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Coronavirus, l'opera di Nello Petrucci alla periferia di Pompei contro il Covid-19

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L’artista Nello Petrucci, che lavora e vive a Pompei, in questi giorni così particolari che l’Italia sta vivendo, tra lavori rimasti in sospeso, altri rimandati e interrotti, non è rimasto con le mani in mano e ha voluto dare un messaggio attraverso l’arte per invitare tutti a restare a casa per combattere l’emergenza Coronavirus e fermare il contagio.

Nella notte tra il 10 e l’11 marzo alla periferia di Pompei nei pressi del Centro Commerciale La Cartiera, Nello Petrucci ha creato l’opera Sweet Home, utilizzando il simbolo della famiglia media americana - I Simpson - quale esempio positivo di comportamento: Homer, Marge e i loro tre figli Bart, Lisa e Maggie sono ritratti tutti insieme a casa seduti sul divano a guardare la TV: le mascherine a ricordare l’emergenza, usate in maniera satirica e ironica.

I cartoni e la satira non devono necessariamente essere usati per schernire il problema del COVID-19, ma anche per lanciare un messaggio positivo attraverso un linguaggio pop e comprensibile a tutti, utilizzando in questo caso il collagè direttamente applicato sul muro, tecnica in cui si esprime l’artista Nello Petrucci e che ha applicato anche alla street art.

Instagram @nellopetrucci
Facebook @nellopetrucciartist

Nello Petrucci (Castellammare di Stabia, 1981) vive a Pompei ed è un artista e filmmaker italiano, laureato all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Una curiosità onnivora, e un talento poliedrico, hanno generato l’inconfondibile stile dei suoi “Decollage”; tanto che i critici hanno coniato un nuovo termine, “Pop Cinetica”, per definire la sua arte. Una sua opera, The essence of lightness è esposta permanentemente al 45° piano del 3° World Trade Center di New York; unico italiano invitato ad esporre, insieme ai migliori street artist del mondo. Sempre a New York ha esposto due volte all’Agorà Gallery, e poi a Roma all’Ambasciata Americana di Roma con Over the Sky, una serie di tele dedicate all’11 settembre. Sul versante cinematografico, oltre a interpretare diversi ruoli in veste di attore, tra cui anche una piccola parte in Gangs of New York di Martin Scorsese, gira un cortometraggio Lost Love (2019) sul tema del razzismo e firma la regia del videoclip Remove the frame sul tema dell’omosessualità all’interno del Parco Archeologico di Pompei. Nel 2019 fonda la casa di produzione cinematografica Satyr M.B. production.

Salba, "Vivo solo" il nuovo singolo del cantautore siciliano

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Salvatore Battaglia, in arte Salba, è un giovane cantautore italiano di ventotto anni, cantante, pianista, tastierista e Producer nato e cresciuto a Vittoria in Sicilia ma residente a Milano dove si occupa di musica, concerti live e produzioni.

Salba vuole essere un universo di immagini in musica, che scopre nei testi e negli arrangiamenti l’intento di colpire chi ascolta dandogli l’opportunità di immaginare facilmente uno sfondo ed essere completamente libero di colorarlo, di dargli un significato che va oltre il semplice pensiero dell’autore. “La mia è una musica leggera ma allo stesso tempo profonda. Le canzoni devono accendersi quando qualcuno le ascolta, devono brillare. Questa è una musica che aiuta a respirare”.

Racconta Salba: “Questa canzone nasce dall’idea di trattare una tematica importante e delicata, quella della solitudine, e di esprimere i sentimenti e le sensazioni che prova chi ne soffre. Centrale  il riferimento al fenomeno del bullismo, problematica che nei giovani diventa una delle prime violente cause che portano un individuo a sentirsi solo, isolato. La solitudine in questo brano è vista come conseguenza di un trauma, di una violenza subita che porta chi ne subisce a perdere la fiducia in sé stessi, a non sentirsi accettati dalla società. Emerge la rabbia e un profondo senso di colpa perché ci si sente responsabili di quello che accade e si ha paura di essere derisi e colpiti ancora”.

Coronavirus, come trattare i pazienti positivi a domicilio

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La SIMG, Società Italiana di Medicina Generale, si esprime su come debba essere condotta l’assistenza domiciliare per i pazienti infetti da SARS-CoV-2. La valutazione deve tenere conto del Risk Assessment, ossia della probabilità di complicanze gravi/decesso del paziente con contagio confermato o sospetto di SARS-CoV-2 e di fattori ambientali.


"Seguiremo a distanza tutti i pazienti - assicura il Presidente SIMG Claudio Cricelli. - Con l’aumentare della diffusione di Covid-19 si assisterà ad un progressivo aumento di pazienti con pochi sintomi che potranno essere curati a casa”.
In SIMG abbiamo preparato un documento che stiamo condividendo con l’ISS che contiene le indicazioni cliniche e ambientali affinché sia possibile una gestione domiciliare di un paziente affetto da Covid-19 - afferma Ignazio Grattagliano, Coordinatore SIMG per la Regione Puglia. – Le norme di comportamento per il paziente e per chi lo assiste sono già diffuse presso i portali web dell’ISS e dell’OMS; a queste abbiamo aggiunto una scheda di monitoraggio dei parametri corporei ed ematici del paziente che possa essere utile al medico che seguirà il caso”.
In breve, il trattamento domiciliare si articola su tre livelli. Anzitutto, ci sono le indicazioni cliniche e ambientali sulla quale si può permettere al paziente di stare a casa. Nella seconda parte, vi è una scheda di monitoraggio, utile per i medici che seguiranno a distanza il paziente. La terza pagina è sulle norme di comportamento dei familiari.
Ma quand’è che si oltrepassa il limite che richiede un’assistenza medica diretta?
In pazienti che non abbiano altre patologie di fondo importanti e non abbiano un’età particolarmente avanzata – spiega Grattagliano - se i parametri del paziente rimangono stabili (buona ossigenazione, temperatura corporea non troppo alta, assenza di disturbi respiratori), il paziente può essere gestito a casa. Nel momento in cui tramite il contatto telefonico giornaliero il medico curante verificasse una instabilità nei parametri indicati, sarà possibile disporre di una valutazione ospedaliera per un eventuale ricovero”.
PRIMA PARTE – Le indicazioni per valutare l’assistenza domiciliare
È indispensabile valutare prioritariamente i seguenti punti:
  1. Malattia infettiva di gravità lieve: febbre non elevata, tosse, malessere generale, rinorrea, mal di gola; assenza di segni di instabilità (dispnea o insufficienza respiratoria, espettorazione abbondante, emottisi, stato confusionale o letargia, ipotensione arteriosa, sintomi gastro-intestinali importanti).
  2. Assenza di patologie croniche sottostanti (MCV, BPCO, IRC, Diabete, Neoplasie in trattamento, terapie immunomodulanti/soppressive).Vaccinazione anti-influenzale/anti-pneumococcica eseguite.
  3. Età del paziente (<70 anni). Al momento non è possibile una stima accurata del tasso di mortalità da SARS-CoV-2. Sulla base dei dati finora disponibili, il ricovero è fortemente raccomandato per età >80 anni. Per età inferiori si rimanda al giudizio clinico del medico valutatore.
  4. Ambiente
  • disponibilità da parte di familiari a gestire l’assistenza secondo le regole della prevenzione efficace (come minimo guanti e maschera facciale) e che siano in grado di aderire alle precauzioni raccomandate nell'ambito dell'assistenza domiciliare;
  • presenza di una camera da letto separata e bagno indipendente per il paziente;
  • famiglia è in grado di provvedere al cibo ed alle risorse di prima necessità (compreso disinfezione…);
  • assenza di conviventi/familiari che possano essere ad aumentato rischio di complicanze dall'infezione SARS-CoV-2 nel caso fossero infettate (ultra-65enni, bambini piccoli, donne in gravidanza, immunocompromessi, portatori di patologie croniche importanti).
  1. Comunicazione con operatore sanitario. E’ indispensabile che sia istituita e garantita una linea di comunicazione diretta per l’intera durata del periodo di assistenza domiciliare fino a completa risoluzione clinica.

SECONDA PARTE - SCHEDA DI MONITORAGGIO CON INDICATORI
Giorno







Temperatura corporea









Dispnea









Altri Sintomi*









Vigilanza**









Ossigenazione









Pressione arteriosa









Linfociti









PCR









Creatinina









Sodio









Potassio









Tampone










*Tosse, Stanchezza, Espettorazione, mal di gola, Mal di testa, artro-mialgie, nausea o vomito, Congestione nasale, Diarrea, Emottisi, congestione congiuntivale
**Il prelievo ematico deve essere effettuato ogni 3-5 giorni
***Il tampone di verifica eliminazione virus deve essere effettuato al 14° giorno

Strumenti utili al monitoraggio paziente in assistenza domiciliare
  • Termometro
  • Saturimetro
  • Sfigmomanometro

TERZA PARTE - RACCOMANDAZIONE PER LE PERSONE in isolamento domiciliare e per i familiari che li assistono
  1. La persona con sospetta o accertata infezione COVID-19 deve stare lontana dagli altri familiari, se possibile, in una stanza singola ben ventilata e non deve ricevere visite. 2.Chi l’assiste deve essere in buona salute e non avere malattie che lo mettano a rischio se contagiato.
  2. I membri della famiglia devono soggiornare in altre stanze o, se non è possibile, mantenere una distanza di almeno 1 metro dalla persona malata e dormire in un letto diverso.
  3. Chi assiste il malato deve indossare una mascherina chirurgica accuratamente posizionata sul viso quando si trova nella stessa stanza. Se la maschera è bagnata o sporca per secrezioni è necessario sostituirla immediatamente e lavarsi le mani dopo averla rimossa.
  4. Le mani vanno accuratamente lavate con acqua e sapone o con una soluzione idroalcolica dopo ogni contatto con il malato o con il suo ambiente circostante, prima e dopo aver preparato il cibo, prima di mangiare, dopo aver usato il bagno e ogni volta che le mani appaiono sporche.
  5. Le mani vanno asciugate utilizzando asciugamani di carta usa e getta. Se ciò non è possibile, utilizzare asciugamani riservati e sostituirli quando sono bagnati.
  6. Chi assiste il malato deve coprire la bocca e il naso quando tossisce o starnutisce utilizzando fazzoletti possibilmente monouso o il gomito piegato, quindi deve lavarsi le mani.
  7. Se non si utilizzano fazzoletti monouso, lavare i fazzoletti in tessuto utilizzando sapone o normale detergente con acqua.
  8. Evitare il contatto diretto con i fluidi corporei, in particolare le secrezioni orali o respiratorie, feci e urine utilizzando guanti monouso.
  9. Utilizzare contenitori con apertura a pedale dotati di doppio sacchetto, posizionati all’interno della stanza del malato, per gettare guanti, fazzoletti, maschere e altri rifiuti.
  10. Nel caso di isolamento domiciliare va sospesa la raccolta differenziata per evitare l’accumulo di materiali potenzialmente pericolosi che vanno invece eliminati nel bidone dell’indifferenziata.
  11. Mettere la biancheria contaminata in un sacchetto dedicato alla biancheria sporca indossando i guanti. Non agitare la biancheria sporca ed evitareil contatto diretto con pelle e indumenti.
  12. Evitare di condividere con il malato spazzolini da denti, sigarette, utensili da cucina, asciugamani, biancheria da letto, ecc.
  13. Pulire e disinfettare quotidianamente le superfici come comodini, reti e altri mobili della camera da letto del malato, servizi igienici e superfici dei bagni con un normale disinfettante domestico, o con prodotti a base di cloro (candeggina) alla concentrazione di 0,5% di cloro attivo oppure con alcol 70%, indossando i guanti e indumenti protettivi (es. un grembiule di plastica).
  14. Utilizzare la mascherina quando si cambiano le lenzuola del letto del malato.
  15. Lavare vestiti, lenzuola, asciugamani, ecc. del malato in lavatrice a 60-90°C usandoun normale detersivo oppure a mano con un normale detersivo e acqua, e asciugarli accuratamente.
  16. Se un membro della famiglia mostra i primi sintomi di un’infezione respiratoria acuta (febbre, tosse, mal di gola e difficoltà respiratorie), contattare il medico curante, la guardia medica o i numeri regionali.
  17. Evitare il trasporto pubblico per raggiungere la struttura sanitaria designata; chiamare un’ambulanza o trasportare il malato in un’auto privata e, se possibile, aprire i finestrini del veicolo.
  18. La persona malata dovrebbe indossare una mascherina chirurgica per recarsi nella struttura sanitaria e mantenere la distanza di almeno 1 metro dalle altre persone.
  19. Qualsiasi superficie contaminata da secrezioni respiratorie o fluidi corporei durante il trasporto deve essere pulita e disinfettata usando un normale disinfettante domestico con prodotti a base di cloro (candeggina) alla concentrazione di 0,5% di cloro attivo oppure con alcol 70%.
Fonte OMS e ISS •10 marzo 2020

Rogoredo FS, ''Psicosociale" il 1° singolo della band indie rock

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'Psicosociale'è il titolo del singolo di debutto dei Rogoredo FS, band nata nel novembre 2017 sulle panchine della stazione milanese da cui hanno preso il nome.

