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Sabato 8 agosto la giornata mondiale del gatto

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Sabato 8 agosto si celebra il World Cat Day, la giornata mondiale del gatto. La ricorrenza si festeggia dal 2002, la data scelta non è casuale: agosto è il mese dell’anno in cui sono più frequenti gli abbandoni degli animali domestici.

Si stima che in Italia siano più di 60 milioni gli animali d’affezione, 7,3 milioni di gatti, membri a tutti gli effetti delle famiglie.

Contribuiscono attivamente alla gioia e al benessere dei proprietari, una dipendenza emotiva reciproca, spontanea e genuina. Prendersi cura di un animale domestico è in cima alla classifica delle attività che hanno un maggiore impatto positivo nella vita.

Non sono oggetti e la loro salute è interesse di tutta la collettività. Eppure, i loro alimenti – così come quelli per i cani – e le prestazioni veterinarie sono gravati da un’aliquota pari a quella dei beni di lusso: 22%.

Il 40% delle famiglie italiane vive con un cane e/o un gatto e sopporta un’IVA pari a più di 3 volte quella delle famiglie tedesche. In Germania, in considerazione della quotidianità d’utilizzo e del ruolo degli animali d’affezione in società, l’aliquota IVA sugli alimenti per cani e gatti è al 7%. Un carico fiscale importante che ricade direttamente sulle famiglie italiane, incompatibile con l’attuale pressione fiscale e con l’impoverimento globale post-emergenza.

Per questo, veterinari e aziende del settore chiedono al Governo e al Parlamento che, al primo provvedimento utile, le prestazioni veterinarie e gli alimenti per cani e gatti vengano permanentemente collocati in fascia IVA agevolata al 10%, la stessa dei medicinali veterinari. La lettera aperta inviata a Governo e Parlamento è stata firmata da Assalco (Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia) insieme alle maggiori sigle del settore che riuniscono Medici Veterinari e Imprese dell’alimentazione animale e dei farmaci veterinari (Anmvi, Fnovi, Simevep, Enpav, Aisa, Assalco, Ascofarve e Assalzoo).


Licia Lanera al Festival di Venezia nel film dei fratelli De Serio "Spaccapietre"

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Il suo debutto al cinema è segnato dal ruolo da attrice protagonista in Spaccapietre, unico film italiano presentato nella sezione Giornate degli Autori al festival del cinema di Venezia 2020 per la regia dei fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio.

Regista, attrice prima di partire per Venezia sarà impegnata dal 25 al 27 agosto al Teatro Carignano di Torino dove debutterà con “Guarda come nevica 3. I sentimenti del maiale” scritto e diretto da lei, spettacolo che completerà la trilogia sugli autori russi.

Licia Lanera ha studiato presso il Centro Universitario Teatrale dell’Università degli Studi di Bari e in seguito si è formata con Carlo Formigoni, la Compagnia Ricci/Forte, Massimo Verdastro, Marco Sgrosso, Eimuntas Nekrosius.  Nel 2006 ha fondato, insieme a Riccardo Spagnulo, la Compagnia Fibre Parallele, che in circa dieci anni di attività si è imposta nel panorama teatrale riscuotendo successi di critica e pubblico. Fondamentale nel suo percorso formativo l'incontro con Luca Ronconi di lei diceva “E’ un’attrice che ha un suo potenziale naturale e un indubbio talento”. Nel 2012 Ronconi favorisce la messa in scena di uno studio da Questa sera si recita a soggetto presso la Biennale di Teatro di Venezia e successivamente la invita presso il Centro Teatrale di Santa Cristina e poi al Piccolo Teatro. 

Nel 2014 è invitata dal Mibact al Festival di Avignone in Francia per seguire una masterclass europea sulla regia teatrale. Nello stesso anno riceve numerosi premi della critica come attrice, in particolare il Premio Ubu miglior attrice under 35. Da dieci anni conduce laboratori di formazione per giovani attori, in particolare cura il progetto Agli Antipodi! a Bari e negli anni 2017 e 2018 è stata docente presso la Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino. Nel 2018 in continuità con il percorso fondativo di Fibre Parallele, la compagnia prende il nome di Compagnia Licia Lanera. Nel 2019 è stata docente presso la Scuola per Attori del Teatro Cassiopea di Roma. Nello stesso anno Licia Lanera è stata candidata come miglior attrice al Premio Ubu con lo spettacolo Cuore di cane.

Adora Fabrizio De Andrè, ha una parola tatuata a chiare lettere sul cuore ‘TEATRO’ e non è superstiziosa.

Monica Setta, compleanno da mille e una notte sotto il cielo di Puglia per la giornalista brindisina

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La conduttrice brindisina di “UnoMattina in famiglia” Monica Setta, riconfermata alla guida del programma anche nella stagione 2020/2021, ha festeggiato mercoledì 5 agosto il suo compleanno nella lussuosa cornice della Peschiera di Capitolo, a Monopoli. 

Aperitivo sul mare e poi cena placè per 60 invitati curata dallo chef Vito Casullo con la supervisione del manager del gruppo Talea, Andrea Sabato. Elaborato e molto ricco il menù: triglia scottata in crosta di pane su guazzetto di caciocavallo podolico, gocce di cime di rape e marshmallow allo zenzero, risotto acquarello al caviale con tartare di scampi e tartufo nero, ravioli di burrata su crema di finocchi, acciughe del cantabrico e scorzette di arance caramellate, ombrina rossa del Gargano scottata con mostarda di sesamo e infuso al miso, contorno di patate di Polignano cotte nell'acqua di mare e scottate alla cenere profumata di timo, composta di frutta della Peschiera. Dopo il dinner nella sontuosa sala davanti al mare - su ogni tavolo mega corbeilles composte da trionfi di peonie, ortensie, rose rosa e garofani firmate dal maestro del floreal design Michele Zaurino - torta Rose su rose by Gourmandise di Angelo Lucarella sulla spiaggia con dieci minuti di fuochi d'artificio sulla sabbia. In sottofondo musica anni ‘70/’80 e dopo il taglio della torta gran buffet di dolci e champagne bar.

Doppio cambio di abito per Monica che ha indossato un lungo vestito tempestato di paillettes oro griffato Andrea Ubbiali e poi un corto di pizzo nero e rigorosamente in lungo tutte le signore. Verde paillettes per Giusi Urgesi, stampe floreali per la conduttrice TV Mary de Gennaro, tunica Missoni per Tania Missoni che era al tavolo della festeggiata con le amiche del cuore Marisa Notaro (paillettes argento sopra un bianco panna con parure di bijoux ton sur ton) e Stefania Rengo, la stessa Tania Missoni e la mamma di Monica, Liliam Setta in verde paillettes e pantalone di seta color avorio. 

Tra gli invitati, il direttore di Affari italiani Angelo Maria Perrino, il direttore di Telenorba Antonio Azzalini con la moglie Teresa, il direttore di tg norba Enzo Magistà, il ricchissimo imprenditore di Trani Giuseppe Pierro patron di Ad majora edizioni accompagnato dalla elegante consorte, gli industriali leccesi Nino De donno e Marcello Apollonio, il numero uno di Confindustria mezzogiorno Gabriele Menotti Lippolis con la moglie Marianna, i giornalisti Luigi Miliucci e Tommaso Martinelli. I due autori TV giornalisti di grido sono stati la vera "perla " della serata. Tommaso e Luigi, infatti, sono richiestissimi e sono venuti in Puglia per Monica prima di raggiungere la costiera per altri inviti blindati importantissimi. Nel parterre anche la direttrice del museo di Brindisi Anna Cinti (la più sexy in un abito super scollato di Elisabetta Franchi), la leghista Ilaria Antelmi (bellissima) e la collezionista d'arte contemporanea Angela Anglani, amica cara della festeggiata. Al tavolo di Monica il presidente del museo di Ostuni, l'avvocato Michele Conte presente alla festa con i genitori Franco e Clarita, il fratello Antonio e la cognata Kristina. Al taglio della torta Monica, emozionatissima, aveva vicino la mamma Liliam e la splendida figlia Gaia in nero lungo Gai Mattiolo accompagnata dal fidanzato ingegnere Simone del croce.

La festeggiata è stata inondata di fiori, mazzi di rose, orchidee e ortensie le sono arrivati dall'imprenditore salentino Fernando Nazaro e da Gianluca e Mikaela Paparesta oltre che dalla scrittrice Gabriella Genisi e dall'amico Pino Strabioli conduttore de “Il Caffè di Raiuno”. Sul tavolo della torta infine cinquemila roselline per decoro insieme a mille piccole candele accese nella notte della peschiera. E a fine serata, bouquet di ortensie e peonie come souvenir per tutte le signore.

Lucio Dalla torna a Milo sull'Etna. Fino al 13 settembre in piazza la scultura in bronzo di Carmine Susinni

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Lucio Dalla torna a Milo.
E lo fa, a nove anni di distanza dall’ultima villeggiatura siciliana nella sua casa tra i boschi dell’Etna, fermandosi su una accogliente “panchina in Piazza Grande”, per dirla con i versi di una delle sue canzoni: si tratta della grande scultura in bronzo, realizzata da Carmine Susinni, che da oggi e fino al 13 settembre sarà esposta nella piazza Municipio di Milo e che è stata concepita dal suo autore per ospitare generazioni di ammiratori di una delle voci più amate della canzone italiana del Novecento.

La scultura s’intitola “All’Amico Lucio” ed è un’opera interattiva – prevede infatti l’interazione con i fan, pronti a guardare negli occhi e riabbracciare, uno alla volta, il loro beniamino per una foto-ricordo - che Susinni, artista originario di Mascali (Ct), ha dedicato al grande musicista scomparso improvvisamente nel marzo del 2012 ad appena 69 anni. Una morte che ha lasciato sbigottiti ammiratori, amici, colleghi di lavoro e il mondo della musica internazionale con cui Dalla si misurava in spettacolari e imprevedibili performance a metà fra la canzone d’autore e le divagazioni jazz – a 15 anni suonava a Bologna il clarinetto in straordinarie jam session con Chet Baker - sui palcoscenici delle grandi capitali.

L’arrivo a Milo della scultura “All’Amico Lucio” – già esposta all’Expo 2015 di Milano, a Bologna davanti alla sua Casa Museo, a Matera e a Sanremo - è una iniziativa della Proloco realizzata in collaborazione con il Comune di Milo e fa parte del progetto “Dall’altro mondo”, che prevede nella serata di oggi, sabato 8 agosto, un concerto-tributo a Lucio Dalla nell’anfiteatro che porta il suo nome. L’esposizione, ai piedi del Municipio, sarà inaugurata ufficialmente oggi, alle ore 17, alla presenza del sindaco, Alfio Cosentino, del presidente del Consiglio Comunale, Antonio Arcidiacono, del presidente della Pro Loco, Alfredo Cavallaro, e dello stesso autore Susinni.


Il concerto “Dall’altro mondo. Tributo a Lucio Dalla” è in programma alla 21.30 e vedrà sulla scena una tribute band composta da Peppe Giuffrida (voce), Gianfranco La Pira (piano), Gianfranco Torrisi (chitarra), Egidio Daidone (basso), Enzo Di Vita (batteria) e le coriste Francesca Cannata, Roberta Vitale ed Enrica Guzzetta. Ultimi posti a disposizione. Info info@prolocomilo.it.

ROF, Dmitry Korchak a Fattitaliani: m'innamoro sempre della musica che sto studiando e cantando. L'intervista

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Stasera alle 20.30 al Teatro Rossini di Pesaro inizia la 41esima edizione del Rossini Opera Festival con la prima della nuova produzione della Cambiale di matrimonio eseguita assieme alla cantata Giovanna d’Arco, trasmesse gratuitamente in streaming. La cambiale di matrimonio, in programma l’8, 11, 13, 17 e 20 agosto, sarà diretta da Dmitry Korchak, al suo debutto come direttore d’orchestra al ROF, alla guida dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini e di un cast composto da Carlo Lepore (Tobia Mill), Giuliana Gianfaldoni (Fanny), Davide Giusti (Edoardo Milfort), Iurii Samoilov (Slook), Pablo Gálvez (Norton) e Martiniana Antonie (Clarina). La regia è curata da Laurence Dale, coadiuvato da Gary McCann per scene e costumi e da Ralph Kopp per le luci. L’opera è in coproduzione con la Royal Opera House di Mascate, dove sarà riproposta nel gennaio 2021. L'intervista di Fattitaliani al tenore e Maestro Dmitry Korchak.

Stasera sarà la prima volta come direttore d'orchestra al Rossini Opera Festival e inaugurerà l'edizione 2020. Come si sente personalmente ad ogni "prima"? e in questa occasione?

Per me ogni recita e ogni concerto sono sempre molto eccitanti, mi preparo con grande attenzione e precisione. Poiché è chiaro che nel nostro mestiere lavoriamo sempre dal vivo, allora non si può mai sapere come sarà il risultato. Ma sicuramente tutti i debutti sono un po' più speciali. È ovvio che questo mio debutto come Direttore d'orchestra del ROF è molto importante per me. Io ho debuttato nel ROF nel 2006, e da allora ci sono stato quasi ogni anno come cantante. Adesso mi trovo nel mio Festival "nativo" come Direttore. Questo mi rende molto felice, ma mi dà anche molta responsabilità.  

Come Maestro, che rapporto intrattiene con Rossini e in particolar modo con "La cambiale di matrimonio"?

Come tenore ho cantato tante opere di Rossini, anche quelle sconosciute. Nel mio repertorio ci sono circa 25 sue composizioni e intorno a 15 Registrazioni della sua musica: ultimamente ho registrato il CD "The Rossini Project" con L'Orchestra della Svizzera Italiana (diretta da Markus Poschner https://www.osi.swiss/it/multimedia/cd-e-dvd/detail/id/7846/the-rossini-project), con la musica sconosciuta del giovane Rossini, ma anche nei miei ultimi due CD con la casa discografica DECCA ci sono le arie tratte da Otello e Guglielmo Tell. Per questo conosco questo repertorio molto bene, anche per la stilistica che mi hanno insegnato in tutti questi anni nel ROF i migliori maestri - il nostro Grande Maestro Zedda, il maestro Palacio e i direttori d'orchestra con cui ho lavorato in tutto il mondo. Come direttore le prime cose che ho diretto di Rossini sono stati lo Stabat Mater e la cantata Giovanna d'Arco (che potrete sentire quest'anno al ROF con Marianna Pizzolato). Poi ho fatto anche "Il Barbiere di Siviglia" in Teatro a San Pietroburgo e registrato il DVD con lo Stabat Mater. L’anno scorso con il maestro Palacio e la fondazione di Elena Obraztsova abbiamo fatto una accademia rossiniana con i giovani cantanti russi e alla fine abbiamo allestito una vera recita in teatro con la Cenerentola e un Rossini Gala.

"La cambiale"è particolare soprattutto per il tentativo di trovare un equilibrio tra quello che è stato scritto dal compositore a 18 anni e ii gusti e le aspettative del pubblico moderno. Oggi noi conosciamo tutto Rossini ed è facile vederne lo sviluppo e il cambiamento professionale ma allo stesso tempo anche lo specchio del periodo storico. Questa opera corta è molto più semplice dei suoi lavori futuri ma è già scritta da un genio e gli diede subito un grande successo. Perché nella partitura si vede subito la bellezza e purezza di musica con grande professionalità, senso dello stile e le forme musicali. Qui il nostro lavoro era ottenere la bellezza, non mettere tante varie cose come variazioni e acuti strepitosi con l'intento di valorizzarne i tempi e la presenza artistica.

Essere tenore facilita in un certo senso fare il direttore? e viceversa...

Siccome la mia prima formazione è stata come direttore d'orchestra, devo dire che questo aspetto mi ha sempre aiutato nel lavoro da cantante. A parte il fatto che io sono stato abituato a studiare tanta musica in poco tempo e così il mio repertorio è diventato abbastanza grande -  ho cantato più di 45 opere e poi anche tanta musica di oratori e messe. Ma la cosa più importante è che io sempre capisco le intenzioni del direttore d'orchestra, cosa vuole fare, cosa si aspetta. E come parlare la stessa lingua, diciamo. Ma devo dire, che aiuta anche essere tenore, perché  capisco i problemi dei cantanti - con il suono dell'orchestra che spesso non senti sul palcoscenico, con i fiati, con la regia, che non ti permette di guardare sempre al direttore d'orchestra e tante altre cose che spesso purtroppo i direttori d'orchestra non capiscono o a cui non danno importanza e per cui anche si irritano spesso con i cantanti. Queste cose invece io le capisco. 

Quale e quando è stato il suo primo approccio con l'opera italiana?

Dal momento che ho cominciato la carriera del cantante sapevo che per la mia voce il repertorio italiano è il migliore. Per questo volevo fare la carriera prima di tutto in Italia con il repertorio italiano. È ovvio che per un cantante straniero è la cosa più difficile - perché stilisticamente, tecnicamente devi convincere la direzione artistica del Teatro che sei capace di fare tutto a gran livello e devi essere all'altezza anche della pronuncia e della lingua Italiana. Non è stato facile, ho investito tanto tempo e soldi per lavorare con i couch italiani. E poi è successo che il mio debutto in Teatro è stato proprio in Italia ne "La Sonnambula" di V. Bellini al Teatro dell'Opera di Roma e allo stesso momento Katia Ricciarelli mi ha invitato a debuttare al suo Festival a Lecce nella produzione del "Pescatore di Perle" di G. Bizet con la regia di Pier Luigi Pizzi. Un anno prima avevo vinto due concorsi - Francisco Vinas a Barcellona e Operalia di Domingo a Los Angeles e da lì è cominciata la mia carriera con la maggiore parte dei ruoli dal repertorio italiano.

Un momento delle prove de "La cambiale di Matrimonio":
foto Studio Amati Bacciardi

C'è un personaggio che Lei ha interpretato o no in cui s'identifica maggiormente?

