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La Banda dei FuoriClasse, dal 20 aprile le lezioni su RAI GULP con Mario Acampa

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Su Rai Gulp la “campanella” oggi è suonata in orario per la prima puntata in diretta de “La Banda dei FuoriClasse” il programma che fa parte del progetto #lascuolanonsiferma della Rai.
Il conduttore Mario Acampa, accompagnato dall’illustratore Gabriele Pino, ha dato il benvenuto a ragazzi e genitori spiegando le modalità del programma che accompagnerà gli studenti fino a fine maggio.
Partito puntuale in diretta il programma ha ospitato oggi, in collegamento via webcam, i docenti Alessandra Pederzoli, maestra elementare, e Enrico Galiano, professore di italiano. La trasmissione si rivolge agli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado.

"Produrre un programma per ragazzi in diretta durante questa situazione di emergenza è possibile grazie alla capacità e alla passione del personale del Centro di produzione Rai di Torino, che ha saputo allestire in tempi record uno studio, la regia e sistemi di comunicazione efficienti nel rispetto delle norme di distanziamento sociale”, ha affermato il direttore di Rai Ragazzi, Luca Milano, “La missione di fornire ai bambini e ai ragazzi un sostegno educativo è la molla che ha reso tutto possibile". Il programma è realizzato nello studio di Torino che ospita abitualmente le registrazioni de “L’Albero Azzurro” ed è stato allestito con separatori di spazi.

"Grazie al Ministero dell'Istruzione e agli altri enti, a partire per la prima puntata dal CNR” ha spiegato la vicedirettrice di Rai Ragazzi, Mussi Bollini, “che ci stanno fornendo una collaborazione essenziale. Attualmente siamo l’unico canale tematico che propone programmi in diretta televisiva. La banda dei FuoriClasse è frutto di un grande sforzo produttivo: le redazioni di Rai Ragazzi stanno lavorando in smart working, sperimentando nuovi modelli produttivi che andranno a modificare l’offerta televisiva del futuro".

Lunedì 20 aprile al via le prime lezioni, sempre a partire dalle 9.15 su Rai Gulp e RaiPlay (in streaming e on demand). Nella prima ora (“FuoriClasse Kids”), dedicata ai bambini della scuola primaria, torna la maestra Alessandra Pederzoli e si inizia con una lezione sulle fonti storiche. Ci sarà un laboratorio sui fossili, con un contributo video dalla serie “Amazing History”. Quindi una lezione sull’arte rupestre, un po’ di matematica con il “gioco” del 5 finale e un contributo dalla serie “Big Bang” sulle origini della materia. Infine inglese e attività motoria.

Nella seconda parte (“FuoriClasse Teen” dedicata alla scuola secondaria inferiore) si parte con la storia. Sarà approfondito il tema delle epidemie dai Maya, dalla peste nera nel XIV secolo fino alla peste del ‘600. Per le scienze, con la divulgatrice scientifica Agnese Sonato, si parla di DNA e RNA, analisi e differenze tra batteri e virus. Torna il docente di lettere Enrico Galiano per la lezione su “Manzoni e l’epidemia nella letteratura”. Quindi storia dell’arte con un’analisi della vita e l’opera di Tintoretto. Lezione di inglese sui pronomi personali e di matematica sugli algoritmi. In programma anche laboratori di scienze con Scienze Max e alimentare con chef Malantrucco, per concludere con musica e teatro al tempo degli Etruschi.

I ragazzi potranno interagire e fare domande attraverso Instagram (@rai_gulp), Facebook e Twitter (@RaiGulp).

“La Banda dei FuoriClasse” è un programma scritto da Mario Acampa, Giovanna Carboni, Toni Mazzara e Federico Taddia, con la regia di Marta Manassero.

Ian McKinley al The Guardian: "Nelle difficoltà o affondi o impari a nuotare"

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Ian McKinley si confessa al The Guardian, non trascurando il suo impegno nel sociale per la Fondazione italiana Laureus Sport for Good

In tempi di incertezza e precarietà, sanitaria ed economica, una voce di speranza si leva dalla mischia, non solo del rugby, il primo sport in Italia che ha deciso di chiudere anzitempo la stagione agonistica a causa dell’emergenza Coronavirus. È la voce perentoria, ammorbidita dal frequente uso di inglesismi, di Ian McKinleymediano di apertura del Benetton Treviso e della Nazionale italianaambasciatore della Fondazione italiana Laureus Sport for Good, che sulle colonne del The Guardian, l’autorevole quotidiano inglese, si è confessato a cuore aperto. La sua è una testimonianza di resilienza, che documenta concretamente come si possano placcare le avversità, proiettandosi di gran carriera verso la linea di meta. La corsa a ostacoli di Ian inizia, a Dublino, nel 2010, quando un infortunio di gioco gli procura il distacco della retina dell’occhio sinistro e lo costringe al ritiro l’anno successivo. «Quell’incidente mi ha completamente stravolto l’esistenza. Ho deciso di abbandonare tutto e di trasferirmi a Udine a soli 22 anni, dove ho iniziato ad allenare la squadra locale. Né Cordelia, oggi mia moglie, né io sapevamo una parola di italiano. Ma in queste situazioni o affondi o impari a nuotare. Sono riuscito ad adattarmi e così ho creato relazioni che dureranno per tutta la vita». Positività chiama positività e così nel 2014, grazie al parziale recupero della vista all’occhio sinistro e all’utilizzo di speciali “rugby goggles”, gli occhiali protettivi approvati per la prima volta dalla Federazione internazionale, Ian torna all’attività agonistica, un sogno che solo quattro anni prima sembrava precluso per sempre. «Ancora oggi, ogni settimana, ricevo messaggi di persone che hanno subito un infortunio simile al mio. Mi gratifica sapere che 2 mila ragazzi in tutto il mondo possono giocare a rugby indossando i miei stessi occhiali. A mio modo mi sento un pionere. Sono stato molto felice quando ha iniziato a usarli anche Ardie Savea (uno dei giocatori cardine degli All Blacks, ndr)». L’esistenza vissuta perennemente sulle montagne russe conduce Ian alla realtà di oggi, vissuta nuovamente nel segno dell’incertezza. «Non ho disputato molte partite in questa stagione. In Italia, a differenza del rugby inglese e irlandese, non ci sono seconde squadre. Le rosa della Benetton Treviso è composta da 52 giocatori, ma solo 23 si possono presentare in campo. Quest’anno ho vissuto molti alti e bassi. Ho ancora un contratto in essere, ma non so cosa sarà di me in futuro, visto che adesso le persone non possono dare garanzie. Molte persone stanno perdendo il loro posto di lavoro e tra queste c’è anche mia moglie». Una condizione che stimola, se possibile, ancora di più McKinley a battersi per la Fondazione italiana Laureus Sport for Good, di cui è ambasciatore. «La Fondazione mi ha aperto nuovi orizzonti. È emozionante vedere come il suo lavoro in tutto il mondo aiuti milioni di bambini, grazie alla pratica sportiva, ad affrancarsi da violenza e discriminazione. In Italia, in particolare, in cui la Fondazione è attiva nelle periferie di Milano, Torino, Genova, Roma e Napoli, neanche durante questa emergenza il lavoro di squadra di educatori, maestri e allenatori e psicologi dello sport si è mai fermato, in modo da raggiungere anche i bambini più distanti, sprovvisti di una connessione Internet, e quelli più in difficoltà, che vivono situazioni famigliari di forte disagio. Anche per questo motivo invito tutti a sostenere Laureus e tutte le realtà che collaborano con la Fondazione nei territori più a rischio».

Lodovica Lazzerini presenta "Limbo" un grido di speranza, amore e profonda umanità. L'intervista di Fattitaliani

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È uscito Limbo, il nuovo singolo della cantautrice toscana di adozione milanese Lodovica Lazzerini, frutto di una collaborazione con il produttore romano Deville, scritto e prodotto interamente durante questa interminabile quarantena. Un pop deciso che accompagna l’irrefrenabile desiderio di un ritorno alla normalità. Fattitaliani l'ha intervistata.

