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Palermo. Appuntamento il 22 febbraio nel centro storico per dire no alla violenza sulle donne

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Il laboratorio “Una donna per la tutela dei diritti dei più deboli” ha organizzato a Palermo, sabato 22 febbraio 2020, una giornata simbolica all'insegna della solidarietà e dell'impegno sociale contro la violenza di genere.
La violenza di genere è un fenomeno sociale che viene perpetrato quotidianamente non solo sulle donne ma su tutte le categorie deboli, una marcia in difesa dei loro diritti partirà sabato da Palazzo delle Aquile alle ore 18,30 e arriverà al teatro Massimo. “Sono tanti i fatti di cronaca avvenuti purtroppo Palermo contro le donne e per questo c'è bisogno di sensibilizzare la cittadinanza, una passeggiata come quella che abbiamo organizzato può essere l'inizio per realizzare grandi progetti” ha dichiarato Maricetta Tirrito, presidente del laboratorio “Una donna”.

CARNEVALE, ecco le Coriambelle: a metà strada tra la napoletanissima Graffe e i Donuts americani

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Oggi il Carnevale rappresenta sicuramente la festa più spensierata e allegra dell’anno in cui il trantran quotidiano lascia spazio al divertimento, al riso e alle maschere.
Pochi sanno che quest’anno ricorre un anniversario davvero particolare: 145 anni fa nascevano i coloratissimi coriandoli di carta. Proprio per questo motivo, il Maestro della Scuola del Cioccolato Perugina Alberto Farinelli, lasciandosi ispirare dai coriandoli, ha deciso di creare le “Coriambelle”morbide ciambelle cotte al forno ricoperte da una glassa al cioccolato, resa ancora più golosa dalle decorazioni carnevalesche di tanti zuccherini colorati.
A metà strada tra la napoletanissima Graffe e i Donuts americani le “Coriambelle” richiamano i piccoli pezzettini di carta che vibrano nell’aria ogni anno a Carnevale a partire già dalla loro forma tonda. La glassa è realizzata con Perugina GranBlocco, cioccolato fedele alla riconosciuta eccellenza qualità Perugina e ideale per la creazione di qualsiasi dolce che farà la differenza. Una cascata di zuccherini colorati dà il tocco finale e rende queste ciambelle cotte al forno, il dolce perfetto per Carnevale da condividere in famiglia e con gli amici.
Dalle zeppole alle classiche e famose chiacchiere, dai ravioli dolci alle bugie, di dolci italiani tipici del carnevale ne esistono davvero tanti e appartengono tutti alla tradizione italiana. Varie sono le storie e le leggende che si narrano attorno alla creazione di questi dolci, nessuna di queste però rende omaggio in maniera esplicita ai coriandoli di carnevale che quest’anno compiono 145 anni. Le “Coriambelle” sono la dolce celebrazione di un simbolo conosciuto in tutto il mondo.
Se nel 1500 durante le festività si usava lanciare in aria dei confetti di zucchero dai carri è solo nel 1875 che grazie al genio dell’ingegnere Enrico Mangili si iniziarono ad utilizzare piccoli dischetti di carta, quelli di scarto provenienti dagli allevamenti dei bachi da seta, chiamati coriandoli dal seme all’interno dei predecessori confetti.
Le “Coriambelle” uniscono insieme tradizione, sperimentazione e storia senza tralasciare la golosità appartenente alle classiche ciambelle. La creazione del Maestro Alberto è stata pensata anche per essere replicata in maniera semplice. Dopo aver preparato l’impasto e messo a lievitare per circa un’ora, basterà stenderlo e ricavare la forma delle ciambelle col tagliapasta. La cottura è al forno, a differenza dei dolci fritti tipici del Carnevale, conferendo maggiore leggerezza ma mantenendo la golosità di un dolce al cioccolato. Infine, bisognerà preparare la glassa utilizzando il cioccolato Perugina GranBlocco preferito (Cioccolato Latte, Fondente Extra 50% o Fondente Extra 70%) o anche le Gocce Perugina al cioccolato bianco per poi sbizzarrirsi con confettini colorati a piacere. Il consiglio del Maestro è di avere due impasti: dall’impasto iniziale, amalgamarne la metà con Perugina Cacao Amaro così da realizzare sia le classiche ciambelle bianche che delle golose ciambelle al cacao, rigorosamente col buco!

Ingredienti:
  • 150 g Latte
  • 500 g farina tipo 0
  • 3 uova
  • 25 g lievito di birra
  • 80 g zucchero di canna
  • 20 g miele
  • 70 g olio di mais
  • 1 pizzico di sale (circa 4 g)
  • 20 g Perugina Cacao Amaro
  • 20 g di acqua
  • Scorza ½ arancia grattugiata
  • ½ Bacca di vaniglia
Farcitura e Decorazione
  • 150 g Perugina GranBlocco Fondente Extra 50%
  • 150 g Perugina Gocce Bianche
  • 100 g confetti colorati
Procedimento:

Preparazione Ciambelle

1.   In un pentolino scaldate il latte, fatelo intiepidire e aggiungete un cucchiaio raso di zucchero, aggiungete il lievito di birra e mescolate bene fino a farlo sciogliere completamente, lasciate riposare per qualche minuto.

2.   In una ciotola setacciate la farina, versate il latte con il lievito di birra, le uova, il rimanente zucchero, il miele, l’olio, la scorza d’arancia e la polpa della bacca di vaniglia.