Io cerco sempre di identificarmi con il personaggio su cui sto lavorando al momento, provo sempre a capire le ragioni delle sue azioni, i suoi sentimenti, pensieri.  Io m'innamoro sempre della musica, che sto studiando e cantando. Così provo a vivere "nel momento" con il mio personaggio. Poi, quando finisce un lavoro e comincia l'altro io comincio a vivere una nuova vita con nuova musica e nuovo personaggio - sempre molto cari a me.

Negli anni come ha visto cambiare il rapporto fra l'opera e il pubblico?

Il fatto che ora c'è tutto online, anche tanta possibilità di ascoltare l'opera online e vedere recite dal qualsiasi parte del mondo, secondo me aiuta la gente a evolversi, a provare ad ascoltare musica diversa e forse arrivare al repertorio cui prima non s'interessava. Ma d'altra parte devo dire, che comunque vedo che l'opera "viva" manca alla gente, che questo sviluppo delle possibilità "online" ha fatto vedere, che la replica non è mai così toccante come l'originale. Che non ti dà tutte le emozioni che puoi vivere in Teatro. Penso che questa manca a tutti gli appassionati del Teatro e anche a noi artisti. Essere sul palcoscenico e sentire l'energia viva del pubblico è indimenticabile. Spero che adesso il pubblico lo apprezzerà di più. Giovanni Zambito.

DON'T CRY FOR ME ARGENTINA: LA STORIA DI EVITA PERÓN

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di Daniela Musini* - La luce. Era questo che incantava guardandola: la luce evanescente e carismatica che il suo volto riverberava. Bionda ed elegante, sorriso dolce e sguardo deciso: così era Evita Perón, la donna più potente e amata dell’Argentina del Novecento. Eva Maria (questo il suo nome all'anagrafe) nacque il 7 maggio 1919 a La Unión, una tenuta agricola a un tiro di schioppo dal paese di Los Toldos, in provincia di Buenos Aires, tenuta che faceva parte delle proprietà terriere di Juan Duarte, dove sua madre, Juana Ibarguren, era al servizio come cuoca. Lui era sposato e aveva una famiglia regolare in un'altra località distante un centinaio di chilometri, Chivilcoy, ma le carni brune e gli occhi incendiari di Juana gli scatenarono una passione rapace. Ci sono amori nati per volare in cieli limpidi e amori nati per rimanere colpevoli e clandestini. Quello fra padrone e cuoca fu uno di questi.

 

Juana partorì cinque figli illegittimi fra i pettegolezzi e i mormorii della gente e il malevolo astio della famiglia regolare di Juan, il quale poco dopo la nascita dell'ultimogenita Eva Mariaabbandonò amante e prole e se ne tornò a vivere sotto il tetto coniugale di Chivilcoy. Juana, disperata ma non vinta, prese i bambini e i pochi bagagli che possedeva e lasciò anche lei la tenuta, trasferendosi a Los Toldos dove un giorno la piccola Eva, chiamata affettuosamente Evita, entrando in classe vide scritto sulla lavagna a caratteri cubitali: «No eres Duarte, eres Ibarguren»: non sei una Duarte, sei una Ibarguren (il cognome della madre). Una lama di coltello nello stomaco fu per lei quella umiliazione e mentre i suoi compagni continuavano a sghignazzare con la (in)consapevole crudeltà della loro età, lei lentamente, rigida e altera, lo sguardo fisso davanti a sé senza una lacrima, la bocca serrata diventata un taglio, andò a sedersi al suo banco. Fu quel giorno che decise il suo riscatto: diventerò qualcuno e gliela farò pagare a tutti.


Nel gennaio 1926 intanto suo padre Juan Duarte muore in un incidente d’auto, e allora Juana, vedova non riconosciuta e donna sola con tante bocche da sfamare, decide di andare a vivere con i suoi figli nella bella cittadina di Junin, e qui, china tutto il giorno sulla sua macchina da cucire Singer, diventa una sarta apprezzata dalle eleganti signore della borghesia. A Junin Evita, che ormai ha 15 anni, osserva con ammirazione e un pizzico di invidia le donne dell’alta borghesia passeggiare la domenica sotto braccio ai loro mariti azzimati, sfoggiando gioielli e pellicce e ne rimane incantata. Lei non è come le altre sorelle che sognano un futuro tranquillo e modesto: lei è sì romantica, ma è soprattutto volitiva e determinata, ambiziosa e risoluta. Entrare a far parte del mondo lussuoso e luccicoso del Cinema è il suo obiettivo; diventare ricca e famosa il suo traguardo, ma non sa che il Fato ha deciso per lei un futuro ancora più glorioso e tragico.


Conosce nel frattempo il celebre cantante di tango Augustin Magaldi al quale rivela il fuoco sacro che cova dentro di sé per il palcoscenico e lui, che è una vecchia volpe, l'accoglie a braccia aperte e, si dice, anche nel suo letto. Evita si trasferisce così a Buenos Aires per tentare la fortuna: comincia a muovere i primi passi a Teatro e a frequentare il mondo dello spettacolo. Non è più la modesta ragazza di provincia: ha tinto i capelli di biondo che accentuano la sua pelle di latte e per contrasto evidenziano i suoi occhi neri e vivaci e si trasforma in una giovane donna piena di fascino; pur non essendo una bellezza vistosa (è minuta e piccolina) si fa notare per i modi accattivanti, il glamour innato, e la grinta che traspare da ogni suo gesto. Nel frattempo inizia a recitare in radio in quei radiodrammi ricchi di pathos e colpi di scena che ogni sera tenevano avvinghiati migliaia di persone: la sua voce calda e carezzevole e le indubbie doti interpretative fanno sì lei diventi l'attrice radiofonica più apprezzata del Paese e raggiunge ben presto fama e benessere economico.

 

«Nella vita di ogni donna c’è almeno un giorno meraviglioso e il mio è quello in cui ho incontrato Perón» scriverà rapita nella sua autobiografia La razon de mi vida. E l'incontro con l'uomo che diventerà la ragione della sua vita avviene il 22 gennaio 1944 quando lei partecipa insieme ad altri personaggi dello spettacolo e della politica ad un festival organizzato per raccogliere fondi per la cittadina di San Juan martoriata da un terremoto disastroso. Il colonnello Juan Domingo Perón era uno dei capi del Grupo de Oficiales Unidos che l’anno precedente aveva provocato con un colpo di Stato militare la caduta dell’allora presidente Ramon Castillo a favore del Generale Edelmiro Farrel e da questi ricompensato con le cariche di segretario del Lavoro e degli Affari sociali.


Lei ha 24 anni e un passato chiacchierato, lui ne ha 48, è vedovo e uno degli uomini più potenti e influenti dell’Argentina: si guardano e Cupido scocca una freccia infuocata. Alla fine della serata escono insieme sottobraccio e per lei inizia la leggenda. Evita s’innamora in modo impetuoso di quest’uomo alto, possente, fascinoso e dal sorriso contagioso, la cui avvenenza era il frutto di un meticciato di varie etnie: scozzese, italiana, uruguayana, tehuelche (ossia i nativi della Patagonia).

Perón è un uomo ambiziosissimo e nell'anno successivo diventa nel contempo ministro della guerra, segretario del lavoro e vicepresidente: troppo per i suoi nemici all'interno delle stesse forze armate che il 9 ottobre lo costringono alle dimissioni e lo arrestano.


Dal carcere dove è rinchiuso scrive a Evitaparole d'amore e di rimpianto: «Adesso so quanto ti amo e che non posso vivere senza di te. La mia immensa solitudine è piena del tuo ricordo». Passano solo pochi giorni e gli operai reagiscono in modo sorprendente e risoluto: in migliaia, una vera fiumana, si riversano per le strade chiedendo a gran voce la liberazione di Perón. Fa caldo quel giorno di ottobre (nell’emisfero australe in quel mese è primavera), la calca è asfissiante e allora i manifestanti, con un gesto che passerà alla Storia, si tolgono la camicia mentre scandiscono rabbiosi Perón libre, Perón libre: sono i descamisados (i senza camicia) e a galvanizzarli è proprio Evita, nel frattempo diventata una fervente attivista.


Perón viene liberato a furor di popolo e il 22 ottobre 1945 sposa la sua compagna in un tripudio di consenso popolare. Lei da allora in poi si firmerà Maria Eva Duarte de Perón, ma per il popolo argentino lei è semplicemente Evita, la Reina de los descamisados. È proprio a loro e alle migliaia di cabecitas negras, le “testoline nere” ovvero i contadini e i poveri dalla pelle scura delle zone interne del Paese che il processo di urbanizzazione aveva fatto confluire a Buenos Aires, che lei si rivolge nei suoi fiammeggianti comizi in cui sempre di più appare come trascinatrice di folle e incantatrice di cuori. Sa come incendiare gli animi, sa parlare al cuore della gente: è sincera e ardente, appassionata e generosa e non dimentica le proprie origini, anche se gira con truccatore e parrucchiere al seguito, indossa abiti sontuosi e costosi (di Dior soprattutto), cappellini eleboratissimi e gioielli da favola (alla sua morte in cassaforte gliene ritrovarono per un valore di sei milioni di pesos). «Sono una di voi. So cos’è la fame» ripete spesso in pubblico e migliorare la condizione di poveri e diseredati, difendere i loro diritti, legittimare i figli nati fuori dal matrimonio (come lei) e dar voce alle prerogative delle donne sarà sempre il suo obiettivo primario, la sua missione fino alla fine.


Il 24 febbraio 1946, pochi mesi dopo la sua liberazione, Juan Domingo Perón diventa Presidente di quel grande Paese e così lei, l’ex ragazzina illegittima e umiliata dai compagni di classe, è la nuova Primera Dama e in quella veste svolgerà con passione e abnegazione il ruolo che più le sta a cuore: quello di abanderada de los humildes (portavoce degli umili). È lei la vera paladina del perónismo, il sincretico movimento politico che mira a tracciare una terza via tra capitalismo e comunismo, la seguace più ardente e convinta di suo marito Perón, figura assai controversa e discussa, idolatrato da molti e odiato da tantissimi. Evita raggiunge in breve una fama smisurata: riceve in media dodicimila lettere al giorno, lavora nel suo ufficio fino a notte fonda, gira fra i poveri e i baraccati senza sosta non lesinando parole di conforto e abbracci, portando speranza e aiuti economici (nel corso della sua breve esistenza si parlò di 50 milioni di pesos elargiti).


Fa costruire scuole, 21 ospedali, case di riposo, quattromila alloggi per i diseredati (che costituiranno la cosiddetta Evita city), attrezza colonie estive per i bambini e, memore di sua mamma che era riuscita a mantenere una famiglia di sei persone grazie ad una macchina da cucire, ne fa distribuire a milioni tra le famiglie. Il 9 settembre 1947 grazie a lei e alle sue lotte, il Parlamento approva il disegno di legge che consente il diritto di voto alle donne che gliene saranno sempre grate e diventeranno, anche per questo, le sue più ferventi sostenitrici. Le donne argentine imitano il suo chignon basso e la sua sfumatura particolare di biondo, gli impeccabili tailleur e gli chemisier à pois, le acconciature floreali tra i capelli e le scarpe bianco dal tacco alto. Ma anche lei ha nemici che l'accusano di nascondere parecchi scheletri nell'armadio e di usare ipocritamente le sue munifiche elargizioni per tenere buono e asservito il popolo. «Coloro che mi attaccavano» dichiarerà lei in un’intervista «non potevano perdonare ad una giovane donna di aver avuto così tanto successo


Sue acerrime nemiche sono anche le dame dell’aristocrazia e delle classi sociali più elevate: per loro Evita, anzi, Eva Ibarguren, come si ostinano a chiamarla, è solo una modesta attrice che aveva fatto fortuna, una scaltra parvenueche aveva saputo far breccia nel cuore dell'uomo più appetito e potente d’Argentina, una con un passato “disinvolto” e spregiudicato. Per questo la prestigiosa e snob Sociedad de beneficencia le rifiuta il ruolo di presidentessa che per prassi era riservata da sempre alla moglie del Presidente in carica. Lei, che è di natura magnanima ma anche impulsiva, dura e autoritaria, fa chiudere la Sociedad con atto governativo per istituire al suo posto la Fundacion Maria Eva Duarte de Perón.


Dato il carisma irresistibile e la popolarità in continua ascesa, suo marito Perón nel 1947 la invia in Europa per quello che sarà ribattezzato il Rainbow Tour e in molti Stati, Italia compresa, la Primera Dama d’Argentina viene accolta come una Regina. Ma nel 1950 destino personale s'ammanta all'improvviso dei colori cupi della tragedia: comincia ad accusare forti dolori allo stomaco che lei volutamente trascura: «i doveri verso il mio popolo sono più pressanti della mia salute» ripete a tutti, ma la sofferenza si fa di giorno in giorno più rapace e grifagna. Il verdetto è crudele: cancro all’utero. Evita rifiuta l’intervento chirurgico perché suo marito nel febbraio 1951 è di nuovo in corsa per le elezioni che si sarebbero tenute a Novembre e lei vuole essere al suo fianco, deve essere al suo fianco «per il bene dell'Argentina» ribadisce con forza.


Non si risparmia neanche questa volta: infaticabile, prodiga, combattiva, sostiene il marito ed è sempre accanto a lui nei comizi e nelle arringhe, sempre elegante e senza un capello fuori posto anche se i dolori diventano sempre più atroci e il pallore e la magrezza si fanno sempre più inquietanti. Il male se la mangia vorace in poco tempo. È da un letto d'ospedale che infila la scheda elettorale nell'urna: è emaciata, ma ancora bellissima e combattiva. L'11 novembre 1951 Perón vince con una maggioranza schiacciante e il corteo presidenziale si snoda per le strade di Buenos Aires: è un trionfo, un tripudio di gente, bandierine, petali di fiori e acclamazioni. Evita è in piedi accanto al suo Juan, luminosa e diafana: sorride serrando i denti perché i dolori nonostante la morfina sono implacabili ed è talmente debole che deve indossare un particolare busto di metallo che la sorregga durante la parata.


Il primo maggio 1952 appare in pubblico. Parla a fatica, la voce rotta dalla commozione.
In pochi s'accorgono che sta in piedi solo perché il suo Juan la sostiene da dietro. Quando termina il suo discorso s'accascia tra le sue braccia e piange. Sarà la sua ultima apparizione in pubblico. Ma Perón era davvero addolorato? C'è chi giura che no e il confine tra realtà e mistificazione in questi casi si fa labile: molti raccontavano che lui era sempre accanto a lei in quel letto di sofferenza inaudita e che fosse straziato dal dolore; altri invece sussurravano a mezza bocca che in realtà il Presidente, provando una sorta di dolorosa repulsione per quel corpo ischeletrito, dormisse lontano e si rifiutasse addirittura di farle visita. Ed è a questo punto della storia che s'innesta un evento sconcertante: nel 2005 il neurochirurgo ungherese George Udvarhelyi dichiara in un’intervista di aver fatto parte dell’equipe medica che nel 1952 aveva praticato una lobotomia a Evita senza il suo consenso. La decisione, così si racconta, sarebbe stata presa dallo stesso marito su pressioni del governo.


Se così effettivamente è stato, quali furono ragioni che avrebbero indotto Perón a farle praticare quell’intervento così devastante? Era stato per aiutarla a sopportare gli inenarrabili dolori che il tumore le provocava? O la ragione, più sconvolgente, risiede nella volontà di azzerare così il potere politico di Evita? Quali che fossero le motivazioni, quell'intervento fu per lei esiziale: smise praticamente di nutrirsi arrivando a pesare 37 chili e trascorse gli ultimi giorni in uno stato pressoché vegetativo. Il 26 luglio 1952 alle 20,25 i commentatori e gli annunciatori di tutti i canali radio dell’Argentina si fermano per annunciare, con la voce rotta dall’emozione, che «Eva Perón, capo spirituale della nazione, è entrata nell’immortalità.» Era morta all’età di trentatré anni, come nostro Signore Gesù, sottolinearono tutti. Un lugubre pianto si levò allora dall’intero Paese. Per quindici giorni due milioni di persone ammutoliti dal dolore sfilarono davanti al suo feretro di vetro dove lei riposava imbalsamata: gli uomini con il capo chino, le donne soffocando i singhiozzi nei fazzoletti.

 

Don’t cry for me Argentina, ma tutta la Nazione piange e si dispera: piangevano i suoi descamisados, piangevano le donne per i cui diritti lei si era battuta come una leonessa, piangevano i giovani che avevano individuato in lei una guida autorevole e materna. Quando il 19 settembre 1955 gli esponenti della Revolucion libertadora attuano un colpo di Stato e costringono Perón ad andare in esilio prima in Paraguay e poi in Spagna, per le spoglie di Evita inizia una sorta di calvario.
I golpisti vogliono cremarne il corpo per evitare che l'esposizione della salma perpetui la devozione del popolo nei suoi confronti, ma grazie anche al supporto del Vaticano, i peronisti riescono a far arrivare i resti mortali in Italia. Il 13 maggio 1957 Evita viene sepolta sotto il falso nome di Maria Maggi de Magistris nel cimitero di Musocco a Milano. Solo nel 1976 le sue spoglie giungono finalmente a Buenos Aires dove riposano in una piccola tomba di marmo nera nel Cementerio de la Recoleta, il cimitero monumentale della città. Sulla lapide lei, la Reina de los descamisados, aveva ordinato di incidere queste parole: Tornerò. E sarò milioni.

 

 

*Scrittrice, attrice, pianista





ESODO ESTIVO, 1 ITALIANO SU 2 NON INFORMATO PER VIAGGIARE IN SALUTE E SICUREZZA

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In questo periodo, particolarmente caldo, il bisogno di refrigerioè tra i più desiderati ma, con il grande esodo, secondo gli esperti, oltre un italiano su 2 (54%), è a rischio sbalzo termicoda aria condizionata. Temperatureeccessivamente basse in auto possono, infatti, portare a disidratazione (51%), laringiti e faringiti(58%) e, unite all’escursione termica dell’esterno, alterare lo stato di salute delle vie respiratorie (46%) e far insorgere anche gli effetti del colpo di calore (39%). A questo si aggiungono anche altri errori, da un’alimentazione poco bilanciata (53%) a un’organizzazione poco ponderata (37%), che rischiano di impattare negativamente sul viaggio verso le meritate vacanze. Ecco allora il decalogo per l’esodo sicuro.

