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Netflix, Fattitaliani intervista Stefano Cassetti eroe e antieroe della serie "Into the night"

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Fra le nuove serie Netflix annunciate per il 1° maggio 2020 ce n'è una belga che sembra destinata a conseguire grandi risultati e conquistare una grossa fetta di pubblico. Si tratta di "Into the night" ispirata al romanzo digitale dello scrittore polacco Jacek Dukaj. La serie racconta della lotta per la sopravvivenza dei passeggeri di un volo notturno, che continua a fare rotta intorno alla Terra devastata da un misterioso evento cosmico causato dal sole. Fra gli interpreti c'è l'italiano Stefano Cassetti (filmografia, tv), nei panni di Terenzio, militare distaccato alla Nato, che salito a bordo di un aereo armato di mitra, dà l'avvio all'avventura imponendosi e gridando: "Se non decolliamo subito, il sorgere del sole ci ucciderà tutti!". Fattitaliani lo ha intervistato.
Come è avvenuto il tuo coinvolgimento nella serie?
Molto semplicemente: io negli ultimi vent'anni ho lavorato più all'estero che in Italia. Ho quattro agenzie: Roma, Londra, Berlino, Parigi. In questo caso, la mia agenzia francese mi ha chiamato perché Netflix l'aveva contattata direttamente chiedendo la mia disponibilità. Quindi, trattasi di un coinvolgimento standard, tradizionale, tramite agente.
Cosa ti piace di più del tuo personaggio?
Due cose molto diverse. Il personaggio è in possesso dell'informazione che lo porta a fare delle cose che mai avrebbe fatto in vita sua; perde completamente le staffe, e va oltre dubbi, remore, limiti, credenze, insegnamenti. Fa esplodere adrenalina ed energie a fin di bene e questo lo spinge a valicare i limiti istituzionali e del rigore militare che ha appreso. Un altro elemento è una caratteristica che tanti registi hanno riconosciuto in me, il fatto che mi venisse facile avere due facce, giocare sull'ambivalenza fra buono e cattivo, positivo e negativo: Terenzio è in questo caso proprio il manifesto di tale condizione. Da una parte ha questa informazione e se la tiene per sé e vuole salvare egoisticamente se stesso; dall'altro lato, questo salvare se stesso lo porta invece a diventare quasi un eroe anche se all'inizio non viene creduto proprio per questa carica di adrenalina folle che emana, ma alla fine tutti gli riconoscono che ha ragione e che ha salvato la vita a tutti: una cosa che fa incosciamente perché vuole salvare se stesso. Questa ambivalenza fra eroe e antieroe è molto bella e compressa e penso che sia una chiave di lettura molto interessante. Se vuoi, è anche un po' comica: alla fine, un egoista che diventa un salvatore fa sorridere.
Ho apprezzato molto l'atmosfera multilingue e internazionale: come è stata l'interazione fra gli attori di diversa nazionalità?
L'interazione multilingue è un punto forte, ma è stato anche il vero grosso scoglio non tanto fra attori, perché fra inglese e francese ci si intendeva bene; il problema vero è che avevamo due registi belgi che non erano di madrelingua francese. E dall'altra parte, un creator, uno show runner, che invece era di Los Angeles che non parla né francese né italiano. È stato insomma molto complicato fare in modo che tutti avessero una visione comune delle nuances linguistiche fondamentali per entrare nel personaggio.
Foto di Lisa Lesourd
"Into the night" ha la tensione e il ritmo che tengono incollato lo spettatore: quanto è stato intenso e duro girare gli episodi?
A parte gli orari massacranti-  dodici ore al giorno, tutti i giorni - è stato difficile per il fatto che gli americani lavorano in modo più spontaneo ed estemporaneo delle produzioni europee, quindi abbiamo ricevuto gli script degli ultimi tre episodi due giorni prima di girare e gli attori erano in una situazione insolita, perché di solito hai la sceneggiatura e conosci la struttura due mesi prima.
Personalmente tu segui delle serie?
Sì, ho visto un po'"Dark " e "Black mirror" ma ti confesso che neanche la sera trovo il tempo di stare incollato al televisore.
Ci sono attori/attrici ti hanno ispirato e trasmesso la voglia di recitare?
Sono molto affezionato al cinema iraniano: adoro Kiarostami e Makhmalbaf, mentre detesto Nanni Moretti in tutti i suoi film.
Nella tua carriera di attore c'è un'idea che stai cercando di mantenere costante come criterio e riferimento?
Ho un convincimento: l'attore deve riuscire -dato che si cambia negli anni- ad avere dei ruoli che assecondino e seguano il proprio percorso naturale di invecchiamento e maturazione. Negli anni ho imparato tanto, mi vergogno di come recitavo prima e mi vergognerò sicuramente di come sto recitando in questi anni. È tutto un evolversi: l'importante è imparare giorno dopo giorno, film dopo film.
Foto di Edith Held
E in Italia tornerai a lavorare?
Adoro girare in Italia e in italiano: è tutto un altro mondo, se vuoi più complicato e più creativo. Ho già fatto tanti film in Italia, forse il mio accento non ha molto spazio, la grande parte delle produzioni è romacentrica e quindi il mio accento ha meno possibilità di avere spazio. Negli anni ho cercato di imparare accenti diversi, ma credo non abbia molto senso prendere un attore del nord per interpretare un personaggio del sud e viceversa: ci sono così tanti professionisti bravissimi. 
In previsione avevo -prima del Coronavirus- due film francesi, molto belli e intimisti: ma il futuro ci sorriderà sicuramente. Giovanni Zambito.
Foto copertina: Lisa Lesourd

UE, Italiano lingua di lavoro. La petizione

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Firma la petizione nella pagina web buonacausa.org

PREMESSE
  • Sono usciti dall'Unione europea 67 milioni di inglesi. L'inglese oggi nell'Unione europea, ma come seconda lingua ufficiale, da meno di 6 milioni di persone, tra irlandesi del sud e maltesi. La democrazia è fatta di numeri, ma per l'Unione europea i numeri non contano: ergo non è una democrazia. Questa Europa si ostina a parlarci in una lingua men che minoritaria e, di fatto, ci priva da decenni del diritto di accedere nella nostra lingua, una lingua dal prestigio ultrasecolare e del quarto - ma con l’uscita del Regno Unito del terzo - Paese più popoloso dell’Unione, a comunicati e documenti ufficiali europei.
  • L’Ufficio Europeo di Selezione del Personale (EPSO) bandisce concorsi in cui “La seconda lingua deve essere l’inglese, il francese o il tedesco”.
  • La Commissione europea svolge le consultazioni dei popoli europei sempre in inglese, secondariamente in francese e tedesco, e in minima parte in italiano e nelle altre lingue europee: a partire dalla decisione referendaria della Gran Bretagna di uscire dall’Ue, ha svolto oltre 100 consultazioni dei popoli europei, di esse, solo un quarto sono nella nostra lingua.
La terra e la cultura di quella terra divengono di pubblico dominio solo quando mancano eredi ma gli italiani sono gli eredi dei "latini", tra il mondo latino e quello italiano non c'è soluzione di continuità, insomma il "latino" si doverbbe chiamare "italiano antico" e, invece, ci siamo lasciati scippare questa consapevolezza e, con essa, centinaia di anni della nostra storia. In questa Unione europea da decenni è in atto analogo furto, a dispetto delle norme sancite dai Trattati, nel corso degli anni abbiamo assistito all’affermazione, nel funzionamento dell’UE, di un trilinguismo di fatto anglo-franco-tedesco. Tale approccio, basato sulla surrettizia distinzione tra le 24 lingue dell'Unione europea in "lingue ufficiali" e “lingue di lavoro”, nel Regolamento delle Comunità Europee del 1958 che le norma all'Art.1/58, non trova alcun fondamento. Anzi, se si va a vedere nel dettaglio l’originario Art. 1 del Reg. CE del 1958 esso dice che “Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni della Comunità sono  - in ordine alfabetico  - la lingua francese, la lingua italiana, la lingua olandese e la lingua tedesca”. Insomma mentre allora, l’italiano era lingua europea ufficiale e di lavoro, i Governi che si sono succeduti si sono prestati alla discriminazione europea del nostro Paese.
Avere l’italiano come lingua di lavoro comporterà anche assunzione di funzionari e personale europeo italofono ma, anche, la fine della schiavitù linguistica degli italiani nel dover presentare i progetti europei nelle 3 lingue di lavoro attuali (inglese, francese e tedesco) o nel monopolistico idioma inglese e, quindi, l'accesso rapido e agevole a finanziamenti europei per tutte le nostre imprese che, specie se piccole e medie, difficilmente possono permettersi traduttori professionisti e specialisti nel campo imprenditoriale di ciascuna impresa ma, anche, di poter esprimere il nostro parere, come cittadini, nelle consultazioni che coinvolgono noi e il nostro Paese, dalla pesca all’agricoltura al sistema finanziario, sulle quali è sempre di più l’Unione europea a decidere, spesso dietro consultazioni pubbliche alle quali gli italiani non possono partecipare perché redatte nelle lingua di altri Paesi, peraltro, e questa è la cosa più grave, con un numero di abitanti comparabile al nostro.
APPELLO PER L'ITALIANO LINGUA DI LAVORO DELLA UNIONE EUROPEA
    • Al Presidente della Repubblica.
    • Al Presidente del Consiglio e al Governo.
    • A ciascun Parlamentare.
TUTTI riconoscono in questa Unione europea di oltre mezzo miliardo di persone una casa comune dalla grandi potenzialità ma molto mal gestite.
L'Italia ha la diaspora maggiore nel mondo dopo la Cina, l'italiano è la lingua ufficiale di Città del Vaticano da dove s'irradia un cattolicesimo con oltre 1 miliardo e 200 milioni di fedeli, l'italiano è la quarta lingua più studiata nel mondo e, incomprensibilmente, non abbiamo visto operare un solo Governo affinché quel prestigio venisse accresciuto in modo da farla divenire la terza.
Tutti gli italiani vorrebbero che l'Italia per la sua storia, cultura, creatività, bellezza, per le sue tradizioni, per il numero della sua popolazione, avesse la giusta e democratica importanza nella casa comune europea.
Tutti sono concordi nel desiderare una leadership europea per l'Italia ma, nessuno, ha finora dimostrato di saperla davvero realizzare.
Noi sottoscritti siamo convinti che essa possa avere inizio con un Governo che, finalmente, si adoperi perché l'italiano da lingua ufficiale europea divenga anche lingua di lavoro dell'Unione.
In attesa di una Sua risposta d'impegno in proposito,

#Italiapiubella, la campagna “Italia da gustare, Italia più bella”

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Nasce da un’idea dell’Ambasciatore del gusto Anthony Peth il progetto #italiapiubella a sostegno di tutte le eccellenze italiane che rendono unico il nostro Paese.

Ben cento artisti, della musica, del cinema, della danza, del teatro, della moda, del design e del giornalismo, si sono uniti per dare un volto e voce a tutte le piccole, medie e grandi imprese italiane.
Mai come ora tutti i settori hanno bisogno di ripartire e quindi “ripartiamo da noi”. Ripartiamo dal Made in Italy.

L'italia più bella è l'italia che ognuno ha dentro di sé,
l'italia più bella è un ricordo che ci portiamo nel cuore
è il sapore della pizza quando eravamo bambini
è lo scorcio di quella strada dove siamo nati
è lo sguardo di nostra nonna quando ci raccontava una storia
l'italia più bella è quella che ancora non conosciamo
che non abbiamo visto
ma che sappiamo è che lì
basterà uscire di nuovo e ci sorprenderà come sempre
l'italia più bella sei tu
l'italia più bella siamo noi”.

