarsi Ulisse” della Compagnia Carticù/IP produzioni impertinenti con Giuseppe Ciciriello e Piero Santoro (fisarmonica). Un duo che attraversa la Storia inseguendo le mille e mille storie che la attraversano, che si mette stavolta sulle tracce del più grande viaggiatore dell’antichità.

Domenica 6 settembre alle 21 andrà in scena “La Partita, antologia pasoliniana in forma calcistica”, una produzione delle compagnie La Luna nel Letto e Bottega degli Apocrifi, di e con Salvatore Marci, con Fabio Trimigno (violino e pianoforte) e Giovanni Antonio Salvemini (chitarra).

La rassegna “Sarà l’Estate” si chiuderà con “#InCoro”, spettacolo nato da un’idea di Stefania Marrone e Cosimo Severo, liberamente ispirato a La canzone degli F.P. e degli I.M. di Elsa Morante, in programma venerdì 11 e sabato 12 settembre alle 21 nella nuova Piazza di Comunità (Cortile Scuola Media Perotto), adiacente al Teatro Comunale “Lucio Dalla”.

E sarà sempre il cortile – in una cornice urbana e periferica che viene messa a valore e riconquista la sua funzione pubblica attraverso questa iniziativa – ad ospitare “Quel mondo salvato dai ragazzini”, il laboratorio teatrale gratuito aperto ai ragazzi della città in programma dal 7 all’11 settembre. Si partirà dal libro di Elsa Morante “Il mondo Salvato dai ragazzini”, per realizzare il coro teatrale per lo spettacolo “#InCoro”, con la guida di Cosimo Severo, Fabio Trimigno, Giovanni Salvemini, Stefania Marrone.

«Nonostante il difficile momento che stiamo vivendo, a tutti i livelli, siamo felici che Manfredonia avrà un cartellone di eventi con al centro il teatro, la musica, lo spettacolo dal vivo. Abbiamo mantenuto la promessa, fatta a giugno scorso subito dopo la riapertura dei teatri, di progettare cose nuove nel rispetto dei nuovi tempi, del nuovo senso comune, e delle nuove riflessioni», ribadisce il presidente del Teatro Pubblico Pugliese Giuseppe D’Urso.

«”Sarà l’estate” nasce come auspicio di felicità in un momento di grande emergenza culturale del nostro Paese. A tutti i dubbi, alle incertezze (anche lavorative) che questo periodo porta con sé, rispondiamo con un rito collettivo fatto di bellezza e ci ritroviamo – artisti e cittadini di ogni età – intorno al teatro e alla musica nei luoghi più suggestivi della Città», afferma la compagnia Bottega degli Apocrifi.

«Non potevamo non contribuire ad un cartellone che dà lustro al nostro territorio, soprattutto in una fase così delicata, in cui è fondamentale puntare sulla cultura durante tutto l’anno, anche per valorizzare luoghi e siti del territorio, rendendoli vivi e fruibili», dichiara Michele d’Errico, presidente del Gal DaunOfantino, che aggiunge: «questi eventi oltre ad essere attrattori turistici e a regalare momenti di spensieratezza ai residenti, permettono anche agli operatori dello spettacolo di lavorare e condividere il loro talento con il pubblico».

«Siamo molto felici per la realizzazione di questa manifestazione, che dà un segno di continuità all’offerta culturale presente sul Territorio e testimonia una efficace sinergia tra Pubblico e operatori privati, capace di portare frutto anche nei momenti più difficili», afferma la dott.ssa Crea a nome della Commissione Straordinaria della Città di Manfredonia, che ringrazia la Bottega degli Apocrifi per la passione con la quale affronta questo particolare momento e augura che l’attività culturale possa essere intensificata e riprendere i ritmi normali.

Tutti gli appuntamenti, al di fuori dello spettacolo #InCoro, sono ad ingresso libero su prenotazione obbligatoria tramite piattaforma Eventbrite.

Per ragioni di sicurezza non sarà consentito l’accesso ai luoghi senza prenotazione o a spettacolo iniziato anche con prenotazione.

Dal 24 agosto sarà disponibile al numero 0884.532829 l’assistenza per la prenotazione online.

Info: Bottega degli Apocrifi, via della Croce, Manfredonia; tel. 0884. 532829 – 335 .244 843, mail: bottegadegliapocrifi@gmail.com.

Prenotazioni online su www.eventbrite.it.

"BUCHI NEL CUORE", il nuovo singolo dei 94hermanos

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94hermanos è un percorso di vita e duo musicale.
Entrambi classe '94, si avvicinano alla musica nel 2012, quando si appassionano all'elettronica (panorama EDM) ed alla produzione, realizzando remix, mash­up e singoli inediti per i DJ set della movida romana. Nel 2017 realizzano il loro primo singolo d'esordio, "Gibilterra".

Il loro genere musicale si contraddistingue per un mix tra Electro Pop e Indie Trap.
Nel 2020 entrano nel roster ufficiale dell'etichetta TRB rec di Andrea Tognassi
e pubblicano il singolo ARCOBALENO.
 
BUCHI NEL CUORE è il nuovo singolo dei 94hermanos (produzione di Dr. Wesh) con TRB rec di Andrea Tognassi

Buchi nel cuoreè l’analogia usata per descrivere una sensazione di profonda delusione e dolore; come per la fine di una storia d'amore.
Il carattere preponderante delle melodie è dolcemente malinconico, caratterizzato da un vocal synth femminile iniziale e dai Pads, che conferiscono al tutto un’atmosfera eterea
e sfuggente.
Il testo racconta quanto la fine di un rapporto possa provocare dolore: la difficoltà di accettare l'uscita dalla propria vita di chi si è amato; come il dover spiegare ai genitori la fine della storia; il doversi separarare per sempre da uno sguardo; da un odore.
Una sensazione dolce/amara che ci accompagna un po' tutta la vita.

PINO MICOL e MASSIMO WERTMULLER al XXVII Festival del Teatro Medievale di Anagni per il Premio Anagni Città Teatro

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Dopo Francesco Pannofino, Paolo Calabresi, Paola Minaccioni, Enrico Lo Verso, Maurizio Micheli, Debora Caprioglio, Massimo Foschi, Pino Quartullo, Corrado Tedeschi e Stefano Reali, quest’anno saranno Pino Micol e Massimo Wertmüller gli ospiti d’onore del XXVII Festival di Teatro Medievale e Rinascimentale che il 21 e 22 agosto riceveranno il premio Anagni Città Teatro.

“Per la ventisettesima edizione del festival, abbiamo deciso di conferire a Pino Micol, attore e regista affermatissimo, e a Massimo Wertmüller, attore altrettanto straordinario, il premio Anagni Città Teatro” ha dichiarato il direttore artistico Giacomo Zito. "Sull’opera, realizzata dalla compianta artista Anagnina Donatella Gismondi, sono rappresentati absidi della Cattedrale di Santa Maria Annunziata di Anagni, la statua che raffigura il padre Tommaso Gismondi e la classica maschera simbolo del teatro”.

Il premio, conferito per meriti artistici a ospiti d’onore selezionati tra le eccellenze del mondo dello spettacolo, è stato istituito nel 2016 ed è stato già assegnato nelle scorse edizioni ad alcuni grandi nomi.

Il XXVII Festival di Teatro Medievale e Rinascimentale si svolgerà dal 20 al 29 agosto 2020 Anagni (FR) con l’ormai tradizionale staffetta di spettacoli ai piedi della scenografica Cattedrale in Piazza Innocenzo III, per offrire ancora una volta una finestra sull’eccellenza italiana, su quella cultura alta portata in forma gratuita al territorio per offrire una narrazione del nostro patrimonio attraverso il teatro, la musica e la lirica.

Ospiti di quest’anno: in scena Francesco Montanari, Giuseppe Zeno, Stefano Reali, Antonio D’Antò, e con prestigiosi ospiti d’onore, (ai quali sarà offerta un’opera di Donatella Gismondi) per un festival che sarà dedicato a Flavio Bucci, già ospite nelle passate edizioni, Ezio Bosso ed Ennio Morricone.

Appuntamento con il XXVII Festival del Teatro Medievale e Rinascimentale di Anagni, dal 20 al 29 agosto 2020. Ingresso gratuito, su prenotazione fino ad esaurimento posti - spettacoli ore 21.00

Info: www.comune.anagni.fr.it

Un Generale nello Staff del Presidente e alla guida della Regione Lazio e Roma

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I Circoli continuano la loro corsa nel consolidamento di una classe dirigente competente e nell’interesse di una Comunità, lasciata in balia di una politica arrivista e individualista.

Esortiamo al cambiamento ripartendo dai principi e dai valori in cui la Persona ritorni al centro insieme ai suoi bisogni senza dimenticare la nostra mission, partendo dal Sud, una risorsa per l’Italia, al quale dobbiamo restituire la sua dignità rivalorizzando e ricompattando le sue eccellenze.
“La ricerca sempre più selettiva di figure funzionali, a garanzia dei nostri obiettivi, mi ha portato alla scelta di Michele Scillia, un’eccellenza italiana che ha saputo fare Italia”.

Generale in congedo dell’Aeronautica militare, la sua straordinaria figura si ricorda soprattutto per   l’aver contribuito fattivamente alla stesura delle norme sullo stato giuridico del personale militare e sul reclutamento femminile, rappresentando l’Italia in vari comitati NATO sulle donne soldato (Istanbul, Roma, Bruxelles, etc…). Insignito poi dal Presidente Ciampi dell’onorificenza di Commendatore, Professore di Criminologia presso l’Università della Pace di Roma, riconosciuta dall’ONU; nella sua lunga e stimatissima carriera, tra gli innumerevoli incarichi, è stato Direttore della Segreteria Generale dell’Ufficio Affari militari della Presidenza della Repubblica. Ha ultimato il suo periodo di comando al Quirinale durante il settennato del Presidente Napolitano.

Auguriamo buon lavoro a Michele Scillia, adesso in campo con una nuova sfida insieme ai Circoli per far ripartire il Sud.

 

Il Presidente dei Circoli Insieme per il Meridione

Tiziana Demma

LA CHIESA DEL DIVINO AMORE A ROMA E I CIOCIARI

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Era una cappellina con sulla facciata una sbiadita e consunta immagine  della vergine,  sperduta in un angolo della cosiddetta campagna romana a un pugno di chilometri al di fuori delle Mura di Roma, una chiesetta abbandonata e ricovero dei pecorai quando pioveva o durante la notte. E tutto l’esteso territorio a Sud di Roma e a Sud dei Castelli specie al di là dei Lepini, Ausoni e Aurunci era sconfinato, in massima parte  incolto,  di proprietà della nobiltà romana che da sempre teneva in abbandono e da cui ricavava solo l’affitto dai pastori che vi portavano le proprie greggi o la vendita del legname,  una distesa  divenuta desertica e invivibile. Un po’ più a sud e fino a Terracina era coperta dalle famose Paludi Pontine, una estensione  immensa di vegetazione secolare  solcata da corsi d’acqua e con laghi e stagni, abitata da una quantità di specie animali: cervi daini bufali cavalli selvaggina e i corsi d’acqua enormemente ricchi di pesci: tutto dominato e minato dalla malaria  mortale che teneva da secoli lontane le persone, specie in certi periodi dell’anno. E a dispetto di tale realtà  pressocché inaccostabile,la situazione  dei tempi era tale che la miseria, le bocche da sfamare  smisuratamente tante, il desiderio di riscatto portò certe popolazioni dapprima dalla Valcomino e gradualmente dalle altre parti del territorio ad emigrare in queste terre malsane e una parte verso la città di Roma medesima ed altre perfino al di là delle Alpi. Ed è in questo quadro  di emigrazione e di spostamenti transfrontalieri continui e permanenti che  verso la fine del 1700 qualcuno di questi diseredati nella sua peregrinazione  verso la Città Eterna smarrì la strada  e si trovò ad un certo punto nei pressi della chiesetta abbandonata. Stanco, affamato, smarrito, il giorno che moriva, gli ululati improvvisi di una torma di cani che si avvicinavano minacciosi lo riempì di terrore ben sapendo di essere assolutamente solo: i cani ringhiosi erano già così vicini che il povero diavolo si rese conto che per lui era  finita: la vista della sacra immagine della Vergine che quasi assisteva alla vicenda  diede un filo di speranza e ne invocò l’aiuto e l’intervento:  miracolo o altro, è certo che il branco  di cani si arrestò immediatamente smettendo di latrare e lentamente  ritornò sui propri passi.  Inutile raccontare che la vicenda si diffuse rapidamente  e gradualmente la chiesetta, la Chiesa del Divino Amore sulla Via Ardeatina, assurse  a chiesa di riferimento della quantità di immigrati che a poco a poco negli anni seguenti presteranno la loro  opera come pastori o butteri o  mieititori in quelle terre che inizieranno ad essere messe a coltura.  Un’altra chiesa in quei tempi nel corso del 1800 pure divenuta a poco a poco la chiesa di riferimento principalmente anche dei ciociari di Roma si trovava ai piedi del Campidoglio, dalla parte della famosa Rupe Tarpea,  l’antica Chiesa di Santa Maria della Consolazione,da sempre  dedicata alle varie arti e mestieri della città. Spesso ci si imbatte in antichi quadri di pittori europei  dell’Ottocento che mostrano gruppi di ciociari ai piedi della scalinata. Anche questa una chiesa quasi obbligata in quanto si trovava a pochi metri dall’antica Piazza Montanara luogo di ritrovo e di incontro della umanità ciociara in attesa dei ‘famosi e famigerati caporali’ che li assoldavano per i lavori agricoli sia entro la città sia fuori. Affianco della Chiesa, da sempre, si levava, e si leva ancora oggi, l’antico ospedale della Consolazione che per i ciociari non solo era luogo di ricovero in caso di emergenze ma in più presentava una particolarità che pure era di soccorso e cioè periodicamente le nobildonne romane vi organizzavano la cosiddetta ‘Perdonanza’: si invitavano le ciociare povere e indigenti e si procedeva al loro lavaggio dei piedi e dopo di ciò si offrivano loro vettovaglie e altro.