È quanto emerge da uno studio di In a Bottle (www.inabottle.it) condotto su circa 50 esperti tra medici e nutrizionisti per capire quali sono i rischi in vista del grande esodo e le regole per affrontarlo al meglio.

Come si organizzano gli italiani in vista della partenza per le vacanze? Per un esperto su due (51%) partono “per nulla informati dei rischiche un viaggio può rappresentare per la salute e la sicurezza propria e degli altri. Secondo un esperto su 3 (32%), gli italiani non conoscono il concetto di “partenze intelligenti”, per il quale spesso si tende a considerare soltanto l’orario di partenza per evitare di restare imbottigliati nel traffico durante le ore di punta, senza considerare invece altri fattori che possono rendere il viaggio più confortevole. Ne è la dimostrazione il fatto che alla vigilia di una partenza, sempre secondo gli esperti, tra i diversi aspetti il proprio stato fisico viene considerato relativamente poco (41%)o per nulla (32%).

Le categorie più a rischio? Prima di tutto i bambini (42%), più sensibili allo stress di un viaggio lungo. Seguono gli anziani (35%), più esposti anche per via di eventuali malattie croniche. E gli effetti sono ben visibili, secondo i monitorati, sul piano psicologico (53%). Le code e i continui rallentamenti, se aggiunti al caldo eccezionale di questa estate, diventano i “nemici” che portano ad un aumento di ansia (33%), stress (21%) ed aggressività (18%), solo per citare i disagi più frequenti riscontrati.

Qual è il rapporto tra gli italianie l’alimentazione in vista del grande esodo? Per gli esperti gli italianisi dividono in due grandi categorie:chi parte a stomaco vuoto pur di non perdere un secondo di vacanza (26%), e chi, per evitare di perdere tempo più del necessario in autostrada, “mangia in maniera spropositata per evitare di avere fame in viaggio” (33%). Tra gli altri errori frequenti, per il 41%degli esperti in auto scarseggiano cose essenziali, come ad esempio una buona riserva d’acqua per far fronte al rischio di disidratazione o di crampi per la perdita di sali minerali e potassio.

Ma la vera insidianascosta, ritenuta solitamente compagna di viaggio immancabile, è l’aria condizionata. “Il primo pericolo dell’aria condizionata in auto consiste nella mancanza di revisione e igienizzazione delle bocchette diventilazione dopo il non utilizzo invernale - afferma Luca Piretta, nutrizionista e gastroenterologo dell’Università Campus Biomedico di Roma – ciò può favorire la creazione di batteri e alcune patologie infettive, come la legionella.” Lo sbalzo di temperatura tra ambiente esterno e quello interno della macchina, inoltre, può essere motivo di stress immunologico. “Lo sbalzo termico può alterare le barriere mucose del naso, della bocca e della gola, quindi renderle più fragili ed esporle alla contaminazione batterica.  Lo sbalzo termico può creare anche disturbi gastrointestinali: passare da caldo a freddo crea uno stress fisico, soprattutto durante la digestione in cui la maggior parte del sangue è concentrata nel tratto digerente.” Per tali motivi, è consigliato evitare sbalzi eccessivi, magari cambiando gradualmente la temperatura del luogo dove ci troviamo, in modo che ci sia un clima gradevole, capace comunque di migliorare la percezione termica.

Quanta acqua bisogna bere per evitare il rischio disidratazione durante un viaggio in macchina? “Se le condizioni di viaggio sono ottimali e se l’aria condizionata è regolata a un livello adeguato, è opportuno bere ogni due ore 150-200 ml di acqua. Se invece le condizioni sono più intense, tale quantità è consigliata anche ogni ora. Inoltre, la quantità d’acqua può variare da persona a persona: ad esempio, per ragioni diverse, anziani e bambini sono più esposti ai rischi di disidratazione ed è quindi consigliabile far bere loro ancor prima dell’avvertimento del senso della sete.” Inoltre,è consigliato mantenere la bottiglia d’acqua davanti al bocchettone dell’aria condizionata, in modo da mantenerla ad una temperatura più dissetante, idonea a svolgere la sua funzione.

PARTENZE VACANZE ESTIVE: IL DECALOGO PER IL GIUSTO ESODO

Cura il riposo – Per affrontare un viaggio lungo e in condizioni ambientali al limite dell’estremo è importante avere riflessi pronti e mente lucida

Concediti più soste – Il luogo di villeggiatura non scappa se arrivi un po’ più tardi: concediti più pause per aiutare la circolazione e scaricare la tensione muscolare e nervosa

Non eccedere con i pasti – Come sempre la scelta giusta è nel mezzo: non partire né digiuno né a stomaco pieno, ma opta per pasti leggeri, frequenti e ricchi di frutta e verdura

Anche l’abito fa l’esodo – Tessuti naturali e confortevoli che aiutano il corpo a respirare

Occhio agli sbalzi di temperatura – Un’aria condizionata eccessivamente fredda produce un ambiente secco e accelera la disidratazione. La regola è che l’escursione termica tra interno ed esterno auto non deve mai essere superiore ai 10 gradi

Reintegra i Sali persi – Sudando si espellono liquidi e Sali: ricompensarli serve a evitare crampi muscolari dovuti a deficit di potassio

Bevi acqua costantemente – Il consiglio è uno ed è semplice: bere poco ma in maniera costante per l’intera durata del viaggio indipendentemente dallo stimolo della sete

Attenzione agli stimolanti – Caffeina e teina sono “falsi amici”: un abuso può portare ad ottenere l’effetto opposto a quello desiderato

Stop all'alcol – Le sostanze alcoliche mentre si guida, oltre ad essere vietate per legge, possono accelerare la disidratazione e abbassare la soglia di attenzione

Il viaggio ha un suo orario – Occorre essere consapevoli che il viaggio richiede tempo: non partite a orari che scombussolano l’orologio biologico

IL SINDACO FRANCO VITA: IL FESTIVAL DELLA DANZA DÀ LUSTRO A NEPI

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È tutto pronto per dare il via alla quartaedizione del Festival Internazionale della Danza e delle Danze, fondatoda Paolo Tortellie Maria Pia Liotta, organizzato da Alta Classe Accademia dello Spettacolo, sotto la direzione artistica di Maria Pia Liottae con il patrocinio del Comune di Nepie dell’AFI(Associazione Fonografici Italiana) rappresentata da Sergio Cerruti, Presidente dell’AFIe vice presidente di Confindustria Cultura Italia.

Ospiti prestigiosi e rappresentanti autorevoli del settore tersicoreo e non solo, raggiungeranno Nepi per farvi tappa in questi tre giorni della maratona di danza e danze. Dopo due anni di assenza il Festival ritorna nella sua sede di origine, Nepi, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale e dalSindaco Franco Vita.

Stiamo vivendo l’attesa del Festivalafferma Franco Vita, Sindaco di Nepicon estrema attenzione perché questo è un avvenimento molto importante destinato a dare lustro alla nostra Nepi. E’ un’occasione straordinaria per poter dare la possibilità anche a tutti coloro che verranno quante e quali sono le bellezze del nostro Paese, da quelle artistiche a quelle architettoniche e naturali. Fin dall’inizio ho subito accolto la richiesta dei due fondatori Maria Pia Liotta e Paolo Tortelli di portare avanti questa iniziativa che ha trovato parere favorevole di tutta l’amministrazione. Dopo un periodo triste e buio, a causa dei recenti avvenimenti, finalmente un sole che sorge e fa rinascere Nepi”.

Si parte il 20 agosto, dalle ore 18.00, dallaPiazza del Comune di Nepi. Un’anteprima al Festival che vede la presenza di Carla Fracci, che per l’occasione il Sindaco vuole omaggiarla della cittadinanza onoraria, insieme al direttore artistico del Festival Maria Pia Liotta, E proprio quella sera Carla Fracci compie gli anni. A festeggiare il suo compleanno, oltre al Sindaco e esponenti dell’amministrazione comunale, la Banda musicale del comune “Enrico Gai”, direttadal maestro Professor Giovanni De Lorenzoe la Compagnia Nazionale di Danza Storica, direttadal M° Nino Graziano Luca.

"In questi mesi passati abbiamo subìto un blocco forzato di tutte le attivitàdichiara Paolo Paoletti, Consigliere Comunale con delega alla Cultura, Turismo e Politiche Giovanili del Comune di Nepie poter ripartire per noi deve essere un grido di speranza. Questo Festival è un segnale della nostra amministrazione per dimostrare una forte voglia di ripartire per valorizzare la nostra Nepi e il nostro territorio. Siamo onorati che a dare inizio alla ripresa della nostra attività culturale è Carla Fracci. Il primo di tanti importanti avvenimenti che spero offriremo ai nostri cittadini”.

A rappresentare le varie discipline nelle due serate in programma del 21 e 22 agosto, nel Castello Forte dei Borgia, la massima espressione della danza, grandi stelle di chiara fama, ognuna protagonista indiscussa nel proprio genere: Carla Fracci, Luciana Savignano, Lorella Cuccarini, Micha Van Hoeche, Samuel Peron, Anastasia Kuzmina, il Neoclassic Ballet di Sabrina Bosco, il sopranoAlma Manera, La Compagnia delle Viaggiatrici d’Oriente diretta daMarta Amira, Roberta Beccarinicon Luca Amerijeiras; le Piccole Danzatrici Italiane Danza Accademia, Marco Lo Presti, solista della Compagnia Daniele Cipriani Entartainment, Alviero Martini, Elisabetta Armiato, Christian Francesconi Catena, Francesca Barbi Marinetti, Stefania Di Cosmo, gli Haniacon Vito Iacovielloe Roberta Faccani, e altri. Al pianoforte il m° Kozeta Prifti. Le serate sono condotte da Beppe Convertinie da Maria Elena Fabi.

Un'idea unica, esclusiva e coraggiosaafferma Maria Pia Liotta, Direttrice Artistica del Festival- un progetto che con questi presupposti rappresenta una novità assoluta in grado di attirare in modo significativo l'interesse di un vasto pubblico. Un prestigioso appuntamento della danza e delle danze internazionale”.

Durante l'ultima serata del Festival ritornail premio “Schiaccianoci d'Oro”, istituzionalizzato nella prima edizione del Festival. A grandi artisti, a esponenti autorevoli del settore artistico-culturale, un riconoscimento per la loro fedele dedizione ad un'arte, quale la danza, e/o che hanno fatto della danza la loro espressione di vita. Il premioè un'opera creata dall'artista Enrico Manera. Inoltre, il direttore artistico Maria Pia Liotta riceveràil premio “Cultura e Identità” dal Presidente dell’omonima Associazione, Edoardo Sylos Labini.

Nel dettaglio:

  • Anteprima Festival

giovedì 20 agosto2020 – ore 18.30. Piazza del Comune – Nepi

  • Sotto un cielo di Stelle

venerdì 21 agosto 2020– ore 21.00. Castello dei Borgia - Nepi

  • Gran Gala del Festival e cerimonia finale di consegna del Premio “Schiaccianoci d'oro”

sabato 22 agosto 2020– ore 21.00. Castello dei Borgia - Nepi

PER INFORMAZIONI: Segreteria Organizzativa – Cell. 346.6142314

www.festivalinternazionaledelladanzaedelledanze.com

PER PRENOTAZIONI E ACQUISTI BIGLIETTI ON LINE

  • Associazione L’Attesa

Tel338.3288291 – 333.8495929

  • La Bottega di Emi

Via Giacomo Matteotti, 18– Nepi

0761.555029

Costo del biglietto: € 15,00 a serata

Abbonamento per le due serate:€ 25,00



Edoardo Siravo è Prometeo: il teatro è bellezza, giustizia e libertà. L'intervista di Fattitaliani

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Giovedì 13 agosto al Calvi Festival appuntamento con il teatro: in scena "Prometeo" di Eschilo con Edoardo Siravo, Ruben Rigillo, Silvia Siravo, Gabriella Casali. Adattamento e regia di Patrick Rossi Gastaldi. Amico dell’umanità e del progresso, il titano Prometeo ruba il fuoco agli dei per darlo agli uomini e subisce la punizione di Zeus. Lo interpreta Edoardo Siravo intervistato da Fattitaliani.
Che Prometeo viene rappresentato sulla scena?
È un Prometeo tradizionale come può essere tradizionale adesso: è un testo bellissimo con delle cose da cui non si può derogare, tra cui il fatto che inevitabimente un attore porta la sua esperienza e la sua forza per un personaggio di questo genere. Facendo le prove, ne capisco la fatica e la difficoltà: però abbiamo un grande regista, Patrick Rossi Castaldi, e attori al mio fianco di grande supporto. Penso sia una bella esperienza per chi verrà a vederlo: non è facile vedere in giro per i teatri un Prometeo così.
Quanto c'è di mito e quanto c'è di attuale in questa rappresentazione?
Tutti i grandi testi classici di Eschilo, Sofocle, Euripide partono ovviamente dal mito forse adesso un po' lontano da noi: però questa antichità si compensa con una modernità straordinaria delle cose che ci raccontano. Tutto parte da loro: anche i comici hanno "rubato" a Melandro, Aristofane; tutto parte da lì e questo vale anche per la tragedia e non a caso Freud quando ha elaborato le sue teorie, è partito proprio dai classici greci: vedi Medea e gli infanticidi. Sono tutte cose di una modernità e di una attualità estrema, compreso Prometeo che è altamente attuale, la ribellione di un dio che ama l'uomo è importante: pensiamo al Covid, all'intreccio fra umanità e divinità perché non si sa bene chi ha mandato questo virus. Prometeo, come tutti i grandi testi dell'antichità, fa pensare: questo manca molto alla scuola di oggi, alla televisione, alla letteratura, anche al teatro. Ecco, non pensiamo più. Questo è un tentativo per ricominciare a pensare: e le persone che verranno a vederlo, comunque penseranno.
Lei ha ricevuto il Premio Flaiano: che cosa del riconoscimento le dà maggiore soddisfazione?
Quando uno riceve un premio alla carriera, si comincia a pensare "Oddio, è finita!" (ride, ndr). Ho cominciato giovane e ho fatto tanto, più di duecento spettacoli. Non ho mai smesso di fare il teatro e questo mi ha portato ad avere una carriera un po' più lunga di quello che dovrebbe corrispondere alla mia età. È uno dei pochi premi veri che ci sono in Italia, e sono veramente molto onorato: è un anello che chiude un po' una catena e sono pronto a fare altre esperienze, avendo un'età che mi permette ancora di interpretare grandi protagonisti come Prometeo che grazie a questo premio rifarò con rinnovata spinta.
Quanto ha messo di sé, del suo orgoglio, delle sue ambizioni in Prometeo?
Il regista mi ha detto "Sembri tu quando ti arrabbi" (ride, ndr). Io ho un senso spiccato della giustizia, un desiderio enorme di giustizia che mi ha fatto fare anche dei grossi errori come Prometeo. Bisognerebbe vedere perché si commettono questi errori: la motivazione può essere sana oppure tendente all'intrallazzo, alla lobby e questo è triste e avvilente. Ho fatto teatro per questo senso spiccato della giustizia e della libertà che hanno a che fare con la bellezza. Quindi per me il teatro è bellezza, giustizia e libertà. Sto vivendo un periodo non felicissimo da questo punto di vista, ma non posso mollare perché ho avuto grandi maestri di bellezza, cultura, teatro e di vita ed è un testimone che mi hanno passato. Il teatro non è un'arte (a parte casi come Pirandello, Fo, Bene), è un artigianato. E come tutti i tuoi buoni artigianati, ci si passa il testimone: dall'artigiano più anziano a quello più giovane. Ecco, sarebbe ingiusto ed eticamente sbagliato se io non cercassi di portare avanti quello che mi hanno passato i grandi maestri che ho avuto.
Chi sono gli Zeus attuali contro cui vale la pena continuare a battersi?
Sono quelli che agiscono appunto contro giustizia e bellezza. Purtroppo nella mia vita mi sono illuso di veder trionfare coloro che si ribellano a questi Zeus ingiusti e punitivi, e allora da questo punto di vista potrei sembrare uno sconfitto, perché in realtà non sono riuscito nell'intento. Dobbiamo però sempre combattere contro questi Zeus: il teatro fatto male, la tv fatta male, la letteratura fatta male. Ognuno in buona fede deve portare il suo piccolo seme perché poi posa crescere una cosa bella. Ognuno per sé deve fare un piccolo passo.
Secondo Lei, il teatro riesce a trasmettere e a condividere con il pubblico un po' del fuoco prometeico?
Sì. Chi viene ancora a teatro sceglie cosa va a vedere e ne fa un motivo della propria vita, questo è il fuoco prometeico che si può condividere tra artigiani del teatro e pubblico, che sono un'unica cosa, uniti da questo fuoco. Importante è svegliarsi, non assopirsi. Io vedo tanta umanità assopita e il fuoco di Prometeo è un modo con cui si cerca di risvegliare le menti assopite. Giovanni Zambito.