3.   Lavorate l’impasto fino ad ottenere un composto liscio, asciutto ed elastico.

4.   A questo punto dividete l’impasto in due parti uguali e ad una metà aggiungete il Perugina Cacao Amaro e l’acqua impastandola nuovamente fino ad amalgamare il composto.

5.   Mettete gli impasti in due ciotole e coprite con la pellicola per evitate che si formi la crosta, Lasciate lievitare circa un’ora o fino al raddoppio del composto.

6.   Quando pronto, prendete l’impasto chiaro, appoggiatelo su di un piano infarinato e con l’aiuto di un mattarello stendetelo ad uno spessore di circa 1 cm. Lasciate riposare un minuto poi con l’aiuto di un tagliapasta ricavate più dischi possibile, con un secondo tagliapasta più piccolo andate a togliere il centro creando le ciambelle.

7.   Tirate l’altra metà e seguite le stesse operazioni.

8.   Appena realizzate le ciambelle, disponetele delicatamente e ben distanziate in una teglia ricoperta di carta da forno.

9.   Fate lievitare per circa un’ora o fino al raddoppio della pasta in un luogo tiepido.

10.               Terminato il processo di lievitazione, cuocete le ciambelle in forno già caldo a 180°C statico oppure 170°C ventilato per circa 10/12 minuti controllando lo stato di cottura.

Farcitura e Decorazione

  1. In una ciotola sciogliete a bagnomaria o al microonde il Cioccolato Perugina GranBlocco Fondente Extra 50% precedentemente sminuzzato portandolo a circa 31°. Per una corretta cristallizzazione del cioccolato così da ottenere una glassatura lucida e croccante (temperaggio), sciogliete prima ¾ del cioccolato fondente portandolo a 45° aggiungete poi ¼ di cioccolato restante finemente tritato mescolate fino a che la temperatura del cioccolato arrivi a 31° (con una tolleranza di +1/-1°C) assicurandovi che sia avvenuto il completo scioglimento.
  2. Glassate la superficie rovesciando direttamente la ciambella sul cioccolato e decorate a vostro piacere con gli zuccherini colorati.
  3. Per decorazioni ancora più creative sciogliete il Perugina Gocce Bianche temperando come sopra ma questa volta fino a circa 27° (tolleranza di +1/-1°C) e realizzate delle mascherine di carnevale con la tecnica del ricalco: stampate il disegno da voi scelto, adagiatevi un foglio di carta da forno e con il cioccolato temperato in una sac à poche dal foro sottile seguite l’immagine. Lasciate raffreddare, applicate poi con una puntina di cioccolato sciolto sulla ciambella.

Il consiglio del Maestro Cioccolatiere Alberto Farinelli:
  • Per gli amanti del cioccolato a latte sostituite il Cioccolato Perugina GranBlocco Fondente Extra 50% con il Cioccolato Perugina GranBlocco Latte 30%.
  • Per una lievitazione ottimale servirebbe una cella di lievitazione ovvero un armadio riscaldato tra i 28° e 30° C e opportunamente umidificato. Questa situazione si può ricreare facilmente anche a casa, utilizzando il forno come armadio, per la temperatura è sufficiente tenere accesa la luce del forno e per l’umidita mettere all’interno del forno una pentola con acqua bollente.
Misura stampi tagliapasta consigliata Ø 7/8 cm per il cerchio esterno e Ø 3 cm per quello interno.

Elisabetta Motta, autrice per caso, a Fattitaliani: il traduttore e lo scrittore devono sapere comunicare “un qualcosa” a chi legge. L'intervista