Hanno aderito all’iniziativa
#Italiapiubella:

(in ordine alfabetico)

Agostino Penna, Albano Carrisi, Alessandro Canino, Alessandro Sansone, Alessia Ventura, Alviero Martini, Amaurys Pèrez, Andrea Castrignano, Andrea Fratellini, Andrea Sedici, Antonella Salvucci, Antonio Giuliani, Benedetta Mazza, Beppe Convertini, Camilla Nata, I Carta Bianca, Cecilia Gayle, Christian Monaco, Cinzia Malvini, Cosetta Turco, Davide De Marinis, Denny Méndez, Didi Leoni, Dj Ringo, Elda Alvigini, Eleonora Scopelliti, Elisa Isoardi, Elisabetta Pellini, Emanuela Aureli, Emilia Clementi, Emiliano De Martino, Enrica Guidi, Enrico Florenzo, Fanny Cadeo, Federica Peluffo, Federico Pini, Fioretta Mari, Francesca Ceci, Francesco De Simone, Gabriele Cirilli, I Gemelli di Guidonia, Gennaro Prato, Gianfranco Phino, Giulia Luzi, Giuseppe Alessio Nuzzo, Graziano Scarabicchi, Giusy Versace, Hoara Borselli, Imma Piro, Ivana Spagna, Janet De Nardis, Jonathan Kashanian, Katia Ricciarelli, Lara Pezzuto, Leonardo Pieraccioni, Mago Heldin, Marco Passiglia, Marco Terenzi, Maria Grazia Cucinotta, Marianna De Micheli, Mariaraffaella Napolitano, Mariella Anziano, Mario Ermito, Mario Zamma, Massimo Bagnato, Mauro Coruzzi, Michela Coppa, Milena Miconi, Natalia Titova, Paola Lavini, Paola Melato, Paolo Bernardini, Paolo Conticini, Paolo Molinaro, Patrizia Pellegrino, Pier Maria Cecchini, Piero Mazzocchetti, Pupo, Rosa Gargiulo, Rosanna Lambertucci, Rosaria Renna, Rosario Miraggio, Ruly Rodriguez, Samanta Togni, Samuel Peron, Savino Zaba, Sebastiano Somma, Sergio Folco, Silvana Giacobini, Sofia e Carlotta Guerranti, Sofia Marilù Tricarico, Thomas Grazioso, Valentina Gemelli, Valeria Altobelli, Valerio Scarponi e Vincenzo Bocciarelli.         

Con Daniela Chessa Etra Management e la collaborazione di Michele Pace,  Beppe Pettinato, Paola Comin , Alex Pacifico Management, Andrea Iannuzzi, Lorella Ridenti, Roberto Ruggero, Mirella Dosi, LGSSportLab, Lisa Bernardini, Colonello Orazio Anania, Mario Maellaro, Francesca Aiello, Umberto Maria Chiaramonte, Corrado Ferrante, Fabrizio Zaccaretti, Vitaliano Loprete, Dott.ssa Loriga, Umberto Garibaldi, Avv. Ugo Cerruti, Alessia Ghisoni, Cinzia Murgia, Ennio Neri, Mariangela Savonarota, Camelia Lambru, Alessandro Dalla Costa, EI Pardo Management,  AppxApp.
Prodotto da
N&M Management

Il cantautore Valerio Cinque e il video “Nel turbinio”

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Prodotto con la collaborazione di Cosimo Pastore, è uscito su YouTube e Facebook il nuovo videoclip del cantautore Valerio Cinque sul singolo “Nel turbinio”, estratto dal concept-album cantautoriale “Un labile tepore”.

Ecco come l’autore stesso presenta il suo video:
"Nel turbinio è un folk-rock incalzante in bilico tra il pop e il classico cantautorato italiano, come Lucio Battisti, Ivan Graziani, Fabrizio De André o Francesco De Gregori.

È un continuo crescendo sia nell’intensità dinamica che nell’emozione, è un’escalation, un risveglio spirituale che porta ad affrontare la tempesta e riapre a nuova vita, un climax nel quale la voce si intreccia all’evoluzione degli strumenti.

Nel turbinio la tempesta viene affrontata con l’entusiasmo di chi, nonostante ne abbia passate tante, ha ancora la fede propria dell’antica ingenuità."


GUARDA NEL TURBINIO

Biografia: Valerio Cinque nasce a Grottaglie, in provincia di Taranto, il 7 Luglio 1991.
Si avvicina inevitabilmente al mondo musicale a seguito di un tragico evento, avvenuto all’alba dei suoi 14 anni: la morte dei genitori in un incidente stradale (dal quale egli si salva, assieme ai suoi fratelli maggiori).
Da quel momento la musica diventa gradatamente, oltre che un mondo nel quale dolcemente abbandonarsi, anche il mezzo prediletto per esprimersi.
Si trasferisce a Torino per continuare i suoi studi musicali, diplomandosi nel 2015 all’Accademia di Musica Moderna e laureandosi nel 2019 con il massimo dei voti in Chitarra Jazz presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino.
Negli ultimi quattro anni Valerio ha lavorato a un ciclo di canzoni inedite da dedicare alla madre scomparsa (anch’essa musicista), con le quali si mette a nudo nelle sue emozioni e nel suo vissuto, senza alcun timore.
Il suo primo album autoprodotto, "Un labile tepore", è stato registrato al Riverside Studio di Torino in collaborazione con 19 musicisti, tra i quali spiccano il violinista Edoardo De Angelis, il violoncellista Manuel Zigante e il loro “Quartetto d’archi di Torino”, che ha collaborato con nomi prestigiosi come Dario Brunori, Ezio Bosso e Vinicio Capossela.
La sua musica, tra le tante influenze, si ispira all'essenza di Lucio Battisti, Francesco De Gregori, Fabrizio De André, Franco Battiato e cantautori di lingua inglese come Nick Drake, Jeff Buckley ed Elliott Smith.
Per la title track “Un labile tepore” Valerio ha ricevuto una Menzione Speciale al Merito da parte di Mogol in occasione del VII PREMIO CET PER AUTORI. Il testo è stato inserito in un'antologia di poesie curata dallo stesso Mogol, di prossima pubblicazione.
In più, il brano ha partecipato alle fasi finali del X PREMIO DONIDA ed è stato già selezionato per le fasi finali del FOLKEST 2021.
“Un labile tepore” è stato pubblicato il 3 Aprile 2020.

CONTATTI
Sito web – www.valeriocinque.it

Musica, Valente presenta "Controllo": un grido di ribellione contemporaneo. L'intervista

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A un anno di distanza dall’album Blu Valente ritorna in scena con un EP che da una parte è una sorta di prosecuzione naturale dell’album e allo stesso tempo, proprio con la tille track vigorosa e smaccatamente rock, si discosta da esso. Le coordinate musicali, indelebili nel DNA di Valente, sono ancora un mix di new wave, rock anni 80e un pizzico di prog post moderno (garantito soprattutto dal bellissimo basso). Un ep di musica elegante, da gustare pian piano per scoprire tutte le sue sfaccettature. L'intervista.

Parlaci del nuovo disco. Che impronta hai voluto dargli?
Il nuovo singolo si chiama “Controllo” ed è estratto dal nuovo EP omonimo pubblicato da Dischi Soviet Studio, l’etichetta per cui incido. Sono 5 nuovi brani legati dal filo conduttore del tema del “controllo”, un tema che mi sta a molto a cuore e che, in quest’emergenza mondiale si è ritrovato d essere quanto ami di attualità.
Controllo esprime un grido di ribellione contemporaneo al “controllo” che si sviluppa in ogni ambito della vita privata e pubblica dell'individuo: nel mondo dei social e dei mass media, nella vita politica ed economica, ma anche nella sfera intima e delle relazioni personali, insinuandosi spesso perfino nel carrello della spesa.
Dal punto di visto musicale la title track è un pezzo dal piglio decisamente rock ed elettrico, ma all’interno dell’album ci sono anche momenti di sofisticato funk e di sperimentazione, espandendo il mondo new wave anni 80 da cui provengo. é un la loro del quale sono particolarmente soddisfatto per lo spirito di band che si è creato in studio di registrazione insieme ad Andrea Lombardini, bassista e mio produttore artistico, a Gianni Rojatti, chitarrista davvero brillante e a Phil Mer, un batterista incredibile. Tutta la band ha contribuito all’arrangiamento in studio delle canzoni che avevo inciso ne miei provini casalinghi, mettendoci ognuno il suo tocco personale e la sua passione.
Quali sono i tuoi cantanti di riferimento? 
Sicuramente David Bowie, Iggy Pop, Brian Ferry, The Clash, New Order. Nel nuovo EP c’è una versione elettro-dub di The Man Who Sold the World di  Bowie, canzone che quest’anno compie 50 anni e  che abbiamo voluto omaggiare con grande amore.
Qual è l’esperienza lavorativa che più ti ha segnato fino ad ora?
Scrivere e incidere la mia musica originale è un’esperienza lavorativa senza pari per me. E senz’altro suonare dal vivo. Mi ha segnato profondamente. 
Invece quella mai fatta e che ti piacerebbe fare?
Mi piacerebbe aprire un posto dove vendere vino e vinili.
Progetti futuri? Farai un tour? 
Purtroppo le date live previste per promuovere questo nuovo lavoro sono state tutte cancellate data l’odierna situazione. Però,  speriamo nell’autunno inverno per poter riprendere ad esibirci dal vivo. Nel frattempo sto già scrivendo nuovo materiale che potrebbe anche vedere la luce all’inizio del 2021. Tutto questo tempo obbligato “In casa” ,per fortuna, non va sprecato, almeno sotto questo punto di vista. 

Hale, "La più bella di tutte"è il nuovo singolo del Compositore, autore, interprete e polistrumentista

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Dopo la recente ripubblicazione dell'album "Il giardino degli inconcludenti", Hale propone al pubblico un nuovo singolo tratto dalla sua prima avventura discografica: "La più bella di tutte".

Un brano intenso e toccante, che rimanda ad atmosfere sentimentali e romantiche. Un esempio di cantautorato maturo, nonostante la giovane età e al tempo stesso innovativo. “È una canzone che ho scritto per dare un senso al sentirsi fragili e impotenti di fronte a qualcosa che non è andata come speravi, diventando proprio tutto l’opposto"- racconta Hale, aggiungendo: "Il sogno di un amore che diventa incubo da un giorno all’altro senza una reale motivazione, ma che oggi mi ha comunque lasciato molto.”
"La più bella di tutte"è uno dei dodici brani che compongono "Il giardino degli inconcludenti", il primo album di Hale distribuito da Universal Music Italia. Pubblicato inizialmente nel maggio del 2018 sotto etichetta Melody Records, l'album affronta tematiche come l'amore in tutte le sue sfaccettature, il rimpianto e il coraggio. Tracce che spaziano dalla tradizione cantautorale italiana fino a toccare sonorità più moderne. Un album che rappresenta il battesimo per questo talentoso cantautore che ha già ottenuto recensioni molto positive da parte degli addetti ai lavori. All’avanguardia per quanto riguarda le sonorità, pur mantenendo uno stile classico per ciò che concerne le tematiche e la tipologia di scrittura, ispirata ai grandi cantautori italiani (non mancano, infatti, alcune citazioni e tributi).
Biografia di HALE
Compositore, autore, interprete e polistrumentista. Pasquale Battista, in arte Hale, è capace con la sua voce e la sua musica di spaziare dalla tradizione melodica italiana fino alle sonorità più moderne. Nasce a Salerno nel 1995 e fin da bambino decide di voler legare la sua vita alla musica. All’età di soli 10 anni inizia a studiare canto e pianoforte, a 17 inizia a comporre i suoi primi brani. Nel 2016 conosce Michelangelo Tagliente, direttore artistico dell’etichetta discografica Melody Studio Recording, e inizia a formarsi nella prestigiosa accademia Melody Music School di Roma. Nel 2017 si classifica tra le file delle nuove proposte di Sanremo Giovani con il brano “Meteora”. Nel 2018 partecipa ad “Amici Casting” su Real Time. Dopo aver realizzato dei live, HALE inizia a scrivere nuovi testi e musiche. All’attivo ha ben 54 inediti.
TRACK LIST “IL GIARDINO DEGLI INCONCLUDENTI”:
1.     Non siamo soli
2.     Esistere non basta
3.     Mentre ascolti la pioggia
4.     Tornerò indietro (senza lei)
5.     Senza farsi male (Io, te e il mare)
6.     Nell'aria
7.     Come sto stasera
8.     Meteora
9.     L'amore è dietro l'angolo (ottuso)
10. Emma Watson
11. La più bella di tutte

Corretta idratazione fondamentale contro le allergie stagionali

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Nove milioni di italiani. È questo, secondo Federasma, il numero di persone che soffrono di allergie. Il 16,9% accusa rinite allergica, mentre il 6% dei giovani (dai 14 anni in su) ha a che fare con asma. Uno fra i principali responsabili è il polline, che proviene da piante quali le graminacee, la parietaria, l’ambrosia, le betulle, ma anche il cipresso, l’ulivo e la quercia. Come rimediare? Le soluzioni sono tante, fra cui i classici antistaminici, ma un fattore che molti non considerano è il seguire una corretta idratazione.