Il brano è una sorta di fotografia sfocata della realtà sociale che stiamo vivendo; in cui si vedono la frenesia, la difficoltà nella comunicazione e nei rapporti umani, la plasticità e la finzione di chi sorride solo per professione e l’irresistibile desiderio di ipertrofizzare il proprio ego.

E’ una foto mossa e satura di colori, per via della rapidità con cui le cose mutano e della marea di stimoli che ci rende iperattivi.
In poco meno di tre minuti il gruppo vuole raccontare una realtà che, nel momento esatto in cui state leggendo queste righe, si è già trasformata diventando un meme, scandalo o fake news.

'Psicosociale'è stato registrato al Noise Factory studio di Milano, prodotto da Massimo Palmirotta e pubblicato dall'etichetta Freemood - Molto Suono (Tanzan Music) .

EMERGENZA CORONAVIRUS ALL’ESTERO: IL TESTO DEL MESSAGGIO MAECI

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Si fa seguito alle precedenti comunicazioni sull'argomento - in particolare al Messaggio di questa Direzione Generale n. 34694 del 26 febbraio u.s..
Alla luce dei recenti provvedimenti adottati dal governo italiano per contrastare il diffondersi del virus COVID-19 (coronavirus) sul territorio nazionale, in particolare alla luce dei DPCM dell'8 e 9 marzo scorsi e al fine di tutelare la salute dei dipendenti, d'intesa con la Segreteria Generale si comunica quanto segue: - si raccomanda vivamente al personale di non effettuare viaggi di congedo in Italia; - missioni e viaggi di servizio che non siano di indifferibile necessità sono rinviati con effetto immediato; - codeste Sedi sono altresi' invitate a valutare l'adozione di modalita' organizzative che contemplino il ricorso, in via del tutto straordinaria e limitatamente al perdurare dell'emergenza in atto (in funzione dell'evoluzione del quadro epidemiologico nel Paese di accreditamento), all'espletamento da casa - attraverso l'uso di telefono, connessione internet e/o piattaforme di messaggistica mobile di uso comune - degli ordinari compiti lavorativi.
Sara' in ogni caso necessario mantenere operativa una struttura che garantisca i servizi essenziali e la funzionalita' della Sede; - tenuto conto che, per le stesse ragioni, il Ministero ha dovuto adottare misure contingenti di contenimento del personale presente negli uffici, si raccomanda la massima selettivita' e sintesi nel ricorso alle comunicazioni da inviare sulla messaggistica PIT.DIR. - per eventuali comunicazioni con carattere di urgenza, il cui contenuto non abbia profili tali da richiedere l'utilizzo di un diverso canale, si invita a fare ricorso allo strumento della posta elettronica. Si attira l'attenzione sulla necessita' di una scrupolosa osservanza di queste istruzioni, che si prega di portare a conoscenza di tutto il personale, e si ringrazia per la preziosa collaborazione

CORONAVIRUS. CIBI CHE AIUTANO DIFESE IMMUNITARIE

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Roma - I cibi 'giusti' e la loro cottura, ecco i consigli per mangiare bene anche durante questa emergenza Coronavirus. In modo da non ingrassare, vista la situazione che ci costringe a casa, e per alzare le difese immunitarie.
A darli Giacinto Miggiano, direttore del Centro di Nutrizione umana della Università Cattolica e direttore dell'Uoc di Nutrizione Clinica del Policlinico Gemelli di Roma. "In questo periodo di emergenza da Coronavirus- ha spiegato alla Dire- è importante prestare attenzione a due cose soprattutto: la prima l'aspetto della sicurezza igienica degli alimenti, delle superfici di preparazione e secondo privilegiare le cotture. Gli alimenti crudi sicuramente sono piu' a rischio di quelli cotti. Ma frutta e verdura non devono mancare perche', se opportunamente lavati, apportano tanti minerali importanti. Piuttosto bisogna fare attenzione alla catena di controllo di carne e pesce".
E' sempre buona norma, poi, "cucinare i cibi a 70 gradi affinche' ogni eventuale carica virale possa essere eliminata". "Un secondo aspetto da considerare - prosegue Miggiano - e' aumentare le difese immunitarie del nostro organismo, percio' va evitato il digiuno. Quando digiuniamo o non mangiamo a sufficienza il nostro organismo ne risente. L'alimentazione allora deve contemplare alimenti non solo sicuri ma ricchi di minerali e vitamine per rendere piu' forte il sistema immunitario. Lo schema alimentare - precisa l'esperto- deve essere suddiviso tra pesce, carne e uova, oltre le consuete porzioni come detto di frutta e verdura. Questo consentira' all'organismo di fare una scorta di minerali quali il rame, lo zinco, il selenio e tutto il complesso di vitamine B, B1, B6 e di vitamina D. Se con la sola alimentazione non si riescono ad introdurre le quantita' di vitamine necessarie gli integratori possono venirci in aiuto, ma sotto il controllo medico". Bene "frullati, centrifugati di frutta e verdura e spremute. Come snack porzioni di frutta secca tipo noci e noccioline ricche di zinco e rame che aiutano a rafforzare il sistema immunitario". In generale "la nostra dieta mediterranea e' sempre un buon modello da seguire - prosegue Miggiano - perche' riassume cio' di cui il corpo ha bisogno. Non mancano infatti nella piramide alimentare l'uso di cereali, carne, pesce, frutta e verdura. Anche qualora ci si senta debilitati e' importante continuare a mangiare e a idratarsi seppur con alimenti leggeri". "Se queste regole generali - conclude Miggiano - vanno bene sia per l'uomo che per la donna, un discorso a parte meritano gli anziani notoriamente piu' fragili. La preparazione e' piu' liquida visto che possono sussistere problemi di masticazione e deglutizioni. L'indicazione rimane quella generale: non digiunare, mangiare sempre frutta e verdura cruda e ben lavata ma nel loro caso centrifugata, meglio se mescolata al latte in modo da ingerire in una soluzione anche le proteine. Spetta anche ai familiari e ai cargiver il compito di monitorare l'anziano fragile affinche' non manchino nella sua dieta quotidiana questi elementi. Ultimo consiglio e' bere acqua, soprattutto in presenza dell'innalzamento della temperatura basale, ma sono molto gustosi gli infusi di malva e camomilla".

Bruxelles, Le scuole europee rimarranno chiuse fino al 29 marzo

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I genitori dei 10.000 alunni delle scuole europee hanno appena ricevuto una lettera in cui viene spiegato che gli stabilimenti chiuderanno i battenti da lunedì 16 marzo al 29 marzo compresi.

"Questa decisione non è stata presa alla leggera ", dice la lettera. Questa lettera è stata inviata pochi giorni prima dell'effettiva chiusura in modo che i genitori possano prendere accordi.
Studenti e genitori non avranno più accesso al campus scolastico e saranno organizzati corsi di istruzione a distanza per garantire la continuità educativa. Nei prossimi giorni verranno inviate misure pratiche."

Antheia Dreams, "Soda's Screen" il 1° singolo della rockband vicentina

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Soda’s Screen (video), brano scritto dalla rockband vicentina “Antheia Dreams“ è un pezzo aperto a più interpretazioni a seconda dello stato d’animo dell'ascoltatore. Si tratta della visione dispotica di un reietto rannicchiato all'angolo di una stanza buia, ma sommersa da miriadi di suoni indefinibili e spesso impercettibili.
Soda’s Screen tratta della falsità che tanto diciamo di odiare, delle bugie e di quei dolori che solo i sogni possono alleviare. Ci dimentichiamo di consuetudine, però, che noi stessi mentiamo alla nostra mente, mentre il mondo si tinge di bianco e nero. Non c’è più niente per cui combattere o sentirsi terrorizzati.  Esistiamo per coloro che si sentono soli e cantiamo per i mal assortiti a colori punk e rock 'n’roll, mentre si argomenta della coesistenza dell’amore come odio e del l’odio come amore. 
 La verità però è che il significato sta dentro il cuore di chi ascolta Questa è Soda’s Screen: un'accozzaglia di menzogne e falsità nata per annientare o scavalcare quei problemi che sembrano insormontabili. Un giorno rideremo di tutto questo. Gli Antheia Dreams sono una Rock band di Vicenza nata nell'Ottobre del 2018. I cinque iniziano suonando cover delle loro band di ispirazione con il nome iniziale di “Breeze”, cambiato poi nell'attuale “Antheia Dreams”, nome che letteralmente significa “sogno fiorito”. Il 5 Marzo 2020 esce il brano di debutto “Soda’s Screen”, in collaborazione con l'agenzia di management Sorry Mom!


ANNA CAMPAGNA, UN’ABRUZZESE TRA GLI ESCHIMESI DEL CANADA

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Prima docente degli Inuit, poi a Montreal direttore generale di Génération Emploi di Goffredo Palmerini

L’AQUILA - Il Nunavik è un vasto territorio sotto la giurisdizione della provincia del Québec, in Canada. Situato lungo la Baia di Hudson e sulla penisola di Ungava, Nunavik è una delle quattro terre Inuit del Canada. Copre una superficie di circa 444 mila km quadrati, situata a nord del 55º parallelo. E’ la patria degli Inuit, gli eschimesi del Québec, una popolazione di circa 12.090 abitanti (2011) di quella rigida regione canadese. Nunavik, nella lingua locale, significa «luogo in cui vivere», locuzione che per quel popolo non ammette incertezze. La sua estensione comprende le zone climatiche artica e subartica.

Nunavik ha quattordici centri urbani, popolati a maggioranza Inuit. Il più importante è Kuujjuaq, centro amministrativo del territorio, situato sulla costa più meridionale della Baia di Ungava. Altri centri sono Inukjuak, Salluit (raggiungibile solo per via aerea), Puvirnituq, Kangiqsualujjuaq, Kangirsuk, Akulivik, Umiujaq ed altri minori. La popolazione dei villaggi varia dai 2.469 abitanti di Kuujjuaq ai 208 di Aupaluk, secondo il censimento del 2011. Non ci sono strade che collegano Nunavikcon il Québec meridionale. Esiste solo un collegamento aereo annuale con tutti i villaggi e collegamenti marittimi stagionali in estate ed autunno.

Inuit, nella lingua dei nativi, significa uomini. E’ un piccolo popolo dell'Artico che discende dai Thule. Gli Inuitsono uno dei due gruppi principali nei quali sono divisi gli Eschimesi, insieme agli Yupik. Il termine eschimese significa «fabbricante di racchette da neve». Gli Inuit e gli Yupik non amano però essere chiamati eschimesi, in ragione del fatto che hanno il proprio nome di popolo. Gli Inuit sono gli originari abitanti delle regioni artiche e subartiche dell'America del Nord e della punta nord orientale della Siberia. Il loro territorio è principalmente composto dalla tundra, pianure basse, prive di alberi, dove il terreno è perennemente ghiacciato – il permafrost–, salvo pochi centimetri in superficie durante la breve stagione estiva.