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di Laura Gorini - Solare, educata e determinata, così Elisabetta Motta mi pare fin dalle prime battute della nostra chiacchierata.
Traduttrice molto capace, dopo aver scritto diversi racconti per riviste femminili, si è dedicata alla scrittura di romanzi. La sua ultima opera, particolarmente emozionante, come si può evincere fin dal titolo, è Emozioni A Fuoco Lento. Ecco che cosa ci ha raccontato di sé, del proprio lavoro e della sua passione per la scrittura, per il narrare e per la Comunicazione. 
Elisabetta, traduttrice e scrittrice. Quali sono le caratteristiche fondamentali da possedere per compiere bene entrambi i mestieri?
Sì, sono traduttrice da lunga data e da qualche anno autrice, due professioni che richiedono una certa padronanza con le parole. Tradurre è un riscrivere, quindi direi che sono anche strettamente collegate fra loro. L’abilità di rendere un testo scorrevole per il lettore è una caratteristica imprescindibile per un traduttore e uno scrittore, così come lo sono l’impegno, la costanza e la programmazione. 
Tuttavia, non tutti i traduttori sono anche abili scrittori. Dunque, per quale motivo chi non si occupa di Comunicazione per mestiere crede che il solo fatto di esserlo consenta ad una persona di essere un grande autore?
È vero, non tutti i traduttori sono abili scrittori, anzi, sovente non sono nemmeno scrittori! Il traduttore e lo scrittore devono sapere comunicare “un qualcosa” a chi legge. Se non si riesce in questo, credo che entrambe le figure professionali falliscano il loro obiettivo. Chi si occupa di Comunicazione per mestiere - a mio parere - deve essere comunque bravo a scrivere, a trasmettere un qualcosa.
Essere un grande autore è un altro discorso. 
Tu quando hai deciso di occuparti di Narrativa e di dare alle stampe una tua opera?
In realtà non sono stata io a decidere di occuparmi di narrativa, ma una serie di circostanze mi hanno portato a scrivere e pubblicare il mio primo romanzo nel 2014. Mi definirei un’autrice per caso. Ma ho scoperto che scrivere mi piace molto.
Che effetto ti fa avere tra le mani una copia fisica di un tuo romanzo?
Mi emoziona molto. È una bella soddisfazione. Quelle pagine che si possono sfogliare sono parte di te! Perché tutto ciò che contengono è una tua creazione. Solo chi ha provato certe sensazioni può capire. 
Si dice che la carta stampata stia ormai morendo... Un tuo pensiero al riguardo?
Voglio essere ottimista perché credo nell’editoria cartacea, nell’editoria di qualità che secondo me non morirà mai. Certo, l’avvento del digitale ha prodotto enormi sconvolgimenti nel settore, ma dubito che il lettore “vero” possa rinunciare al piacere di tenere un libro tra le mani, anche se l’e-book ha potenzialità enormi. È il tascabile dei nostri tempi. 
Credi che la tecnologia in toto, Social Network e streaming in primis, abbiano in qualche maniera ucciso l'Arte e la vera comunicazione?
Credo che la tecnologia possa avere cambiato il modo di comunicare e abbia portato a nuove forme di socializzazione dell’Arte. Oggi tutto è a portata di click e si rischia di fare diventare tutto uguale, avendo effetti negativi e distruttivi. Bisogna sapere navigare e mantenere un contatto con la realtà che molto spesso si perde in rete. 
A proposito, che cosa significa fare buona comunicazione oggigiorno?
Significa trasferire dei concetti in modo chiaro e diretto. Un qualcosa che a volte è più difficile di quanto si pensi. Fare buona comunicazione è scrivere roba di qualità, trasmettere esempi, creare degli stimoli. Per tutti, in particolare per le nuove generazioni. 
E tu con la tua scrittura che cosa vuoi comunicare?
Devo dire che quando scrivo mi propongo di “costruire” una buona storia che coinvolga il lettore e gli faccia venire voglia di andare avanti, fino all’ultima pagina. Occupandomi di un genere che si basa su storie d’amore. L’obiettivo è comunicare un qualcosa che arrivi al cuore dei lettori. 
Un messaggio per i nostri lettori?
Li ringrazio per essere arrivati a leggere fin qui, per l’attenzione e l’interesse, e concludo citando una frase di Daniel Pennac che mi sembra significativa dopo avere parlato di scrittura e comunicazione: “Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso.”
Infine ringrazio anche te Laura per questo spazio a me dedicato.

Il ladro di profumi, l’ultimo libro di Pierfranco Bruni "intreccio di avventure e destini indecifrabili"

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L’AQUILA - È uscito da poco nelle librerie Il ladro di profumi, l’ultimo libro di Pierfranco Brunipubblicato dall’editore abruzzese Tabula Fati.
Il romanzo va ad arricchire il già corposo elenco di pubblicazioni del fecondo autore calabrese, la cui produzione spazia dalla poesia alla narrativa, dalla saggistica alla critica letteraria, dalla storia all’arte e all’archeologia.  
“Quando si scrive una storia non è detto che si scriva un romanzo. Si possono abitare tante vite nella magia della scrittura. Si indossano gli abiti di pensieri nuovi e si rinasce in un involontario mistero, catturati dalla fantasia, pur restando incarnati nella propria realtà-utopia, ormai trasfigurata”, è scritto in quarta di copertina.
In questo romanzo Pierfranco Bruni racconta di un ladro di profumi. È diventato ladro per la tanta nostalgia d'amore, invaghito, inseguito e intrappolato nel profumo della sua donna amata-amante. Per superare quello che è stato il suo amore, e uscire fuori dalla stanza della nostalgia, ha bisogno di dimenticare quella fragranza ammaliatrice e ammaliante. Ha qui inizio il viaggio che coinvolge il lettore e lo scrittore stesso, ormai anch’egli rapito, in un intreccio di metafore, di paradossi, di enigmi, di avventure e forse di destini, a volte, indecifrabili.     
Le pagine del romanzo lasciano un segno particolare e il linguaggio della scrittura, scelto da Bruni, trasporta in modo travolgente dal vero all'immaginario della bellezza, dalla bellezza al dubbio. Come in una girandola, la bellezza e il profumo trasformano il personaggio in un uomo e la fantasia in un innamoramento profondamente metafisico oltre la realtà e dentro il fascino dell’onirico. Tutto l’altro della storia e i dettagli è lasciato all’intrigante lettura del romanzo.
Pierfranco Bruniè nato il 18 gennaio 1955 a San Lorenzo del Vallo, in Calabria. Scrittore, poeta, italianista e critico letterario ed esperto di Letteratura dei Mediterranei. E’ direttore archeologo del Ministero dei Beni Culturali, già componente della Commissione Unesco per la diffusione della cultura italiana all'estero. Vive la letteratura come modello di antropologia religiosa. Ha pubblicato diversi testi sulla cristianità in letteratura. Il suo stile analitico gli permette di fornire visioni sempre inedite su tematiche letterarie, filosofiche e metafisiche. Si è dedicato al legame tra letteratura e favola, letteratura e mondo sciamanico, linguaggi e alchimia.
Presidente del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, Pierfranco Bruni ricopre incarichi istituzionali per la promozione della cultura e della letteratura. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, tra i quali Via CarmelitaniViaggioisolaPer non amarti piùFuoco di luneCanto di RequiemUlisse è ripartitoTi amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggioAmsà e ShadiAlla soglia della profezia, e di narrativa (racconti e romanzi), tra i quali si citano Paese del ventoClaretta e BenL’ultima primaveraE dopo vennero i sogniQuando fioriscono i roviIl mare e la conchigliaLa bicicletta di mio padreChe il dio del Sole sia con teLa pietra d’Oriente, Il sortilegio della speranza.
Si è occupato di letteratura del Novecento con la pubblicazione di saggi critici su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D'Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e sulla linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro. Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e si considera profondamente mediterraneo. Ha scritto, tra l'altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (Il cantico del sognatore mediterraneo, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni. Diversi suoi libri sono stati tradotti all’estero.
Goffredo Palmerini