A che punto della tua carriera si situa la pubblicazione di "Limbo"? che significa per te? 
Limbo è sicuramente un brano inaspettato, fuori dal programma che abbiamo stabilito. Ma è nata e in un momento abbiamo pensato che sarebbe stato un bel gesto regalarla a tutti. Limbo rappresenta per me un grido di speranza, amore e profonda umanità. È un brano importante, magari non il migliore a cui abbia dato la luce ma è figlio della quarantena, dell’incertezza e ho voluto pubblicarla nella sua più totale sincerità. 
Quanto ti rappresenta il brano? In che cosa in particolare?
Il brano mi rappresenta molto, nasce proprio da un districare e dare voce al groviglio di pensieri e preoccupazioni che ho nella mia testa dura. Ho aperto il cuore, esponendomi più del solito a livello personale ma sempre con un occhio di criticità sociale che nei miei testi non manca mai. Mi rappresenta molto perché rispecchia la mia anima: è un brano diretto, nostalgico e pieno di amore.
Quali sono le tue fonti d'ispirazione più frequenti? 
Senza dubbio la “vecchia scuola eterna” del cantautorato italiano ad esempio Faber, Battiato, Dalla, Battisti ma anche la “nuova” quindi Calcutta, Brunotti, Levante e Gazzelle. Potrei citare altri mille nomi ma principalmente la mia attenzione è attirata da questi.
C'è un posto, un angolo, un momento in cui sei maggiormente ispirata a scrivere? 
Assolutamente sì, la mia “tana” è sicuramente la mia cameretta nella casa in Toscana, ogni volta che torno chiudo più brani di quanti non ne chiuda in interi mesi su a Milano, nonostante la mia principale ispirazione provenga da ciò che vivo lì. È come se ogni volta che torno mettessi insieme i pezzi e facessi un resoconto in musica di ciò che ho vissuto in città. 
Scrivi canzoni da quando eri adolescente. C'è stato un brano che avevi accantonato e ripreso? 
In realtà proprio oggi, nell’archivio di un vecchio computer ho ritrovato una demo che non ricordavo di avere e credo che la riprenderò perché è molto rappresentativa di un periodo della mi vita e ci tengo molto. 
Che cosa stai imparando dal confinamento di questo periodo?
Sicuramente a stare sola con me stessa e con i miei pensieri e ad imparare a farci i conti. Sto capendo quanto nella vita abbia sottovalutato il tempo, quanto ne ho perso e cosa avrei potuto invece fare, a non dare per scontato nulla e a valutare il giusto peso di ogni cosa. 
Appena finito il lockdown, cosa farai? 
Abbraccerò tutte le persone a sui tengo e farò una passeggiata in battigia al tramonto riscoprendo i colori. Giovanni Zambito.
BIO: 
Lodovica Lazzerini, è una cantautrice di 19 anni toscana. Si avvicina alla musica all’età di 5 anni, studia prima chitarra, poi pianoforte e infine tecnica vocale. All’età di 14 anni comincia a scrivere i suoi primi testi e a musicarli. Nel 2015 comincia a lavorare al suo primo ep “SeDici” prodotto da Alessandro Di Dio Masa, chitarrista e produttore, nonché ex collaboratore di Francesco Gabbani ed altri artisti di rango internazionale. Grazie alla diffusione del suo primo disco, ha l’occasione di essere premiata per un suo brano dallo stesso Gabbani e di effettuare un viaggio con il maestro Mogol avendo proprio il suo disco come sottofondo musicale, ricevendo tanti consigli e l’invito di essere formata da lui stesso. Dopo questo primo lavoro Lodovica si mette alla ricerca della sua identità musicale e studiando e ascoltando tanta musica arriva a unire diversi generi, (indie-pop-elettronica) e a creare sonorità particolari senza perdere del tutto la sua impronta più cantautorale. Incontra nel 2018, grazie a Giuseppe Cannistraci (autore e talent scout) il produttore romano Deville, e i due iniziano a collaborare e a creare cose nuove, fondendo due generi musicali completamente diversi. Proprio con Deville ritorna sulla scena musicale con “Limbo”, il nuovo singolo in uscita il 16 Aprile 2020, nel quale si fa portavoce del desiderio comune di un ritorno alla normalità, di quella voglia irrefrenabile di tornare ad affollare i monumenti.

L'attore Filipe Duarte morto a 46 anni per infarto

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L'attore Filipe Duarte, che ha interpretato Luís Bernardo Valença nell'adattamento televisivo di Ecuador, è morto ieri all'età di 46 anni.

La notizia è stata confermata al quotidiano portoghese PUBBLICO dalla società di produzione Pandora da Cunha Telles, di Ukbar Filmes. 
Filipe Duarte è deceduto durante la notte di infarto acuto del miocardio ed è stato trovato morto in casa.
L'attore era tornato di recente dal Brasile, dove aveva terminato le riprese della soap opera Globo Amore di madre.
Nato in Angola nel 1973, Filipe Duarte è stato uno dei volti più versatili e presenti nella televisione, nel teatro e cinema portoghese, e recentemente ha preso parte anche a diverse serie spagnole.

Il quadro più ammirato dell'Ottocento

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Il secolo XIX si distinse anche per i sensibilissimi perfezionamenti nell’arte tipografica: la evoluzione fu tale che di tutto si potevano realizzare ormai riproduzioni e copie in numero quasi infinito, anche a colori, e fu dunque una enorme conquista per la umanità che si vide destinataria di infinite informazioni prima di allora impensabili, un contributo dunque notevole all’elevamento  culturale di tutti.

Anche Louis Léopold Robert (1794-1835) giovane artista svizzero educato a Parigi, nei primi anni del 1800  riuscì a realizzare il sogno del viaggio in Italia e a Roma e Napoli in particolare, che da secoli erano le mete abituali di gran parte degli artisti europei, e non solamente degli artisti.
Questo artista è quello che ebbe dalla sorte una destinazione veramente unica, tale da contribuire alla sua perenne memoria nei libri di storia. Masnadieri e grassatori sono stati una calamità in tutta Europa, da sempre, dove più dove meno. In Ciociaria, al confine tra Regno di Napoli e Stato della Chiesa, al di qua dei Monti Ausoni ed Aurunci principalmente cioè  sulle  montagne   di fronte a Terracina e specificatamente  a Sonnino la celebrata, era il regno consolidato e quasi inespugnabile di bande di questi assaltatori di diligenze e di ricchi latifondisti  e che qui si chiamavano ‘briganti’, parola, pare, proveniente dal francese che in quei frangenti della storia e cioè fine 1700 e inizi 1800 occupavano tutto il regno e man forte davano alla lotta contro questi ladroni: tale zona di confine era particolarmente favorevole alla incolumità dei briganti in quanto neutrale cioè porto franco, dove nessuna delle due autorità (borbonici e papalini) poteva entrare. Il 1825 era anno giubilare e la Chiesa si aspettava migliaia di pellegrini.Di conseguenza queste bande di nullafacenti armati e feroci che al confine potevano assaltare o derubare quasi impunemente,  rappresentavano una grossa preoccupazione: iniziò, per anni, perciò una feroce e spietata  persecuzione contro i briganti, anche con la collaborazione dei Francesi prima e dei Borboni dopo. E il nostro giovane artista Louis Léopold Robert arrivò a Roma nel pieno della rappresaglia contro i ‘briganti’, nel 1818.  Quindi ne sente parlare in giro,  alle Terme di Diocleziano erano stati asserragliati tutti gli abitanti di Sonnino  qui deportati dalla gendarmeria papale per  evitare che fornissero aiuto ai malviventi. E l’artista cominciò a provar curiosità verso questa umanità di cui le donne chiuse nelle Terme di Diocleziano parlavano  invece con entusiasmo ed amore!
E iniziò dunque da parte dell’artista, con la cassetta dei colori sulle spalle, la visita  dei luoghi di origine, a piedi o a cavallo, da Roma verso Sonnino. E così per la prima volta si vedono sulla tela questi personaggi fuori del comune. Naturalmente le raffigurazioni dei briganti con quei cappelli a cono, le cioce ai piedi, le cappe addosso, il panciotto colorato, il fucile in braccio, il petto tappezzato di orologi e monete e spilli derubati a qualche malcapitato, dopo la sorpresa iniziale e lo stupore iniziarono ad essere apprezzati dai cultori d’arte prima di tutto di Parigi dove le opere venivano inviate dall’artista ai Salon della città e dopo... dovunque!  Era stata aperta una nuova pagina nella Storia dell’Arte. Altri giovani pittori  iniziarono  il loro viaggio a Sonnino e paesi vicini alla ricerca dei briganti. E Louis L. Robert a poco a poco iniziò ad ampliare la gamma dei suoi soggetti al mondo circostante e in particolare alla città di Sezze la quale nei primi quindici anni dell’800 era divenuta la meta di rifugiati, a seguito delle presenze napoleoniche,   da Boville, Isola, da Ceprano, Frosinone, Veroli… e  per il nostro artista fu un ulteriore motivo di  ispirazione la visione di quei derelitti in quegli abiti sgargianti di colori che da Suso, così si chiamava e chiama la valle dove si erano assembrati in migliaia, che si recavano nelle paludi  circostanti   o nelle campagne per i lavori dei campi. E anche questi personaggi nelle  loro vestiture  così particolari mai apparsi sulla scena artistica, risvegliarono grandissimo interesse ed ammirazione.Fu dunque Louis L. Robert  che ha fatto conoscere per primo i briganti e il costume ciociaro, che diverranno  il soggetto certamente  più ritratto dagli artisti europei. Una delle sue opere  è intitolata i ‘Mietitori  delle Paludi Pontine’ fu presentata  alla fine degli anni ’20 dell’800 nel Salon di Parigi: successo enorme, il quadro fu acquistato dal Re della  Francia e da allora si ammira al Louvre: ebbene quest’opera così tanto ammirata che per tutto il secolo è stata replicata e copiata e imitata infinite volte, riprodotta e diffusa a mezzo dei nuovi procedimenti tecnologici tanto da divenire letteralmente l’opera più diffusa e più conosciuta di tutto il secolo in Europa.
Michele Santulli

