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Trilogia Mozart Da Ponte: Nozze di Figaro, Così fan tutte e Don Giovanni a Bruxelles nel 2020. La recensione di Fattitaliani e le foto

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Il flusso della vita, la mescolanza e la sovrapposizione parallela di più esistenze e colori. Il significato della trilogia mozartiana in scena alla Monnaie di Bruxelles (è una coproduzione col Teatro Massimo di Palermo) andrebbe ricercato e pensato in questa prospettiva come punto di partenza sia per la sua comprensione che per il tentativo di goderne profondità, bellezza e idea.

Narrativamente, non c'è alcun reale collegamento fra "Le  nozze di Figaro", "Così fan tutte" e "Don Giovanni": eppure le scelte dei registi JEAN-PHILIPPE CLARAC e OLIVIER DELOEUIL (ideatori anche dei costumi) ne fanno un ensemble che alla fine nella sua molteplicità risulta coerente, ben strutturato, solido, piacevole.
È la dimostrazione del semplice fatto che la vita nei dettagli e nei dati che la connotano non è affatto catalogabile, non è facile da racchiudere fra quattro pareti, in compartimenti stagni. Ogni storia comincia da un'altra, la interseca, la influenza e questo al di là della cronologia (qui tutto è raccontato nell'arco di una giornata brussellese del 2020) e delle vicende personali.
In fin dei conti, le donne e gli uomini sono sempre gli stessi, si ripetono, si rifanno gli uni alle altre, ricommettono gli stessi errori, intraprendono il medesimo cammino di chi li ha preceduti e di coloro che verranno appresso.
Non per niente, si fa sovente ricorso ai "tipi" umani che attraversano le varie epoche, si fa capo a storie di ogni famiglia e consorzio umano, a prescindere dalla specifica collocazione spaziale e temporale, geografica e storica.
Tale idea di base costituisce anche l'organizzazione scenica (complimenti allo scenografo RICK MARTIN e al curatore delle luci CHRISTOPHE PITOISET) e l'intreccio delle tre opere. Un edificio composto di tanti spazi interconnessi fra loro da porte o da scale, dodici artisti su tredici interpretano due ruoli, costituendo così un puzzle che ognuno contribuisce a completare: ed è alla fine, nella sua interezza, che lo spettatore ha il quadro completo e le diverse singole intuizioni percepite lungo le tre distinte serate si ricompongono in un unicum di cui si capiscono intenzioni e finalità.
Lo sguardo d'insieme dà respiro ai singoli dettagli che si affacciano man mano lungo la narrazione, racchiusi e raccolti in un ciclo vitale che ha il suo inizio nel cadavere del Commendatore e la sua fine nella morte di Don Giovanni. I video realizzati da JEAN-BAPTISTE BEÏS e TIMOTHÉE BUISSON continuamente proiettati sullo sfondo hanno questo scopo e palesano l'intento drammaturgico di LUC BOURROUSSE.
La Trilogia andrebbe vista più volte per coglierne appieno le sfumature che contiene: importa però che lo spettatore -sia esperto che occasionale- potrà tornare a casa con un adeguato livello di comprensione e godimento, che -come l'impianto scenico- è concepito in modo stratificato, dosato, secondo più gradini di fruizione.
Ottima l'idea di un Don Giovanni cieco: il suo stile di vita in effetti non lo rendeva insensibile agli altri, irrispettoso verso le donne, incosciente? Inoltre, l'appoggio e il sostegno di Leporello diventano ancor più necessari.
Spiazzante ma ben congegnata la figura e l'azione del Commendatore nella scena finale.
Bellissimi i colori che si alternano nella predominanza in base all'opera rappresentata, rispettivamente blu, giallo e rosso: e notare i dettagli di suppellettili, mobili, capi d'abbigliamento è un ulteriore piacere.
Gli artisti? Tutti, tutti di prim'ordine: un'escalation di bravura, disinvoltura, naturale presenza scenica, padronanza del personaggio. Sarebbero da elencare tutti, a cominciare da ALESSIO ARDUINI, che, chiamato a sostenere i ruoli di Figaro e Leporello all'ultimo momento, è entrato perfettamente nel meccanismo fantasioso del racconto.
Poliedrico e inappuntabile RICCARDO NOVARO nei ruoli di Don Alfonso e Antonio, così come eccezionale la sua mimica quando presta il volto al Commendatore.
Il baritono tedesco BJÖRN BÜRGER canta e si muove con agio nei panni di Don Giovanni e del Conte Almaviva: una dizione perfetta, una voce che accompagna i tanti movimenti cui la trama lo costringe.
L'ucraino IURII SAMOILOV restituisce perfettamente i ruoli di Guglielmo e Masetto.
E le cantanti? Artiste eccezionali, a servizio di una giostra scenica che ne valorizza la sensibilità e la bravura. Da brividi le arie che ognuna di loro ha interpretato negli assoli: LENNEKE RUITENè Donna Elvira -drammatica, intensa, viscerale- e Fiordiligi; la soprano slovacca SIMONA ŠATUROVÁ interpreta Donna Anna e una Contessa di Almaviva rivelandone appieno psiche e modernità; la mezzo-soprano americana, di origine siciliana, GINGER COSTA‑JACKSONè una disinvolta Dorabella e un eccellente Cherubino che ipnotizza e incanta; la soprano americana SOPHIA BURGOS magnetizza il pubblico con le sue Zerlina e Susanna; la soprano italiana CATERINA DI TONNOè completamente dentro Barbarina e Despina, i personaggi cui dà voce.
Una parola per il M° ANTONELLO MANACORDA: fondamentale il suo contributo. Non ha solo magistralmente diretto l'Orchestra: è come se il movimento delle sue mani accompagnasse il canto e anche i movimenti degli artisti sulla scena, costituendo un perfetto trait d'union tra fossa, palco e platea in un continuo e mutuale riflusso di onde. Giovanni Zambito.
Foto: Forster.


GEROLAMO SACCO: uscito il terzo singolo "MOMO (Qui)"

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In radio, disponibile sulle piattaforme di streaming e in digital download “MOMO (QUI)”, il nuovo singolo del cantautore e produttore musicale bolognese GEROLAMO SACCO, terzo estratto dal concept album "Mondi Nuovi", su etichetta Miraloop e distribuito da Believe Digital.

Il brano vede una collaborazione inedita per la scena indie: la musica e la voce di Gerolamo Sacco con la penna di Jacopo di Donato, meglio conosciuto come Senatore Cirenga.

La canzone racconta la storia di Momo, che si trova ancora sulla Terra e decide, prima di partire per lo spazio, di visitare per l’ultima volta un luogo importante della sua storia personale.

«La fine di un rapporto può voler dire lasciare per strada dei pezzi di sé. Tornare nei luoghi che hanno definito quel rapporto può dare l’illusione di essersi persi, ed è come trovarsi in un nuovo mondo. Imparare a riviverli senza lasciarsi abbattere dai ricordi vuol dire essere in grado di reinventare il proprio sguardo e rinnovare se stessi», commenta Gerolamo Sacco.

L’influenza di questo luogo non si ferma solamente a questa canzone, ma ritornerà come ricordo anche più avanti nell’album. Nel brano successivo (Cinema) Momo partirà infatti proprio da lì, la sua “Città Dimenticata”, per il lungo viaggio che lo porterà lontano, verso i Mondi Nuovi.

Questa la tracklist di MONDI NUOVICasa Mia, Stelle Dipinte, Momo (Qui), Cinema, Deserto, Mondi Nuovi, La Prima Estate del Mondo, 110 Decibel, Abisso, Notte di Foglie, Sei Come Me, Il Mondo di Fianco, E Sarà Già Passato Tutto, Buonanotte Terra (ft. Senatore Cirenga), Weltanschauung.

Gerolamo Sacco nasce nel 1980 a Bologna. Inizia ad appassionarsi di musica a 19 anni e a 21 anni entra alla Media Records alla corte di Gigi D’Agostino con cui lavorerà 5 anni come produttore e ideatore. Dopo questo periodo sente l’esigenza di pubblicare a suo nome e sperimentare nuovi suoni, così le strade si dividono. Nel 2007 si laurea in Storia della Musica Moderna e Contemporanea e in seguito viene ammesso, da autodidatta, al Conservatorio Martini di Bologna dove studierà composizione armonia e contrappunto per 4 anni con il maestro Grandi. È in questo periodo che prende forma il progetto Miraloop, che debutta alla fine del 2008 come la “prima casa discografica fondata da musicisti”. Nel 2009 Gerolamo forma una band di rock elettronico di cui è producer in studio e tastierista sulla scena, gli Insex: la band però non è destinata a durare, così nel 2011 Gerolamo inizia a buttare giù tutte le sue idee musicali sotto forma di podcast, Gerolandia Express, un “viaggio in treno” in cui presenta tutti i suoi inediti. Ma è nel 2013 che pubblica il primo disco cantato in prima persona: Alieno. Da questo momento in poi Gerolamo continua a fare dischi e canzoni cercando di dividere il suo progetto cantautorale da altre idee musicali, per le quali crea pseudonimi e ghost project, uno su tutti Ethiopia Ringaracka, progetto reggae-dub fatto di samples africani e ritmi percussivi, il cui primo album Afrofuturism si posiziona per un mese al n.1 della Reggae-Dub chart della Beatport Top100. Parallelamente, dalle prime pubblicazioni in poi, la voce di Gerolamo cantante e autore dei suoi brani si forma e si trasforma fino a Mondi Nuovi (2019), secondo disco come cantautore, accompagnato in radio dai singoli Casa Mia” e “Stelle Dipinte”.







NASCE LA NUOVA GIOVANE COMPAGNIA TEATRALE "FIGLI DI MEDEA"

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Nasce ufficialmente FIGLI DI MEDEA, la giovane Compagnia Teatrale attiva su territorio romano e nazionale nata dall’incontro di cinque artisti alla ricerca di un pubblico a cui raccontare il mondo con passione e follia.

I membri della Compagnia, Susanna Laurenti, Benedetta Russo, Enrico Torzillo, Riccardo Viola e Pietro Maria Virdis si incontrano nel 2016 all’interno degli storici locali del Teatro dell’Orologio di Via de’Filippini a Roma, dove comincia la loro storia comune di andata in scena. In questi anni, infatti, partecipano a tutte le produzioni della Compagnia del Teatro dell’Orologio (di cui fanno tutt’ora parte), mettendo in scena i classici senza tempo (Shakespeare, Plauto, Dickens...) raccontati con estro e magia al pubblico, in assetti teatrali, itineranti e immersivi per la regia di Leonardo Ferrari Carissimi. 