Aveva 29 anni e tre lauree prese a Montrealalla McGill University quando nel 1979 Anna Campagna prese la via del Nunavik, territorio del nord canadese appartenente al Québec grande una volta e mezza l’Italia, dove vivono gli eschimesi. Giovane docente, aquilana d’origine, andò a Kangirsuk (565 abitanti) per insegnare agli Inuit. Rimase cinque anni nella piccola comunità del villaggio insegnando e dirigendo la scuola. Altri cinque li passò nella Commissione che s’occupava dello sviluppo pedagogico per le popolazioni Inuit.

Anna ricorda con nostalgia quegli anni, ricchi di neve, ghiacci, rigidi venti polari e splendide aurore boreali. E ricorda come nella primavera del 1980 arrivò lassù un gruppo di otto italiani, guidato da un imprenditore torinese. Erano arrivati per un’escursione di “sopravvivenza” nella tundra. Dieci giorni di vita “eschimese” con l’assistenza di guide inuit. Nel gruppo anche un giornalista del settimanale Panorama. Restò sorpreso di trovare un’italiana in quella landa sperduta del Canada. Ancor più stupito che lei avesse insegnato Bella ciao ai suoi alunni. Le fece un’intervista. Le inviò poi una copia della rivista dove in un articolo raccontava le esperienze dell’escursione con slitte trainate da cani, dormendo negli igloo. E ovviamente dell’insegnante italiana. Altro fatto sorprendente. Una delle donne nel gruppo era un medico che Anna aveva conosciuto l'anno prima a Parma, quando aveva insegnato inglese alla London School. Davvero piccolo il mondo! Qualche anno fa Anna ha raccontato questa sua bella esperienza tra gli Inuit in un’intervista rilasciata a Benedetta Rinaldi, conduttrice di “Community - L’altra Italia”, il programma della Rai per gli italiani nel mondo.

Rinaldo Campagna - il papà di Anna - sposò nel 1947 Maria Divina Giampetrone. Erano entrambi di Barisciano, bel paese esposto a mezzogiorno ad una quindicina di chilometri dall’Aquila. Rinaldo era tornato dalla guerra dopo anni di prigionia ad Addis Abeba. Era meccanico, guidava camion. “Quando ero piccola - mi dice Anna - papà mi raccontava le storie della prigionia, di come costruiva accendisigari con l’alluminio degli aerei caduti, che poi vendeva o scambiava con cose da mangiare, per sé e per i compagni di prigionia. Sapeva fare tutto, qualunque cosa rotta lui sapeva ripararla. Il suo sogno era diventare orologiaio. Questo gli riuscì finalmente di fare in Canada, nel 1956, aprendo l’oreficeria “Bijouterie Campagna”. Vi ha lavorato fino a 82 anni. Mamma, contadina, faceva invece veri miracoli in cucina. Nel dopoguerra c’era grande povertà a Barisciano. Seguendo i fratelli mio padre che erano emigrati in Francia, papà e mamma cercarono di farcela anche loro oltralpe. Ma papà odiava le miniere di carbone, ne era terrorizzato, perciò non vi restarono più di due anni. Io sono infatti nata in Francia nel 1950, a Folschviller, in Lorraine. Per questo motivo ho chiamato Lorenamia figlia. Papà riuscì a partire per il Canada solo nel ’51. Io avevo un anno, mio fratello Tito due e mamma era incinta di mio fratello Vincenzo. Con la mamma rientrammo quindi a Barisciano, mentre papà si era stabilito a Montreal. Era il 1959 quando finalmente lo raggiungemmo, riunendo la famiglia”.

Anna Campagna rientrò dal Nunavik a Montrea nel 1989, rispondendo ad un concorso del Ministero dell'Immigrazione, per fondare CentreGénération Emploi, mettendo a frutto le competenze in Scienze politiche e sulla Formazione, proprie dei suoi studi universitari.  Il Centro era il primo del suo genere, con la missione d’integrare i nuovi immigrati, formarli e avviarli al lavoro. “Come sai – aggiunge Anna– Montreal ogni anno ha quasi 40mila nuovi immigrati. Il nostro Centro era specializzato nella formazione professionale per giovani immigrati”. Del Centro Anna Campagnaè stata Direttore generale per 27 anni, fino al 2016, quand’è andata in pensione. Nel 2003 fu anche nominata dal Ministro dell'Immigrazione del Québec quale prima Presidente del Consiglio Interculturale della città di Montreal. In quei tre anni il Consiglio adottò una forte politica interculturale e antirazzista, promuovendo numerose iniziative e opere nella regione metropolitana di Montreal.

Notevole anche il servizio reso per dieci anni da Anna Campagna come Presidente dei Servizi italo-canadesi del Québec. Diverse importanti questioni per gli italiani furono affrontate e risolte in quel periodo. Basti solo citare due casi davvero spinosi: il riconoscimento della discriminazione subìta e il relativo risarcimento a oltre mille emigrati italiani che furono detenuti illegalmente durante la seconda guerra mondiale nel Campo di concentramento di Petawawa, in Ontario, e l’identificazione delle persone italiane immigrate in Canada negli anni Cinquanta, che avevano avuto trattamenti per l’epatite C.

Anna Campagna tornerà anche quest’anno in Italia, da giugno a settembre. Talvolta è tornata anche più volte in un anno, come qualche anno fa quando ancora a Barisciano viveva l’amata zia Elvira, sorella della madre. Anna ha una bella casa a Barisciano, dove ama passare le vacanze estive ne clima ameno del borgo, con frequenti puntate però nelle città d’arte italiane e soprattutto a L’Aquila, per seguire le attività culturali che in gran numero si tengono nella città capoluogo d’Abruzzo. Anna è una donna di grande sensibilità, assai fine e colta, con uno straordinario amore per l’Italia. Ha lavorato con serietà e passione in Canada per meritarsi il prestigio e la stima conquistati. Insieme ai riconoscimenti che le istituzioni canadesi le hanno tributato. Nello stesso tempo ha reso grande onore alla sua terra d’origine: l’Italia, l’Abruzzo, la sua Barisciano.


DANIELE BARSOTTI: esce oggi il nuovo singolo "SOTTO QUALE CIELO" ft. SIMONA ATZORI

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Ph. Gabriele Ardemagni - 
 Dal 13 marzo in radio e digitale “Sotto quale cielo”, il nuovo singolo di Daniele Barsotti con Simona Atzori. Il brano, scritto da Andrea Gallo e Massimo Tornese, racconta la storia di due amori finiti, che hanno lasciato un segno indelebile nei due protagonisti, i quali continuano nonostante tutto a credere all'amore. La cornice della storia è Roma, città eterna, e come in un vecchio film, che non passa mai di moda, i protagonisti persi tra un'alba fredda, un taxi e una manciata di ricordi, si ritrovano a raccontarsi le rispettive storie, riscoprendosi in qualche modo simili nella visione dell'amore.
A proposito del brano “Sotto quale cielo”, Daniele Barsotti commenta: «Ho scelto di interpretare questa canzone perché oltre ad avere una bellissima melodia in cui mi rispecchio molto, il testo comunica un messaggio di speranza a tutte quelle persone che in qualche modo rimangono deluse dalle esperienze della vita, ma nonostante tutto hanno un “credo” fondamentale ben saldo».

«Mi sono ritrovata a cantare questo singolo perché una persona speciale, Daniele Barsotti, ha espresso il desiderio di cantare con me» - afferma Simona Atzori - «Credo che nulla sia mai per caso, e soprattutto sono convinta che questo brano abbia un suo percorso. Quando le cose nascono da desideri profondi, basati su sentimenti di apprezzamento, stima e fiducia, non possono che trovare una realizzazione».


Il brano “Sotto quale cielo” accompagnato da un video diretto da Francesco Faralli e girato a Poggibonsi in Toscana, mostra un binomio imprescindibile: “Arte ed Emozioni”.
La parte di pittura e di danza è stata registrata presso l'agriturismo Tenuta Il Tresto, invece quella in cui Simona e Daniele cantano insieme presso Cantine di Badia Recording Studio. Nel video la partecipazione straordinaria del danzatore del Teatro alla Scala di Milano, Salvatore Perdichizzi.

La copertina del singolo è un dipinto di Simona Atzori che è stato realizzato durante le riprese del video: «L’ispirazione per questo dipinto nasce dalle parole nella canzone quando dicono: “Simo, disegna fiori che…”. Ho immaginato me e i fiori che tante volte nel mio percorso artistico ho dipinto, mischiando acqua e colore, quasi a voler annaffiare davvero quel fiore che sono io. Così ho unito queste due immagini per renderle più vicine, il mio sguardo che si mischia all’unicità del fiore che è dentro di me», commenta Simona.

Daniele Barsotti vive a Gugliano (Lucca), inizia a cantare all'età di 6 anni. Passano gli anni e cresce la passione per il canto a cui si unisce quella per la musica, a 17 anni inizia a studiare chitarra. A 21 anni, dopo aver vinto la battaglia con un serio problema di salute, inizia a prendere lezioni di canto lirico e di organo. Da 23 anni a 30 sposta la sua formazione dal percorso lirico a quello di canto moderno, seguendo diversi insegnanti, per cercare di cogliere i vari aspetti dell’arte del canto. Parallelamente al mondo della musica, Daniele coltiva anche la passione della sartoria, che con il tempo e la pazienza, oggi, è il mestiere che gli permette economicamente, di avventurarsi nel meraviglioso mondo della musica. Daniele ha iniziato come voce in un gruppo e partecipato da solista ad alcuni concorsi canori e spettacoli a livello locale. Ben presto però sono arrivati i risultati anche a livello nazionale: Festival di Solarolo (2002), le tappe di XFactor Ancona, Roma e Milano (2005 - 2008), la semifinale di Castrocaro a Napoli (2010) la finale di Area Sanremo (2016). La svolta musicale e umana arriva però nel 2016 grazie a Giovanni Balduini, produttore del suo primo vero disco “Dimenticherò”. La comune passione per la musica si trasforma, da parte di Balduini in una vera e propria scommessa su Barsotti e sulle sue potenzialità. I primi risultati non fanno che dare ragione a Balduini: numerose apparizioni su TV2000 e altri canali tv, ospite d’onore del Carnevale di Viareggio, live in tutta Italia. Ad agosto 2017 l’uscita del singolo “Chiara” con la presentazione in anteprima al Caffè de La Versiliana. Nel 2018 arriva il singolo “Niente” di Giulio Iozzi e Alessandro Secci, presentato a fan e addetti ai lavori, il 27 maggio, con videoclip realizzato da Stefano La Mendola. Il 6 agosto dello stesso anno apre il concerto di Gloria Gaynor, esibendosi con alcuni brani del suo repertorio pop, di fronte a una folla di 15 mila spettatori. Partecipa alle selezioni del Festival di Castrocaro 2018 con esito positivo, fino alla partecipazione della finalissima su Rai 1 il 10 agosto, aggiudicandosi, con il brano “Inevitabile” scritto da Stefano La Mendola, Chiara Nikita Masini e Orazio Fontes, il "Premio SIAE” come miglior interpretazione e testo.  Il primo novembre 2019 pubblica “Luci stroboscopiche a Londra”, il nuovo singolo scritto da Daniele con Marco Canigiula, Marco Di Martino e Francesco Sponta. Attualmente sta lavorando ad un importantissimo spettacolo teatrale itinerante chiamato “Specchio delle mie brame” dove, attraverso cover, inediti e parti recitate, si racconterà. Parlerà del suo vissuto artistico e umano, problemi di accettazione, obesità, oncologia fino alla rinascita.