LO SPETTACOLO
PRESENTAZIONE
Prometeo è il dio amico degli uomini e loro benefattore, il Titano che li favorisce dando loro il fuoco contro il volere di Zeus.
Il fuoco significa il sapere e Zeus rappresenta lo status quo, la situazione dominante dell’Occi dente attuale.
Prometeo, «colui che riflette prima», il Titano che ama il genere umano, altro non è se non la metafora d’una lotta inesausta, identica a se stessa nell’apparente trascorrere del tempo: lotta contro il potere dei pochi, affidato all’ignoranz a dei molti. Ed è questo il segreto che Prometeo ha carpito ai numi: senza il fuoco della conoscenza lo sfruttato è il miglior alleato dello sfruttatore, perché non ha coscienza dei diritti.
Prometeo non è un solo mito, è un modo d’essere dell’uomo nella storia di tutti i tempi. Come un passero intrappolato, piuttosto che vivere in gabbia si rompe le ali contro le sbarre per riconquistare la libertà di volare, così l’uomo sfida le imposizioni e mette in gioco la vita, se il potere prova a imporgli un’ideol ogia di annientamento della sua libertà di scelta.
La scintilla del fuoco, da Prometeo sottratto all’egoismo degli dèi, accende una luce in un mondo popolato da esseri confusi e atterriti, che si aggirano «simili a larve di sogni», sulla terra desolata, e li guida verso una vita più consona alla loro dignità di uomini. Egli è dunque il fiero eroe ribelle alla tirranide, dotato di una fede incrollabile nell’uomo.
Una condizione senz’altro riconducibile alla nostra attuale in cui anche ciascuno di noi, forse confuso e spaventato, dovrà portare con sé la fiaccola del fuoco sacro della conoscenza per non essere mai asservito al potere ma sempre artefice del proprio destino.

Gabriella Casali

NOTE DI REGIA
Dopo la rivolta di Zeus contro il padre Crono e la guerra che ne segue, Zeus si insedia al potere e annienta i suoi oppositori.
Prometeo, per aver donato il fuoco agli uomini, subisce  la sua collera e viene incatenato ai confini della terra nella regione della Scizia e il suo fegato sarà divorato in eterno da un’aquila famelica.
Il dramma, interamente statico, mette in scena Prometeo di fronte a diversi personaggi divini, senza mai presentare un confronto diretto tra Zeus e il Titano.
La centralità di Prometeo in tutta l’opera è costante: un ribelle contro Zeus e i nuovi Dei che piegano ogni cosa alla loro volontà. Il protagonista appare cosi’ portatore di un valore  che non può non suscitare simpatia nello spettatore cioè la solidarietà verso gli uomini e la volontà di aiutarli a progredire facendo loro conoscere il fuoco.
L’ identificazione del pubblico in Prometeo avviene in quanto il Titano, come l’uomo, aspira ad un pò di più che non gli è concesso. E’ un eroe confinato in un sistema di valori arcaici,dove l’ambizione a un “di più” è considerata un atto intollerabile di superbia e tracotanza.
L’adattamento tende ad essere più diretto possibile, senza però, togliere alcuni misteri che le parole sanno suscitare, incantare, sognare, pensare. Senza sconvolgere i pensieri aulici e poetici che l’autore ci tramanda.
Una domanda sorge ora nel 2020: merita l’uomo questo supplizio atroce, senza pace e senza fine che Prometeo, innamorato dell’umano, subisce?

Aida, Elina Ratiani a Fattitaliani: nel mio percorso la bellezza pura e geniale dei più grandi. L'intervista

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Domani, martedì 11 agosto, alle ore 21, al Teatro antico di Taormina, "Aida" (forma di  concerto) di Giuseppe Verdi apre la quarta edizione del Mythos Opera Festival. Nei panni della sfortunata eroina il soprano Elina Ratiani (foto Marco Bravi), intervistata da Fattitaliani.
Che cosa rappresenta per Lei interpretare Aida?
Rappresentare Aida è un grande onore. Verdi ha messo in scena l'emblema di una donna alla ricerca di una duplice felicità: l'amore e la libertà di realizzare i propri ideali, la possibilità di essere principessa del suo popolo e allo stesso tempo di condividere la sua vita con l'uomo che ama, Radames. Nel finale tragico, che vede la morte di entrambi e l'impossibilità di avere sulla terra quanto da lei sognato, Verdi però regala la speranza che la gioia negata sulla terra possa trovare forma in qualcosa di superiore, dove l'amore non è legato ai condizionamenti umani. Aida è una donna coraggiosa, non sempre forte, combattuta. Una donna che non si ferma  sostenuta da valori forti, ma che è costretta a scegliere, l'uno a discapito dell'altro. In questo, rappresentare Aida, è ricordare sempre a me stessa l'integrità verso ciò in cui si crede. Fortunatamente oggi abbiamo la libertà di non rinunciare alla patria o all'amore.
Le piace Aida come donna? Le sarebbe amica oppure non avete proprio niente in comune?

Come detto prima, Aida rappresenta valori nobili, in cui io credo molto. Questa scelta la porta anche ad avere paura, mostra momenti di debolezza. Davanti ad Amneris sembra cedere, chiede perdono, perché la paura di morire è un sentimento umano, reale. Davanti a suo padre non riesce ad opporsi. Vive intimamente la dolorosa scelta di ferire il padre, la patria o l'uomo amato. Verdi l'ha saputa disegnare nella sua convinzione e nella sua sofferenza, senza negare le debolezze di una donna come altre. Certamente potremmo essere amiche, pur non essendo uguali né vivendo in condizioni di condizionamento similari.
Un palco come il Teatro antico di Taormina potrebbe influenzare la resa di un personaggio? in che maniera?
Il Teatro Antico di Taormina è magia pura. Lo scorso anno ho recitato proprio qui, nel ruolo di Turandot e ho raccolto dentro me tutta l'emozione della storia che respira nella pietra e di un pubblico straordinario. Ho amato l'Italia per il mirabile patrimonio artistico che offre, fino a trasferirmi definitivamente qui. Quando cammino per le strade, amo toccare la pietra. Mettere la mano sopra a ciò che un tempo è stato centro di eventi millenari. La Sicilia mi regala sempre angoli storici di immensa spiritualità, di arte immortale. Il teatro Antico di Taormina è accogliente, fa vibrare di emozione, ma personalmente questo mi galvanizza, mi concentra, mi fa stare bene. Credo e spero che cosi sarà ancora.

È sempre possibile trovare in personaggi simbolo come Aida delle nuance inedite in base anche alla propria personalità?
Sì, l'Opera è arte, è stimolo intellettivo ed emotivo. E come ogni altra fonte artistica, permette di confrontarsi, di fare paragoni, di evolvere anche nella conoscenza di sé stessi. Personalmente, sono attratta dalla psicologia di ogni personaggio e ancor di più, per l'universo femminile, ampiamente osservato da Verdi in molteplici figure dal carattere unico. È bello trovare personaggi con una personalità ben precisa, e in questo i grandi autori che ho l'onore di cantare offrono tanti spunti su cui riflettere.
Fra i tanti personaggi dell'opera italiana ce n'è uno che sente più "suo" rispetto ad altri? 
Le rispondo senza dubbio di no. Potrei sentirmi rappresentata in certi momenti dalla dolcezza di Aida, in altri nella determinazione di Abigaille, in altri ancora dalla fredda distanza di Turandot, che ostenta sicurezza, in altri ancora in Tosca, donna che non si piega. Sono uno straordinario spaccato, delle nostre singole parti. Ma non l'insieme.
Come e quando è stato il suo primo approccio a Verdi?
Ho sempre visto Verdi come qualcosa di extraterrestre. Da studente ti sembra di confrontarti con qualcosa che non riesci a paragonare ad altri e questo già ti spiazza. Poi sono entrata in Aida e Abigaille, e a quel punto è come avessi trovato un tesoro. Sono stata nella sua casa natale, dove ha scritto molte delle sue opere, e ancora rimango incredula nel pensare a quale genialità stesse dietro la costruzione di armonie impensabili.
Quale idea tiene sempre presente nel suo percorso?
Il percorso di una cantante d'opera è complesso. Quando ero più piccola, avevo idealizzato questo lavoro, assimilando la bellezza pura dell'opera scritta, con le dinamiche del lavoro stesso. Purtroppo non è sempre cosi, e bisogna saper trovare la strada più giusta per la preparazione, i professionisti più seri, le produzioni più trasparenti. Per questo io tengo fissa davanti a me la parola "integrità" e lavoro duro. La natura mi ha fatto dono di una voce importante, e io non posso far altro che continuare a studiare per renderla migliore del giorno prima. Nutro ancora fiducia nella meritocrazia, in produzioni e direttori artistici che hanno sposato l'arte nel profondo, al di là di ogni condizionamento. Sarà un percorso più lungo, più difficile, con ogni probabilità, ma quando ho deciso di fare la cantante d'opera, avevo in mente la bellezza pura e geniale dei più grandi. Io seguo e seguirò questa strada.
Che cosa invece è cambiato nel tempo nella sua personale percezione dell'opera e nel rapporto col pubblico? 
Più entri nella scrittura dell'autore, più entri nel mondo parallelo della creatività. Ci sono cose che vedi, che scopri solo dopo tempo. Fra le note, nella costruzione armonica, nel legame etereo fra musica, parole e contenuto. L'Opera è la mia vita, è il respiro dell'anima. Ed è questo quello che il pubblico ama sentire. Ama ricevere la vibrazione che va oltre tutto, quella che noi artisti cerchiamo di veicolare con corpo e voce. 
Il pubblico oggi più che mai ha bisogno di bel canto e bella musica. Non serve essere colti dell'opera, per cogliere l'essenza di ciò che è stato scritto dall'autore. Noi abbiamo una grande responsabilità in questo. Dare emozioni vere al pubblico, affinchè possa diventare curioso, approfondire, o anche solo trovare un momento di bellezza in un mondo meno conosciuto. Quando noi cantanti e musicisti siamo in grado di fare questo, il pubblico sa restituirti in un applauso, il senso di realizzazione e unione tra l'autore e la sua opera. Giovanni Zambito.

La rassegna è organizzata in collaborazione con la Regione Siciliana, il Parco archeologico di Naxos ed il Comune di Catania, con i patrocini del Ministero dei Beni Culturali, di Rai World, del consolato ucraino in Italia e del comitato Pietro Mascagni. La sovrintendenza del festival è affidata al maestro Gianfranco Pappalardo Fiumara e la direzione artistica al regista Nino Strano. “Ancora una volta sono lieto di essere stato chiamato a svolgere il ruolo di direttore artistico per il Mythos Opera Festival – commenta Nino Strano – Quest’anno a causa del Covid-19 non ci saranno messe in scena, ma utilizzeremo soltanto i costumi ed alcuni artifizi scenografici. Sarà un omaggio a Verdi ed a tutti quelli che, come lui, hanno contribuito a creare questo paese. E’ un anno difficile. Vedere Taormina con alcuni alberghi chiusi fa male, vedere il corso di Taormina pieno soltanto il sabato fa male. Andiamo comunque avanti, sperando che ci sia qualche turista in più, grazie anche al lavoro degli assessori regionali Manlio Messina ed Alberto Samonà e del sindaco di Taormina Mario Bolognari”. Una stagione particolare segnata inevitabilmente dalle restrizioni dettate dalla pandemia. L’opera, infatti, andrà in scena in forma concertata ma con una serie di giochi scenici e scenografici di grande effetto. A vestire i panni delle rivali Aida e Amneris saranno, rispettivamente, il soprano Elina Ratiani ed il mezzo soprano Eufemia Tufano. Tornerà ad interpretare il ruolo del condottiero egizio Radames il tenore Roberto Cresca, insignito lo scorso novembre a New York del prestigioso Maria Callas Grand Prize. “Con molto piacere torno al Teatro antico di Taormina nei panni di Radames – commenta Roberto Cresca - uno dei ruoli più impervi per le corde del tenore, con un’opera meravigliosa quale è Aida. Un ottimo modo per ricominciare dopo questi mesi di lockdown, che ci hanno tenuto lontani dai teatri. Oltre a rappresentare una sfida per qualsiasi cantante, dà la giusta carica per ricominciare. Sono molto felice e non vedo l’ora di iniziare questa nuova avventura, sperando che il pubblico ci sostenga perché la cultura e il teatro hanno molto bisogno di sostegno”. Questo il resto del cast, tutto rigorosamente in costume: Alessio Quaresima Escobar (Amonasro); Sinan Yan (Ramfis); Dante Roberto Muro (Re); Federico Parisi (Il messaggero); Dominika Zamara (Sacerdotessa). Ad accompagnare con il pianoforte i solisti ed il coro Katane, diretto da Carlo Palazzo, sarà il maestro Marco Boemi, direttore d’orchestra tra i più apprezzati sulla scena internazionale. “Con grande piacere faccio ritorno a Taormina perché è uno degli scenari più straordinari, patrimonio non solo italiano ma dell’umanità – dichiara Marco Boemi - E’ sempre una grande emozione potersi esibire lì. Certo quest’anno le condizioni sono un po’ particolari, proprio perché reduci da questa terribile pandemia che ha messo in enorme difficoltà un po’ tutti, ma in particolar modo la categoria degli artisti. Il fatto di poter ripartire, seppur in condizioni menomate, è comunque un grosso traguardo e contemporaneamente, mi piace pensarlo, un punto di nuova partenza. Può sembrare riduttivo fare queste serate con il pianoforte ma fa un po’ parte dello spirito dei tempi e comunque ha un suo fascino particolare, anche perché abbiamo a disposizione l’intero coro e la compagine del cast, che è di prim’ordine. Sono sicuro – conclude - che il pubblico apprezzerà”.  

LA FAMIGLIA POMILIO IN UN LIBRO DI MAURILIO DI GIANGREGORIO

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Una famiglia di grandi talenti raccontata dal fecondo storico abruzzese - di Goffredo Palmerini

L’AQUILA - Maurilio Di Giangregorio è nato il 2 ottobre 1950 a Castel di Ieri, un grazioso borgo della Valle Subequana ad una cinquantina di chilometri da L’Aquila. Chimico industriale e ingegnere chimico, due lauree, la prima a Roma La Sapienza nel 1974, l’altra cinque anni dopo all’Università dell’Aquila. E’ stato apprezzato docente negli Istituti superiori dell’aquilano fino alla meritata pensione. Un’intensa vita tra libera professione e insegnamento, si direbbe. Maurilio, invece, persona di grande affabilità quanto d’impareggiabile modestia, coltivava nel frattempo un amore per nulla segreto per gli archivi, per la cultura del territorio, per la ricerca storica. Personaggi, fatti e vicende che hanno intessuto la vita secolare di città e borghi d’Abruzzo lo intrigavano quanto e più delle discipline scientifiche. E infatti la sua ricerca storica ha messo così bene in luce, oltre le vicende che solo affidate alla tradizione orale si sarebbero irrimediabilmente perse, la grande fioritura d’intelligenze che hanno connotato la nostra regione a dispetto del secolare isolamento vissuto dall’Abruzzo fino ad alcuni decenni fa, dovuto all’asperità d’un territorio montano duro da vivere, gramo ed a volte selvaggio, sebbene nell’eccezionale sua suggestione. Quella condizione di difficoltà di vita nel nostro Abruzzo, insomma, tale da assicurare, durante lo scorso secolo, il cospicuo contributo di braccia all’esodo migratorio italiano, nella più grande tra le diaspore che la storia moderna ricordi, con quasi 30 milioni d’emigrati in un secolo o poco più.

La straordinaria passione di Maurilio Di Giangregorio, infaticabile ricercatore di storia locale, ha dunque cominciato a dare i suoi frutti dal 2003 con un’incessante e feconda produzione di saggistica storica, risultato di anni di frequentazione appassionata di archivi, biblioteche, fonti documentali, ascolto della memoria orale, consuetudine con i fondi archivistici delle famiglie abruzzesi, sovente veri e propri scrigni di storia. E di storie! Quel che non manca a Maurilio è la pazienza, l’assiduità e la determinazione nell’affrontare ogni impresa. Ha così regalato alla cultura storica abruzzese risultati di grande valore ed interesse. Poi il rigore della ricerca, che gli consente di pubblicare i suoi saggi storici sempre con un notevole apparato documentale, rendendo la sua opera preziosa per lettori e studiosi. E’ così che il suo amore per la ricerca storica, animata da una passione irrefrenabile, in scarsi vent’anni ha portato alla pubblicazione di ben 68 libri di saggistica storica, composti e stampati in proprio, e alla ristampa - a sua cura - di altri 57 volumi di storia locale. Una produzione “industriale” di storia che ha reso e rende un contributo di eccezionale rilevanza alla storiografia abruzzese, e non solo. Tra le sue opere va particolarmente citata la monumentale pubblicazione in 8 volumi “Il terremoto della Marsica, 13 gennaio 1915, nei documenti d’archivio”, edita nel 2015 nella ricorrenza del Centenario. 

La premessa mi sembrava doverosa per parlare del volume “La famiglia Pomilio”, l’ultima opera in ordine di tempo di Maurilio Di Giangregorio, sebbene egli ne abbia già altri 5 in corso di pubblicazione e vedranno la luce entro il 2020. L’interessante volume, fresco di stampa, racconta i Pomilio, una famiglia di talenti abruzzesi che affonda le sue radici ad Archi, un paese dell’entroterra in provincia di Chieti. Capostipite fu Domenico Livio Giuseppe Pomilio, nato ad Archi il 16 luglio 1843, da Donna Diana Lannutti e Don Massimo Pomilio, entrambi del luogo e discendenti di famiglie di notabili locali.

“Con questa importante opera – scrive Maurilio Di Giangregorio nella pagina di Presentazione che apre il volume -, ho voluto approfondire la conoscenza di una famiglia abruzzese, quella dei POMILIO, i cui componenti maschili hanno contribuito allo sviluppo del capitalismo industriale italiano tra la fine dell’età giolittiana e il periodo del "miracolo economico". Particolare attenzione è stata dedicata alle iniziative industriali localizzate nelle regioni del sud dell’Italia. Ho voluto documentare l’opera con le notizie riguardanti i singoli componenti: fatti, storie e personaggi, non trattati, o omessi, in altre pubblicazioni, anche di successo, perché sconosciuti, nella loro essenza intima e strettamente famigliare. Questo ci mostra un aspetto inedito particolare, che mette a nudo l’anima di una famiglia illuminata, che ha risentito in pieno, vivendole, le vicende storiche di quel periodo, anche in contrapposizione ideologica, ma che non hanno prodotto divisioni nel nucleo famigliare. Quasi tutti i componenti della famiglia Pomilio, nella morte, si sono ritrovati nel Mausoleo del Cimitero di Francavilla al Mare, intitolato a Pomilio Livio, Ingegnere di Archi (Chieti), loro genitore, come ultima dimora. Questa ricerca, che mi ha impegnato per diversi anni, seppure lacunosa e incompleta, raccoglie tutta la pubblicistica riguardante la famiglia Pomilio, reperita nelle biblioteche e archivi nazionali, e ci mette in condizione di approfondire ulteriormente la conoscenza di umanisti, professionisti e imprenditori, che al primo posto hanno messo l’interesse per lo sviluppo della loro terra d’origine: l’Abruzzo.”