Si affermano, inoltre, singolarmente, in diverse realtà artistiche italiane, calcando diversi importanti palchi del territorio. 

Cinque amici fraterni, cinque forti individualità, cinque vite in comune, un’unica passione: la bottega del palcoscenico!

Cinque artisti più diversi che mai, stereotipi irriverenti e canoni classici della Commedia dell’Arte; singolarmente impegnati, oltre che nella recitazione, nei campi della drammaturgia, della regia, della musica e della danza. Innamorati della tradizione e della sperimentazione.

Reduci da grandi successi di pubblico per la loro prima produzione autonoma “Io non sono come Moira” (che ha debuttato a Roma lo scorso Novembre), i giovani artisti provenienti dal Teatro dell’Orologio creano oggi “Figli di Medea”, una compagnia giovane con l’intento di sperimentare e far valere la tradizione del teatro di bottega in un’epoca così lontana dagli antichi odori delle sale teatrali. A sostenere i giovani attori (figli del Teatro dell’Orologio e della sua produzione) un team di esperti del settore giovani e fiduciosi verso i giovani: l’ottima fotografa di scena Manuela Giusto, Federico Baciocchi all’apparato scenografico, Tommaso Laurenti alla grafica e comunicazione, restando perennemente alla ricerca di capitale umano fresco con cui confrontarsi e lavorare. 

Giovani, fragili, attenti, traditi, attentati, traditori, innamorati, illusi, pazzi, orfani e divertiti, come i fantasmi di quei bambini ricoperti da un’oscura fama, i Figli di Medea vogliono commuovervi, divertirvi e spaventarvi.  

Il primo appuntamento in scena è fissato per i prossimi 13,14,15 Marzo a Teatro Studio Uno con “Io non sono come Moira”, diretto da Susanna Laurenti e Riccardo Viola, di nuovo in scena dopo il successo dello scorso Novembre, la storia di Andrea, giovane metrosessuale e del viaggio all’interno del suo passato; da non perdere, poi, il debutto di “Tingeltangel”, testo inedito sull’omonima opera di Karl Valentin diretto da Enrico Torzillo in scena a Roma i prossimi 29,30,31 Maggio al Teatro Basilica e poi in giro per l’Italia. 

Alfio Antico, in uscita "Pani e Cipudda” nuovo singolo del maestro italiano del tamburo

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Da venerdì 28 febbraio sarà disponibile in digital download e sulle migliori piattaforme streaming “Pani e Cipudda” (Al-Kemi/AlaBianca - distr. Warner/Fuga), il nuovo singolo del maestro italiano del tamburo Alfio Antico, che anticipa l’uscita del nuovo disco prodotto da Cesare Basile.

Il brano è costruito su un bordone unico che modula aprendosi in maggiore ma che si sviluppa sullo stesso manto di percussioni, note e rumori provenienti dal mondo reale. In questo brano, Alfio Antico rimane SEMPRE popolare ed elettronico insieme mentre la filastrocca insiste quasi a ricercare un effetto ipnotico sull’ascoltatore.

Il testo tesse le lodi di una vita semplice, umile e morigerata in contrasto con le storture dell’ostentare e dell’opulenza. Si tratta di una elaborazione del proverbio siciliano: “Megghiu pani e cipudda a casa to, che pesci e carni a casa d’autri”.

Cantava u ziju di lu nonnu
Do soggiru do catananno
ozza ozza Jaddinazzi
Pirfiduna zauddazzi
Crapazzi virmminusi
‘Nfistati na ginia

Zoccu siminati arricugghiti
Amuri di buttani e vinu di ciascu
A sira è bonu e a matina è guastu
Spuppativilla  na ‘nzalora
scupativilla sa casazza
Ca ci ll’ aviti china di ‘mbrogghi
di pulici e di chiattiddi

Megghiu pani e cipudda a casa to

“Trema la Terra” (Al-Kemi/AlaBianca – distr. Warner/Fuga), in uscita il 13 marzo, unisce le radici musicali di Alfio Antico ad elementi elettrici ed elettronici, inserti rumoristi e sonorità che guardano al grande panorama della world music contemporanea. Tutto al servizio della parola e delle storie raccontate dall'autore. 

Il disco sarà presentato dal vivo (in base alle esigenze sanitarie del momento):

10 Marzo – Germi – Milano;
11 Marzo – Da Emilia – Torino;
12 Marzo – 28Divino – Roma;

Come commenta il giornalista siciliano Giuseppe Attardi, questo disco è «Ancestrale e, nello stesso tempo, futurista. Selvaggio e poetico, acustico ed elettronico, tradizionale e sperimentale, colto e popolare, tragico e comico, teatrale e musicale, bucolico e spettrale, minimale e sontuoso. Così appare Alfio Antico in questo album, nel quale tammurriate e tarantelle s'intrecciano con Nick Cave, Battiato, Tom Waits, Quentin Tarantino, punk e bluegrass.» E continua: «il modo di cantare - una sorta di arcaico impasto metafonetico tra gergo pastorizio e lentinese, racconti mitologici, suoni e rumori della natura - è sicilian rap.»

Alfio Antico è forse l'ultimo depositario di un sapere tradizionale, della cultura pastorale, che ha appreso con un rapporto diretto, e quindi non solo musicale. Allo stesso tempo è anche un innovatore, sia per le sue liriche originali sia per la tecnica strumentale, con l’invenzione del trillo (particolare utilizzo dell'attrito del dito sulla pelle per fare risuonare i sonagli), ancora oggi studiata e imitata.

Alfio Antico nasce il 22 novembre del 1956 a Lentini, nell’entroterra siciliano della provincia di Siracusa. Vive facendo il pastore fra le montagne respirando le favole, le storie, i miti della cultura contadina. In quegli anni la nonna gli insegna, con il proprio magico tamburello, a suonare e lui porterà avanti quell’arte fino all'età di 18 anni, quando lascerà la Sicilia per andare a cercare fortuna altrove. Si stabilisce a Firenze dove, una sera del ’77 mentre suonava in Piazza della Signoria, viene scoperto da Eugenio Bennato. Da quel momento riprende la sua carriera musicale, entra nei Musicanova ed incide con loro cinque LP. Successivamente collabora con la compagnia di Peppe Barra e con Tullio De Piscopo, Edoardo Bennato, Lucio Dalla, Fabrizio De André, Roberto Carnevale, Renzo Arbore e la sua Orchestra Italiana e di nuovo con Eugenio Bennato. Nel 1990 Fabrizio De André lo chiama per registrare il suo tamburo nel brano “Don Raffaè”, per il disco “Le nuvole”. Nel 1995 è ospite d'onore del Festival Internazionale di Sitges (Barcellona). Nel 1996 suona ne “Il ballo di San Vito” di Vinicio Capossela. Nel 2006 inizia la collaborazione con Carmen Consoli che pubblicherà con la sua Narciso Records l'album“Guten Morgen”, impreziosito da un duetto con Fiorella Mannoia nel brano “Cunta li jurnati”.  Lo stesso anno il maestro siciliano del tamburo compone la colonna sonora del film “Malavoglia” di Pasquale Scimeca e viene citato nel film francese "Tous les soleils" di Philippe Claudel (2011), dove Stefano Accorsi canta il suo brano “Silenziu D'Amuri”.  L’8 gennaio 2016 esce in digitale l'album “Antico”, prodotto da Colapesce e Mario Conte. Il disco riscuote ampio successo di critica proprio grazie alle sonorità in bilico tra passato ancestrale e visioni futuriste, melodie bucoliche e rumori industriali, testi poetici e fonemi. Il 26 novembre 2019 pubblica il nuovo video di “Pancali cucina”, che anticipa l'album "Trema La Terra" in uscita il 13 marzo 2020.

Foto @ Julia Martins

Te Video, Fabio Capalbo a Fattitaliani: con "Viceversa" racconto la parte più intensa e intima di Gabbani. L'intervista

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Nella puntata odierna di "Te Video"Fattitaliani ospita Fabio Capaldo, regista e montatore del video "Viceversa", l'ultimo grande successo di Francesco Gabbani, secondo classificato al Festival di Sanremo 2020. L'intervista.

Com'è nato il tuo coinvolgimento nella regia di "Viceversa”?
Sono stato contattato dallo staff di Gabbani. Desideravano un video che fosse in grado di raccontare la parte più intensa e intima di Gabbani, senza tanti fronzoli.
Anni fa sperimentai linguaggi similari; hanno pensato a me per questo.
L'argomento è allo stesso tempo facile e difficile da rappresentare: chi ha scelto di riprendere in primo piano Gabbani per l'intera durata della canzone? hai incontrato più difficoltà nella regia o in fase di montaggio?
È una mia idea che si basa più che altro sul far interpretare il brano esclusivamente con le gestualità del corpo e del volto, senza l’ausilio del labiale.
È un’idea molto semplice ma inusuale, perché per un cantante può risultare spiazzante avere meno la possibilità di esprimersi cantando, ma Francesco Gabbani è stato bravissimo, perché è vero.
Da un punto di vista tecnico è stato semplice da realizzare. La difficoltà registica è stata più di carattere emotivo, cioè l'essere stato in grado di comunicare un’empatia tale da portare Gabbani a lasciarsi andare in modo così profondo. Per il resto il video regge grazie ad un montaggio accurato, senza il quale l’idea sarebbe crollata procurando solo noia.
Siamo abituati a vedere Gabbani muoversi tanto sul palco. È stato difficile "contenerlo”?
È stato semplicissimo, è bastato farlo sedere su uno sgabello per l’intera durata delle riprese.
La sua faccia da simpatico "farabutto" ha facilitato l'intera operazione?
Questo è un tipo di video che mi posso permettere di realizzare solo con artisti dotati di una sensibilità che ha a che fare con l’umanità stessa di quella persona. Francesco Gabbani ha queste peculiarità e abbiamo cercato di tirarle fuori senza alcun effetto speciale, se non qualche mio stimolo.
Nel video io vedo molto altro di lui: vedo un essere umano che desidera condividere i suoi sentimenti con gli altri; amare, sorridere, ironizzare, commuoversi, perdere il controllo.. ha fatto tutto questo senza paura di mostrarsi per quello che è.
A tuo avviso, c'è un passaggio che più di tutti sintetizza appieno il significato di "Viceversa”?
Se intendi all’interno del video, il momento in cui si commuove. In quel momento Francesco ci rivela chi è, offrendo un invito a condividere i nostri sentimenti senza paura.
Rispetto alle altre esperienze registiche che cosa dà e che cosa toglie la direzione di un video musicale?
Ogni linguaggio registico ha le sue peculiarità. Il videoclip è un terreno in cui mi sento particolarmente a mio agio, forse perché per hobby ho sempre suonato.
Per me un videoclip ha il compito di amplificare le suggestioni emozionali di una canzone, come una sorta di cassa di risonanza.
Quello che toglie rispetto ad altri generi ha relazione con i budget, mediamente troppo sotto il limite necessario per realizzare un prodotto professionale.
Prossimi progetti?
Un nuovo video ai Perturbazione. Giovanni Zambito.