Arte, a Ester Campese il “Premio Internazionale città di New York"

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Tra riconoscimenti e premi apre sotto i migliori auspici l’anno artistico 2020 della pittrice Ester Campese conosciuta in arte con il nome di Campey.
Ancora una volta le viene riconosciuto un premio, consegnatole a fine gennaio di quest’anno, parliamo del “Premio Internazionale città di New York”.
Ed è così che Campey torna sullo scenario newyorkese con due sue opere “Dietro al finestrino” e “Donna Vitruviana” presso l’esclusiva Galleria White Space Chelsea sita al 55 West Street. Si legge nella motivazione consegnatale insieme alla targa di premiazione “Per il valore del suo percorso stilistico, valido esempio di preziosità espressiva”. 
Ester Campeseè artista e donna sensibile che fa della pittura un piano di dialogo con i suoi estimatori ed osservatori attraverso cui trasferire anche una parte emozionale di sé. 
Non è una novità la presenza di Ester Campese a New York, città che l’estrosa artista ama e che è luogo in cui è stata sempre apprezzata distinguendosi anche negli States nel panorama artistico internazionale. In particolare “Donna Vitruviana” è un’opera originariamente realizzata per una mostra in onore di Leonardo Da Vinci poi rifatta dalla stessa artista in dimensioni più piccole ed incluse in un abito realizzato da detenuti del carcere di Bollate. 
La sua opera è tra quelle scelte dalla direzione artistica recensita ed inclusa nel catalogo reso disponibile anche presso la New York Pubblic Library, la biblioteca più importante di New York. 
Ester Campese è da anni protagonista di prestigiosi progetti nazionali ed internazionali con un impegno mai flesso sia artistico sia per l’attenzione che pone al sociale che costante ha proseguito nel tempo. Fascino che si aggiunge al fascino, dunque il ritorno di Campey a New York, che annovera tra le principali critiche ricevute quelle del Prof Carlo Levi, del Prof Vittorio Sgarbi, del Dott. Renato Manera Vice Pres.te Museo Canova, della Dott.ssa Elena Gollini e di molti altri storici e critici d’arte.
Flavio Iacones

Gigi D'Alessio "a gentile richiesta": il pubblico sceglierà i brani. Catania, 24 e 25 aprile Teatro Metropolitan

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Doppia data per Gigi D’Alessio al Teatro Metropolitan di Catania: venerdì 24 e sabato 25 aprile (ore 21), con l’organizzazione di Puntoeacapo e la direzione artistica di Nuccio La Ferlita.

Il cantautore napoletano torna davanti al suo pubblico con una grande novità per il “Noi due tour 2020 – A gentile richiesta”, la nuova tournée in partenza a marzo. Super ospite sul palco del Festival di Sanremo 2020, reduce dal successo televisivo con Vanessa Incontrada di “20 anni che siamo italiani” su Rai 1 e dai sold-out dello spettacolo con Nino D’Angelo “Figli di un Re minore”, Gigi torna nella dimensione più intima dei teatri per regalare ai suoi fan uno spettacolo unico, in cui i protagonisti sono gli spettatori: saranno proprio loro infatti, insieme a D’Alessio, a creare la scaletta del concerto in tempo reale.
Ad ogni concerto, sulle poltrone del teatro il pubblico troverà un elenco di ben 100 titoli di Gigi: dai brani storici come “Non mollare mai, “Il cammino dell’età”, “Mon amour”, “Quanti amori”, “Como suena el corazon”, “Non dirgli mai”, a quelli più recenti come “La prima stella” e “Benvenuto amore”, fino a quelli dell'ultimo disco “Noi due” come “L’ammore, “Quanto amore si dà”, “Come me”, “Mentre a vita se ne va”, e tanti altri ancora. Grazie ad un sistema di estrazione legato al numero del posto i fortunati sorteggiati potranno richiedere la loro canzone preferita tra quelle nella lista.
Come un vero e proprio juke-box, D’Alessio e la sua band saranno pronti ad accontentare qualsiasi richiesta, rendendo il concerto diverso ogni volta, con una scaletta scelta “a gentile richiesta” dalla platea. Ad affiancare Gigi sul palco ci saranno Alfredo Golino alla batteria, Giorgio Savarese e Lorenzo Maffia alle tastiere, Roberto D’Aquino al basso, Maurizio Fiordiliso e Pippo Seno alle chitarre.
I biglietti sono disponibili online su www.ticketone.it nei punti vendita abituali.

ROBERTO CACCIAPAGLIA: Il pianista e compositore annuncia il nuovo tour "DIAPASON - Piano Solo Concert"

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Dopo aver attraversato tutta l’Italia, gli Stati Uniti e aver entusiasmato la Russia, la Cina e la Turchia con il DIAPASON Worldwide Tour, in cui ha presentato dal vivo i brani contenuti nel nuovo disco di inediti, ROBERTO CACCIAPAGLIA ritorna in tour in Italia dal 26 febbraio al 4 aprile dal 10 maggio con una lunga tournée in Russia.
I concerti saranno l’occasione per ascoltare dal vivo sia i nuovi brani tratti da “DIAPASON” sia i grandi capolavori del Maestro che, solitamente accompagnato dalla Royal Philharmonic Orchestra e da altre prestigiose orchestre internazionali, si esibirà eccezionalmente al piano solo.