È quanto riporta In a Bottle (www.inabottle.it) in un focus tra corretta idratazione e salute.

La salute respiratoria, con particolare attenzione sui bambini, è influenzata anche dalla quantità di acqua che assume l’individuo ogni giorno. La relazione tra disidratazione e vie respiratorie, infatti, è ancora poco nota e gioca un ruolo fondamentale nel favorire l’insorgenza di allergie stagionali. La Dottoressa Neeta Ogden, portavoce dell’American College of Allergy, Asthma and Immunology, ha offerto alcuni consigli pratici a riguardo.

“Assicuratevi – ha dichiarato a Cbsnews.com – di bere una giusta quantità di fluidi per rimanere idratati durante le allergie stagionali. È stato dimostrato, infatti, che quando l’individuo è disidratato, il suo corpo produce un più alto livello di istamina, il che porta all’insorgenza di allergie. Quando si è disidratati c’è il rischio di peggiorare la situazione: bere molta acqua è essenziale”.

A prescindere da tutto è consigliato bere due litri di acqua al giorno, per mantenersi idratati. Questo, inoltre, migliora la funzionalità delle mucose dell’apparato respiratorio e, anche a livello degli occhi, si verifica una riduzione dell’infiammazione.

“Bere quantità adeguate di acqua – commenta il Dottor Bruce Pfuetze, allergolo ed immunologo presso l’Overland Park Regional Medical Center – è molto importante per la nostra salute in generale. Mantenersi idratati, inoltre, aiuta ad espellere le sostanze estranee, compresi gli allergeni che circolano nel nostro corpo”.

Racconti in quarantena, FORTUNATO MILLEPROFUMI

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di Mario Narducci - Fortunato Milleprofumi si muoveva con l’alba. Si chiudeva alle spalle l’uscio di un monolocale che guardava le 99 Cannelle, varcava l’attigua Porta Rivera ed era nell’orto, uno dei tanti che affiancava la ferrovia, prima che la strada curvasse verso Roio e lo raggiungesse tutta in salita, tra tornanti panoramici sulla Città che si svegliava.
Era il tempo che gli orti della Rivera, fertili anche per le vicine acque dell’Aterno e sempre verdi, rifornivano in buona parte il mercato di Piazza del Duomo, dove per trovare ortaggi di casa, bastava dirigersi a colpo sicuro nella striscia laterale del mercato, prospiciente la Chiesa delle Anime Sante.
Fortunato Milleprofumi riempiva con sapienza il carrettino delle sue verdure, disponeva ordinatamente i numerosi odori e con la calma e il portamento d’anca che gli erano propri si inerpicava per la salita erta che solo permetteva riposo allo slargo piano dei Cappuccini di Santa Chiara. Coperto l’ultimo tratto che incrocia Via XX Settembre, si immetteva nella piazzetta di Fontesecco e, costeggiando le Magistrali dal lato piccolo, guadagnava Piazzetta San Biagio per raggiungere finalmente Piazza Duomo, dove ferveva tutto un brulichio di bancherelle che si fermavano al posto stabilito, come formiche finalmente acquietate.

Fortunato Milleprofumi s’asciugava con un ampio fazzoletto a fiori il sudore copioso della salita, si disponeva nella striscia delle ortolane provenienti dai paesi limitrofi con analoga mercanzia, riordinava verdure e odori, faceva capolino di preghiere veloci alle Anime Sante, e al braccio di altri venditori, acquietati anch’essi, guadagnava il bar più vicino per il meritato caffè. Chiacchierine suonavano a questo punto le campane per annunciare la prima messa e il sole levato. Le banche dei fruttaròli erano belle e allineate.

I furgoncini degli alimentari avevano aperto i teloni come ali d’aquila in tutta la loro estensione, tra odori penetranti di sottaceti, aringhe e baccalà; il porchettaro aveva incominciato a servire i primi panini caldi caldi agli stessi ambulanti bisognosi di colazione robusta; era apparsa la distesa di conche e rame vario a piedi piazza mentre dal lato destro, guardante la Cattedrale, le bancherelle di vestiti e d’intimo avevano messo in mostra la loro mercanzia e l’edicola incominciava la vendita di giornali, dopo il richiamo dello strillone che vendeva anche di suo, solleticando la curiosità della gente con una frase rimasta al mezzo come un sospiro tronco: “E’ successo”... Che cosa, poi, dovevi comprare il giornale per saperlo. Era L’Aquila del dopo guerra, ma anche la stessa Città che ci ha rubato le ore del mattino fino a quando il terremoto del 2009 non scacciò gli ambulanti per trasferirli nell’arida e incolore Piazza d’Armi, dove c’è di tutto, ma si fa fatica a ritrovarne l’anima.

Fortunato Milleprofumi era una delle tante anime del Mercato del Duomo e forse tra le più caratteristiche. Gentile di voce e nel portamento, sapeva adunare attorno alla banca, che era la sua profumeria, le donne degli acquisti che non trovavano solo verdure, ma tutta una infinità di odori come erbetta, sedano, rosmarino, mentuccia, timo che nell’orto della Rivèra curava con particolare attenzione da farne il richiamo principale della sua banca piccola. E’ questa particolarità, si intende, che gli aveva guadagnato il soprannome di Milleprofumi, al quale teneva come a un trofeo da esibire nel salotto buono. Come la ressa scemava un poco, Milleprofumi sedeva su uno sgabello precario, tirava fuori da una sacca di tela bianca un gomitolo di lana e gli dava sotto coi ferri per confezionare qualche capo, fosse un maglione o un paio di calzettoni per l’inverno.

Alla scena più esilarante del suo stare in piazza, si poteva assistere quando accostavano la sua banca donne e giovanottoni simultaneamente. Se era la donna a chiedere: “Che profumi porti oj (oggi), Fortunà”, egli rispondeva falsamente ischizzinito con un “Vattene via, puttano’“, che aveva tutto il sapore di una carezza e che come tale veniva percepita ridendo. Quindi le attenzioni erano rivolte tutte al baldo giovanotto: “Guarda se quanti profumi tengo (ho), capa, capa (scegli, scegli) Stellozzu”. E tutto finiva lì, perché Fortunato Milleprofumiera sempre abbondantemente nei limiti della galanteria, prestata tutt’al più al doppio senso, come lo erano del resto tutti nei suoi confronti, in una Città aperta al diverso, anche in tempi in cui le cosiddette battaglie di civiltà erano ancora di là da venire.

Intorno alle quattordici le banche incominciavano a sciamare, mentre arrivavano squadre di netturbini a ripulire ogni cosa con le ramazze lunghe. Fortunato allora ridiscendeva verso gli orti della Rivèra con il carrettino alleggerito e riprendeva la cura del suo orto, perché l’indomani la città profumasse ancora tutta della freschezza delle sue verdure e dei suoi odori, cui lui teneva più di un prato in fiore. E che lo esaltavano assai più di due gocce di Chanel.



Gruppo Becca, Umbria-Lussemburgo andata e ritorno: il Covid non ferma la voglia di investire nella propria terra di origine

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La famiglia Flavio e Aldo Becca, nonostante la crisi legata al Coronavirus, rafforza gli investimenti nella propria terra d’origine, l’Umbria. Fra le attività del Gruppo nel cuore verde d’Italia un’azienda vitivinicola, un resort, un ristorante e una radio, importante strumento per la promozione del territorio e delle sue eccellenze 

Il settore del turismo e dell’ospitalità è senza dubbio fra i più colpiti dalla crisi economica legata all’emergenza sanitaria del Coronavirus, ma il gruppo della famiglia italo-lussemburghese Becca ha deciso di giocare al rilancio continuando a investire nel made in Italy e, in particolare, nelle eccellenze made in Umbria. È il momento giusto per puntare sulle risorse del cuore verde d’Italia e sulle potenzialità che offrono i suoi borghi con il loro ricco patrimonio naturalistico e culturale, la tranquillità e la vivibilità. Tutti elementi che oggi infondono un senso di “sicurezza” in quella che è la prima regione italiana a zero contagi e una delle meno colpite dal virus. 
L’estate 2020 sarà segnata dalla riscoperta dei piccoli borghi, di luoghi attrattivi ma poco affollati e di vacanze nella quiete e nella natura a cui l’Umbria è da sempre particolarmente vocata. Per questo dobbiamo investire e promuovere questo territorio che è in grado di rispondere al meglio a questa richiesta emergente di sicurezza, lontano da ogni assembramento. Non dimentichiamoci poi che all’estero la voglia di ‘Italia’ non si è affatto spenta. Sta a noi farci trovare pronti, mettendo in campo anche servizi di accoglienza su misura per soddisfare le nuove esigenze del mercato e comunicarli in modo efficace”. A parlare è il leader del Gruppo Flavio Becca che, insieme al padre Aldo, ha sviluppato un progetto di valorizzazione e di esportazione del made in Italy che eccelle. 
I Becca oggi sono proprietari in Umbria di un sistema di imprese attive nel settore agro-alimentare e in quello dell’ospitalità: Cantina Perticaia, azienda agraria che ha nel Montefalco Sagrantino DOCG uno dei suoi prodotti di punta, Castello di Gallano, il resort diffuso realizzato nel borgo di Gallano, a Valtopina (PG), che la famiglia ha completamente ricostruito dopo il sisma del 1997 e che è un complesso tutelato dal Ministero dei Beni Culturali, Gallano RestaurantRadio Gallano e Borgo Le Cese di Nocera Umbra, in corso di ristrutturazione.

E’ proprio perché la famiglia Becca è profondamente convinta dell’importanza della comunicazione che è nata Radio Gallano, l’emittente del gruppo, prima in Italia a trasmettere da un resort. La radio diffonde attraverso il web il meglio della musica italiana degli ultimi 50 anni, i grandi successi del repertorio internazionale e news ad ogni ora, promuovendo il territorio umbro e i suoi prodotti d’eccellenza. “Una realtà dinamica e in espansione, ascoltabile attraverso tutti i dispositivi digitali – spiega Flavio Becca – che ora più che mai sta assolvendo al compito primario della radio, rasserenare e fare compagnia, ma che è anche un importante strumento di comunicazione per il made in Italy e per tutte quelle attività del territorio che si stanno rimettendo in piedi dopo il lockdown”.

Il Castello di Gallano Resort, fiore all’occhiello fra le attività del Gruppo, interpreta al meglio quel lifestyle che fa della qualità del tempo che ci dedichiamo una vera luxury experience, in un contesto paesaggistico incontaminato, al centro di eccellenti itinerari naturalistici e gastronomici.

Quella della famiglia Becca è una storia di grande capacità imprenditoriale e dedizione al lavoro ma è anche una storia di ritorno alle origini. Aldo Becca, figlio di un macellaio di Valtopina, negli anni ’50 lasciò il piccolo comune umbro per cercare fortuna in Lussemburgo, dove iniziò a lavorare come operaio per poi aprire un piccolo ristorante insieme alla moglie Neva e sviluppare un passo alla volta un business che oggi conta oltre 80 aziende. Partito con una valigia piena solo di sogni e tanta buona volontà, in soli 50 anni Aldo Becca ha costruito un impero, oggi guidato dal figlio Flavio, che spazia dalle costruzioni alla finanza, dal mondo dell’agroalimentare e dell’accoglienza fino allo sport tra cui ciclismo, calcio, equitazione e motociclismo (Il team Leopard Racing, di proprietà del Gruppo, ha vinto il campionato 2019 di Moto3). E’ stato un viaggio di alcuni anni fa, uno dei tanti viaggi in Umbria, che ha convinto Aldo e Flavio Becca a investire nella propria terra d’origine. 

Elena Piccinini, scrittrice e poetessa, ci presenta il suo ultimo libro “A pranzo con la follia”. L'intervista

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Intervista di Andrea Giostra «Il ruolo del poeta è di fondamentale importanza nella società. È lungimirante ed è il termometro intellettivo di un mondo dalle mille sfaccettature; è l’unico in grado di comprendere e svelare la vera essenza di ciò che lo circonda».