Domenico Livio Pomilio, il capostipite, fu direttore tecnico della Provincia di Chieti dal 1861 al 1911. Come tale realizzò tantissime opere pubbliche nel territorio provinciale. Fu redattore del Piano regolatore del nuovo rione fuori Porta Sant’Anna di Chieti. Fino al 1911, quando andò in pensione, aveva realizzato una rete stradale rotabile di oltre 600 chilometri, praticamente unendo tutti i centri abitati del chietino. L’ingegnere Domenico Livio e sua moglie Giuseppina Cortese, di ricca famiglia napoletana, ebbero 11 figli. Ad eccezione di Amalia e Beatrice, tutti gli altri figli maschi erano laureati in ingegneria, chimica, economia e giurisprudenza. Tutti professionisti e tecnici di elevatissimo valore: Federico avvocato; Amedeo, Ernesto, Giulio si laurearono in scienze economiche; Alessandro, Carlo, Ottorino e Vittorio in ingegneria; Umberto in chimica. Questi, nel dettaglio, i principali discendenti della stirpe.

Amedeo Pomilio (Chieti, 1882 – Francavilla al Mare, 1963) conseguì la laurea in Scienze economiche in Svizzera. “E’ anch’egli un esponente di quel coacervo di personaggi geniali ed intraprendenti, straordinario per l’Abruzzo ed il Mezzogiorno nel complesso, che è stata nella prima metà del Novecento la famiglia Pomilio. […] L’arte misteriosa degli alchimisti, dicono tutte le testimonianze, era una passione che Amedeo nutriva da ragazzo.  Fornito di un rudimentale alambicco, si era costruito un proprio laboratorio dove cercava di carpire in sofisticate miscelazioni, sulla base di antiche usanze paesane, i sapori e i profumi della terra d’Abruzzo.” (Emanuele Felice). Amedeo, infatti, viene ricordato come fondatore della Distilleria Aurum, società nata nel 1923 che realizzò il caratteristico stabilimento di liquori progettato dal grande architetto fiorentino Giovanni Michelucci. Qui si produssero l’Aurum, la Cerasella, la Mentuccia di San Silvestro, confezionate con bottiglie caratteristiche e con etichette xilografate da Armando Cermignani. Ebbe dell'Abruzzo una sua visione economico e culturale di regione-cerniera fra l'Adriatico e le tre parti del Paese. 

«Quando per vicende di guerra la figura storica della patria può sembrare scaduta, ella ha una riserva antichissima e vergine nella regione; la cui civiltà indigete e materna, cioè generosamente italiana, non si è ancora compromessa perché non mai riconosciuta. Tuttavia essa è quanto mai presente e radicata nel cuore di tutti». «La regione dunque può garantire al mondo il valore umano della stessa nazione. Esente da ogni possibilità nazionalistica aggressiva, come organismo minore, lascia meglio individuare nell'unità indivisibile dell'Italia la sua fisionomia, che perciò ogni altro popolo è disposto a riconoscerle. Con il che, essendo la regione ottima mediatrice e pegno di pace e di comprensione dell'Italia presso le al­tre genti del mondo, concorre all'unità eu­ropea».

Questa era la pre­messa ideale alla fon­dazione dell'Unione delle Genti d'Abruzzo, un sodalizio attra­verso il quale, fin dal­la primavera del 1946, Amedeo Pomilio for­mulava - ancor prima che l'Assemblea Co­stituente gli desse di­gnità istituzionale - il suo pensiero regiona­listico, conferendogli il carattere d’una iniziativa nascente non da un potere centrale, ma dall'impulso di forze economiche e culturali locali. Lo statuto del­l'Unione delle Genti d'Abruzzo contiene tutta la filo­sofia regionalistica di Amedeo Pomilio. Esso è una specie di atto di fede nella re­gione, fondato sulle sue tradizioni, sulla sua storia, ma soprattutto sulla valutazione delle sue potenzialità ancora quasi tutte inesplorate. 

Ottorino Pomilio (Chieti, 1887 – Roma, 1957) studiò al Liceo G. B. Vico per poi trasferirsi a Napoli dove si laureò in ingegneria industriale ed elettrotecnica. Vincitore di borsa di studio si trasferì a Parigi ottenendo la specializzazione che gli consentì, una volta rientrato in Italia, di essere nominato capo dell’Ufficio Tecnico del Battaglione Aviatori, potendo così sviluppare appieno la sua vocazione di inventore e progettista nel campo dell’aeronautica. Nel 1913 stabilì il primato italiano di volo in altezza e nel 1915 divenne sottotenente del Genio militare. Chiamato come progettista alla Direzione Tecnica dell’Aviazione Militare (DTAM), lavorò a stretto contatto con il fratello Carlo e con un altro grande talento abruzzese dell’ingegneria aereonautica, Corradino D’Ascanio. L’intesa tra i tre ingegneri diede vita ad un proficuo rapporto collaborativo negli stabilimenti italiani di Pisa e Torino e li portò a lavorare anche oltreoceano, tant’è che nel 1918 il Governo americano chiese ufficialmente al Governo italiano di avere la collaborazione dei fratelli Pomilio e di D’Ascanio. Infatti, giunti negli Stati Uniti, presso Dayton (Ohio) diedero subito vita alla società “Airplane Pomilio Brothers Corporation”, con l’intenzione di costruire una fabbrica aeronautica avvalendosi della collaborazione di altri fratelli (Alessandro, Ernesto e Vittorio) e di Corradino D’Ascanio, oltre ad una ventina di tecnici giunti in gran parte dall’Abruzzo. Finito il conflitto mondiale si concluse anche la collaborazione con gli stabilimenti di Indianapolis ed Ottorino, non riuscendo nel programma di convertire la sua progettualità dal campo dell’aereonautica militare a quella civile, abbandonò definitivamente l’aeronautica per dedicarsi esclusivamente alla chimica, settore nel quale i fratelli Umberto ed Ernesto avevano già ottenuto qualche successo a Napoli con la Elettrochimica Pomilio.

Umberto Pomilio (Chieti, 1890 – Francavilla al Mare, 1964) si era laureato in chimica all’Università di Napoli in giovane età, col massimo dei voti e la lode. Fu libero docente. Successivamente in Svizzera si laureò in ingegneria chimica. Dopo essersi specializzato in Germania, elaborò un metodo per l’estrazione della cellulosa dallo sparto e dalla paglia che consentiva di fare a meno del legno ed assieme al fratello ingegnere Ottorino brevettò il Processo Pomilio grazie al quale, nel 1936, il regime fascista decretò la nascita a Chieti di una fabbrica per la produzione della carta. Con un massiccio finanziamento, testimonianza del progetto rivoluzionario nel metodo, nacque nel 1938 lo stabilimento CEL.D.IT. Cellulosa d’Italia. Fu scelta, per l’edificazione della fabbrica, un’area dove al tempo c’erano solo campi coltivati, destinata a divenire negli anni successivi La Vallata del Lavoro, come amava definirla Ottorino. Umberto fu Cavaliere del Lavoro. Sposò Sabatier Marie Edmée Celine Geneviève, figlia del premio Nobel per la chimica Paul Sabatier, di Tolosa (Francia). Il loro figlio unico Bruno Pomilio, nato a Napoli nel 1924, morì sui Pirenei in Francia nel 1939, all’età di 15 anni. Nell’agosto del 1953 il CAI di Chieti volle intitolargli il rifugio sulla Maiella, denominato "Rifugio Bruno Pomilio". 

Vittorio Pomilio. Nel cielo di Pola d'Istria, il mattino dell'11 luglio 1924, la folgore del fato recideva la giovinezza di Vittorio. Studente di ingegneria, aveva frequentato l’Accademia navale di Livorno. Quando cadde con il suo aereo rivestiva il grado di Tenente di Vascello. 

Amalia Pomilio sposò a Chieti, il 19 luglio 1902, l’avvocato Giacomo Costa. Questi subì la repressione del regime fascista. Era stato confinato alle isole Tremiti e successivamente a Lampedusa, da dove evase rifugiandosi in Francia. E’ morto a Roma il 5 aprile 1963. 

In pillole, questa la storia della “dinastia” Pomilio, ma ampia trattazione l’Autore dedica al capostipite Domenico Livio e agli 11 figli Amedeo, Umberto, Ottorino, Carlo, Giulio, Amalia, Alessandro, Beatrice Federico, Ernesto e Vittorio. Chi riterrà opportuno approfondire, potrà farlo leggendo il volume “La famiglia Pomilio”, 806 pagine, ricco d’un corposo apparato di documenti e immagini fotografiche. L’opera è solo l’ennesimo lavoro saggistico dello scrittore e storico Maurilio Di Giangregorio, nel cui notevole corpus di pubblicazioni si possono trovare le storie di altre famiglie (Giovannucci, Morante, Federici, Strozzi, Del Fante, prossimamente Cappelli e De Angelis) e di personaggi abruzzesi (tra i quali Vincenzo Gentile, Michele Iacobucci, Panfilo Gentile, Gabriele D’Annunzio, Giovanni Del Guzzo, Luigi Casale, Elia Federici, Amelio Cichella, Andrea Bafile, Luigi Boschis, Filippo Carusi, Tito Acerbo, Panfilo Serafini, Adelchi Serena ed altri). 

Notevole il contributo storico che Di Giangregorio ha riservato all’epopea alpina - Maurilio, ufficiale degli alpini, è stato esponente dell’ANA Abruzzi -, agli eroi abruzzesi nei vari fronti di guerra, alla Resistenza in Abruzzo. Rilevante anche il suo contributo nella ricerca storica nel campo dell’emigrazione abruzzese - importanti i suoi volumi sulla tragedia di Marcinelle, per i quali è stato insignito nel XXX e XXXI Premio internazionale Emigrazione -, ed i suoi numerosi saggi storici sui terremoti, per i quali ha meritato nel 2009 il riconoscimento alla Cultura come “Uomo dell’Anno” nel Premio L’Aquila “Zirè d’Oro”. Maurilio Di Giangregorio è giornalista pubblicista dal 2004 e collabora con il quotidiano dell’Abruzzo il Centro. E’ inoltre corrispondente dall’Italia del mensile “La Voce”, la rivista degli italiani in Francia (Parigi) diretta da Patrice Gaspari. E’ infine socio ordinario della Deputazione di Storia Patria per gli Abruzzi e socio dell’Istituto abruzzese di Storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea. 

MOSTRA “I COLORI DEL SALENTO”: Arte e incontri poetici e culturali a Copertino dal 18 al 24 agosto 2020

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 Presso la Chiesa delle Clarisse.

LECCE - L’Associazione Culturale Internazionale “Verbumlandiart-Aps”, in compartecipazione con il Comune di Copertino e la Caritas diocesana Nardò-Gallipoli, presenta la Mostra d’arte “I COLORI DEL SALENTO”, con incontri poetici e culturali presso la Chiesa delle Clarisse, a Copertino, dal 18 al 24 agosto 2020

I COLORI DEL SALENTOnon è solo il titolo per una Mostra. E’ un nuovo progetto di Verbumlandiart, un movimento libero e autonomo di poeti, scrittori e artisti del Salentoche partecipano alla sua costruzione ritornando all’esperienza del bello, per smuovere il torpore dei nostri territori e promuovere l’arte, più pura e tradizionale, e innovativa al momento stesso, che prende spunto dalla nostra bellissima terra, varia di colori, immagini e profumi.

 

Le zone salentine, ricche di storia e di bellezze artistiche, sono avvolte da atmosfere rilassanti e colorate e i nostri artisti, poeti, scrittori, appropriandosi di esse, si lasciano affascinare, riscoprendo le suggestioni della natura incontaminata, dell'arte rupestre e contadina.

Espongono, in questa edizione, gli artisti: Anna Alemanno, Ana Buda, Deborah Cazzante, Sante Damone, Fernando D’Ospina, Annamaria Di Maggio, Madia Ingrosso, Renato Leone, Emanuela Loscanna, Carolina Sperti 

L’inaugurazione della Mostra il 18 agosto alle ore 19.00 alla presenza del Sindaco prof.ssa Sandrina Schito, dell’assessore alla Cultura, avv. Laura Alemanno e del Direttore della Caritas diocesana Nardò - Gallipoli, don Giuseppe Venneri.

Ospiti d’onore saranno il maestro di cartapesta Mario Di Donfrancesco, presso la scuola d'arte "E. Maccagnani" di Lecce; Renata Messina della Direzione Regionale Musei del Mibact, Puglia - Castello Svevo di Bari; Vincenzo D’Indinosantedella Biblioteca Nazionale di Bari del Mibact.

Il 19 agosto alle ore 19.00 ci sarà il primo INCONTRO POETICO con la poetessa Ester Cecere, ricercatrice biologia marina presso il CNR di Taranto. Dialogherà con lei la dott.ssa Claudia Piccinno, docente e poetessa di chiara fama.

Il 23 agosto alle ore 19.00 all’INCONTRO POETICO avremo la poetessa Claudia Piccinno, docente e direttore del World Festival Poetry per l’Europa. Dialogherà con lei l’illustre dott. Gianpaolo G. Mastropasqua, psichiatra, poeta e musicista.

Il 24 agosto alle ore 19.00, presso il Palazzo Briganti in Via Malta 10, nel cortile, conferenza del prof. Francesco Lenoci, docente Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dal titolo “COLTIVIAMO LA BELLEZZA”, dalla meravigliosa esortazione di Don Tonino Bello.

In queste serate di arte e cultura, farà la sua esibizione una giovanissima promessa della musica leggera, Benedetta Manca, accompagnata dal papà Sergio.

Regina Resta - Presidente Verbumlandiart


CORTE DI CASSAZIONE RICONOSCE AI DOCENTI PRECARI ALL'ESTERO DIRITTO ALL'ASSEGNO DI SEDE IN MISURA INTEGRALE

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La Suprema Corte di Cassazione si è finalmente espressa sul diritto dei docenti precari non residenti all’estero di ricevere l’assegno di sede in misura integrale ed ha riconosciuto loro il diritto a percepire questa indennità nella stessa misura riconosciuta ai colleghi di ruolo.

Nella recentissima sentenza del 23.06.20 la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal MAECI per infondatezza  così “dando continuità ai condivisi e consolidati orientamenti espressi da questa Corte in molteplici decisioni nelle quali è stata esaminata la questione del contenuto precettivo del divieto di discriminazione dei lavoratori a tempo determinato (anche docenti) rispetto a quelli a tempo indeterminato stabilito dalla direttiva 1999/70/CE e dell’Accordo quadro…allegato”.

La Cassazione ha ritenuto infondate tutte le argomentazioni difensive del MAECI, riconoscendo che “è incontestato che l’attuale controricorrente, come supplente annuale, abbia svolto la medesima attività di insegnamento che avrebbe prestato se fosse stato immesso  nei ruoli ed assunto a tempo indeterminato”, aggiungendo che  il disagio del trasferimento all’estero “si verifica per entrambe le categorie di docenti di cui si tratta”.

Pertanto, l’assegno di sede deve essere riconosciuto in maniera integrale anche ai docenti non residenti precari all’estero, in quanto la sua limitazione in percentuale non si giustifica alla luce del principio di non discriminazione fra lavoratori di rango comunitario.

Giarre, il 16 agosto Il Gatto Blu apre la rassegna “R-estate a Teatro” di ArchiDrama

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L’irresistibile comicità della Compagnia Il Gatto Blu inaugurerà, domenica 16 agosto, alle ore 21, in piazza Fabrizio De Andrè (ex Camposanto Vecchio) a Giarre, alle spalle della centralissima piazza Duomo, la rassegna estiva “R-estate a Teatro” organizzata dall’associazione culturale ArchiDrama con la direzione artistica di Alfio Zappalà. L’ormai collaudato quartetto comico etneo, formato da Gino Astorina, Francesca Agate, Luciano Messina e Nuccio Morabito, porterà in scena “Sto tornando”, divertente spettacolo di teatro-cabaret. E già il titolo è tutto un programma. “Sto tornando è un modo di dire nostro, siciliano, che fa storcere un po’ il naso ai puristi della lingua italiana – spiega Gino Astorina - Solitamente noi lo diciamo quando usciamo e per noi diventa quindi una dichiarazione di ottimismo. Nel senso, “Sto uscendo ma non vi preoccupate perché sto per rientrare”. Un linguaggio un po’ particolare il siciliano, ma dà un po’ l’idea di quelle che sono le nostre intenzioni e su questo un po’ ci giochiamo. Lo spettacolo è composto da una serie di sketch che mettono in risalto i nostri costumi e vizi in chiave ironica. La missione del cabaret è proprio questa, fare ridere ed immediatamente dopo far riflettere”. La rassegna, voluta da Alfio Zappalà e realizzata in sinergia con l’assessorato alla Cultura, Turismo e Spettacolo del Comune di Giarre, retto da Patrizia Lionti, rappresenta un graduale ma importante ritorno alla normalità per il teatro giarrese, dopo mesi di chiusure e restrizioni che hanno penalizzato in particolar modo il mondo dello spettacolo. “Non abbiamo bisogno di cose straordinarie ma di cose normali – prosegue Astorina - Abbiamo bisogno di tornare ad una serenità, ad una tranquillità, a salutarci dandoci la mano, a guardare la persona vicina senza pensare che sia l’untore. Per tutto questo ci vorrà ancora un po’ di tempo, però il teatro è qualcosa che ci aiuta a stare vicini, a socializzare. Ridere insieme è aggregante. Se su un vezzo o un vizio tutti quanti battiamo le mani, vuol dire che ci riconosciamo. Stare tutti insieme è un po’ come fare psicanalisi di gruppo. Solo così – conclude l’attore - possiamo raggiungere la normalità di cui abbiamo bisogno”.   

