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Riapre Palazzo Belmonte, una delle residenze principesche più ricercate d’Italia

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Un’oasi di lusso e bellezza dentro il respiro del mare.

Si posa in un angolo privilegiato fra l’antico borgo e il mare di San Marco di Castellabate. Il Palazzo Belmonte, con il suo splendido parco e la spiaggia privata riapre le sue suite, la piscina e le verdi terrazze affacciate sul golfo e sulla costiera amalfitana.
Direttamente sul mare, Palazzo Belmonte assicura la massima privacy e l’immersione in uno spazio privilegiato racchiuso tra i giardini fioriti e rigogliosi del parco e l’ampia spiaggia privata di sabbia fine, cui si accede da un passaggio riservato.
Il mare è quello dell’area marina protetta del Parco Naturale del Cilento, l’atmosfera è quella di uno dei Borghi più belli d’Italia e di un territorio dichiarato Patrimonio Unesco e a questa splendida cornice di naturale bellezza si aggiunge l’impeccabile accoglienza di Palazzo Belmonte. 
In questo periodo particolare e per assicurare il massimo comfort e la tutela di tutti i clienti, Palazzo Belmonte accetterà un numero limitato di ospiti per garantire ulteriormente un soggiorno esclusivo, maggiori spazi sulla spiaggia privata, nel parco, nelle aree di ristoro e un attenzione ancora più meticolosa e attenta da parte di tutto il personale del Palazzo. 
Una nota di brio nel cuore dell’Hotel arriva da Emilio, il barman di Palazzo Belmonte, solare, fantasioso e pieno di creatività, coccola e vizia i clienti con il sorriso di chi sa rendere speciale il semplice caffè e superbo un rilassante cocktail o drink nel lounge bar.
Il piacere di una permanenza a Palazzo Belmonte si può gustare anche al pool bar, dove si servono durante il giorno piatti freddi e insalate accompagnate dalla regina del Cilento, la mozzarella di bufala Dop, scelta fra le migliori del territorio. 
Palazzo Belmonte è un’antica dimora nobiliare che racchiude all’interno della sua imponente cinta muraria un’affascinante storia iniziata quattrocento anni fa quando, per volontà della famiglia del Principe Angelo Granito Pignatelli di Belmonte, venne eretta e usata come residenza estiva e di caccia, dove molte volte i re di Spagna e d’Italia furono ospitati. 
Il Principe di Belmonte, che vive tuttora in un'ala privata del Palazzo, ha restaurato questa antica dimora aristocratica e l’ha convertita in un lussuoso e raffinato hotel a quattro stelle, conservando le sue caratteristiche originali e rispettando l'architettura elegante ed armoniosa del passato. 
Il Palazzo vanta una posizione unica, situato in un angolo tranquillo ed incontaminato a ridosso della Costiera Amalfitana, si affaccia direttamente su uno dei mari più belli e cristallini del Mediterraneo, a poca distanza dall’incantevole borgo di Castellabate, Patrimonio mondiale Unesco.
La struttura dispone di quarantotto spaziosi alloggi, tra cui splendide suite e gli eleganti appartamenti dotati di un fascino dal sapore antico, che offrono suggestive vedute con scorci panoramici sul mare. La tenuta inoltre dispone di piscina, e spiaggia privata e attrezzata da cui si accede tramite una  piccola porta "segreta” ai confini del parco.
L’antica dimora è un vero paradiso, immerso nei suoi due ettari di parco, circondato da giardini lussureggianti, offre un ambiente tranquillo e riservato tra alberi di arance e limoni, fiori di ibisco, oleandri, rose e gelsomini in una profusione di buganvillee che si arrampicano sulle antiche mura.

BREVE SCHEDA TECNICA

Stagione 2020: apertura 17 luglio
Contatti: T. +39 0974960211 | info@palazzobelmonte.com– ww.palazzobelmonte.com
Distanze: Roma 320 km; Napoli 120 km;Salerno 65 km; Agropoli 15 km.

Servizi:  ristorazione, appetizing dishes, snack bar, bar, concierge, deposito bagagli, reception 24 ore su 24, Staff multilingue, parcheggio, piscine, servizi benessere, spiaggia privata

Animali non ammessi



Vincenzo Bocciarelli e il suo 1° libro “Sulle ali dell’arte”: vi ho trovato rifugio dal caos e dall’isolamento. L'intervista

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«“Sulle ali dell’arte” è soprattutto occasione di spunto, di riflessione su questo grande passaggio epocale che stiamo attraversando… una spinta e un incoraggiamento a non farsi sopraffare dalle paure» di Andrea Giostra
Ciao Vincenzo, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Come stai e come hai passato da artista questi mesi di Covid-19?
Grazie dell’invito e grazie per il “come stai?”. Non siamo quasi più abituati a chiedercelo. Durante la lunga permanenza, oltre a tutto quello che ti andrò a raccontare, spesso mandavo messaggi ai miei numerosi contatti e conoscenze per sapere come stessero. La tempesta nella quale ci siamo trovati avvolti ha talvolta rafforzato i rapporti umani e talvolta disintegrati. Dobbiamo ancora riprenderci... Io fortunatamente sono salito sulle ali dell’arte con il mio Bocciarelli Home Theatre e ho trovato rifugio dal caos e dall’isolamento, che altrimenti mi avrebbe disintegrato.
“Bocciarelli Home Theatre”è stata la produzione che come artista, in un certo qual modo, ti ha “liberato” da una clausura di stato subita da tutti gli italiani. Ci racconti come è nato questo progetto artistico e come lo hai strutturato nelle tantissime puntate che hai realizzato sinora? 
Per prima cosa mi sono liberato da ogni forma di pregiudizio nei confronti del mezzo interattivo e social che spesso noi attori, che veniamo dalla TV ufficiale e dal cinema o dal teatro impegnato, tendiamo ad avere. Con grande umiltà, impegno e organizzazione, ho trasformato la mia casa in un vero e proprio set; ovviamente con i mezzi di cui potevo disporre i quei giorni di total lockdown. Dal 10 marzo non mi sono più fermato e come un acrobata dell’anima, così mi chiamano oramai le mie bocciarellianee bocciarelliani, sono volato a perlustrare e così far vivere il mondo del teatro, della poesia e della pittura, il tutto con una grande leggerezza e solarità. Il sorriso e la voglia di far star bene il pubblico sono state le mie armi vincenti. 
Quali sono stati, in oltre 60 puntate che hai già realizzato, le cose belle e le cose brutte di questi appuntamenti quotidiani? 
Le cose belle sono state le occasioni nelle quali mi sono commosso in diretta, cosa che non mi era mai capitata prima. Mi sono messo a nudo come del resto nel libro che ne è nato. Le cose più spiacevoli sono state le saltuarie connessioni ballerine. Ma anche questo fa parte del brivido della diretta. 
Raccontaci una cosa divertente che hai vissuto onlinecon i tuoi ammiratori e spettatori, e una cosa che invece ti ha dato fastidio, per certi versi spiacevole. 
Un momento su tutti è stato quando mi è venuta l’idea di invitare gli spettatori a scrivermi brani, pensieri e poesie: si è scatenata una vera e propria gara a chi mandava più scritti e l’emozione di leggerli in diretta. Altri momenti divertenti sono state le cadute dal vivo delle mie scenografie improvvisate, ogni tanto qualche quadro è cascato. In questi mesi ho messo sotto sopra la mia povera casa, rompendo di tutto vasi, piatti, portaceneri per non parlare dei testi, copioni e libri sparsi in ogni dove. Non riesco a ricordare episodi spiacevoli o negativi. Tendo a dimenticare le cose brutte o a trasformarle in pietre di travertino luminescenti.
Se dovessi fare un primo bilancio, quali sono e quali sono stati i punti di forza e quali quelli di debolezza di questa tua “homemade production”? 
Il successo di questi formatè stato sicuramente nel fatto di essere stato il primo ideatore di un format del genere. Dove si potessero incontrare la parola, la poesia con la pittura. Un dialogo d’arte. Ho provato finalmente un grande senso di libertà nel poter esprimere tutto me stesso. Il vero Vincenzo, andando in profondità. Ho messo da parte le mie paure, le mie incertezze e mi sono lanciato con la consapevolezza che ne sarebbe nato un successo, addirittura una pubblicazione. E così è stato. Volere è potere. Il mio motto da sempre. Un aspetto un po’ negativo forse è stato quello di aver fatto tutto da solo. Mi è mancato il poter condividerlo con un compagno o compagna di scena, di avventura ma talvolta è vero che chi fa per sé fa per tre. L’esperienza insegna. (ride) 
Stai pensando ad una sua evoluzione/prosecuzione?
Certamente, ormai sono come quei giocattoli a molla... E chi mi ferma più. Aspetto solo che il direttore di Rai, uno Stefano Coletta, uomo colto e preparato della TV di stato, mi noti e mi recluti da mamma Rai. Mi sento come una Ferrari che sta scaldando i motori. 
Il tuo libro d’esordio letterario, “Sulle ali dell’arte”, è frutto di questa esperienza artistica. Ci racconti come è nata l’idea e quale il messaggio che vuoi che arrivi a chi leggerà il tuo libro? 
Sono molto orgoglioso del risultato che si è sviluppato da tutto questo faticoso e intenso percorso. Non posso negare che sia stato estremamente impegnativo passare dalle dirette, la preparazione, i quadri realizzati live e soprattutto la tensione emotiva nell’assistere a tutto ciò che stava accadendo in torno a noi. Durante una delle prime dirette, Giuseppe de Nicola, presidente di Accademia Edizioni Eventi, mi ha contattato e chiesto di raccontare l’esperienza del Bocciarelli Home Theatre e non solo, in una sorta di diario. Un filo rosso dettato dall’arte e introspezione umana. In passato avevo collaborato come ghost writerper diversi progetti letterari ma mai avrei pensato di lanciarmi io stesso in prima persona nel mondo degli autori. Probabilmente era arrivato il momento di vincere le mie titubanze e le mie paure. 
Chi è il lettore che hai avuto in mente mentre lo scrivevi? 
Ho pensato molto a Dante Alighieri e alla celebre frase che è l’esemplificazione del dolce stil novo: scrivi ciò che il cor ti detta dentro. E molto ho pensato a Virgilio e alla sua personalità magica. 
Una domanda difficile Vincenzo: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Sulle ali dell’arte”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo. 
Perché chi mi conosce e mi segue da sempre sa che sono un attore, un artista onesto. Nel senso che da sempre ho messo in pratica i precetti dell’onestà intellettuale e umana. E questo, immodestamente, si riflette su tutto ciò che vado a fare, creare. “Sulle ali dell’arte”è soprattutto occasione di spunto, di riflessione su questo grande passaggio epocale che stiamo attraversando. Vuole essere altresì una spinta e un incoraggiamento a non farsi sopraffare dalle paure, dal buio ma allenarsi a scoprire e riscoprire la gioia del vivere, anche nelle piccole cose. Solo l’arte e la fede possono davvero aiutarci a sopravvivere ad una pandemia. 
C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa tua prima opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente? 
Voglio ringraziare il mio pubblico meraviglioso che mi ha incoraggiato giorno dopo giorno e che non mi ha mai abbandonato. Ringrazio di cuore anche tutti coloro che nella vita mi hanno chiuso le porte in faccia o mi hanno snobbato perché se non fosse stato per loro oggi non avrei sviluppato tutta questa forza e determinazione. E a proposito di questo, ringrazio Dio per avermi messo al mio fianco un meraviglioso Angelo custode ed altri che ho, soprattutto in questo periodo, incontrato lungo il mio cammino. 
Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori? 
Ovviamente saluto tutti invitandovi a correre in Libreria e saltare “Sulle ali dell’arte”, ho un grande desiderio di farvi compagnia ed entrare nei colori dei vostri sogni. Che io sia sul comodino o sotto l’ombrellone, il vostro Vincenzo come lo spirito dell’aria Ariel, vi accompagnerà sempre avvolgendovi di una meravigliosa luce. Felice vita a tutti!