Ciao Elena, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Elena scrittrice?
Grazie a te, Andrea Giostra, per avermi proposto questa intervista. Elena scrittrice è una persona che, diverso tempo fa, ha trovato nella Poesia l’àncora di salvezza per comprendere meglio la propria esistenza e poter affrontare il rapporto, non sempre facile, con il prossimo. 
Recentemente hai pubblicato il tuo ultimo libro “A pranzo con la follia” una commedia teatrale che comprende anche dei racconti e alcune poesie. Ci racconti di quest’opera? Come nasce? Quali sono i suoi contenuti e qual è il messaggio che vorresti arrivasse al lettore? 
“A pranzo con la follia”è una commedia teatrale nata grazie a un sogno che feci una notte. Sognai di essere a tavola con i miei cani e di discorrere con loro, mentre pranzavamo. In sogno mi parve tutto così reale che, al risveglio, la visione onirica mi perseguitò per alcuni giorni. Ebbi l’idea di dare respiro a questo sogno scrivendo un’opera teatrale. In essa gli animali svelano, senza autocommiserazione, tutta la tragica consapevolezza della loro esistenza, dimostrando la malvagità, l’ignoranza e la frivolezza umane. La mia speranza è che chi leggerà il libro e ancora considera gli Animali dei semplicioggetti da reddito, l’epilogo dei quali si realizza nella stanza fredda e infernale di un mattatoio, possa cogliere l’occasione per meditare e acquisire una maggiore consapevolezza a beneficio del rispetto e della salvezza di tutti gli Animali. Anni fa, in seguito a una serie di filmati girati e pubblicati su Facebook da attivisti animalisti all’interno di un macello, rimasi talmente sconvolta dagli urli strazianti di dolore e di sofferenza degli Animali che, nel giro di pochi secondi, decisi che non avrei più toccato un pezzo di carne appartenuta a degli esseri viventi senzienti. La Vita è sacra e va rispettata. La commedia teatrale e i racconti sono stati arricchiti dei bellissimi disegni dell’artista Marco Cagnolati che ha saputo interpretare magistralmente i contenuti dell’opera, dando un volto ai diversi personaggi. Le poesie all’interno del libro fanno parte di una silloge poetica di prossima pubblicazione. 
Ci parli delle tue precedenti opere e pubblicazioni? Quali sono, qual è stata l’ispirazione che li ha generati; quali i messaggi che vuoi lanciare a chi li leggerà? I tuoi prossimi progetti letterari? 
Ho all’attivo diverse pubblicazioni. Sillogi poetiche: Silenzi d’ombra”, “I ricordi? Serpenti incantatori di cuori”. Due sillogi di racconti: “Robert e le avventure del mondo del sé 1” e “Robert e le avventure del mondo del sé 2”, “Storie di cani e di uomini”. Robert è un personaggio che ho inventato tanto tempo fa e rappresenta un cagnolino che ha le orecchie simili a quelle di un elefantino. Con il passare del tempo, Robert è cresciuto interiormente, è maturato e ha acquisito fattezze umane, pur mantenendo le sue caratteristiche. Il personaggio è garante delle mie esperienze di vita e del mio pensiero, ma soprattutto Robert è un paladino del mondo Animale. Sulla Pagina “Aforisticamente Robert di Elena Piccinini”, è possibile seguirne le azioni e i pensieri. I racconti di Robert sono rivolti a lettori ragazzi/adulti. Ho in fieri diversi progetti letterari, ai quali mi sto dedicando in questo periodo. 
Qual è il percorso formativo ed esperienziale che hai maturato e che ti ha portato a realizzare le tue opere? 
Il mio percorso formativo è legato al mio rapporto simbiotico e indissolubile con la Natura. Ho vissuto situazioni e legami affettivi che mi hanno allontanata dagli esseri umani in generale; tuttavia, nelle vicende narrate, sottolineo anche l’importanza dei valori e dei rapporti umani. 
«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta. I casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.»(Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.). Cosa ne pensi delle parole di Bukowski? Secondo te è più importante quello che viene narrato (la storia) o come è scritta (il linguaggio utilizzato) ? 
Non sono d’accordo su quanto afferma lo scrittore Bukowski. O scrivi una poesia o scrivi un romanzo. Chiaramente sono l’ispirazione e la creatività che dettano il genere letterario. Nella costruzione narrativa il linguaggio è molto importante: anche una storia banale, a seconda del linguaggio utilizzato, può appassionare il lettore, oppure indurlo a chiudere il libro. 
«Il ruolo del poeta è pressoché nullo … tristemente nullo … il poeta, per definizione, è un mezzo uomo – un mollaccione, non è una persona reale, e non ha la forza di guidare uomini veri in questioni di sangue e coraggio.» (Intervista ad Arnold Kaye, Charles Bukowski Speaks Out, (“Literary Times”, Chicaco, vol 2, n. 4, March 1963, pp. 1-7). Tu sei scrittrice e poeta, cosa ne pensi delle parole di Bukowski sui poeti suoi contemporanei, e forse anche sui poeti di questo secolo? Qual è secondo te oggi il ruolo del poeta nella nostra società contemporanea dell’Homo technologicus? 
Il ruolo del poeta, per quanto mi riguarda, è di fondamentale importanza nella società. È lungimirante ed è il termometro intellettivo di un mondo dalle mille sfaccettature; è l’unico in grado di comprendere e svelare la vera essenza di ciò che lo circonda. Poeta si nasce: è una forza interiore che senti crescere; la sensibilità è al massimo livello e vedi e senti oltre il confine prettamente umano. Il poeta è il viaggiatore spirituale per eccellenza. Oggi la Poesia appartiene a pochi eletti. Il più delle volte viene privata della sua immensa portata spirituale, per essere sostituita, e di conseguenza sminuita, con delle forme espressive che non appartengono alla Poesia. 
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori e i poeti che hai amato leggere e che leggi ancora oggi? 
Non ho modelli e non ho preferenze. Leggo di tutto; dai libri alle riviste. 
Se tu dovessi consigliare ai nostri lettori tre libri e tre autori da leggere, chi consiglieresti? 
Libri consigliati: “L’uomo che parlava con i lupi”. Storie e avventure della mia vita nel branco, di Shaun Ellis, un uomo che ha rinunciato alle comodità, alla famiglia e alla società per vivere con i lupi, diventando un membro del branco. Una testimonianza straordinaria sul rapporto che è possibile instaurare tra la Natura e le sue meravigliose creature che, ben salde alle proprie Leggi, si rivelano l’àncora di salvezza per l’animo umano. “Nello sciame”.Visioni del digitale di Byung-Chul Han, è un’analisi profonda del soggetto umano che si è annullato rimanendo intrappolato nello sciame digitale di individui anonimi e isolati, precipitando così nella condizione di esseredivorato da un pubblico che cannibalizza l’intimità e la privacy. Le losceme. Quando la psicopatologia femminile dilaga nel web, di Elena Piccinini. 
Tre film, secondo te, da vedere assolutamente?
Lettere da Iwo Jima, un film di Clint Eastwood. È la storia toccante dei soldati giapponesi che difesero la loro terra contro gli invasori americani durante la Seconda Guerra Mondiale. Il pianista, un film di Roman Polanski. Un film emozionante ed intenso, ove l’attore Adrien Brody interpreta Wladyslaw Szpilman, un pianista di talento, ebreo polacco che, dopo essere sfuggito alla deportazione, soffre la fame, la paura, sperimentando tutte le sofferenze e le umiliazioni che la guerra porta con sé, fino a quando un ufficiale tedesco, che ne riconosce il talento, lo aiuterà a sopravvivere. Le voci di dentro, commedia teatrale di Eduardo De Filippo, Regia teatrale di Toni Servillo. Sullo sfondo vi è l’Italia uscita dalla guerra che ha portato nevrosi, disillusioni e caduta di valori che contraddistinguono la società, con il conseguente abbrutimento dell’uomo che ormai vede nel prossimo un suo nemico.

Elena Piccinini

Andrea Giostra


Fu Turismo. Il post imposto

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Si avvia il lento ripristino alla normalità dopo il Covid. Ma il virus non è svanito, anzi.

Ma è giusto tentare di ripristinare quanto possibile, altrimenti il mondo crollerà, inghiottito dalle paure. 

Bisognerà agire senza far sì che la testa serva unicamente per dividere le orecchie, come dice una massima napoletana. E su questo, non me ne vogliano una buona parte di connazionali, avrei da dubitare. Lo si è visto all’inizio dell’annuncio dell’epidemia – nonostante fosse già iniziata da tempo – con il rapido ritorno a casa da nord a sud, ossia dalle zone contaminate a quelle ancora “esenti” e l’ovvio progredire della diffusione.

 

Ripartono alcune fabbriche ed aziende, ripartono degli uffici, ripartono gli esami universitari vis-à-vis.

Non potranno invece ripartire dei settori basilari nell’economia nazionale: il turismo e la cultura. Le frontiere sono chiuse, le regioni anche, tranne che per casi limite. Milioni di anni fa è nata la più grande artista di sempre: la Natura. L’uomo ha tentato di copiarla e vi è riuscito sfruttando quella sua particella che ognuno ha dentro di se’. Sono nati dei pittori, degli scultori, poeti e musicisti. Altri ne hanno approfittato, se ne sono assolutamente infischiati, sempre ritenendo che la propria necessità o il desiderio non abbiano rivali. Sono nati lo smog, l’uccisore di animali, l’abbattitore di foreste, il politico antiambientalista e migliaia di altre infinite catalogazioni relative all’egoismo umano, che possono essere riassunte in coloro che suggeriscono “tanto riguarda le future generazioni”.

 

Ai nostri figli adolescenti sono bastati questi due mesi di comodo esilio, per essere ancora più fagocitati nell’onnipotenza del video sapere. Se prima era permesso portarsi un dizionario durante i temi linguistici, si ha diritto ora ad implementare, anzi a farsi sostituire da quanto detto dalla nuova Bibbia Internet. Molti non capiscono che dietro ad una macchina c’è e ci sarà, spero per sempre, ancora un uomo. Wikipedia non è il professore e neanche l’alunno. Può essere d’aiuto ma non oltre, anche perché basterebbe affinare le proprie ricerche per notare che non esiste un testo perfetto. La colpa di questo è di noi adulti, che non siamo riusciti a trasmettere loro delle solide basi. Il mondo attuale è nullo in politica, nel rispetto della natura ed a mio avviso anche nel generare delle nuove valide e concrete concezioni artistiche. Il nostro mondo ha mutato la fantasia dell’essere umano, rendendola solo devota all’economia. Ovviamente vi sono alcune minuscole eccezioni.

 

Si è tentato di valorizzare e promuovere alcune di queste eccezioni - tornando a Madre Natura ed ai suoi discepoli – tramite i messaggi audio e video depositati forse eccessivamente durante la lunga quarantena. Forse i messaggi si sono accavallati, dati fastidio, eliminati a vicenda. Sicuramente la migliore pubblicità sarebbe di render loro visita, attraverso luoghi preposti, quali mostre, conferenze dal vivo, gite ed incontri.

 

Ah, che bella parola “incontro”!

 

Non potremo nel prossimo venturo andare a visitare la Costiera amalfitana od i trulli pugliesi. Mi mancano i Nuraghi sardi, il pesto con quell’orizzonte infinito visto dalle montagne liguri. Mi mancano un’infinità di cose, ma soprattutto l’esser certo di aver riconquistato la Libertà e quel suo regalo di permettere a noi tutti di poter possedere il frutto di un desiderio.

 

Aldilà di questi sogni, una grossa fetta della popolazione non potrà ancora condividere quel che la Natura o gli artisti hanno creato. Temo per le imprese turistiche, per i servizi di ospitalità, per coloro che si occupano dei servizi complementari. Sono rattristato per chi, magari anziano  e sopravvissuto ad una casa di riposo, arrotonda la magra pensione affittando una stanza ad uno studente o ad un viandante casuale. Temo per chi si occupa di quelli che vengono definiti pro­dotti non standardizzati, legati in qualche modo alla cultura locale, basterebbero  quelli collegati all’enogastronomia tipica. Le attività turistiche sono caratterizzate da un’elevata intensità di occupazione con punte periodiche di richiesta, che mutano al variare delle destinazioni, delle condizioni climatiche stagionali e da eventi che coinvolgono le attività umane. Le professionalità date dalle molteplici attività presenti, sono uno dei motivi di misurazione per le opportunità di lavoro che queste offrono. 