“DIAPASON – Piano Solo” (Believe Distribution Services), uscito lo scorso il 24 gennaio, è l’ultimo disco del pianista e compositore, versione per pianoforte solo del lavoro di inediti “DIAPASON” registrato con la Royal Philharmonic Orchestra negli Abbey Road Studios di Londra.

L’album è il simbolo della vibrazione sonora, il suono puro che attraversa lo spazio, la sorgente di tutti i suoni che fa vibrare e risuonare ogni corpo sulla stessa frequenza, in sintonia con il tutto.

«Spesso ho definito il pianoforte strumento centrale del mio lavoro. L’orchestra e gli strumenti elettronici sono come delle costellazioni, delle onde sonore, ma il sole, lo strumento centrale ed essenziale, rimane il pianoforte. È da sempre lo strumento con cui mi esprimo, uno specchio che mi permette di tornare all’essenza.» - racconta Roberto Cacciapaglia - «Il rapporto che ho con questo strumento da anni è in stretta relazione con la mia ricerca di evoluzione. Davanti al pianoforte ho modo di sentirmi in un fluire vasto e senza limiti, ho l’opportunità di trasmettere e di comunicare quello che provo, quello in cui credo. Per questo ho deciso di realizzare una versione per pianoforte solo del mio ultimo lavoro di inediti “Diapason” e di dedicare un intero CD e un nuovo tour a questo strumento, per condividere un’esperienza intima e profonda con chi ascolta la mia musica ed è interessato al mio lavoro.» - continua il pianista e compositore - «Il pianoforte è il suono centrale in una dimensione che si espande e le sue emanazioni armoniche diventano raggi, che rimangono nell'aria e hanno la capacità di entrare e permeare una dimensione trasparente, un livello profondo. Mentre suono metto in relazione uno stato interiore di presenza con la produzione e la propagazione del suono».

Nella musica di Roberto Cacciapaglia convivono l’età classica, la tradizione, le avanguardie e la contemporaneità. Nella sua esplorazione continua, ha toccato tutti i generi e tutti i campi per scoprirne l’essenza, il principio che va oltre le divisioni. Il suono diviene sguardo profondo davanti al mistero delle cose, attraverso il quale si arriva ad una consonanza, ad un’armonia profonda.

https://www.robertocacciapaglia.com/it/




PRIME DATE ANNUNCIATE IN ITALIA 

26 FEBBRAIO 2020 ORE 21:00
MANTOVA TEATRO BIBIENA - RASSEGNA PIANI E FORTI
Per informazioni: EVENTI VERONA SRL 045/8039156

20 MARZO 2020 ORE 20:45
MILANO CONSERVATORIO – SALA VERDI
Per informazioni: www.internationalmusic.it

21 MARZO 2020 ORE 21:00
PRATO TEATRO METASTASIO
Per Informazioni: www.fonderiacultart.it

4 APRILE 2020 ORE 21:00
FOLIGNO AUDITORIUM SAN DOMENICO


RUSSIAN TOUR

10 MAGGIO 2020
VLADIVOSTOK  Philharmonia

12 MAGGIO 2020
KRASNOYARSK  Siberian Institute of Culture

13 MAGGIO 2020
NOVOSIBIRSK Culture Space Energy

15 MAGGIO 2020
PERM Philharmonia Small Hall

17 MAGGIO 2020
EKATERINBURG Children Philharmonia

19 MAGGIO 2020
ROSTOV Philharmonia – Big Hall

21 MAGGIO
ST PETERSBURG Jaanikirik

22 MAGGIO
MOSCOW Folk Theatre

24 MAGGIO
KAZAN BKZ Saydashev Hall






comunicazione e promozione

“Leggere: forte!”: la Toscana punta sulla lettura ad alta voce nella scuola. Conclusa la formazione, il 7 aprile a Firenze i primi dati della ricerca

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La Regione Toscana punta sulla lettura ad alta voce nel sistema di istruzione: con il progetto Leggere: forte! Ad alta voce fa crescere l'intelligenza”, unico a livello nazionale, vuole introdurre gradualmente in tutte le scuole di ogni ordine e grado, a partire dal nido fino alla scuola secondaria, uno strumento tanto semplice e accessibile quanto utile e potente in termini di sviluppo delle competenze cognitive di base dei bambini e dei ragazzi, del potenziamento della loro capacità intellettiva, delle abilità relazionali, delle emozioni, dello sviluppo del pensiero critico.

Dopo il lancio avvenuto a ottobre nell’ambito della fiera Didacta Italia, l’appuntamento più importante a livello nazionale dedicato all’innovazione nel mondo della scuola, “Leggere: forte!” prosegue il suo percorso.
Si è appena conclusa infatti la fase della formazione del personale dei nidi e delle scuole dell’infanzia di tutta la Toscana e dei docenti delle primarie e secondarie delle zone dove il progetto viene introdotto in via sperimentale, ovvero l’Empolese (provincia di Firenze) e la Valdera (provincia di Pisa).
Oltre 4500 sono gli insegnanti che, grazie a tre mesi e 25 ore di formazione per ciascuno, hanno adesso iniziato la lettura sistematica ad alta voce con i bambini e ragazzi: più di 1000 i nidi e le scuole coinvolte.
Il loro compito consiste nel leggere in classe ad alta voce ogni giorno ai propri alunni e studenti, in modo regolare, intensivo e continuativo. Un’ampia bibliografia è stata messa a disposizione, così come una dotazione di libri, acquistati dalla Regione e fatti pervenire alle scuole.