Coronavirus in Italia: e l'Unione Europea dov'è?

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Ci risiamo, un Paese europeo vive un momento di crisi e l'Unione Europea se ne sta lontana.
Un'altra volta l'Italia è al centro di una burrasca, questa volta sanitaria, ma manco una parola da parte dei grandi capi. Non un provvedimento unitario, una misura d'intervento comune, una dichiarazione aperta e chiara e solidale nei confronti della Penisola. Niente!
Possibile che i nostri sindaci e il nostro premier debbano barcamenarsi da soli in una situazione simile? si stanno comportando egregiamente date le circostanze. 
È vero: su richiesta di Roma, la Commissione europea coordinerà l'arrivo dagli altri Paesi dell'Unione di medici, laboratori, esperti e medicinali ed è stato annunciato un pacchetto di 230 milioni di euro in aiuti finanziari nella battaglia al virus.
Ma la cosa più triste è che si nota un distacco totale dall'emergenza come se -déjà vu- riguardasse solo l'Italia. Giusto arginare l'infezione con blocchi e controlli, ma la solidarietà arriva anche attraverso una parola detta in una certa maniera piuttosto che in un'altra, un gesto, una telefonata.
E invece...
E la frase riportata sui giornali "A Bruxelles c'è piena fiducia nella gestione della crisi da parte del governo italiano"... suona come un eufemismo per dire "arrangiatevi"!.

Toscanini, una storia lunga 100 anni fra innovazione e sostenibilità: 2020 anno di celebrazioni

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Il 2020 è unanno di celebrazioni per Toscanini. L’azienda compie100 anni.
Una storia costellata da successi che è innanzitutto la storia di una famiglia e di una passione, quella per la ricerca e per la bellezza intesa come equilibrio e armonia nei prodotti così come nelle relazioni.
Nata nel 1920 con il bisnonno Giuseppe Toscanini in Valsesia (Piemonte), cresciuta con il nonno Giovanni e diventata una realtà imprenditoriale moderna con il padre Ettore, dagli anni ’90 Toscanini è sotto la guida dei figli Giovanni e Federica. Quattro generazioni che si sono avvicendate, mantenendo intatta la voglia di sperimentare e l’amore per le cose fatte bene.
Oggi Toscanini è un brand riconosciuto a livello internazionale per la qualità e il design dei prodotti. I portabiti e le soluzioni per appendere capi di abbigliamento, accessori e scarpe sono utilizzati nelle boutique e negli atelier delle più importanti maison di moda, nei guardaroba di abitazioni private e negli yacht e hotel più esclusivi in tutto il mondo.
Sguardo internazionale, ma cuore italiano. L’intera produzione Toscanini viene realizzata esclusivamente e orgogliosamente a Isolella di Borgosesia, dove ha sede l’azienda. Per Toscaniniil made in Italy non è una semplice etichetta, ma è una dichiarazione di qualità e artigianalità. Obiettivi che la quarta generazione Toscanini si impegna ogni giorno a raggiungere, facendo proprie le parole del padre Ettore: “Ci vorrebbe un plûch in più” (un pelucco in più)”, ovvero la tendenza a fare sempre meglio per raggiungere grandi obiettivi.
La storia
La storia di Toscanini e la passione per il legno cominciano con Giuseppe Toscanini, che nel 1900 avvia un commercio di legnami a Isolella di Borgosesia.
Fondata nel 1920 l’allora “Toscanini Giovanni e figli” avvia la produzione di coltelli e ne brevetta un modello nel 1933.
È però nel secondo dopoguerra che si delinea l’attuale volto dell’azienda. Ettore Toscanini, secondogenito di Giovanni, producenel 1948 la prima commessa di portabiti, destinata a La Rinascente di Milano.
Il successo è tale che nel giro di qualche anno i portabiti di Toscanini vanno oltreoceano, dove vengono esposti nei più eleganti department store americani. Mentre negli anni ’60, con il boom economico, l’azienda amplia l’offerta di portabiti e propone anche indossatori da camera, portabiti da muro e sedie a sdraio.
Neglianni ’70 la creatività Toscanini si esprime con la produzione di zoccoli in legno. Modelli anatomici e fashion, in faggio e ontano, in sughero ma anche in materiali esotici come la wawa, interpretano lo stile hippie del tempo, raggiungendo picchi di vendita di 500.000 paia a stagione.
Un’ulteriore svolta avviene a metà anni ’80, quando Toscanini si apre al mondo dell’alta moda. L’inizio del nuovo corso è segnato dalla collaborazione con la prestigiosa maison di moda Valentino, per la quale viene prodotto un portabito battezzato con il nome del grande stilista.
Da lì le collaborazioni con i brand di moda si susseguono e Toscanini progetta i portabiti insieme a interior designer, visual merchandiser e architetti di fama internazionale.
Nel 1985 Toscanini, con l’ingresso di Giovanni in azienda, introduce il legno di cedro rosso. L’essenza, apprezzata soprattutto in America, permette all’azienda valsesiana di entrare nei negozi più prestigiosi, come Williams-Sonoma e Bloomingdale’s, e nelle case di personaggi illustri come il fondatore di Microsoft Bill Gates che ordina una fornitura personalizzata di portabiti.
Negli anni ’90 entra in azienda Federica, che insieme a Giovanni rappresenta la quarta generazione della famiglia. L’attitudine all’innovazione di Toscanini li porta ad affrontare nuove sfide. Sperimentano così l’uso del plexiglass, un materiale trasparente simile a un diamante che viene impiegato all’inizio per i portabiti delle boutique di JP Gaultier, progettate da Philippe Starck, per poi essere utilizzato in numerose altre collezioni e declinazioni.
Nel 2000 l’icona della moda milanese Pupi Solari sceglie i portabiti Toscanini per il celebre negozio, consigliando di riproporre un modello per bambini degli anni ’60: Marina. Partendo da questa linea, caratterizzata dal gusto rétro che ha avuto un grande successo, l’azienda amplia poi negli anni la proposta con nuove collezioni più moderne e attuali destinate ai più piccoli.
A seguire anche il mondo dell’abbigliamento intimo avrà una collezione dedicata.
Nel 2010 la produzione di portabiti Toscanini viene diversificata con la creazione della collezione “Interior”, destinata al mondo residenziale. Nello stesso anno nasce la piattaforma di e-commerce “Toscanini SuMisura”. Nell’epoca del bespoke la personalizzazione diventa, infatti, la parola d’ordine non solo per le grandi case di moda, ma anche per i guardaroba dei clienti privati. Toscanini risponde alla domanda offrendo portabiti per donna, uomo e bambino della giusta taglia e completamente personalizzabili.
Nel2019 Toscanini conferma il legame con l’arte, già avviato nel 2013 con la partecipazione alla 54° Biennale d’arte di Venezia (installazione “Other Countries, other Citizenships” dell’artista Anila Rubiku). I portabiti dell’azienda vengono infatti esposti al MoMA Design Store di New York, all’interno del Pop-Up Shop di Fattobene (la piattaforma dedicata alla ricerca e promozione di oggetti iconici del design italiano).
Nel 2020: si celebrano i successi dei primi 100 anni e si continua a contribuire alla storia Toscanini.
Toscanini fra innovazione e sostenibilità
Toscanini deve molto del successo a quell’attitudine alla sperimentazione iscritta nel DNA di famiglia. Un valore che permette all’azienda di essere sempre un passo avanti, realizzando prodotti unici.
Alla costante ricerca della qualità e dell’innovazione si accompagna una grande attenzione all’ambiente e alle persone. La sostenibilità è un valore che Toscanini sposa con convinzione fin dagli anni ’80, quando il “tema green” non era certo di moda.
È, infatti, nel 1986 che Ettore Toscanini rimette in funzione una storica centrale idroelettrica Valsesiana in disuso a cui seguiranno altri impianti ricondizionati fino alla costruzione della centrale all’interno del sito Unesco del Santuario di Oropa. L’energia pulita prodotta dall’acqua crea così vantaggio sia al territorio che all’azienda.
Un impegno in favore della sostenibilità che accompagna Toscanini fino a oggi. Per esempio, gli scarti di produzione del legno sono stoccati sin dagli anni ’70 nei due iconici silos verdi e impiegati per alimentare la caldaia che scalda gli uffici e lo stabilimento. Tutto il legno utilizzato nella lavorazione proviene da coltivazioni controllate e soggette a riforestazione nel rispetto delle normative e dell’ambiente.