Simona Atzori svolge la sua attività di pittrice, ballerina, scrittrice e conduce Incontri Motivazionali. Si avvicina alla pittura all'età di quattro anni come autodidatta. Inizia a danzare all’età di sei anni, seguendo corsi di danza classica. Nel 1983 entra a far parte dell'Associazione dei Pittori che Dipingono con la Bocca e con il Piede (V.D.M.F.K.). Nel 1992 dona a Papa Giovanni Paolo II il ritratto da lei realizzato del Santo Padre. Nel 2000 è Ambasciatrice per la Danza nel Grande Giubileo. Nel 2001 si laurea in "Visual Arts" presso la "University of Western Ontario" in Canada. Protagonista della cerimonia di apertura delle Paralimpiadi di Torino 2006 e nello stesso anno partecipa alla trasmissione "Amore" di Raffaella Carrà. Dal 2008 i suoi quadri sono in Mostra Permanente nella città di London Ontario, Canada.  Partecipa a mostre collettive e personali in tutto il mondo: Italia, Cina, Canada, Portogallo, Svizzera, Spagna, Austria, Messico, Grecia. Nel 2009 danza durante due tappe del "Roberto Bolle and friends".  Nel 2010 nasce la SimonArte Dance Company, che ha all’attivo tre produzioni in collaborazione con danzatori del Teatro alla Scala di Milano. "ME", "COSA TI MANCA PER ESSERE FELICE?" (dal libro lo spettacolo di danza) "UNA STANZA VIOLA". Nel 2011 esce il suo primo libro: "Cosa ti manca per essere felice?" per Mondadori. Nel 2012, apre la quarta serata del Festival di Sanremo. Nel 2014 realizza e dona a Papa Francesco il suo ritratto in sala Nervi in Vaticano e danza in presenza del Pontefice. Nel 2017 lo spettacolo "Una stanza Viola" viene portato in scena al Festival dei due mondi di Spoleto. Simona è ritratta nella copertina del libro di Candido Cannavò, "E li chiamano Disabili".   Nello stesso anno esce il suo secondo libro "Dopo di te" per Mondadori. Nel 2016 il suo primo libro viene tradotto in spagnolo dalla casa editrice Palabra ¿Qué te falta para ser feliz? Nel 2018 pubblica il terzo libro "La strada nuova" edito da Giunti.

DAVIDE LOCATELLI, nuovo brano EXPERIENCE e l'hashtag #DOPOLAQUARANTENA

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Da oggi, venerdì 13 marzo, sarà disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e sulle migliori piattaforme streaming “Experience” (Sony Music Entertainment), il nuovo singolo di Davide Locatelli, il pianista che ha portato in musica il concetto di storytelling
Il brano inedito anticipa l’uscita del nuovo disco in primavera. Sui suoi social il giovane talento del piano ha lanciato l’hashtag #dopolaquarantena invitando il web e i suoi fan a raccontare, sulle note del suo nuovo brano, cosa faranno dopo questi momenti bui.
Il brano si apre con un arpeggio ostinato che scorre verso una serie di sequenze melodiche che portano al ritornello dove il piano colma in una successione di accordi intervallata da silenzi. In “Experience” la melodia canta e racconta una storia che si ripete sempre più intensa ed entra nel cuore. Alla fine della traccia, quando Davide Locatelli smette di suonare, si ha la sensazione di aver ascoltato un parente ormai anziano che ci ha appena donato uno dei suoi ricordi migliori.

«La prima stesura di Experience risale a 4 anni fa… lo scrissi pensando alle persone coinvolte nel terremoto di Amatrice cercando di immedesimarmi nel loro dolore, dando anche un tocco di speranza per poter ripartire. Il brano in questi quattro anni è maturato e grazie all’aiuto del M° Roberto Rossi che è arrivato alla stesura finale che ho deciso di rilasciare. – commenta il giovane pianista – Experience è un brano intimo e delicato, da ascoltare in camera al buio senza esser circondati da persone. L’ascoltatore deve poter viaggiare con la mente per dar la propria interpretazione di dolore o di speranza. Vorrei che Experience sia la colonna sonora della vita di coloro che mi seguono’»

Lo stile di Davide Locatelli è un condensato di amore per la musica coltivato fin da bambino, nutrito da un’energia che spinge talmente tanto, da far percepire attraverso i tasti il suo stato d’animo. La forza della musica che ha portato il giovane pianista, in pochi anni, a essere una figura unica nel panorama musicale italiano. Un pianista rock, che con i suoi virtuosismi e il modo unico di miscelare alla perfezione classico e moderno, ha avvicinato i più giovani al pianoforte.

Ogni venerdì sui suoi canali social, il giovane talento del pianoforte interpreterà alcune delle maggiori hit del momento. Ecco il primo capitolo:


Davide Locatelli è nato il 22 agosto 1992, ed è un pianista e musicista italiano. Figlio d’arte, sin da piccolo inizia a studiare pianoforte: a 4 anni prende la sua prima lezione dal padre Tati, ex batterista dei Dalton. È stato lui ad introdurlo alla musica e a spingere affinché a 8 anni si iscrivesse al conservatorio di Verona e quindi al conservatorio di Mantova dove, nel 2012, si diploma. Iniziano quindi gli studi di Composizione e Piano Jazz al Conservatorio G. Verdi di Milano. Nel 2011 esce il suo primo disco “Tunnel”: 5.000 copie sono state allegate alla rivista Suonare News, distribuita in tutta Italia. Nel 2013 è testimonial della Nazionale Italiana di baseball. Ad agosto dello stesso anno vola a New York per una serie di concerti in prestigiosi locali come il Blue Note ed il Don't Tell Mama. L’amore per gli animali lo porta a essere protagonista di due campagne contro l’abbandono sostenute dall’ENPA. Il 20 Gennaio 2014 esce “Fly Away”, nuovo singolo e video, a cui fa seguito, nel marzo 2014, l’omonimo album, prodotto con la Art&Music Recording. Ad agosto 2014 è nuovamente in tour negli Stati Uniti, dove in 10 giorni si esibisce in 8 concerti. A ottobre 2014, selezionato in duetto con Alex La Barbera, è tra i 60 semifinalisti per la categoria "Nuove Proposte" di Sanremo Giovani 2015, con il pezzo "Fidati di me", da lui scritto. L'anno successivo partecipa con successo alla trasmissione televisiva “Tu Si Que Vales” su Canale 5. Il 15 gennaio 2016 viene pubblicato l'album "La vie en… rock", una rivisitazione solo piano di 15 brani che hanno fatto la storia del rock. L’album entra nella classifica mondiale di iTunes per 3 settimane arrivando all’11esima posizione. Entra in classifica anche in: Svizzera; Belgio, Austria, Korea del Sud. Il 3 luglio 2016 suona in concerto a Monteisola per la chiusura dell’evento the Floating Piers, su volontà dello stesso Christo. Ad agosto dello stesso anno, durante il programma “La chat del giudici di X Factor” su Skyuno, Alvaro Soler dichiara come miglior cover della sua "Sofia" la versione di Davide, trasmettendone il video. Nel giugno 2017 è ospite all’Arena di Verona con Gabry Ponte per i Wind Music Awards in diretta su Rai 1. Il 2017 si chiude con oltre 60 concerti live il fortunato tour de "La vie en… rock". Il 2018 si prospetta come un anno prolifico per Davide, che chiude un contratto con Sony e si prepara al lancio di un nuovo album. Nel 2019 è stato giudice fisso del talent show “All Together Now” condotto da Michelle Hunziker e J-Ax.

SiR j, portavoce delle tradizioni e del bene contro il male nei suoi libri. L'intervista

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di Francesca GhezzaniSergio Calcagnile, in arte SiR j, si butta a capofitto in tutto ciò che sia arte e comunicazione, spaziando dalla musica alla letteratura horror, dagli incontri con i giovani detenuti di un noto carcere minorile milanese ai libri per bambini. In tante interviste è stato definito, e a ragione aggiungerei, un artista a 360 gradi.


Sergio, entri a pieno titolo nel panorama editoriale italiano con “Nonno Egeo” nel 2018… hai voglia di fare un salto nel passato e di parlarci del tuo primo libro di genere narrativa storica?

Facendo un salto indietro, un salto triplo in quanto si tratta di 3 libri fa e, soprattutto, di 3 anni fa, mi ritrovai in... una selva oscura, circondato da molteplici tentativi di pubblicazione di manoscritti ma senza riscontro alcuno. Preso dallo sconforto, ormai sull'orlo della perdita di interesse verso questa passione che era appena nata, decisi di intraprendere un nuovo percorso cercando di provare almeno a varcare la via principale. Un concorso nazionale di scrittura organizzato nientepopodimeno che da Rete 105. Del resto, scartato da tutti, perché non provarci? Cosa avevo da perderci? Bene, mi iscrissi al concorso dopo aver steso il libro in meno di una settimana. Era un racconto lungo composto rispettando i canoni di battitura previsti dagli organizzatori. Era perfetto perché racchiudeva le emozioni richieste, di carattere autobiografico e di narrativa storica. Non potevo realizzare di meglio. O, almeno, così pensavo. Lo spedii entusiasta e convinto di poter arrivare quanto meno tra i prescelti. Passarono una settimana, un mese, tre mesi. Nulla di fatto. Dopo 4 mesi e mezzo dall'invio mi giunse una risposta. I finalisti erano altri 10 autori e io ero stato scartato. Ci rimasi malissimo. Ne ero così sicuro questa volta. Com'era potuto accadere? Continuavo a pensare al racconto, alla sua candida emozione che lasciava nel lettore, doveva proprio rimanere nel cassetto?
Mi chiamò una casa editrice. La Santelli editore, di cui, allora, il titolare era un anziano signore, Eugenio Santelli, il fondatore. Mi propose di pubblicarlo. Pensavo stesse scherzando e che mi chiedesse soldi, come molti altri prima di lui. Si mise a ridere e mi disse che me lo avrebbe pubblicato in una decina di giorni. Incredulo, me lo pubblicò esattamente una settimana dopo la sua telefonata. Ero in paradiso.
Il libro, intitolato NONNO EGEO, parla di un nonno che racconta al proprio nipote l'avventura da lui vissuta durante la seconda guerra mondiale, al termine del conflitto; quando dovette subire un tragico bombardamento aereo alleato mentre si trovava a bordo di una nave italiana battente bandiera nazista. Come sopravvisse? Il resto per chi volesse, lo potrà leggere nel libro stesso.
Non spoileriamo... come si suol dire oggi.
In ultimo vorrei aggiungere che attraverso questo libro sono riuscito a rivolgermi a alcuni ragazzi del carcere Beccaria di Milano, riuscendo a attirare in qualche modo la loro attenzione. Spero di avergli lasciato qualcosa che possa essergli di beneficio nel futuro.

Quanto sono importanti per te le tradizioni tramandate di generazione in generazione?

Sono essenziali. Non ce ne accorgiamo ma le tradizioni sono ancora ben vive all'interno di noi tutti e non devono assolutamente morire. Se le facessimo sparire vorrebbe dire che avrebbe fine una parte della nostra attuale civiltà italiana. Non dobbiamo permetterlo. Cosa intendo per tradizioni? Tutto... usi, costumi, odori, cibi, sensazioni, emozioni, racconti, leggende, detti popolari, dialetti, musiche, modi di vivere e, soprattutto, l'arte.
Io ho avuta la fortuna di vivere da zingaro vagando per il territorio italiano dal nord al sud, dal sud al centro, dal centro alle isole e ancora al nord. Tutto questo grazie al lavoro peregrinante della mia famiglia, di mio padre.
Ho così imparato a conoscere persone, volti, sguardi e soprattutto animi e tradizioni popolari. Queste sono l'anima della nostra civiltà. Toglieteci le tradizioni e ci toglierete l'anima di appartenenza prettamente italica.
Pensate solamente a una canzone qualsiasi come la pizzica. Oggi la conoscono bene o male tutti, e questo è un bene, ma è un canto tradizionale salentino che canticchiavano i contadini che lavoravano nei campi per ammansire i loro corpi accaldati dal sole africano che picchiava sulle loro teste.
Questo motivo popolare nel tempo divenne un tipo di musica in cui ci aggiunsero strumenti musicali quali violini, fisarmonica, voci e… il re della canzone stessa... il tamburello con la sua ritmica forsennata.
Pensate, inoltre, che con l'avvento degli strumenti musicali, quando la pizzica si trasformò in canzone popolare, venne utilizzata per far muovere i contadini a sua volta morsicati dalla tarantola, il cui veleno faceva cadere in trance. Per liberarsene il rimedio era ballare, ballare e ballare, in modo tale che il sudore lo facesse trasudare dai pori della pelle. Da qui il nome della pizzica.