“Leggere: forte!” è un progetto di Regione Toscana realizzato con Università degli Studi di Perugia, Ufficio scolastico regionale per la ToscanaIndire (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa) e Cepell (Centro per il libro e la lettura del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo).
Dati alla mano, secondo le numerose recenti ricerche dirette da Federico Batini, docente del Dipartimento di filosofia, scienze sociali, umane e della formazione dell’Università degli Studi di Perugia, che cura la direzione scientifica di “Leggere: forte!”, i bambini che ascoltano sin dai primi anni di vita un “adulto significativo” leggere libri e storie hanno maggiori probabilità di successo nel percorso scolastico e di vita.

Introdurre in classe la lettura ad alta voce dei docenti per i propri studenti come pratica quotidiana in tutto il sistema di educazione e istruzione significa agire sul futuro culturale, formativo, relazionale, identitario e perfino occupazionale delle nuove generazioni, realizzando una pratica didattica di vera e propria democrazia cognitiva.
Infatti si riduce la disparità tra chi proviene da famiglie in cui si legge abitualmente e quelle in cui si legge poco o nulla, garantendo a tutti le stesse opportunità, limitando così la predestinazione all’insuccesso formativo che colpisce chi parte da posizioni di svantaggio e favorendo la cosiddetta “parità dei punti di partenza”.
Il team di lavoro dell’Università di Perugia, con l’aiuto di oltre 50 volontari del movimento LaAV (Letture ad Alta Voce), sta affiancando nelle classi il personale docente supportandolo nelle letture e nelle animazioni di incontri con genitori e ragazzi sulla lettura ad alta voce. 

Il gruppo di ricerca dell’Università di Perugia sta curando la somministrazione di test e rilevazioni secondo un protocollo di ricerca voluto dalla Regione Toscana che permetterà di avere dati relativi ai bambini della fascia 0-3 a livello toscano e 0-16 per le due zone empolese e valdera. Le dimensioni oggetto di analisi sono relative alla comprensione delle emozioni, alla pianificazione sequenziale, allo sviluppo complessivo del bambino, allo sviluppo del primo linguaggio e del primo vocabolario. Si rileveranno anche gli sviluppi sulla comprensione del testo e sulle competenze linguistiche; sarà indagato lo sviluppo delle abilità cognitive di base, delle abilità verbali, le abilità motorie, di studio e l’intelligenza verbale.

I primi dati di queste rilevazioni saranno comunicati a Firenze il 7 Aprile 2020 nel convegno che si terrà al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e a cui è già possibile iscriversi dal link:

Janet De Nardis, tanti amici per festeggiare il suo compleanno

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Una notte tra musica e balli per festeggiare le 42 candeline di Janet De Nardis.
Tanti gli ospiti, che tra vecchi e nuovi amici sono arrivati al ristorante Il Margutta di Tina Vannini. Nessuno è voluto mancare al party sommergendo Janet di baci, abbracci e regali. Con lei  a godersi l'amore di tutti gli invitati, il marito e la piccola Joy che ha ballato la dance anni '90 al fianco della mamma. Tra gli amici che sono arrivati. Anna Falchi, Savino Zaba, Cosetta Turco, Marco Passiglia, Francesco Stella, Andreea Duma, Jimmy Ingrassia, Andrea De Rosa, le gemelle Squizzato, Jonis Bascir, Silena Mancilla, Emmanuelle D'Alterio, Vincenzo Merli, l'editrice di Rid 96.8 Michelle Marie Castiello, il produttore Nicola Vizzini.
Janet, direttore del Digital Media Fest, sta vivendo un momento d'oro: il suo cortometraggio "Punto di rottura", che l'ha vista per la prima volta alla regia, é in selezione nei più importanti festival nazionali e internazionali. Inoltre l'opera, realizzata in collaborazione con I Licaoni, è tra i finalisti di "Cortinametraggio" e sta riscuotendo notevole successo di critica per il tema da lei trattato. La De Nardis, sta curando la nuova campagna in favore dell’Educazione Finanziaria, scritta insieme al comico Marco Passiglia,  che verrà pubblicata nelle prossime settimane di cui sono testimonial molte star del web come Leonardo Bocci e Angelica Massera. Sempre vicina al sociale, dopo un passato da top model, ora è direttore creativo della campagna contro la discriminazione razziale, ideata dalla stilista Stella Jean. La campagna s'intitola “Italians in becoming” e includerà fotografie e video di sensibilizzazione sul tema razziale. Realizzata sotto il patrocinio dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del consiglio dei Ministri e lanciata giovedì 20 febbraio, la campagna svelerà i 20 look della collezione fall-winter 20/21, che saranno indossati dalle italiane scelte dalla designer.

MOSTRA "JOAN MIRÓ. IL LINGUAGGIO DEI SEGNI": 50.000 VISITATORI E 7.000 BAMBINI AI LABORATORI DIDATTICI

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“Joan Miró. Il linguaggio dei segni”, la grande mostra dell’artista catalano, voluta dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, promotore dell’esposizione, organizzata dalla Fondazione Serralves di Porto con C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, sarà aperta al pubblico fino a lunedì 23 febbraio (dalle 9.30 alle 19.30).