Alzheimer, nuovo report europeo: ci si ammala meno, ma i malati aumentano

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Leggi il racconto di Peppe Zambito. Negli ultimi dieci anni in tutta Europa è diminuita la percentuale di uomini e donne malati di demenza. Un fenomeno che interessa tutte le fasce di età.
Ma se questa è la buona notizia, quella preoccupante è che, in assoluto, i malati sono aumentati per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione. In altre parole: è più facile arrivare a 90 sani di mente, ma siccome grazie alla scienza si campa di più, gli anziani con disturbi neurocognitivi aumentano via via. Al punto che se oggi gli europei in queste condizioni sono circa 10 milioni, entro il 2050 saranno il doppio, più o meno 20 milioni di persone prive di autonomia, bisognose di cure e assistenza nell’attesa finora vana di un farmaco risolutivo.
               Questo è il panorama alla vigilia dell’11° Congresso Nazionale sui Centri diurni Alzheimer in programma a Montecatini Terme il 13 e 14 marzo prossimo, organizzato dall’Università di Firenze con il supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. Il tema sarà tanto più all’ordine del giorno, dato che interessa soprattutto l’Italia.
               Nei giorni scorsi Alzheimer Europe, l'organizzazione ombrello delle 39 associazioni di 35 Paesi che si occupano di Alzheimer, ha presentato alla Commissione Europea il suo ultimo rapporto a distanza di dieci anni dal precedente. I dati che ne emergono presentano il fenomeno di cui sopra: percentuali più basse di malati ovunque (la cosiddetta incidenza), e però numeri assoluti in aumento (la cosiddetta prevalenza) a causa della popolazione che invecchia, fino a raddoppiare nei prossimi trent’anni.
               Quanto all’Italia, certifica Alzheimer Europe, con il 2,12 per cento della popolazione, ossia oltre un milione e 200.000 persone, resta il Paese europeo con il più alto numero di malati con demenza. E’ uno degli aspetti collaterali dell’altro record italiano, il Paese europeo più longevo. Ma soprattutto, appunto, entro il 2050 i casi saliranno a 2,5 milioni. Contando anche un media di 3 tra familiari o caregiver che dovranno assisterli, saranno ben 10 milioni di persone impegnate ad arginare il pianeta demenza. Dati spaventosi che lasciano prevedere costi umani ed economici terrificanti. Oggi, intanto, la casistica riguarda in particolare le donne anziane: proprio per la loro longevità sono infatti i due terzi del totale, per l’esattezza 6,6 milioni contro 3,1 milioni di uomini.
               Il professor Giulio Masotti, co-presidente del congresso sui Centri Diurni, spiega che “è confortante vedere che stili di vita più sani, una migliore istruzione e un migliore controllo dei fattori di rischio cardiovascolare sembrano aver contribuito a ridurre la prevalenza della demenza. Tuttavia, questo ultimo rapporto dimostra anche che i malati di demenza aumenteranno moltissimo negli anni a venire. Uno tsunami. Che rischia di travolgere il sistema sanitario, a meno che non vengano scoperti farmaci efficaci nel prevenire o almeno ritardare la comparsa di demenza”.
               Il dottor Enrico Mossello, coordinatore scientifico del Congresso, sostiene che, nella migliore delle ipotesi, i trattamenti farmacologici che si profilano all’orizzonte potranno rallentare la progressione dei disturbi cognitivi, ma difficilmente saranno applicabili alle persone più anziane, sopra gli 80 o i 90 anni, che più di tutte sono destinate ad aumentare negli anni a venire. Per questo, accanto agli investimenti per la ricerca sui nuovi farmaci, i sistemi sanitari devono essere pronti a dare risposte assistenziali sostenibili ma di alta qualità, incentrate sui bisogni delle persone con demenza e delle loro famiglie.
               “Oggi”, aggiunge, “si parla molto dell’età a cui andare in pensione e non siamo capaci di prevedere come e con quali soldi saranno assistiti i cinquantenni di oggi quando, tra 30 anni, uno su cinque di loro soffrirà di demenza. Una sorta di rimozione collettiva”. Si confida nello stellone, nella ricerca sui farmaci dalla quale si spera che arrivi finalmente qualche buona notizia.
Grafico: La prevalenza della demenza in Italia  e  in Europa a 27 (fonte: Alzheimer Europe)

ROMA, LA MOSTRA DI LEONARDO DA VINCI AL PALAZZO DELLA CANCELLERIA: DAL 27 MARZO LA “CACCIA AL TESORO”

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La Mostra permanente di Leonardo da Vinci, allestita all’interno del Palazzo della Cancelleria di Roma, come ogni anno si rinnova e, per questo, dal 27 marzo lancia una nuova sfida per i suoi visitatori: esplorare gli angoli più suggestivi della Capitale risolvendo gli enigmi misteriosi con una divertente “Caccia al Tesoro”.

La Mostra, diretta da Augusto Biagi, è tra le più storiche e da oltre dieci anni offre ai visitatori italiani e stranieri nuove invenzioni e tecnologie multimediali, laboratori, eventi e attrazioni sempre al passo con i tempi.

La caccia al tesoro è la grande novità di quest’anno che mira ad unire la cultura al divertimento, coinvolgendo le generazioni più giovani a cui da sempre la Mostra si è rivolta con particolare attenzione.

Ogni partecipante potrà scegliere il percorso che preferisce, cosa visitare e quanto soffermarsi su un monumento o su una piazza. Un modo per coinvolgere adulti e bambini senza mai annoiarsi e scoprendo, oltre alla figura dell’artista, anche l’enorme patrimonio artistico-culturale della città.

All'ingresso del museo verrà consegnato un iPad e una mappa interattiva della città. Dopo aver dato uno sguardo alle prime indicazioni, si potrà subito iniziare a giocare. Il pubblico potrà avvicinarsi ai monumenti più importanti dei luoghi che attraverserà, scoprendo alcuni dettagli ai quali non sempre si presta attenzione.

Ad ogni tappa si guadagneranno dei punti, e ad ogni punto corrisponderanno degli indizi, necessari per rispondere alla domanda finale.

Chi riuscirà a rispondere all’enigma finale verrà omaggiato dalla Mostra con un souvenir di Leonardo da Vinci.





Informazioni sull'attività:

Il tour guidato disponibile in 6 lingue (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo);
Durata: 3 ore circa (la durata varierà a seconda delle necessità della famiglia);
Orari: Sono previsti due turni, uno la mattina alle 11:00, e uno pomeridiano alle 15:00;
Offerte speciali: Acquistando il biglietto “tour Roma – Mostra Leonardo” sarà possibile saltare la fila; Si accettano voucher elettronici e stampati;
Conferma e cancellazione: Conferma immediata e cancellazione gratuita fino a 24 ore prima dell'inizio dell'attività;
Costi biglietto: 40€ adulto; 25€ ragazzi; 20€ bambini.


Punti di ristoro convenzionati con la Mostra:

Supplizio (via dei Banchi Vecchi, 143);
La Casa del Caffè Tazza D'Oro (via degli Orfani, 84);
Giolitti;
Antico Forno Roscioli (via dei Chiavari, 34);
Beppe e i suoi formaggi (via di S. Maria del Pianto, 9A/11);
Matò Street Food (via Napoli, 50);
L'antico Forno di Fontana di Trevi (via delle Muratte, 8);
Gelateria Frigidarium (via del Governo Vecchio, 112);
Forno Ponte Sant'Angelo (via Del Banco Di S. Spirito, 44);
Antica Salumeria del Pantheon (Piazza della Rotonda, 4);
Norcineria Viola (Piazza Campo de’ Fiori, 43);
L'Insalata Ricca (Largo dei Chiavari, 85/86);
Aristocampo (Piazza Campo de' Fiori, 30).

Martina Franca, presentazione Antologia del Salotto culturale Palazzo Recupero

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MARTINA FRANCA.   Sabato 7 marzo 2020, alle ore 18,00, a Martina Franca, presso Il Salone Parrocchiale Cristo Re, sarà presentata l’Antologia del Salotto Culturale Palazzo Recupero “Cavalieri dell’Arcobaleno 2020”, ideata e curata da Teresa Gentile.

La presentazione è organizzata dal Salotto Culturale Palazzo Recupero, con il patrocinio di Accademia da Cutezze, Associazione Riflessi d’Arte, Associazione Culturale Castrum Martinae, Centro Socioeducativo e Laboratorio Teatrale Elicea, ValleDitriaLiveChannel, Ema Coach Mental Digital Teatral, Associazione Culturale Amore per Martina, Associazione Culturale Teatri e Culture, Parrocchia Cristo Re, Milano e la Puglia. 

Interverranno: la dottoressa Teresa Gentile, il professor Francesco Lenoci, la Baronessa Elisa Silvatici, nonché vari artisti di cui alle Iridescenze poetiche, d’arte, teatrali, musicali e editoriali, che illuminano l’Antologia.

Iridescenze Poetiche
Albano Franca, Andriani Sapia, Annicchiarico Grazia, Aprile Amneris, Aprile Michele, Aquaro Maria, Aragona Felice, Bagnalasta Aurora, Balducci Gorgone Anna, Bello Rina, Caramia Silvia, Casaluce Isabella, Casavola Maria Gabriella, Cassano Rosanna, Castellana Cinzia, Casto Lucia, Cervellera Angelo, Chirulli Pina, Cofano Cinzia, Cofano Egidio, Colucci Antonia, Conserva Antonella, Corigliano Maddalena, D’Amone Angela, D’Arcangelo Elena, D’Eredità Giovanni, De Siati Lilly, De Vergori Flora, Del Giudice Iury, Deodato Anna Maria, Durante Giorgia, Filomena Pasquina, Francescone Elio, Fumarola Antonio Martino, Fumarola Giovanni, Fumarola Norma, Gabre Medhin Tsegaye, Gentile Teresa, Gorgone Joseph, Lacatena Paolo, Laddomada Silvio, Lelli Daniela, Lenoci Francesco, Leo Damiano, Locorotondo Francesco, Mancarella Catia, Martucci Anna Maria, Monopoli Giovanni, Montanaro Mariangela, Muraglia Rosa, Nardelli Giovanni, Natale Cesare, Ortiz Silvia, Otello Emilia, Pastore Anna Maria, Pizzigallo Anna, Polito Vittorio, Ricci Maria Carmela, Sambissa Capitango Dumbo Inàcio, Scatigna Giampiero, Scatigna Tonia, Scialpi Maria Rosa, Semeraro Emanuela, Semeraro Grazia, Silvatici Elisa, Simeone Erminia, Sisto Cristina, Spezio Sara, Stoppa Ana, Tedeschi Antonio, Vinci Ester, Vinci Miriam, Vinci Rosa Maria.

Iridescenze d’Arte
Annichiarico Grazia, Bacciu Giuliana, Barnaba Gianluigi, Barratta Angela, Basile Salvatore, Cantore
Antonietta, Caroli Casavola Adelina, Carrieri Marco, Casaluce Isabella, Gerlone Anna Maria, Lamacchia Mary, Renna Catia, Ruggiero Caterina, Solito Stefania, Zabatti Immacolata, Zimbalatti Tiziana.

Iridescenze Teatrali
Carbotti Martino, Conserva Antonella, De Michele Mauro, Felice Antonio, Lampitto Emanuele, Messia Benvenuto, Scatigna Giampiero, Vinci Francesco.