Approdi poi al genere horror con “Lumina Tenebrarum”… nello svelarcene per sommi capi la storia non intravedi delle analogie con quanto di “apocalittico” stiamo vivendo in questi giorni per il Coronavirus?

Bella domanda. Effettivamente io sono sempre stato molto attratto dai film e libri con scenari apocalittici. Ad esempio, in gioventù ho amato film catastrofici tipo “Airport” e altri ancora più vecchi, come “L’inferno di cristallo” con il mitico attore americano Paul Newman. Mi riferisco agli anni Settanta. Per poi adorare anche film moderni con altrettante visioni apocalittiche come “Io sono leggenda”. Quanto ai libri, faccio un nome su tutti, e dico “L’ombra dello scorpione” di King. Però, a dire il vero, sono sempre stato un profondo ammiratore di film e libri del genere, ma mai avrei immaginato di scriverne proprio uno. Quando lo iniziai a tirare giù, in effetti, doveva essere solo un libro (racconto lungo) di genere horror, con sequenze velocissime che dessero ansia, claustrofobia, come il fatto di essere incastrato in solitudine, tra mura, mattoni e calcinacci, assolutamente impotente nel trovare aiuto. L’idea iniziale era di fare una sorta di diario angosciante in cui il trascorrere di ore in situazioni claustrofobiche potesse far sprofondare una persona all’interno di se stessa, con la conseguenza di voler aspirare alla libertà, all’aria, come una boccata necessaria di ossigeno vitale. Però in fase di scrittura cominciai invece a pensare a qualcosa di diverso che potesse ostacolare il percorso del protagonista. E, successivamente, iniziai a pensare a una storia, cinematografica, apocalittica, che potesse coinvolgere più persone e anche piccoli esseri cannibali, scatenati a seguito di un episodio sciagurato.
Di cosa tratta?
Roberto, il protagonista, in seguito a uno sciame sismico che colpisce la periferia di Milano, si ritrova insieme alla famiglia presso le cantine di un fabbricato imploso su se stesso. Nonostante molteplici pericoli dovuti ai continui crolli, la famiglia riesce a cavarsela e a incontrarsi con altri sopravvissuti ma, tra le mura diroccate, comincia a avvicinarsi una miriade di bestie carnivore, precedentemente allevate in cattività da un pazzo condomino di uno degli appartamenti crollati.
Non voglio dire altro anche in questo caso se non: riusciranno i nostri eroi a sopravvivere a questa furia omicida? Mah…

Infine, a settembre 2019 è uscito “URU”, anch’esso di genere horror ma con un alone di spiritualità e religiosità per la location che hai scelto. Trovi che l’horror abbia necessariamente un richiamo diabolico tra il Bene e il Male?

URU è il mio terzo e ultimo romanzo. Tra i tre pubblicati credo sia quello che rappresenta in toto la mia maturità artistica (dal punto di vista della scrittura), nel senso che attraverso questo manoscritto sono riuscito a esprimere una commistione tra emotività totale a livello di sensibilità di animo umano e una trepidazione e angoscia tipiche del genere horror. Ricordo che si tratta certamente di un genere horror in senso classico, alla Lovecraft per intenderci, ben diverso dall’horror moderno, totalmente fantasioso. Nei miei scritti cerco sempre di mantenere un senso di legame con la realtà, in modo tale da far rimanere il lettore ben attaccato alla pagina.
Il fatto che mi dicevi dell’alone di spiritualità e religiosità mi è stato ispirato in seguito a un personale viaggio meditativo presso un monastero benedettino. Lì trovai la mia Musa, tale da infondermi una forza interiore capace di farmi immediatamente esprimere in musica e anche in scrittura, facendomi portare alla luce questo scritto.
L’horror generalmente ha un richiamo naturale verso il male. È un genere strano, ancora poco seguito in Italia, anche se in fase di grande avanzamento. Diciamo che è figlio del dopoguerra. Le persone vissute al tempo del conflitto bellico di fronte a queste situazioni cosiddette “orrorifiche” probabilmente sorridono dall’alto dei cieli, avendo vissuto certamente ben di peggio.
In questo romanzo in realtà ho voluto creare un vero e proprio legame tra il sacro e il profano, tra il bene e il male, come se fossero loro i veri protagonisti del libro, a volte superando anche i personaggi stessi.
Di cosa parla?
Il protagonista, in crisi di mezza età, decide per l’appunto di recarsi presso un monastero benedettino, ove scopre che la sacralità di facciata mostra delle crepe essenziali al suo interno, tali da far urlare il male insito. Lì ha origine il tutto. Lì tra quelle mura perfette nasce la creatura diabolica capace di uccidere.
L’unica cosa che mi sento di aggiungere è che grazie a questo romanzo sono riuscito a trasmettere il mio grande amore per le tradizioni regionali, di cui abbiamo parlato a inizio intervista, e che rappresentano il cuore pulsante dell’Italia.
In ultimo, cosa vuole dire Uru? Chi è?
Uru è il folletto diabolico che “…compare durante la notte quando uno ha brutti pensieri…”.

Se ci fosse una trasposizione cinematografica, quale dei tre lo vedresti meglio in pellicola?

Devo essere sincero. Sono sceneggiatore cinematografico, oltre che scrittore, e riconosco che il mestiere di sceneggiatore è ben diverso dallo scrittore perché vedere in testa un film è tutt’altra cosa dallo scrivere un libro. In sostanza, i sentimenti non li puoi certamente mostrare tanto facilmente. Pensate a un sentimento di tristezza, di allegria, di amore per qualcuno. È complicato, devi costruirci una storia per farlo capire.
Per questo dico che probabilmente quello più facilmente trasportabile sui grandi schermi è sicuramente Lumina Tenebrarum. Molto diretto, pieno di colpi di scena e, soprattutto, assai veloce nelle azioni. Anche Uru è alquanto celere, però risulta davvero complicato per una eventuale ricerca di attori. Dovrebbero essere artisti di livello troppo elevato per esprimere determinati concetti e emozioni.


PANDEMIA E GLOBALIZZAZIONE

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di Mario Setta

Una parola che faccia da guida per tutta la vita: reciprocità.
Quel che non desideri per te, non farlo agli altri.
Confucio (V sec. a.C.)
Dalle vicende politiche di questi ultimi tempi è evidenziato un indebolimento e addirittura un fallimento dell’idea di globalizzazione. Tutto ciò che è successo nei tempi più recenti: la politica di Trump, il riassembrarsi delle piccole nazioni e piccoli governi, l’esito della Brexit, con l’uscita della Gran Bretagnadall’Unione Europea, pone un interrogativo nuovo, drammatico, che coinvolge l’intera umanità. Il problema non è più quello di salvare l’Europa, ma di salvare il mondo. E la Brexit non è altro che il segno di un malessere che condurrebbe le società a creare isole, mentre il pericolo sta nel grande contenitore terrestre. Un pianeta in pericolo di estinzione. La fuga verso i nazionalismi rappresenta un atto di debolezza e di autodistruzione. D’altronde, come afferma Yuval Noah Harari, “il nazionalismo non è una componente naturale ed eterna della psiche umana e non ha radici nella biologia”. La corsa attuale verso il cosiddetto “sovranismo” non è altro che un ritorno al passato, chiudere gli occhi di fronte all’universalità dei problemi. Ci si salva o ci si affonda tutti.

Ma ciò che si sta verificando in questi giorni, in queste ore, a livello mondiale, di fronte al Covid19 presenta una novità assoluta ed un atteggiamento da ultima chance, un crocevia tra vita e morte. Un virus, scientificamente ancora sconosciuto e incontrollabile, diventa un mostro fatale. Un fenomeno che colpisce tutta l’umanità, come la peste. Che contagia ogni nazione, ogni uomo. La lotta contro il virus per la difesa della vita non può che essere universale. La globalizzazione come via di salvezza dell’umanità. Un metodo realistico, funzionale, nonostante le tante e gravi forme antitetiche. Non è contrapponendosi che la si combatte o elimina, ma accogliendola, incanalandola, regolamentandola. La logica della contrapposizione, come in una specie di neo-luddismo, è già finita da molto tempo, perché distruggere le macchine per bloccarne l’uso è una battaglia persa. Il progresso è inarrestabile. Ma deve essere a servizio dell’uomo, di ogni uomo. Non soltanto di pochi. Per di più già ricchi. Un vero progresso non può essere se non per tutti.

Economisti come Amartya Sen e Joseph Stiglitz sostengono che la globalizzazione non è “né nuova, né una follia… e né possiamo tornare indietro dalla globalizzazione che deve andare avanti”.
Abbiamo l’esigenza di un’etica globale, così come di dubbi globali” afferma Amartya Sen. E continua: “Adam Smith, spesso considerato il padre della scienza economica moderna, era molto preoccupato dell’abisso esistente fra i ricchi e i poveri”. Sen, economista indiano, in una delle sue opere più famose, dal titolo “Lo sviluppo è libertà”, sostiene che lo sviluppo non può che essere “un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani” e che “lo sviluppo umano è, innanzitutto e soprattutto, un alleato dei poveri, non dei ricchi e degli opulenti”.

Già nel secolo XIX Auguste Comte aveva approfondito la tematica della solidarietà, affermando che consiste nella dipendenza reciproca degli esseri e delle cose legati in modo tale che ciò che capita ad uno di loro si ripercuote sugli altri. Comte sosteneva che “in ogni fenomeno sociale, soprattutto moderno, i predecessori partecipano più dei contemporanei”. Come in un orologio l’ago dei minuti trascina e conduce l’ago delle ore, in stretta continuità. Comte affermava che “ogni generazione deve rendere gratuitamente alla seguente ciò che essa stessa ha gratuitamente ricevuto dalla precedente”. Di qui la solidarietà come dovere morale di assistenza tra i membri di una stessa società, perché formano un solo tutto. Oltre ad essere un concetto, la solidarietà è il fondamento di un dovere ed è, e deve essere, un fatto.

Appare strano e piuttosto deludente come la Chiesa Cattolica, definitasi spesso “società perfetta”, non abbia tentato di realizzare un simile progetto, liberato da ogni dogmatismo e fondato sul principio evangelico “amatevi gli uni e gli altri”. Oggi, più di ieri, e in modo ultimativo, bisogna chiedersi se sia ancora possibile pensare di sopravvivere umanamente in un’isola, se l’isola è collocata su una sfera che traballa ogni istante e che presenta situazioni sempre più terrificanti a causa di soprusi, vessazioni, violenze di ogni genere da parte dei suoi abitanti, d’un cambiamento climatico che ne coinvolge ogni angolo, d’una rincorsa vertiginosa allo sfruttamento delle risorse.