Vincenzo Bocciarelli

Il libro:

Andrea Giostra



In questa casa, nuovo singolo di Carl Anthony Lorenz, pseudonimo del cantautore e polistrumentista vicentino Lorenzo Carlana

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È uscito in digitale e in radio “In questa casa” (ascolta su Spotify), il nuovo singolo di Carl Anthony Lorenz, pseudonimo del cantautore e polistrumentista vicentino Lorenzo Carlana.
Il brano, scritto dallo stesso Carl e prodotto artisticamente da Alessandro Alosi (Il Pan del Diavolo, Alosi), sarà accompagnato dal videoclip, in uscita a breve.
Il cantautore vicentino racconta così la sua nuova canzone (registrata al Downtown studio di Pavia): “‘In questa casa’ parte dalla domanda ‘ma cos’è davvero casa?’ Una volta tornato da Tokyo questa domanda mi balenava in testa ed è stata questa l’origine di tutto. Una domanda però che è seguita subito da un’altra: ‘ma questa è ancora casa se lei non c’è?. Il brano è stato ultimato con Alessandro Alosi alla produzione che ha aggiunto al brano una potenza tipicamente rock con riferimenti sonori ispirati a gruppi come Arctic Monkeys, Black Keys e Stereophonics.”

Carl Anthony Lorenz (voce e chitarra) è stato accompagnato da Luca di Blasi (chitarra solista), Andrea Merlo (basso), Filippo La Marca (tastiere e Synth) e Emanuele Alosi (batteria).

Carl Anthony Lorenz, pseudonimo di Lorenzo Carlana, è un cantautore e polistrumentista vicentino. Alle superiori inizia ad avvicinarsi al mondo della musica fondando la sua prima cover band dove canta e suona il basso. Nel 2009 per un breve periodo è cantante del gruppo Virtual Time. Tra il 2009 il 2013 suona la chitarra nei Nitro’s Corp gruppo punk-pop dove è anche autore delle canzoni. Dal 2016 Carl entra nel progetto Marco Angelo – the Hooded guitar iniziando come fonico diventando poi tastierista. Con questo progetto esce un album supportato da tournèe in Giappone e Regno Unito. Nel 2018 inizia il suo progetto solista pubblicando “Vento” e l’anno seguente “Non mi perdo un attimo”, quest’ultima canzone ha all’attivo 200 passaggi in radio.

Link Social: spotify https://spoti.fi/2K8t05l  - facebook http://bit.ly/2wfNuTO
Link per download digitale: deezer http://bit.ly/2DGgQ3e  - tidal http://bit.ly/2DrkahA

Forlì, mostra fotografica "Essere Umane" curata da Walter Guadagnini apre Festival del Buon Vivere 2020

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Essere Umane: le grandi fotografe raccontano il mondo: da Dorothea Lange a Annie Leibovitz: cento anni di fotografia al femminile.

Si intitola “Essere Umane” la mostra fotografica del ciclo Mostre del Buon Vivere  - curata da Walter Guadagnini - che inaugurerà ai Musei di San Domenico di Forlì il prossimo 28 novembre come evento di apertura del Festival del Buon Vivere 2020.  
Tra le oltre 250 fotografie in mostra, si possono segnalare sin d'ora le leggendarie immagini di Lee Miller nella vasca da bagno di Hitler, la strepitosa serie delle maschere di Inge Morath, realizzata con Saul Steinberg, gli iconici volti dei contadini durante la Grande Depressione di Dorothea Lange, il sorprendente servizio di Eve Arnold su una sfilata di moda ad Harlem negli anni Cinquanta e i rivoluzionari scatti di Annie Leibovitz per una epocale edizione del Calendario Pirelli. 
 
Un viaggio per immagini nell’evoluzione del linguaggio fotografico mondiale, con una specifica attenzione allo “sguardo femminile”, a partire dagli anni Trenta del Novecento, quando grazie all’affermazione delle prime riviste illustrate la fotografia è diventata il principale linguaggio della comunicazione contemporanea.  
In mostra, dunque, sarà possibile seguire questa evoluzione attraverso i grandi reportage di guerra e i cambiamenti dei costumi sociali, la ricostruzione post-bellica e le questioni di genere, l’affermarsi della società dei consumi e l’osservazione del ruolo della donna nei paesi extra-occidentali. 
 
"Abbiamo voluto - dichiara Guadagnini -  creare una mostra che per ampiezza di orizzonte e qualità delle autrici possa posizionarsi tra le più importanti rassegne dedicate alle fotografe di tutto il mondo. Le autrici - prosegue il curatore - che con i loro scatti hanno raccontato l'ultimo secolo con immagini di un Buon Vivere praticato ma anche spesso negato" 
 
 
Tre sono le sezioni temporali che compongono la mostra: 
 
Dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, all’interno della quale vengono affrontati temi cruciali come quello della grande crisi economica statunitense degli anni Trenta, la tragedia della seconda guerra mondiale e la successiva ricostruzione,   eventi testimoniati dagli sguardi delle americane Dorothea Lange, Margareth Bourke-White, Berenice Abbott, Lee Miller, Lisette Model e Ruth Orkin, e delle europee Tina Modotti, Giséle Freund e Inge Morath. 
 
Dagli anni Sessanta agli anni Ottanta il focus si concentra sui grandi rivolgimenti sociali e di costume, la guerra del Vietnam, l’affermazione della società dei consumi, la mafia e le questioni di genere, che hanno caratterizzato il periodo. In alcuni casi, le artiste non si sono limitate a essere testimoni ma sono state anche protagoniste attive di tali rivolgimenti. Tra le presenze, si citano Susan Meiselas, Eve Arnold, Annie Leibovitz, Diane Arbus, Lisetta Carmi, Carla Cerati, Dayanita Singh, Graciela Iturbide, Paola Mattioli, Claudia Andujar.   
 
Negli ultimi anni del Ventesimo secolo e i primi del Ventunesimo il viaggio si concentra infine sull’emersione e sull’affermazione di tutte quelle culture extra-occidentali che acquistano nel periodo una centralità prima sconosciuta e che portano con sé anche tutta una serie di questioni relative al ruolo femminile all’interno dei diversi contesti socio-culturali ed economici. Qui le protagoniste sono fotografe africane come Zanele Muholi, asiatiche come Cao Fei, iraniane come Shadi Gadhirian o Natasha Tavakolian, europee come l’italiana Silvia Camporesi, la ceca residente in Germania Jitka Hanzlova e la giovanissima russa Nanna Heitmann, un’europea che vive in Sudamerica come Cristina De Middel, proprio a rimarcare la specificità di questo momento storico, e come esso si rispecchi nella ricerca fotografica contemporanea. 
 
Si rinnova la tradizione delle mostre fotografiche che la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì ha inaugurato con nel 2015 con Steve McCurry, proseguendo l’anno seguente con Sebastiao Salgado, poi Elliott Erwitt, Ferdinando Scianna e con l’appena conclusa mostra “Cibo”, che ha visto nuovamente protagonista McCurry, richiamando complessivamente a Forlì oltre 200.000 visitatori. Un percorso di immagini che ha accompagnato, aprendolo, il Festival del Buon Vivere, la kermesse che mette al centro il significato profondo del buon vivere, dal punto di vista dell’economia etica, bene comune, uguaglianza, giustizia, innovazione responsabile, sostenibilità e cultura e che quest’anno avrà come tema centrale la parità di genere. 
La mostra prosegue un percorso narrativo e artistico che attraverso la bellezza, l’emozione, la forza irripetibile e l’incisività della fotografia d’autore promuove e sensibilizza sui temi del buon vivere. Il progresso sociale, la relazione, l’equità e lo sviluppo durevole.    
 
“Essere umane” è una mostra curata da Walter Guadagnini, ideata e realizzata in collaborazione con Monica Fantini e Fabio Lazzari. La mostra è promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì ed è organizzata dalla società strumentale della Fondazione ‘Civitas srl’. 
 
Walter Guadagnini è da anni attivo sulla scena nazionale e internazionale, attraverso un’attività che spazia dall’insegnamento alla scrittura all’organizzazione e alla cura di mostre. È titolare della cattedra di Storia di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove insegna dal 1990. Ha pubblicato “Una storia della fotografia del XX e del XXI secolo” da Zanichelli nel 2010 ed è ideatore e curatore di una collana di storia della fotografia edita da Skira in 4 volumi dal 2011 al 2014, dal titolo “la Fotografia”. È direttore di CAMERA, il Centro Italiano per la Fotografia che si trova a Torino. 
 
ESSERE UMANE  
Complesso Museale di San Domenico Forlì 
Da sabato 28 novembre 2020 fino a sabato 20 febbraio 2021 
tutti i giorni dalle 10 alle 19,30 esclusi i lunedì e il 25 dicembre 
aperture straordinarie lunedì 23 e 30 dicembre e il 6 gennaio 
 

The Renaissance of Performing Arts, dal lockdown alla ripresa. Un racconto fotografico di Luca Vantusso

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Dal lockdown alla ripresa. Un racconto fotografico in cui la Moda diventa strumento narrativo. 

Si chiama "The Renaissance of Performing Arts" il progetto nato da un'idea di Luca Vantusso, noto fotografo di Scena che dopo il lockdown ha sentito l'esigenza di raccontare a suo modo uno dei momenti più unici degli ultimi decenni: la ‘vita sospesa’ del lockdown, la sofferenza delle Arti dello Spettacolo e la costrizione al mutismo dell’arte che, invece di portare gioia e sollievo alle anime in un periodo di stop forzato, è stata messa in stand by, in attesa di tempi migliori.
Ma il Teatro, la Danza e la Musica non possono non esprimere la loro arte e la loro creatività, ed è per questo che raccontano, e continueranno a raccontare con il loro linguaggio, la Fase 1 e Fase 2 di un periodo storico che ha cambiato la vita di tutti. 
Luca Vantusso (www.lkv.photo), che nella sua carriera ha immortalato molti personaggi di rilievo del mondo del Teatro Musicale, della Danza e della Musica, ha voluto portare all’attenzione del pubblico questa realtà attraverso l'obiettivo della sua macchina fotografica, cercando di dare voce con questo lavoro a tutti gli operatori del mondo dello Spettacolo. 
Il progetto prevede un percorso realizzato con immagini di forte impatto che testimonino proprio le difficoltà e il disagio sofferto dalle Arti dello Spettacolo in seguito all’emergenza COVID-19, in particolare dal mondo del Teatro, della Danza e della Musica attraverso tre protagonisti eccellenti di queste realtà che hanno, con entusiasmo, preso parte al progetto: Virna Toppi, prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano e prima ballerina al Bayerisches Staatsballet di Monaco, Riccardo Sinisi noto performer ora impegnato in CATS di Lloyd Webber a Vienna e Fabio Buonarota, importante musicista e tromba solista di Mario Biondi nel Tour internazionale. 
La storia viene esposta attraverso cinque “quadri” che immortalano i momenti salienti del racconto, scandendo l’evoluzione del percorso. I titoli, suggestivi ed emblematici, scelti per ciascun quadro sottolineano gli stati d'animo e la loro evoluzione:
La Costrizione e il Disagio; Il Risveglio e la Consapevolezza; La Forza e la Decisione; L'Energia e la Performance; La Gioia e la Ripresa.