Iridescenze Musicali
Ceci Marino, Liuzzi Cristina, Musicanti per caso, Nardelli Giovanni, Nasti Gianni, Russo Luisa, Selicato Giacomo, Speciale Franco, Speciale Giovanni, Vinci Antonio, Vitulano Raffaele

Iridescenze Editoriali
Annichiarico Grazia, Antonini Alberto, Aprile Michele, Bello Rina, Bianchi Vito, Caforio Raffaele, Castellana Cinzia, De Vergori Flora, Fumarola Norma, Gentile Teresa, Marangi Anna, Marinelli Anna, Monopoli Giovanni, Russano Roberto.

Teresa Gentile scrive quanto segue nella Prefazione all’Antologia.

“In segno di riconoscenza per il loro aver saputo donarci un credibile esempio di granitica Fedeltà a un condiviso Sogno di bellezza ispirato dalla nostra magica Valle d’Itria, dedico questa antologia a mio marito, prof. Raffaele Cofano (prematuramente scomparso e che è stato oltre che uomo ed educatore integerrimo anche saggio fulcro animatore e ispiratore del Salotto Recupero) e a due Patriae Decus di Martina Franca: lo storico preside Michele Pizzigallo (certosino studioso e divulgatore delle nostre radici identitarie) e il prof. Francesco Lenoci (instancabile nel suo costante saper indicare ai giovani i vantaggi competitivi, insiti in opera, masserie, enogastronomia e moda).

Grazie al loro certosino impegno, unito a quello di tanti altri innamorati della nostra terra, oggi la Valle d’Itria è una prestigiosa realtà anche culturale ben radicata nel passato e intessuta di talenti, armonia, rinnovata attenzione alla coltivazione di piante autoctone, al recupero di lavori, sapori tradizionali e possibilità infinite di attuare, in ogni stagione dell’anno, opere musicali incastonate in magici contesti architettonici cittadini e rurali poco conosciuti.

Grazie a questi Cavalieri dell’Arcobaleno saggi, colti, pazienti, rispettosi e ricchi di speranza in un futuro migliore, oggi gli abitanti della nostra magica Valle d’Itria manifestano una non comune capacità di progettare e realizzare prestigiosi progetti musicali, letterari, teatrali, artistici e cinematografici oltre che imperniati sui dialetti, sull’agricoltura e i lavori tradizionali, volti a far spiccare le ali alla vera essenza dell’Empatia, della Creatività e dell’Umanità e, quindi, a dare forme tangibili e meravigliose a ogni ideale di Bellezza e di Pace sovranazionale”.

Aggiunge quanto segue Teresa Gentile.

“Doveroso è anche il mio grazie ai miei Aquilotti, che hanno scoperto quanto sia bello non gareggiare, ma migliorare a contatto con gli altri e sentirsi uniti da emozioni da condividere grazie al collante prezioso che si chiama Amicizia.

Siamo accanto all’altro, con l’altro, per l’altro, per imparare a compiere un non semplice cammino interiore intessuto di emozioni condivise di bellezza e divenire migliori nel tempo troppo breve e prezioso della nostra esistenza.

Ciò avviene non per avere riconoscenza ma per dire grazie a chi ci dona il tempo della vita, consente incontri non dovuti al caso e ha posto in ognuno di noi un seme prezioso che si chiama talento ed è volto a darci l’energia positiva atta a consentirci di realizzare dei sogni, mai da soli ma insieme. Anche in primavera gli alberi non fioriscono in modo isolato ma insieme a tanti altri. È così che si genera armonia”.

L’evento sarà ripreso dalle telecamere di ValleDitriaLiveChannel e trasmesso sulla pagina Facebook di Librinstreaming.

L’ingresso è libero.

Claudio Loreto, scrittore-artista: se non conosciamo il nostro passato non possiamo sperare in un mondo migliore. L'intervista

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di Andrea Giostra
Ciao Claudio, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Claudio artista-scrittore e Claudio uomo?
Grazie a te, Andrea, nonché ai lettori per il tempo gentilmente accordatomi. Claudio Loreto “autore” è un tale che al liceo fantasticava di diventare nientemeno che un reporter di guerra, tanto da iscriversi alla Facoltà di Scienze Politiche(indirizzo storico-giornalistico, per l’appunto) e con l’aspirazione di volare a Peshawar, in Pakistan, e da lì intrufolarsi nel confinante Afghanistanal seguito di qualche gruppo di mujaheddin in lotta contro l’invasore sovietico. Quel giovane sognatore, in realtà, fece poi la medesima e molto meno avventurosa fine del “Compagno di scuola” cantato da Antonello Venditti: seduto, cioè, dietro una scrivania di banca. Senza perdere tuttavia il desiderio di riempire i fogli in bianco: così per svariati anni ho collaborato da “esterno” con quotidiani e riviste, scrivendo in particolare di Storia e di politica estera. Solo in anni recenti mi sono avventurato nella narrativa, inevitabilmente a sfondo storico. Il Claudio “persona” è ormai prossimo a compiere sessant’anni e ad accompagnare la propria figlia all’altare (il tempo è letteralmente volato). Sono stato a lungo un valido - mi si perdoni la vanità - canottiere nonché dirigente sportivo, approdato infine all’alpinismo: il mio “mondo”, oggi, è costituito soprattutto dalle meravigliose Dolomiti.
Recentemente, ottobre 2019, hai pubblicato il tuo ultimo romanzo dal titolo “Liquirizia”, con Edizioni Leucotea. Ci parli di questo libro? Come nasce e qual è il messaggio che vuoi arrivi al lettore?
“Liquirizia”, dato il mio background, è un romanzo storico avente come principale palcoscenico la spaventosa battaglia di Stalingrado. Però narra anche, e soprattutto, di una toccante vicenda sentimentale. Desideravo infatti rappresentare la possibilità di un amore fra nemici, del fiorire di un sentimento capace di spazzare via pregiudizi e odio, spesso non propri nostri ma instillatici ad arte da altri. Così è nata la storia dei due ragazzi costretti a combattersi da fronti opposti: Giuliano (uno studente universitario vestito da sottotenentino della VIII Armata Italiana in Russia) e la sovietica Tanja, promettente ballerina diventata suo malgrado un’abile cecchino. La loro storia è un invito a guardare in primo luogo nell’altro il suo cuore e la sua anima. Il titolo del libro – che può sembrare insolito per un racconto di guerra – è dato dal nome dell’orsacchiotto di pezza che aiuta fin da bambina Tanja a vincere di notte la paura del buio: la soldatessa lo porterà con sé dentro lo zaino durante tutto il corso della sua guerra. Esso avrà infine un ruolo importante nell’esito finale della storia. 
Ci parli delle tue precedenti opere e pubblicazioni? Quali sono, qual è stata l’ispirazione che li ha generati, quali i messaggi che vuoi lanciare a chi li leggerà?
Nel corso dell’attuale fase narrativa sono scaturiti dalla penna (scrivo rigorosamente a mano) una raccolta di racconti di genere vario dal titolo “Gli occhi sulla scia” e i romanzi “L’ultima croda”(storia di una incredibile rivelazione, con sullo sfondo gli “anni di piombo” e l’alpinismo d’alta montagna), “I segreti di Sharin Kot” (la tormentata vicenda personale di un capitano degli Alpini impegnato nel 2010 con i suoi uomini a combattere i talebani in Afghanistan) e infine, appunto, “Liquirizia”. Tutte “favole” dettate dalla speranza che, anche nei momenti più cupi, la parte migliore dell'Uomo possa riemergere ed affermarsi, e volte a sottolineare che - come scrisse il grande alpinista Renato Casarotto - “alla base di tutto, di ogni azione che l’uomo compie, deve esserci sempre l’Amore”.