 

Questa guerra e quest’essere umano incolto ed egoista, ci ha quasi messi al tappeto. Vorremmo risvegliarci senza dover riaffrontare i problemi preesistenti, ma siamo certi che riprenderà il traffico facendoci dimenticare presto il fragoroso silenzio, respireremo a fatica per causa nostra, il buco dell’ozono si stiracchierà, i ghiacciai si scioglieranno e qualcuno di noi si sentirà fiero di ripetere: “tanto riguarda le future generazioni”.

 

 

Alan Davìd Baumann

 

Nella foto “L'itinerario”, scultura in ferro di Alberto Baumann. 1987 - H.70cm.-L.71cm.

Andrea Lepone, poeta e scrittore, ci presenta il suo ultimo libro “La notte degli angeli”

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«Si tratta di un libro particolare, estroso, frutto dell'unione di diversi generi letterari. Il romanzo è una sorta di thriller da leggere e interpretare in chiave filosofica» - di Andrea Giostra
Ciao Andrea, benvenuto e grazie per avere accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? 
Grazie a voi per l'invito, essere qui è davvero un piacere per me. Potrei presentarmi come un amante della scrittura creativa in tutte le sue forme, dalla poesia alla narrativa, passando per il teatro, sebbene il mio lavoro sia prettamente giornalistico. Collaboro, infatti, con diversi quotidiani e periodici, occupandomi soprattutto di cronaca e cultura. 
Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai iniziato e quando hai capito che amavi scrivere? 
Ho iniziato a scrivere da bambino, lasciando che la fantasia viaggiasse indisturbata. Era un'attività che mi faceva sentire libero. La passione vera e propria per la scrittura, invece, è nata durante gli anni dell'adolescenza, in quel periodo ho compreso che non avrei mai potuto fare a meno di scrivere. 
È stato appena pubblicato il tuo ultimo romanzo dal titolo “La notte degli angeli”. Ci racconti come nasce questo libro, qual è l’ispirazione che lo ha generato, dove è ambientato e di cosa narra? 
Il romanzo nasce dalla mia grande passione per il genere letterario noir ed è ambientato nei quartieri periferici di una cittadina immaginaria. L'intera storia si svolge nell'arco di una sola notte, fatta eccezione per il prologo iniziale, ed è incentrata sulle vicende di tre personaggi molto diversi, ma al contempo legati, tra loro e in particolare sulla loro voglia di cambiamento e riscatto. 
Cosa devono aspettarsi i lettori che leggeranno il tuo libro e quale il messaggio che vuoi lanciare loro con questa tuo romanzo? 
Ho cercato di porre la lente d'ingrandimento sugli eroi del quotidiano, sulla loro dura lotta per la sopravvivenza, e su alcune tematiche esistenziali che spesso vengono sottovalutate, come ad esempio il significato ultimo delle nostre decisioni, delle nostre scelte, il valore dell'amore e della libertà. 
Una domanda difficile Andrea, perché i nostri lettori dovrebbero acquistare “La notte degli angeli”? 
Penso che valga la pena di acquistare “La notte degli angeli” perché si tratta di un libro particolare, estroso, frutto dell'unione di diversi generi letterari. Il romanzo è una sorta di thriller da leggere e interpretare in chiave filosofica.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare per la realizzazione di quest’opera? Se sì, chi sono queste persone e perché ti senti di ringraziarle pubblicamente?
Innanzitutto voglio ringraziare la Casa Editrice Aracne per aver creduto in questo libro, poi voglio ringraziare i miei famigliari e i miei amici, perché non hanno mai mancato di dimostrarmi affetto e sostegno.
Ci parli delle tue precedenti opere e pubblicazioni? Quali sono, qual è stata l’ispirazione che li ha generati, quali i messaggi che vuoi lanciare a chi li leggerà? 
Prima di questo romanzo ho pubblicato due raccolte di poesie: “Poesie di una mente silenziosa” (Kimerik) e “Riflessioni in chiaroscuro” (La Macina Onlus). Entrambi i libri sono il risultato delle mie personalissime meditazioni, le quali hanno interessato molti argomenti. Attraverso questi testi vorrei spingere i lettori a riflettere su alcuni aspetti della nostra vita e della nostra società. Ho anche scritto e diretto, in collaborazione con Maurizio Spoliti, la commedia teatrale “Fantasmi sotto sfratto”. Quest'ultima è stata una delle mie esperienze artistiche più belle in assoluto. 
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori?
Al momento sto già lavorando alla stesura di un nuovo romanzo e di una nuova raccolta di poesie. In futuro, mi piacerebbe anche portare in scena una commedia teatrale che ho terminato di sceneggiare poche settimane fa.
Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre film da vedere e tre libri da leggere assolutamente, quali consiglieresti e perché? 
Per quanto riguardo i film, consiglierei di vedere “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino, “I guerrieri della notte” di Walter Hill e “Un giorno di ordinaria follia” di Joel Shumacher, poiché ritengo che siano tre pellicole estremamente originali, mentre per quanto concerne i libri, suggerirei “Ossi di seppia” di Eugenio Montale, “L'arte della guerra” di Sun Tzu e “Colloqui con sé stesso”, di Marco Aurelio. Si tratta di tre opere capaci di aprire la mente e temprare l'anima. 
Come vuoi concludere questa chiacchierata e come vuoi lasciare i lettori che leggeranno questa intervista? 
Per prima cosa vorrei ringraziarvi per avermi invitato, poi vorrei salutare tutti i lettori con un bellissimo aforisma di Daniel Pennac: “Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”.

Andrea Lepone

La notte degli angeli

Andrea Giostra

Iscrizioni aperte al Digital Media Fest: il cinema riparte dal web

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In questi mesi il mondo della cultura e dello spettacolo stanno vivendo una profonda crisi.
Il Coronavirus ha colpito particolarmente questo settore non fermando però la creatività che sta nascendo sempre di più dal web.  Così, proprio da lunedì 4 maggio con lo stop al lockdown si da il via alle iscrizioni alla seconda edizione del Digital Media Fest, il festival dei prodotti webnativi, creato e diretto dalla giornalista e regista Janet De Nardis. Le idee devono volare attraverso le sbarre che abbiamo creato per proteggerci dal Covid 19, un virus, un nemico invisibile. E’ questo il messaggio di questa nuova edizione di Festival. Webserie, viral video, vertical video, prodotti in VR, fashion Film e cortometraggi saranno i prodotti che si contenderanno i premi in denaro e in servizi che andranno ai concorrenti che sapranno stupire le giurie.
La seconda edizione, si svolgerà a Roma dal 30 Novembre al 2 Dicembre 2020. Le iscrizioni si chiuderanno il 15 Settembre ed entro il 30 Settembre verrà pubblicata sul sito del festival www.digitalmediafest.it la selezione ufficiale. Successivamente, le opere finaliste verranno valutate da una “Giuria Qualificata”, costituita da rappresentanti di importanti produzioni e broadcaster, istituzioni e volti noti del mondo cinematografico e del web. I vincitori saranno annunciati durante la cerimonia di premiazione il 2 Dicembre. Il Festival è l’evento più atteso dagli amanti del web e non solo grazie alla creazione di uno spazio unico costituito da opere inedite e di grande valore artistico e culturale, volte ad affrontare temi inesplorati fino ad oggi dai creativi internauti. Come nella passata edizione, non mancheranno i pitch, l’incontro con i più importanti produttori italiani e internazionali. Tre giorni di incontri, panel, workshop e anteprime per immergersi nelle atmosfere dell’audiovisivo più avveniristico dei tanti creativi e non mancherà la formazione attraverso un progetto di educazione finanziaria e uno rivolto alla tutela dell’ambiente. Nei video alcune delle star più amate del web che interagiranno con gli studenti delle scuole italiane. Il Digital Media Fest è il più grande Festival dell’audiovisivo webnativo: l’evento di sperimentazione e innovazione. Il cinema del Futuro è qui!

Lady Macbeth, in onda stasera prima visione assoluta su Cielo

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Stasera, lunedì 4 maggio, in prima visione assoluta su Cielo, andrà in onda “Lady Macbeth”, pellicola che è valsa al regista, William Oldroyd, la nomination come miglior esordiente britannico ai “BAFTA - British Academy of Film and Television Art 2018”.

Katherine Lester è una dark lady, che rivela la propria natura nel corso del racconto. All’inizio è la sposa di Mr. Lester, ingenua, annoiata, senza una vera personalità, un oggetto, quasi alla stregua di mobilio.
La maschera di donna perbene, sottomessa alle volontà di un marito freddo e disattento, viene mano a mano a cadere. Katherine troverà espressione della propria libertà nei piaceri della carne con lo stalliere.
Assuefatta e dipendente da questa libertà e dai piaceri che ne derivano la nostra protagonista diventerà sempre più crudele, precipitando in una spirale di bugie, tradimenti e omicidi, fino a che dentro di lei non rimarrà solo e soltanto un gelo spietato. Come per il suo abito che si scurisce sempre più nei toni con il procedere della storia, anche per lei il cambiamento è un cammino verso l’oscurità, la dannazione.
È una Lady Macbeth che non può trovare giustificazione delle proprie colpe nella follia, è espressione di una fredda crudeltà senza redenzione.
Il film, del ciclo ‘ Il lunedì è sempre un Dramma’, è un adattamento di Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nikolaj Leskov, magistralmente diretto da William Oldroyd. La pellicola si rivela fedele alla sceneggiatura teatrale russa (pur trasferendo l'ambientazione nella campagna bretone), ma al contempo riesce a rimanere straordinariamente in tema anche con l’originale Lady Macbeth di penna inglese.
Resterete affascinati dai mille volti di Katherine Lester.

L’ecocucina di Tinazzi e La Sanamente: 3 ricette vegetariane e 3 vini da degustare

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La famiglia Tinazzi e la chef Vanessa Lorenzetti vi fanno compagnia a casa: un menù sano, sostenibile e stagionale con i vini della cantina presenti sull’e-commerce adunmetro.it

Che cosa c’è di meglio di mettersi a tavola con la consapevolezza di risparmiare e fare del bene al pianeta? Accompagnare i nostri piatti con un ottimo vino.
Il gruppo di cantine Tinazzi, ora online con un proprio canale e-commerce su adunmetro.it, ha scelto di restare vicino ai propri clienti con una selezione di vini del territorio in linea con il motto della famiglia Tinazzi: «Produrre vini buoni che fanno del bene».
Tinazzi, grazie alla collaborazione con la chef Vanessa Lorenzetti La Sanamente, porta nelle case degli italiani attraverso i propri vini il concetto dell’#ecocucina, una filosofia che insegna a combattere gli sprechi e a risparmiare fino al 20% sulla spesa, dando vita a deliziosi piatti a basso impatto ambientale. Attraverso questa tecnica di cucina si raddoppia infatti la resa dei prodotti che acquistiamo e che solitamente sprechiamo come ortofrutta e pane, imparando a consumare meno acqua e meno energia.
Il “Ca’de’Rocchi Custoza Dop 2019, il Ca’de’Rocchi Bardolino Chiaretto “Campo delle Rose” 2019 e il Tinazzi – Feudo Croce Primitivo del Salento 2019 sono i vini scelti in abbinamento alle ricette de La Sanamente: vini che raccontano al meglio la storia del territorio in cui vengono prodotti e che si legano alla perfezione con i piatti sostenibili e gustosi proposti dalla chef La Sanamente.

RICETTE VANESSA – LA SANAMENTE

BLINIS AGLI ASPARAGI

300 gr di gambi di asparagi
1 uovo
80 gr di farina di tipo 1
1 cucchiaino di lievito cremor tartaro
olio evo e sale

Lavate bene i gambi, cuoceteli a vapore e frullateli fino a ottenere una crema. Mettete il tuorlo in una ciotola e tenete da parte l'albume. Unite la crema di gambi al tuorlo e mescolate. Aggiungete mescolando la farina e il lievito; coprite e fate riposare 15 min. A parte montate l'albume a neve con un pizzico di sale, incorporatelo poi delicatamente al composto. Scaldate un padellino antiaderente per crepe, leggermente unta, quando sarà ben calda versatevi un mestolino di impasto. Quando un lato sarà dorato, girate il blinis e fatelo dorare anche dall'altra parte. A me piace servirli frullando del salmone selvaggio affumicato ad un cucchiaio di yogurt vegetale e dell'erba cipollina, creando una sorta di mousse, ma potete servirli in mille modi.