Le scene iniziali del servizio vedono i protagonisti versare in uno stato di profonda apatia, di costrizione, ingabbiati e reclusi in abiti ingombranti e legati alla realtà dell’emergenza in atto, sofferenti per uno stato di immobilità che li spegne emotivamente.
Mano a mano che i quadri si sviluppano, i tre soggetti reagiscono, si spogliano dalle loro costrizioni, seguendo una coreografia che li porterà a liberarsi gradualmente da tutto questo, rimuovendo le vesti che li tengono prigionieri ed evolvendosi per affrontare la situazione che sta mutando, per arrivare al termine del percorso a mostrare la gioia per la ripresa, con il desiderio di tornare a vivere la propria professione e il proprio lavoro, esprimendo la creatività di cui sono capaci.
Un'evoluzione chiara in tutti gli scatti, a partire da quelli di Riccardo Sinisi. Il primo quadro lo ritrae vincolato da una maschera antigas e da una tuta in Tivek che lo isolano dal mondo esterno; dal secondo quadro la sua reazione è quella di spogliarsi di queste costrizioni e da quelle vesti claustrofobiche, sinonimi del periodo che tutti abbiamo trascorso. Nei quadri successivi l'amore per il suo lavoro lo aiuta a reagire e a ribellarsi, a muoversi, con un eleganza che si esprime appieno. Sostituisce quindi la maschera di protezione con una maschera di scena, che ora diventa maschera teatrale che sottolinea la ripresa, seppure lenta, del suo lavoro.
Virna Toppi la ritroviamo, invece, seduta e in un abito opprimente, con una mascherina che le copre il volto e che lascia scoperti solo gli occhi tristi, che non trattengono le lacrime. Nel timido risveglio viene ritratta con le scarpette da punta in mano, ma ha lo sguardo ancora spaventato. Tutto però cambia negli scatti successivi: c'è voglia di ricominciare e la grinta del suo look lo sottolinea, fino all’esplodere dell’energia vitale durante l’esibizione in un abito colorato che rappresenta la gioia di vivere. La felicità è tutta nell’ultimo scatto, con le scarpette e la borsa da danza per cercare di riprendere finalmente la vita normale di una ballerina, vestita con una sorta di tutù al contrario.
Fabio Buonarota invece è costretto da una mascherina a non dare fiato al suo strumento, rinchiuso in quella che potrebbe essere una casa che ne limita forzatamente i movimenti. Poi un timido risveglio, in piedi pronto per tornare alla sua vita. Una speranza che è presente anche nel terzo scatto quando il musicista guarda con fiducia la tromba. La vestizione e la precisione delle pose sottolineano la timidezza ma nel contempo la forza che viene utilizzata per riprendere il giusto cammino. Fino all'esplosione finale di una melodia senza tempo che riusciamo addirittura a sentire, e alla meritata soddisfazione che ne scaturisce sulla stessa poltrona della partenza.
Un modo di testimoniare e rendere noto a chi non le immagina le difficoltà che gli artisti dello spettacolo dal vivo hanno vissuto e ancora dovranno affrontare: talenti brillanti, riconosciuti in Italia e all’estero, che dobbiamo sostenere”ha spiegato il fotografo in un'intervista a Vogue.
I capi d’abbigliamento della Maison Koché, che ha condiviso con entusiasmo il progetto, e i capi e gli accessori di altri stilisti emergenti si occupano di sottolineare i vari momenti del racconto, tracciando le singole fasi del percorso ed esaltando il significato di ogni singolo quadro, fino a mostrare in maniera inequivocabile che la moda può diventare strumento narrativo, in specifico per raccontare questa particolare rinascita delle Arti dello Spettacolo.

X premio LA PELLICOLA D’ORO, i vincitori

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Si è tenuto il premio de La Pellicola D’oro presso il Teatro Ettore Scola de la Casa del Cinema condotto magistralmente da Stefano Masciarelli, affiancato dall’attrice Mavina Graziani. Tantissimi gli ospiti presenti durante la manifestazione promossa ed organizzata dall’Associazione Culturale “Articolo 9 Cultura & Spettacolo” e dalla “Sas Cinema” di cui è Presidente lo scenografo e regista Enzo De Camillis (ideatore dell’evento).

In molti ad attendere Giovanna Ralli. La diva del cinema italiano ha ricevuto ieri sera il Premio alla Carriera da Francesco Rutelli (Presidente dell’ANICA); oltre a lei, anche Blasco Giurato, Direttore della Fotografia-Premio Oscar, è stato premiato alla carriera dal produttore Maurizio Amati. Salgono sul palco Claudio Amendola a ricevere il Premio Speciale per il cinema, premiato da Anna Laura Orrico (Sottosegretario MIBACT) e Carolina Crescentini per il Premio Speciale Serie Tv, premiata da Andrea Portante (Responsabile palinsesto e marketing RAI GOLD). L’attrice accompagnata da suo marito Motta ha attirato l’attenzione di molti fotografi e giornalisti.
Tantissimi gli ospiti presenti. Tra questi gli attori Antonello FassariRalph PalkaMaria Rosaria Omaggio, Elena Bonelli,  Giovanna Rei, il giovanissimo Giacomo Giorgio, i registi Cinzia Th Torrini,  Silvia CostaFranco Mariotti, il Sottosegretario del Mibac Anna Laura OrricoChiara Sbarigia (APA), Cristina Priarone (presidente FilmCommission Nazionale), il direttore alla fotografia Roberto Girometti,  i produttori Bruno Altissimi, Matteo Levi, Eduardo Angeloni e la speaker radiofonica Francesca Romana D’Andrea (Radio Dimensione Suono Roma).
Miglior Attore protagonista: Pierfrancesco Favino (Cinema) e Sergio Castellitto (Serie Tv – Ritira la regista Cinzia Th Torrini), premiati da Matteo Levi (Vice Presidente APA);
Miglior Attrice Protagonista: Valeria Golino (Cinema) e Cristiana Capotondi (Serie Tv – Ritira il produttore Alessandro Passadore), premiati da Silvia Costa (Commissario straordinario del Governo per il recupero dell’ex carcere di Santo Stefano a Ventotene).
Miglior Direttore di Produzione: Sonia Cilia (Cinema) e Alberto Maria Brusco (Serie Tv) premiati dal Direttore di Rai Movie Cecilia Valmarana; 
Miglior Tecnico Effetti Speciali: Danilo Bollettini (Cinema) e Roberto Ricci (Serie Tv), premiati dal Presidente Film Commission Nazionale Cristina Priarone;
Miglior Capo Elettricista: Alessio Bramucci (Cinema – ritira il premio la produttrice Marina Marzotto) e Stefano Marino (Serie Tv) premiati dal Produttore Bruno Altissimi;
Miglior Capo Macchinista: Fabio Fumelli (Cinema) e Massimiliano Dessena (Serie Tv – ritira il premio Bruno Anghelone), premiati dal Vice Presidente de La Pellicola D’oro Gianluca Leurini;
Premio Speciale alla Carriera Macchinista: Roberto Diamanti (Ritira il produttore Riccardo Neri);
Miglior Operatore di Macchina: Emiliano Leurini (Cinema) e Roberto Luzi (Serie Tv – Ritira il premio il Direttore di Produzione Alberto Maria Brusco), premiati dal Regista Alessandro Capone;
Miglior attrezzista: Stefano Morbidelli (Cinema) e Riccardo Passanisi (Serie Tv), premiati dal Presidente S.N.G.C.I. Franco Mariotti;
Miglior Sarta di Scena: Melissa Anzellotti (Cinema) e Maria Antonietta Salvatori (Serie Tv) premiati da Ciro del Ferraro (orafo realizzatore del premio de La Pellicola D’oro);
Migliore Sartoria Cineteatrale Trucco: THE ONE (Cinema - Ritira Alessandra Cinti) e Luigi Rocchetti (Trucco – Serie Tv), premiati dalla costumista Nicoletta Ercole;
Miglior Maestro D’Armi/Storyboard artist: Emiliano Novelli (Maestro D’Armi – Cinema) e David Orlandelli (Storyboard - Cinema), premiati dal Presidente FITEL Aldo Albano;
Miglior Capo Costruttore: Gianluca Fanculli (Cinema) e Corrado Corradi (Serie Tv) premiati dal produttore della 11 Marzo Film Matteo Levi;
Miglior Creatore Effetti Sonori/ Fonico Presa Diretta: Luca Anzellotti (Cinema – Ritira Jacopo Anzellotti) e Alessandro Bianchi (Serie Tv), premiati dal Presidente Associazione Roma BPA.

E venne il giorno delle “macchine”

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L’intelligenza artificiale sarà la nostra autodistruzione, nel momento in cui la tecnologia senza controllo umano prenderà il sopravvento

“C’è poco da stare allegri!” - È la mia amica Rosamunda, accademica, letterata, sociologa e partenopea di adozione, che così esprime la propria preoccupazione nei confronti delle sempre più sofisticate applicazioni tecnologiche nel nostro sistema di vita, via via più invadenti e pericolosamente irrispettose della nostra riservatezza.

“Siamo già arrivati al giorno delle macchine?” Mi chiede.

“Ci siamo o quasi!” Le rispondo.

La conversazione va così avanti e Rosamunda mi domanda se anch’io condividessi le sue preoccupazioni per l’avanzamento tecnologico riguardante la realizzazione di intelligenze artificiali.

Le rispondo e disserto per come segue:

L’astrofisico Stephen Hawking al Web Summit di Lisbona, nel novembre del 2017, mise in guardia l’umanità su un grosso pericolo futuro: l’intelligenza artificiale.

L’intelligenza artificiale potrebbe sviluppare una volontà tutta sua”, aveva detto Hawking. “L’ascesa dell’IA potrebbe essere la cosa peggiore o la cosa migliore che può accadere per l’umanità.

Oggi, in particolare, la pandemia, tra le tante altre cose, ha fatto squillare il campanello d’allarme sulla raccolta e sull’utilizzo dei nostri dati personali quali, ad esempio, le analisi sul comportamento quotidiano, sulle preferenze nonché sulle tendenze ideologiche, la registrazione delle nostre frequentazioni, dei nostri dislocamenti, dei depositi e dei prelievi in denaro contante, delle transazioni con carte di credito, la videosorveglianza (in Cina, oltre al monitoraggio dei cittadini già all’ordine del giorno, i cani robot sorvegliano gli spazi pubblici), i localizzatori GPS e GSM dei telefonini e quant´altro immaginabile. Il tutto dettagliatamente schedato e classificato.

Ci manca molto poco per arrivare al punto da farci innestare, come si fa con i cani, un chip sottocutaneo per poter registrare persino i nostri sentimenti nei momenti più intimi, tra le mura domestiche (nella camera da letto o addirittura nel bagno).

E non parliamo poi delle ultime applicazioni tecnologiche sia in campo civile che militare: auto a guida autonoma e addirittura velivoli bellici, senza equipaggio e dotati di intelligenza propria (droni), che decidono autonomamente sulla vita o sulla morte del prossimo.

La tecnologia, sostengo, nei settori più sensibili può collaborare con l’essere umano, ma non può sostituirlo.

Da tempo, ad esempio, è in uso il riconoscimento facciale da parte delle polizie di vari paesi del mondo, ma sulla infallibilità del sistema si sta già discutendo e non poco. Basta pensare che per la polizia londinese, con questo mezzo tecnologico, la percentuale di errore ammonta al ragguardevole 98% dei casi e negli USA la statistica non migliora un granché.

Da ciò ci rendiamo sempre più convinti che nelle situazioni eticamente sensibili ci debba stare l’essere umano accanto o dietro i processi elaborativi della macchina. Essa da sola non può decidere le sorti degli individui, né tampoco dei popoli, ancorché dotata della massima tecnologia immaginabile.

V’è molto di più e, attenzione, si tratta di qualcosa ben più grave: da un certo tempo, per come sospetta una certa corrente spregiudicata di tecnologi dell’informazione, l’obiettivo fotografico del nostro telefonino o del nostro PC starebbe già filmando, furtivamente, le nostre giornate trasmettendole al CED (Centro Elaborazione Dati) addetto alla sorveglianza di massa e al servizio dei giganti della tecnologia.

Se ciò fosse vero, poveri noi, saremmo veramente messi male!

In realtà non navighiamo nel campo della fantascienza, ma nel campo delle ipotesi verosimili, dell’eventualità. Oggi con la scusa di isolare il virus e domani con qualsiasi altra motivazione, si chiede o meglio si impone all’impaurita società la massima trasparenza anche laddove l’etica e le leggi non lo permettono.

Ma nonostante l´insorgenza di siffatti effetti riprovevoli, il binomio "Uomo-Scienza", il desiderio di ricercare e cioè di conoscere, rimane uno degli istinti più profondi dell´essere umano. Esso esiste da sempre e oggi appare più appagabile che mai, anche perché viviamo in un´epoca in cui abbiamo a disposizione gli strumenti idonei per scoprire i più reconditi segreti della natura. 

Tornando all´IA, per meglio addentrarci nell’argomento relativo al pericolo costituito dalle “macchine”, ci pare opportuno riportarci all’apice del fantascientifico, oggi attuale più che mai: un colossal diretto da Stanley Kubrick, scritto assieme ad Arthur C. Clarke, che i lettori della terza età avranno sicuramente visto in prima visione nelle sale cinematografiche sparse per il mondo, oppure letto in edizione cartacea nel romanzo omonimo pubblicato nel 1968, lo stesso anno di esordio in anteprima mondiale del film “2001, Odissea nello spazio”.

Uno dei temi fantascientifici, da antologia, che maggiormente ci colpirono in quel film-documentario è stato quello che riguardava il moderno Prometeo; il supercomputer HAL 9000 e la sua ribellione.