Curata da Robert Lubar Messeri, professore di storia dell’arte all’Institute of Fine Arts della New York University, sotto la preziosa guida di Francesca Villanti, direttore scientifico C.O.R., “Joan Miró. Il linguaggio dei segni” si preannunciava come la mostra più attesa dell’autunno napoletano e i numeri hanno ampiamente dato ragione alle aspettative degli organizzatori: 50.000 visitatori, tra cittadini e turisti italiani e stranieri, e 7.000 bambini ai laboratori didattici, pensati e realizzati dagli operatori del Progetto PanKids.  Questi i dati registrati fino a oggi e destinati a crescere in questi ultimi giorni di esposizione.
“Joan Miró. Il linguaggio dei segni” è una passeggiata composta da nove percorsi e ottanta opere, che dà l’opportunità al visitatore di poter ammirare il lungo periodo produttivo dell’artista catalano, dal 1924 al 1981, da Il Linguaggio dei segni e la Ballerina del 1924, dove viene messo in evidenza come Miró sfrutta le molteplici funzioni della linea come contorno, come scrittura e, nel caso dell'orizzonte, come indicatore dello spazio, consentendo scambi produttivi di significato; fino a Le tele bruciate e la morte del segno, dov’è esposta una delle cinque tele esistenti al mondo, che Miró esegue con il tessitore Josep Royo, nel dicembre 1973,, insieme a una sequenza di fotografie che mostrano i passaggi di questo magnifico lavoro.

La storia delle opere
Tutte le 80 opere oggetto dell'esposizione sono sbalorditive, così come la storia che le ha condotte fino a Porto. Questo insieme di capolavori, appartenuti a uno dei più autorevoli e raffinati mercanti d'arte moderna, Pierre Matisse - figlio del più noto pittore Henri - rimane sconosciuta ai più per molti anni, finché il collezionista giapponese, che le aveva gelosamente custodite fino al 2005, decide di venderle al Banco Português de Negociós. Un semplice investimento per la banca portoghese, che preferisce non esporle e tenerle al sicuro all'interno di un caveau. Quando il Banco Português, in forti difficoltà economiche, stabilisce di mettere sul mercato l'eccezionale acquisizione, si solleva una protesta su scala nazionale, tanto da far intervenire lo Stato Portoghese, che sospende la vendita e incarica il Museo di Serralves di conservarle.
Tra ottobre 2016 e giugno 2017, le opere sono state presentate per la prima volta al Museo Serralves di Porto, in una esposizione che ha ottenuto oltre 300.000 visitatori.
Ora arriva a Napoli, dando a cittadini e turisti la grande opportunità di ammirare una collezione davvero unica al mondo.

È il XXI secolo che sarà il “secolo cinese”?

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di Riccardo Bramante 

Nei giorni in cui la psicosi del “coronavirus” sta diffondendo una immagine non proprio positiva della Cina ci sembra opportuno ricordare il ruolo che questo grande Paese, per molti versi ancora non molto trasparente, ha nel contesto mondiale dell’economia e non solo.

Già Napoleone Bonaparte, nel lontano 1816, profetizzò: ” Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà”, e quel momento sembra essere alla fine arrivato se solo si prende in considerazione la dirompente crescita industriale di questi ultimi anni sempre al di sopra del 5% se non addirittura in doppia cifra che fa immaginare l’avvento di un “secolo cinese” dopo quello americano.

Con i suoi 1,5 miliardi di cittadini, con un mercato che è diventato il maggior produttore e consumatore di prodotti industriali ed agricoli superando anche gli Stati Uniti, con la disciplina ed il talento commerciale di un popolo che nemmeno il comunismo è riuscito a reprimere la Cina ha realizzato quel “grande balzo in avanti” che non era riusciti all’epoca di Mao Tse Tung e che le permette di sfidare la potenza degli U.S.A. tanto che lo stesso autorevole giornale americano “Wall Street Journal” autore di un sondaggio in cui si chiedeva quale fosse “il singolo fattore in grado di cambiare il mondo in cui viviamo” si è visto rispondere a grande maggioranza: la Cina.

Se soltanto 50 anni fa la storia passava per Washington, Londra, Mosca o Berlino oggi Pechino è entrata prepotentemente alla ribalta tanto da scatenare tensioni e paure, tentativi di ritorno al protezionismo o il ricorso a drastiche revisioni degli accordi non solo commerciali (vedi al riguardo la politica di Trump che si defila dai trattati per l’ambiente e la libera circolazione delle merci) proprio perché la Cina non è “entrata” nel sistema di economia globalizzata esistente ma lo ha “cambiato” sia per le sue dimensioni, sia per l’approccio aggressivo che ha adottato sui mercati internazionali.

Ma se oggi questo Paese è in grado di produrre ed esportare qualsiasi tipo di merce a prezzi inferiori anche del 50% a quelli correnti in occidente dobbiamo pensare che se per alcuni è una minaccia (vedi le piccole imprese europee), per altri, i consumatori, rappresenta un guadagno, tanto più se si pensa che circa il 60% di ciò che è “made in China” in realtà sono merci “nostre”, cioè fabbricate là da multinazionali europee o americane!

Certo, questo rapido sviluppo ha anche i suoi lati negativi: in primo luogo l’inquinamento atmosferico perché la locomotiva economica cinese va per lo più ancora a carbone con le conseguenze che ne derivano non solo nel Paese ma perfino in Europa dove giungono, portate dai venti transoceanici, le nubi tossiche di anidride carbonica con un impatto sulla salute della popolazione e sulle risorse naturali del pianeta. E’ questo, forse, il prezzo che dobbiamo pagare oggi per avere domani un futuro migliore?