                                                                                               Michele Santulli

 

Salvatore Cangelosi: oggi il libro è assediato da tanti nemici. L'intervista

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Lo scrittore palermitano presenta la conversazione con Mario Grasso, C’era una volta un certo Stefano D’Arrigo di Alì Marina. Intervista di Andrea Giostra. «D’Arrigo viveva di letteratura come il teologo vive per le sacre scritture. La grande letteratura è fatta anche di questi uomini. È stato un dono inestimabile per la Sicilia avere avuto uno scrittore come lui, che ci ha consegnato “Horcynus Orca”, un capolavoro della letteratura di tutti i tempi».

Ciao Salvatore, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Salvatore scrittore e chi Salvatore nella sua quotidianità?
Ringrazio voi per il gentile invito. Mi presento come un dilettante nel senso “sciasciano” del termine, cioè di chi svolge un’attività per puro diletto e passione. Nella quotidianità sono un libraio il quale esercita la professione da un quarantennio e tra qualche mese andrà in pensione.
Qual è la tua formazione professionale? Ci racconti il percorso che ti ha portato a svolgere quello che fai oggi?
Ho cominciato a lavorare nel lontano 1979, nella libreria Ciuni di via Sciuti. Come accade spesso ho iniziato per caso. Sono stato fortunato perché ho avuto come maestro Lorenzo Macaluso, uno dei più valenti librai palermitani, il quale mi ha insegnato l’abc del mestiere. In quel tempo si imparava molto ascoltando chi aveva esperienza fatta sul campo, e lui era uno di questi. La trasmissione del sapere avveniva nella forma orale, non v’erano i ritrovati informatici di adesso. Ho imparato tanto anche dai clienti: via Sciuti era popolata da intellettuali, scrittori, insegnanti universitari e giornalisti. Ero un ragazzo di poca cultura pieno di complessi, mi sentivo inadeguato in quell’ambiente così esigente; l’atteggiamento di certi clienti a volte poteva essere crudele. Ho raccontato tutta questa epopea in due memoir: “La Città e i libri. Le avventure di unlibraio” e in “Collezione privata. Scrittori, persone e libri” che ebbero buona accoglienza presso un certo pubblico.
Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai iniziato e quando hai capito che amavi scrivere?
La passione c’è sempre stata, mi mancava però la consapevolezza di poter esordire. Nei primi anni della mia attività mi sono concentrato esclusivamente sull’apprendimento del difficile mestiere di libraio. La scrittura covava ma bisognava tenerla a bada. L’interesse per la scrittura è nato dall’osservazione; l’osservazione è una forma di letteratura, secondo me. Mi sono messo alla prova nel lontano 2006, allorquando pubblicai il mio primo libro Inchiesta in Sicilia,un omaggio alla letteratura di Elio Vittorini, scrittore che a quel tempo amavo molto e che continuo ad amare. Era un racconto autobiografico in cui parlavo anche del mio paese, Monreale: la letteratura dell’io, insomma. In quel libro ricordavo alcuni episodi della mia infanzia e della prima giovinezza, attraverso la figura di un maestro elementare che in treno raggiunge Messina e ad ogni fermata incontra qualcuno che lo turba o lo intriga. A quel titolo si affianco due anni dopo, 2008, La difficile indagine sentimentale, una sorta di ideale seguito, giocato su toni più cupi e introspettivi. Mi accorsi però che il risultato, al netto di qualche consenso critico, era al di sotto delle mie aspettative. Per otto anni non scrissi più nulla. Mi dedicai allo studio e a certe letture di critica, mia vera passione.
Ci parli del tuo nuovo libro scritto insieme a Mario Grasso, C’era una volta un certo Stefano D’Arrigo di Alì Marina? Come nasce, qual è il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale la storia che ci racconti, senza ovviamente fare spoiler?
Questa conversazione con Mario Grasso, su Stefano D’Arrigo viene da lontano, diciamo dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso. A quel tempo infatti risale il mio interesse per la figura e l’opera di D’Arrigo e del suo capolavoro Horcynus Orca, un romanzo la cui stesura lo impegnò per circa un quarto di secolo. Mario Grasso è stato uno dei primi recensori e critici dell’Horcynus, diventando in seguito amico e confidente di D’Arrigo. Nel tempo ho avuto tante conversazioni con Grasso sull’opera dello scrittore di Alì Marina. Mi accorsi che era un peccato lasciarle cadere nel vuoto. Così, approfittando del centenario della nascita (1919-2019) ho chiesto a Grasso di fissare i suoi ricordi in un testo. Il libro è composto da tre sezioni: la nascita del poeta; il grande lavoro sull’Horcynus, la terza parte su l’uomo D’Arrigo. L’intervista è una sorta di risarcimento, verso il grande scrittore, il quale è stato pochissimo ricordato in occasione del centenario, e per me è scandaloso. Nemmeno la Sicilia letteraria si è accorta del centenario della nascita di uno dei suoi massimi letterati.
Chi sono i destinatari che avete immaginato mentre lo scrivevate?
I destinatari sono i lettori che amano indagare figure poco note di scrittori come lo fu D’Arrigo. Dopo la vampata del 1975, anno della pubblicazione di Horcynus Orca, lo scrittore di Alì Marina venne rimosso e considerato un caso limite della letteratura; un attaccabrighe presuntuoso e sprezzante, uomo dalla lingua salace. Egli aveva sì, un carattere sanguigno, ma era uno schermo, una corazza, per difendersi da un certo potere delle lettere, specialmente quello romano che faceva capo a Moravia, che aveva una concezione della letteratura opposta a quella di D’Arrigo. Egli viveva di letteratura come il teologo vive per le sacre scritture. La grande letteratura è fatta anche di questi uomini. È stato un dono inestimabile avere avuto uno scrittore come lui, che ci ha consegnato un capolavoro della letteratura di tutti i tempi.
Ci parli del tuo compagno di scrittura di quest’opera letteraria, Mario Grasso? Chi è nel mondo dell’arte dello scrivere e come lo hai conosciuto?
Mario Grasso è un letterato nato ad Acireale nel 1932, ma catanese di adozione. È critico letterario, giornalista, poeta e talent-scout. Da molti decenni lavora nell’editoria. Ha fondato riviste come “Lunarionuovo”e “La Gazzetta ufficiale dei dialetti” una casa editrice, Prova d’Autore, che dirige con la moglie Nives Levan. Studioso di poesia dialettale, vanta numerose collaborazioni a quotidiani e riviste. La nostra amicizia è nata in libreria in mezzo al vociare dei clienti, agli inizi degli anni ’90. Le sue discussioni sulla letteratura erano ricche di informazioni mai banali e avevano un punto di vista sempre originale, con rimandi ad altre discipline. Il nostro dialogo è poi proseguito nel tempo sotto altre forme. Nel 2006 mi ha fatto esordire come scrittore sotto le insegne della sua casa editrice, accompagnando il mio romanzo Inchiesta in Sicilia con una lusinghiera prefazione.
Una domanda difficile, Salvatore: perché i nostri lettori dovrebbero comprare C’era una volta un certo Stefano D’Arrigo di Alì Marina? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali onlineper acquistarlo.
Perché è un lavoro serio, ricco di informazioni su uno scrittore geniale, per nulla omologabile alla massa degli scrittori odierni che scrivono con velocità libri di dubbio valore. D’Arrigo non si piegò mai allo “star system” letterario, il suo libro fuori misura, torrenziale, di 1257 pagine, è la prova provata della sua genialità di artista solitario che scrive “il libro per il libro”. Un romanzo l’Horcynus, che racchiude nella sua pancia tanti piccoli romanzi; basti pensare che tra personaggi principali e secondari ve ne sono censiti più di trecento! È uno dei più grandi libri sul mare che siano mai stati concepiti, ma non solo questo; è anche una umanissima riflessione sui danni della guerra, e sulla morte. Un libro sulla Sicilia mitica di mitici pescatori tra Scilla e Cariddi. Ma è anche tante altre cose.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?
Certo che sì. Per primo Mario Grasso, che ha accettato di sottoporsi al fuoco delle domande con slancio adolescenziale dall’alto dei suoi ottantotto anni! Stefano Lanuzza, anche lui tra i massimi esperti dell’opera di D’Arrigo; ha scritto una profonda ed articolata prefazione che arricchisce il nostro lavoro. La mia amica Laura Sciarra, preziosissima collaboratrice e paziente ordinatrice. Li ringrazio pubblicamente e vivamente, perché questo lavoro era difficile da portare a compimento con le mie sole forze. Il progetto viene da lontano e solo oggi vede la luce per la felice congiunzione di tante coincidenze. Non posso non ricordare, ringraziandoli, gli editori Daniele Anselmo e Luigi Di Salvo, che hanno creduto e scommesso in un testo obiettivamente non facile.
Nella tua attività letteraria hai pubblicato altri libri e romanzi. Ci racconti quali sono, di cosa trattano e quale l’ispirazione che li ha generati?
Ho esordito nel 2006 con Inchiesta in Sicilia. Un racconto su base autobiografica, ma con personaggi inventati. Quel lavoro ebbe un seguito nel 2008, La difficile indagine sentimentale, che indagava la mia adolescenza, le crisi, e tutto quello che poteva capitare ad un giovane nato nel 1956. Devo ammettere che il risultato fu al di sotto delle mie aspettative e così abbandonai per sempre la scrittura dell’io, dopo che ricevetti il severo rimprovero dal mio amico Vincenzo Consolo, uno degli ultimi grandi letterati italiani. Non mi sono mai applicato a creare l’intreccio, rispettare i tempi che il genere “romanzo”impone tassativamente. Nel 2016 ho pubblicato il memoir La Città e i libri. Avventure di un libraio, che ricordava il mio apprendistato nel mondo della libreria; il memoir inizia nel 1979 e si arresta al 1992. A quel titolo, nel 2017, se ne affiancò un altro, Collezione privata. Scrittori, persone e libri, un seguito con ricordi di persone e intellettuali conosciuti o frequentati. Infine, nel 2019, ho ricordato in Basco blu. Ricordo di Ubaldo Mirabelli, il mio incontro con un grande intellettuale cittadino, musicologo, critico d’Arte, un mito per molte generazioni di giovani. Diventammo inaspettatamente amici. Preziosi furono i suoi consigli sui vari aspetti della cultura. Questi tre titoli vogliono essere una testimonianza dall’interno di un mondo, quello della libreria, poco conosciuto dal grande pubblico.
Charles Bukowski, grandissimo poeta e scrittore del Novecento, artista tanto geniale quanto dissacratore, a proposito dell’arte dello scrivere diceva:«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale e accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski?
Difficile rispondere. Analizzerei caso per caso. Ricordo una affermazione di un critico americano, forse Edmund Wilson, ma non ci giurerei, il quale diceva in buona sostanza che secondo la sua esperienza esisterebbero almeno tre tipi di scrittori: quelli che sanno scrivere ma non hanno la storia giusta da raccontare; quelli che hanno la storia ma non la sanno scrivere, e infine la terza categoria, quelli che hanno la storia da raccontare e sanno anche scrivere. Ma questi ultimi sono davvero pochi. A volte di un libro ci può attrarre la storia ma meno la forma. Bisognerebbe essere nella mente del lettore in quei frangenti. È il nostro gusto momentaneo che crea il libro. A me è capitato spesso di rivalutare libri che avevo letto in cattività e di ridimensionarne altri che mi avevano quasi abbagliato. Nell’atto della lettura conta sempre in che stato psicologico ci trovavamo nel momento nel quale leggevamo. Questa è una legge di natura.
«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?
L’affermazione di Proust è tanto profonda che mi astengo dal commentarla. Dirò solo che la lettura può essere un’arma a doppio taglio, può essere un veleno e un controveleno; da un lato ci fa fare dei bei viaggi fuori dal corpo fisico, ma dall’altro può sostituirsi alla vita reale e ciò è pericoloso: insomma la lettura può avere effetti “ipnotici”. La letteratura non può sostituire la realtà. Quanto a Proust, si riferiva a un mondo che oggi non esiste più. Il suo saggio è del 1905, cioè scritto più di cento anni fa. Tu sai benissimo che la lettura come atto ha riguardato e riguarda tutt’oggi una minoranza. In Italia si legge poco, e pochissimo in Sicilia. Le percentuali siciliane sono ferme agli anni ’60 del secolo scorso, cioè il 5% del totale nazionale, laddove in Lombardia siamo intorno al 40%! Comunque mi piace segnalare, a proposito dell’atto della lettura, una affermazione dello scrittore angloindiano Salman Rushdie, il quale ha detto che la “la lettura è l’incontro tra due sconosciuti”. Lettore e libro.
«Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust,in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Cosa ne pensi tu in proposito? Cosa legge il lettore in uno scritto? Quello che ha nella testa “chi lo ha scritto” oppure quello che gli appartiene e che altrimenti non vedrebbe?
Nell’atto della lettura agisce una sorta di automatico discernimento da parte del lettore che a volte può trasformarsi in coautore. I veri lettori sanno da subito individuare i punti di contatto con ciò che lo scrittore ha disposto sulla pagina, con quello che lui lettore “vede”. Lo scrittore gli potrà offrire le pagine più succulente, ma queste fin quando non verranno “cotte e mangiate” dal lettore coautore, rimarranno pur sempre dei segni grafici sulla pagina. È l’esperienza del lettore che determinerà il valore del libro, non il contrario. Qualsiasi libro di per sé è “un’opera morta”.
«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso sul metodo”, Leida, 1637). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto?
Sì, può essere anche una “conversazione” come sostiene Cartesio. Ma il filosofo parlava di “buoni libri”, e non sempre i lettori tengono in mano libri degni di essere letti. Ad ogni modo, la lettura è stata e sarà sempre una pratica imprescindibile della società. Anche se l’industria editoriale ha tragicamente trasformato i lettori in “consumatori” di libri e ciò non giova né al libro né tantomeno alla cultura in generale. I “buoni libri” invocati da Cartesio latitano, dobbiamo ritornare ai classici. Bisogna tener presente che oggi il libro è assediato da tanti nemici. Allo stesso modo lo è il lettore anche quello più integro, perché sente il canto avvelenato di certe sirene che lo vorrebbero fare spiaggiare verso altri lidi.
Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte secondo te, e l’arte dello scrivere in particolare?
La frase di Finocchiaro Aprile si può condividere, ma contestualizzandola poiché riflette un mondo e un modo di pensare che non esiste più. Invece oggi un discorso sulla bellezza ci porterebbe lontano. Comincerei col chiederti: quale bellezza? Quella del principe Miškin dell’Idiota di Dostoevskij cioè “la bellezza salverà il mondo?” O l’altra poniamo, del mecenate messinese Antonio Presti il quale sostiene che la bellezza può redimere e elevare persone che sono tagliate fuori dal sapere? Come vedi potrei continuare con un nutrito elenco. Intendiamoci, sono tutte posizioni rispettabili. Ma sospette. La verità è che spesso ci si trincera dietro parole “chiave” per schivare temi più complessi, come appunto il concetto di bellezza. Il tema del bello investe necessariamente l’arte. Mi chiedo: cosa c’entra la bellezza applicata a un cavallo impagliato messo a testa in giù in un grande stanzone spoglio alla Biennale di Venezia, visto tanti anni fa? Non so davvero risponderti. Tutto è confuso. I “social” e le nuove tecnologie si sono dati dei nuovi canoni di bellezza. Ma chi lo decide il canone? Presti? Sgarbi? Bonito Oliva? È un circolo perverso, e vizioso. Un tempo l’atto artistico era lungamente pensato. Flaubert per fare un esempio noto, impiegava settimane per scrivere una pagina. Ecco, la bellezza è il risultato di quella applicazione sulla pagina che ci ha lasciato lo scrittore francese. Oggi, mi dicono, che con un telefonino si può fare un “vero” film e in pochi giorni. Mi sembra una cosa lunare! Non so, mi sento inadeguato a risponderti, dovrei acquisire una mentalità diversa… vedere la bellezza anche dove non c’è per darti una risposta passabilmente sensata.
Quando parliamo di bellezza, siamo così sicuri che quello che noi intendiamo per bellezza sia lo stesso, per esempio, per i Millennial, per gli adolescenti nati nel Ventunesimo secolo? E se questi canoni non sono uguali tra loro, quando parliamo di bellezza che salverà il mondo, a quale bellezza ci riferiamo?
Sì, è il cane che si morde la coda, per usare una battuta abusata, ma efficace. Bisogna essere realisti: non si può pretendere da un ventenne di oggi chissà quale educazione estetica. Un ventenne di oggi non dà nulla in comune con un ragazzo che nel 1960 aveva vent’anni! Sono due mondi completamente inconciliabili. Forse noi che imputiamo ai “millennial” scarsa sensibilità verso il bello, avremmo bisogno di mettere a fuoco certi concetti, prima di brandirli come una clava sulla testa quasi sempre vuota di bellezza, dei recalcitranti ventenni d’oggi. Forse un “millennial” vedrà negli “influencer”i portatori di bellezza. Certo, poi ci sono le felici eccezioni.
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?
Compilare liste non è elegante, si corre il rischio di dimenticare nomi di peso, ma se proprio lo devo fare, ti dirò che alcuni dei miei autori preferiti hanno i piedi piantati nell’Ottocento. Una breve lista comprende Manzoni, Flaubert, Maupassant, Dickens, Proust, Woolf, Hugo… sono quelli che hanno modellato il mio gusto. A questi grandi nel tempo si è aggiunta una lunga fila di autori i cui nomi mi piace segnalare perché ognuno di loro ha agito in me, lasciando un segno indelebile: Gadda, Sciascia, D’Arrigo, Volponi, Bufalino, Consolo, Manganelli, Parise, Brancati, Arbasino, Vittorini, Bonaviri, Ceronetti, Flaiano, Borges, Joyce, Pasolini, Tomasi di Lampedusa, Moravia, Salinger. Per la saggistica: Croce, Praz, Contini, Citati, Garboli, Sanguinetti, Calvino, Eco, Pedullà, Onofri, Fofi. I poeti: Montale, Quasimodo, Caproni… Vado di corsa e dimentico sicuramente scrittori di peso, ma lo spazio impone l’uso della ghigliottina. Questi scrittori sono stati compagni di viaggio nel mondo della lettura. Ancora oggi li rileggo con immutato interesse, ricavandone sempre nuove scoperte. Per la letteratura siciliana di oggi vorrei segnalare tre scrittori: Fulvio Abbate, Roberto Alajmo e Giorgio Vasta. E i critici letterari: Marcello Benfante, Salvatore Ferlita e Matteo Di Gesù.
Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere questa estate dicendoci il motivo del tuo consiglio.
Questa è la domanda delle cento pistole! Il primo libro che consiglierei è Madame Bovary di Gustave Flaubert, uno dei grandi testi della letteratura di tutti i tempi. Cosa dire: confesso tutta la mia inadeguatezza a parlarne, perché è un’opera perfetta che sfugge a qualsiasi catalogazione al di là della vicenda narrata: infatuazione, adulterio, ritratto spietato della vita di provincia ecc. Un caposaldo della letteratura; senza Madame Bovary non avremmo avuto né Proust né tantomeno Joyce, che gli sono debitori sul piano dello stile. Addirittura Proust scrisse un saggio sullo stile di Flaubert, e questo dice tutto. Moravia ebbe a dire, a proposito dello scrittore francese, che egli “con la sua mania di perfezione aveva ucciso il romanzo come genere”, osservazione acuta. Grande è la mia ammirazione per Elio Vittorini, quindi non posso non segnalare Conversazione in Sicilia, un testo di imperituro fascino che ci proietta nel ventre anche “psicoanalitico”di una Sicilia trasfigurata e mitica, povera, cupa e invernale, teatro della vicenda, del “nostos”, ricca di archetipe figure come il “gran lombardo” o la madre del protagonista Silvestro, Concezione, il cui ritratto di donna è tra i più alti, vividi e riusciti, di tutta la letteratura italiana. Per concludere, mi piace segnalare il memoir scritto da Roberto Alajmo, L’estate del ’78, edito da Sellerio nel 2018. Una dolorosa indagine-confessione sulla scomparsa della madre. Un addio non previsto, improvviso, che segnerà per sempre l’autore. Il tutto raccontato con rara perizia e pietosa grazia. Ma se lo guardiamo in filigrana, questo lavoro è anche il ritratto di una certa Palermo che non esiste più. L’opera narrativa più alta di Alajmo.
E tre film da vedere assolutamente? Perché proprio questi?
Segnalare tre film è più difficile di tre libri! Il cinema ha delle consonanze e delle assonanze con la letteratura. Inizierei con il sommo Federico Fellini e il suo magnifico Amarcord. Chi di noi non si è riconosciuto nella figura del protagonista Titta Biondi e in quel ricco repertorio di figure, ricordi e immagini legate al borgo nativo? I temi dell’adolescenza, le inquietudini, le solitudini, la scoperta del sesso, il lungo inverno con la spessa nebbia che tutto avvolge come in un sogno: tutta una materia che Fellini padroneggia con mirabile sapienza e accenti di vera commozione. Amarcord è il film più personale e intimo del regista riminese, un film che ha attraversato diverse generazioni di spettatori conservando quella sublime grazia che lo ha reso immortale. Altro regista che sento vicino al mio temperamento è Michelangelo Antonioni, il cui cinema attinge molto alla letteratura. Della sua notevole filmografia mi piace citare La Notte, un vero caposaldo del filone “esistenzialista”. Ambientato a Milano in pieno boom economico, racconta l’irrompere di una nuova classe economica, quella dei nuovi ricchi. La descrizione di certi ambienti sociali, la crisi della coppia, la noia, l’incomunicabilità, la città notturna, sono tutti temi introspettivi cari ad Antonioni, il quale sa governare con mano ferma una materia che tende continuamente a deformarsi. Penso che chiunque potrebbe riconoscersi nella coppia protagonista, Giovanni e Lidia. Il terzo film è una pellicola del geniale regista giapponese Yasujiro Ozu, Viaggio a Tokyo. Cosa dire di questo incantevole e al tempo stesso drammatico film? Una coppia di anziani genitori, Shukichi e Tomi, si recano a Tokyo a visitare i loro due figli. Ben presto però si accorgono che la città ha modificato i loro costumi, e la frenetica vita cittadina li ha resi cinici e distaccati affettivamente. Scontenti e delusi da questa amara sorpresa i due anziani ritornano a casa, ma durante il viaggio, Tomi accusa un grave malore costringendo tutta la famiglia a ritrovarsi unita intorno al suo capezzale. All’atteggiamento cinico dei figli farà da contraltare la bellissima soave giovane, Noriko, vedova del terzo figlio della coppia, morto durante l’ultima guerra. Sarà lei a prendersi cura del vecchio capofamiglia Shukichi, spiazzando tutti.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori?
Sto lavorando, molto lentamente, a qualcosa che ruota intorno a Tomasi di Lampedusa, ma non mi sento di precisarne la cornice. A fine anno uscirà una raccolta di interviste da me curate, con alcuni intellettuali cittadini su svariati temi: letteratura, storia, politica.
Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?
Vorrei concludere ringraziandoti per la squisita disponibilità che hai mostrato verso il nostro lavoro e mi permetto di farlo anche a nome di Mario Grasso, vero autore del libro. Ai lettori vorrei consigliare che leggere questo libro può far scattare l’interesse per affrontare l’Horcynus Orca, un capolavoro della letteratura di tutti i tempi, che può segnare la carriera di ogni lettore che si rispetti. 

Salvatore Cangelosi

https://www.torridelventoedizioni.it/?s=cangelosi

Mario Grasso

https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Grasso

Link del libro:

www.torridelventoedizioni.it

Stefano D’Arrigo

http://www.treccani.it/enciclopedia/stefano-d-arrigo_(Dizionario-Biografico) 

Andrea Giostra

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/ 

https://andreagiostrafilm.blogspot.it 

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg


Lorenzo Vizzini, "Zeman" nuovo singolo indie-pop del cantautore ragusano

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Spesso per raggiungere un amore è necessaria una strategia, perché non cercarla nel calcio? “Zeman” è un brano che prova a descrive la filosofia calcistica applicata all’amore, che l’autore racconta così: “Zdeněk Zeman per me è un maestro di vita, filosofia applicata al calcio. Un genio capace di regalarti emozioni meravigliose, vittorie impossibili e poi sconfitte clamorose.” – continua Lorenzo Vizzini– “Anche se mi ritengo uno zemaniano convinto, nei sentimenti spesso preferisco difendermi e non rischiare, più che espormi in avanti. Qualche anno fa mi ero innamorato di una ragazza che conoscevo a malapena, sentivo da una parte la voglia di espormi sinceramente e dall'altra la paura di fare una figuraccia. Così, dopo qualche settimana ho preso la chitarra e ho scritto questa canzone, come promemoria per ricordarmi che la mia natura è sempre quella, da zemaniano convinto: rischiare tutto a costo di perdere esageratamente”.