Infatti, HAL nel film agisce dotato di una sofisticata intelligenza artificiale: ha un occhio, più perfetto di quello umano, che gli permette persino di leggere il labiale degli astronauti. Il suo timbro vocale è completamente naturale e sembra in grado di provare sentimenti umani. Naturalmente è in condizione di fare tutto ciò che un umano riesce a fare. Sa anche fare del male e, impressionantemente, persino uccidere, quando si sente minacciato e si rende conto della possibilità di essere "disinstallato".

La ribellione della macchina è un punto di domanda molto preoccupante!

Allo stato è soltanto uno scenario proposto dalla fantascienza, che raffigura il sopravvento da parte di congegni meccanici (siano essi sotto forma di computer o di robot) ai danni della specie umana, ma nella realtà, nel momento in cui la macchina raggiungerà una super emancipazione tecnologica, acquistando autocoscienza ed intelligenza, scatenerà l’inevitabile e pericolosa competizione tra la tecnologia e il genere umano.

Eppure, la scienza continua nell’affannoso lavoro di ricerca sull’interazione uomo-macchina attraverso l’integrazione degli studi interdisciplinari di scienze sociali e bio-ingegneristiche nonché tra corporeità ed epistemologia sociale al fine di realizzare una “creatura” dalle sembianze quasi umane e in grado di sviluppare abilità simili a quelle possedute dai comuni mortali e magari molto di più.

A conferma dell’affannoso e atavico desiderio dell’uomo di creare un alter ego, un Avatar ovvero un io che prende vita dalla nostra anima, per poi acquisirne una propria, che possa operare nel fantastico mondo del reale al confine col virtuale, indichiamo gli antesignani di HALL 9000.

Del primo di essi si ha notizia negli antichi testi sacri, in cui si parla del Golem, che è una figura antropomorfa immaginaria della mitologia ebraica, una specie di robot, fedele esecutore degli ordini del proprio padrone. Il filosofo e matematico Archita di Taranto del IV secolo a.C., secondo le testimonianze del suo tempo, avrebbe costruito un uccello meccanico in grado di volare tra i rami degli alberi. Seguono i diversi robot intelligenti delle civiltà scomparse di Creta e dell’antica Cina e, non ultimi, gli automi del grande Leonardo da Vinci, di cui esistono i disegni e i progetti riscoperti solo negli anni cinquanta nel codice Atlantico e in piccoli taccuini tascabili databili intorno al 1495-1497.

Altre leggende di varie epoche ci descrivono ancora l’esistenza di esseri artificiali che avrebbero avuto il compito di obbedire ciecamente ai comandi dei loro “creatori”.

Del resto, la cinematografia fantascientifica ci anticipa con inquietante verosimiglianza quali saranno le macchine umane del futuro prossimo ovvero i cyborg, che - a seconda della loro origine - vengono divisi in tre categorie:

- Esseri umani potenziati con ingegnosi modificazioni artificiali ed innesti. Il protagonista del film Io, Robot (2004), per esempio, ha un braccio e altri organi cibernetici.

- Extraterrestri anch’essi potenziati e divenuti cyborg al pari degli umani di cui anzi. In Guerre Stellari, Dart Fener ha arti cibernetici e una speciale armatura, che gli garantisce il mantenimento in vita.

- Androidi, cioè robot umanoidi, provvisti di componenti biologiche allo scopo di approssimare al massimo le loro sembianze a quelle umane. È il caso del cyborg, assassino protagonista del film Terminator(1984) e di tutta la serie successiva.

Riassumendo, tutti questi dati ci rendono l’idea di come l’anelito dell’uomo, in ogni tempo, sia stato diretto verso un mondo virtuale, di cui potesse avere il controllo totale.

Fin qui tutto bene, ma - perché ci sia anche il lieto fine - la “conditio sine qua non” resta il menzionato e problematico controllo totale del creatore sulla creatura!

A questo punto, va da sé concludere che il sistema di elaborazione dati, nonché l’intelligenza artificiale, nell’accezione più ampia, se da una parte possono facilitare il sistema di vita dell’essere umano, dall’altra, se non resi trasparenti e assolutamente controllabili dall’uomo, costituiscono, ripetiamolo, un pericolo dalle conseguenze incalcolabili.

L’intelligenza artificiale, infatti, va presa con le pinze, per non rimanere scottati: gli aspetti etici, teorici e pratici sono le sue peculiarità e non a caso scienziati di tutto rispetto hanno denunciato in più tempi il pericolo di una eventuale disubbidienza della “creatura” ai comandi o ai programmi del creatore.

Il sunnominato Stephen Hawking nel 2014 ha messo in guardia riguardo ai pericoli dell'intelligenza artificiale, considerandola una minaccia per la sopravvivenza dell'umanità, e nello stesso anno anche il fisico Elon Musk ha ribadito: “Dobbiamo essere superattenti all'intelligenza artificiale. Potenzialmente più pericolosa del nucleare.”

” Oggi realizziamo più di quanto non siamo poi in grado di controllare, nemmeno con l'immaginazione”. È il sociologo Günther Anders, ne “L’uomo è antiquato”, ed. 1956, ad affermarlo.

Quanto sopra esposto ci induce ad una seria riflessione: se oggi l’IA agli occhi dei governi non rappresenta alcun pericolo e ciò si spiega col fatto che essa asseconda i loro interessi immediati, è pur vero che la stessa provocherà conseguenze decisamente negative nel futuro dell’umanità.

Infatti, le nuove tecnologie permetteranno ai possessori, legittimi o meno, dei dati personali di tenere in scacco e manipolare l’essere umano grazie alle numerose informazioni biologiche nel tempo raccolte.

In principio, l’intelligenza artificiale è già di per se stessa un pericolo. Elon Musk, il fisico visionario già menzionato, fondatore di Tesla e SpaceX, ancora una volta, si schiera contro l’Intelligenza Artificiale. Egli teme che con essa possa nascere un “dittatore immortale” digitale, capace di annientare l’uomo qualora quest’ultimo dovesse risultare d’ostacolo ad un suo eventuale obiettivo (vedansi p.e. HAL 9000 e Joshua in Wargames).

Se sia distopia o un reale problema da risolvere ancora non ci è molto chiaro, ma una cosa è certa: il tempo stringe!

Per questo motivo, oggi più che mai, si rende necessario stabilire, con l’urgenza che il caso richiede e di comune accordo tra i diversi Stati, una serie di politiche di amministrazione e legiferazione nei riguardi delle tecnologie dell’IA, nel rispetto dei diritti universali e attraverso un dialogo aperto tra tutti gli interessati ovvero tra chi governa, tra chi produce, tra chi fa ricerca, e, perché no, tra i cittadini.

E per chiudere, sperando di non essere stato prolisso e con l’intento di strappare un sorriso alla mia preoccupata e attenta interlocutrice (Rosamunda), rievoco un detto del famoso scrittore e giornalista americano Sydney J. Harris, che ironicamente così recita: “Il vero pericolo non è che i computer inizieranno a pensare come gli uomini, ma che gli uomini cominceranno a pensare come i computer”.

G. & G. Arnò


Teatro, Barbara De Rossi comunicativa, curiosa e animalista come "Eva". L'intervista di Fattitaliani

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Sebbene con le restrizioni che il momento storico comporta e impone, lungo lo Stivale sono state avviate iniziative e manifestazioni che hanno riportato fra la gente l'arte, il teatro, la voglia di emozionarsi e ridere. È il caso del Calvi Festival diretto da Francesco Verdinelli e dello spettacolo “Il Diario di Adamo ed Eva” - recital a due voci (da Mark Twain) con Barbara De Rossi e Francesco Branchetti e i mimi Umberto Bianchi e Raffaella Zappalà che proprio a Calvi dell'Umbria andrà in scena sabato 8 agosto alle 21.15 (Info e prenotazioni 3339615741 calviturismo@gmail.com). Barbara De Rossi interpreta la prima donna creata da Dio: Fattitaliani l'ha intervistata.
Che cosa rappresenta per Lei riprendere la rappresentazione di questo spettacolo dopo il periodo delicato e particolare del confinamento?
È un segno importante quanto necessario. La nostra tournée è stata interrotta come quella di tanti colleghi, di tante persone che lavorano nell'ambiente. Abbiamo dovuto attendere molto e le persone che lavorano nello spettacolo sono state fortemente penalizzate. Riprendere è un segno forte di rinascita: l'arte e il teatro non muoiono. Ci auspichiamo che la ripartenza sia per tutti la più veloce possibile, parlo anche dei tecnici e dei tantissimi che lavorano dietro le quinte. 
In che maniera sul palco viene restituito il progressivo e reciproco avvicinarsi di Adamo ed Eva?
Il testo di Mark Twain è modernissimo: in realtà, aveva scritto due testi diversi ma speculari su Adamo e su Eva, poi ha deciso di metterli insieme e ne è venuto fuori uno spettacolo molto divertente per tutte le serie di posizioni ideologiche del maschio e della femmina che già nel 1904 rispecchiavano totalmente quelle che sono le contraddizioni e le caratteristiche maschili e femminili dei nostri tempi. Quindi, anche se Adamo ed Eva non si rendono subito conto, è l'amore che li unisce, attraverso l'amore riescono a comprendersi, a legarsi: l'amore fra il primo uomo e la prima donna è nato e la spiegazione è proprio questa. È davvero divertente perché Eva è una persona comunicativa, lui invece è ombroso e schivo, riservato: la donna in generale comunica molto di più dell'uomo, no? Vedo che la gente ride tantissimo, si diverte.
Quindi "Adamo ed Eva" colgono e rappresentano molto dei rapporti di coppia di oggi, giusto?
Al di là della coppia, il discorso che bisogna fare è sul carattere: ci sono stati anche dei comici come Giuseppe Giacobazzi che hanno tirato fuori la storia dei neuroni maschili e femminili, su come la pensa l'uomo e come la pensa la donna. Gli aspetti non sono cambiati se uno li vuole vedere da un punto di vista ironico e divertente. Bisogna scherzarci su! Alla fine ci sono anche tanti uomini profondi e sensibili, così come tante donne che non lo sono. Io sono abbastanza aperta, non sono per forza "al femminile". È buffo pensare che la prima donna e il primo uomo si sono uniti senza nemmeno sapere cosa fosse un corpo: lui definisce gli occhi "buchi da cui fuoriescono delle gocce" quando lei piange, perché in realtà non sa nemmeno cosa è il pianto. Ci sono delle cose molto buffe.
C'è un passaggio che secondo Lei sintetizza appieno la sua "Eva"?
C'è un passaggio molto bello quando Eva scopre il fuoco e non viene apprezzata da Adamo. Non sa bene a cosa serva, ma sa che è una cosa importante. Ecco, i momenti in cui Eva è demoralizzata rispetto a quello che lei riesce a scoprire del mondo e si demoralizza del fatto che Adamo non l'apprezzi perché è molto scontroso, quelli fanno parte della sensibilità femminile e forse sono i passaggi che mi piacciono di più.
La Eva dello spettacolo Le somiglia come donna? In che cosa?
Sicuramente nella curiosità di imparare tutto fino all'ultima cosa, perché mi cimento sempre in molte cose diverse e ho sempre voglia di imparare. E nel suo desiderio e attaccamento agli animali: Eva è assolutamente un'animalista convinta, ci crede fino in fondo e cerca di convincere lui che invece non li ama troppo. Noi donne abbiamo una marcetta di sensibilità in più...
Facile fare coppia sul palco e dividersi la scena al 50%?
La scena si divide con gli altri attori: è interessante scambiarsi la scena con un altro attore. Ci sono state decine di coppie famose che hanno portato avanti carriera e testi dividendo sempre a metà la scena.  
A volte dividere la scena con colleghi non si rivela essere affatto un Eden. Le è capitato? come si è regolata?
È capitato in qualche film, non a teatro, magari di trovare poca empatia: non tutte le persone riescono a stabilire dei rapporti empatici. Io sono piuttosto aperta, per me è importante anche il rapporto umano. Non tutti gli attori riescono a cucire dei rapporti umani importanti o duraturi o comunque solo per il periodo in cui si lavora insieme. Non tutte le persone hanno questa apertura. Certo, mi è successo ed è profondamente sgradevole lavorare quando non c'è quel tipo di armonia. La cosa importante non è "io, io, io", ma lo spettacolo, il film, e nel risultato di quello che si porta a casa c'è il meglio di tutti quelli che stanno in scena, non solo di uno. Fondamentalmente, è importante tutto quello che si dona al pubblico e questo deve arrivare in maniera armoniosa e costruttiva. Anche perché il pubblico se ne accorge. Giovanni Zambito.