Racconti in quarantena: Libero

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di Mario NarducciFosse stato il vento, lo avremmo detto di tramontana. Come quello si annunciava, soffiando, ancor prima di apparire, asciutto fisicamente e portatore di sereno, qualunque fosse il cielo.
Non veniva neanche dal mare ma da un’altura di periferia, macinando chilometri a piedi come un maratoneta. Chi, come me, lo ricorda da quando portavo il grembiulino nero delle elementari, lo vedeva sempre uguale, anche se erano passati decenni e le tante primavere gli avevano appena appena incanutito il capo. Si chiamava semplicemente Libero. Senza cognome.

Giungeva sbuffando dunque, di primo pomeriggio, giusto in tempo per l’apertura dei cinema che allora, all’Aquila, erano quattro e tutti in centro: il Rex ai Quattro cantoni, dove confluiscono, nella direttrice più lunga, Corso Federico II e Corso Vittorio Emanuele e nel segmento più breve Via San Bernardino e Corso Umberto, che costeggia i portici del Liceo per raggiungere Piazza Palazzo; l’Imperiale a Via tre Marie, inondato dagli odori del ristorante omonimo e dei bignè alla crema di Cullù, il pasticcere venuto dal teramano; l’Olimpia verso la Fontana Luminosa, a fianco alla Standa dove i ragazzi delle Superiori andavano ad ammirare le belle commesse in camice turchese; il Massimo da ultimo, l’unico a resistere all’insidia delle multisale di periferia e spodestato infine dal disastroso terremoto del 2009, Domenica delle Palme, come si conviene ad una Città già rasa al suolo dal terremoto del 1703, o della Candelora.

Libero era insieme una presenza discreta ed invasiva, galante e “saggio”, sensibile al fascino femminile come solo possono esserlo i bambini che si innamorano della maestra e se ne fanno un sogno. Le ragazze che non lo conoscevano ancora avrebbero potuto anche spaventarsi al suo approccio brusco e innocente, come accadde a mia sorella che uscita dal Rex dove proiettavano “Biraghin”, un film anni quaranta, protagonisti un industriale milanese, un giornalista e una ballerina di famiglia povera, si sentì gridare in uno slancio di ammirazione, il fiato sul collo, “che bella”.  Quelle che invece sapevano chi era, si limitavano a sorridergli, anche perché lui, dopo la galanteria, volgeva loro subito le spalle.

Segaligno, perso in un completo grigio di taglia generosa, leggermente curvo in avanti come chi va sempre di corsa, bocca serrata e macinante sotto il taglio dei baffi che lo facevano sembrare malinconicamente arcigno nel volto rugoso e scavato, Libero era nei fatti un solitario che, le palpebre a fessura, osservava tutto senza vedere nulla, per poi lanciare, scuotendo il capo, il suo giudizio icastico che era una sentenza inappellabile: “Che mondo”! Non aggiungeva di più. E quello che era un intercalare inconsapevole, nel sentimento comune diventava una profezia, come spesso accade ai profeti veri e non solo biblici, che prefigurano sciagure e mutamenti epocali senza nemmeno, a volte, rendersene conto. Libero, in fondo, apparteneva a questa categoria, anche se con una infinita innocenza in più.

Incominciava dunque la visione dei film dall’Olimpia, il cinema la cui mastodontica macchina di proiezione era collocata in uno sgabuzzino che dava sul Corso e che l’operatore teneva sempre aperto per dargli aria. Poi faceva il giro degli altri, fino al Rex, dove assisteva all’ultimo spettacolo, per uscirne a mezzanotte scotendo a commento il capo con il suo immancabile “Che mondo”. Sostava un poco davanti al bar a lato, incurvava ancor più la schiena, sbuffava e mimava la messa in moto di un motorino che solo lui vedeva, dava gas ruotando la mano sull’inesistente manubrio, e partiva di volata verso la periferia donde era venuto, per rinchiudersi in casa fino al pomeriggio del giorno successivo. "Vaio de fretta", rispondeva rifiutando a chi, pensoso della notte, gli offriva un passaggio in auto. Gli bastava un baleno per sparire sopra quelle gambe magre e veloci come il vento libero che era, mentre il rumore del “motorino” si affievoliva lontano fino a naufragare nella notte.

Mi chiedo, oggi, che fine avrebbe fatto la sua libertà, il suo essere vento che nessuno può fermare, la sua saggezza insana che ne fece un profeta innocente e inconsapevole, mentre imperversa questa pandemia che ha fatto del mondo un grande reclusorio, un bagno penale dal quale è impossibile evadere, o forse, a stento, solo con la fantasia, i cui orizzonti, malati di malinconia, vanno restringendosi sempre di più. Ma i profeti, anche minimi, hanno un tempo per esserci e poi scomparire a missione conclusa. Per cui ogni risposta è inutile, se non quella dettata dall’assenza. Perché in fondo le città le costruiscono i potenti, ma vivono assai spesso di gente che conta poco o punto, e che le fertilizza con il calore tenue di un’eterna primavera.

Anne Cotteril, omaggio alla pittrice dei fiori

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di Ester Campese  - Dal 2014 è stata istituita la giornata del fiore che si festeggia ogni anno, il 18 aprile, con l'intento di diffondere l’importanza del legame tra uomo e natura, contemplando quella che è la bellezza per eccellenza.
Ed è proprio compito dell'arte e degli artisti descrivere ed immortalarne il fascino e la grazia della natura. Un esempio eccellente ce lo offre la pittrice contemporanea Anne Cotteril nata ai confini della Scozia nel 1933 che si specializzò proprio nei dipinti floreali.
I fiori hanno la capacità spesso di “parlare” un linguaggio d'amore segreto, le rose si sa simboleggiano l’amore per eccellenza, ma anche le margherite venivano usate nel medioevo dalle fanciulle innamorate per decorare con ghirlande di questo fiore, gli scudi dei guerrieri, ma non tutti sanno che il fiore che più di tutti simboleggia l'amore è il tulipano, la cui storia è legata ad un'antica leggenda persiana che racconta di una delusione sentimentale. Il nome tulipano deriva proprio dal turco 'tullband' - turbante.

Anne Cotteril studiò ad Edimburgo laureandosi all'"Edimburg of Art" nel 1956. Per la sua eccellenza vinse una borsa di studio"itinerante" che le permise di viaggiare in Europa ed approfondire gli studi dei grandi pittori tradizionali. Si trasferì negli anni 60, sposatasi, nel West Somerset. Anne per dipingere i suoi soggetti floreali traeva ispirazione spesso da ciò che vedeva nel suo giardino.

Poneva i i fiori raccolti in vasi della sua collezione, o semplici vasi di vetro, creando composizioni di una freschezza unica e con una particolare vitalità pittorica, accompagnati da grande gusto e senso del colore. Dipingeva con la tecnica dell'olio su tela "en plein air", alla luce naturale, direzionando il taglio di luce in modo da rendere nel dipinto valori tonali importanti, con una riuscita sensazione di movimento, da rendere ogni sua creazione una piccola gemma della natura.  

Di carattere schivo e riservato, Anne deve il suo successo per lo più dal passa parola di quanti apprezzavano la sua arte. Ha esposto in importanti gallerie diverse delle quali ospitano le sue collezioni permanentemente tra cui la Thompson,s Gallery a Londra, in cui espose anche due sue personali, nel 1998 e nuovamente nel 2001 , alla Wykenham Gallery, la City Gallery a Londra e nel Devon alla Bellfloewr Gallery. 
E' morta nel 2010.

Coronavirus, QUANTI SONO REALMENTE I CONTAGIATI?