Come e quando nasce la tua passione per la scrittura?
Mi è sempre piaciuto scrivere, fin da ragazzino: alle scuole medie dettagliati resoconti delle partite di calcio del Cagliari (sono sardo di nascita) che ascoltavo con l’orecchio appiccicato a una piccola radiolina; al liceo un riservatissimo diario personale e i primi brevi racconti. 
Qual è il percorso formativo ed esperienziale che hai maturato e che ti ha portare a realizzare le tue opere?
Il periodo adolescenziale, vissuto in un’altra isola, la Sicilia, mi ha segnato profondamente: la piena presa di coscienza della fugacità d’ogni cosa ingenerò in me il fortissimo desiderio di sapere cosa fosse accaduto prima di… Claudio, da dove insomma venivo e cosa ora mi circondava; come pure la frenesia di fissare sulla carta fatti, pensieri ed emozioni, quasi a tentare di renderle (cosa tuttavia impossibile) eterne. Sono portato a pensare che ciò però valga per molti scrittori.
«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.»(Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.). Cosa ne pensi delle parole di Bukowski? Secondo te è più importante quello che viene narrato (la storia) o come è scritta (il linguaggio utilizzato)?
Sono sulla stessa lunghezza d’onda del celebre scrittore statunitense. L’idea di Tania e Giuliano mi è balenata in mente all’improvviso la sera di San Silvestro del 2018, proprio come un fuoco d’artificio e agli inizi del nuovo anno ho cominciato a buttar giù la loro storia così come essa via via scorreva da sé davanti a miei occhi, simile a un film. Sfruttando in ufficio le pause-pranzo (e saltando dunque pasto) e sottraendo colpevolmente qualche ora alla famiglia la sera, alla fine di febbraio il lavoro era già concluso, solo da rifinire un po’. Relativamente al secondo punto, a mio avviso la trama è il “succo” di qualsiasi storia, ma è anche vero che il modo in cui la si redige è importantissimo per renderla di immediata comprensione, coinvolgente, in maniera che il lettore ci si ritrovi dentro a piè pari, diventando un “testimone” presente sulla scena.
«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?
È vero, la lettura non ci rende di per sé, in modo automatico, persone migliori. Se non è seguita da una riflessione critica, che frutti elementi di analisi anche di noi stessi, essa resta un mero ingannare il tempo. In tal caso risulta più salutare una passeggiata. Anche perché oltretutto potrebbe davvero prefigurarsi il rischio di iniziare ad accogliere passivamente e scambiare per veritieri (“lo dice un libro!”) contenuti illogici e magari socialmente pericolosi. Penso ad esempio al “Mein Kampf”, diventato per molti tedeschi di quell’epoca una sorta di Bibbia. È dunque importante, ad esempio, che nelle scuole alle letture assegnate in compito agli studenti segua poi in classe una costruttiva discussione critica di gruppo.
«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). È proprio così secondo te? Cosa significa oggi leggere un buon libro, un buon romanzo? Quali orizzonti apre, se secondo te oggi, nell’era dell’Homo Technologicus, effettivamente la lettura di buoni libri apre orizzonti nuovi?
Credo anch’io che sia così. Un riconosciuto “buon” libro di un romanziere del passato ci consente di aprire una finestra sul suo tempo e di conoscere meglio gli avvenimenti e l’Umanità di una data epoca. Ugualmente, l’opera di un valente autore contemporaneo può offrire ulteriori strumenti di analisi per comprendere meglio la realtà nella quale ci dibattiamo noi oggi. Nell’era in cui predomina l’immagine, dalla enorme capacità persuasiva, e in cui i ritmi di vita sempre più frenetici, la crescente mancanza di tempo per “pensare” rendono straordinariamente potenti gli slogan, forse la lettura può prima di tutto impedire che scompaiano i già ristretti orizzonti rimasti.
«Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with Charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere e per diventare grandi scrittori come promettono gli organizzatori?
Non ho mai preso parte a lezioni di scrittura e quindi non sono nella condizione di esprimere un giudizio compiuto. A naso presumo che possano anche fornire qualche dritta di carattere tecnico; tuttavia, la “sostanza” può venire solo dal cuore e dall’anima dello scrittore.
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?
Dato il mio retroterra, prediligo gli autori di narrazione a sfondo storico: Dominique Lapierre e il suo socio Larry Collins, per citarne due. 
Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre libri e tre autori da leggere, quali consiglieresti e perché proprio questi?
Davvero difficilissimo scegliere! Segnalerò allora tre opere che da ragazzo mi avevano molto colpito ed emozionato. “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi, la testimonianza di una delle più grandi tragedie del popolo italiano, un monito per le generazioni successive: perché il sonno della ragione, per dirla con Francisco Goya, genera mostri! “Siddharta”, di Hermann Hesse: una riflessione sulla difficilissima, inquieta ricerca del senso del proprio io e della vera felicità, sviluppata da pochi, spesso senza neppure successo ma sicuramente con il conseguimento di una maggiore consapevolezza di sé. “Umiliati e offesi” di Fëdor Dostoevskij, per le sorprendenti e beffarde concatenazioni della vicenda, per i suoi personaggi piegati da avvenimenti più forti di loro: un amaro affresco di quanto possa essere inclemente la vita.
Citerò opere non certo tra le maggiormente conosciute e tuttavia capaci di toccare profondamente l’animo: “The killing fields”, titolo italiano “Urla del silenzio”, cruda denuncia degli orrori perpetrati dai Khmer Rossi cambogiani (e qui si torna al Goya), ma anche il racconto di una grande amicizia. “The Elephant Man”, la storia (vera) di un uomo spaventosamente deforme e dunque divenuto animale da circo, del suo disperato bisogno di essere invece riconosciuto un essere umano e del suo desiderio di morire, con dignità, da tale: una poderosa esortazione all’empatia e alla compassione. Il terzo suggerimento riguarda in realtà un eccezionale film-documentario, “Il popolo migratore”: la telecamera vola al fianco degli uccelli migratori durante i loro interminabili, estenuanti viaggi, rivela le loro commoventi vicissitudini e ci offre la piena dimostrazione che di questo pianeta noi non siamo affatto i padroni e che in verità quaggiù non abbiamo servitori ma solo compagni di viaggio, da rispettare.  
Una domanda difficile Claudio: perché i nostri lettori dovrebbero comprare i tuoi libri? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per comprarne alcuni.
Propongo di leggerli perché se non conosciamo il nostro passato non possiamo sperare in un mondo migliore; perché dobbiamo sforzarci di capire e possibilmente rispettare l’altro. E invito inoltre ad assaporarli lentamente, proprio come fossero una… “liquirizia”, poiché narrano anche di toccanti storie d’amore, e senza amore la vita non è… vita. Ciascuno di essi inoltre ha in serbo per il lettore intrecci appassionanti e sorprendenti colpi di scena.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti di cui ci vuoi parlare?
Al momento sono in “break”. Riprenderò a scrivere soltanto quando e se verrò di nuovo colto da una improvvisa, nuova fulminazione: potrebbe accadere già domani, o magari mai più, chissà! Nel frattempo smanio dalla voglia di tornare in montagna: è là, tra l’altro, che è nata l’ispirazione di molti dei miei racconti.
Dove potranno seguirti i nostri lettori e i tuoi fan?
Sulla mia pagina Facebook, dove posto ciò che è legato ai miei vari interessi e da cui si può dunque anche capire chi sono. Relativamente invece alla stretta attività di scrittura, rimando a siti web https://issuu.com/claudio_loreto (attività giornalistica) e https://libro.cafe/profilo/679/claudio-loreto/ (recensioni e commenti sull’attività narrativa).
Come vuoi chiudere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?
Naturalmente con un caldo saluto e un augurio a tutti di mille, ottime letture. Perché, come diceva Umberto Eco, “… chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito… perché la lettura è una immortalità all'indietro”.

Claudio Loreto
https://libro.cafe/profilo/679/claudio-loreto/ (Recensioni e commenti attività narrativa)
https://issuu.com/claudio_loreto (Attività giornalistica)

Andrea Giostra

MUSICA: LEMURI IL VISIONARIO VINCE IL PREMIO MED STORE PER LA MIGLIORE ESIBIZIONE A MUSICULTURA 2020

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Subito grandi soddisfazioni per Lemuri il Visionario nell’ambito del primo week end di audizioni live a Musicultura 2020; l’artista, tra i calorosi consensi del pubblico, ha vinto il “Premio Med Store” scelto dalla giuria per la Migliore Esibizione.

Musicultura - afferma Lemuri il Visionario -  è un piccolo miracolo ormai diventato grande. Appena arrivi nella meravigliosa piazza di Macerata e vedi l’ingresso del teatro Lauro Rossi capisci subito di essere nella riserva indiana della canzone d’autore. Quest’anno saremo 53 guerrieri a combattere per un sogno, circondati da un mondo a cui spesso sentiamo di non appartenere. Siamo i finalisti. Non è stato facile diventarlo. Più di 800 ci hanno provato invano.
Ho avuto l’onore e l’onere di aprire la manifestazione. Una bella responsabilità. Le mie note sono state le prime dell’edizione 2020 di Musicultura.”
L’artista accompagnato sul palco dalla sua band (Max Minoia al basso e arrangiamenti, Stefano Tedeschi alle chitarre, Primiano Di Biase alla fisarmonica e al pianoforte e Andrea Ruta alla batteria) si è esibito con “Cose inutili”, “Don Chisciotte” e  “Niente da dire”, tre brani contenuti nel nuovo disco libro in uscita il prossimo autunno.

BIO
Vittorio Centrone, in arte Lemuri, è un cantautore visionario. Dopo un passato come componente del gruppo rock pordenonese Futuritmi, debutta come solista con il CD "Il Porto dei Santi", e nel 2003 partecipa come autore al Festival di Sanremo con il brano "Chi sei non lo so" eseguito da Verdiana ed è la voce maschile del progetto Haiducii nel brano dance "Dragostea Din Tei". Nel 2008 partecipa come attore e cantante alla commedia musicale Karma Party e allo show "Chroma" dedicato all'artista inglese Derek Jarman. Successivamente, crea "Lemuri il Visionario" un libro illustrato con allegato un CD di canzoni originali che narra la storia di un bizzarro musicista sognatore. La storia diventa un’opera rock che viene rappresentata dal 2011 ad oggi in Italia, Stati Uniti, Canada e in Francia dove partecipa anche al festival francese del fumetto di Angoulême.              In scena Vittorio interpreta il protagonista e interagisce con i disegni animati del fumettista Giulio De Vita. Nel corso del 2020 sono previste l’uscita di un nuovo disco libro in Italia con la Ponte Sisto Edizioni e di una graphic novel sul mercato franco belga.

LEMURI IL VISIONARIO È SUL WEB E SUI SOCIAL

Una moda per il sociale: Janet De Nardis dirige il video della stilista Stella Jean

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Oggi scopriamo la collezione f-w 20/21 di Stella Jean, stilista haitiana-italiana, che ha scelto di non partecipare a "milano moda donna", ma di lasciare scoprire i suoi capi attraverso 20 scatti e un emozionante video per esprimere una posizione netta verso il razzismo.

 In Italia, in questi anni, sono in continuo aumento le discriminazioni di natura etnico-razziale. Per anni la moda ha spinto verso un prototipo di bellezza volto all'esclusione invece che all'inclusione.
Questo lo sa bene Janet De Nardis che in passato ha sfilato come top model per numerosi brand e che grazie alla collaborazione e all'amicizia di Stella Jean, partecipa al progetto "Italians in becoming". La designer haitiana-italiana, ha preso una posizione netta verso il razzismo, decidendo di non partecipare a Milano moda donna  e di svelare la collezione f-w 20/21 attraverso la campagna sociale che viene lanciata oggi, con video e foto sul tema della
sensibilizzazione.
Realizzata sotto il patrocinio dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del
consiglio dei Ministri il progetto vedrà protagonisti i 20 look della collezione all-winter 20/21, indossati da donne italiane di ogni etnia e religione, scelte dalla designer. La valorizzazione della diversità e l'unicità di ognuno di noi sono patrimonio dell'umanità. La bellezza non ha confini, non ha distinzioni e a dare voce al progetto donne che sono state vittime di discriminazioni o di aggressioni a sfondo razziale ma che, combattendo, e dando voce alla crescita culturale,
sono riuscite a vincere la lotta al razzismo. Per Stella Jean questa è «La mia personale reazione al paradosso della multiculturalità nella moda italiana». Janet De Nardis, regista del progetto video, ha
aggiunto "Sono nata in Canada, da padre italiano e madre peruviana. Per me il mondo è un unico luogo di condivisione, dove tutti siamo imparentati in qualche modo, dove le uniche differenze sono quelle dettate dalle nostre capacità o insicurezze". Con quest'iniziativa Stella Jean conferma il suo spirito solidale, declinato attraverso una moda impegnata che da molti anni porta in passerella la ricchezza dell'artigianato e delle tradizioni di comunità provenienti da ogni parte del mondo.
 La diversità è bellezza e unione, non qualcosa che deve allontanarci, dividerci. Ogni giorno, viviamo l'occasione di diventare persone migliori e questo è possibile solo grazie a chi, con occhi differenti, può indicarci nuove strade.