Appello ai Ministri Azzolina e Speranza: “Utilizziamo i medici in pensione nelle scuole: va garantita la sicurezza e la prevenzione nei plessi scolastici"

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RIAPERTURA SCOLASTICA  RAPIDA E IN SICUREZZA: LA PROPOSTA A TUTELA DELLA SALUTE - 

Non abbassare la guardia nei confronti del virus e continuare a mettere in campo tutte le misure di prevenzione e sicurezza anti-Covid 19, pur riprendendo con prudenza e cautela uno stile di vita sempre il più possibile ordinario e consueto. L'epidemia continua a impegnarci in una sfida senza precedenti, ma in vista della riapertura delle scuole non si può e non si deve pensare a un inevitabile adattamento in funzione della salvaguardia della salute degli studenti, gli insegnanti e tutti gli operatori del settore. 

Per questo la SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie ha inviato una lettera al Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina e al Ministro della Salute Roberto Speranza avanzando una proposta concreta e realmente fattibile tesa all'impiego in forma totalmente gratuita e volontaria dei Medici di Medicina Generale in pensione proprio all'interno di tutte le scuole italiane, per le finalità e con le procedure individuate a supporto della riapertura degli istituti scolastici a tutela, oltretutto, dell'intera comunità.

I MEDICI IN PENSIONE ECCEZIONALE RISORSA INUTILIZZATA - "L’appello è rivolto in particolare alle migliaia di Medici di Medicina Generale in pensione, eccezionale risorsa professionale totalmente inutilizzata, professionisti esperti e perfettamente formati e con esperienza in genere ultratrentennale, ben  aggiornati e spesso in prima linea su Covid19" spiega il Presidente SIMG Claudio Cricelli tra le righe della lettera aperta indirizzata ai Ministri Azzolina e Speranza.

"Tali figure professionali hanno lo straordinario vantaggio di conoscere giá gli studenti, il personale scolastico, le loro famiglie in quanto medici operanti nelle comunità - continua Cricelli - Saremmo in grado con Fimmg di fornire immediatamente molte disponibilità". E a sostegno della proposta avanzata dalla Simg c'è anche il fatto che le Associazioni della Medicina Generale italiana tutte posseggono le necessarie competenze e gli strumenti di supporto alla formazione sui temi specifici della salute delle persone, della prevenzione e della sorveglianza epidemiologica e i supporti informatici necessari "che le offro a titolo totalmente gratuito, fatte salve le necessarie protezioni e salvaguardie di rito" conclude il presidente Cricelli in un accorato appello in una prospettiva di collaborazione e lungimiranza strategica


PORSCHE CARRERA CUP ITALIA 2020: A MISANO IL TEAM Q8 HI PERFORM PUNTA ALLA VITTORIA

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Dopo il primo podio conquistato all’esordio del nuovo pilota David Fumanelli nel prestigioso trofeo monomarca Porsche, il team Q8 si prepara all’appuntamento di Misano del 1-2 agosto con un solo obiettivo: la vittoria 

Adrenalina e forti emozioni sono state le protagoniste del primo appuntamento della 

Fase 3, vacanza con gli animali: le 5 regole di Ca' Zampa

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Check up prima di partire e regole di igiene anche in spiaggia. Dal primo Gruppo italiano di Centri per il benessere dei pet arriva il prontuario per soggiorni in sicurezza al mare o ai monti

Come è possibile trascorrere delle vacanze serene in tempo di Covid-19 insieme al proprio animale domestico? Che precauzioni bisogna adottare per evitare eventuali rischi per la sua salute

“E’ importante dire subito che le vacanze, e in generale il tempo che si trascorre con il proprio pet, vanno passate in assoluta tranquillità e relax – afferma

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Il primo passo è prestare attenzione alle misure di sicurezza predisposte nella struttura alberghiera che si intende scegliere: distanza di sicurezza, prenotazione e regole di accesso negli spazi comuni. Per chi invece decide di trascorrere le vacanze in una casa privata, è bene accertarsi che ci sia abbastanza spazio per una serena convivenza a quattro zampe. È sempre bene

Prima di partire è bene prendere un appuntamento con il proprio veterinario per una visita di controllo generale. In base alla destinazione, verranno date le opportune indicazioni. È opportuno fare un

3.       STOP AI PARASSITI

Loro non vanno mai in vacanza ed è opportuno tenere alta l’attenzione per fermarli in tempo:

·         prima di partire

4.       IGIENIZZATI E CONTENTI

È importante continuare a prestare attenzione alle regole di igiene, così come si fa in città. Per questo vanno messi in valigia

Dopo un tuffo in mare del cane

·         risciacquare gli occhi con prodotti a base di camomilla

A

 

Se la preferenza è per il cibo industriale, basta portare con sé crocchette e scatolette oppure comprarle nei negozi. Nel caso di  ‘pappa’ fatta in casa, per una maggiore praticità sarebbe meglio abituare l’amico a quattro zampe a pet food industriale e tradizionale almeno quindici giorni prima di partire. Chi preferisce portare da casa degli alimenti già preparati e congelati deve naturalmente aver cura di garantire la conservazione del freddo anche durante il viaggio per evitare che agenti patogeni ne compromettano le proprietà. Durante il viaggio, soprattutto se non eccessivamente lungo, è consigliabile non far mangiare l’animale fino all’arrivo a destinazion

Per maggiori informazioni,


Coronavirus, gli italiani i più bravi d'Europa nella gestione. L'opinione di "De Morgen"

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. L'Italia sembra essere la migliore nazione nella gestione delle precauzioni, del distanziamento, della sensibilizzazione nei confronti del Coronavirus. Lo scrive il quotidiano "De Morgen" che titola emblematicamente così l'articolo "Dopo la prima ondata devastante, l'Italia ora sembra essere il miglior studente della classe".
Il pezzo inizia riportando l'opinione degli esperti che forniscono varie spiegazioni. "Innanzitutto: buona traccia dei contatti dato che fra trenta e sessantamila italiani sono sottoposti a un test. Solo lo 0,5 per cento delle persone testate si è rivelato infetto. I risultati sono generalmente noti entro 24 ore". È l'opinione di Walter Ricciardi, consultato da The Guardian.
Inoltre, la popolazione generalmente segue molto bene le misure: sebbene non sia obbligatorio, molti italiani, ad esempio, indossano anche la maschera all'esterno (la indossa il 90%, dato più alto al mondo) e rispettano il distanziamento sociale: previste multe e punizioni per chi infrange la regola. 
Per ridurre il numero di casi importati, l'Italia ha un divieto d'ingresso per 16 paesi considerati aree ad alto rischio.
Il pezzo riporta anche l'invito alla prudenza continua da parte di virologi nonché le parole di Giuseppe Conte "La situazione internazionale rimane motivo di preoccupazione e dobbiamo rimanere vigili, soprattutto in vista degli eventi nei paesi vicini" e la decisione di prorogare fino a fine ottobre lo stato di emergenza.



Arte, Marco Marciani in mostra al Calvi Festival. L'intervista di Fattitaliani

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Al Calvi Festival diretto da Francesco Verdinelli,  domenica 2 agosto nell’Area Teatro del Monastero (al primo piano) sarà inaugurata la Mostra di pittura di Marco Marciani a cura di Lorenzo Canova, fruibile a ingresso libero fino a sabato 8 agosto con orario 18.00/21.00. Dopo l’inaugurazione sarà offerto un aperitivo. Fattitaliani ha intervistato l'artista.
Quanto e come della sua arte racconterà la mostra di pittura a Calvi dell'Umbria?
La mostra di Calvi credo che esprimerà la mia continua ricerca nell'arte e la voglia di sperimentare il mio coraggio e il mio pensiero artistico. 
I suoi molteplici talenti rientrano anch'essi in qualche modo nei suoi quadri? 
Le mie precedenti passioni artistiche hanno sempre avuto bisogno di un confronto interpersonale, la mia pittura invece non ha questa esigenza, per questo motivo credo e spero di no.
In che maniera è cambiata (se è cambiata) negli anni la sua concezione dell'arte?
Credo negli anni non sia cambiata la mia concezione dell'arte ma è cambiata la mia accettazione dell'arte.
C'è stato un giudizio o un commento sulla sua arte particolarmente decisivo/incisivo nel suo percorso?
Un carissimo amico australiano scomparso pochi mesi fa, Alex Podolinksy, massimo  esperto di biodinamica mondiale, vedeva nei dipinti "the power of the nature's growth", che riconosceva anche in uno dei massimi pittori del periodo espressionista. Questo paragone mi ha riempito di sicurezza.
C'è un'opera che rappresenta in modo speciale Marco Marciani prima e dopo il Covid?
Sì, tutte quelle in mostra al Calvi Festival e credo tutte quelle che verranno in seguito. Giovanni Zambito.
Per visitare la mostra di Marco Marciani si può prenotare telefonando o recandosi direttamente presso il Punto Informazioni Turistiche (telefono 3339615741; sede in piazza Mazzini n°14. Orario di apertura al pubblico: mattino 10/13; nel pomeriggio un’ora prima degli eventi). Sito ufficiale: www.calvifestival.it.
Marco Marciani
Marco Marciani è nato a Magliano Sabina (Rieti); ha lavorato come attore in teatro, cinema e televisione. Ha insegnato per 10 anni presso l’Accademia di Beatrice Bracco le materie: approccio alla telecamera, sensoriale e acting sul palcoscenico. Nel 2013-2014 scrive e dirige gli spettacolo teatrali “Seguimi” e  “I’m not religious”. E’stato componente per la giuria tecnica per le finali di Miss Italia 2015-2016 e componente per la commissione per il titolo di Miss Cinema con Massimo Ferrero e Enrico Lucherini. Nel 2016 realizza una personale dal titolo “Luminarie” che espone nella galleria “Ostello Magliano Sabina” (Rieti) a cura di Duccio Trombadori. Nel 2017 espone la personale “Contaminazioni” alla galleria “Il granello di sabbia” di Civita Castellana (Viterbo). Nel 2018 espone ancora all’“Ostello Magliano Sabina” la personale “I fiori della memoria e dello sguardo” curata da Lorenzo Canova. Nel 2018 partecipa ad una collettiva a Palazzo Rolli Saluzzo, Genova, a cura di Loredana Triestin e alla galleria GARD di Roma alla mostra collettiva “Arte e colori dal mondo”. Nel 2019 mostra personale al Palazzo comunale di Spoleto.