Vino in abbinamento:
Tinazzi – Ca’de’Rocchi Custoza Dop 2019
Il Custoza, con uve Garganena, Trebbiano e Cortese, è un vino dal profumo e sapore intenso, fruttato, gradevolmente aromatico, con una buona mineralità. Le uve fresche vengono raccolte a mano, segue la pigiatura soffice, la fermentazione a temperatura controllata, e l’affinamento in acciaio. La sua nota lievemente aromatica si sposa perfettamente con l’umami degli asparagi.


BROCCOLO IN BURRATA AL SENTORE DI MANDORLA

300 gr di gambi e foglie del broccolo
1 burrata da circa 150 gr
1 manciata di mandorle pelate
2 fette di pane raffermo
olio evo, sale e pepe

Lavate gli scarti del broccolo, cuocete a vapore (magari sfruttando il vapore di una pentola in ebollizione); frullate le mandorle, unite il pane e frullate insieme; otterrete un composto che tosterete in padella con un filo di olio, sale e pepe. Frullate le foglie e i gambi fino ad ottenere un composto omogeneo, unendo un po’ di olio e continuando a frullare, e aggiungete sale e pepe. Stracciate la burrata con le mani, suddividete la vellutata densa in bicchierini o coppette, unite la burrata e disponetevi sopra le briciole di pane e mandorle. Ottima anche a temperatura ambiente.

Vino in abbinamento:
Tinazzi – Ca’de’Rocchi Bardolino Chiaretto “Campo delle Rose” 2019
Vino le cui uve (Corvina, Rondinella e Molinara) provengono direttamente dalla Tenuta Valleselle della famiglia Tinazzi, 12 lussureggianti ettari di vigneto nella zona del Bardolino Classico. Il colore rosa perlato tenue si ottiene dall’immediata pressatura soffice, alla quale segue l’avvio della fermentazione a temperatura controllata e l’affinamento in acciaio. E’ perfetto per un aperitivo o per un pasto più strutturato; la sua piacevole acidità e le sue note floreali e di frutta rossa, in particolare lamponi e ciliegia selvatica, esaltano i sapori delicati ma accentuati di questo piatto.


QUADROTTI DOLCI DEL RICICLO

150 gr di cioccolato avanzato delle uova di Pasqua o di cioccolatini avanzati
150 gr di pane raffermo (meglio se integrale)
90 gr di l bevanda vegetale o acqua
180 gr di zucchero mascobado
100 gr di burro
2 uova
80 gr di farina di tipo 1 o integrale
1 c di lievito per dolci

Mettete il pane in una ciotola e bagnatelo con il latte in modo che si ammorbidisca, quindi spezzettatelo bene.
A parte sciogliete cioccolato, zucchero e burro in un pentolino a fiamma bassa, fino ad ottenere una crema omogenea. Una volta intrepido aggiungere le uova, la farina, il lievito, il pane spezzettato il latte ed amalgamante il tutto. Versate in uno stampo rettangolare e infornate a 180 gradi per 35 minuti. Tagliate a quadretti una volta che si è riposato per almeno 10 minuti e servire.
Se volete azzardare, vi consiglio dei fiocchi di sale integrale in superficie!

Vino in abbinamento:
Tinazzi – Feudo Croce Primitivo del Salento 2019
Non potevamo non concludere con il dolce e….un vino rosso! Il Primitivo fa parte della produzione salentina della famiglia Tinazzi, nella punta dello stivale. Le uve (100% Primitivo) vengono raccolte e vinificate nella cantina di Tinazzi in Puglia; vi è quindi la pigiatura e la diraspatura, seguite da macerazione e fermentazione a temperatura controllata e dall’affinamento in botti di rovere per 4/6 mesi. Un vino rotondo e strutturato, che viene spesso immaginato in compagnia di carne o primi piatti robusti. Tuttavia le sue note dolci e i suoi tannini morbidi possono renderlo abbinabile a piatti più alternativi come i quadrotti di cioccolato, che ci permettono di dissociarci dal consueto binomio rosso – carne.

I vini sono disponibili online sulla piattaforma: https://tinazzi.adunmetro.it/

LA CHEF LA SANAMENTE – Vanessa Lorenzetti, onnivora da sempre, è nata e cresciuta in una città di provincia della bassa veronese dove insaccati carne e lavorati animali erano e sono protagonisti assoluti.
Dopo un’esperienza lavorativa a Londra torna in Italia per disagi di salute e dopo 4 lunghi anni di diagnosi errate e medicine le viene diagnosticata la vestibulodinia, ossia un bruciore costante in area vulvare che interferisce in modo importante con la qualità della vita. Il medico che la segue le indica una terapia che oltre a farmaci affianca uno stile di vita ben preciso con una stretta attenzione all'alimentazione.
Nasce così la sua voglia di approfondire la cucina naturale, ponendo attenzione all'equilibrio tra cibi acidificanti ed alcalini, che insieme ai farmaci le permette di guarire completamente. Con questa nuova alimentazione Vanessa si sente piena di energia tant'è che decide di tornare sui banchi di scuola e di ricominciare a studiare per diventare chef di cucina naturale e terapista alimentare. Dà vita all’associazione di promozione sociale "La Sanamente" a Cerea, nella periferia di Verona, dove organizza corsi di cucina e cerca di trasmettere l'amore e la passione per la cucina naturale.

TINAZZI - I Tinazzi, nell'antica tradizione veronese, erano recipienti simili a botti dove si metteva l'uva pigiata a fermentare: una famiglia legata al vino persino nell'origine del nome. Non può che cominciare con questo curioso aneddoto la storia di Tinazzi, che inizia alla fine degli anni Sessanta a Cavaion Veronese (Vr), grazie all’impegno e alla passione di Eugenio Tinazzi.
Gian Andrea Tinazzi, figlio del fondatore, all’epoca ancora diciottenne, segue subito il padre nella conduzione dell’impresa e allarga progressivamente gli orizzonti dell’azienda sia in termini di produzione che di mercati. Animato da uno spirito vivace, intraprendente e proattivo, trasforma negli anni l’azienda di famiglia da una realtà locale, che vende vini veneti DOC a piccole realtà del lago di Garda, all’attuale importante Gruppo esteso tra Veneto e Puglia, regione di grande carattere e dalle crescenti potenzialità qualitative, in cui i Tinazzi sono presenti dal 2001. Sotto la sua guida il gruppo produce vini d’alta qualità, venduti in oltre 30 Paesi nel Mondo. Un'intuizione che ha portato l'azienda a diventare una delle più interessanti realtà della viticoltura italiana, con oltre 100 ettari di vigneti di proprietà e un'ampia proposta di iniziative legate alla cultura contadina e all'accoglienza.
Gli importanti premi internazionali, come i riconoscimenti di rinomate riviste come Wine Spectator, Wine Enthusiast e Decanter sono solo l'ultimo tassello della storia dei vini.

GABRIELE SAURIO, ARTISTA DA PALCO LIBERO. L'INTERVISTA

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In questo periodo d’emergenza causato dal Coronavirus, l’attore campano Gabriele Saurio ha dato il via ad a Palco Libero, un format web dove diversi artisti hanno scelto di raccontarsi attraverso gli aneddoti, in certi casi mai raccontati, della loro carriera. Un progetto che è stato reso possibile anche grazie a Vocazioni Creative, la sua Associazione di Promozione Culturale e Sociale, di cui lo stesso Saurio è presidente.