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Presentato nel corso del quinto incontro online della Associazione Luca Coscioni il nuovo modello proposto da ex Presidenti dell'ISTAT per rilevare i positivi al nuovo coronavirus con stime più precise di quelle attuali. Cappato (Ass.Coscioni) "Governo, Regioni e Protezione Civile si muovano per ottenere dati affidabili e per riaprire la democrazia" 

“Il desiderio comune, e legittimo, è di conoscere esattamente come si sta comportando l’epidemia. Dunque occorre assumere un modello statistico su cui basare la riapertura, che prenda in considerazione, nel conteggio dei contagiati, non solo i dati provenienti dalle strutture sanitarie. Ci stiamo muovendo in una zona d’ombra, facendo previsioni improvvisate che non prendono in considerazione lo stato di salute di una fetta enorme della popolazione, come gli asintomatici. Ci appelliamo alle regioni perchè considerino l’utilizzo di un test a campione sulla popolazione, che tenga conto sia della sfera di contatti recenti dei contagiati “ufficiali”, sia di una selezione di cittadini che conducono una vita frenetica densa di contatti sociali, ma anche di chi invece ha meno contatti esterni”.

Così Alberto Zuliani, ex Presidente ISTAT, nel corso dell’appuntamento settimanale in diretta ogni sabato dalle 9.45 alle 13 sulle pagine Facebook e YouTube dell’Associazione Luca Coscioni, intitolato “Coronavirus Scienza e Diritti, affrontare l’emergenza, preparare il futuro” moderato dai vertici dell’associazione, il Prof. Michele De Luca, Filomena Gallo, Marco Cappato e il Presidente di Science for Democracy Marco Perduca.

Sono passate ormai diverse settimane da quando illustri statistici - tra i quali gli ex-Presidenti dell'ISTAT Alberto Zuliani e Giorgio Alleva, hanno proposto una iniziativa fondamentale per sapere quanti sono effettivamente i contagiati da Covid 19: effettuare i tamponi su un campione rappresentativo della popolazione italiana. Con poche migliaia di tamponi finalmente potremmo avere una stima affidabile della reale diffusione della malattia, invece di basarci solo sui dati della Protezione civile che - come è noto - rappresentano solo i risultati ottenuti su una parte della popolazione più a rischio (sintomatici, operatori sanitari).

“Collegare scienza e politica prendendo misure basate su metodo scientifico, anziché assistere a questa cacofonia di voci e previsioni improvvisate sulla riapertura, priva di ogni ragionamento ponderato - ha commentato Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni - Viviamo un momento di sospensione dalla democrazia. Infatti non ha nemmeno luogo un vero dibattito pubblico in Parlamento e nelle assemblee regionali e locali; sono sospese le iniziative di democrazia popolare; è negato l'esercizio del diritto all'accesso agli atti dell'amministrazione pubblica (cosiddetto FOIA) e del diritto di iniziativa popolare (referendum, leggi, delibere). Si può sospendere la democrazia per un paio di settimane, ma ora che si prevedono mesi di misure restrittive è ancora più importante che le istituzioni invertano la rotta, soprattutto per mettere a disposizione le informazioni che possono servire ai ricercatori e ai media per condurre analisi e dare comunicazioni affidabili. Ecco perchè come Associazione Luca Coscioni chiediamo al Governo e alle Regioni di accogliere la proposta di Zuliani e degli altri statistici. Chiediamo anche alla Protezione civile di accogliere la richiesta presentata dalla Presidente della Società Italiana di Statistica, Monica Pratesi, di poter ottenere per scopi di ricerca i dati attualmente in possesso della Protezione civile e da essa gestiti in un regime di immotivata segretezza”.

L’incontro pubblico è disponibile sulla pagine Facebook  e You Tube dell’Associazione Luca Coscioni, attiva in questi giorni nella condivisione e promozione della conoscenza, anche attraverso la pagina del sito dedicata allo SPECIALE CORONAVIRUS, che ospita i podcast e il chatbot che risponde alle domande degli utenti https://www.associazionelucacoscioni.it/cosa-facciamo/salute-e-sanita/coronavirus/ .

Smart Working: 5 consigli per rimanere produttivi anche lavorando da casa

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Lavorare da remoto sta diventando una tendenza sempre più diffusa, in tutto il mondo. DHL Global Forwarding ha stilato una guida semplice e pratica per adottare un approccio corretto e restare sempre produttivi 

Milano, 20 aprile 2020 - L’attuale emergenza sanitaria globale ha reso necessaria l’adozione di strategie di smart working per la maggior parte di aziende e uffici. DHL Global Forwarding ha rilasciato un vademecum pratico, rivolto a tutti coloro che lavorano da remoto, con una serie di consigli e spunti per migliorare la produttività e garantire la continuità.

Nell’ambito delle misure adottate dal Governo per il contenimento e la gestione dell’emergenza da Coronavirus, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha emanato a inizio marzo un nuovo decreto sullemodalità di accesso allo smart working. Stando a quando ha comunicato il Ministero del Lavoro, in due sole settimane più di 550.000 lavoratori hanno iniziato a lavorare da casa e i numeri crescono esponenzialmente di giorno in giorno.  

In questo contesto, DHL Global Forwarding mette in evidenza alcuni suggerimenti utili per rimanere produttivi e riuscire a gestire un team anche in queste condizioni: è tutta questione di mentalità, bisogna entrare nel giusto ordine di idee, ma da casa si può fare quasi tutto. DHL fa riferimento ad alcune semplici regole da tenere a mente quando si lavora da remoto, ecco quali:

Designare un'area di lavoro specifica
Innanzitutto, bisogna assicurarsi di trovare il posto adatto dove potersi concentrare, evitando distrazioni. È utile scegliere uno spazio tranquillo e abbastanza comodo dove poter lavorare, magari il tavolo da cucina o la scrivania in camera da letto, e se possibile collegare il pc ad uno schermo più grande così da non stressare troppo la vista.

Vestirsi adeguatamente per la giornata di lavoro
Mantenere la propria routine è molto importante per avere il giusto mood e lavorare da casa. Se possibile, è bene dare subito priorità alle attività che richiedono maggiore impegno e concentrazione.

Pianificare la propria giornata
Proprio come in ufficio, è molto importante redigere una lista di cose da fare, anche lavorando da casa. OneNote o il calendario del PC potrebbero essere strumenti molto utili per pianificare i propri impegni. È bene ricordarsi spesso di fare pause nel corso della giornata (circa 15 minuti) ponendosi degli obiettivi precisi, così da potersi rilassare e operare al meglio delle proprie possibilità.

Rimanere in contatto costante con il proprio team e i colleghi
È importante utilizzare i tool e i dispostivi di comunicazione a disposizione per effettuare regolarmente call di allineamento con il proprio team e i colleghi. Può essere utile compensare la distanza con dei "virtual coffee”. Del resto, non si tratta soltanto di lavoro, ma anche di mantenere rapporti sociali, ed è anche un modo per confrontarsi con gli altri.

Stabilire dei confini con la propria famiglia
È necessario stabilire regole chiare con la propria famiglia, o i coinquilini, rispetto ai momenti in cui è meglio interagire e quelli in cui è richiesto un isolamento maggiore. È utile discutere di volta in volta il programma per il giorno dopo con i membri della propria famiglia o le persone con le quali si convive, così che tutti siano a conoscenza dei piani e degli impegni personali

“Per far fronte all’emergenza Coronavirus, in condizioni di lavoro perlopiù da remoto, abbiamo deciso di rafforzare alcuni nostri servizi, in modo da rendere quanto più continuativo possibile il flusso della supply chain dei nostri clienti su tutti i mercati”, commenta Giulio Serra, Head of Marketing, Communication and Strategic Business Development di DHL Global Forwarding Italia. “Abbiamo attivato una task force di emergenza che lavora costantemente, H24, con l’obiettivo di rimanere sempre aggiornata sulle disposizioni del Governo e del Ministero della Salute e riuscire a garantire la sicurezza dei nostri collaboratori, clienti e partner oltre a un servizio quanto mai efficiente”.