Van Gogh: 130 anni dalla sua morte

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di Riccardo Bramante
Nel luglio di 130 anni fa moriva, a Auverse-sur-Oise in Francia, Vincent Van Gogh, uno dei più sottovalutati e addirittura disprezzati pittori in vita quanto tra i più quotati oggi sui mercati d’arte.
Non vogliamo qui raccontare il Van Gogh pittore, le sue opere e i suoi stili quanto piuttosto l’uomo e la sua vita travagliata con tutte le difficoltà ed ostacoli trovati che hanno, comunque, influenzato i diversi periodi della sua arte. Lui stesso ebbe a dire nell’ultima lettera inviata al fratello Theo “Nel mio lavoro rischio la vita e la mia ragione vi si è consumata a metà” e senza nemmeno terminare lo scritto il giorno dopo si uccise, non in uno di quei colorati campi di grano che tante volte aveva dipinto, ma in una sporca buca di letame.
Fu la quasi logica conseguenza di una vita resa impossibile dal disprezzo e dall’ostilità della gente tra cui si trovava ma che sempre andava cercando con il desiderio di riceverne un minimo di affetto.
E’ difficile valutare le sue azioni fin da quando, ancora giovane, decise di andare in missione religiosa come evangelista tra i poveri minatori del Borinage o quando lasciò la casa paterna per dipingere i contadini, i pescatori, i mangiatori di patate, in una parola gli oscuri personaggi del Nord olandese. In definitiva, la sua carriera di artista è la manifestazione di un profondo dramma religioso-morale avente come scopo assoluto quello di darsi agli altri, di amare ed essere amato, in cui l’arte non viene vista come una prova di abilità o come un mezzo per vivere ma come un modo per comunicare il bene.
Anche quando a Parigi abbracciò l’arte del suo tempo le si abbandonò per trasformarla attraverso i sensi, il mondo del colore e della luce che non aveva ancora conosciuto sotto i cieli tetri della sua Olanda. Così pure i suoi lavori realizzati ad Arles in Provenza dove si trasferì dopo Parigi in una sorta di esilio pittorico, è un’arte nuova che pur ricordando i suoi dipinti olandesi, risulta infusa da uno spirito fortemente umano che si esplica nella realizzazione di ben 46 ritratti di 23 persone diverse compreso se stesso; e questi ritratti non sono eseguiti su commissione ma per libera scelta dell’artista e con soggetti per la maggior parte di gente semplice come i contadini; è il desiderio di amicizia e di affetto ciò che giustifica il ritratto perché –dice lui stesso- “vorrei dipingere uomini e donne con quell’eternità il cui segno era una volta l’aureola e che ora noi cerchiamo nello splendore dei nostri colori”.
E’ noto che la sua attività fu spesso interrotta da attacchi di pazzia che lo portarono dapprima al ricovero presso l’ospedale di Arles e poi in un manicomio di Saint-Remy; si trattava probabilmente di attacchi epilettici che non gli hanno impedito, però, di eseguire alcune delle sue opere più note le quali, pur non avendo lo stesso carattere dei dipinti di Arles, hanno aspetti di una tesa intensità facilmente collegabile alle sue condizioni di salute: in questo periodo fu attirato soprattutto da paesaggi instabili, ingannevoli e convulsi la cui intensità si è trasferita dai colori vivaci di Arles al movimento dinamico delle forme espresso con una pennellata più incisiva e pronunciata; se ad Arles la chiave era quella del colore con una speciale predilezione per il giallo luminoso dei “Girasoli”, a Saint-Remy il colore si fa più difficile ed elusivo con toni spezzati, come nel dipinto “Uliveto”, congeniali al suo stato d’animo del momento che gli faceva ricercare nell’oggetto reale e ben delineato quell’equilibrio che sentiva venirgli meno dentro.
Si comprende, allora, perché egli chiamasse “astrazione” la pittura di immaginazione anche se raffigurava forme viventi e perché anche il suo ultimo lavoro “Corvi sul campo di grano” raffiguri con tormentata vivacità un paesaggio concretamente da lui vissuto.
Questa stretta interazione tra gli stati d’animo dell’artista e le sue opere vengono sapientemente colte in una mostra che si aprirà a Padova il prossimo ottobre dal titolo “Van Gogh.I colori della vita” in cui saranno esposte 78 opere dell’artista insieme ad altre di pittori del suo tempo nonché di Francis Bacon e del giapponese Hiroshize che in qualche modo molto si avvicinano a quelle di Van Gogh.

Mostre, Giuseppe Sinaguglia e i baci dei miti siciliani. L'intervista di Fattitaliani

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Costretti a stare in casa, distanti, a salutarci ora sfiorandoci gomiti o piedi, molti di noi ancora non si rassegnano a non toccarsi più per scambiarsi affetto e complicità, a non dichiararsi amore e amicizia tramite carezze e baci. Il Coronavirus ci ha tolto una manifestazione, un segnale, una prova del volerci bene: e i popoli del Mediterraneo soffrono particolarmente di tale mancanza, di questo approccio fisico, corporeo. Da qui l'idea di tradurre in pittura l'assenza e la voglia di effusioni nella mostra "Bàcio" di Giuseppe Sinaguglia, visitabile da ieri fino al 14 agosto al Nebe CoffeeBook di Torre Faro (Messina). Fattitaliani ha intervistato l'artista siculianese.

Decidere di fare una mostra sui Baci è nata spontaneamente dopo aver prodotto tanti lavori sul tema?
Non proprio... è stata una idea che mi ha proposto Francesca Crescenti, la quale ospita l’attuale esposizione nel suo Nebe Coffeebook a Torre Faro. Già con Francesca avevamo collaborato in passato per altre mostre, quest’anno ha scelto questo tema interfacciandosi anche con lo Studio d’Arte Cocco di Laura Faranda. 
L'argomento è stato sviluppato durante il confinamento, periodo in cui "baciarsi" era diventato una forma di contagio più che di affetto?
Sì, i baci in mostra sono stati realizzati tutti durante il periodo della quarantena. 
Baci e abbracci o anche le semplici strette di mano proprio in quel periodo sembravano pratiche da untori. Triste quello che abbiamo passato, ripensando anche a questo aspetto, a quanta tenerezza e quanta affettuosità abbiamo rinunciato. Forse ho messo più intensità nel delineare l’intimo toccarsi delle labbra, sono stato più attento alla lieve carezza disegnata tra i corpi vicini o mi sono dedicato con più perizia alla rispettosa condivisione del profilo dei volti ma non ho perso l’ironia e il sorriso. Lo stato di “reclusione” ha di certo stimolato tanto la mia immaginazione ed ho trovato nella pittura una grande alleata per “evadere” dal confinamento, tant’è che ne è uscito fuori anche il libro “I will survive”. 
Che "baci" raccontano i tuoi quadri?
Questi baci sono soprattutto siciliani. Ho rappresentato il bacio ideale che avrebbero potuto scambiarsi alcuni miti della suggestiva Sicilia. Ad esempio c’è il bacio tra i due giganti Mata e Grifone, c’è il mostruoso bacio tra Scilla e Cariddi, c’è il tenero bacio che Colapisci dà ad una Sirenetta, c’è il bacio tra i due “pupi” Orlando e Angelica, c’è il floreale bacio delle “teste di moro”, ed ancora il cavallo di bastoni che bacia la donna di coppe ecc. Sono comunque baci passionali, affettuosi, rivoluzionari, sensuali, sofferti, divertenti, intensi e sempre colorati come tutti i sentimenti che li provocano. 
Che cosa ti auguri che i visitatori della mostra possano cogliere e portare a casa dell'esposizione?
Spero che i visitatori facciano un sorriso. Un piacevole sorriso. Che provino il desiderio di scambiarsi dei baci con qualcuno, di voler condividere un intimo contatto, di sentire un vivace sentimento d’amore. Potrebbero magari tornare a casa con una nuova speranza, con una tanto attesa conferma, con la persona amata, con l’amante, con un occasionale incontro e sempre però con una mia opera da mettere sul muro (sorride, ndr). Giovanni Zambito.
La mostra
Nebe Art in collaborazione con Lo studio d’Arte Cocco  vi presenta “bàcio” ...
Da sempre il bacio in pittura ha trasformato e si è trasformato seguendo o mistificando il senso stesso del gesto più eversivo nella natura dei rapporti umani, da Hayez a Magritte passando per Klimt un simbolo che apparentemente appartiene al mondo del romanticismo viene da secoli adoperato come strumento comunicativo che va ben al di la del gesto. Gìuseppe Sinaguglia non interpreta ma lascia che i suoi bizzarri e male/bene assortiti (bacianti) si trasformino in icona assoluta del gesto stesso, si ha l’impressione che il bacio sia una fusione perfetta a prescindere dagli attori messi in scena, un gesto iconico pieno di sfumature e di comparse che alle spalle dei protagonisti osservano passivi una vicenda unica ed irripetibile che non può lasciare indifferenti.

Nebe CoffeeBook
via Nuova 75
98164 Torre Faro, Sicilia, Italy
090 321518

L’artista
Giuseppe Sinaguglia è un architetto creativo di Siculiana (Agrigento). Classe 1978.
Dopo la laurea in architettura presso l’Università di Palermo ed il corso in Esperto in Bioarchitettura a Milano, svolge la professione (con tale titolo) in Italia e all’estero. L’esperienza che ricorda con maggiore piacere è relativa al periodo di permanenza in Egitto, da cui è scaturito l’insaziabile desiderio di viaggiare e conoscere nuove culture. 
Così, dal 2011 inizia  “30x30 Globetrotter Pro”. Un progetto sempre in evoluzione, che coniuga arte e grand tour attorno al mondo, toccando e raccontando, ad oggi, già diversi città e stati come New York negli USA, Abu Dhabi negli Emirati Arabi, Tulum in Messico, Vancouver in Canada, Londra e Oxford in Inghilterra, Timisoara in Romania, Bruxelles e Liegi in Belgio ed ancora Stoccarda, Madrid, Malta, Parigi, Gran Canaria, Madrid, Barcellona.
Con tanta ed incessante passione, a parte ai viaggi, si dedica al design, alla pittura; svolgendo la professione di “artista” a 360 gradi. 
Dipinge con i pastelli ad olio, usa gli acrilici e realizza collages. 
Si dedica anche alle installazioni, ai murales, alla riqualificazione urbana. 
La sua è una poetica fatta di colore ed ironia.

CASTELLI E MANIERI DI ANIME ANTICHE SONO FORZIERI

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Approfondimenti della puntata in onda sulle frequenze  di Radio CRT.

‘Blaterando’, blaterando, da oltre un anno mi ritrovo a fluttuare tra speciali onde, quelle della trasmissione radiofonica ideata e condotta da Anna Maria Esposito, responsabile della testata giornalistica di RADIO CRT. Tutti i lunedì sono ospite qui, dove l’etere mi trasporta, cavalcando insieme ad Anna, fra quelle note di pensieri e intuizioni, saperi antichi e memorie lontane, che offriamo a chiunque voglia rinverdire la Coscienza e le Brame. L’anima e la spiritualità è di casa, con noi, qua. 
Soprannominate l’Amazzone e l’Uragano biondo, intratteniamo il pubblico regalando notizie inedite e contenuti riveduti e corretti, conditi dall’indispensabile e puntuale apporto del dottor Edoardo Flaccomio: fisico, docente di matematica, Amorreo  e ricercatore spirituale. Il risultato è un succulento programma di intrattenimento dove autori e personaggi si accomodano, in quell’ormai spazio radiofonico noto come ‘il salotto di Blaterando’: lo spettacolo ha inizio. Si dibatte di arte e cultura ascoltando ‘la musica più bella del mondo’. Nasce così la nostra settimana, che sullo slancio del lunedì crea puntate incontenibili e scoppiettanti fino al venerdì.  Anna ed io concentriamo le forze nell’incipit necessariamente energetico. Da esperta erborista, lei, ha nel suo forziere esclusive ricette di bellezza, oltre ad antichissimi rimedi salutari. Per quanto riguarda la cucina, sono io a preoccuparmi di trovare il piatto da ‘acquolina’ utilizzando gli ingredienti del ricettario privato di ‘Chef Domenico’. 
Nel finale di puntata, immancabile, giunge la rima giocata: il mio Bollettino Radiometeo è filastrocca corredata per misurare il gradimento emozionale. 
È con grande gioia che riporto al pubblico di Fattitaliani il contenuto estrapolato dalla puntata di lunedì 27 luglio 2020.
Castelli, manieri e dimore storiche italiane
Castelli e manieri erano in voga fino a ieri, ma qui vorrei parlare di quei luoghi in particolare che ancora hanno molto da raccontare.
Non solo l’imponenza e la dimensione, ma per quel che rappresentano oltre loro stagione.
Sono la rocca e la fortezza, sinonimo di Destrezza, ma in sé contengono un significato che in questa trasmissione abbiamo dichiarato.
In serena compagnia sulle onde portiamo la magia. 
ROCCHE E CASTELLI di Edoardo Flaccomio
La rocca è una fortificazione che s’innalza alla sommità di un’altura. Nel sedicesimo secolo fungeva da dimora del signore, ma anche da opera di difesa. Di forma per lo più quadrata presentava torri ai lati e una più elevata delle altre, di forma rotonda, al centro. La rocca era circondata dal fossato, per attraversarlo si utilizzava il ponte levatoio.
Castello, dal latino castellum, si intendeva in origine una comunità di popolazione soggetta ad obblighi militari e non una vera e propria fortezza. Si sceglieva un luogo adatto e si circondava il ‘castello’ con mura fortificate. Territorio e abitazioni appartenevano a diversi proprietari. Al trascorrere del tempo tale proprietà passava da pochi ad un solo signore feudale. Col tempo si è trasformato fino a diventare ciò che conosciamo, il castello-palazzo reale, sfarzoso e intrigante.
Agli occhi di chi deteneva la Conoscenza Iniziatica, la rocca simboleggiava il Modello Assoluto agente nella Creazione. La forma quadrata rappresentava la stabilità. Il ponte levatoio, invece, l’unione degli opposti, maschio-femmina. Si definisce Iniziatico un Sapere proveniente dall’Inizio dei tempi, di cui la nostra corteccia cerebrale, parlante, è a immagine e somiglianza: così dicono i testi sacri. 
La Torà ebraica da cui discende la Bibbia, si fonda sulla parola Berescit (scritto come si pronuncia), tradotta con semplici e riduttive parole ‘In principio’. Perso completamente il significato profondo che qui vado a spiegare: 
בּ ראשׁית
Beit (בּ) la nostra ‘bi’, reisc (ר) la ‘erre’, alef (א) la ‘a’, scin (שׁ) la  ‘sc di sci’, iod (י) la ‘i’, tav (ת) la ‘ti’. Si leggono da Destra a Sinistra, per Inversione rispetto alle lingue occidentali, che si scrivono da Sinistra a Destra. Inversione: Legge Fondatrice nell’Ordine Primigenio.
La parola Berescit, se opportunamente conosciuta, spalanca un mondo. La lettera Beit è più grande delle altre perché ha un doppio significato: Bocca universale che parla dell’Ordine Celeste e Ventre Cosmico che genera la Coscienza parlante ROSC, ראשׁ. La iod, י simboleggia l’Energia Creativa che dà vita, denominata canonicamente Spirito Santo. La lettera Tav ת si riferisce ad un primo ciclo che si chiude.
Certi sapienti del passato, a conoscenza dell’ebraico e della radice ROSC,  utilizzavano la rocca medievale come simbolo del Modello Assoluto, infatti ROCCA si basa su ROC, ovvero su ROSC. Roc, tra l’altro, è radice di Roccia. La Chiesa Cristiana si fonda sulla Roccia giust’appunto. 
Detenere la Conoscenza Iniziatica significa essere dotati di forza e stabilità. Troni e castelli, corone comprese, simboleggiano la forza che si riceve allineandosi alla Testa parlante agente nella Creazione.
In conclusione, non posso non soffermarmi su BRESCIA, città in cui si è manifestato, agli inizi di quest’anno, il famigerato Corona Virus. Il nome BRESCIA, diviene BARESCI uguale a BERESCIT. È evidente l’uguaglianza con la prima parola immessa dalla Coscienza Universale nel Cosmo nascente. 
Si resta interdetti all’idea che dietro la peste influenzale si celi un messaggio di importanza mondiale: affondare l’esistenza nella Testa ROSC di BARESCIT. 