Il cantautore ragusano, già noto nel circuito discografico per essere l’autore di molti Artisti di successo come Renato Zero, Laura Pausini, Emma, Mr.Rain e molti altri, torna a distanza di un anno dalla pubblicazione del suo ultimo lavoro “Mica male”.

Il brano “Zeman”, dalle sonorità indie-pop, è stato realizzato tra Milano, Los Angeles e Città del Messico da Lorenzo Vizzini e Iacopo Pinna, produttori del brano insieme a Lorenzo Sarti.

Il singolo è accompagnato da un videoclip per la regia dell’italo-nicaraguense Marco Carlos Cordaro.

BIOGRAFIA

Lorenzo Vizzini nasce a Ragusa nel 1993.Comincia a scrivere le sue canzoni sin da bambino, imparando a suonare chitarra e pianoforte tra le pareti di casa.

A 18 anni, dopo essersi trasferito a Milano, firma la sua prima importante collaborazione: scrive infatti otto brani dell'ultimo disco di Ornella Vanoni, Meticci, tra i quali i singoli Basta poco e Non è questa casa mia.

Negli anni successivi collabora a diversi brani, come compositore e autore, alcuni dei quali per Renato Zero (Quanto ti amo), Laura Pausini (200 note), Emma (A mano disarmata), Mr.Rain (Fiori di Chernobyl), Raphael Gualazzi (Mondello Beach), Alexia (Beata gioventù).

Nel 2018 due brani che portano la sua firma fanno parte della colonna sonora di due film: Puoi fidarti di me, interpretata da Giovanni Caccamo, per il film Puoi baciare lo sposo e Tic tac, interpretata da Barbara Bobulova per la pellicola Saremo giovani e bellissimi e candidata al Nastro d’Argento come migliore canzone originale.

Nel 2019 firma i due brani in gara per il Festival di Sanremo di Arisa (Mi sento bene) ed Anna Tatangelo (Le nostre anime di notte).

Vincitore del Premio Siae, indetto per premiare gli autori under 30 distinti nel panorama nazionale, segue parallelamente alla carriera di autore, quella di cantautore e produttore.

Nel 2015 esce il suo primo disco di inediti, Il Viaggio, prodotto artisticamente da Iacopo Pinna e dallo stesso cantautore siciliano, mentre nel 2018 è la volta del secondo disco, L’aria di casa.

Nel 2016 ha invece curato, insieme a Iacopo Pinna, la produzione del disco di Francesco Tricarico, Da chi non te lo aspetti. Tra i brani prodotti spicca il duetto con Arisa, Una cantante di musica leggera, che è stato scelto anche come singolo apripista di Voce, primo greatest hits dell’interprete lucana.

LO SCRITTORE STEFANO SCIACCA TRA WILLIAM SHAKESPEARE E MICHELE ARTUSIO. L'intervista

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Dopo esserti occupato di Shakespeare in Sir William Shakespeare, buffone e profeta, eccoti a Michele Artusio, il protagonista de L’ombra del passato. Nella tua testa esiste continuità tra questi due personaggi?

Direi proprio di sì. Innanzitutto, si tratta di due personaggi ma, allo stesso tempo, anche di due persone. Meglio ancora, due personalità. Due sensibilità alle prese con le contraddizioni della modernità. Due individui insoddisfatti della società e di se stessi. Due uomini caduti nella trappola di un sistema che impone a ciascuno di non essere fino in fondo chi è. Due individui contraddittori come molti ma consapevoli quanto pochi, pochissimi altri della propria umana contraddittorietà. Shakespeare era ossessionato dal bisogno di riscattare, attraverso l'anoblissement, la vergogna legata all'attività di drammaturgo, attore e impresario sia pure di grande successo. Artusio è ossessionato dalla ricchezza, quella altrui e il miraggio della propria, ed è apparentemente disposto a tutto in cambio di un facile guadagno, persino a tacitare la sua coscienza.

Entrambi, guardando dentro se stessi come allo specchio, si disprezzano e si commiserano. Piangono e ridono di sé. Entrambi insomma sono espressione di grande umorismo. 

La modernità e le sue contraddizioni, dunque, costituiscono un punto di incontro. Ma, se in Sir William Shakespeare, ti sei occupato dei suoi albori nell’Inghilterra elisabettiana, crocevia di tradizione e innovazioni, protagonista de L’ombra del passato è la Torino del secondo dopoguerra che nel tuo romanzo risulta non meno ambivalente.  

Torino è una città, una grande città, industriale e meccanica, e nel secondo dopoguerra lo era ancora più di oggi - fatte naturalmente le debite proporzioni.

Nella Torino de L’ombra del passato, l'uomo è costretto a fare i conti con l'automatismo disumano della vita moderna, in cui gli individui agiscono, anzi funzionano, come le lancette di un orologio, gli ingranaggi di un meccanismo. 

Paradossalmente però Torino, nonostante il caos, il dinamismo esasperato, l'efficienza produttiva, è anche la città sospesa nello spazio e nel tempo delle prime piazze d’Italia di Giorgio de Chirico. È dunque una città metafisica prossima alle atmosfere dei paesaggi urbani di Edward Hopper, l'estetica e la poetica dei quali ha ispirato il cinema nero hollywoodiano almeno quanto i dipinti di Grosz e Dix hanno condizionato quello espressionista di Weimar in cui esso affonda le proprie radici. 

Naturalmente trattandosi di una Torino d'altri tempi ho cercato di descriverla attraverso foto d'epoca e il confronto con le altre città italiane dei film neorealistici di Rossellini, De Sica, Visconti, Lattuada.

Ma esiste anche un legame affetto e famigliare, perché alcuni episodi del romanzo, alcuni ricordi di Artusio, sono tratti dai racconti di due anziane prozie alle quali ho voluto molto bene: hanno segnato la mia giovinezza e, evidentemente, continuano a vivere in me e a parlare alla mia immaginazione.

 

In passato hai pubblicato uno studio di critica cinematografica (e non solo), intitolato Prima e dopo il noir. E, infatti, se non sbaglio, tieni a definire L’ombra del passato un romanzo hard-boiled, riferendoti alla letteratura investigativa statunitense dalla quale sono stati tratti numerosi film noir hollywoodiani. Puoi parlarci del tuo rapporto con questo genere letterario e cinematografico? Di quando e come è avvenuto questo incontro? 

 

La passione per il cinema d'autore e il cinema noir in particolare, un cinema polemico e militante, è in realtà l'esito di un incontro piuttosto recente, avvenuto all’incirca una decina di anni fa, quando cioè ero comunque già abbastanza maturo da poter lasciare che esso mi segnasse.

Quanto all'investigazione, l’incontro è, se possibile, ancora successivo e risale al momento in cui ho iniziato a dedicarmi alla scrittura: è evidente, infatti, che scrivere – di qualunque argomento si tratti – implica investigare. La società, gli altri, se stessi.

Nell'indagine si ricorre alla lente di ingrandimento. La lente attraverso la quale osservo io il mondo, non solo nel caso de L'ombra del passato, è quella del dubbio e della disobbedienza rispetto alle mode, dell’inattualità, tipica del cinema noir che fu una spina nel fianco per l'establishment del Paese più compiaciuto e borghese del secolo scorso.  

Il secolo scorso. Ecco, appunto, potresti spiegare la scelta di ambientare il tuo romanzo nel passato?

Al di là del desiderio di rendere un evidente omaggio ai capolavori del noir americano – realizzati appunto tra gli anni ’40 e ’50 del XX secolo – potrei rispondere che si è trattato del bisogno di andare alla ricerca e di trovare un briciolo di poesia e di umanità.

In un mondo già quasi del tutto disumanizzato, all'essere umano, ad alcuni esseri umani almeno, restavano ancora il tempo e la sensibilità necessari a riflettere sulla vita. E si sa, cogito ergo sum. Nel momento in cui ragionavano su se stessi, costoro assumevano consistenza. Non solo di personaggi, ma di vere e proprie persone. E io desidero circondarmi di persone più che di personaggi, come del resto lo desidera anche Michele Artusio. Egli anzi manifesta chiaramente la sua preferenza attraverso una specifica battura verso la fine del proprio racconto.

Senza dubbio, quelli de L’ombra del passato erano tempi duri, nei quali si moriva di fame e si toccò con mano ciò che oggi è ancora più evidente davanti ai nostri occhi, ma che noi fingiamo di non vedere: che il troppo benessere e che il progresso tecnologico spinto alle sue estreme conseguenze (penso all'energia atomica applicata a scopi militari) non possono che portare alla distruzione di quanto resta della nostra umanità, la quale va inevitabilmente impoverendosi di pari passo con la crescita economica di una civiltà.

Tempi duri, in conclusione, ma nei quali alcuni aspetti poetici dell'uomo resistevano alla prosaicità della società borghese, tutta calcolo e utilità. 

Il passato non riguarda solo la Storia collettiva ma anche il vissuto di ciascuna persona. A questo proposito, il romanzo compie un’associazione immediata tra passato e colpa. Qual è il tuo concetto di colpa?

Quello di nemesi, diffuso nell’antica Grecia, allorché si riteneva che i padri trasmettessero le proprie colpe ai figli, o invece quello tipicamente moderno di colpa individuale?

 

Innanzitutto, vorrei dire che l'idea del peso insostenibile del passato è stato uno dei temi fondamentali della poetica esistenziale noir, nella sua polemica nei confronti di un sistema di marginalizzazione dei più umili ai quali l’ipocrisia e la spietatezza delle istituzioni borghesi non rendevano possibile rimediare in alcun modo. È appunto per questo motivo che nel mio romanzo ho attribuito rilevanza fondamentale, fin dal titolo, alla relazione tra passato, colpa e incapacità di redimersi, di espiare, di salvarsi. 

Quanto alla mia concezione della colpa, naturalmente, alla luce degli studi giuridici dai quali provengo, dovrei rispondere di credere fermamente nella responsabilità personale che costituisce un baluardo del moderno sistema penale.

L'idea opposta, però, secondo la quale le colpe dei padri – o, meglio, le loro conseguenze – ricadrebbero sempre sui figli, è dimostrata storicamente. In questo momento, ad esempio, mi sto occupando, tra le altre cose, della Prima guerra mondiale: una generazione fu massacrata come diretta conseguenza degli errori delle generazioni precedenti, il sistema organizzato e messo in azione dalle quali esigeva addirittura di soffocare nel sangue ogni forma di insofferenza e ribellione manifestata dalla nuova gioventù. Parimenti uno dei miei peggiori assilli, specialmente da quando sono diventato papà, riguarda lo stato di degrado e agonia del nostro ecosistema, la cui rovina paghiamo oggi noi e appunto i nostri figli come conseguenza diretta dello sfruttamento spregiudicato e sconsiderato da parte di chi, in passato, ha guardato solo al proprio tornaconto immediato, senza alcuna precauzione per l'avvenire del pianeta e dell'umanità. 

È anche vero però che, se le colpe sono collettive, la redenzione inizia sempre da un esame di coscienza individuale. È sempre più difficile immaginarsi una catarsi pubblica come – per tornare alle coordinate storiche della domanda – nel caso degli spettacoli tragici dell'antica Grecia. Le occasioni di riflessione e di confronto sono sempre meno, spazzate via dall’irresistibile frastuono della modernità, che romba impazzita. Di fronte al Grande meccanismo della Storia che travolge tutti, da una generazione all'altra, resta però all'individuo, a ciascun individuo, per quanto affetto dal peccato originale, la possibilità di decidere se adeguarsi allo stato delle cose o se, al contrario, provare nel proprio piccolo, nella propria interiorità, a cambiare il sistema, ribellarsi a esso, prenderne le distanze.

Almeno, questo è quanto alla fine del romanzo pretendiamo d'aver capito io e il mio protagonista!  

Ennio Salomone, "Fastidio"è il nuovo singolo del cantautore siciliano

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(video) Arriva in radio e nei digital store “Fastidio”, il nuovo brano di Ennio Salomone, prodotto da Dario Giuffrida, pubblicato da Roughmachine ed edito da Maqueta Records. Questo brano vuole essere un’invettiva, un ossessivo ed impulsivo sfogo contro le disillusioni e gli inganni che la vita ci mette davanti.
Il videoclip ufficiale è un road movie, diretto da Francesco Raso e Accursio Graffeo, che rappresenta anche un omaggio agli scorci e ai colori della Sicilia, terra natia a cui il cantautore, nonostante viva tra Roma e Milano da anni, continua a rimanere fortemente legato. 