Naomi Klein, nel libro “Una rivoluzione ci salverà, perché il capitalismo non è sostenibile”, presenta un’analisi accurata e precisa sullo stato della terra. Una diagnosi inquietante, ma profondamente vera. E non c’è bisogno del volto sorridente e preoccupato d’una bambina come Greta Thunberg, per cercare di correre ai ripari, quando la situazione sembra ormai irreparabile.
Ma l’attacco più diretto e puntuale contro le istituzioni del capitalismo internazionale, in particolare contro il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC/WTO) si ritrova in ogni pagina dell’opera di Stiglitz, dal titolo “La globalizzazione e i suoi oppositori”. Le sue affermazioni non si fondano su preconcetti, ma sono frutto di esperienze dirette, quale rappresentante ed esperto di diverse organizzazioni internazionali.

Stiglitz ricorda come uno dei grandi promotori del Fondo Monetario Internazionale, l’economista inglese Keynes, era stato rappresentante alla Conferenza di pace di Parigi, dopo la prima guerra mondiale, e si era opposto decisamente alle sanzioni punitive contro la Germania. La sua voce, allora, non fu ascoltata e il risultato fu la seconda guerra mondiale. Ma dopo quest’ultima tragedia, alla conferenza di Bretton Woods, le idee di Keynes ebbero maggior successo. Nacque così il Fondo Monetario Internazionale, con lo scopo di promuovere la cooperazione monetaria. Purtroppo, negli ultimi anni, le linee di condotta e i difetti di gestione sono andati peggiorando. “Il problema non è la globalizzazione - rileva Stigliz - ma come è stata gestita. […] Molto spesso queste istituzioni hanno affrontato la globalizzazione con una mentalità troppo ristretta, ispirata a una visione particolare dell’economia e della società”. Tutto il sistema di gestione della vita sulla terra è nelle mani di un’élite che guarda ottusamente ai propri interessi economici e al proprio sciocco egoismo. Per la Klein la salvezza dell’umanità consiste nella trasformazione dello stile di vita di ogni componente, rivolto al benessere sia personale che generale.

Ralf Dahrendorf, ex-commissario europeo e uno dei maggiori osservatori critici della società moderna, ha cercato di riproporre, a livello teorico-politico, il progetto di Immanuel Kant, ritenendolo di grande attualità. Il filosofo tedesco in uno scritto del 1784, dal titolo “Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico”, prima ancora dell’opuscolo “Per la pace perpetua”, pubblicato nel 1795, esponeva le sue idee sul cosmopolitismo. Al di là, quindi, delle utopie ottimistiche (Platone, Moro, Marx) o pessimistiche (Orwell, Huxley), secondo Kant, bisogna cercare, realisticamente, di raggiungere qualche obiettivo positivo per il benessere dell’umanità. Obiettivo che consiste, innanzitutto, nella costruzione di una società cosmopolitica, fondata su una Costituzione Universale. Quindi né EU, né USA, né altre Unioni più o meno fittizie. Non Est od Ovest, Nord o Sud, ma il pianeta Terra. A livello giuridico l’ONU dovrebbe diventare un solo Stato, una sola Costituzione, una vera Unità Mondiale, di cui ogni terrestre sarebbe cittadino. Il mondo, casa comune.

Jacob Taubes, ebreo, ex-docente a Gerusalemme, ad Harvard e a Berlino, ha sostenuto che la chiave d’una corretta visione politica mondiale si trovi nelle lettere di San Paolo. “Nietzsche fu il mio migliore maestro per Paolo” ha affermato Taubes (“La teologia politica di San Paolo”). Quello stesso Nietzscheche, in “Anticristo”, definisce Paolo “tipo opposto alla buona novella, il genio in fatto di odio... un disangelista”. Ma nella “Seconda Lettera ai Tessalonicesi” (2,6) Paolo lancia una parola, misteriosa e sconvolgente, dal punto di vista politico: “katékon”, la forza frenante. Un “qualcuno” o “qualcosa” che eviti all’umanità di precipitare nel caos.

Per Carl Schmitt, che fu presidente dell’associazione dei giuristi tedeschi durante il regime nazista, processato e assolto dopo la caduta di Hitler, il “katékon” è la forza della Legge. Schmitt e Taubes vedono nella “Lettera ai Romani” di Paolo un attacco al Potere di Roma e ai suoi Cesari. Solo la Legge può assumere un rilievo dominante, perché solo la Legge può trattenere, frenare un Potere Assoluto. Sembra l’anticipo millenario delle carte costituzionali: la “Magna Charta libertatum” (1215), la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” (1789), l’ONU (1945). Massimo Cacciari, trattando di Schmitt, si sofferma sul tema del “katékon”, ritenendo che “Il potere che frena” (Adelphi, 2013) può sempre trovare un compromesso mentre, a suo parere, i due poteri politico e religioso sono sempre con-fliggenti anche se inseparabili, ricorrendo perfino alla frase “Il papa deve smetterla di fare il katékon”.

È stato Jack Goody, docente a Cambridge, ex prigioniero di guerra in Italia, che ha girato il mondo in qualità di antropologo e storico di fama, autore di numerose opere tradotte in varie lingue, a pubblicare un libro dal titolo volutamente polemico e intrigante, “The Theft of History” (Il furto della storia), cioè l’appropriazione della storia compiuta dall’Occidente. L’autore sferra poi una critica serrata nei confronti dell’analisi storica di Marxe di Max Weber sul capitalismo e nei confronti di intellettuali come Joseph Needham, Norbert Elias e Fernand Braudel. Riconosce la serietà e la profondità delle loro opere, ma ne contesta la visione eurocentrica. Il “furto della storia” si è verificato anche per valori universali come l’umanesimo, la democrazia e l’individualismo. Sottolinea: “I parallelismi tra la cultura cinese e l’umanesimo del nostro Rinascimento sono sbalorditivi”. Anche “l’amore romantico” è stato rubato alle altre culture, perché l’Europa ne ha rivendicato l’esclusiva. Probabilmente “il Cantico dei Cantici” della Bibbia ebraica potrebbe aver avuto l’ispirazione dalla letteratura sanscrita, in cui si evidenziano tracce di amore romantico. In alcune espressioni della cultura islamica, l’amore è visto separato dalla religione tanto da incontrare detti come questo: “Non sono né cristiano, né ebreo, né musulmano… l’amore è la mia religione”. Secondo Goody l’Occidente ha rubato il Cristianesimo, messaggio d’amore rivolto a tutta l’umanità, facendone proprietà privata delle chiese.

Come si può notare da queste brevi note, il libro di Jack Goodyinnesca una serie di riflessioni, autocritiche, valutazioni, che inducono a ri-leggere e ri-scrivere la storia con nuovi e più validi strumenti di analisi, basando la ricerca sulla connessione tra particolare e generale, microstoria e macrostoria, storia d’un popolo e storia dell’Umanità. In ultima analisi, sempre più storia a livello mondiale e non storia da dimenticare o, addirittura, da sopprimere. Anche Marc Bloch sosteneva che l’oggetto della storia è «“l’uomo”, o meglio “gli uomini” e più precisamente “gli uomini nel tempo”» (Jacques Le Goff, prefazione a Marc Bloch, “Apologia della storia”).

Come ricorda Yuval Noah Harari nel suo ultimo libro: “21 Lezioni per il XXI secolo”, anche Mark Zuckeberg, il 16 febbraio 2017, ha lanciato un manifesto sulla necessità di costruire una comunità globale, ricorrendo all’uso di Facebook, con oltre due miliardi di utenti. Ma se la filosofia aziendale di Facebook è quella di stimolare la gente a passare sempre più tempo online, rischia di deformare intelligenze e coscienze. Mentre sarebbe opportuno incoraggiare le persone a connettersi quando necessario e per un tempo limitato alle reali esigenze. Uomini e macchine non possono non essere strettamente collegati, perché non si potrebbe sopravvivere se non connessi alla rete. L’uomo, quindi, dovrà appellarsi all’intelligenza in quanto capacità di risolvere i problemi e alla coscienza in quanto capacità di provare sentimenti.


La Scrittrice Marina Paterna dà voce all'ITALIA del Covid19: "TORNEREMO A GIOCARE"

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“E torneremo a giocare, a scherzare, a chattare.
A non dare più tempo alle cose che contano, come al tempo del CORONAVIRUS, quando c’era il tempo da dedicare alle persone, al nostro cuore, ad una carezza, ad uno sguardo, ad un libro e ad un amore. Perché dopo la paura torna la voglia di dimenticare, di godersela questa vita fino all’ultimo istante e, allora, torneremo a correre, e freneticamente a lavorare, ad andare nei pubs, a cantare, a ballare. E saremo tutti di nuovo vicini. Ci potremo finalmente toccare.

Torneremo ad aver paura del primo bacio, sì ma forse solo all’inizio, solo le prime volte, e ci sarà il Giorno del Bacio, in cui tutti si baceranno come dopo lo sbarco degli americani. Come quel bacio immortalato tra due perfetti sconosciuti, tra un militare e un’infermiera di bianco vestita, uno scatto che ha immortalato un pezzo di storia. E quel giorno sarà il 3 Aprile, se tutto sarà già passato, o il 3 Maggio o non si sa. E verrà il Giorno dell’Abbraccio e sarà il giorno della Seconda Liberazione. E arriverà l’imbarazzo iniziale del primo approccio come adolescenti al primo incontro. E sarà il bacio più bello, quello più combattuto, quello più temuto ma quello più desiderato. Forse quello mai dato.

Ci annuseremo prima di far l’amore, prima di ogni timido bacio e ricominceremo, forse sì, forse no, e staremo con il dubbio, come quando fai l’amore con uno sconosciuto o con l’amore della tua vita senza alcuna protezione e dopo tanto tempo, ma non sai se è infetto. E sarà allora che avrai ancora paura. Perché all’inizio non se ne andrà quel senso di diffidenza, quella paura verso un semplice starnuto. All’inizio ti proteggerai, poi ti fiderai, ti affiderai e dimenticherai. Sì, dimenticherai.

E, come in passato, hai già dimenticato che l’AIDS si contagia, dimenticherai che le infezioni si trasmettono, che l’HIV uccide e che, se te la vuoi tenere stretta questa vita, questa unica vita che hai, la devi vivere ma nelle regole di una società civile.

E quando ormai la respirerai di nuovo questa meravigliosa vita, lo farai in maniera spericolata, come Vasco in una sua canzone. E finirà che alle conseguenze non ci penserai più, perché sarai assetato di questa vita, sarai affamato, la vorrai divorare, possedere come l’acqua per un assetato.

Ti sarà mancata troppo la tua vita prima del coronavirus e con il tempo, incoscientemente, supererai la paura del post sballo, dimenticherai il concetto del dubbio e non ti farai più la domanda: “Sarò stato contagiato oppure no?” E ti risponderai così: “Ma cosa importa, adesso sto bene, sono vivo.” E non ti porrai più domande, perché forse è giusto così.

E allora tu vivi, vivi e vivi. E, mentre vivi, sono certa che dimenticherai il passato, dimenticherai il COVID19, la Pandemia, la fila al supermercato, in farmacia. Forse da oggi in poi non suonerai più il clacson, e vivrai il presente. E come se lo vivrai! Beffeggerai il futuro, lo prenderai di nuovo a schiaffi, lo sottovaluterai, perché tanto non potrà accadere di nuovo e, di nuovo, peccherai. Peccherai di presunzione e farai 10, 100, forse 1000 passi indietro, perché avrai dimenticato ancora una volta la lezione. Perché tanto quel passato lo sentirai ormai così lontano, e quel futuro troppo futuro. Quel futuro sarà talmente lontano che non penserai possa ancora una volta poter cambiare, così, da un momento all’altro. E accadrà, ancora una volta e non si chiamerà COVID19. Avrà un altro nome. Chissà…

Quel giorno, pregherò soltanto per una cosa. Pregherò che tu sia cresciuto, che tu sia diventato davvero un uomo e da egoista più altruista, che abbia capito che non c’è differenza tra Nord e Sud, perché, se siamo insieme, uniti, siamo solo ITALIA. E che le regole spesso ci cambiano, ci induriscono ma ci insegnano a vivere. Mi auguro che tu sia diventato più maturo e con te che lo sia diventata anche io. Mi auguro che la nostra volontà sia più forte di un ricatto, più forte di ogni compromesso e che la parola che conti di più da oggi in poi diventi: RISPETTO. Italia

Coronavirus, Giuliana De Sio: le mie lunghe giornate fatte di paura e solitudine siderale

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In isolamento allo Spallanzani per aver contratto e sconfitto il virus, l'attrice Giuliana De Sio si sfoga sulla sua pagina ufficiale Facebook.