Segue un consiglio di bellezza che Anna Maria Esposito sa ben spiegare. Il mirto è ingrediente principale che di regine vuol parlare.
Myrtus communis: ricetta medievale 
È una delle piante più conosciute ed apprezzate sin dall’antichità. Legato a molte leggende greche e latine, il mirto serviva presso i Romani per incoronare gli eroi ed anche le giovani spose, in quanto simbolo di bellezza, giovinezza, verginità ed immortalità. Sono proprio le foglie ad essere usate nelle preparazioni erboristiche, in quanto contengono essenze e resine utili a curare le affezioni bronchiali
Liquore digestivo al Mirto
Ingredienti: 600 gr. di bacche mature di Mirto,
1litro di alcol puro a 90 gradi
600 gr. di zucchero
1 litro di acqua.
Preparazione: lasciate macerare le bacche mature nell’alcool a 90 gradi, per quaranta giorni. Filtrare e aggiungere alcool aromatizzato allo sciroppo di acqua e zucchero.  Imbottigliare. Far riposare per 2 mesi in un luogo fresco e buio prima di consumarlo.

Ricetta di cucina medievale di Chef Domenico
Quando arriva il languorino ecco a voi lo chef a noi vicino. Nel bouquet di Regina Vittoria sa narrare la gloria, il mirto è così contenuto, nel piatto che a corte sa dare un aiuto.
Fuso di tacchino agli aromi.
Ingredienti: un fuso di tacchino (coscia e sottocoscia) da kg.1,5  
Aromi: mirto, rosmarino, timo, salvia, bacche di ginepro, foglia di alloro
Vino
Olio extra vergine di oliva
Miele di castagno
Preparazione:
Rosolare la carne con un po’ d’olio da entrambe le parti, unire gli aromi spezzettati,  un filo d’olio, sale quanto basta. Irrorare con vino bianco, coprire e cuocere per circa due ore a fuoco lento. Prima di servire, caramellare con miele di castagno. Accompagnare con verdure di stagione e unirsi al banchetto.

BOLLETTINO RADIOMETEO di Flaviana Pier Elena Fusi
Castelli e manieri di anime antiche son forzieri
restano indifferenti al passare dei tempi
sono luoghi incantati che raccolgono misteri non svelati.

Un fascino compreso da chi si avvicina col fiato sospeso,
mettono un po’ paura quando ascolti chi dentro cattura.

Sono energie lontane
che vivono epoche spartane
dove a corte vi era un potere
che qualcuno soggiogava al suo volere.

Non se ne vogliono andare
perché dovrebbero ridimensionare
un luogo così imponente
che richiama da ogni parte la gente.

In realtà è la materialità
che li trattiene di qua.
Non hanno ancora capito
che è lo spirito che va inseguito.

Questo possono insegnare:
se non ci si sveglia rischiamo di non trapassare.

Consiglio Radiometeo: per navigare l’infinito è l’amore che dev’essere inseguito.

Panacea letale, Pierfranco Bruni pubblica un manuale filosofico di sopravvivenza all’esistere

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La verità è ancora una ricerca da stabilire. È mai possibile assistere a televisive dispute banali? Il problema si pone. Ed è molto serio. Se la scienza riesce a guardare alla spiritualità diventa salvezza. Se vive di potere diventa dominio e sabotaggio della verità. Un’eterna battaglia che continua tuttora. Se quasi tutti i filosofi che si occuparono di scienza conobbero il marchio dell’eretico o vennero uccisi, il dialogante connubio tra epistemologia scientista e metafisica logica è un’arma pericolosa per il potere”.

Il rapporto tra scienza e potere impone una riflessione. Il saggio di Pierfranco Brunidal titolo “La panacea letale - Il rapporto tra scienza e potere” (Ferrari Editore) è saggio estremo e chiaro, libello graffiante, manuale filosofico di sopravvivenza all’esistere: La panacea letale è tutto questo. 
Pierfranco Brunitenta di configurare, per renderli ancora più visibili, antichi e nuovi chiaroscuri storici: dalle scoperte rivoluzionarie di Galileo Galilei alla teoria dell’universo infinito di Giordano Bruno, dalla vocazione critico-razionalistica di Giulio Cesare Vaninial Manifesto degli scienziati razzisti, sino ai domini dell’economia politica e all’emergenza sanitaria più importante della nostra epoca.
SCIENZA E POTERE, dunque. Pierfranco Bruni con il suo saggio filosofico su Potere e Scienza nell'era della “Panacea letale” si confronta con la pedagogia della modernità nelle civiltà delle dissolvenza. Una lunga meditazione in cui la scienza deve intrecciarsi con la spiritualità profonda dell'uomo. 

LA PANACEA LETALE. Il rapporto tra scienza e potere impone una riflessione. Saggio estremo e chiaro, libello graffiante, manuale filosofico di sopravvivenza all’esistere: il libro di Pierfranco Bruniè tutto questo.


Pierfranco Bruni
Ha pubblicato libri di poesia (tra i quali "Via Carmelitani", "Viaggioisola", "Per non amarti più", "Fuoco di lune", "Canto di Requiem", "Ulisse è ripartito", "Ti amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio"), racconti e romanzi (tra i quali vanno ricordati "L'ultima notte di un magistrato", "Paese del vento", "Claretta e Ben", "L'ultima primavera", "E dopo vennero i sogni", "Quando fioriscono i rovi", "Il mare e la conchiglia"). Si è occupato del Novecento letterario italiano, europeo e mediterraneo. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D'Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorinie la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.

Numerosi sono i suoi testi sulla letteratura italiana ed europea del Novecento.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e si considera profondamente mediterraneo. Ha scritto, tra l'altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo", giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

I due segmenti fondamentali che caratterizzano il suo viaggio letterario sono la memoria e la nostalgia. Il mito è la chiave di lettura, secondo Pierfranco Bruni, che permette di sfogliare la margherita del tempo e della vita. Tutta la sua poetica vive di queste atmosfere. Non ha mai creduto al realismo in letteratura. Il realismo è cronaca, è rappresentazione, è documento. Il simbolo, invece, è mistero. E' metafora, è fantasia, è sogno.

Il suo poderoso saggio-racconto dal titolo “Mediterraneo. Percorsi di civiltà nella Letteratura contemporanea” è una testimonianza emblematica del suo pensiero. Dei suoi libri alcuni restano e continuano a raccontare. È convinto che la letteratura e la vita senza il sogno, l'amore e l'ironia non avrebbero senso. L'amore quando è sogno ha sempre delle illuminazioni. Gli orizzonti sono nel viaggio e le albe e i tramonti possono anche somigliarsi ma non hanno mai lo stesso colore. Lungo il suo cammino ci sono stati e ci sono molti libri incompiuti, ma non ha alcuna intenzione di definirli. Non viaggia per ritrovarsi perché è convinto che gli approdi non sono mai consapevolezza e che gli arrivi s'intrecciano con le partenze e i ritorni e vanno sempre oltre Itaca. Molti fra i suoi testi sono stati tradotti in Paesi esteri.




Barbara Monte, uscito il video di “Il Sud/Le Sud” cover di Nino Ferrer

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In questa calda estate post-lockdown ci pensa Barbara Monte e portare una ventata di aria fresca con il videoclip di “Il Sud/Le Sud”, cover del celebre ballata di Nino Ferrer del 1975, rivisitata in chiave acustico/elettronica e cantanta in italiano e francese (video).

«”Il Sud/Le Sud” parte di un progetto più ampio che abbiamo chiamato MezzoMezzo, ovvero canzoni che hanno avuto successo in Francia e in Italia, cantate nelle due lingue e ri-arrangiate in chiave più moderna. Questo è il brano al quale ci siamo affezionati di più!» - spiega la cantautrice e violinista, che invece sul videoclip svela: «L'abbiamo girato tra Gavi, Voltaggio, il Parco delle Capanne di Marcarolo…quindi nelle mie zone, la mia cara terra dove sono le mie radici, i luoghi che ho sempre frequentato fin da bambina.
Luoghi che si adattano particolarmente al testo della canzone, che appunto, descrive scene di natura, di vita semplice, di convivialità e condivisione».

Il Sud/Le Sud” è stato arrangiato da Chistophe Violland e prodotto dalla MerSea Prod. Il videoclip, diretto dal regista Marcello Alongi e ora su YouTube, segna il ritorno in grande stile di Barbara Monte, che negli ultimi anni ha lavorato principalmente in Francia dove è riuscita a conquistare il pubblico con il suo talento e la sua eleganza.