Classe 1987, Ennio Salomone è un cantautore e musicista siciliano, trapiantato tra Roma e Milano. Negli anni ha vinto svariati festival di musica indipendente e d’autore, si è esibito in giro per l’Italia e ha collaborato e cantato in diversi dischi, tra cui l’ultimo singolo di Oliviero Malaspina (già autore per Raphael Gualazzi, Cristiano De Andrè e ultimo collaboratore di Fabrizio De André) dal titolo “Vengo a portarti il mio nuovo amore”

 

È stato produttore e arrangiatore dell’ultimo album del cantautore marchigiano Andrea Papetti. Nel 2015 si è trasferito a Roma dove ha iniziato un’intensa attività concertistica, aprendo i concerti a Francesco Tricarico, Pippo Pollina e si è esibito in giro per la penisola, in full band e da solo con la chitarra.

 

Nel 2017 è uscito il suo primo disco “Se passeggio faccio prima”, prodotto da Stefano Borzi (Max Gazzè, Tiromancino, Valerio Scanu) per Stemma Records, di cui fanno parte i singoli “35 minuti di bacio” e “Ludovica”.

 

Nel 2020 pubblica “Fastidio”, il suo nuovo singolo prodotto da Dario Giuffrida.

 

https://www.facebook.com/EnnioSalomoneMusic

https://www.instagram.com/ennio_salomone/


Gianni De Feo canta Aznavour e trasporta il pubblico in un viaggio multicolore. L'intervista di Fattitaliani

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Uno spettacolo graditissimo dal pubblico quello di ieri al Calvi Festival: in scena l'omaggio musicale “La fine del mondo. Concerto per Charles Aznavour” di Roberto Russo diretto ed interpretato da Gianni De Feo. Al pianoforte Giovanni Monti. Un’Allegoria teatrale sul Potere imprevedibile ed “Eversivo” dell’Amore”: l'intervista di Fattitaliani a Gianni De Feo.
Misurarsi con un artista come Aznavour comporta più rischi o soddisfazioni?  
Quando mi confronto (o mi misuro) con un artista di livello internazionale, la prima cosa che cerco di scongiurarne è l’imitazione o, più facilmente, l’identificazione. Al contrario, cerco di evocarne piuttosto l’essenza emotiva per dare al pubblico un impatto tutto personale, senza per questo tradire alcuni segni fondamentali nei quali poter riconoscere l’originale. Come, ad esempio la gestualità o la postura del corpo. Tuttavia, gli arrangiamenti musicali, così come i virtuosismi vocali, possono spaziare su livelli diversi, secondo la necessità di ottenere una teatralizzazione più “contemporanea”. Il rischio è grande, senz’altro, ma fa parte del gioco. E poi, tanto grande è il rischio, tanto grandi saranno le soddisfazioni. Vincere o perdere. Altrimenti... a che serve? 
Nella scelta della scaletta ci sono anche dei brani poco conosciuti in Italia? 
In uno spettacolo teatrale dove si inserisce la canzone d’autore non mi pongo mai il problema di quanto siano conosciuti al pubblico i brani che eseguo oppure l’urgenza di tradurre quelle canzoni che preferisco cantare in lingua originale. Per me è importante l’insieme, ovvero trasportare il pubblico in un viaggio multicolore, dove i ritmi e le atmosfere contrastano tra loro in un gioco di alternanza. Ma siccome sono caratterialmente buono, in questo caso ho voluto inserire alcuni brani più noti come La Bohème, Lei, Ieri sì. Quelle canzoni insomma che il pubblico sicuramente riconosce più istintivamente. Il resto, va da sé... si scopre viaggiando. Viaggiando insieme. 
Dell'interpretazione drammaturgica dello chansonnier cosa rimane nella sua lettura?
Lo spettacolo si articola su due piani: un testo teatrale “La fine del mondo” dell’autore Roberto Russo, in contrapposizione a un concerto dedicato al mondo musicale e poetico di Charles Aznavour, con la direzione e gli arrangiamenti al pianoforte di Giovanni Monti. Differenti sensibilità che si intersecano, differenti gusti che si amalgamano. Il personaggio drammaturgico del racconto, dal singolare nome Monsieur Equilibre, è un individuo che vive prigioniero in un mondo fatto di paure, dove non è possibile rischiare, dove è vietato sbagliare e dove dunque tutte le emozioni sono tenute sotto controllo. Monsieur Equilibre, nel suo delirio tragicomico e surreale, vive l’ansia di un’imminente catastrofe che si concluderà, a suon avviso, con la fine del mondo. Lo chansonnier, al contrario, viaggia sui binari della passione, dei rischi senza limiti. Ecco, così mi divido tra attore e chansonnier.  
foto Manuela Giusto
Quando è scattato il suo amore musicale verso Aznavour?
Alle spalle ho altri due spettacoli centrati su grandi personalità della musica: Grido d’amore, dedicato alla storia di Edith Piaf, dove canto le sue canzoni accompagnato dal vivo dai suggestivi suoni della fisarmonica e Canzoni in forma di nuvole, cento storie per Sergio Endrigo. Volevo chiudere con una triade. Aznavour mi sembrava quello più vicino alla rappresentazione teatrale. 
Della storia personale dell'artista che cosa L'affascina maggiormente? 
Conosco poco della sua storia. Mi parlano le sue canzoni. So solo che i genitori fuggirono dall’Armenia perseguitata e che senz’altro porta dentro di sé un gran bisogno di riscatto e di rivincita. Ce l’ha fatta. È rimasto nella storia. Questo mi piace. 
Secondo lei, cosa direbbe Aznavour della Francia di oggi? 
Cosa direbbe della Francia in particolare non saprei. Posso immaginare, così, con tanta fantasia, cosa direbbe del mondo attuale, anche se, avendo lui attraversato quasi tutto il Novecento e un buon inizio del XXI secolo, ne ha viste di trasformazioni epocali. Non so, forse si chiederebbe che spazio potrebbe avere il sentimento e la passione in un mondo come questo, dove sempre più conta l’immagine “usa e getta”. Giovanni Zambito.

DA 726 ANNI A L’AQUILA LA PERDONANZA CELESTINIANA

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Verso il 28 agosto per il primo Giubileo della storia e l’apertura della Porta Santa - di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – Perdonanza Celestiniana, 726 volte. La prima volta da quando l’Unesco l’ha riconosciuta patrimonio immateriale dell’umanità. Da 726 anni a L’Aquila si ripete la Perdonanza Celestiniana, il primo giubileo della cristianità, concesso da Papa Celestino V giusto un mese dopo la sua incoronazione, avvenuta il 29 agosto 1294 nella basilica di Santa Maria di Collemaggio. Fu una rivoluzione: l’indulgenza plenaria gratuita per chiunque, sinceramente pentito e confessato, ogni anno avesse varcato la soglia della basilica dai vespri del 28 a quelli del 29 agosto. Da allora, secondo la Bolla papale che la istituì, il cui originale è conservato dalla Municipalità e custodito, fino al 6 aprile 2009, nella cappella della Torre civica – dove tornerà dopo gli accurati restauri dai danni inferti dal terremoto –, si vive questo speciale giubileo di un giorno, culmine d’una settimana di grandi eventi religiosi, artistici e culturali e d’un suggestivo Corteo dal Municipio alla Basilica di Collemaggio, per questa edizione in versione speciale per rispettare le misure anti Covid. Quest’anno sarà il Cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, ad aprire la Porta Santa di Collemaggio, l’unica fuori Roma, battendovi tre colpi con il bastone d’ulivo del Getsemani...

L’anziano monaco Pietro Angelerio arrivò all’Aquila il 27 luglio 1294 dall’eremo sul monte Morrone. Un asino la sua cavalcatura, come Gesù entrando a Gerusalemme. Lo accompagnava un lungo corteo festante: due sovrani, Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello, re d’Ungheria, alti prelati e dignitari, e tanta popolo che man mano si era aggiunto, durante il viaggio che da Sulmona lo aveva condotto all’Aquila attraverso la verde Valle Subequana. Dal 5 luglio l’umile eremita era stato eletto al soglio pontificio a Perugia, dopo 27 mesi di conclave. Pietro del Morrone sarebbe dunque diventato Papa Celestino V. Giungeva finalmente all’Aquila, la città che tanto amava e dove, di ritorno dal concilio di Lione, egli aveva fatto edificare la splendida abbazia gotica di Santa Maria di Collemaggio. Aveva scelto L’Aquila, malgrado i cardinali secondo prassi lo esortassero a raggiungere Perugia, per la solenne incoronazione, fissata al 29 agosto, festività di San Giovanni Battista, l’ultimo dei profeti. 

La sua elezione era stata salutata da grande entusiasmo, interpretata come un segno profetico per la Chiesa da coloro che attendevano, la venuta d’un Pastore angelico. Era stata infatti profetizzata una nuova era dello Spirito per restituire all’umanità tormentata di quel secolo una spiritualità nuova e per redimerla dalla decadenza e dal disordine. La Chiesa si sarebbe finalmente liberata dei vincoli del potere terreno, come avevano predicato l’abate calabrese Gioacchino da Fiore nella seconda metà del XII secolo, e qualche anno dopo Francesco d’Assisi, scegliendo la povertà. Il carisma del nuovo Pontefice, l’aura di santità che lo accompagnava, il prestigio morale che gli aveva permesso di fondare e far riconoscere l’ordine dei Celestini, secondo la regola di San Benedetto, sembravano proprio i segni dell’avverarsi di quella profezia. I suoi monaci dall’Abruzzo s’erano diffusi in Molise, Puglia e Campania. Edificavano monasteri, grandi abbazie ed eremi su aspre montagne. Erano solleciti verso poveri e bisognosi, con una perfetta organizzazione sul territorio che ricordava i Cistercensi dei secoli addietro. 

Al tramonto, dunque, il Papa giunse all’Aquila. Da Sulmona, lungo il percorso, era stata un tripudio d’entusiasmo. Il popolo l’amava. Si era arrivati nella “città nuova”, fondata nel 1254 anche per volere degli Svevi, secondo il decreto emesso da Corrado IV, figlio dell’imperatore di Federico II. La città in costruzione sul colle, con la sua cinta muraria lunga sei chilometri, era veramente bella. L’Aquila non era nata per aggregazione casuale come le altre città, bensì secondo un preciso ed armonico progetto, ad opera dei castelli confederati, 99 secondo la tradizione, una settantina in verità. Ciascuno di essi, in una gara d’ingegno e di perizia costruttiva, in base al piano di costruzione della città aveva edificato sull’area assegnata il proprio quartiere, con chiesa piazza e fontana. I legami con i villaggi d’origine erano saldi e vitali, i cittadini dentro le superbe mura e quelli restati nei castelli d’origine vantavano eguali diritti civili nella nuova città-territorio. E tuttavia i primi quarant’anni dell’Aquila non erano stati semplici, persistevano fazioni e dispute intestine, talvolta con esiti cruenti. E il governo civico spesso aveva fatto ricorso al carisma degli abati Celestini.

Eppure la città, ricostruita dopo la distruzione operata nel 1259 da Manfredi, era cresciuta presto e bene. In quei giorni, che precedettero l’investitura pontificia, Celestino avviava il suo straordinario papato riportando la pace tra le parti in lotta, ottenendo da Re Carlo privilegi e clemenza per gli aquilani. La cerimonia d’incoronazione, in quel 29 di agosto, fu un evento straordinario, come raccontano le cronache dell’epoca. Sulla spianata antistante la basilica un’immensa folla di duecentomila pellegrini, giunti d’ogni dove, assisteva al rito. Tra loro anche Dante Alighieri, secondo un attento testimone e cronista. Il vecchio Papa apriva subito orizzonti nuovi alla Chiesa. Richiamava il popolo di Dio al dovere del perdono e della riconciliazione. Invocava pace per ogni uomo e per l’umanità. Ammonizione che egli non lasciava all’inerzia delle parole, ma che aveva applicato alla concretezza dei suoi primi atti dal soglio pontificio, iniziando il suo papato con gesti esemplari e profetici per quel tempo che richiamavano la misericordia, il perdono e la pace. 