Revenge spending, gli acquisti più desiderati delle prossime settimane. Sondaggio Wiko

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Pianificare viaggi? Fare shopping? Acquistare biglietti per concerti e spettacoli, ma anche cambiare lo smartphone? Queste sono solo alcune delle domande a cui Wiko ha voluto rispondere interrogando la sua Instagram community per esplorare il fenomeno del “revenge spending” già noto all’estero 
Milano, 20 aprile 2020 - Quando finirà il lock down? La domanda gira nella testa di molte persone. Non conoscendo la data di un ritorno alla normalità, seppur graduale, si sta però assistendo a un fenomeno noto come “revenge spending”.
Fare acquisti per vendetta, traduzione letteraria dell’espressione, è un modo per combattere l’isolamento, tornare a vivere una quotidianità, anche partendo dallo shopping e dalla programmazione delle prossime spese.
Wiko, il brand franco-cinese di telefonia, sempre attento a cogliere i trend e i topic del momento, ha voluto dedicare a questo tema un sondaggio condotto sulla sua community italiana di Instagram proprio per capire da vicino come ci si sta predisponendo agli acquisti più desiderati delle prossime settimane. 
Si parte intanto da un assunto: l’85% dei rispondenti ha affermato di aver sensibilmente ridotto le spese durante il lock down, concentrando gli acquisti solo sui beni di prima necessità (82%). Il rimanente 18% ammette di avere acquistato anche libri e e-book, potendo contare su maggiore tempo libero a disposizione. 
Il canale preferenziale per i beni di prima necessità è stato il supermercato (54%), forte di una maggiore disponibilità e varietà di prodotti, riscoprendo al contempo il piacere di fare la spesa nel piccolo negozio di quartiere (46%).
Alla domanda diretta su quale sarà la spesa per celebrare la fine del lock down, il 66% ha risposto “un’uscita per festeggiare con gli amici”, sottolineando il desiderio di tornare a una tanto bramata socialità che da troppo tempo manca. Una scelta che vince sullo shopping (34%).
Optare su un bel capo di abbigliamento è però la “coccola” per antonomasia scelta dal 70% della community IG di Wiko, dove invece un gioiello o un accessorio prezioso conquista solo un tiepido 30%.
Non è neanche il momento per cambiare necessariamente uno smartphone, strumento che è stato importante – assieme ad altri dispositivi high tech – durante la quarantena per mantenere i contatti con la propria cerchia di amici, familiari, ma anche per esigenze lavorative. Solo il 38% ne approfitterà finito il lock down, contro un 62% più reticente. Una tendenza che Wiko aveva già potuto riscontrare in un precedente studio, condotto insieme a Skuola.net, dove allora la grande maggior parte del campione aveva confermato la tendenza a cambiare il telefono solo quando effettivamente il device non funzionava più, nonostante la presenza di occasioni promozionali ghiotte.  

Si è invece molto più impazienti di tornare a frequentare teatri, cinema e abbracciare la stagione di concerti e festival che normalmente caratterizza il periodo più caldo. È un desiderio di spesa, ma anche di socialità e di intrattenimento culturale, rintracciato nel 70% delle risposte.

E i viaggi? Si inizia a parlare di vacanze estive, con tutte le perplessità dovute alla situazione in corso. In questo caso, la community Instagram di Wiko ha confermato una certa prudenza. Solo il 45% sta già ragionando su prossimi viaggi da mettere in agenda, mentre il 55% preferisce attendere e avvicinarsi a una situazione di normalità prima di preparare, anche solo mentalmente, le valigie.

La meta però è più che certa: il 68% vuole tornare a riscoprire l’Italia, a conoscere il Paese che ci ospita, muovendosi in lungo e in largo, mosso anche da una volontà di sostenere l’economia interna.
Non ci resta quindi che scegliere quale sarà il prossimo acquisto per far decollare il revenge spending anche tra i confini italiani!

VALERIA CAVALLI, IN TV NELLA FICTION "I TOPI" SU RAI3

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L'attrice torinese Valeria Cavalliè un volto noto  della fiction e del cinema italiano, sempre impegnata tra Italia ed estero in produzioni importanti e di spessore ed è attualmente nel cast della fiction I Topi in prima serata su Rai 3 con Francesco Albanese, nel ruolo della madre del fidanzato della figlia del protagonista.

Ma è davvero un momento d'oro per Valeria, che sarà anche su Canale 5 prossimamente nella fiction francese L'Ora della verità con Caterina Murino. La serie ha avuto un successo strepitoso in Francia, col titolo originale Le temps est assassin, ed è stata presentata all'ultimo Festival della Tv di Montecarlo con gran parte del cast presente tra cui la Cavalli.
L'attrice è nota per pellicole come Via Montenapoleone dei Vanzina, La Terza madre di Dario Argento, L'ultimo Pulcinella di Scaparro, Sole a Catinelle, Streghe verso Nord di Veronesi, in Francia ha lavorato anche con Chabrol, e poi ha preso parte a tante fiction popolari e di successo come La freccia nera, Zodiaco, e Coco Chanel tra le tante.
Attualmente, Valeria Cavalli è presentissima proprio in tv: a parte I Topi e L'ora della verità, la vediamo anche nelle repliche in onda di Carabinieri su Rete 4 nei panni di Sara De Nittis e di Un posto al sole nel ruolo della dark lady Gloria.

Coronavirus, "Stai Venenno", il videoclip di Mariano Bruno e Pasquale Palma

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È stata ufficialmente rilasciataStai Venenno, la canzone scritta da Mariano Bruno e Pasquale Palma. Arrangiata dal Maestro Lorenzo Maffia, con l’amichevole partecipazione di Federico Di Napoli, è un inno di coraggio al momento difficile che l’Italia e tutto il mondo sta attraversando.

Nello scriverla, Mariano e Pasquale hanno tenuto molto a precisare che non si tratta di una semplice canzone, ma di un vero e proprio sentimento. Tutto è nato dalla voglia di raccontare quella sensazione, quel sentimento – appunto – legato al fatto che ciascuno di noi, in questo momento, non è più libero di abbracciare le persone più importanti della sua vita. Stai Venenno ha come obiettivo principale quello di diventare un grido di speranza per tutti, consapevoli del fatto che soltanto se restiamo uniti si vince. Un pensiero racchiuso dall’hashtag #unitisivince. Per tale ragione, il videoclip girato è stato definito un antiVIDEo, poiché raccoglie le facce della gente normale, che lotta ogni giorno.  

BANDITE, documentario sulle partigiane in guerra, in streaming su OpenDDB dal 20 al 26 aprile 2020

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In occasione del 75° anniversario della LiberazioneBANDITE il documentario di Alessia Proietti, sull'esperienza delle donne che dal '43 al '45 combatterono nelle formazioni partigiane, sarà disponibile gratuitamente in streaming su OpenDDB dal 20 al 26 aprile 2020.

BANDITE restituisce alla storia della Resistenza italiana, quella lotta di liberazione che fu anche espressione di parità e di eguaglianza tra i generi, quel momento in cui le donne escono dal ruolo storico di madre, casalinga e sposa per assumere quello di bandita, clandestina, partigiana.

In un racconto corale, le protagoniste - Annita MalavasiViera GeminianiSilvana GuazzalocaMirella AlloisioWalkiria Terradura e Bianca Guidetti Serra - sei partigiane di diverse estrazioni sociali, culturali e politiche, esprimono attraverso le interviste la consapevolezza di una lotta che va oltre la liberazione dal nazifascismo e che segna un momento decisivo nel percorso di emancipazione femminile.

Il vissuto di queste donne ‘ribelli’ si intreccia agli interventi di tre storiche - Cinzia VenturoliPaola Zappaterra e Marina Addis Saba, che ne sostengono la trama con le loro analisi e indagini di genere, alle pubblicazioni clandestine dell'epoca e alle immagini di repertorio, delineando così il contesto storico in cui quella lotta si è sviluppata e il riflesso di essa nel mondo attuale.

Le donne non furono, come la storiografia ufficiale ci riporta, solo assistenti dei partigiani, cuoche o infermiere, in molte furono guerrigliere, pronte ad imbracciare le armi per la liberazione di tutte e tutti” dichiara l’autrice, spiegando che l’obiettivo di questo lavoro è stato “non solo il recupero di una parte della memoria storica, spesso lasciata nell'oblio, ma anche una sua ri-contestualizzazione per l'analisi del presente e come esempio per il rinnovamento sociale e politico del futuro”.

Il documentario completamente autoprodotto da Bandite Film è stato realizzato con la collaborazione dell’Istituto Storico Parri Emilia-Romagna, dell’Istituto Storico della Resistenza e dell'Etá Contemporanea di Parma, dell’ISREC - Istituto Storico della Resistenza e dell'Etá Contemporanea in Ravenna e Provincia, del Museo del Senio di Alfonsine, e del CEDOST - Centro di Documentazione Storico-Politica sullo Stragismo di Bologna.