Paolo Zuccari e il thriller "Toni" al Teatro Argot Studio dal 3 marzo

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Al Teatro Argot Studio di Roma, dal 3 all’8 marzo, si celebra il grande ritorno dell’attore, autore e regista Paolo Zuccari con il nuovo spettacolo Toni, un thriller teatrale che lascerà gli spettatori atterriti, laddove saranno chiamati a comprendere ciò che è vero e ciò che è falso in questo rocambolesco noir, sospeso fra la realtà e l’immaginazione, frutto della percezione del protagonista.
Guido, diagnosticato schizofrenico, dopo venti anni di cure, decide di interrompere improvvisamente la terapia. Rinunciando alle sue medicine, compie un gesto estremo per recuperare un rapporto con la fidanzata che è scappata, e dimostrarle che lui può vivere anche senza l'ausilio della chimica. Questa scelta, insieme all'abuso di alcol, lo porta però a una progressiva alterazione delle percezioni: ritorna un suo vecchio amico; la sua ex si affaccia alla finestra di fronte; un uomo viene ucciso; la polizia va a prelevarlo a casa perché sospettato di omicidio e la fidata sorella, chiamata per chiedere aiuto, stavolta non risponde più.

Tutto questo starà accadendo davvero o Guido deve solo ricominciare a prendere quelle maledette medicine?

TONI
dal 3 all'8 marzo

scritto, interpretato e diretto da Paolo Zuccari
collaborazione alla regia Edward Fortes
assistente Andrea Ceravolo
scene Francesco Ghisu
costumi Lucia Mariani
disegno luci Paride Donatelli
voce Antonella Attili
produzione La fabbrica dell’Attore

CAROLINA REY STASERA IN CONCERTO A “L'ASINO CHE VOLA” DI ROMA

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Dopo i grandi successi ottenuti in televisione e al cinema, Carolina Rey torna a uno dei suoi primi amori: la musica.

Domani, giovedì 27 febbraio, alle ore 21, la poliedrica artista romana si cimenterà con un'attesissima esibizione live nella suggestiva location de “L'Asino Che Vola”, da molti considerata il tempio capitolino della musica di tendenza e di qualità. Una serata all’insegna della musica italiana, durante la quale troveranno spazio brani inediti e cover delle canzoni realizzate dai più grandi cantautori di sempre. Per l'occasione, Carolina sarà accompagnata da una band dal vivo con batteria, basso, chitarra e pianoforte. Prevista la presenza di numerosi ospiti che si alterneranno sul palco per qualche incursione non solo musicale.
Non mi definisco prettamente una cantante e nutro un grande rispetto nei confronti di questa professione ma ogni tanto sento l’esigenza di salire su un palco e cantare, perché da sempre lo ritengo un modo di esprimere me stessa, forse il modo più autentico” racconta Carolina, aggiungendo: “Non riesco a rinunciare a questa mia grande passione. D'altra parte, son cresciuta a suon di musica con mia mamma che faceva la cantante lirica e per me è naturale raccontare la vita attraverso le note”.
Per info e prenotazioni:
info.lasinochevola@gmail.com

06/7851563


Volterra, X Mostra Mercato del Tartufo Marzuolo il 28 e 29 marzo

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Sabato 28 e domenica 29 marzo si rinnova a Volterra (PI) l'attesissima MOSTRA MERCATO DEL TARTUFO MARZUOLO, appuntamento alla sua decima edizione che celebra i sapori del territorio in un fine settimana di gusto e divertimento pensato per tutta la famiglia.
Cuore della manifestazione le Logge del Palazzo Pretorio di Piazza de' Priori, dove per due giorni (sabato dalle 15 alle 20, domenica dalle 10 alle 20) sarà possibile conoscere ed acquistare il meglio delle specialità del paniere locale – oltre al tartufo anche formaggi, olio, vino, birra, salumi, dolci - raccontate dai produttori.
Un fine settimana da non perdere per gli amanti delle tradizioni gastronomiche più genuine, con l'evento che farà di Volterra la tappa di una piacevole gita fuori porta grazie alle tante iniziative collaterali per grandi e piccini. Fra queste si segnalano la terza edizione del PICCOLO PALIO DEI CACI (domenica 29, ore 15) che dopo il successo dello scorso anno riproporrà in Piazza dei Priori la divertente gara dedicata ai bambini dai 6 ai 12 anni in collaborazione con il Comitato delle Contrade.
Nel fine settimana anche la consegna del PREMIO JARRO GIOVANI, appendice dell'importante riconoscimento da anni conferito durante l'edizione autunnale di Volterragusto ai più importanti comunicatori di settore: un premio che vuole valorizzare l'impegno di quei giovani Under 35 che, per passione o lavoro, si siano distinti nell'opera di valorizzazione e divulgazione enogastronomica.
A ritirarlo quest'anno JESSICA LI PIZZI, ristoratrice di Certaldo vincitrice dell'ultima edizione di Cuochi d'Italia, seguitissimo talent show televisivo in onda su TV8 condotto da Alessandro Borghese. Sarà presente alla cerimonia - a ingresso gratuito e in programma nella Sala del Maggior Consilio di Palazzo de' Priori - SARA BRANCACCIO, blogger ed esperta in comunicazione e marketing insignita del Premio Jarro Giovani 2019.
Domenica, alle ore 18, in Piazza dei Priori si svolgerà la tradizionale cerimonia di “Inizio Anno Contradaiolo”, che darà il via ufficiale al calendario di iniziative curate dal Comitato delle Contrade di Volterra. Per tutta la giornata la Mostra Mercato del Tartufo Marzuolo sarà inoltre in diretta da Palazzo dei Priori su Radio Robinson, web radio della valdicecina.
Il week-end proporrà anche mostre fotografiche, concerti, spettacoli e tante sorprese: un ricco programma tutto da scoprire sul sito della manifestazione (www.volterragusto.com) che come da tradizione offrirà tanti i motivi per trascorrere giorni di piacere e relax in uno dei territori gastronomici più ricchi di Toscana.

Orari:
Sab. 28 marzo ore 15-20 | Dom. 29 marzo ore 10-20

Per info e aggiornamenti: tel. 0588-86099 | mail: info@volterratur.it
  1. (Ufficio Turistico Volterra, Val di Cecina, Val d’Era)
  2. (Ufficio Turistico Volterra, Val di Cecina, Val d’Era)

Coronavirus, tra fake news e nevrosi collettiva

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L’Anno Accademico dell’Università Europea di Roma si è aperto con l’esposizione da parte del Prof. Benedetto Farina, Ordinario di Psicologia clinica presso l’ateneo, di uno studio dal titolo: “I giovani nell’era digitale”.

La relazione del Prof. Farinaè stata incentrata sugli effetti della nevrosi collettiva da coronavirus, parlando di rischi della diffusione di informazioni digitali.
La fobiadell’epidemia globale dilaga a causa della sovraesposizione mediatica del tema coronavirus: tra flussi di informazioni, fake news e tendenza all’enfatizzazione sui titoli sul Covid-19, chi naviga in rete si sente in costante pericolo e la infodemia appare l’unica risposta per proteggersi.
Il Professore Benedetto Farina, durante il suo intervento all’inaugurazione del nuovo Anno Accademico 2019/2020, ha posto l’accento su questa delicata questione dichiarando: “La rete è diventata l’infrastruttura su cui poggia tutto che ciò che facciamo.  Ad oggi incombe su di noi la minaccia di una nuova forma di nozionismo in cui la dimensione orizzontale della circolazione culturale diviene antitetica a qualsiasi forma di apprendimento verticale.
In questo preciso momento storico l’era del sapere fai-da-te lede qualsiasi forma di mediazione culturale, quella esercitata dai professori, editori e giornalisti costituendo la causa principale della perdita della capacità di selezionare l’autorevolezza delle fonti d’informazione. Il sentimento di rabbiosa delegittimazione e rifiuto verso le conoscenze degli esperti in favore delle proprie opinioni danno vita all’era dell’incompetenza [1]
“I cambiamenti delle funzioni cognitive- continua il Prof. Farina - danno vita a profonde involuzioni dei comportamenti socio-relazionali, generando un problema culturale. L’unico modo per sovvertire questa tendenza è che le Università diventino il sistema immunitario della società contro i rischi dell’incompetenza”.
Il 90 % della popolazione mondiale utilizza i social per documentarsi e la rivista BMC Psychiatry ha riscontrato un eccessivo tasso di utilizzo dello smartphone da parte dei cittadini. Nelle giovani generazioni, inoltre, vi è un aumento delle patologie psico-cognitivestrettamente connesse all’incapacità di leggere criticamente una comunicazione e nella corretta scelta delle fonti.




[1] La cultura orizzontale, Giorgio Zanchini Giovanni Solimine editore Laterza

Roma, l'artista e fotografo Raffaele Marino inaugura la sua prima personale #bordelessbeauty - CAS Ciampino a cura di Barbara Martusciello

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"Vi siete fermati a guardarli, vi hanno strappato un sorriso, qualcuno di voi ha anche raccolto l'invito di portarli a casa staccando i poster dai muri o raccogliendoli dalle piazze di Roma. I protagonisti delle foto apparse sono sette ragazzi ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria di Ciampino, un CAS molto efficiente che oggi rischia la chiusura. Vi piacciono ancora?
Beh spero proprio di sì, perché non sareste sinceri a dire il contrario, lascereste spazio solo ai vostri pregiudizi togliendolo alla bellezza e alla speranza. Ho visitato il CAS di Ciampino, ho vissuto un giorno in compagnia dei suoi ospiti, ho fotografato la loro dignità esaltata e supportata da una meritevole organizzazione e, sinceramente, non capisco perché un centro efficiente come questo debba chiudere. Per questo vorrei tanto che la Sindaca di Ciampino, Daniela Ballico, venga all'inaugurazione della mostra #borderlessbeauty - CAS Ciampino, per incontrare i ragazzi e i responsabili del centro". Svelato il mistero dei manifesti apparsi a Roma la scorsa settimana che ritraevano alcuni modelli di colore vestiti con coloratissimi abiti alla moda: #Borderlessbeauty non è il nome di un nuovo street artist, ma il titolo di un progetto del fotografo Raffaele Marino, curato da Barbara Martusciello. E i modelli ritratti in realtà sono immigrati ospitati nel Centro di accoglienza straordinario per migranti di Ciampino. E’ stato lo stesso autore del progetto a spiegarlo:”Abdou, Salman, Amos, Daoud, Muluken, John e Cherif, sono i protagonisti consapevoli di un progetto partecipato, collettivo e seminale, che ha come fulcro caratterizzante la creazione di una provocatoria campagna, simile nella forma a quelle pubblicitarie ma contraddistinta da una prima veicolazione street, illegale e quasi carbonara, come nella miglior tradizione di Urban Art.  Il progetto riflette su rapporto tra Bellezza ufficializzata e dunque socialmente riconosciuta e il pregiudizio che non permette di identificala laddove pure essa c’è”.