Ancor più, il 29 settembre, un mese dopo aver assunto la tiara, Papa Celestino stupiva emanando la Bolla con la quale concedeva ai sinceramente pentiti che visitavano Collemaggio nella festività della Perdonanza, dai Vespri del 28 agosto a quelli del 29, l’indulgenza plenaria ed universale, gratuita e senza distinzioni. Un grande privilegio per la città dell’Aquila e per il suo Primo Magistrato - il sindaco di allora - che della Bolla ricevette l’originale, custodito poi gelosamente per sette secoli, fino ad oggi.  Il 13 dicembre 1294, a Napoli, aveva termine quello straordinario pontificato, con la volontaria rinuncia alla tiara e le dimissioni dal papato di Celestino V. Anch’esso gesto profetico d’umiltà, unico nella storia della Chiesa, fin quando Benedetto XVI non l’ha ripetuto nel febbraio 2013. Pochi giorni dopo, la vigilia di Natale, i porporati in conclave eleggevano il successore, il cardinale Caetani, che assumeva il nome di Bonifacio VIII. I primi suoi atti furono rivolti a cancellare ogni disposizione del papato celestiniano. A cominciare dalla Perdonanza. E quantunque Bonifacio ogni mezzo di pressione e persuasione mise in essere per ottenere la restituzione della Bolla onde consentirne l’annullamento, mai ebbe indietro il prezioso documento custodito dal governo civico. 

Ripreso il nome Pietro e le umili vesti del monaco, dopo qualche mese Celestino veniva prelevato e fatto rinchiudere in una cella del castello di Fumone, poiché Bonifacio ne temeva il carisma l’aura di santità che lo accompagnava. In quella dura prigione il 19 maggio 1296 Pietro Celestino transitò a  vita eterna, nella diffusa convinzione della sua santità che, difatti, papa Clemente V proclamò ad Avignone nel 1313, dopo il processo di canonizzazione. Proprio Bonifacio, cui non era riuscito sopprimere l’annuale Perdonanza celestiniana, nel 1300 ne copiava il senso, istituendo per la basilica di San Pietro in Roma il Grande Giubileod’un anno, ogni mezzo secolo, poi modificato nell’attuale cadenza venticinquennale.

Da Collemaggio, dove San Pietro Celestino riposa nello stupendo mausoleo scultoreo di Girolamo da Vicenza– fatto anch’esso singolare, un papa sepolto fuori la basilica vaticana – ogni anno l’universale messaggio celestiniano di pace e di perdono si rinnova. Da secoli migliaia di fedeli e pellegrini raggiungono L’Aquila da tutto il mondo per beneficiare, dal tramonto del 28 alla sera del 29 agosto, dell’indulgenza plenaria. Secondo la storica tradizione della festività, sancita negli antichi Statuti della città, anche oggi la Perdonanza è indetta dall’autorità civica e preparata da una settimana di grandi eventi, che culminano nel Corteo della Bolla del 28 agosto e nell’apertura della Porta Santa. La suggestiva sfilata dal Palazzo civico, con gli antichi i costumi, accompagna la Bolla che viene traslata a Collemaggio. Lì, accanto al torrione della basilica, secondo il rituale il Sindaco della città ne dà lettura, quindi il Cardinale delegato dal Papa può iniziare il rito di apertura della Porta Santa e il solenne pontificale che avvia il giubileo aquilano.

La sera del 29 agosto, richiusa la Porta Santa, il Corteo riconduce la Bolla nel Palazzo civico, dove viene riposta nel forziere della Torre civica, fino all’anno successivo. Uno speciale messaggio di pace e di perdono, nel 726° anno della Perdonanza, s’eleverà da Collemaggio in questo anno terribile di pandemia da coronavirus che ha colpito l’intera umanità, con gli attuali 23 milioni di contagiati e le quasi 800mila vittime. Un messaggio che riguarderà il dramma che l’umanità sta vivendo con il Covid 19, che ha condizionato fortemente anche la preparazione del giubileo celestiniano. La Perdonanza è patrimonio rilevante della storia civile e spirituale dell’Aquila, ma è ancor più patrimonio universale per i valori che richiama, come ha riconosciuto l’Unesco elevandola a Patrimonio immateriale dell’Umanità. S’eleverà ancora una volta dalla Basilica di Collemaggio il forte appello alla tolleranza, alla riconciliazione ed al perdono, per un’umanità sfibrata dal terrorismo, dalla guerra e dalla pandemia. Ma anche il richiamo alle grandi potenze perché operino davvero per far tacere le armi e i conflitti di varia natura che lacerano il mondo. Sia pace vera e duratura per tutti i popoli, ma soprattutto per quei martoriati popoli del Medio Oriente, terra dove le tre religioni che hanno lo stesso Dio – ebraismo, cristianesimo ed islamismo – sono nate. San Pietro Celestinoè profeta di pace anche nel nostro tempo, con il messaggio universale della sua Perdonanza.

L’Arcivescovo dell’Aquila, Card. Giuseppe Petrocchi, l’ha richiamato nel suo messaggio di preparazione alla Perdonanza: […] La Perdonanza ha una radice spirituale, evangelica. L’idea che muove Celestino V è quella di estendere sempre di più l’atteggiamento del perdono ricevuto e dato come stile di vita quotidiano delle persone. Però tutto ciò che è autenticamente evangelico è anche pienamente umano, nella sua interezza, come ciò che è pienamente umano è tendenzialmente evangelico, cioè esprime valori che ritroviamo nella Parola di Dio. Allora la Perdonanza è al tempo stesso evento ecclesiale e sociale. L’Aquila, dunque, sempre di più è chiamata a vivere una vocazione fondamentale, quella di essere una sorta di scuola di dialogo, di relazioni fondate sull’amore che sa riconciliarsi con l’altro, perché l’esperienza personale e collettiva ci dimostra che, quando prevale l’atteggiamento di rancore, di rappresaglia, allora si attivano meccanismi di inimicizia, che sono sempre fonte di divisioni e sofferenze. La Perdonanza, dunque, ci dice che l’amore che sa rimuovere gli ostacoli dell’egoismo dà la precedenza alla verità e al bene. È un amore che costruisce la città di Dio, cioè la Chiesa-comunione, ma anche la città dell’uomo”.

Questo è il vero ed autentico magistero celestiniano. Al quale fanno da contorno straordinarie iniziative culturali, contemplate in un ricco cartellone di eventi di forte richiamo, dal 23 al 30 agosto, sotto la direzione artistica del M° Leonardo De Amicis. Anche quest’anno grandi artisti internazionali renderanno testimonianza del loro amore per L’Aquila, città che sta rinascendo dalle rovine del terremoto. Con l’antica tenacia, con fiducia e con speranza nel futuro.  L’evento spirituale e civile più importante per la città capoluogo d’Abruzzo non si ferma mai. Ha superato sempre ogni difficoltà: il terremoto, la pandemia da Covid 19, i terribili incendi che martoriato il patrimonio verde nei pressi dell’Aquila, distruggendo quasi 800 ettari di boschi.

"Sarà una Perdonanza del tutto diversa dalle precedenti edizioni– ha dichiarato il sindaco Pierluigi Biondi-. È la prima dopo il riconoscimento a patrimonio immateriale dell'umanità Unesco, ma dovrà tenere conto delle disposizioni anti contagio. L’Aquila, luogo di avanguardia e sperimentazione, in piena sintonia con il rivoluzionario messaggio celestiniano, ha insegnato che il Covid non ferma la cultura, come non lo ha fatto il sisma e che, anzi, attraverso di essa, si riparte e si ricostruisce”. Sarà dunque una Perdonanza all’insegna della “sicurezza” e della “rinascita”, in grado di garantire la fruizione di ogni evento culturale nel rispetto di tutte norme sanitarie vigenti. Il Coronavirus ha spento per molto tempo le luci sui grandi eventi, mettendo a durissima prova il settore culturale del nostro Paese. Per questo la scelta della città è ancor più coraggiosa. Non a caso L’Aquilaè candidata a Capitale italiana della Cultura per il 2022, sottolineando la sua capacità di ripartenza dopo il trauma e ricucendo il tessuto sociale attraverso la cultura. 

http://www.perdonanza-celestiniana.it/

***


PROGRAMMA

 

Come da tradizione le manifestazioni che accompagnano la Perdonanza hanno inizio alle ore 21 del 23 agosto, nel piazzale di Collemaggio, quando giungeranno i tedofori con il Fuoco del Morrone e il sindaco accenderà il Tripode che resterà acceso fino al 29 agosto.  Questo, nel dettaglio, il programma dell’edizione n. 726 della Perdonanza Celestiniana.

 

 

Domenica 23 Agosto

 

Ore 21:30, concerto Un canto per la rinascita – D’acqua e di pietra, evento ideato da Leonardo De Amicis e scritto con Paolo Logli, realizzato all’Aquila per L’Aquila. La conduzione della serata, che avrà come splendida scenografia la Basilica di Collemaggio, è affidata alla conduttrice Rai Lorena Bianchetti. Sul palcoscenico si avvicenderanno gli artisti Loredana Berté, Fausto Leali, Marco Masini, Ron, Giorgio Pasotti, Alberto Urso e Leo Gassman, uniti in un abbraccio di musica e parole. L’Orchestra del Conservatorio “Alfredo Casella” dell’Aquila, diretta dal Maestro Leonardo De Amicis, farà da colonna sonora a questo eccezionale spettacolo.

 

Lunedì 24 Agosto

 

Ore 11:00, Auditorium del Parco: “Il patrimonio culturale immateriale di comunità: strumento per una salvaguardia sostenibile ai sensi dell’Unesco”. Workshop di approfondimento delle tematiche connesse alla salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale secondo i dettami dell’Unesco.

Ore 21.30, Ridotto del Teatro comunale: “La notte del gran rifiuto” di Errico Centofanti. Produzione: La Compagnia della Contessa in collaborazione con il Teatro Stabile d’Abruzzo. In replica il 25 e 26 agosto, alle 21.30.

 

Ore 21.30, Piazza Duomo: “In punta di piedi tra arte e territorio”. Un gran Gala di danza nato all’Aquila dal Centro Danza Art Nouveau di Ornella Cerroni con la direzione musicale dei Maestri Gennaro Spezza e Felice Porazzini e le coreografie di Simone Pergola e Alessio Colella. Lo spettacolo vedrà la partecipazione straordinaria di Rebecca Bianchi (étoile del Teatro dell’Opera di Roma), l’Orchestra da Camera Art Nouveau e Big Band Art & Jazz. Saranno protagonisti i ballerini dell’Arena di Verona, dell’Accademia Nazionale Danza di Roma, del Teatro dell’Opera di Roma, del San Carlo di Napoli e del Centro Danza Art Nouveau.

 

Martedì 25 Agosto

 

Ore 21.30, Ridotto del Teatro comunale: replica “La notte del gran rifiuto” di Errico Centofanti.

 

Ore 21.30, Teatro del Perdono - Piazzale di Collemaggio: “Antonello Venditti… Racconto”. Antonello Venditti sarà protagonista di un altro evento unico, in cui si racconterà con musica e parole. Sul palco con il grande artista l’Orchestra del Conservatorio “A. Casella” dell’Aquila diretta dal Mº Leonardo De Amicis. Un evento pensato e prodotto per creare un continuum tra artisti di fama internazionale e realtà locali. Venditti accompagnerà con le sue canzoni la vita ed i sogni di molte generazioni. La voce di Radio 1 Gianmaurizio Foderaro tesserà la trama del racconto.

 

Mercoledì 26 Agosto

 

Ore 21.30, Ridotto del Teatro comunale: replica “La notte del gran rifiuto” di Errico Centofanti.

 

Giovedì 27 Agosto

 

Ore 18:00, Basilica di Santa Maria di Collemaggio: “Jubilate – Presentazione della Croce del Perdono”. Alla presenza di Mons. Lino Fumagalli l’artista aquilana Laura Caliendo presenterà per il ventunesimo anno la Croce del Perdono, che sarà condotta dalla Dama della Croce e che il Cardinale Matteo Zuppi indosserà il 28 agosto in occasione dell’apertura della Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio.

 

Ore 21.30, Piazza Duomo: “L’Aquila da cantare”. Una serata che vedrà protagonisti gruppi musicali locali, artisti, performer di ogni genere e in chiusura Enrico Ruggeri.

 

Venerdì 28 Agosto

 

Ore 11:00, Palazzo dell’Emiciclo - Sala Ipogea: “La Basilica ritrovata. Il Premio europeo del patrimonio 2020 al restauro di Santa Maria di Collemaggio”. Un esempio di best practice nella ricostruzione post sisma all’Aquila.

 

Ore 19:00, Piazzale Basilica di Collemaggio: Arrivo della Bolla del Perdono, Santa Messa stazionale presieduta dal Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo metropolita di Bologna, apertura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio e inizio del Giubileo celestiniano. L’intera celebrazione sarà trasmessa in diretta dalla rete televisiva nazionale Tv2000.

 

Ore 22:00 Perdonanza dei Giovani e degli Scout, delle Aggregazioni laicali, degli Operatori pastorali: Santa Messa presieduta da Mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo di Teramo-Atri. Liturgia animata dai rappresentati dei Giovani dell’Arcidiocesi. A conclusione della Santa Messa “Veglia nella notte della Perdonanza” alle ore 01.00, a cura del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile e Vocazionale.

 

 

Sabato 29 Agosto

 

06:00 Perdonanza dei Lavoratori: Santa Messa presieduta dal Can. Manfredi Gelsomino, Vice Cancelliere Curia Metropolitana. Liturgia animata dal Coro della Parrocchia di Colle di Roio.