Informazioni

TRAILER e FILM COMPLETO

Claudio Guerrini, dopo TV e radio, spopola anche sul web con il one man show “Guerrini viral”

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Nato sull'onda delle tante dirette Instagram che stanno imperversando dall'inizio della nostra quarantena, Claudio Guerrini ha avuto l'idea di creare un appuntamento fisso, al pari di un programma televisivo, della durata di un'ora.
Ogni sera a partire dalle 21, Guerrini, volto Rai e speaker di RDS, reduce dal grande successo di critica e pubblico del libro "C'era una (prima) volta" della Rogiosi Editore, si collega con le case di due personaggi dello spettacolo e della comunicazione per raccontare e commentare il nuovo, obbligato, stile di vita degli italiani. Un'ora di informazione, svago, approfondimento e leggerezza che ogni giorno cambia tono e colore a seconda degli ospiti protagonisti.
"Nelle prime tre settimane sono passati a trovarmi, per esempio, Agostino Penna, vincitore dell'ultima edizione di 'Tale e Quale Show',  che si è esibito in performance live col suo pianoforte; Veronica Gentili, conduttrice di 'Stasera Italia' su Rete4, con cui ho analizzato il ruolo del giornalista in questo difficile periodo; Gianluca Mech, ideatore della famosa dieta 'Tisanoreica', che ci ha dato consigli per rinforzare le nostre difese immunitarie; la conduttrice, attrice e cantante Carolina Rey, il conduttore di ‘Linea Verde’ Beppe Convertini, l'attrice Chiara Iezzi, i comici Sergio Friscia e Giovanni Vernia - racconta Claudio, aggiungendo: "Ma anche la showgirl e icona sexy Antonella Mosetti, la conduttrice e super modella Elisa D'Ospina, il bomber del Cagliari e della Nazionale Leonardo Pavoletti, i conduttori radio Anna Pettinelli, Federico Vespa, Pippo Pelo e Roberto Ferrari, il primario dei reparti Covid del Policlinico Gemelli Prof Francesco Landi e tanti altri, tra cui personal trainer e nutrizionisti, pronti a dispensare informazioni utili a chi vuole restare in forma anche dentro le mura di casa".
Un piccolo format iniziato quasi per gioco, che piano piano sta diventando un momento d'incontro per molti spettatori-follower. La media delle visualizzazioni si aggira intorno ai 10.000 contatti per sera. Sono una piacevole parentesi o le prove generali di un nuovo modo di fare intrattenimento?  Lo sapremo molto presto.
Nel frattempo, l'appuntamento con il "Guerrini Viral"è ogni giorno alle 21 sul canale Instagram @claudioguerriniofficial.

Caponetti a Fattitaliani: scrivere è comunicare ciò che si prova senza filtri. L'intervista

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Claudio Caponetti, in arte semplicemente CAPONETTI, giovane cantautore ascolano, fa il suo ingresso nella Carosello Records e debutta nel mercato discografico con il primo singolo “GOOGLE MAPS” prodotto da Katoo. Un debutto che arriva dopo anni di esperienze, lavori in azienda abbandonati e l’incertezza tipica di chi si è appena affacciato ai trent’anni: “È una canzone che si apre lentamente e parla di disorientamento - racconta Caponetti - Quello che sembra un crollo dei punti saldi della vita diventa infine una possibilità per costruirne di nuovi. Per molti anni la mia esistenza non ha preso nessuna direzione ma da questa nebulosa confusa alla fine qualcosa è uscito fuori, non so bene cosa, ma mi piace." Fattitaliani lo ha intervistato. 

Più l'emozione o il timore alla vigilia di un così importante debutto?
C’è più emozione, ho lavorato tanto e ho scritto tante canzoni negli ultimi anni, per me la crescita musicale corrisponde anche ad una crescita personale.
Scrivere vuol dire riuscire a comunicare quello che si prova, senza tanti filtri, in modo libero e consapevole, questo è il mio fine ultimo.
C’è anche un po' di timore ma cerco di trasformarlo in nuovi stimoli creativi. 
La paura può essere una tomba ma anche un indispensabile trigger emotivo.
Come nasce "Google Maps"?
L’ho scritta in un momento confuso, avevo perso il lavoro che saltuariamente facevo e la musica non andava da nessuna parte, era un modo per dire a me stesso “hey, non ci pensare”.
Mi ricordo che stavo tornando a casa da una serata, era molto tardi, il mio amico guidava e io lo aiutavo a trovare la strada con Google Maps.
Avevo un telefono vecchio e ad ogni incrocio mi diceva “ricalcolo il percorso”, forse dovevo aggiornare più spesso l’app, non lo so, comunque guardai il mio amico e gli dissi: “sì, google ricalcola il percorso per la felicità” e qualche parolaccia.
In quel momento è nata l’idea della canzone.
Hai viaggiato molto: hai notato un approccio alla musica diverso in base ai Paesi visitati?
Credo che in ogni paese la musica venga vissuta in maniera leggermente differente.
In Scozia per esempio la musica viene presa sul serio, ci sono tanti concerti ovunque, pochissime cover band e il pubblico è attento, ti ascolta, apprezza e agevola chi scrive le proprie cose.
In Portogallo invece la musica è una festa, un momento di aggregazione, mi ricordo che alle 3 del mattino finivo di suonare nei locali del Barrio Alto di Lisbona e dopo mezz’ora mi ritrovavo a suonare di nuovo, insieme agli amici, in qualche punto panoramico della città (il miradouro più vicino di solito).
Stavamo lì fino alle 5 poi facevamo colazione e andavamo a dormire.
Era un’occasione per giocare e conoscere nuova musica, mi ricordo che io gli cantavo Morandi e loro Josè Afonso (i Portoghesi) e Caetano Veloso (i Brasiliani)
Battiato è un artista di riferimento per te. Immagino non sarai d'accordo con la scrittrice Murgia quando dice che "lui scrive minchiate"... 
Penso che la Murgia abbia detto quella frase con leggerezza, forse più per provocare, non credo ci fosse superbia.
Al di là di tutto, penso che Battiato, dietro tutte quelle frasi che sembrano quasi filastrocche, ci dica moltissimo sulla realtà, sul visibile e sull’invisibile.
Siamo fortunati ad avere un musicista così eclettico, profondo e personale, dovremmo soltanto difendere questo tipo di espressione.
Per un giovane laureato in Economia, è facile fare un cambiamento totale nelle scelte di vita e professionali?
Non lo so, io ho dovuto mollare il lavoro perché in ufficio scrivevo i testi delle canzoni e il weekend mi chiudevo in sala prova a suonare, la mia vita non mi piaceva affatto.
Sono stato quasi obbligato a cambiare strada di punto in bianco.
Lavoravo in un’azienda che offriva servizi informatici, io che mi sono laureato 6 mesi dopo in specialistica perché non sono riuscito ad uploadare correttamente la mia tesi sul sito dell’università, il colmo dei colmi.
Non ci mettevo testa in quello che facevo e ed ero sempre “altrove”, alla fine è stato un cambio naturale, e pian piano, ha portato i suoi frutti.
Come stai vivendo questo periodo di confinamento? per te risulta ispirativo o frustrante?
Le prime settimane sono state più leggere ma poco creative, ora ho invertito i poli, mi sento un po' più appesantito però ho ricominciato a scrivere tanto.
Sono una persona che ama il contatto fisico e la convivialità, mi piacciono gli abbracci, le conversazioni vis à vis e le cene con gli amici.
Questa quarantena mi ha fatto capire che non sono un misantropo.​ Giovanni Zambito.

Claudio Caponetti, o semplicemente Caponetti, nasce ad Ascoli Piceno nel 1989. Inizia a suonare la chitarra all’età di 10 anni, a 17 continua i suoi studi a Fiesole (FI) presso l'accademia musicale Lizard. Inizia a scrivere canzoni durante gli anni d’università, passati girovagando per l’Europa, e si laurea in Economia. Si trasferisce a Milano nel 2012, finisce gli studi alla Statale e inizia a lavorare in azienda ma dopo sei mesi realizza che non è felice e decide di licenziarsi per dedicarsi alla musica, sua autentica passione.Nel 2015 si autoproduce un EP e lo suona dal vivo, collabora con artisti emergenti e scrive musiche per pubblicità.Nel 2017 vince “Genova per voi”, un concorso nazionale che gli fa ottenere un contratto come autore per Universal Music Publishing.Si trasferisce a NOLO,  quartiere multietnico di Milano, dove inizia a raccogliere i primi consensi nella scena milanese.Nel 2019 inizia a lavorare al suo primo progetto discografico con Carosello Records.Ama i Beatles, Frusciante, David Bowie e Battiato, la serie B, Monicelli, Monica Vitti, George Orwell e le olive Ascolane.