Ciao Gabriele, io partirei da Palco Liberto, il format che stai portando avanti con Vocazioni Creative. Com’è nata l’idea?
“E’ nata un po’ per gioco, da un’idea che mi è venuta mentre parlavo con gli amici Francesco Rivieccio e Pasquale Termini. Sicuramente perché avevo del tempo libero, visto che dovevo stare in casa, ma soprattutto per esigenza. Molti artisti in questo momento stanno recitando, stanno cantando, si stanno esprimendo sul web. Oggi sento il teatro, così come l’arte, ancora più vivo. Quando stavo riflettendo sul valore che gli artisti possono offrire, visto la non considerazione da parte degli enti e dello Stato, mi sono detto che, molto probabilmente, non avevano capito quanto ogni artista potesse essere, appunto, un valore aggiunto poiché custodisce un suo personale armadio dei ricordi. Per tale motivo è nata questa mia rubrica sugli aneddoti: ciascuno dei miei ospiti, con una videochiamata, non parla solo della sua carriera, ma anche di un incontro, di una determinata situazione, che ha caratterizzato la sua vita professionale. Molti hanno parlato di cose che non avevano mai portato alla luce, nemmeno con il proprio consorte”.
Ti sei emozionato di fronte a questi racconti?
“Assolutamente sì. Mi sono venuti i brividi a sentire certe storie. Mi hanno raccontato degli incontri con grandi attori, artisti, letterati. Ad esempio, ho potuto parlare con Maurizio De Giovanni, uno dei più grandi autori della letteratura attuale italiana. Ha scritto tanto per la televisione ed il romanzo Il Commissario Ricciardi. Ho dialogato poi con diversi attori, sia di Un Posto al sole e sia di teatro; persone che hanno collaborato con Mel Gibson. Alvaro Vitali mi ha parlato poi di quello che ha provato quando ha fatto un provino con Fellini. Lì non si è espresso come artista, ha messo a nudo i suoi sentimenti”.
Una rubrica che è in continua espansione, mi sembra di capire…
“Direi di sì, anche perché ho voluto strutturarla come una sorta di challenge. Ogni artista, al termine del suo intervento, mi suggerisce infatti un’altra persona da “intervistare”. Devo dire che tutti i nominati stanno accettando di presenziare con grande entusiasmo. Stiamo arrivando anche a persone molto conosciute. Ad ogni modo, ho deciso di chiudere questa prima stagione con circa 40 interviste. A me però piace chiamarle chiacchierate, perché non sono né un cronista, né un giornalista. Sono un attore e un regista; mi ritengo una persona che vuole chiacchierare e mettere nel proprio armadio questi ricordi degli altri.
Tra quelle che ti sono state raccontate, c’è una storia che ha catturato di più la tua attenzione?
“Mi ha colpito molto la storia di Peppe Barra, cantante e attore bravissimo, quando mi ha detto che una signora, al termine di un concerto, gli aveva regalato cinque caramelle per ringraziarlo. Oggi questo valore, quello del ringraziamento, non c’è quasi più; la prima cosa che pensiamo, se incontriamo un artista, è quella di fare un selfie con lui, non gli diciamo grazie. Mi auguro che questo stop forzato dovuto al Coronavirus possa servire a tutti noi per guardare il mondo in un modo differente, a riscoprire valori che sono stati persi. Mi sto divertendo tanto in questa esperienza: fin da piccolo mi piaceva ascoltare gli aneddoti dei nonni. Oggi penso che manchi davvero l’ascolto. Tutti parlano, sono dei tuttologi, ma nessuno vuole fermarsi, incamerare le emozioni. Fanno solo finta di ascoltare. Ad ogni modo, potrei citare anche altre storie”.
Quali?
“Il nipote della grandissima Tina Pica, ad esempio, è intervenuto a Palco Liberto e, oltre a mostrarmi il nastro d’argento che aveva vinto per Pane, Amore e Fantasia, mi ha raccontato di un incontro tra la donna, Eduardo De Filippo e Luigi Pirandello. Di quando non riusciva a provare Liolà e, esasperata dai continui rimproveri, ha detto loro “sembriamo il quadro dello Spirito Santo”. La Madonna, Gesù e Pirandello, che era lo Spirito Santo”. Aveva una grande energia anche a relazionarsi con i più grandi”.
Puoi farci un elenco di tutti gli artisti ospitati, ad oggi, nel tuo format?
“Sì. Francesco Rivieccio, Ernesto Lama, Piero Pepe, Antonella Morea, Franco Iavarone, Peppe Barra, Anna Spagnuolo, Patrizia Spinosi, Mario Brancaccio, Monica Assante di Tatisso, Maurizio De Giovanni, Rosaria de Cicco, Patrizio Rispo, Mirella Sessa (Miss moda Italia 2009), Mario Porfito, Gino Rivieccio, Franco Pica (nipote di Tina Pica), Giulio Baffi, Andrea Di Maria (fondatore casa Surace), Paolo Caiazzo, Pino Imperatore, Fiorenza Calogero, Pasquale Termini, Massimo De Matteo, Angela De Matteo, Gigi Longobardi, Gea Martire, Daniele Sansone (Leader degli A67), Speaker Cenzou, PeppHo, Valerio Jovine, Andrea Tartaglia, Jennà Romano dei Letti sfatti, Monica Sarnelli, Carlo Poggioli, Nicola Vorelli, Francesco Manisi e Alvaro Vitali. Ne arriveranno tanti altri poiché, come ti ho già detto, alla fine della videochiamata, chiedo all’artista ospite di proporre un nome che possa, in seguito, raccontarci il prossimo aneddoto”.
Prima hai parlato di “fine prima stagione” per Palco Libero. La domanda sorge spontanea: hai intenzione di riproporlo?
“Certo. Non voglio fare i nomi, perché mi piace parlare delle cose quando sono concrete. Però la seconda stagione sarà dedicata a persone tanto conosciute. Per un’eventuale terza voglio, invece, ricorrere alle persone comuni: alla vecchietta, al salumiere, a chi sta nei campi ad arare. Una volta che le persone conoscono il format, possono ascoltare anche quelli che eseguono un lavoro comune, ma che hanno dentro di loro un valore. Come il Lo Cunto de li Cunti di Basile, vissuto nel 1600. Le storie, le favole che si tramandavano solo attraverso la parola, quelle che non avevano nulla di scritto”.
E chissà se da questo progetto potrà nascere anche qualcos’altro…
“Sì, mi è stato proposto giusto qualche giorno fa di trasportare tutti i racconti che ho raccolto in forma scritta, fare un’opera letteraria di Palco Libero. Magari allegheremo anche un audio libro. Probabilmente nella prossima stagione potrò ospitare anche Giuliano Peparini, che è stato nominato sempre grazie a questa sorta di challenge. Vediamo se si riesce ad organizzare. Ho invece già l’adesione di Shaila Gatta, la velina bruna di Striscia la Notizia, che è la nipote di un mio carissimo amico. Sto anche valutando di incontrare persone in grado di farmi scavalcare anche il muro internazionale. Palco Libero mi sta arricchendo tantissimo dal punto di vista personale”.
Parliamo un po’ di te. Cos’ha fatto nascere in te la passione per la recitazione?
“In famiglia avevo Gigi Reder, l’interprete del ragionier Filini in Fantozzi. La passione è arrivata vedendo anche lui. Poi c’era un cugino di mio padre che cantava su Canale 5, per Berlusconi. Ho osservato Antonio Murro e Madelin Alonso, una coppia di tenore e soprano, che hanno fatto tante opere. Da piccolino poi andavo tanto anche a teatro. Mi ha segnato però l’incontro con il premio Strega Wanda Marasco, una grande donna di cultura. La mia associazione si chiama Vocazione Creative, perché penso che il mio mestiere sia proprio una vocazione. Una passione che esplode, che devi portare fuori. Grazie al teatro, che è cultura, io sono riuscito anche a formarmi culturalmente, a leggere tanti autori”.
Che tipo di studi hai fatto?
“Ho fatto l’Accademia, vari corsi di formazioni a Napoli, Milano e Roma. Ho avuto la possibilità di entrare a lavorare al Teatro Stabile e al Bellini con Tato Russo, da subito come co-protagonista, attore e cantante di musical. Mi sono avvicinato anche alla regia, sto lavorando con Piero Pepe, che ha collaborato con Eduardo de Filippo. In questi 20 anni ho cercato di fare quante più cose possibili, per capire e costruire una mia identità artistica. Ho fatto una formazione alla vecchia maniera, vissuta principalmente sul campo. Ho lavorato anche in radio fm, dove ho condotto una trasmissione. In seguito, sono diventato anche direttore artistico della radio, costruivo dei format. Ho partecipato anche ad un corso di doppiaggio, persino al fianco di Teo Bellia, la voce di Boe de I Simpson ma anche di Matt Damon, uno dei più grandi doppiatori, insieme a Tonino Accolla che purtroppo non c’è più. Non è però mai uscito nulla di doppiato con la mia voce, anche se ho fatto gli esercizi nelle sale di doppiaggio a Roma”.
Tu fai tanto teatro; come pensi potrà cambiare questo mondo con tutti gli accorgimenti che si dovranno prendere per via del Covid-19?
“E’ una domanda difficile. Chi fa questo mestiere dovrà adeguarsi alle misure di prevenzione che darà lo Stato perché deve anche mangiare. Io penso però che il Teatro debba essere vissuto dal vivo. La forza di quell’arte risiede tutta nella forza comunicativa che si stabilisce nel momento in cui si interagisce con le persone che stanno sedute in sala. Guardare un po’ il teatro in televisione è come “fare l’amore a distanza”. Lo Stato deve senz’altro tutelare la categoria: in Francia, ad esempio, danno 1200 euro al mese per otto mesi, mentre in Italia no. L’Italia è una nazione che ha dato tanto dal punto di vista della cultura, è fondata sulla stessa. E’ stata promotrice del risorgimento, ha portato dei pensieri filosofici come la Grecia. Noi artisti sopravviveremo con il nostro sorriso, con quel pizzico di follia. Anche nella quarantena, come hai visto, stiamo cercando di regalare un momento di non pensiero da tutta questa tragedia che stiamo vivendo. Sono tante le persone in difficoltà in questo periodo. Il teatro continuerà a vivere ma aspetterà, come tutte le forme di espressione artistica. Abbiamo anche pensato di fruire via web, grazie a delle piattaforme, il teatro ma è un meccanismo complicato, anche oneroso. Dietro questa forma di comunicazione ci sta un mondo dietro di lavoratori. Mi sento di dire però che se si ferma il teatro, o l’arte in generale, si spengono anche i sogni. Ci resta l’immaginazione, ma da sola non basta. Il teatro aiuta anche a realizzare un sogno”.

LE MILLE BALLE BLU CHE VOLANO…E VOLANO!!

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Ci sono dichiarazioni che non dovrebbero restare impunite, come quelle della Ministra Azzolina, Miss rouge à levres, che “con parole sue” descrive la ripresa della scuola a settembre: “a staffetta, tra turni e lezioni a distanza”!

E’ la stessa ministra che, a fine marzo, dichiarava il “tutti promossi”, ben tre mesi prima della fine delle lezioni!! Fanculo il vero significato della scuola, fatta di odori, ricordi, stimoli, interazione,  amicizia e confronto, in cui il programma da seguire è solo un mero timing!

Con quale task force ministeriale si sarà confrontata la ministra, tra le 18 a disposizione? Spero nessuna e che sia tutta farina del suo sacco! se no ci sarebbe da incendiarli.

Che incredibile parallelismo, tra la superficialità della ministra e le affermazioni di coloro che non sapendo cosa dire prevedono per la musica “un futuro roseo e soprattutto remunerativo in streaming”, perché  il domani è in smart working e in social distancing”!.certo, come no?! Diciamolo in inglese, così fa figo e non impegna.Quante BALLE blu!

A dirlo in italiano puro, ci aveva pensato  Giuseppe Prezzolini  già nel secolo scorso,  quando disse“ In Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo”, ma in questo momento anche la sua saggezza sarebbe stata messa a dura prova, col rischio di studiare a distanza per sempre.

A tutti quelli che inneggiano al meraviglioso cambio epocale che,a sentirli parlare, anche i figli dei fiori sarebbero sembrati degli statisti!...

A quelli che sono estasiati dalla natura che si riprende il suo posto, mentre il Cervo a primavera non è più un album di Riccardo Cocciante, ma è diventato il simpatico esemplare, che rovista tra l’immondizia in pieno centro a Milano….

A quelli che  il futuro liquido di Bauman è diventato il nostro presente, perché finalmente tutte le nostre certezze si sono ormai dissolte nell’incertezza globale….

Ecco! a tutti questi custodi di certezze assolute, per non dire altro, 

chiedo di tirare fuori un bel coniglio dal cilindro, che a sua volta, come per magia, ci liberi dal male, o almeno dal ridicolo tentativo di farci passare le cose negative per miglioramenti e rivoluzioni positive- 

Così, magari, ci ritroveremo nel mondo che vorremmo e le milleballe tornerebbero ad essere bolle. Blu. Paola Palma

Rodolfo Valentino, la leggenda

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di Daniela Musini - Quando morì, il 23 Agosto 1926, aveva appena 31 anni.