 

07:30 Rosario trasmesso in diretta sull’emittente Radio Maria.

 

08:00 Perdonanza dei Religiosi e delle Religiose: Santa Messa presieduta da Mons. Vincenzo De Luca, Vescovo di Termoli-Larino. Liturgia animata dal Coro delle Religiose, trasmessa in diretta sull’emittente Radio Maria.

 

10:00 Perdonanza delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine: Santa Messa presieduta da Mons. Claudio Palumbo, Vescovo di Trivento. Liturgia animata dal Coro della Scuola Sottufficiali della Guardia di Finanza.

 

12:00 Perdonanza delle Famiglie, dei Catechisti e dei Ragazzi, degli Studenti e degli Insegnanti:

Santa Messa presieduta da Mons. Orlando Antonini, Arcivescovo, Nunzio Apostolico. Liturgia animata dall’Associazione Corale CantAbruzzo.

 

16:00 Perdonanza dei Malati e delle Confraternite: Santa Messa presieduta da Mons. Giuseppe Molinari, Arcivescovo Emerito dell’Aquila. Liturgia animata dall’Associazione Socioculturale “L’Aquila in Canto”.

 

Ore 18:00, Piazzale Basilica di Collemaggio: Santa Messa stazionale presieduta dal Cardinale Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo metropolita dell’Aquila. Rito di chiusura della Porta Santa e rientro della Bolla.

 

Domenica 30 Agosto

 

Ore 21.30, Teatro del Perdono - Piazzale di Collemaggio: “L’Aquila per Ennio Morricone – Morricone dirige Morricone”. Chiusura della 726ª Perdonanza Celestiniana con un evento straordinario, dedicato alla musica di Ennio Morricone, cittadino onorario dell’Aquila. Le sue opere saranno affidate alla maestria dell’Orchestra “Roma Sinfonietta” e ad un grande Coro, diretti dal M° Andrea Morricone. La serata sarà introdotta dalla giornalista del tg1 Emma D’Aquino.

 

L'Alta Moda di Mimmo Tuccillo approda nel Cilento

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Lo stilista partenopeo Mimmo Tuccillo è incantato dalla bellezza del Cilento e non a caso  ha scelto per la campagna  pubblicitaria 20/21 la suggestiva location della Montagna Celle di Bulgheria località Bosco tra i panorami incantevoli  di Villa "Fonte di bene" affacciata sul Golfo di Policastro per presentare parte del suo ultimo lavoro "le riggiole del 700 napoletano" raffinate stampe su sete  pregiate, tulipani olandesi e pizzi rebrode.

Per impreziosire il tutto  il couturier vesuviano ha scelto la bellissima modella teenager olandese MIKKI HOP immortalata dalla reporter Mariella NUVOLETTA... ancora incerta la location CILENTANA per la presentazione della  sfilata della nuova collezione Altamoda e sposa.

Mimmo Tuccillo e la sua moda sono una certezza dell'Alta Moda italiana.

Lara Di Carlo, editore e scrittrice: La scrittura unisce anima e mente in modo creativo. L'intervista

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«La scrittura è il mezzo più potente che abbiamo per rielaborare le nostre emozioni ed esperienze di vita, perché unisce anima e mente in modo creativo. Attraverso la scrittura si riesce a essere fino in fondo sé stessi, di fronte alla carta la nostra interiorità non ha più nessun velo» - Intervista di Andrea Giostra.

Ciao Lara, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Sei un editore e una scrittrice. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Lara nella sua quotidianità e Lara nella sua professione e passione per l’arte dello scrivere?

In primo luogo mi presento come lettrice, perché è da lì che è nata la mia passione per la scrittura e per l’editoria. È proprio il mio amore per la letteratura che mi ha portato a iscrivermi alla Facoltà di Lettere all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Durante l’ultimo anno di università ho scoperto per caso un master per redattore editoriale; il mondo dell’editoria mi ha iniziato ad affascinare, e da quel momento non l’ho più abbandonato.

Nel 2018 hai fondato la casa editrice “PandiLettere”di Roma. L’incipit di presentazione che si legge nel sito web ufficiale recita così «La casa editrice PandiLettere nasce nel 2018 con l’idea di dar vita a un’armonia tra corpo e anima. È proprio questo il progetto racchiuso nel titolo: libri come cibo per il corpo e per la mente. Ci muoviamo dunque su un doppio binario, pubblicando libri che contengano qualche riferimento al cibo e libri che racchiudano dentro di loro un nutrimento spirituale. Le lettere sono dunque il pane di cui si nutre il lettore, ma non solo: in PandiLettere è anche racchiuso il richiamo al dio Pan, perciò nascono le collane Arcadia e Il grido della selva.»Ci racconti un po’ di questa tua avventura editoriale e al contempo imprenditoriale? Come nasce, quale l’idea che l’ha generata, quali le difficoltà che hai dovuto affrontare in Italia per dar vita a una casa editrice?

Ho fondato la mia casa editrice PandiLettere dopo sette anni di esperienza nel settore editoriale, maturata attraverso il master per la formazione del redattore editoriale di cui parlavo nella risposta precedente, seguito da due stage e collaborazioni con diverse case editrici come editor talent scout. Ad un certo punto ho sentito che tutto questo non mi bastava più, perché ero sempre alle dipendenze di altri, e non potevo seguire fino in fondo gli scrittori come avrei voluto. Così è nata PandiLettere, anche se non è stato certo facile partire in una società che offre finanziamenti solo a chi ha già un lavoro stabile.

Dopo poco più di due anni di attività, qual è il tuo bilancio in proposito? Quali i successi e quali i fallimenti editoriali considerato che chi vuole fare impresa editoriale e di cultura in Italia non trova certo terreno fertile?

All’inizio ero piena di entusiasmo e appoggiata dai miei genitori, ma nel mondo esterno ero sostenuta da pochissime persone. Molti mi dicevano che non sarei arrivata da nessuna parte, che dovevo trovarmi un lavoro fisso e chiudere quanto prima il mio “gioco”. E ci sono stati dei momenti in cui ho pensato anch’io che non ce l’avrei fatta, soprattutto per un errore mio di valutazione editoriale. Ma ho superato presto queste incertezze, perché dentro di me sapevo che ce l’avrei fatta, e che questo sarebbe diventato un giorno il mio lavoro. Ho cominciato ad avere vari riconoscimenti. Ho pubblicato libri di qualità, e alcuni miei autori hanno vinto dei premi (Quelli che incontri a Roma e poi te li scordi di Elisa Martino è risultato primo classificato al Premio Letterario Nazionale EquiLibri – Edizione 2019 – sezione Graphic Novel/Fumetto, Alberto Dionisi ha vinto il Premio Letterario Internazionale Pushkin – Edizione 2019 – sezione Poeta sconosciuto, con la sua poesia Dormo solo contenuta all’interno della raccolta Amori nello specchioda noi pubblicata, e Giulia Porena ha ricevuto una menzione d’onore al Premio Letterario Internazionale Le Ragunanze 2020 – sezione Narrativa – libro edito con La stanza dei Pensieri). Tra l’altro i libri di PandiLetteresono ben accolti nelle librerie per la loro eleganza, e sono riuscita anche ad avere una distribuzione nazionale. Inoltre in questo periodo sono felice per il successo che ha ottenuto il libro della mia nuova autrice Liselotte ParisiPetali nel fango (in meno di un mese dall’uscita abbiamo finto tutte le copie, e siamo già arrivati alla ristampa).

Come è nata la tua passione per il mondo dell’editoria e dello scrivere, e qual è stato il tuo proposito, il tuo scopo principale nella tua attività imprenditoriale?

Come ho già detto nelle riposte precedenti la mia passione per l’editoria e la scrittura è nata dal mio amore per la lettura. Inoltre desideravo conoscere a fondo gli scrittori e sentirmi parte integrante delle loro opere. Dunque lo scopo principale della mia attività editoriale è dar voce a scrittori di talento, aiutandoli a portare alla luce le loro opere, a distribuirle e promuoverle attraverso varie iniziative culturali.

Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?

Perché la scrittura è, a mio avviso, il mezzo più potente che abbiamo per rielaborare le nostre emozioni ed esperienze di vita, perché unisce anima e mente in modo creativo. Attraverso la scrittura si riesce a essere fino in fondo sé stessi, di fronte alla carta la nostra interiorità non ha più nessun velo.

Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle?

Secondo me chi scrive deve sentire forte il bisogno di donare emozioni ed essere in grado di farlo attraverso uno stile semplice, scorrevole e al tempo stesso elegante e raffinato. È un dono che si ha, ma che va coltivato. Non ci si improvvisa scrittori; l’arte consiste nel far apparire spontaneo ciò che è frutto di studio e di un percorso di crescita interiore.

Quanto è importante vincere un premio letterario per la carriera di uno scrittore? E perché occorre partecipare ai premi letterari secondo te? E se sì, quali sono i più importanti e seri nel panorama nazionale?

A mio avviso è importante partecipare ai premi letterari per mettersi in gioco e confrontarsi con altri scrittori. Quando si riescono a vincere ogni volta è un’emozione grandissima, perché è un riconoscimento di prestigio per lo scrittore. Purtroppo non tutti i premi sono puri e mirano soltanto alla promozione delle opere. Ma mi sento di consigliare il Premio Letterario Nazionale EquiLibri perché è uno dei pochi premi puri, che cerca in tutti i modi possibili di far conoscere gli scrittori premiati attraverso recensioni, interviste, video e varie iniziative culturali portate avanti con passione e tenacia dalla sua Fondatrice Chiara Ricci(Presidente dell’Associazione Culturale Piazza Navona). Un altro Premio che segnalo è il Premio Alberoandronicoper la serietà e l’amore per l’arte e la cultura del suo Fondatore Pino Acquafredda.

Quanto sono importanti le fiere del libro invece? A quali hai partecipato come editore e perché proprio quelle? Che benefici letterari portano secondo te sia all’autore che all’editore?

Penso che le fiere siano fondamentali sia per la promozione degli editori che degli autori, perché consentono di acquisire sempre più contatti nel proprio settore. Però, a mio avviso, vanno rese vive, attive; non si deve stare presenti passivamente solo come vetrine per i libri. Possono diventare trampolini di lancio, se le si sanno sfruttare con iniziative di vario genere in grado di incuriosire ogni giorno i seguaci delle case editrici e attrarre gente nuova. Ho partecipato in passato a Più libri più liberiquando ero ancora alle dipendenze di altri. Come editrice ho raggiunto solo ora la possibilità economica di parteciparvi, ma a causa del Covid quest’anno non ci sarà. Ad ogni modo ho partecipato con PandiLettere a ben tre fiere virtuali: Italia Book Festival, BukItalye BukSummer; queste ultime in particolare rispecchiano appieno la mia idea di Fiera grazie alle numerose dirette che hanno portato avanti Emilio Brancadoro e i suoi collaboratori e ai tanti video che hanno inserito dei miei autori. Nonostante la distanza ho vissuto questa esperienza con entusiasmo e mi sono sentita accolta come a casa. Inoltre dal 1 al 4 ottobre parteciperò con i miei autori a Insieme – lettori, autori, editori, una festa del libro all’aperto presso l’Auditorium parco della Musica, promossa dal Mibact per il tramite del Centro per il libro e la lettura, dalla Regione Lazio e da Roma Capitale e coprodotta dalle tre manifestazioni principali del libro che si tengono a Roma: Libri Come, Letterature – Festival Internazionale di Romae Più libri più liberi. Durante questa manifestazione organizzeremo tanti incontri con i nostri autori presso lo stand di PandiLettere.

Gino de Dominicis, grandissimo genio artistico del secolo scorso, dei critici diceva … «…che hanno dei complessi di inferiorità rispetto agli artisti. Sono sempre invidiosi. È una cosa che è sempre successa. C’è poco da fare.» (Intervista a Canale 5 del 1994-95.) Tu cosa ne pensi dei critici letterari?

Sono nata come critico letterario, perciò mi è difficile dare un giudizio obiettivo. Ho sempre amato la critica letteraria, tant’è che all’università ho scelto diversi esami in questo settore, alla triennale mi sono laureata con una tesi di critica letteraria su Il fanalino della Battimonda di Antonio Delfini (un testo surrealista particolarmente complesso, ma che a 21 anni ho deciso di analizzare nei dettagli da un punto di vista retorico, perché ho sempre amato le sfide), e alla specialistica mi sono laureata con una tesi di critica letteraria su Arturo Onofri. Finita l’università ho continuato a scrivere saggi sulla poesia, e dopo aver vinto il Premio Franz Kafka Italiacon la mia tesi di laurea su Arturo Onofri, sono entrata a far parte di un gruppo di ricerca fondato dalla Professoressa Rita Mascialino(Fondatrice del Premio): Secondo Umanesimo Italiano, per il quale ho scritto degli articoli e sono stata relatrice a un convegno internazionale. Ho sempre amato analizzare i testi, per assaporare ogni sfumatura presente in essi. Ma ad un certo punto ho sentito che tutto questo non mi bastava più, perché volevo sperimentarmi anch’io come scrittrice, riuscire a donare emozioni agli altri con la mia arte.