"questa felicità non c è più. 
Sono stata in silenzio anche perche non avevo voce né parole per la mia narrazione dell orrore. NEMMENO ADESSO CE L HO, SPERO CHE IN UN SECONDO TEMPO TROVERò LE PAROLE E LENERGIA PER DESCRIVERE L INVIVIBILE E L IMPENSABILE CHE MI TORTURANO DA SETTIMANE .... SONO IN ISOLAMENTO ALLO SPALLANZANI DA DUE SETTIMANE PER AVER CONTRATTO I VIRUS CON ANNESSA POLMONITE IN TOURNè A META FEBBRAIO. LA SOLITUDINE FEROCE DI QUESTA SITUAZIONE E IL DOLORE FISICO E MENTALE CHE NE DERIVANO SONO LA PROVA PIU DURA A CUI IO SIA STATA SOTTOPOSTA IN TUTTA LA MIA VITA. SENTIVO PER ORA, CON LE POCHE ENERGIE CHE MI SONO RIMASTE DI COMUNICARVI QUESTO, ANCHE UN Pò PER SPIEGARE LA MIA IMPROVVISA SCOMPARSA DAL PROFILO E DALLA PAGINA, ORA SPERO CHE IL MIO TELEFONO NON SI SCATENERà PIU DI QUANTO NON ABBIA FATTO IN QUESTE LUNGHE LUNGHISSIME GIORNATE FATTE DI PAURA MANCANZA DI RESPIRO E SOLITUDINE SIDERALE. MA LA BUONA NOTIZIA è CHE IL VIRUS è SCONFITTO, SONO AL TERZO TAMPONE NEGATIVO, ANCHESE MOLTO INDEBOLITA.VOGLIATEMI BENE PERCHè QUI, I METODI SONO A DIR POCO SBRIGATIVI E TI SENTI PIU ABBANDONATO CHE MAI, E NON MI DILUNGO, ANCHE SE SO COSA SUCCEDE NEL MONDO.,VOGLIO USCIRE !!!

A proposito der poeta metropolitano: intercettazione telefonica tra una romana e un palermitano che amano la scrittura

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di Antonella Biscardi e Andrea Giostra  - Squilla lo smartphone... Qualcuno risponde... Inizia una conversazione...
 
Antonella
- Pronto…

Andrea
- Ciao Antonella, sono Andrea, come stai?

Antonella
- Ciao Andrea, bene! Tu? Che si dice a Palermo…?

Andrea
- Tutto bene, grazie… Qui niente di nuovo… La solita routine… Senti Antonella … Ho letto il libro di Giuseppe che mi hai consigliato. Mi è arrivato il cartaceo proprio ieri mattina, me lo ha inviato Giuseppe, il tuo amico... L’ho trovato molto interessante e certamente ha del nuovo rispetto a quello che mi propongono spesso presunti poeti e presunti scrittori, mediocrità indigeribili... Il linguaggio di strada che usa e la prospettiva di vita metropolitana, romana sarebbe meglio dire, vista dal basso, da chi la vive, mi fa associare “er poeta metropolitano”a una sorta di Bukowski sociale, morbido, gentile ma non troppo… Il suo linguaggio e il suo stile sono certamente nuovi nella letteratura e nella poesia italiana contemporanea, che risulta spesso piagnucolosa e nostalgica di quello che fu il Dolce stil novo che nel Ventunesimo secolo appare semplicemente patetico…

Antonella
- È vero…hai ragione… Mi piacerebbe parlare con te dell’uomo Giuseppe che è molto di più di quello rappresentato da “er poeta metropolitano” che l’avvicina allo stile bukowskiano per tematiche e non per stile di vita. Giuseppe è un uomo dalla forte sensibilità, da una pulizia di sentimenti, dal vissuto diametralmente opposto da quello dello scrittore maledetto. Se sono vicini nello scrivere, sono lontani nel vissuto anche se Giuseppe è “un uomo di periferia”. Parlando proprio di “Selfie? No, autoscatto!”, lasciando a te l’analisi del libro, ti sottolineo tre argomenti da lui trattati che per me evidenziano problemi sociali e sanitari importanti in una grande città come Roma, in cui lui vive ma che rispecchia il macrocosmo, che ritengo vadano affrontate con più approfondimento, anche se a Giuseppe non manca la capacità di descrizione. E sono il problema dell’integrazione razziale unito alla tematica dell’inglesismo e da qui il titolo (usiamo parole straniere e dimentichiamo l’italiano!), la superficialità e la mancata sensibilità dell’assistenza sanitaria per un malato di tumore allo stadio terminale ed il tema dell’eutanasia, con una bellissima poesia dedicata a Dj Fabo.

Andrea
- Quello che dici, Antonella, esce fuori dirompente dalle sue storie, anche dalla scrittura secondo me, una scrittura diretta, semplice, vera, popolare… Come ho avuto modo di dirti altre volte che abbiamo parlato di letteratura e di scrittura, io non sono un esperto di poesia… almeno non mi ritengo tale! … ma la lettura degli scritti der poeta metropolitano, delle sue poesie e delle sue tracce apparentemente scomposte di prosa, mi hanno trascinato a quando adolescente le poesie le leggevo divorandole…  poche cose mi rimasero di quelle letture mistiche e, per certi versi, di una fede quasi religiosa… poi conobbi il più grande di tutti, almeno per me, il romanticistaUgo Foscolo… poeta che amai e ammirai sopra ogni altra cosa per la sua immensa passione per le donne… e per questo Bukowski… femmine e perdizione… sete di vita vissuta intensamente… e per questo adesso a Bukowski spontaneamente associo er poeta metropolitano… per la loro sete di vita che mi colpisce e riconosco leggendo i loro scritti, dell’uno e dell’altro, malgrado le avversità che li hanno attanagliati, la sfiga inesorabile si direbbe a Palermo, malgrado tutto appaia contro, potentemente, irreversibile… e invece, da questa condizione sociale ed economica che pochi saprebbero sopportare, viene fuori il genio creativo, la vitalità che nasce proprio da quello che riteniamo “il male”, “la miseria”, “la sofferenza”… è lì si trova la poesie, quella vera e vissuta… ed è proprio vero che dal benessere non è mai nato nulla di buono… Sono le associazioni mentali che sto facendo adesso mentre ti parlo al telefono… come in un giuoco freudiano… sono il frutto di riflessioni sconnesse della lettura di questi scritti, che ho ancora calda… li ho finiti di leggere ieri sera…

Antonella
- È un po’ come di dici tu Andrea… Le poesie di Giuseppe hanno uno stile forte ma umano e sensibile. Raccontano le emozioni che prova nel vivere il suo quotidiano. Dalle forti tematiche delle periferie romane ai problemi sociali. Ragazzo di periferia, vita difficile, non l’ha mai dimenticata nel diventare uomo. Ha sviluppato in sé forti sentimenti di amore e ha racchiuso nella costruzione della sua famiglia tutta la spontaneità, la freschezza e la gioia dell’amore, dalla moglie che ama da sempre ai suoi due figli. Le difficoltà della vita, l’hanno portato a raccontarle in modo forte ed incisivo. Ed è qui che il forte sentimentalismo si unisce a uno stile incisivo quale quello bukowskiano di cui tu parli. Giuseppe non è un “poeta maledetto” nonostante i temi, ma è un “poeta sentimentale” che attraverso le sue righe, spinge a credere nella vita, nonostante i dolori che l’attraversano.

Andrea
- Hai ragione Antonella… un po’ maledetto lo è secondo me, se scrive in modo così brillante e profondo dei bassifondi metropolitano della sua città… certo in modo diverso da Bukowski… i luoghi di cui parla sono quelli in cui vive il popolo, la vera gente, quella che sa affrontare la quotidianità fatta di sacrifici e di stenti, di privazioni e di difficoltà anche nell’ottenere le piccole cose dovute… i cosiddetti diritti di cui tutti si riempiono la bocca… diritti… ma poi sti diritti è difficile averli… come per esempio quelli dell’assistenza sanitaria negli ospedali, dove per fare un esame importante devi aspettare mesi… o quelli dei piccoli servizi pubblici nelle grandi metropoli italiane, come Roma... Poi è vero che è sentimentale, e questo ti rimane dentro quando finisci di leggere le sue poesie che ti prendono e ti fanno riflettere. Sentimentale e maledetto nel senso moderno del termine, di chi vive la vera realtà e mai la finzione dei social o di internet. Quello che posso aggiungere der poeta metropolitano e delle sue poesie dissacratorie, è che queste poesie appartengono a tante persone che vivono una vita fatta di incertezze, di precarietà, di incognite quotidiane, di sofferenza, di malattia, ma anche di tanta fede nel proprio talento, nella propria voglia di vita, nella capacità di sopportare fiduciosi la precarietà momentanea… E poi i suoi scritti non hanno nulla a che vedere con tutta stà patetica“poesia accademica” che gira sui sociala piè sospinto, che viene elogiata da club di cuori solitari, che viene premiata da concorsi farsa in cui si alternano i riconoscimenti reciproci… tu premi me così poi io premio te… insomma, qualcosa del genere… patetico… patetici sti poeti presunti… pochi quelli davvero bravi… pochi e rari… parliamo di scritti che nessun vero poeta definirebbe poesia, che sono senza energia, senza slancio, senza vitalità, senza sofferenza, senza dolore vero, se non immaginato e privo di frustrazione… insomma, no fire or madness!… niente fuoco o pazzia direbbe Bukowski… e se non c’è fuoco e non c’è pazzia che poesia è? Er poeta metropolitano ha fuoco e pazzia, non c’è dubbio, e il fuoco e la pazzia per certi versi generano il genio…

Antonella
- Giuseppe è poliedrico, passa dalla poesia alla prosa, dal teatro al web series. Ed è di questo che ti voglio parlare, del Giuseppe nascosto ne “I sotterranei”dove si isola dal mondo per non assorbirne le sofferenze. Qui esce la sua ironia, la sua spontaneità e la positività nell’affrontare le difficoltà. Questa è la tematica della sua web series, in cui con un amico, chiusi in un sotterraneo, osservano il mondo.  E nonostante siano tentati di uscirne, non ne escono!

Andrea
- Sì, è vero… La stessa ironia e lo stesso sarcasmo che usava sempre Bukowski in tutti i suoi scritti, poesie e romanzi. E da questo punto di vista la vita di Giuseppe è certamente interessante come le sue poesie, come le sue prose… e per tornare a Bukowski, a questo proposito diceva che: «Nei tempi andati la vita degli scrittori era più interessante di quello che scrivevano. Al giorno d’oggi né le loro vite né quello che scrivono è interessante». Oggi tutti si sentono poeti e scrittori ma scrivono delle minchiate che farebbero rabbrividire i nostri grandi scrittori e poeti italiani che hanno fatto la storia della letteratura dell’Occidente. Ma tant’è! Io mi leggo i classici, qualche autore contemporaneo, ce ne sono bravi ma sono veramente pochi, e adesso anche er poeta metropolitano. Comunque sia, a proposito di questa recensione che dobbiamo scrivere insieme su questo libro, cosa scriviamo? Io non ne ho la più pallida idea, se non quello che ti sto dicendo adesso! Non è che possiamo scrivere queste cose? Giusto? Scriviamo che è un bel libro, che è interessante, che si legge con facilità, e invitiamo tutti a comprarlo. Non possiamo dire la verità, non possiamo dire che lo abbiamo letto tutto d’un fiato e che la lettura ci ha rapito… nessuno ci crederebbe… perché tutti quelli che scrivono recensioni fanno così... leggono qualche pagina e poi scrivono bellissime parole, uguali per tutti i libri che leggono… Lo facciamo pure noi? Senza entrare troppo nei particolari di originalità della scrittura e delle sue storie di periferia metropolitana, di scantinati, di vita vista dal basso verso l’alto, e non al contrario…  Vediamo se funziona. Forse funziona. Vediamo…

Antonella
- No, no, no, no… proprio perché è un amico noi diciamo la verità. Giuseppe scrive di pancia, senza pretese di grande scrittore o poeta, conoscendo i propri limiti, la propria cultura, la propria esperienza. E proprio perché è un uomo normale, più sensibile degli altri (forse), se qualcuno desidera immergersi nella normalità di forti tematiche esistenziali può essere interessato a leggerlo. Speriamo che funzioni. Ciao Andrea. Ci sentiamo presto.