Il contrasto bellezza/pregiudizio ha quindi impegnato Raffaele Marino per lunghi mesi con gli ospiti del Centro di Accoglienza Straordinario di Ciampino che, alla fine di un percorso condiviso, sono vestiti come modelli di Alta moda dalla designer Karen Papace e resi protagonisti di 7 manifesti, tutti numerati e firmati dall’autore. Apparsi a sorpresa nelle vie di Roma e di Ciampino con la scritta “Portami a casa”, questi manifesti hanno sollecitato l’attivazione di un’azione che, basandosi sulla bellezza dell’immagine e dei modelli, celando la loro vera storia ed esistenza, ha fatto sì che molte persone abbiano davvero preso e portato via i grandi fogli tipografici, simbolicamente “portandosi a casa” un immigrato: con la possibilità di rilevarne la bellezza – nella forma e nel contenuto – senza alcun preconcetto.

La provocazione di Raffaele Marino, palesata dalla mostra nella sua totalità – la mediazione culturale, il set, lo scatto, la realizzazione delle foto e dei manifesti, l’attesa dell’azione di attacchinaggio e di asportazione del materiale da parte della gente comune; infine l’esposizione e la sua presentazione in forma di incontro pubblico – nasce dall’esigenza di creare un confronto sulle tematiche sociali afferenti alla migrazione, all’accoglienza, allo status di rifugiato etc. usando la chiave di lettura della Bellezza, intesa, come chiarisce l’autore “nella visione aristotelica della descrizione del vero, dove ciò che viene percepito come bello non può essere costretto nel pregiudizio. Anzi, sarà proprio la forza della Bellezza che romperà le barriere dei pregiudizi per vedere con occhi nuovi, da pari a pari, l’altro, il prossimo, nella sua condizione di individuo”.

In mostra, accanto ai poster che li ritraggono come modelli, ci sono i loro ritratti scattati nelle stanze degli alloggi del CAS di Ciampino, in singoli momenti della loro vita reale; le foto li mostrano per quello che realmente queste persone sono, facendo intravedere le loro paure e la speranza di essere inclusi nello spazio sociale nuovo in cui ora vivono.

La mostra fotografica di Raffaele Marino che sarà ospitata martedì 3 marzo alle ore 18.30 nella galleria Howtan Space di Via dell’Arco de' Ginnasi 5, è, dunque, il punto di arrivo di un percorso artistico che parte dalla preparazione dello scatto, momento in cui, tutti seduti in circolo (compresi designer, stylist, truccatrice e assistente), si è parlato a lungo della condizione dei rispettivi protagonisti, delle loro sette storie, dei motivi della loro migrazione e di come sono riusciti ad arrivare in Italia. Dopo lo scatto e la selezione fotografica, le successive performance stradali si sono basate su una scelta creativa ironica e provocatoria, dove l’autore dettaglia un’analisi per lui necessaria e sempre basata sul rapporto tra Vita e Arte in cui sono riassunte le reazioni sociali delle persone della strada, senza mai rinunciare alla scelta di mostrare, con i suoi scatti, la difficoltà nella sua dignità.

Come afferma a tal proposito la curatrice: “Chi vive in una realtà pacifica e tutto sommato privilegiata non comprende quale sia il prezzo per tale equilibrio: pagato, però, da qualcun altro, da altri popoli. Così, #borderlessbeauty è azione articolata per denunciare e modificare la concezione e dunque la visione eurocentrica dell’altro e si fa quindi messaggera di un’inclusione decolonizzata” in una contemporaneità sempre più superficiale e materialista; attraverso l’arte – rappresentata da questo sfidante e colto lavoro di Raffaele Marino – arriva quindi una spinta a superare ogni pregiudizio per cogliere e quindi accettare la Bellezza nella sua varietà, complessità e profondità e farne un ponte che colleghi gli individui al di là della loro provenienza geografica, della loro formazione, cultura o religione.


#borderlessbeauty - CAS CIAMPINO – Raffaele Marino

A cura di Barbara Martusciello

Inaugurazione: martedì 3 marzo ore 18.30

Howtan Space, Via dell'Arco de' Ginnasi, 5 - Roma

Emilio Solfrizzi in ‘Roger’ di Umberto Marino, monologo sul campo da tennis al Piccolo Eliseo

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Un monologo tennistico teatrale che utilizza Roger Federer come pretesto per confrontare il sublime con il normale 

L’azione si svolge interamente su un campo da tennis e rappresenta un’immaginaria e tragicomica partita tra un generico numero due e l’inarrivabile numero uno del tennis di tutti i tempi, un fuoriclasse di nome Roger. Chi si trovasse a dare un’occhiata al testo letterario e poi al monologo teatrale che ne ho tratto, troverebbe una grande differenza con lo spettacolo che vedrà: tutto l’apparato realistico, compresi oggetti di scena ed effetti sonori, sulla scena non c’è. Man mano che insieme a Emilio Solfrizzi mettevamo in scena il testo ci siamo resi conto che potevamo elevare la posta della nostra scommessa puntando a una rappresentazione completamente affidata alla centralità della parola e dell’attore. Mi sono ricordato del “cuntastorie”, una arcaica forma di attore totale siciliano di cui racconta Pitré, un attore di strada provvisto di tre panche per il pubblico e di due spade, unici supporti per raccontare e rappresentare al suo pubblico l’intero ciclo della tavola rotonda. Così, forte dell’interprete che avevo, ho cominciato a togliere e a semplificare, fino a che in scena sono rimaste solo le poche righe bianche che disegnano un campo da tennis e due sedie, quelle sulle quali, nei cambi campo, i tennisti si riposano. Appena siamo stati in grado, da molto presto, abbiamo cominciato a ospitare degli spettatori. Prima due, poi quattro, dodici, trenta, per mettere a punto e verificare gli effetti comici e quelli drammatici. Gli spettatori ci hanno detto che avevano visto il campo, l’arbitro, la palla, la racchetta, i colpi e, fidandoci di loro, affrontiamo una verifica più vasta e impegnativa, sperando che la metafora, prima nascosta e poi svelata, che il testo contiene trovi in questo modo la strada per arrivare al cervello e al cuore del pubblico che vorrà condividere con noi questa esperienza.
Umberto Marino 
Foto: Federica Di Benedetto 
 Roger
Scritto e diretto da Umberto Marino

Con
Emilio Solfrizzi

Musiche Paolo Vivaldi
Luci Giuseppe Filipponio
Regista assistente Maria Stella Taccone
Consulenza tecnica M° Leonardo de Carmine
  
Produzione ARGOT PRODUZIONI
  
DURATA: 75 minuti

PICCOLO ELISEO
Da giovedì 5 a domenica 29 marzo 2020

Biglietteria tel. 06.83510216
Giorni e orari: lun. 13 – 19, da martedì a sabato 10.00 – 19.00, domenica 10 - 16
Via Nazionale 183 – 00184 Roma
Biglietteria on-line www.teatroeliseo.com www.vivaticket.it
Call center Vivaticket: 892234

Orario spettacoli:
Da martedì a sabato ore 20.00
Domenica ore 17.00

Prezzo 20 €

Perugia, Gran Ballo di Carnevale in costume dell'800 organizzato dalla Compagnia Nazionale di Danza Storica

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Il raffinatissimo 5 Stelle Lusso HOTEL BRUFANI di Perugia ha ospitato la Compagnia Nazionale di Danza Storica diretta da Nino Graziano Luca per l’elegante e gioioso GRAN BALLO DI CARNEVALE IN COSTUME DELL’800. 
Meta prediletta di personaggi illustri come la Regina Madre d’Inghilterra, il Principe di Monaco, attori famosi e Capi di Stato, l’Hotel Brufani per il GRAN BALLO DI CARNEVALE IN COSTUME DELL’800 ha accolto un centinaio di ospiti provenienti da molte città italiane, da alcune capitali europee ma anche dagli Stati Uniti d’America.
L’evento, ideato da Franco Masilla e Nino Graziano Luca, ha riportato all’Hotel Brufani le atmosfere di quel 1884 in cui fu aperto da Giacomo Brufani, riscuotendo subito grande successo. I massimi esponenti del bel mondo e della nobiltà d’Europa facevano a gara per pernottare nel moderno albergo che fu poi diretto da un nipote di Brufani, George Collins’, venuto appositamente dall’Inghilterra. Il nuovo secolo vide il fiorire della Perugia turistica a livello internazionale. La successiva gestione dell’albergo dei Collins’, eredi Brufani, fece sì che i contatti con l’Inghilterra fossero sempre più solidi. Non era raro, infatti, in occasione di vittorie militari/sportive inglesi nel mondo, vedere sventolare l’Union Jack dai balconi dell’albergo ove, per molti anni, si trovava una fornitissima biblioteca di testi in lingua inglese.
Anche per queste ragioni il Carnet de Bal ha visto la presenza di molte danze della tradizione coreica inglese The Lancers, Lomond Waltz, San Bernard Waltz, Duke of Kent Waltz, National Waltz, Pavilion Waltz, Mr. Beveridge’s Maggot, Virginia Reel, The Dhoon alternate a Valzer da La Traviata, Mazurca dal Gattopardo, la quadriglia Questa o Quella dal Rigoletto di Verdi ma anche le immancabili Musen PolkaQuadriglia Francese, Marcia di Radestzky  ed un entusiasmante Galop finale che ha coinvolto tutti i partecipanti per le varie sale dell’Hotel Brufani.
L’incantevole vista, la raffinatezza degli ambienti e la cortesia nel servizio sempre accurato e personalizzato hanno reso unico ed indimenticabile il GRAN BALLO DI CARNEVALE IN COSTUME DELL’800 anche per l’apprezzatissimo Menù della Cena Servita, curata dagli chef stellati del Brufani: dall’Uovo morbido biologico con patate e tartufo agli Agnolotti di salsiccia con vellutata di finocchi e liquirizia, dalla Faraona rosolata con  pistacchi di Bronte, olive di Taggia e radicchio trevigiano arrostito alla Crème brulée vaniglia Tahiti e frutti di bosco. La cena è stata conclusa con le tradizionali Frappe e castagnole.
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