Charles Bukowski, grandissimo poeta e scrittore del Novecento, artista tanto geniale quanto dissacratore, a proposito dei corsi di scrittura diceva … «Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere e per diventare uno scrittore di successo?

Ho frequentato la Scuola di scrittura Omero, e mi sono trovata molto bene, mi ha aiutato a liberare la mia vena creativa nella narrativa, e mi ha dato delle dritte utili su come farlo. Tra l’altro non mi hanno mai “incensato”, soltanto corretto e consigliato. E ogni tanto facevano venire degli editor esterni a valutare i nostri scritti. Una volta un editor ha stroncato un mio racconto. È stata dura, non approvavo molte delle sue critiche, che sembravano venire più da una sua visione del mondo che da una valutazione oggettiva, ma qualche insegnamento sono riuscita a trarlo anche da quell’esperienza negativa per rendere il mio stile più scorrevole e al tempo stesso incisivo. Tra l’altro frequentare questa scuola mi è stato utile anche per comprendere meglio le dinamiche editoriali da un punto di vista commerciale per il mio lavoro di editrice.

Sempre Buk, a proposito dell’arte dello scrivere diceva:«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale e accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski?

Penso che siano importanti entrambi gli aspetti; un libro originale e accattivante è a mio avviso il risultato di una perfetta armonia tra storia e linguaggio.

«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.»(Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?

Penso che la lettura sia fondamentale per affrontare con più consapevolezza la realtà, perché se si leggono attentamente testi di qualità, si possono trovare le chiavi per affrontare varie situazioni di vita e per capire meglio i moti della nostra anima. Ma non bisogna commettere l’errore di rifugiarsi nei libri, perdendo di vista la realtà; è importante che la lettura e la scrittura servano per rielaborare le esperienze, non per sostituirle.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori»(René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto?

Sicuramente, perché quando si legge un libro si entra in comunicazione con l’autore, diventando in qualche modo parte del suo mondo interiore costituito da emozioni, pensieri ed esperienze di vita; si impara a guardare la realtà attraverso i suoi occhi.

Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo, la mia città, c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte e l’arte della scrittura in generale?

L’arte è il nutrimento dell’anima. Non a caso ho chiamato la mia casa editrice PandiLettere. A maggior ragione serve in questa nostra società tecnologica; perché l’arte ci arricchisce, ci emoziona, ci rende vitali, ci fa cogliere la bellezza in tutte le sue sfumature. Senza di essa saremmo automi senz’anima. Come afferma Carlo Rovelli: «Forse una radice profonda della scienza è la poesia: saper vedere al di là del visibile».

In Italia ogni anno si pubblicano tra i 65 e i 70 mila nuovi titoli. La media ponderata di vendita di ogni nuovo titolo è di circa 50 copie, mentre chi legge effettivamente l’opera letteraria acquistata non supera il 10%, il che vuol dire che delle 50 copie vendute solo 5 copie vengono effettivamente lette da chi acquista in libreria o nei distributori online. Partendo da questo dato numerico, che per certi versi fa impressione e ci dice chiaramente che in Italia non si legge o si legge pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per migliorare questa situazione? Cosa dovrebbero fare gli editori per far aumentare il numero dei lettori e degli appassionati ai racconti e alle storie da leggere?

A mio avviso gli editori devono cercare di promuovere il più possibile i libri, aderendo a tantissime iniziative, inventandone anche di nuove che possano suscitare curiosità e interesse nelle persone; ritengo che per coinvolgere il maggior numero di lettori possibili sia necessario far leva sulle loro emozioni; perché chi legge ha bisogno di sentire che un libro gli appartenga, di riconoscersi, di sentirsi in qualche modo vicino a chi lo ha scritto. Penso che sia l’unico modo per far arrivare veramente l’invito alla lettura; però è importante che gli scrittori collaborino di comune accordo con gli editori, che non si isolino nel loro mondo, che abbiano una mente aperta e portata ad andare verso gli altri, e che si facciano a loro volta promotori di iniziative coinvolgenti, perché il successo di un libro dipende dalla sinergia tra autore ed editore.

Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?

Non ho modelli veri e propri, ma ho letto talmente tanto che probabilmente molti autori li ho fatti miei senza nemmeno accorgermene. Per quanto riguarda la poesia i miei autori preferiti sono: Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Arturo Onofri, Dino Campana, Alda Merini, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Guido Gozzano, Aldo Palazzeschi, Arthur Rimbaud e Charles Baudelaire. Per quel che concerne la prosa: Luigi Pirandello, Italo Svevo, Dino Buzzati, Italo Calvino, Umberto Eco, Alessandro Baricco, Michael Ende, Hermann Hesse, Stendhal, Goethe, Oscar Wilde, Marcel Proust, Jane Austen ed Emily Brontë.

Gli autori e i libri che secondo una persona che vuole definirsi scrittore dovrebbe leggere assolutamente quali sono? Consiglia agli scrittori, o potenziali tali, che leggeranno questa intervista, almeno tre autori da leggere assolutamente per imparare da queste letture qualcosa sull’arte dello scrivere e della scrittura.

Per quanto riguarda la poesia consiglio un autore che è stato ingiustamente trascurato, ma senza dubbio è da considerare come un caposaldo della poesia italiana: Arturo Onofri; un autore che attraversa fasi molto diverse sempre con maestria ed eleganza. Vi invito a leggere in particolar modo “Orchestrine”, dove il dissidio tra “spirituale”e “terreno”, “aulico”e “prosastico”, “luce”e “tenebre”, “natura”e “città”, “rinascita”e “rovina”, “veemenza”e “ingenuità puerile”è quello stesso di un secolo come il Novecento, in cui il poeta, ormai relegato ai margini della società ha perso ogni certezza, non può più essere un poeta “vate”, e per questo si rifugia nella propria interiorità tormentata. Per quel che concerne la prosa consiglio Orgoglio e Pregiudiziodi Jane Austen(perché è uno dei pochi capolavori a lieto fine, in grado di dimostrare che l’amore è più forte di qualsiasi pregiudizio e che è possibile realizzare opere di pregio senza per forza mettere in scena catastrofi) e La strada di Swanndalla Recherchedi Marcel Proustper l’abilità che ha Proust di avvincere il lettore, tenerlo incollato alla carta attraverso delle descrizioni semplici con tempi lenti ma che non stancano mai come la notte d’insonnia trascorsa dal narratore e il sapore di una madeleine inzuppata nel tè.

Tre film da vedere assolutamente? Quali e perché consigli proprio questi?

La vita è bella di Roberto Benigni, A beautiful mind di Ron Howarde Forrest Gump di Robert Zemeckis. Consiglio La vita è bella, perché è un film che ci insegna a essere positivi e a donare forza agli altri anche nelle situazioni più drammatiche. A beautiful mind è un film meraviglioso, perché ci dimostra che con l’intelligenza, la volontà e la forza dell’amore si possono superare anche malattie molto gravi. Consiglio infine Forrest Gump, perché è un film commovente che ci fa comprendere che spesso la grandezza sta nella purezza e nella semplicità.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? A cosa stai lavorando?

In questo momento sto lavorando per portare alla pubblicazione il romanzo di una mia autrice che uscirà a settembre/ottobre. Inoltre a partire da settembre inizierò a lavorare a un progetto per diffondere l’amore per la lettura e la scrittura nelle scuole insieme allo scrittore e organizzatore di festival Emilio Brancadoro, la scrittrice Luisa Diaco e la professoressa Isabella Cupellaro. A partire da ottobre bandirò un concorso di poesia, ma non vi voglio svelare troppo in questa sede; seguiteci sul sito di PandiLetteree sui nostri social. Per quanto riguarda i prossimi appuntamenti a fine settembre parteciperò a una Fiera all’orto botanicodi Romacon i miei autori finalisti del BukItaly(Alberto Dionisie Giulia Porena). Il 2 ottobre si terrà la presentazione di Petali nel fango di Liselotte Parisia Romapresso la libreria Sinestetica (Viale Tirreno 70 a/b). Dall’1 al 4 ottobre parteciperò con i miei autori a Insieme – lettori, autori, editori sempre a Romapresso l’Auditorium parco della Musica.

Dove potremo seguirti?

Per quanto riguarda la casa editrice potete seguirmi sul sito di PandiLettere, sui nostri social (Facebook, Instagram e Twitter) e sul nostro canale YoutTube, e come scrittrice soprattutto sulla mia pagina Facebook.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?

Concludo, ringraziando Andrea Giostra per questa interessante intervista. Ai nostri lettori dico: leggete, leggete e leggete, e non smettete mai di sognare, colorando il mondo con le vostre emozioni.


Lara Di Carlo

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Cecilia Quadrenni a Fattitaliani: la vera arte è non risparmiarsi su niente e dare al pubblico tutto di sé. L'intervista

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La cantautrice Cecilia Quadrenni ha pubblicato di recente il suo nuovo singolo “Verso Oriente”, in cui la sua voca delicata e armoniosa fa da ponte tra due mondi, unendo il pop elettronico ad atmosfere orientali. Cecilia racconta in chiave metaforica la fine di un rapporto, paragonandolo ad una vera e propria guerra, sottolineando come questo processo possa trasformare le persone! Ne parla a Fattitaliani: l'intervista.
Il singolo "Verso Oriente" racconta in chiave metaforica la fine di un rapporto: la direzione "Verso" implica comunque un significato positivo, di ripresa?
Il titolo esprime il concetto di meta da raggiungere inteso come cammino e sguardo verso un mondo suggestivo, dove la guerra e la voglia di pace si alternano come in un tormento dell’animo. Può anche essere visto come un segnale di rinascita e di voglia di viaggiare e sentirsi liberi, quindi sicuramente positivo.
Che cosa ti ispira di più quando componi: un dettaglio, una persona, un evento?
Diciamo che mi faccio ispirare dalle emozioni che provo al momento e quindi dalle immagini che mi suscitano. Quindi può essere sicuramente un dettaglio, un luogo, una persona, ma sicuramente deve darmi delle forti sensazioni da crearmi il bisogno di metterle in musica.
Ti capita di mettere anche un po'"troppo" di te stessa nelle canzoni? come trovare un equilibrio fra un racconto personale e il messaggio che il pubblico ascolta?
Diciamo che non ho mai scritto niente “a tavolino” e non potrei mai cantare una canzone mia o di altri autori che non mi rappresenti al cento per cento.
Non posso che mettere tutta me stessa e il mio obbiettivo è quello di mettercene sempre di più perché l’arte, quella vera a cui ambisco, è non risparmiarsi su niente e dare al pubblico tutto di sé stessi fino all’ultima emozione. Poi se sei autentico, il messaggio che arriva è interpretabile, ma è quello che deve accadere in una canzone.
Che cosa ti piacerebbe che chi ascolta il brano potesse cogliere di te come artista?
Mi piacerebbe che gli altri potessero finalmente conoscermi per quella che sono e che potessero capire le contraddizioni e la lunaticitå che mi contraddistinguono. Insomma vorrei che cogliessero la mia voglia di condivisione e la mia semplicità.
L'arte della recitazione e del mimo rientrano in un certo senso nella tua musica? in che modo? nei concerti?
Posso dire che mi hanno sicuramente formato come artista facendomi esplorare nuovi modi di esprimersi, ma rimangono legati alla sfera di crescita intima personale.
Fra poco si rientra dalle vacanze. Che cosa ti auguri per te e per il mondo della musica quando la ripresa sarà avviata del tutto?
Mi auguro che ci sia più musica e più rispetto per i musicisti e chi lavora nel settore dello spettacolo. Mi auguro la normalità di prima e la possibilità di tornare a cantare dal vivo. Giovanni Zambito.

Cecilia Quadrenni
nasce a Siena e si appassiona fin da subito ad ogni forma di arte: studia violino, mimo e recitazione. Si mostra al grande pubblico rivisitando in chiave personale ed acustica hit come “Paparazzi” di Lady Gaga o “Take on me” degli A-Ha: queste ed altre cover vengono raccolte nell’ep dal titolo ironico e provocatorio “Molto Personale”, pubblicato nel 2012. A giugno 2013 Cecilia Quadrenni si propone per la prima volta al pubblico con un ep di inediti scritti e arrangiati da lei, “To Summer”. Le sue origini e la sua passione per la Francia la portano nel 2017 a scrivere, insieme al giornalista scrittore Frederic Maze, il brano inedito in lingua francese “Corsaires”. Nel 2019 pubblica “Esco Nuda” il suo primo singolo in italiano dove racconta le emozioni e le paure più intime riguardo la possibilità di mostrarsi per quello che si è.

Foto di Roberto Covi

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