Solo cinque anni era durata la sua carriera, fulminante come la sua morte, ma erano bastati a far sì che questo perito agrario nato a Castellaneta in provincia di Taranto il 6 Maggio 1895, diventasse il primo Divo della Storia del Cinema, capace di scatenare entusiasmi deliranti, passioni sbrigliate, pettegolezzi feroci e il primo, idolatrico culto della personalità dello star-system hollywoodiano.
Rodolfo Anselmo Raffaello Pierre Filiberto Guglielmi era nato in una famiglia della buona borghesia pugliese: padre ex ufficiale di cavalleria e madre dama di compagnia della Marchesa Giovinazzi.
Da ragazzo sognava l’Accademia Navale e quando fu scartato alla visita di leva per insufficienza toracica, annotò sul suo diario: «Voglio morire».
Ma non si uccise: amava troppo godersi la vita.
Dopo essere approdato a Parigi e a Montecarlo, decise di partire per l’America e il 29 Dicembre 1913 sbarcò dal piroscafo Cleveland a New York dopo 20 giorni di navigazione.
Vita dura all’inizio, anzi durissima: sguattero, spazzino, giardiniere. Si lavava nelle fontane e si asciugava con i fogli di giornale che il vento faceva volitare a Central Park.
Ma aveva tre doti spiccate: era bello, ambizioso e sapeva ballare da dio. Il tango, soprattutto, quel ballo torbido e peccaminoso nato nei bordelli di Buenos Aires e Montevideo, ballato inizialmente solo da uomini, danza di sangue e di coltelli, di occhiate assassine e di amori perduti, di passione e nostalgia.
Un locale di New York lo scrittura come “danseur mondain” ossia come accompagnatore di donne sole e lui le fa sognare stringendole a sé in tanghi voluttuosi e incendiandole con i suoi celebri sguardi obliqui. Danseur mondain e all’occorrenza gigolo, così non scontenta nessuna.
Ma lui aspirava ad altro: al Cinema, per esempio.
Volto intenso incorniciato da lunghe basette da “mascalzone latino”, capelli neri come la notte e imbrillantinati, occhi di velluto che una miopia congenita rendeva sognanti, movenze flessuose e sensuali: perfetto per ruoli da amante e da bel tenebroso.
E Hollywood non se lo fa scappare.
Nel 1921 appare nei “Quattro cavalieri dell’Apocalisse”: un trionfo. Nasce un fenomeno, che oggi chiameremmo mediatico, di proporzioni planetarie.
L’ex perito agrario di Castellaneta, che ora si fa chiamare Rudolph Valentino, diventa il prototipo del latin lover: le donne lo agognano e affollano i cinema dove si proiettano i suoi film, gli uomini lo imitano, e allora è un tripudio di ghette bianche e di capelli impomatati, torbidi sguardi e, per chi può, di limousine con l’emblema del cobra sul cofano come la sua.
Ma nessuno è come lui: unico, inimitabile, irripetibile.
L’ascesa è repentina, il successo clamoroso: “Lo sceicco”, “Sangue e arena”, “Il giovane rajah”, “L’aquila” e “Il figlio dello sceicco” (uscito postumo): questi i titoli di alcuni suoi film che riscuotono un successo grandioso, proiettandolo nell’Olimpo del Cinema in cui diventa “il Dio assoluto del Muto”.
I personaggi che interpreta sono sempre esotici, ad alto tasso seduttivo ed erotico e lui stesso è un dandy elegantissimo, amante delle notti folli, del lusso e dei piaceri.
Influenza mode e modi: adotta l’orologio da polso, allora appannaggio solo delle donne (gli uomini usavano quello da taschino) e allora Cartier gli chiede di indossare il suo celebre Tank, ispirato ai carri armati della Prima Guerra mondiale (la forma della cassa evoca la cabina di pilotaggio).
Lui se ne innamora così tanto che s’impunta a volerlo portare persino nelle scene del suo film “Il figlio dello sceicco”, incurante dell’imbarazzante incongruenza e con buona pace della produzione che dovette piegarsi ai capricci di un Divo.
Nel 1925 torna in Italia per una vacanza e chiede di essere ricevuto dall’allora capo del Governo Benito Mussolini, ma questi non lo accoglie: è piccato con lui perché il Divo aveva chiesto la naturalizzazione americana e ciò era stato percepito come un affronto alla Madre Patria.
Per questo, mentre nel resto del mondo i suoi film erano osannati, in Italia erano boicottati.
C’è chi parlò all’epoca di censura mussoliniana perché lui non rispettava i canoni del maschio del tempo: troppo dandy, troppo effeminato, troppo ricercato, troppo gentile.
In effetti Rudolph/Rodolfo si truccava gli occhi, curava i dettagli del vestire con una ricercatezza allora ascritta soprattutto alle donne, portava braccialetti a forma di serpente, e poi era così maledettamente seduttivo!
Le donne, negli States, erano pazze di lui molto più che degli attori nostrani e questo in America, unitamente al fatto che lui non appartenesse alla “casta” dei WASP (acronimo di White Anglo-Saxon Protestant) ed essendo Italiano, Cattolico e pure di pelle scura, dava fastidio, molto fastidio alla Upper Class.
La stampa statunitense quindi comincia a prenderlo di mira e gli riserva critiche beffarde e velenose.
E addirittura un cronista del “Chicago Tribune” lo appella malignamente “piumino rosa da cipria”, alludendo alla sua (presunta) omosessualità.
Più che presunta, però, sono in molti a ritenerla conclamata (si parlò di relazioni con gli attori Norman Kerry e Ramon Novarro e con lo sceneggiatore André Daven), seppure ben occultata per non intaccare la sua fama di irresistibile tombeur de femmes.
In una biografia molto pruriginosa dal titolo A dream of desire, David Bret sostiene che Valentino era «gay per inclinazione naturale e bisessuale per convenienza finanziaria» e che arrivato a New York fosse stato assoldato come giardiniere dal miliardario Cornelius Bliss divenendone presto l'amante.
E sono le sue due mogli a dare man forte alla tesi di un Rodolfo Valentino attratto da giovanotti muscolosi, sbandierando apertamente la mancanza di ardori erotici del loro bellissimo marito nei propri confronti.
La prima, Jean Acker, un’attricetta-ballerina di poco talento e di molta boria, lo piantò dopo appena un mese di matrimonio, lamentandosi in interviste rilasciate e destra e a manca che le loro notti erano state tutte maledettamente bianche
In realtà era lei ad essere una seguace di Saffo, e quindi totalmente disinteressata agli uomini, oltre che amante della famosa e gelosissima attrice Alla Nazimova.
Ma fu la seconda moglie, la perfida, stravagante ed insopportabile Natascia Rambova (che si fingeva russa e invece era nata a Salt Lake City e all’anagrafe si chiamava Winifred Kimball Shaughnessy) a dargli il colpo mortale e a screditarlo di fronte al mondo intero.
Lui era completamente succube di questa artista poliedrica (danzatrice, scenografa, costumista e sceneggiatrice) e donna dalla personalità forte e magnetica che lo devastò sia economicamente che psicologicamente.
Capricciosa ed esigentissima, lo dissanguò (nonostante fosse ricchissima di suo) con le sue sfavillanti pretese. E allora furono costosi cani alsaziani e purosangue arabi, yacht e 6 lussuose automobili, gioielli da sogno e abiti magnificenti.
Valentino si indebitò per lei di una cifra colossale: centomila dollari degli anni Venti.
Rissosa e prepotente, gli fece terra bruciata attorno, litigando con produttori, costumisti, registi e truccatori e riducendo il suo celebre marito ad un fantoccio tra le sue mani e a zimbello di Hollywood.
Ma lui era perso di lei e arrivò persino a dichiarare: «Io non sono solo un uomo innamorato: sono lo schiavo di mia moglie. E per lei affronterei non soltanto la galera, ma anche la morte.»
E in galera “Rudy” (come ora familiarmente era chiamato) ci andò davvero perché sposando la Rambova fu accusato di bigamia in quanto il precedente divorzio dalla Acker non era stato ancora registrato e convalidato.
Lei, la crudele Natascia, lo lascerà dopo quattro anni di matrimonio che altro non fu che un gioco al massacro fra una carnefice snob e glaciale e una vittima dolce e ammansita.
E non contenta di averlo rovinato finanziariamente e di avergli spezzato il cuore, lo umiliò davanti al mondo definendolo «un impotente, una cocotte imbellettata», omettendo che anche a lei, come la precedente sua moglie, interessavano più le donne che gli uomini.
Rodolfo Valentino non si riprese mai dal dolore e cercò conforto tra le braccia di una Diva dell’epoca, la bellissima attrice polacca Pola Negri, ma il destino stava per giocargli un tiro mancino.
E in un caldo giorno d’Agosto di quell’anno infausto, il 1926, l’attore viene ricoverato urgentemente al Polyclinic Hospital di New York per un grave malore causato da ulcera gastrica e infiammazione all’appendicite sfociata presto in peritonite.
Lo operarono d’urgenza; si risveglia, guarda verso la finestra e dice: «Non tirate giù le tendine. Mi sento bene. Voglio sentire la luce del sole».
Muore il 23 Agosto a 31 anni lasciando il mondo del Cinema sconvolto e le sue fan disperate.
Una sorta di isteria collettiva s’impadronisce allora di New York nel giorno dei suoi funerali tanto che si scomoda persino uno scrittore come Dos Passos che in un memorabile articolo intitolato “Tango lento” scrisse: «Mentre egli giaceva solennemente in una bara coperto di un drappo d’oro, decine di migliaia di uomini, di donne e di bambini gremivano le vie all’esterno (...) uomini e donne lottavano per un fiore, un brandello di tappezzeria, un frammento del vetro rotto della finestra.»
Centomila persone partecipanti, un centinaio di feriti, 6 bimbi dispersi, 28 scarpe scompagnate e tre arresti fecero da cornice ad un funerale che si era trasformato presto in una baraonda morbosa e disdicevole: mentre un biplano lasciava cadere una pioggia di petali di fiori, centinaia di venditori ambulanti accorsero per vendere (a caro prezzo) sue foto di scena, ma anche hamburger e ombrelli, centinaia di ragazzini schiamazzanti s’arrampicarono sugli alberi per vedere il passaggio del feretro, si assistette ad urla e spintoni della folla, e persino a qualche tafferuglio ricomposto dagli agenti a suon di manganelli.
E scene simili accaddero anche nell’altro funerale organizzato a Los Angeles.
In entrambi la bara dovette essere ricoperta da una lastra di vetro per proteggere la salma, lastra che doveva essere pulita ogni quarto d’ora dalle lacrime, dalle impronte delle mani e dal rossetto dei baci lasciati dalle donne. Una donna a Londra si suicidò e la ritrovarono sul letto circondata da ritagli di giornali di Rudy, a Parigi un fattorino del Ritz fu trovato morto con in mano una sua foto con dedica.
Ad accompagnarlo al Memorial Park Cemetery di Los Angeles il Gotha del Cinema di allora: Charlie Chaplin, vestito a lutto e con il volto tirato, Gloria Swanson, Mary Pickford, Douglas Fairbanks, Pola Negri, sua ultima amante, che svenne tre volte, guadagnandosi il giorno dopo le prime pagine dei giornali.
“Le vedove di Rudy” che si presentarono ai funerali in gramaglie non si contarono e ben 65 dichiararono ai giornali di aspettare un figlio da lui.
Tutti notarono la grande assente: Natascia Rambova, la moglie crudele e tanto amata.
Ma per anni una misteriosa donna completamente vestita di nero e dal volto velato, portò corbeilles di rose rosse sulla sua tomba.
E molti giurarono fosse lei, finalmente pentita, finalmente affranta.

Daniela Musini

EMERGENZA CORONAVIRUS, COMUNICATO MAECI

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In alcuni Paesi si sta profilando una riapertura graduale delle scuole e delle università.
Come noto, il tipo di servizio prestato dal personale scolastico all'estero è diversificato e include scuole statali italiane, scuole paritarie, sezioni di italiano all’interno di scuole straniere, corsi di lingua e cultura italiana, lettori universitari, nonché attività di supporto ad Ambasciate ed Uffici consolari. Pur trattandosi di attività ed esigenze diverse (talune curricolari, altre a carattere extra-curricolare), nella fase di ripristino della didattica in presenza appare opportuno, per quanto possibile, un approccio omogeneo all'interno dei singoli Paesi, a prescindere dal tipo di funzione ricoperta (a meno che non vi siano situazioni fortemente divergenti, al livello di regioni/province/Laender etc.). L’obiettivo, dove sussistano le condizioni, è quello di una ripresa graduale e in sicurezza delle attività, in consonanza con quanto disposto dalle autorità locali, senza però escludere, ove adeguatamente motivato dall’Ambasciata, eventuali disallineamenti temporanei, che potrebbero anche essere dettati dalle quarantene “di ritorno” a cui potrebbero essere soggetti i docenti rientranti.
Va da sé che il personale in regime di art. 186 è comunque chiamato a fare rientro nella Sede estera laddove il motivo alla base della propria domanda di rientro o trattenimento in servizio in Italia sia venuto meno. Le Sedi saranno altresì invitate a vigilare sulle misure a tutela dei lavoratori applicate dalle scuole e dalle università locali in cui opera personale italiano.
Cons. d’ambasciata
Roberto Nocella capo ufficio V DGSP MAECI

Mario Acampa, La Banda dei Fuoriclasse su RAI GULP continua per tutto il mese di maggio

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Mario Acampa conduce La Banda dei FuoriClasse”, il nuovo programma RAI in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione che si rivolge a tutti gli studenti della scuola primaria e della secondaria di primo grado, soprattutto a coloro che non possono usufruire della didattica online.

“In questo periodo di emergenza, tre ore di conduzione e lezione in diretta quotidiana sono una sfida avvincente ed un impegno importante. Mentre parlo alla telecamera penso a tutti quei ragazzi e ragazze che sono chiusi in casa da mesi e non possono andare a scuola. Penso alle loro paure, ma anche ai loro sogni, alla loro voglia di normalità, e cerco di trasmettere loro tutta la forza possibile”

Mario Acampa, in direttadal Centro Rai di Torinotutti i giorni per 3 ore, accompagna non solo i giovani studenti, ma anche tutta la famiglia, componendo ad ogni puntata una vera e propria mappa concettuale. Già divulgatore e volto noto di Rai Ragazzi, Mario dopo la laurea in Giurisprudenza ha iniziato il percorso di conduzione e recitazione studiando con i migliori coach americani e firmando programmi di successo come TAO, Tutti All’Opera o il Junior Eurovision Song Contest di cui è conduttore ufficiale italiano da anni.

“Ho riflettuto sulle linee guida ministeriali ed ho pensato che la mappa concettuale in tv sarebbe stata una struttura divertente ed efficace per imparare in modo multidisciplinare”  dichiara Mario Acampa, che è anche autoredel programma. “E’ importante riuscire a stimolare la curiosità senza perdere di vista le nozioni fondamentali”

Da casa i ragazzi possono interagire inviando domande, richieste, commenti, quasi come se fossero in classe. Il programma usufruisce della collaborazione del Ministero dellIstruzione e dellamichevole concorso di altri enti, istituti, società, disponibili a dare una mano. Veri docenti, maestri e professori delle nostre scuole, scelti dintesa con il Ministero dellIstruzione, partecipano in collegamento con brevi lezioni, allinterno di percorsi di insegnamento che toccano tutte le materie. Altri esperti, contributi video, brevi programmi di varie fonti, partecipano alla costruzione giorno dopo giorno di lezioni, basate nella prima ora sul programma delle primarie e nelle restanti due ore su quello delle medie, o secondarie di primo grado. 

“Sono onorato di poter entrare nelle case di tutti gli italiani portando con un sorriso un pò di “scuola”. E poi ripasso anche io insieme a loro! Mi sento a mio agio nelle conduzioni in diretta e nei programmi che mi danno modo di interagire col pubblico, intervistare, spaziare tra gli argomenti.”

Il programma rimarrà in palinsesto fino a data da destinarsi tutti i giorni dalle 9:15 alle 12:15 sul canale Rai Gulp(canale 42 del digitale terrestre, canale 807 nella numerazione Sky), tre ore senza interruzioni pubblicitarie ma con una piccola ricreazione a metà.


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