Niky Marcelli a "Se Fossi"... La nuova rubrica che riporta al gioco

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Nasce la rubrica sul web per scoprire in maniera più intima gli scrittori, non attraverso i loro libri, ma attraverso il gioco dei “Se Fossi..”nel periodo di quarantena si sono dati molto da fare senza mai perdere le speranze , creando un gruppo “partecipazione è libertà “ andando in soccorso anche dei colleghi. Oggi si è messo a nudo Niky Marcelli, uno scrittore poliedrico, che in quarantena ci ha deliziato con i suoi piatti.
Un piatto?
Scelta assai difficile per un goloso che non può onestamente dire di avere un piatto preferito in assoluto. Penso che, dovendo per forza scegliere, potrei essere un Tournedos Rossini, piatto al tempo ricco - filetto, foie gras e tartufo non sono leggerissimi - ma sobrio, perché passa inosservato. Non è un trionfo sguaiato di colori ma dal sapore deludente come una insalata mista.  Si lascia scoprire piano piano, morso dopo morso, magari da accompagnare con un bicchiere di Barolo.
Una città?
Anche qui la scelta non è facile e, chi mi conosce, sa che amo particolarmente Cesenatico e il mare che la lambisce dolcemente. Tuttavia, credo di essere forse più simile a Lucca, che sembra impenetrabile chiusa all'interno delle sue mura, ma che se ti permette di "perderti" nelle sue strade, ti fa scoprire le testimonianze di tutte le epoche che l'hanno attraversata armoniosamente fuse tra loro fino a diventare un unicum. Tuttavia, per scoprirle, bisogna guardare con molta attenzione.
Una spezia?
Adoro il peperoncino, soprattutto se fresco e profumato, ma personalmente non mi sento particolarmente piccante. Mi sento più simile alla salvia, che soffritta nel burro può condire egregiamente moltissimi piatti.
Un tipo di cucina?
Le ho provate e apprezzate quasi tutte, ma mi sento banalmente più affine alla cucina mediterranea.

Maria Elena Di Terlizzi, La narrazione di una sposa senza tempo

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Maria Elena Di Terlizzi, la Puglia, il mare, il Mediterraneo, tutto contribuisce alla contaminazione dall’ambiente che la circonda, un tutto che è sicuramente l’ispirazione che la stilista ha sempre avuto, una sorta di sensuale sirena che partendo  dal mare  ritorna al mare…
è come se volesse perdersi tra le onde, dove il  mare della Puglia bacia il cielo, tra gli stridi rauchi dei gabbiani, il lento dondolio delle onde del mare, inesorabile ed eterno, cercando materia e sogni, trovando colori e alghe, incontrando sirene e fantasia, la stilista  usa la sua creatività per vivere in un sogno dove il mare è il suo elemento, da cui prende ispirazioni fino a vivere  il suo  romanzo d’amore con la natura,  l’elemento che diventa la sua ispirazione, che diventa arte superando il concetto di opera fatta manualmente, il suo prezioso “fatto a mano” per lo scenario ideale per opere che dalla natura, e in questo caso dal mare, traggono ispirazione e al mare ritornano, per evocazione e suggestioni,  ma anche il suo mare,  il Mediterraneo, crocevia di culture e lingue diverse.
Come creatrice di moda la stilista inscena la narrazione della bellezza attraverso le stoffe che arrivano dai fasti del passato, drappi rubati alle madonne rinascimentali, sete nobili ed eleganti che aprono uno sguardo metafisico che guarda alla modernità e come tale ha nel suo DNA il sentire creativo della sua terra, ma anche contaminazioni dal Surrealismo, Metafisica, Rinascimento, De Chirico e Piero della Francesca, il suo è un rivoluzionamento dell’abito da sposa, studiato, concepito e preparato come un opera pittorica.
Una attenzione particolare è rivolta ai materiali (taffetas, crêpe de chine, pizzo, organza, raso, tulle, seta) al tipo di lavorazione (merletti e ricami, nastri, impunture eseguite a mano). Ogni abito ha la sua storia, le sue particolarità, il suo stile, le sue emozioni, date e ricevute,  come flash di petali di una calla per incorniciare il viso, il capo di moda diventa oggetto di design.
La sua sposa è come una pagina bianca dove la stilista gioca con la luce, esaltandola, con i chiaroscuri, con le pieghe, ne esprime le forme. La sposa di Maria Elena Di Terlizzi ritrova l’anima che abita dentro le sue creazioni e contemplando le “sue spose” viene in mente un capolavoro unico come “La camera degli sposi” del Mantegna.
Maria Elena Di Terlizzi  Fashion  Bridal   Luxury  Couture  Designer “Direi che buona parte del mio iter creativo si spiega alla luce del mio background e della mia formazione. Natura e tessuto abitano le mie creazioni, diventando protagoniste ambedue, per me la moda è poesia, intuito, fantasia, ma è anche metodo e atteggiamento progettuale che si fonda sulla concezione dell’abito come risultato di un intervento programmato e consapevole sulle forme. Per le mie collezioni mi sono ispirata al mondo fiabesco che ciascuna donna sogna, e di cui spesso fa inconsapevolmente parte. Ho scelto il bianco come colore predominante perché fin dalla notte dei tempi ha sempre rappresentato l’essenza della femminilità, arma di seduzione incosciente, ma anche le sue molteplici sfumature di tonalità che nascono dalle pieghe, dai drappeggi, dai tagli, e che  sono pronte a svelarci la personalità di noi donne, femminili e coraggiose allo stesso tempo”.
Così Maria Elena “racconta” la sua sposa, unica e candida, un insieme, quindi, di valori, tradizioni e processi che ben esprimono l’identità di uno stile e di un brand italiano, che contribuiscono a rendere l’Italia un eccellenza mondiale.
“Come dico sempre, ciò che ci rende diversi e riconoscibili, è il Made in Italy, concepito non come un connotato geografico, ma identitario. Pur cercando di adeguarmi ai tempi che corrono, rimango una fan del disegno tradizionale e dei bozzetti fatti a mano che non perdono mai il loro autentico fascino e ci ricordano l’importanza della nostra storia artigianale”.
Studio&Design di Maria Elena Di Terlizzi
P.zza don A. Bello, 6 - 70037 Ruvo di Puglia, BA Italy -  +39 3406087728
testo: Cristina Vannuzzi

ALESSIO CREATURA: Online il video del nuovo singolo "FRANÇOIS"

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Da venerdì 17 aprile in rotazione radiofonica e disponibile su tutte le piattaforme digitali FRANÇOIS (Playaudio/Azzurra Music), il nuovo singolo di ALESSIO CREATURA. Il brano è prodotto e arrangiato da Max Corona e Cristian Bonato.
La protagonista della canzone è “François”, il nome è volutamente declinato al maschile, questo per sottolineare ancora di più l’accentuata mascolinità che François s’è cucita addosso nel tempo, per riaffermarsi in un mondo sempre più duro e cinico. A causa del proprio vissuto, la protagonista ha perso qualsiasi interesse verso la vita, azzerando qualsiasi contatto sociale. Tuttavia non si perde d’animo e cerca di reagire, imparando a riprendersi cura di se stessa.
«Avvertivo da tempo il bisogno di dar voce alle donne, spesso discriminate e costrette a mostrare un’aggressiva mascolinità per competere in un mondo profondamente maschilista e prepotente. - racconta il cantautore - Il brano vuole esser un invito a non rinunciare alla propria femminilità, liberandosi da modelli stereotipati finalizzati al piacere altrui, nel rispetto della propria individualità e di ogni diversità».
Ilvideoclipdi “François” diretto da Gianni Gaudenzi, è stato girato nella città di Ravenna presso una palestra, dove vengono insegnate varie tecniche di combattimento e difesa.
«Nel video viene raccontata una giornata di duro allenamento in palestra. Attraverso il sudore e il sacrificio, François cerca di rinforzare fisico e mente e di cancellare un passato fatto di sofferenze.» commenta il regista. 
Alessio Creatura classe '77, di origine abruzzese, fin da subito abbraccia l’arte in tutte le sue varie espressioni. Da piccolo infatti, recita, dipinge, studia batteria, in seguito asseconda la passione per il canto e studia da autodidatta la chitarra e il pianoforte. Trasferitosi a Ravenna per gli studi universitari, si laurea in Conservazione dei Beni Culturali in lingua e letteratura ebraica, non abbandonando mai la musica. Tra tutte le espressioni artistiche tuttavia, è la “canzone” che Alessio avverte come necessità dell’anima, di cui scrive parole e musica, ritenendola il più potente mezzo di trasmissione delle emozioni.
Tante le collaborazioni musicali tra gli altri con  Andrea Morelli (chitarrista di Cesare Cremonini), Massimo Tagliata (sua la fisarmonica nei brani “Sognami” di Biagio Antonacci e “Amami” di Mina - Celentano), Pippo Guarnera (suo l’organo nei dischi di Ligabue, Nannini e altri), Max Corona (chitarrista che ha suonato con molti artisti italiani e internazionali), Federico Mecozzi violinista scoperto dal maestro Ludovico Einaudi, Tommy Graziani (figlio di Ivan Graziani),  Monica Hill (corista di Laura Pausini) e Manuela Cortesi (corista di Adriano Celentano, Ramazzotti e altri ancora).
Tra le soddisfazioni professionali più grandi l’apertura dei concerti di Roberto VecchioniRiccardo Fogli e Nomadi, la partecipazione al “Premio Lunezia”, premio dedicato al valor musical letterario della canzone italiana (finalista), al premio musicale Musicacontrocorrente”, alla rassegna della autoproduzioni indipendenti “Targhe d’Autore Giorgio Calabrese”, a tre edizioni del “FestivalpubItalia” (manifestazione dedicata alla migliore musica inedita dal vivo). Tra le collaborazioni artistiche, una menzione particolare la meritano quella con il chitarrista Massimo Luca, quella con il “percussautore” Tony Cercola e non ultima quella con il compianto Goran Kuzminac