Andrea
- Va bene Antonella… facciamo così, come dici tu. Aspetto la tua mail… A presto allora. Ciao…

fine della telefonata…
INTERCETTATA DA IGNOTI E PUBBLICATA ONLINE SENZA AUTORIZZAZIONE DEI PROTAGONISTI! MA SARÀ DAVVERO COSI’!? … CHI LO SA!? MA INTANTO, SE SIETE ARRIVATI A LEGGERE FIN QUI, ADESSO SAPETE CHI È “ER POETA METROPOLITANO” DE ROMA… E QUESTO È QUELLO CHE IMPORTA… E SE AVETE LETTO QUESTA CHIACCHIERATA RUBATA DA IGNOTI, CERTAMENTE LEGGERETE IL SUO LIBRO… PERCHÉ LA CURIOSITÀ ADESSO C’È E SI SENTE…  BUONE LETTURE…

Giuseppe Mincuzzi, “Selfie? No! Autoscatto!”, Lulu.com ed., 2019

Antonella Biscardi

Andrea Giostra


Albert, nell'album "Casamia" tra rap e cantautorato un condominio di emozioni

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Dopo l’uscita del primo singolo Svista, è disponibile da oggi in digital download e su tutte le piattaforme streaming CASAMIA, il nuovo album di ALBERT. 

Progetto molto ambizioso e costruito mattone dopo mattone nell’arco di un anno, CASAMIA è frutto di mille idee riunite in un unico disco, con l’obiettivo di catturare e stupire l’ascoltatore. Si tratta di un album che forse non vuole essere tale, ma si presenta più come una raccolta di emozioni e di momenti specifici della vita di ALBERT. 
La casa è Albert e rappresenta sé stesso in tutti i suoi piani, ognuno dei quali racconta una storia e uno stato d’animo, anche attraverso immagini e vignette, non solo musica. Così come all’interno di un condominio convivono persone e famiglie con vite completamente diverse tra loro e storie originali, così all’interno di un disco possono convivere canzoni diverse, scritte in periodi differenti, alcune più vecchie e altre più recenti, in una continua metamorfosi di suoni e produzioni. Tutti sono accomunati dal fatto di esistere sotto lo stesso tetto, o disco. 
Dal piano terra fino al dodicesimo è un viaggio nei meandri dei pensieri e delle emozioni dell’artista, per un disco eterogeneo e impossibile da imbrigliare in un genere definito, proprio come Albert. 
Io sono la casa e tutti i suoi condomini e voi siete gli occhi indiscreti che sbirciano dalle finestre.
BIO
Leonardo Benedettini, alias Albert nasce il 21 Novembre 1997 in Belgio a Bruxelles.
Si avvicina alla musica attraverso le influenze cantautoriali che gli trasmette il padre: De Andrè e Bennato, e tra quelle che scopre crescendo come Fabri Fibra, con cui inizia a scoprire il mondo del rap.
A Marzo 2018 è uscito il suo primo EP sotto Warner Music Italia dal titolo "Orme".
Nel 2020 è stato annunciato il nuovo progetto indipendente che porta il nome di CASAMIA. 

Georgette Artwood, "Filthy Cats and Good Beers" 1° singolo della cantautrice milanese

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La Cantautrice Milanese "Georgette Artwood" fa il suo esordio nel mercato discografico con il  Singolo "Filthy Cats and Good Beers" disponibile per lo streaming ed il download digitale a partire dal 14/03/2020.

Questo brano segna il debutto di una Artista che si sta facendo conoscere al pubblico per la sua "voce caratteristica" e la sua spiccata empatia e sensibilità. Prodotto dalla nuova etichetta indipendente "110 bpm Production", "Filthy Cats And Good Beers"è un brano con sonorità tipiche del "pop anni'90" ma con caratteristiche di modernità che ben lo collocano nell'attuale mercato musicale italiano. 
Il taglio internazionale del brano, unito ad un testo accattivante, "rigorosamente in inglese" come da stile consolidato di "Georgette", ne fanno un brano dalle enormi potenzialità radiofoniche e caratteristiche che lo collocano nell'ambito del "Mainstream" rivolto ad una variegata ed ampia fetta di pubblico..


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"Georgette Artwood"è una Cantautrice Milanese classe 1985. Considera da sempre la musica una cara amica e con la musica è cresciuta nel tempo condividendo le emozioni della vita. Si innamora in tenera età dei mostri sacri del Pop e del Rock (Michael Jackson, Rolling Stones, Beatles, Led Zeppelin, Genesis, Pink Floyd, ...) vivendo poi una adolescenza all'insegna dell' Hard Rock e dell' Heavy Metal. Crescendo continua a sognare di stare sul palcoscenico ed inizia a scrivere testi di canzoni che credeva non avrebbero mai visto la luce... e invece, come spesso accade, un’epifania ha dimostrato il contrario. Inizia quindi a studiare canto aggiungendo lezioni di chitarra e sviluppando un legame intimo e profondo con lo strumento che diventa principale fonte di ispirazione per i suoi brani. Alterna vari progetti in veste di cantante di band e parallelamente si dedica alle proprie canzoni che scrive ed interpreta in lingua inglese.
Con molte idee musicali ed alcuni brani già in testa si affida nel gennaio 2020 alla "110 bpm Production" per la produzione di  "Filthy Cats and Good Beers": il suo primo singolo in release il 14 marzo 2020
L'Artista sta attualmente lavorando a nuovi brani che vedranno la pubblicazione nell'arco del 2020.

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Covid-19, Loretta Goggi: i virus non sopportano le persone felici

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Loretta Goggi nella pagina ufficiale LGinFB ha lasciato un messaggio sulla situazione attuale, infondendo un po' di speranza. Eccolo.

Miei cari tutti, stretta virtualmente al mondo intero (i social, almeno in questo frangente, possono offrirci la sola opportunità percorribile), sto vivendo, e voi con me, qualcosa che non mi era mai capitato di affrontare in vita mia!
La mia mamma mi avrebbe ricordato la “spagnola” del 1918, che fra tante, tantissime vittime si portò via una sua sorellina e in piccola parte l’asiatica degli anni’60.... ma io, a mia memoria non ricordo di aver mai vissuto un’esperienza di questo genere.
Abbiamo passato periodi difficili, certo. Bui, direi. Ma di altra natura e in qualche modo sconfiggibili con l’impegno di molti piccoli e grandi eroi.
Esistono ‘piccoli’ eroi?
Per ‘piccoli’ intendo persone invisibili ai più che senza gesti eclatanti, ma rispondendo semplicemente al richiamo del proprio dovere ed alla propria coscienza, hanno compiuto in silenzio scelte coraggiose impensabili.
Dunque ‘grandi’ in ogni senso.
Ma tornando ad oggi, a quello che stiamo vivendo, oltre a confidare nella ricerca, ringraziare instancabili medici, infermieri e personale sanitario e seguire regole di comportamento necessarie, cosa fare per ‘viverla’ comunque quest’unica vita a nostra disposizione, per non sprecarla in un’ansia paralizzante, vinti da paura e sconforto al punto di chiuderci in una solitudine dal peso schiacciante?
La figlia di una mia cugina (quella nata al cielo a causa dell’Alzheimer due anni fa) ha girato a noi cari una bellissima riflessione.
Stavolta anche se non si tratta di farina del mio sacco, vorrei proprio proporvela.
A me ha fatto bene e spero raggiunga l’anima ferita di tutti coloro che fra noi stanno vivendo con difficoltà questo periodo di limitazioni e/o combattendo contro questo virus.
Fatemi sapere se ha colpito anche voi, se l’avete gradita!
Salute, miei cari tutti, e ... felicità!

Vietato abbracciarsi.
Toccarsi.
Baciarsi.
Stringersi.
Sono vietate tutte le forme di affetto
fino a data da destinarsi.
Quel metro di distanza è uno spazio siderale dove non cresce niente.
Questo virus ci sta uccidendo
nel modo più atroce che esista, lasciandoci soli.
Bisogna trovare un modo, qualunque esso sia per restare uniti, i virus non sopportano le persone felici.
Bisogna reagire pensando che non sarà sempre così.
Contrastando la paura con dosi spietate di bellezza.
Difendendo la dolcezza che possiamo ancora regalare,
leggendo posie a chi ci sta vicino.
Mandando carezze con gli occhi.
Facendo capire a chi ci vuole bene che ci siamo.
Usando la testa e non la rabbia per difenderci.
Torneremo alla nostra vita, un giorno,
rendendoci conto di quanto sia incredibilmente bella e preziosa.
E forse, smetteremo per sempre di sprecarla.
E forse questa volta, la vivremo istante dopo istante.
Senza più aver paura di sbagliare.
Forse inizieremo a vivere davvero
senza avere più paura di sognare.
Andrew F.

Vi lascio dedicandovi un video che ha superato circa 1.371.000 persone raggiunte! “Pieno d’amore”.
Secondo me ci vuole, facciamo scorta anche di questo.

Vostra,
Loretta.

La scrittrice Daniela Gambino: siamo maestosamente sorprendenti, siamo noi: gli italiani.

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La "scrittora" siciliana Daniela Gambino ha composto una bella riflessione condividendola sul suo profilo Facebook. La riportiamo.

La botteguccia aperta. La gente in casa. Le canzoni alla finestra. Il venditore di frutta con la lapa. La spesa col panaro. Il cellulare che fa beep a ogni notifica. Centinaia di video divertenti per tenerci compagnia.

Un paese intero che si ferma, per proteggere i più fragili, a me commuove e dà speranza.
Mi sembra una lunghissima poesia, una preghiera mormorata tutti insieme.
Un rispetto compatto.
Un rispetto che ci sta curando.
Persino la tivvù fa più simpatia, con questa lieve tristezza, la preoccupazione sincera.

Andrei da tutti i Salviniani. Da tutti i menefreghisti. Da tutti i perfetti coglioni che ho conosciuto, da tutti gli egoisti, da tutti i prepotenti, da chi divide, da chi crede nell'arroganza, nella sopraffazione, e gli tirerei forte le orecchie, come nella favola di Pinocchio, e griderei forte "avete torto, deficenti, avete torto, l'unica cosa valida, al mondo, è la capacità di stare assieme, non lo vedete? Cosa ci salva altrimenti?"

Non funzionate più, con la spocchia e con le urla. Non servite, non curate nessuna anima, nessun cuore.

Il gesto più perfetto è questo nostro ripeterci "andrà tutto bene". Questo crederci, assieme.
Teniamo duro. Siamo bellissimi. Siano veri.
Siamo - e porca miseria fatemelo dire - tutti pizza, mamma, famiglia, mandolino, Ferrari, pastasciutta, Armani, Dante, Michelangelo, Leonardo, Collodi, Fenoglio, etc etc siamo maestosamente sorprendenti, siamo noi: gli italiani.

"Il bel paese / ch'Appennin parte, e 'l mar circonda et l'Alpe" Francesco Petrarca.
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