La rassegna “R-estate a Teatro”, che si divide in due sezioni, una dedicata al teatro comico ed un’altra alla musica classica e all’opera lirica, proseguirà il  30 agosto con l’intenso “Sempre…”, spettacolo musicalmente poetico con l’attrice etnea Guia Jelo, il pianista Gianfranco Pappalardo Fiumara, la flautista Flaminia Chiechio e la piccola Guia Buccheri. Il 5 settembre si tornerà a ridere con la comicità di Marco Cavallaro in “Reloaded”. Ad aprire lo spettacolo dell’attore giarrese, ormai trapiantato a Roma, sarà un corto comico di Maria Rita Leotta. Il 10 settembre andrà in scena “I love Opera”, con le più belle arie dell’opera lirica dell’Italia risorgimentale da Rossini a Puccini. Sul palco saliranno gli artisti del Mythos Opera Festival con la direzione artistica di Nino Strano. A chiudere la rassegna, il 12 settembre, l’attore comico Sergio Vespertino con lo spettacolo “Fiato di madre”.  Tutti gli eventi si svolgeranno nel rispetto del distanziamento fisico e di tutte le altre norme vigenti. “Come ArchiDrama – spiega Alfio Zappalà, direttore artistico - abbiamo voluto fare la nostra parte nel cercare di rimettere in moto il comparto dello spettacolo dal vivo, che in questo momento stenta a vedere una ripartenza nel pieno della sua attività. Stiamo lavorando per prevedere tutte le misure necessarie allo svolgimento degli spettacoli in sicurezza e serenità per il nostro pubblico”. E ci sarà spazio anche per la solidarietà. Durante gli spettacoli, infatti, saranno allestiti alcuni banchetti di prodotti artigianali, a cura dell'associazione NèS, il cui ricavato servirà a sostenere l’ospitalità a Giarre di una famiglia siriana.  

A Taranto dal mare, uno spettacolo nello spettacolo

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La città di Taranto ha delle straordinarietà che rendono unico il suo meraviglioso territorio.

Taranto è detta “la Città dei due mari”. Il Mar Grande è il tratto di Mar Ionio delimitato dalle Isole Cheradi (Isola di San Pietro e Isola di San Paolo).

Il Mar Piccolo è invece un vasto bacino marino interno, connesso all’esterno da due canali navigabili. 

Il Mar Grande è collegato alla terraferma dal Ponte Girevole e dal Ponte di Porta Napoli detto Ponte di Pietra.

Il Mar Piccolo è un mare interno, invece, che dà vita ad una doppia insenatura a nord della città, ed è unito al Mar Grande da un canale navigabile ad est e dal canale di Porta Napoli ad ovest.

Il ponte Punta Penna Pizzone, grande opera di ingegneria, lungo 1.909 metri che raggiunge l'altezza di 45 metri sul livello del mare conosciuto anche come ponte Aldo Moro, è la struttura che congiunge punta Penna con punta Pizzone, nel punto in cui un restringimento naturale crea due seni del Mar Piccolo.

Taranto ha due mari e questi in qualche modo rappresentano due mondi di cui Taranto è il ponte,  cioè l’Oriente e l’Occidente. 

Taras che corrisponde all’odierna Taranto, ha una storia antichissima, viene fondata nell’ottavo secolo come colonia spartana e inizia  a crescere d’importanza  fino a diventare la città magnogreca più importante del sud Italia, esperta in una serie di attività che poi la faranno celebre in tutto il mondo.

Sabato 15 agosto, a partire dalle 19.30, ci si potrà imbarcare dal Molo Sant’Eligio sui catamarani della Jonian Dolphin per vivere un’esperienza suggestiva che conta, tra i suoi obiettivi, quello di promuovere un territorio ricco di eccellenze, bellezze naturali e storia.

Sarà protagonista il tramonto nelle tre ore di escursione alla scoperta delle Isole Cheradi e poi una sosta per ammirare il Ponte Girevole, il Ponte di Pietra e il Ponte Punta Penna dal mare con una degustazione dei migliori prodotti agroalimentari pugliesi e musica dal vivo fino a serata inoltrata.

Questi sono gli ingredienti del Ferragosto targato Due Mari Winefest, il più grande evento enogastronomico della città di Taranto, organizzato in collaborazione con la Jonian Dolphin Conservation e il Comune di Taranto.

“Ferragosto tra i due mari e le isole” – questo il nome della serata – sarà l’occasione per far ri-scoprire o far scoprire a tarantini e turisti la Taranto che merita di essere raccontata.

Main sponsor wine dell’evento è Cantine San Marzano, che farà degustare alcuni dei suoi vini abbinandoli ai piatti del Ristorante La Fattoria, all’ormai celebre e pluripremiato Formaggio Don Carlo di InMasseria e ai taralli artigianali di Bontà pugliese.

A coronare il percorso, infine, ci sarà la musica dal vivo del duo Abanìco Acoustic.

Le note saranno quelle del Pop Soul internazionale e gli arrangiamenti quelli per chitarra acustica e loop station con un repertorio vasto ed accattivante che abbraccerà  gran parte della musica pop e soul dagli anni 80 fino ad oggi, faranno da cornice ad una serata che si prospetta emozionante.

Grc Distribuzione e Acqua Orsini sono partner dell’evento.

Per informazioni e prenotazioni telefonare al 349.8784615.

Vito Piepoli


32° CivitaFestival dal 25 agosto al 6 settembre 2020

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Grazie alla collaborazione di una serie di privati virtuosi che hanno messo in rete risorse e forze, dal 25 agosto al 6 settembre 2020, torna a Civita Castellana (VT) il CivitaFestival che, giunto alla trentaduesima edizione, rappresenta il più longevo festival del viterbese e tra i primi 10 del centro Italia.

Una staffetta di grande teatro, musica jazz, folk, classica, contemporanea, alternata a mostre, performance e letteratura, che, in collaborazione con il Polo Direzione Regionale Musei del Lazio diretto da Edith Gabrielli, si svolgerà a Forte Sangallo, imponente fortezza in terra falisca costruita nel 1495 su volere di Alessandro VI Borgia e al Chiostro trecentesco di San Francesco.

La suggestiva scenografia ospiterà uno tra i festival più raffinati della stagione: una serie di appuntamenti che presenterà al grande pubblico i molteplici volti dell’arte e che nella cornice medievale di un monumento simbolo della regione, porterà il grande teatro con In Exitu di Testori, regia di Roberto Latini il 5 settembre, il 6 settembre La Pianista Perfetta, prodotto dalla Compagnia MauriSturno, testo di Giuseppe Manfridi con Guenda Goria e Lorenzo Manfridi per la regia di Maurizio Scaparro, e ancora la musica colta con l’omaggio a Ennio Morricone a cura di Orchestra da Camera Domenico Scarlatti, il 26 agosto; la prima assoluta, contemporaneamente all’uscita del disco, del nuovo progetto del musicista statunitense John B. Arnold, nipote del celeberrimo compositore Americano Hoagy Carmichael; Enrico Pieranunzi Unlimited il 4 settembre e molto altro.

Mercoledì 26 agosto il Civitafestival 2020 aprirà con l’Orchestra da Camera Domenico Scarlatti, con un concerto dedicato al grande Ennio Morricone recentemente scomparso. L’Orchestra diretta da Gianluigi Dettorie con la partecipazione del  soprano Domitilla Lai, eseguirà le più famose composizioni di Morricone alternandole con le più celebri arie delle opere di Haendel. 

Giovedì 27 agosto sarà presentato in prima assoluta, contemporaneamente all’uscita del disco, il nuovo progetto del musicista statunitense John B. Arnold, nipote del celeberrimo compositore Americano Hoagy Carmichael, Tekna un progetto musicale ibrido ideato dal batterista statunitense John B. Arnold che da anni spazia tra il jazz moderno e la musica elettronica. Il progetto vede l’unione del batterista insieme ad uno dei pianisti più importanti della sua generazione, Greg Burk

Venerdì  28 agosto in un concerto di musica da camera con sonate e arie di Schubert, Rossini e Mozart , trio formato da  di Enrico Mazzoni, Matteo Biscetti e Francesca Bruni. Sabato 29 agosto un concerto dell’eccezionale Alma Sax Quartet fantastico quartetto di fiati umbro formato da Andrea Piccione Sax Alto Simone Bellagamba Sax Soprano Francesco Desideri Sax Tenore Andrea Leonardi Sax Baritono con un repertorio della tradizione americana. Domenica 30 agosto ancora jazz con il CGF trio formato da Mario Corvini trombone (nella foto), Andrea Gomellini chitarra e Stefano Nunzi al Contrabbasso. Martedì 1 settembre il concerto Quanti canti di Lucia Galeazzi, tra le più importanti personalità del folk italiano e internazionale, e Stefania Placidi. 

Mercoledì  2 settembre Ti  regalo gli occhi miei, omaggio a Gabriella Ferri con Vanessa Cremaschi  voce, violino, pianoforte e tinypiano Giovanna Famulari voce, violoncello, pianoforte.

Giovedì 3 settembreLA CONSUETUDINE FRASTAGLIATA DELL’AVERTI ACCANTO diretto e interpretato da Daniele Pilli e Claudia Vismara. Lo spettacolo di Marco Andreoli è un’opera dagli innumerevoli piani di lettura. Potremmo dire che è un testo che parla di coppia, di quell’universo criptico che sono le relazioni, del loro lento disgregarsi, dell’ostinazione con cui a volte ci si accanisce per mantenere con se stessi una facciata, una parvenza di felicità… Lo spettacolo è stato presentato in anteprima nel  2018 a Roma a Carrozzerie n.o.t

Venerdì 4 settembre concerto straordinario per piano solo di Enrico Pieranunzi unlimitedUn anno certamente particolare questo 2020, decisamente “senza limiti”, in un concerto in cui il grande pianista celebrerà alcune ricorrenze da Fellini a Bill Evans omaggiano l’amico Ennio Morricone. 

TEATRO AL CIVITAFESTIVAL.Da sabato 5 settembre, al XXXII Civitafestival arriva il grandeteatro con In Exitu dall’omonimo romanzo di Giovanni Testori nell’adattamento, interpretazione e regia di Roberto Latini, prodotto dalla compagnia Lombardi-Tiezzi. Ultima fatica di Roberto Latini che affronterà  la furente inventività linguistica di In exitu, 1988, e a dare vita alla parola testoriana.  

Chiuderà Civitafestival Domenica 6 settembreGuenda Goria in La Pianista Perfetta prodotto dalla Compagnia MauriSturno, testo i Giuseppe Manfridi con Lorenzo Manfridi,regia di Maurizio Scaparro. Concerto spettacolo su Clara Schumann, la più celebre pianista dell’800 e il suo rapporto con la musica.

La XXXII edizione del Civitafestival si aprirà ufficialmente Martedì 25 agosto con l’inaugurazione della mostra Florilegi opere di Emanuele Rossini artista che dal  2007 espone i suoi lavori di pittura e scultura in mostre personali e collettive, sia in Italia che all’estero, Londra 2008/2011 e New York 2013.

“La XXXII edizione del Civitafestival è animata dalla volontà di superare lo stato di incertezza che il mondo della cultura sta vivendo in questo momento nel nostro paese. La necessità di superare ogni ostacolo per ricondurre lo spettacolo dal vivo e tutto ciò che esso rappresenta, non solo in termini culturali, al ruolo che gli compete, è stata la motivazione di fondo che ci ha spinti a superare anche questa prova e realizzare l’edizione 2020 del Civitafestival. Una programmazione all’insegna della diversità e della differenza che, come sempre, tenta di coniugare tradizione, ricerca e innovazione con un attento sguardo al mondo giovanile. Tutto ciò è stato possibile grazie al sostegno di enti e attività private che con lungimiranza hanno creduto e continuano a credere  in questo progetto e in ciò che esso rappresenta per la comunità civitonica e non solo. Anche quest’anno il Civitafestival non percepisce contributi pubblici per la sua realizzazione. Un ringraziamento alla Fondazione CA.RI.VIT. sempre attenta alle iniziative di qualità e ancora un doveroso ringraziamento alle attività produttive del territorio che, unite sotto il marchio IC- Industria e Cultura in terra falisca -  sono il motore di questo festival” Fabio Galadini, Direttore Artistico CivitaFestival. 

Spettacoli ore 21.00, biglietti 7 euro. Info  info@civitafestival.it  - www.civitafestival.it

MONTECASSINO, FARO DI CIVILTÀ

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È vero, i contesti mutano nel tempo, anche per Montecassino:  i monaci, per esempio, scendono di numero anno dopo anno e tale realtà è motivo di labilità nella esistenza dell’abbazia: al di sotto di un certo numero, dodici mi pare, si innestano frangenti delicati che possono portare anche alla chiusura del Monastero, come è accaduto recentemente alla Certosa di Trisulti e ad altri cenobi in Italia.Per altri monasteri il contesto  è meno delicato in quanto ora avviene che le vocazioni aumentino in Africa e Bangladesh e nei paesi dell’Est, per uomini e donne, e quindi vi è un sensibile ricambio e intervento, come si vede in giro. Ma per i benedettini tali presenze non sono previste perché, secondo la Regola di San Benedetto, tutto deve sgorgare e originare dalla comunità.

Montecassino è un unicum nella storia della chiesa ma è, ancora di più, un unicum nell’Occidente e suo primo e primario patrimonio. In questi ultimi decenni, pur sotto il peso di certe realtà, i santi e capaci abati hanno trovato intelligentemente il modo di sopravvivere e di consolidare la immagine. In questi ultimi anni, al contrario, papa Ratzinger e papa Francesco, invece di favorire e sopperire, hanno apportato mutamenti e trasformazioni così radicali e clamorosi nella vita di Montecassino  tanto che la sua fisionomia secolare ne è stata sconvolta e scompaginata: l’abate Bernardo,segretario e abate per quarantanni, trasferito d’imperio a vescovo di Gaeta,a essere uno di  mille, come mai successo nella vita del monastero; successivamente o a seguito delle vicende personali dell’ultimo abate è stata ottenuta, anche ora d’imperio, la soppressione immediata della Diocesi e in ultimo, anche d’imperio, chiamato a fungere da abate un benedettino da altro monastero. In merito a tali provvedimenti letteralmente rivoluzionari emessi dall’alta gerarchia vaticana, vanno ribaditi due principi incontestabili e significativi: per primo, Montecassino è al di sopra di tuttoe di tutti, al di sopra quindi anche delle gerarchie vaticane: le gerarchie passano, Montecassino non passa: succisa virescit (anche se mi tagli, mi rigenero) è il motto e, per secondo,  non sono i doveri di obbedienza e/o altri ai quali i monaci sono vincolati  che possono alterare la sua unicità al di sopra di tutto e perciò giustificare e rendere accettabili i provvedimenti di cui sopra, piombati dall’alto, senza appello! Ben altro merita Montecassino, ben altro gli è dovuto.  

Invero ricordato quanto Montecassino ha rappresentato nella storia dell’Occidente e  rappresenta e non solo per i tanti monasteri ancora in vita, è arduo ad ammettere che possa esserci qualcuno o qualcosa a esso superiore, anche gerarchicamente, alla luce di siffatti eventi! San Benedetto dichiarato Patrono d’Europaè conferma evidente del significato eccelso e superiore. La Diocesi era creatura di Montecassino da secoli e secoli: dieci? Quindici? Tanto che essa è nota, da sempre, come Terra Sancti Benedicti. A parte motivazioni e spiegazioni, ci si sarebbe aspettato ragionevolmente che le gerarchie avessero favorito e promosso, anche imposto, altri tipi di intervento, ma da parte di Montecassino stesso e non da fuori,  alla soluzione/miglioramento della situazione, sempre ammesso che ne avessero avuto il diritto, non quello canonico bensì quello di fronte alla storia!  Perciò privare l’Abbazia della diocesi secolare è stato un solenne arbitrio -io dico: sopruso- che fa pensare a chissà quali motivazioni alla base. In effetti nel frangente delicato della rimozione di Don Bernardo, delle vicende personali dell’ultimo abate, della scarsezza di  monaci, tutti ci saremmo aspettati interventi collaborativi e di sostegno di ben altra natura da parte delle gerarchie, quali appunto il ruolo basilare e universale dell’Abbazia impone ed esige e non quelli distruttivi messi in atto. E la presenza di un nuovo abate, maturo e saggio, dom Donato Ogliari, da altra sede, è la riprova che, anche se non trova corrispondenza nella Regola Benedettina, comunque da salutare quale intervento appunto costruttivo di sostegno e di collaborazione.

E’ un fatto che questi capovolgimenti  abbiano poco sensibilizzato e toccato i fedeli della diocesi almeno in apparenza, tuttavia siamo certi che resipiscenza e consapevolezza dell’accaduto si stanno facendo strada.  Quanto invece resta la stella polare universale, oggi e sempre,  è  l’insegnamento e l’opera di San Benedetto quali  fondamento della civiltà e della cultura occidentali, all’insegna del celebre motto: ora, labora et lege. Perciò un faro di civiltà, che vive di vita propria, che conserva in sé la propria vita e il proprio destino, a illuminare il mondo e irradiare la sua luce, in questi tempi  soprattutto: gli addetti hanno solo l’obbligo  di dargli un pò di olio!