Simonetta Calosi sogna Luca Argentero: Lui sarebbe perfetto per impersonare il “mio” Giulio

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di LauraGoriniLa scrittrice bresciana Simonetta Calosi (intervistaha annunciato qualche giorno fa, sul suo profilo ufficiale Facebook, di avere un desiderio artistico ben preciso che porta il volto di uno dei più bravi e affascinanti attori del Grande e Piccolo Schermo in Italia.
Un ex gieffino che sta per diventare padre per la prima volta dalla giovane compagna Cristina Marino. È stato recentemente protagonista assoluto della fiction di RAI Uno Doc - Nelle tue mani. Beh, avete capito di chi si tratta: del bellissimo Luca Argentero! In particolare Simonetta ha dichiarato con il suo solito candore in un post, corredato da un intenso scatto dell'attore, che le piacerebbe molto, ammirandolo tantissimo e trovandolo un uomo decisamente affascinante, che lo vedrebbe bene a impersonare il protagonista maschile de Il Punto Di Non Ritorno, il suo primo romanzo della bellezza di 700 pagine. Si tratta del fascinoso e a tratti tenebroso Giulio, che lei stessa ha così descritto: “Il "mio" Giulio è moro con occhi molto scuri, ha quarant'anni e ha un sorriso accattivante. È un uomo carismatico, passionale, ha negli occhi una malinconia antica.” Insomma, il ritratto di Luca!
Ha poi aggiunto: “Osservando, negli anni, le interpretazioni di Argentero posso affermare due cose: la prima è che il suo talento si è sviluppato dando degli ottimi frutti e la seconda è che si tratta di un attore molto versatile. Ha saputo calarsi in ruoli che spaziano dal comico al drammatico.
Insomma, io non ho dubbi riguardo al fatto che sarebbe perfetto nel ruolo di Giulio. Unico appunto? Non è di origini toscane e quindi il suo accento non sarebbe D.O.C.
Ma credo che un attore del suo calibro sappia come rimediare a questo "inconveniente".”
“Un inconveniente” che sicuramente le fan di Argentero, così come Simonetta, che tuttavia, viste le sue dichiarazioni, può annoverarsi tra di esse, sarebbero ben disposte a superare e persino a chiudere un occhio al riguardo. E chissà che il suo sogno, dopo aver pubblicato un romanzo d'esordio davvero meraviglioso, non diventi prima o poi una bella realtà...


Sguardi da non dimenticare. Lo scatto di Marianna, infermiera con la passione per la fotografia, diventa racconto anti-virus...

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di Domenico Logozzo*S. GIOVANNI IN FIORE (Cosenza) - “Come naufraghi di fronte a un’onda troppo alta, medici e infermieri non si sono tirati indietro ma hanno combattuto anche a mani nude”.
Coraggio e determinazione mette in primo piano Marianna Loria, l’infermiera calabrese di San Giovanni in Fiore, con la passione per la fotografia, autrice della foto di una collega “con lo sguardo che racconta tutta la paura, l'ansia, il coraggio di chi sta tutti i giorni in trincea, a combattere contro un nemico invisibile, dannatamente forte, che sta uccidendo prima di tutto medici, infermieri e personale addetto”, evidenzia il giornalista e scrittore Franco Laratta.
“Uno scatto fotografico per esprimere la mia gratitudine ai colleghi professionisti della salute, che ogni giorno lottano in prima linea contro il Covid-19”, tiene a sottolineare Marianna Loria. “Sguardi da non dimenticare” è divenuta virale sui social, ha ricevuto un prestigioso premio di fotografia ed è stata scelta come immagine-simbolo di un concorso fotografico nazionale di beneficenza, per sostenere l’emergenza sanitaria del nostro paese. Marianna Loriaè iscritta all’Unione Italiana Fotoamatori, tanti successi in campo nazionale con primi premi, segnalazioni e numerose ammissioni ai concorsi Diploma all’Istituto d’Arte di San Giovanni in Fiore e laurea in Scienze Infermieristiche conseguita all’Università di Catanzaro, Master in Management presso Unitelma Sapienza, lavora a Crotone, dove ha scattato la foto vincente. Infermiera professionale molto apprezzata. 
Scrive di lei su facebook la dott.ssa Antonella Maviglia: “Bella, intelligente, originale, disponibile, buona, infermiera, fotografa, e coi capelli...rosa! What else?! E voi una collega-amica che vince un concorso fotografico al minuto ce l'avete? Temo di no e mi dispiace per voi!” La dott.ssa Maviglia definisce “scatto mozzafiato” quello di Marianna Loria.

E lei: “In questo scatto c’è forse solo una parte di ciò che le persone che svolgono funzione medica stanno vivendo. È un’immagine che contiene in sé innanzitutto lo “stupore”, nell’accezione vera del termine, quel senso di meraviglia e sorpresa tale da annientare persino la parola. Quello che ognuno ha sentito quando la cappa di piombo del contagio è calata sul mondo. Gli occhi esprimono uno stato di sospensione e di tensione al contempo, che lasciano intendere di essere pronti all’azione, quella quotidiana della cura dell’altro. Contro il coronavirus è fondamentale il ruolo del mondo della sanità, salvate migliaia di vite. Pagato un tributo molto alto. Davvero troppe le morti di medici e di infermieri. “C’è la consapevolezza - è il pensiero dell’infermiera e fotografa - che tutti siano stati colti di sorpresa. Quando però medici e infermieri si sono trovati come naufraghi di fronte a un’onda troppo alta, non si sono tirati indietro. Anzi. Si dice che abbiano combattuto a mani nude, ed è vero. Senza dispositivi di protezione individuali, e poi reinventandosi “l’ospedale nell’ospedale” ancor prima che arrivassero direttive univoche e soprattutto certe nella gestione nei presidi ospedalieri. Ecco perché sono morti. E quando si scrive e si dice “da eroi”, non è retorica”. 
Sì, veri “eroi”. Sanno a cosa vanno incontro ma non indietreggiano. Mai. Eroici. La paura del contagio non ferma la generosità, la solidarietà, l’amore per la vita di chi ogni giorno lotta contro un nemico finora inafferrabile, maledettamente invisibile e spietato killer. Alto senso del dovere. “Certo, ho paura del contagio. Va da sé che gli operatori delle strutture sanitarie sono maggiormente esposti. Ma la paura, in questo caso, non può chiuderci e allontanarci dalle responsabilità. Ci porta innanzi tutto ad avere una reazione, che è intima: la consapevolezza che quelle parole pronunciate da Papa Francesco“nessuno si salva da solo”, concretizzino l’idea che siamo tutti anelli della stessa catena. Pensare a questo mi dà la forza di lavorare e di svolgere il mio ruolo nella sanità, come sempre, ma oggi più che mai”.
Per medici e infermieri il lavoro come una missione. Il bene comune. L’impegno di Marianna, incisivo e coinvolgente. Anche con messaggi che fanno riflettere, come la foto che ha fatto alla collega e che gli è valso "un meritatissimo premio nazionale”, come scrive Franco Laratta. Ora l’auspicio di tutti è che aumentino sempre di più i segnali di rallentamento dell’emergenza virus, per giungere presto alla soluzione definitiva. E che l’incubo finisca per sempre. Marianna Loria, con ottimismo, conclude: “Tempi difficili ma ce la faremo”.

*già Caporedattore TGR Rai


Foto
1 - Marianna Loria, infermiera e fotografa
2 - la foto di Marianna Loria ad una collega infermiera, premiata in un concorso fotografico

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