CHI È BARBARA MONTE
Barbara Montecucco, in arte Barbara Monte, è una cantautrice e violinista piemontese. All’età di quattro anni sale per la prima volta sul palco, mentre a sei inizia a studiare il violino. Nel 2007 firma, insieme al M° Pino Donaggio, la colonna sonora del film “MILANO PALERMO-il ritorno”. Nell’estate 2008 il suo terzo singolo “Il respiro di te” viene scelto come sottofondo musicale della fiction “Fidati di me”, andata in onda su RAI Uno: questa canzone è la prima estratta da “Dai Fuoco Ai Miei Papaveri”, album di debutto di Barbara uscito nel novembre 2008. Nell'estate 2010 il suo brano “Mare Senza Memoria” viene scelto dall’ Ente Nazionale Protezione Animali come colonna sonora della campagna nazionale di sensibilizzazione contro l’abbandono degli animali ed è proprio grazie a questa canzone che il 25 settembre 2010 viene invitata da Andrea Bocelli a duettare in Egitto davanti alle suggestive Piramidi de Il Cairo, durante la prima tappa del tour internazionale del tenore. Seguono altri concerti a Lucca, Tashkent e Marrakech. È in occasione di questa data in Marocco che Barbara, dopo essere stata notata da un manager francese, dà inizio al suo percorso oltralpe, esibendosi in diversi club in Costa Azzurra.
Il suo progetto cantautorale inizia così ad arricchirsi di nuove sonorità e collaborazioni che la portano piano piano a cantare in francese.
Nel settembre 2013 partecipa come finalista, con il brano “Il Velo Di Maya”, al concorso per cantautori ''Poggio Bustone'' in memoria di Lucio Battisti, conquistando il 3° posto e il premio come Personalità Artistica Emergente.
A giugno 2015 vince il concorso Senza Etichetta aggiudicandosi la borsa di studio per autori che le permetterà di frequentare il CET del M° Mogol nella classe guidata da Giuseppe Anastasi. Finalista del concorso per Autori ‘Genova per voi 2017’, a ottobre 2017, partecipa al concorso Carlo Donida e vince il premio ‘F.I.P.I.’ e il premio ‘La Compagnia’.
Sempre nel 2017 Barbara firma un contratto di un anno con il noto cabaret parigino “Don Camilo”, dove apre il sipario ogni sera esibendosi portando un po’ d’Italia a Parigi.
Nello stesso periodo iniziano nuove collaborazioni artistiche che danno alla luce diversi progetti tra i quali MezzoMezzo, ovvero un insieme di brani “evergreen” che hanno visto il successo in Italia e in Francia, ri-arrangiati e cantanti nelle due lingue. Da qui viene estratto “Il Sud/Le Sud”, bellissima ballata scritta e interpretata dal cantautore Nino Ferrer, rivisitata in chiave acustico/elettronica e cantata nelle due lingue.
Barbara continua a portare avanti la sua attività artistica tra Francia e Italia lavorando al suo prossimo EP di inediti, di cui si avrà presto un assaggio.


Barbara Monte sui social
Instagram - @montebarock

Provincia Frosinone: ARTE E CULTURA... GLI ULTIMI DELLA CLASSE

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La provincia di Frosinone rappresenta la parte più estesa  della Ciociaria e per quanto riguarda arte e cultura  il livello è ormai tale da essere considerata unica o quasi  in Italia, come le statistiche annualmente confermano. 
Laddove Latina, Fondi, Sezze, Sabaudia, Terracina… sono da sempre impegnate a essere attive grazie ad una varietà di manifestazioni artistiche e culturali dignitose e gratificanti, è incredibile constatare che da quest’altra parte della Ciociaria, che ne rappresenta lo zoccolo duro, la provincia di FR è senza dubbio  la sola provincia del Paese perennemente assente a manifestazioni di respiro e di richiamo: zero pieno, a partire dalla città capoluogo per arrivare a Veroli, Anagni,   Alatri…. Cultura e arte non rendono, non danno soldi, a differenza del cemento,  dell’asfalto, degli appalti, ecc. tale è la spiegazione possibile. Negli anni passati solo Montecassino  si imponeva  sulla scena nazionale e anche internazionale con iniziative  di altissimo livello. Deplorevoli nonché dannose sono  la completa apatia ed abulia generali nei confronti di arte e cultura, un abbassamento esiziale dell’interesse e dell’attenzione, imputabili alla totale ignavia e insensibilità a questi temi da parte delle istituzioni e dei politicanti locali, pur sapendo e vedendo che quanto attira e richiama non è il palazzo di cemento armato o la rotonda o la strada asfaltata! Ricordiamo  qualche  esempio recente:  il Comune di Frosinone o chi per esso, mesi addietro ha offerto alla città una  mostra sul costume ciociaro, un evento  notevole  considerato che le opere d’arte con il personaggio in costume ciociaro, eternato dalla gran parte degli artisti europei, è presente  in  quasi tutti i musei e gallerie del pianeta, un riconoscimento dunque universale! E a Frosinone? Già il titolo leggibile sui manifesti ecc.  della iniziativa illustra  il livello aberrante e deviante: “i costumi ciociari”, al plurale! cioè la unicità e irripetibilità di tale realtà folklorica e storica, contrassegno di un intiero territorio,  stoltamente fatto divenire plurale, alla guisa di un calzino o di una mutanda! La ‘bandiera italiana’ fatta diventare ‘le bandiere italiane’, la ‘pizza napoletana’ ‘le pizze napoletane’!! Una follia totale, una turpitudine letteraria! E non si immagina che  cosa hanno esposto in tale mostra-mostro! Ma qui interrompiamo, per decenza e per rispetto del lettore.  E’  la solita storia dell’imbonitore: il triciclo sgangherato di cui  è dotato viene spacciato  per  Rolls Royce o Ferrari! E la gente? indifferente,  essendo stata privata di tutti i punti di riferimento: ecco la vera fortuna di certi mestatori, che possono malfare e malversare nella Cultura e nell’Arte liberamente e impunemente. 
Fino ad oggi non è stata ancora  collocata una targa commemorativa in ricordo dei miracolosi ineguagliabili Fratelli Bragaglia nel luogo di nascita, dei quali  invece, in un pezzetto di strada di cento metri a loro intestato, hanno apposto  una insegna stradale così ben leggibile che se si consulta l’elenco telefonico le diciture ‘Bracaglia’ superano  ‘Bragaglia’!  Se poi si entra nella magnifica Villa Comunale, si osservino  quelle che dovrebbero essere delle sculture di arredo urbano, a destra e a sinistra, messe in opera a godimento dei cittadini e a simboli civici!  
E continuando, un altro  travisamento della realtà equivalente  ad offesa manifesta della comunità, talmente infimo da divenire  ridicolo, è anche illustrato  da quell’altra iniziativa di qualche settimana prima, organizzata questa volta, credo,  dalla Amministrazione Provinciale: un  selezionato  manipolo di studiosi e di politici esperti,  ha pubblicamente illustrato  -una vera novità-  la figura e il significato di Arturo Ciacelli,  notevole artista ciociaro del Novecento europeo: nuovamente, anche qui,  la Ferrari è stata  illustrata col monopattino nelle loro mani cioè  hanno esposto, in un allestimento indegno e preistorico,  nel salone di ingresso della Provincia, non le opere dell’importante artista di Arnara bensì le fotografie! e quali fotografie! Povero Ciacelli!  Quale offesa! Veramente svergognati e senza decoro! Eppure in zona vi sono da anni collezionisti delle opere dell’artista! Qui ci arrestiamo. Quanto deve  non dico sorprendere ma spaventare è anche il fatto che, mettendo da parte assessori e analoghi, i media, locali e non,  cartacei e non,  nulla vedano e sentano di questi mis-fatti,  di conseguenza…approvano e… guastano gli animi, ancora di più. 
Michele Santulli


Nepi, Festival Internazionale della danza e delle danze dal 20 al 22 agosto

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Durante le tre serate numerosi ospiti: Carla Fracci, Luciana Savignano, Lorella Cuccarini, Samuel Peron, Anastasia Kuzmina, Alma Manera, Micha Van Hoecke, Alviero Martini, Roberta Beccarini e tanti altri

Giovedì 20 agosto si dà inizio a Nepi, alla quarta edizione del Festival Internazionale della Danza e delle Danze, fondato da Paolo Tortelli e Maria Pia Liotta, organizzato da Alta Classe Accademia dello Spettacolo, sotto la direzione artistica di Maria Pia Liotta e con il patrocinio del Comune di Nepi. Tre giorni di grandi esibizioni con ospiti prestigiosi e rappresentanti autorevoli del settore tersicoreo. Dopo due anni di assenza il Festival ritorna nella sua sede di origine, Nepi, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale e dal Sindaco Franco Vita.

Un'importante novità di questa edizione è rappresentata dalla giornata di apertura che non si tiene all’interno del Castello dei Borgia, dove invece sono in programma le altre due serate, quella del 21 e del 22 agosto, ma nella Piazza del Comune di Nepi. Un’apertura ufficiale che vede la presenza di Carla Fracci, che per l’occasione il Sindaco vuole omaggiarla della cittadinanza onoraria, insieme al direttore artistico del Festival Maria Pia Liotta, E proprio quella sera Carla Fracci compie gli anni. A festeggiare il suo compleanno, oltre al Sindaco e esponenti dell’amministrazione comunale, la Banda musicale del comune “Enrico Gai”, diretta dal maestro Professor Giovanni De Lorenzo. La serata proseguirà con il Gran ballo degli auguri a Carla Fracci. I “Nobili” e le “Dame” della Compagnia Nazionale di Danza Storica in eleganti frac e preziosi abiti con crinolina eseguiranno meravigliose Quadriglie, Contraddanze, Polonaise tratte dai manuali dei più celebri maestri del XIX secolo e dai più incantevoli film in costume - come Il Gattopardo, Sissi, Orgoglio e Pregiudizio - usando un codice espressivo per la messa in scena rispettoso delle norme anti-covid, reinterpretato dal M° Nino Graziano Luca che lo ha attinto dalla storia.

Anche quest’anno, come nelle precedenti edizioni, il Festival, nelle due serate del 21 e 22 agosto, è una grande maratona della danza e garantisce un programma vasto, innovativo di grande apertura di spirito e di sicura qualità artistica. Il direttore del Festival, Maria Pia Liotta, come sempre guarda al futuro, proponendo anche quest'anno sulla scena italiana uno spettacolo che, basato sulla solida struttura del balletto tradizionale, si apre verso nuovi stili e cresce verso le varie discipline della danza, dal classico al contemporaneo, dal tango ai balli caraibici e latino americani. Un progetto unico nel suo genere, quindi un incontro internazionale di danza e danzatori nelle varie tecniche e discipline, con l'obiettivo di coinvolgere tutti gli operatori del settore per uno scambio culturale.

A rappresentare le varie discipline nelle due serate in programma la massima espressione della danza, grandi stelle di chiara fama, ognuna protagonista indiscussa nel proprio genere: Grande attesa per Carla Fracci, che nella serata finale del Gran Gala del Festival (sabato 22 agosto), sarà protagonista con una nuova creazione, ideata e diretta da Beppe Menegatti, con la partecipazione di Alma Manera. Un inedito, in anteprima mondiale, che l'indiscussa divina della danza offrirà in esclusiva al pubblico di Nepi.Ancora, durante le due serate del Festival, si alterneranno sul palco: il Neoclassic Ballet di Sabrina Bosco che in anteprima per il Festival presenterà il Bolero di Ravel in un nuovo adattamento coreografico di Sabrina Bosco; la compagnia Le Viaggiatrici d’Oriente, diretta da Marta Amira, il tango di Roberta Beccarinicon Luca Amerijeiras; le Piccole Danzatrici Italiane Danza Accademia; gli standard e il latino americano con Samuel Peron e Anastasia Kuzmina; tratto dallo spettacolo Shine di Micha Van Hoeche con musiche dei Pink Floyd Marco Lo Presti, solista della Compagnia Daniele Cipriani Entartainment, eseguirà “Wish you were here”; le forti emozioni di Alma Maneracon un omaggio a Ennio Morricone; al pianoforte il  m° Kozeta Prifti. Le serate sono condotte da Beppe Convertini e da Maria Elena Fabi.

Durante l'ultima serata del Festival ritorna il premio “Lo Schiaccianoci d'Oro”, istituzionalizzato nella prima edizione del Festival. A grandi artisti, a esponenti autorevoli del settore, un riconoscimento per la loro fedele dedizione ad un'arte, quale la danza, e che hanno fatto della danza la loro espressione di vita. Il premioè stato creato dall'artista Enrico Manera. Quest'anno tra i premiati: Luciana Savignano, Lorella Cuccarini, Micha Van Hoecke, Elisabetta Armiato, Alviero Martini, Christian Francesconi Catena, Francesca Barbi Marinetti, Stefania Di Cosmo e altri.

Nel dettaglio:
·        Anteprima Festival
giovedì 20 agosto 2020 – ore 18.30. Piazza del Comune – Nepi

·        Sotto un cielo di Stelle
venerdì 21 agosto 2020– ore 21.00. Castello dei Borgia - Nepi
·        Gran Gala del Festival e cerimonia finale di consegna del Premio “Lo Schiaccianoci d'oro”
sabato 22 agosto 2020– ore 21.00. Castello dei Borgia - Nepi

PER INFORMAZIONI: Segreteria Organizzativa – Cell. 346.6142314

PER PRENOTAZIONI E ACQUISTI BIGLIETTI ON LINE
·        Associazione L’Attesa
Tel338.3288291 – 333.8495929

·        La Bottega di Emi
Via Giacomo Matteotti, 18– Nepi
0761.555029

Costo del biglietto: € 15,00 a serata
Abbonamento per le due serate:€ 25,00


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