                                                                                               Michele Santulli

Da un’avversità nasce una opportunità: la forza del gruppo coeso

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Approfondimenti della puntata in onda sulle frequenze di Radio CRT di Flaviana Pier Elena Fusi con Edoardo Flaccomio

Oggi i protagonisti sono loro, i libri che io adoro. I nostri, i vostri e quelli che teniamo nascosti. Sanno narrare gli spazi più reconditi dell’universo emozionale. Storie di stelle e di anime gemelle, avventure cronometrate a momenti immaginate, in ritratti di Alsaziane che fan volare alto le brame. Sono novelle siciliane, con colori di sottane o racconti peruviani, ma anche un po’ africani. Parlano i deserti equatoriali e i fiori tropicali, descrivono foreste con i frutti nelle ceste. Caroselli dimenticati ma che ancor vengono illuminati, da una Testa concettuale dicasi Coscienza universale. Si viaggia con la fantasia, leggendo a perdifiato per fuggire via; lo straordinario diventa magia e poi  scopri che in realtà nulla è più splendido della vita che hai già.

QUI DI SEGUITO CIÒ CHE PER NOI È BELTÀ:

-Da un’avversità nasce una opportunità di Flaviana Pier Elena Fusi ed Edoardo Flaccomio (Inedito)

-Testa e Croce di Edoardo Flaccomio (Inedito), terzo classificato al premio Mondiale GOLDEN ASTER BOOK di Civitavecchia anno 2019, nella sezione saggi inediti.

-Le rivelazioni della stella Bianca di Flaviana Pier Elena fusi

-Tomas In di J.J. Bolaños

-The Watch Manualdi Franz Rivoira

-Grand tour al calor bianco di Ivonne Pincella (con Giuseppe Gallingani)

-Novelle sicilianedi Andrea Giostra

-Carosello di Marco Melegaro

Siamo un gruppo di persone accomunate dalla pubblicazione. Uno o più libri ci hanno fatto spaziare nell’etere e nel pensiero mondiale. Oggi ci ritroviamo nella puntata, della radio già annunciata, un’emittente che sa trasportare per farci approdare, là dove giunge la gloria di chi passerà alla storia.

Essere suggellati da traccia amica e da parola sancita: incontriamoci qui sulle onde di Radio CRT. 

“Scripta manent, verba volant”

Scritti permanenti e parole volanti se uniti producono armonie interessanti, insieme appassionatamente per restare nel cuore della gente.

Indagine di Edoardo Flaccomio

Estratto dal librosaggio “Da un’avversità nasce una opportunità”: la forza del gruppo coeso

     Un libro, un saggio, è un librosaggio. Traspare sulle pagine chiare, ciò che il tempo vuole raccontare. Venti vite incantate che da un accadimento vengono trasformate, immortalate in un momento che le fa volare sulle ali del vento. Dentro una vibrazione, giù intensamente, nel profondo di una missione.

     Un percorso spirituale di grandezza celestiale. Le leggi del MODELLO ASSOLUTO ai lettori danno un aiuto, per entrare nel mondo particolare e ottenere il lasciapassare. Sull'onda di una sinfonia la vita può divenire alchimia.

     Le storie dei venti naviganti, orgogliosi di raccontarsi, parlano di delusioni, paure, aspettative; vicende di vita decifrate con la lente della Conoscenza, in cui ci si potrà riconoscere, perché il frammento è inserito nella totalità e la totalità nel frammento. Il tema fondamentale di questo librosaggio, di prossima pubblicazione, ruota intorno all’idea di collettività. All’interno di un gruppo unito, privo di lacerazioni, si può solo progredire. Il confronto non è lotta ma mezzo per l’evoluzione. Siamo intrecciati e interconnessi superiormente, come una città con l’altra, una nazione con l’altra, un continente con l’altro. Le separazioni sono destino necessario alla realizzazione finale: uniti tutti per la vita e dalla VITA.

Le storie raccontate dei venti naviganti, sono l’onda perfetta sulla quale adagiarsi per riprendere la rotta in direzione della riconquista del Paradiso perduto. 

Elenco dei venti naviganti:

Anna Maria Esposito

Anna Loro

Bianca Napoli

Dino Mastropasqua

Edoardo Flaccomio

Elena Rosa Maria Tafanelli

Flaviana Pier Elena Fusi

Franco Bagaglia

Franz Rivoira

Giuseppe Gallingani

Giuseppe Massimo Cannella

J.J. Bolaños

Ketty Zambuto

Lorenzo La Rosa

Luigi Grandinetti

Luigi Zani

Maddalena Rottigni

Mari Onorato

Paolo Magro

Roberto Carlotto

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Radio CRT

CRT radio storica regionale che da Lamezia Terme trasmetteva, tra la fine degli anni 90 e i primi anni del nuovo secolo, in tutta la Calabria. Agli esordi il suo nome era radio “CA.RI.TÀ”, Carismatici Riuniti Taumaturghi. Una radio che ha dato voce a chi voce non aveva, per questo mai dimenticata negli anni. In seguito ha assunto il nome Radio “CRT” per essere al passo con i tempi. È tornata di nuovo in onda grazie a Diego Pistocchi, il nuovo editore. Un dono prezioso che si trasmette di padre in figlio.

Radio CRT è la radio di tutti e per tutti.

Solo su Radio CRT suona la vita!

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Ricetta erboristica di Anna Maria Esposito: responsabile della testata giornalistica di Radio CRT e conduttrice del programma “Blaterando”.

La leggenda narra che tra Ippo delfino dagli occhi azzurri ed una pianta Caparina, nacque un giorno un grande amore, immenso a tal punto da generare, nonostante le avversità di chi cercava di ostacolarlo, una piccola bacca: il cappero.

Capparis spinosaquesto il nome scientifico della pianta, tipica della zona mediterranea. Cresce spontaneamente, ma a Pantelleria viene coltivata, curata ed amata: certficata DOP e IGP. La caratteristica vulcanica del terreno, conferisce a questi capperi un gusto particolare, che non è rintracciabile in nessun altro posto del mondo; nella Bibbia erano noti per le loro proprietà afrodisiache. Gli estratti hanno la capacità di rallentare l’invecchiamento della pelle perché ricchi di vitamina A, B1, B2, B5. Le popolazioni Berbere dell’Africa Settentrionale, mescolano capperi e miele per ottenere una crema contro l’aridità della pelle.

Ricetta anti-age

80gr. di capperi

30gr. di burro

2 cucchiai di acqua

3 cucchiai di miele

In una ciotola versare il burro fuso, i capperi precedentemente lavati, due cucchiai di acqua e mescolare. Con l’aiuto di un frullatore ad immersione, amalgamare il composto e renderlo omogeneo, aggiungere infine il miele. Versare la crema ottenuta in un vasetto di vetro e utilizzare la sera dopo aver deterso accuratamente il viso. Buon riposo!

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I libri fanno viaggiare e noi con la cucina su un’isola vogliamo approdare: Pantelleria, con le sue delizie, ci inebria di gusto e poesia.

Ricetta di chef Domenico

Spaghetti dell’isola che c’è

Ingredienti:

spaghetti

capperi di Pantelleria

olive taggiasche

fiori e foglie di origano

pomodori secchi

acciughe

olio extra vergine di oliva

sale q.b.

Preparazione: versare un po’ d’olio in una padella larga, mettere i pomodori secchi tagliati a pezzetti e di seguito gli altri ingredienti, tenendo a parte l’origano. Cuocere gli spaghetti nel modo classico, scolarli e metterli nella padella con il sugo già preparato. Prima di servire aggiungere fiori e foglie di origano. Consigliato del pecorino grattugiato.

 

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Bollettino Radiometeo di Flaviana Pier Elena Fusi

Le parole son di tutti

Dei belli e dei brutti

Se si sanno bene usare

La differenza non si fa notare.

È arte magistrale

Il modo di raccontare

Una cosa banale

Diviene memoria letterale.

È fenomeno culturale

Dettato da qualcosa di speciale

Dote che arriva dalla vita

In egual misura distribuita.

Se è il cuore a dettare

Tutto è onda naturale

L’abilità delle dita

Si trasforma in magia infinita.

È passione che fa vibrare

Quando la frase sa emozionare

Non è l’autore che è speciale

Ma qualcuno che all’anima sa mirare.

Non serve essere diversi

Basta ascoltare dentro se stessi

Così un fiume scivola via

Narrando nuova poesia.

 

Consiglio Radiometeo: le belle parole fanno bene al cuore.

Eleonora Scopelliti, La Prima Ballerina della Tv, una Principessa come Biancaneve! L'intervista

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Professionisti Geniali
d
i Roberta Cannata e Andrea Giostra.

La Rubrica «Professionisti Geniali, arrivata alla 6^ puntata delle 10 previste, oggi incontra Eleonora Scopelliti, Prima Ballerina della Tv italiana e prima ballerina per tantissimi anni del famoso Talent Show “AMICI” di Maria De Filippi su Canale 5. Con questa piccola produzione, «Professionisti Geniali», abbiamo cercato di individuare 10 personalità che si distinguono nella loro professione per le grandi capacità, competenza e talento, ma che al contempo coltivano “passioni”e “genialità” delle quali parlare con noi. Buona lettura e buon divertimento a tutti i lettori… Roberta & Andrea

Ciao Eleonora, benvenuta a “Professionisti Geniali”e grazie per aver accettato il nostro invito. Nella vita professionale sei una famosa “Prima Ballerina, Coreografa e Attrice”. Il tuo mondo, la Danza, ci fa sognare ad occhi aperti! Non tutti sanno però che dietro alla perfezione di una ballerina ci sono tante ore di prove ed una disciplina di ferro, ci racconti del tuo lavoro?

Grazie a voi per l’invito, seguo la vostra rubrica e adoro l’eleganza con cui raccontate i vostri personaggi. A guidarmi verso la danza è stato l’istinto e fin da piccola ero affascinata dalla ballerina del carillon. La danza è una magica arte e come tale va rispettata e alimentata. Allenamento costante e tanta umiltà sono fondamentali per trasformare una passione in filosofia di vita e nella propria professione. La danza mi permette di raccontarmi. Mi sono diplomata alla scuola del Teatro dell’Opera di Roma dove ho incassato tanti colpi che lungo il mio percorso mi hanno aiutata a rialzarmi dalle cadute con più facilità. Siamo ciò scegliamo di essere ed io ho scelto di essere una ballerina perché mi fa sentire viva nonostante tutti i sacrifici che comporta. 

Il grande successo arriva in Televisione con il famoso Talent Show “AMICI” di Maria De Filippi di cui sei stata per diversi anni la prima ballerina professionista, com’è stato lavorare con un personaggio carismatico come Maria? E lavorare con grandi coreografi come Giuliano Peparini, Marco Garofalo, Garrison, Alessandra Celentano e Bill Goodson?

Ognuno di loro mi ha lasciato un segno indelebile nello spirito e nello stile. Li ringrazio singolarmente per aver valorizzato le mie qualità e per avermi permesso attraverso le loro coreografie di raccontare una piccola parte della loro storia. Hanno tirato fuori la parte migliore di me. Nutro grande ammirazione e riconoscenza per “Maria” De Filippi una guerriera geniale capace di individuare talenti, che mi ha dato fiducia e la possibilità di potermi esprimere al massimo assegnandomi un ruolo di grande responsabilità  attraverso il quale mi sono potuta far amare dal pubblico!

Video Watch di Facebook: “Eleonora con Amilcar. Tratto da "Sfilata Amore e Moda" andata in onda su Rete4 nel giugno 2012”

https://www.facebook.com/141046905936331/videos/10200661177064664/

Un Talent come “Amici” possiamo definirlo un vero Spettacolo del sabato sera, per preparare tutti i Balletti della puntata quante ore passavi in sala prove? Ci racconti la giornata tipo di una ballerina professionista di Amici?

Si iniziava la mattina presto con la lezione di danza classica e proseguiva con le prove per gli allievi fino alla sera, poi la registrazione e montaggio di nuovi balletti. Ricordo che la pausa pranzo era di ‘45 minuti, durante la giornata si susseguivano sfide ed esami a sorpresa ed eravamo ripresi e microfonati tutto il tempo! Il giorno delle prove in studio era davvero intenso, si provavano tutte le coreografie (anche 20 per ogni allievo) e poi i balletti di noi Professionisti. La puntata del serale finiva all’incirca all’1 di notte. Un duro lavoro per noi professionisti e una grande scuola in grado di fornire ai giovani talentuosi opportunità di crescita e un’esperienza unica.

Ci racconti un episodio divertente che ti è capitato durante la diretta di “Amici” o nel backstage della trasmissione?

Durante il serale e le sfide anche Noi Professionisti ci sentivamo concorrenti perché non sapevamo mai in anticipo quale coreografia sarebbe uscita. Ci preparavamo con un abito neutro e ai piedi una mezza punta e un tacco (per essere più rapidi con il cambio) ma un giorno in diretta “Maria” invertì improvvisamente la scaletta, le costumiste nel mettermi velocemente l’abito  si ritrovarono con la lampo in mano e fu il panico! Mentre i miei colleghi erano già sul palco vestiti con i “costumi d’epoca” io entrai di corsa con una minigonna nera e soltanto i guanti rossi che facevano parte del mio vero costume di scena… poi partì la musica… io mi girai verso la telecamera, stacco in primo piano su di me, e con un grande sorriso ballai. Il vero show per noi era dietro le quinte! In un’altra puntata ricordo che mi si ruppe la bretella dell’abito per 3 volte di seguito e in diretta Maria mi lanciò il suo scialle per coprirmi lasciando Kledi in attesa di un mio quarto rientro… devo dire che dietro al sorriso avevo tanti mal di pancia! 

Video Watch di Facebook: “Eleonora Scopelliti da Maria De Filippi: SHE WOLF”

https://www.facebook.com/eleonora.scopelliti.5/videos/10204259533121211/ 

Televisione e Teatro, la tua vita sotto i riflettori calcando i palcoscenici più importanti, quali sono i ricordi più belli?

Il ricordo che mi ha fatto iniziare a credere fortemente nel sogno di diventare una ballerina risale al 1995 quando ho interpretato il ruolo di solista “LA LUNA” nell’opera TURANDOT. Altra esperienza meravigliosa è stata lavorare con Franco Miseria al Teatro Sistina di Roma nel ruolo di solista sulle punte e sempre in questo teatro ho lavorato anche con Enrico Brignano. Ultimamente ho interpretato il ruolo di Estelle in “A porte chiuse” di Jean Paul Sartre, l’inferno attraverso il tango della compagnia Incontroverso, il mio personaggio mi ha fatto viaggiare dalla comicità alla drammaticità fino ad approdare alla passionalità travolgente del tango. Tra le trasmissioni Televisive ho nel cuore Buona Domenica, Domenica In, Sarabanda, La Corrida e in modo particolare Amici di Maria De Filippi che per 7 anni è stata la mia seconda famiglia dove ho avuto la possibilità di crescere personalmente e professionalmente e di farmi conoscere come Eleonora! 

Nel 2009 arriva la chiamata da “Hollywood” e vieni scelta come ballerina nel film “Nine” diretto dal regista Bob Marshall. Esperienza nel cinema che ti consente di lavorare accanto ad un cast stellare come Sofia Loren, Daniel Day Lewis, Penèlope Cruz, Nicole Kidman e tanti altri. Facci sognare… com’è stato lavorare con loro?

Per questa esperienza unica mi sono trasferita a Londra per circa 5 mesi e quel film mi ha cambiato la vita. Ricordo che è stata un’audizione molto complessa che ha selezionato 35 ballerini in tutto il mondo, io sono stata una delle poche italiane ad essere scelta per tutte le scene ballate e anche per un piccolo ruolo recitato all’interno del film. Lavorare con Attori di quel calibro mi ha dimostrato che più si è grandi e più si è umili. Abbiamo riso e lavorato insieme condividendo la forte emozione di essere diretti dal grande regista e coreografo di CHICAGO “ROB MARSHALL”. Ho avuto l’onore di partecipare a Coreografie che si tramanderanno di generazione in generazione come un testamento. 

Chi è invece Eleonora nella quotidianità, nella vita al di fuori del lavoro?

Semplicemente Mamma, moglie, ballerina e anche un po’ bambina! È strano auto descriversi ma dopo la quarantena questa intervista ha su di me un effetto terapeutico. Sono una sognatrice con i piedi ben piantati a terra, testarda, autoironica, sincera e sempre sorridente. I miei amici dicono che a volte, specialmente alla guida, sono un po' troppo romana ma nel ballo dicono molto sensuale. Fuori dal palco mi sento semplice e spontanea. Mi commuovo guardando un film, un tramonto o ascoltando un adagio, amo essere coccolata e corteggiata dai miei due uomini (mio Marito Humberto e mio figlio Liam). Adoro il mare e vincere a beach tennis! Credo nella teoria causa-effetto e mi piace comunicare con l’universo, cerco di vedere sempre il buono nelle persone anche quando sembra non essercene. Mi piace passare il mio tempo in famiglia e con gli amici. Credo nelle altre vite e per questo apro il mio cuore alla gratitudine in questa che sto vivendo. 

Come ben sai Noi siamo alla ricerca di “Professionisti Geniali” e Tu lo sei al 100%. Sei una donna in di spettacolo con una grande passione per la natura e soprattutto per gli animali, ti abbiamo definita: ”La prima ballerina della Tv, una principessa come Biancaneve”. Da quando eri bambina allevi e convivi con i “passerotti” liberi di volare per casa, ti seguono, ti ascoltano, avete un rapporto unico! Ci parli di questa meravigliosa armonia con queste splendide creature, com’è nata?

Sono lusingata e onorata ma non mi ritengo geniale, semplicemente sono un’amante degli animali Questo dono mi è stato tramandato da mia nonna e da mia madre che avevano salvato e addomesticato due passerotti, addirittura volavano fuori e tornavano da soli a casa! Premetto che solo in casi eccezionali vanno presi ed aiutati per poi tornare in libertà, io ho sempre lasciato loro la scelta lasciando la finestra aperta ma la mia “Furia” (il nome del mio passerotto) ha sempre scelto di rimanere, ha scelto l’amore alla libertà. I passerotti non sono animali domestici nascono per essere liberi e sopravvivono mediamente 3 anni, la mia furia pensate che era caduta dal nido, salvata dalla bocca di un gatto e ha vissuto in casa con tre cani! Era la mia amica fedele e come con il pappagallo li ho sempre tenuti liberi di volare in casa, odio l’idea degli animali in gabbia. Il nostro rapporto è diventato più forte quando una mattina trovandola quasi morta l’ho portata in una clinica per animali selvatici, il dottor Tommaso Collarile mi ha detto che aveva un ovetto nella pancia, alcune volte in natura le femmine muoiono proprio perché formano uova non fecondate e il loro apparato riproduttivo non riesce ad espellerle fino ad arrivare alla peritonite. Non c’era tempo decidemmo per un cesareo in microchirurgia. Mentre era sotto i ferri io meditavo e pregavo per lei, contro ogni aspettativa riuscì a riprendersi e da lì nacque il nostro grande amore. Eravamo inseparabili, tutti i giorni le davo le cure e le praticavo il reiki per farla rilassare e lei si addormentava tra le mie mani tornando poi a svolazzare felice! Dopo 8 anni abbandonò questa dimensione lasciando un grande vuoto ma tanto amore. Io cerco di trasmettere a mio figlio Liam il rispetto per questi sacri animali che io ritengo spiriti guida capaci di sorvolare le debolezze umane. 

Video Watch di Facebook: “Eleonora Scopelliti e Furia Romantica”

https://www.facebook.com/eleonora.scopelliti.5/videos/4446212846160/

Ci racconti qualche episodio divertente legato alla tua passione e alla gestione di questi meravigliosi volatili?

Durante un viaggio verso la puglia con  la pappagallina  Cocò, la passerotta Furia e il passerotto Astro abbiamo evitato strategicamente un posto di blocco perché era l’ora della merenda e gli uccellini erano tutti e tre liberi nel veicolo accoccolati sulle nostre spalle, la nostra paura non era solo quella di poter essere multati ma più che altro quella di aprire i finestrini per fornire spiegazioni e documenti!

Video Watch di Facebook: “Eleonora Scopelliti e Passerotta Viziata”

https://www.facebook.com/eleonora.scopelliti.5/videos/4388437001800/ 

L’amore per gli animali e la spiritualità inoltre sono due passioni che coltivi, la tua sensibilità, non solo come artista ma anche come donna e mamma, ti accompagna da sempre, in che modo e perché?

Credo che dobbiamo sempre seguire quello che ci fa stare bene con noi stessi, con gli altri e con l’ambiente intorno a noi. Ogni tanto sento il bisogno di entrare in connessione con l’universo attraverso la meditazione e provo a distaccarmi dalla realtà, alla ricerca della felicità. Mi piace giocare a beach tennis, uno sport che coltivo da anni, uno sfogo all’aria aperta che mi trova spesso vincitrice e la mia arma segreta… i colpi efficaci a passo di danza che distraggono l’avversario! Ho desiderato tanto diventare mamma e quando avevamo quasi perso le speranze è arrivato il sole nella nostra vita “Liam” ed è aspettando lui che ho deciso di creare DolcegraviDanza, dolci danze con la pancia e con il piccolo in fascia da condividere con le mamme che come me volevano sentirsi in forma e in armonia con il proprio bambino.

I tuoi prossimi progetti? Dove ti vedremo in teatro o in televisione?

Sono attualmente impegnata in un progetto televisivo di cui non posso ancora dare anticipazioni, in una veste molto divertente. La situazione artistica post Pandemia è abbastanza grave ma spero di tornare presto in teatro dove ho lasciato diversi progetti in stand by: gli spettacoli legati al tango ed eventi di formazione come Show Village2020 un week and di formazione e relax che coinvolge i giovani in un fantastico show presso il garden toscana resort. Durante la quarantena ho lavorato inoltre alla realizzazione di un videoclip musicale “BODY TO BODY” Papik Feat. Frankie Lovecchio with Soultrend Orchestra che uscirà a breve sul web. A settembre riprenderò i miei corsi di danza EleDance (per bambini e adulti)  allo di Studiolab23 e allo Sporting Club Tuscolano di Roma. Il mio progetto più grande è quello di essere felice, in salute e di tramandare il mio amore per la danza!

«La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile. Le qualità necessarie sono tante. Non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza.» chi disse questa parole fu Carla Fracci. Cos’è e cosa rappresenta per te la danza, e la danza classica in particolare? Cosa serve per diventare una grande ballerina e avere successo nei palcoscenici più importanti del mondo?

La danza è il mio modo di raccontarmi, la mia filosofia di vita, la mia storia d’amore infinita e il mio modo di comunicare emozioni là dove le parole non possono arrivare. Il mio lavoro a volte mi ha fatto male ed altre mi ha resa felice, alcune volte la danza l’ho odiata ma poi ringraziata e ritrovata, fa parte di me, mi fa sentire viva e mi fa essere ELEONORA. Per chi volesse intraprendere la carriera del ballerino il mio consiglio è lottare, cadere e riprovare e non sentirsi mai arrivati. Credete sempre nel vostro potenziale con umiltà apprezzando anche le critiche fondamentali per crescere. Allenare e rispettare sia corpo che spirito senza dimenticare che danziamo ciò che siamo, guardare gli altri con competizione costruttiva. Non bisogna mai aver fretta di arrivare ma bensì avere una ricerca costante lungo il percorso. Ricordarsi che prima di specializzarsi nello stile di danza che più ci appartiene bisogna assimilare la tecnica e acquisire le basi che ci permetteranno di spaziare da uno stile all’altro valorizzando il nostro bagaglio formativo. La danza è una sfida continua e rappresenta una fonte inesauribile di arricchimento personale.

Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre film da vedere quali consiglieresti e perché?

“Il Sesto senso” un thriller paranormale attraverso il quale il regista riesce a far crollare le nostre certezze giocando sul filo della suggestione; “The Truman Show” perché ci mostra come a volte la realtà che crediamo su misura per noi non risponda veramente alle nostre aspettative, non dobbiamo accontentarci e lasciarci manipolare ma dobbiamo agire e avere il coraggio di cambiare le cose; “Billy Elliot”, un film attraverso il quale si comprende che la vera sfida è con noi stessi, che non dobbiamo lasciarci sopraffare dagli eventi ma bensì lottare per quello in cui crediamo Perseverare e non smettere mai di sognare.

Tre libri da leggere assolutamente, quali consiglieresti e perché proprio questi?

La lettura ci offre nuove prospettive e alimenta il cammino verso le nostre più alte aspirazioni. Molte Vite Molti Maestri di Brian Weiss, l’ho letto in un momento particolare della mia vita in cui avevo perso una persona cara e mi ha fornito la chiave per rialzarmi. Lo consiglio perché apre nuovi scenari sulla nostra visione della vita dopo la morte una storia vera. Le Pagine della Nostra Vita di Nicholas Sparks, commovente e romantico: Un anziano legge la storia della loro vita alla sua amata moglie malata di Alzheimer, lo consiglio perché dimostra che l’amore ha memoria e ha il potere di sopravvivere alla malattia e alla morte; Corpo che pensa mente che danzadi Jerry Linch, consigliatomi a 15anni dal mio maestro di danza contemporanea Massimo Moricone. Mi ha insegnato che soltanto l’equilibrio tra corpo mente e spirito può consentire di entrare in armonia con se stessi attraverso la danza. Una lettura che aiuta ad affrontare la paura di fallire e a prepararsi al successo affrontando le sfide come opportunità.

Qual è il tuo sogno nel cassetto che ti senti di rivelarci?

Al momento vista questa pandemia l’ho chiuso a chiave! Scherzo! Sinceramente in questo particolare periodo storico che ci ha messi tutti in discussione e a dura prova la mia prima priorità futura è quella di veder crescere felice e in salute mio figlio, sogno un mondo migliore che possa  garantirgli i mezzi e gli strumenti necessari per andare incontro al suo avvenire con speranza.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Sulle mie pagine sempre aggiornate eledance e sul mio sito blog www.eleonorascopelliti.com.

Prima di salutarci ecco la nostra domanda di rito: “Che cos’è per Te la genialità”?

Ritengo sia geniale saper guardare oltre con semplicità, vedere soluzioni là dove altri riescono a vedere solo problemi. Nel mio lavoro la genialità sta nella fantasia, nell’intuizione e nell’empatia. “I geni vivono la stessa vita delle persone comuni ma le danno un altro significato” Cit. Daniele Luttazzi.

Grazie Eleonora e “Balla la Vita perché Tu sei la Musica”.

Roberta e Andrea

Eleonora Scopelliti

https://www.eleonorascopelliti.com/

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https://www.instagram.com/eleonorascopelliti/

 

Roberta Cannata

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https://www.instagram.com/robycannata1/

Foto Roberta Cannata

 

Andrea Giostra

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https://andreagiostrafilm.blogspot.it 

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Foto Andrea Giostra

Polignano a Mare, XIII Festival artistico-musicale PerSe Visioni dal 18 al 20 agosto

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L'Associazione di Promozione Sociale Bachi da Setola presenta la XIII edizione del Festival artistico-musicale PerSe Visioni - Art Factory, dal 18 al 20 agosto 2020, a Polignano a Mare (Bari).

Anche quest’anno, saranno i luoghi caratteristici di Polignano a Mare quali il Palazzo San Giuseppe, nel cuore del suggestivo borgo antico, e gli spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, museo di arte contemporanea situato all’interno di un edificio storico, costruito agli inizi del ‘900, a ospitare gli eventi della manifestazione, che si articolerà in tre serate.

La prima serata, che avrà luogo martedì 18 agosto, aprirà la XIII edizione di PerSe Visioni presso il Palazzo San Giuseppe, nel centro storico di Polignano a Mare, con la presentazione, alle ore 18.30 e in replica alle ore 21.00, delle performance finali del corso di composizione coreografica e produzione ideato e organizzato da CorpiSmossi e condotto dalla coreografa e performer Lisa Masellis (QuaLiBò). Sogno, interiorità, amore e dialogo sono alcuni degli ambiti di ricerca attraversati dalle partecipanti in questo viaggio compositivo. Il corso, svoltosi da gennaio ad agosto di quest’anno, si è rivolto a danzatori, performer, attori, con l’obiettivo di approfondire il processo di composizione e di sperimentarsi non solo come interpreti ma anche come autori di un proprio progetto coreografico.

La disponibilità di posti è limitata al fine di garantire il rispetto delle norme di sicurezza anti covid-19 e tutelare la salute di tutti; per partecipare all’evento, dunque, è richiesta la prenotazione all’indirizzo workshop@bachidasetola.it

La seconda serata, che si svolgerà mercoledì 19 agosto, prevede un doppio appuntamento: alle ore 20.45, negli spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, sarà possibile assistere ad alcuni interventi performativi di danza contemporanea e teatro-danza. A seguire, alle ore 21.30, nella stessa location, sarà proiettato il film Se c’è un aldilà sono fottuto. Vita e cinema di Claudio Caligari, regia di Simone Isola e Fausto Trombetta, della durata di 105’. Il film, realizzato nel 2019, intende – come dichiarano i registi – “riflettere sul percorso di un autore coerente con le proprie idee di cinema e di vita, geloso delle sue convinzioni, intransigente anche con se stesso, che ha riversato la sua personalità nelle poche opere che è riuscito a realizzare con quella libertà espressiva che riteneva inderogabile”. Il film, candidato al David di Donatello per il miglior documentario, è stato presentato alla 76ª edizione della Biennale di Venezia nell’ambito del Premio Venezia Classici per il miglior documentario sul cinema.

Al termine della proiezione, si terrà un talk con il regista e produttore Simone Isola.

La disponibilità dei posti è limitata e vincolata alla prenotazione, da inoltrare all’indirizzo info@bachidasetola.it. Ingresso entro e non oltre le ore 20.45 (superato tale orario, la prenotazione non sarà più valida e i posti non occupati saranno redistribuiti).

Chiude la manifestazione il doppio appuntamento della serata di giovedì 20 agosto, che proporrà, negli spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, alle ore 21.00, PV 13 - Short Films Exhibition, proiezione della selezione dei cortometraggi nazionali e internazionali, scelti dalla regista Alina Marazzi, con la partecipazione di Apulia Film Commission, Milano Film Festival e Click for Festivals e, alle ore 22.00, dopo la proiezione, il concerto di musica alternative/psychedelic, ricca di sonorità jazz e afro, dell’ensemble milanese Al Doum & The Faryds

Il numero dei posti è limitato; la prenotazione, da effettuare inviando un’email all’indirizzo info@bachidasetola.it, consente la partecipazione a entrambi gli eventi, prendendo posto entro le ore 20.45.

Il programma dettagliato della manifestazione.

PerSe Visioni – Art Factory è realizzata con il patrocinio della Regione Puglia – Assessorato al Mediterraneo Cultura e Turismo, del Comune di Polignano a Mare e del Teatro pubblico pugliese e si avvale della partnership di: Apulia Film Commission, Milano Film Festival, Fondazione Museo Pino Pascali, Tecnologia Filosofica, Residui Teatro, QuaLiBò – visioni di (p)arte, CrunchEd.

Alla manifestazione hanno partecipato, nel corso degli anni, artisti, musicisti, performer del calibro di Paolo Rosa del collettivo milanese Studio Azzurro, Alina Marazzi, John De Leo, Flavio Boltro, Fortuna Todisco, Andy + Fluon, C'mon Tigre, Jhon Montoya, Waldeck, Elli de Mon, Oscar Simonsson & Koop Orchestra, Diego Mancino, Fabrizio Puglisi, Agostino Ferrente, Bartolomeo Migliore, European Jazz Trio, Zevinipim, Compagnia Tecnologia Filosofica, Paolo Baroni, Martinicca Boison, The Bumps, Leland Did It, Animanz & Juanita Euka, Baiuca.

Bachi da Setola è un'associazione di promozione sociale, nata a Polignano a Mare come associazione culturale impegnata nella creazione di eventi artistico-culturali e musicali capaci di coinvolgere il territorio. Ispirata al titolo di un'opera di Pino Pascali – artista di origini pugliesi che nel 1968 realizza i Bachi da setola – l'Associazione è attiva a Polignano a Mare da oltre dieci anni con workshop, manifestazioni ed eventi di profilo culturale e sociale. Obiettivo principale dell’associazione è la promozione della partecipazione attiva dei giovani ai processi di sviluppo del contesto sociale di appartenenza, anche mediante l’acquisizione di competenze professionali. Bachi da Setola collabora inoltre con realtà associative locali, nazionali e internazionali, al fine di comprendere le potenzialità dell’arte, intesa come veicolo e linguaggio in grado di rappresentare le mutazioni sociali in atto. Tra le sue principali iniziative: PerSe Visioni, La Fabbrica dei Giochi, Conversazioni Filosofiche, Cineforum, RadioBachi, GeologicaMente, Conversazioni Scientifiche. Vincitrice del bando Luoghi Comuni, l'Associazione sta partecipando alle fasi di co-progettazione, al termine delle quali proporrà al territorio un ampio ventaglio di attività e proposte artistiche, culturali e didattiche.

Info:

PerSe Visioni 2020 – XIII Edizione

dal 18 al 20 agosto 2020

presso Palazzo San Giuseppe e spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare (Bari)

La partecipazione agli eventi è gratuita.

Prenotazioni obbligatorie agli indirizzi workshop@bachidasetola.it (eventi del 18 agosto) e info@bachidasetola.it (eventi del 19 e 20 agosto)

BACHI DA SETOLA

Via Parco del Lauro 38 - 70044 Polignano a Mare (Bari) - ITALY

Phone: +39 339 7546205 | E-mail: info@bachidasetola.it

www.bachidasetola.it

PROGRAMMA PERSE VISIONI 13

MUSICA, ARTE E CINEMA A POLIGNANO A MARE (BARI)

18 AGOSTO

ore 18.30 > Palazzo San Giuseppe, Borgo antico (Polignano a Mare, Bari)

ore 21.00 > Palazzo San Giuseppe, Borgo antico (Polignano a Mare, Bari)

• Performance finali del corso di composizione coreografica e produzione ideato e organizzato da CorpiSmossi, condotto dalla coreografa e performer Lisa Masellis (QuaLiBò)

Posti limitati/prenotazione obbligatoria: workshop@bachidasetola.it

19 AGOSTO

ore 20.45 > spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare (Bari)

• Interventi performativi di danza contemporanea e teatro-danza

ore 21.30 > spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare (Bari)

• Proiezione del film Se c’è un aldilà sono fottuto. Vita e cinema di Claudio Caligari (2019), regia di Simone Isola e Fausto Trombetta, durata 105’

Posti limitati/prenotazione obbligatoria: info@bachidasetola.it

Ingresso entro le ore 20.45

20 AGOSTO

ore 21.00 > spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare (Bari)

• PV 13 - SHORT FILMS EXHIBITION

Proiezione della selezione dei cortometraggi nazionali e internazionali, scelti dalla regista Alina Marazzi, con la partecipazione di Apulia Film Commission, Milano Film Festival e Click for Festivals

Posti limitati/prenotazione obbligatoria: info@bachidasetola.it

ore 22.00 > spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare (Bari)

• Concerto di musica alternative/psychedelic degli Al Doum & the Faryds

Posti limitati/prenotazione obbligatoria: info@bachidasetola.it

Ingresso entro le ore 20.45

Info:

PerSe Visioni 2020 – XIII Edizione dal 18 al 20 agosto 2020 presso Palazzo San Giuseppe e spazi esterni della Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare (Bari)

La partecipazione agli eventi è gratuita.

Prenotazioni obbligatorie agli indirizzi workshop@bachidasetola.it (eventi del 18 agosto) e info@bachidasetola.it (eventi del 19 e 20 agosto)

BACHI DA SETOLA

Via Parco del Lauro 38 - 70044 Polignano a Mare (Bari) - ITALY

Phone: +39 339 7546205 | E-mail: info@bachidasetola.it

www.bachidasetola.it

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