SIMONE ANICHINI esce il 21 febbraio il nuovo EP “PIANO AND ORCHESTRA”

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Da venerdì 21 febbraio disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download “Piano and Orchestra” (Play Audio/Azzurra Music) il nuovo EP di Simone Anichini, che contiene la reinterpretazione dei brani “Angel inside” e “My dream for you”, arricchiti dall’accompagnamento di un’orchestra d’archi. L’aria intima e talvolta melanconica del piano solo, si trasfigura per diventare una composizione più ariosa e ricca di sfumature e suggestioni.

A proposito dei brani, il compositore e pianista Simone Anichini commenta: « “Angel inside” è la storia della mia amatissima insegnante, amica, persona dolcissima e vera, morta di tumore a 50 anni.  È la musica per l’ Angelo che lei era e che rimarrà sempre nel mio cuore.» - continua -  « “My dream for you” descrive mia moglie Carlotta, una progressione di emozioni che mi trasmette la carica nell’affrontare gli ostacoli. Moglie, mamma, amante».

Classe 1977, Simone Anichini è diplomato in pianoforte presso il conservatorio “G. Puccini” di La Spezia, dove ha frequentato anche il corso di specializzazione jazz. Attualmente vive a Milano, dove si è trasferito lasciando la sua Viareggio.
L’animo curioso e inquieto lo porta a sperimentare vari generi musicali e varie forme di collaborazione. In questi anni ha lavorato con lo studio di registrazione Label Records per la realizzazione tecnica del disco “Bio harmonizer”.
Il suo interesse si manifesta anche nella composizione e realizzazione di musiche per film e cortometraggi come la colonna sonora di accompagnamento al film muto “Un chien andalou” di Luis Buñuel e quella per il film documentario “Dall’acqua alla vita”  di A. Ceccherini.
Parallelamente, ha iniziato un percorso all’insegna della contaminazione di generi e della sperimentazione musicale, collaborando in veste di improvvisatore  di musica house con DJ di fama mondiale come Frankie Knuckles, Dave Morales, Massimino Lippoli nei locali più trendy della vita notturna della Versilia.
Simone Anichini è apprezzato anche in veste di musicista e per questo ha collaborato come turnista/tastierista, per le canzoni  di Natalie Imbruglia e di Lisa Stansfield, nella trasmissione “Quelli che il calcio”, di Albano Carrisi (per Radio Italia), di Julieta Venegas (City Live), di Lily Allen (ancora in “Quelli che il Calcio”) e sempre come turnista/tastierista al talent show X Factor.






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GATTO PANCERI: continuano gli appuntamenti live. Dopo il sold out a Milano, il 3 aprile in concerto a Roma

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Dopo il sold out del concerto del 15 febbraio al Memo di Milano, continuano gli appuntamenti live di Gatto Panceri, che sarà protagonista il 3 aprile al Planet di Roma.

Durante questo tour presenterà al pubblico le canzoni contenute nel suo ultimo disco "Pelle d’oca e lividi" e non mancheranno anche i suoi grandi successi, oltre le canzoni che ha scritto per altri artisti, interpretati con il suo stile, come “C'è da fare” e il successo mondiale “Vivo per lei”. 

Sul palco con lui Tato Illiano alla batteria, Giovanni Mautone al basso, Paolo Galletto alle tastiere e programmazioni, Francesco Buonaugurio alla  chitarra e cori, Edoardo Fascione alla chitarra e Nicola Petruccelli al flauto.

«È sempre un bel viaggio per me ripercorrere in un concerto di due ore e mezzo “28 anni di carriera”. È stata una gioia epica il sold out della data milanese. Esibirmi davanti a tanta gente, che mi segue da così tanto tempo significa per me... avere una famiglia allargata! Scoprire volti giovani tra il pubblico è uno stimolo, un invito a proseguire il mio viaggio musicale», commenta Gatto Panceri.

foto di Andrea Gaviraghi
Luigi Giovanni Maria Panceri, in arte Gatto Panceri, è nato a Monza; è autore, compositore, cantautore, chitarrista e musicista diplomato in Armonia e Composizione al Conservatorio di Milano. Debutta fra le "Nuove Proposte" al Festival di Sanremo 1986, ma il suo vero esordio è da considerarsi con la partecipazione a Sanremo nel 1992 con la hit “L’amore va oltre”. Ha pubblicato 12 dischi di inediti (i primi con la supervisione di Patrick Djivas della PFM, suo primo mentore artistico). Al suo attivo anche un album live. Suoi sono anche i successi senza tempo come Un qualunque posto fuori o dentro di te, Abita in te, Le tue mani, Mia, È solo musica, Stellina, Io sto bene dove sto, Accarezzami domani, Di Te, Dove dov’è (presentata da Gatto Panceri al Festival di Sanremo, a cui ha partecipato 3 volte come Big e 8 come autore per affermati colleghi). Ha scritto anche il successo mondiale “Vivo per Lei”, brano con 45 milioni di copie vendute nel mondo, portato al successo dalla coppia Giorgia - Andrea Bocelli e ha firmato evergreen per artisti di prim’ordine tra i quali Mina, Giorgia (8 brani), Mietta, Syria, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Fausto Leali, Riccardo Fogli, Raffaella Carrà e molti altri. Gatto Panceri ha fondato nel 2017 la "Vivo Per Lei Edizioni Musicali".






comunicazione e promozione

Silvia Ruggiero, poeta, psicologa e psicoterapeuta e l’angolatura privilegiata da cui vedere il mondo e le persone. L'intervista

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«Credo di aver sviluppato la capacità di “toccare il cuore degli altri” e di far “toccare il mio” e questo mi permette di avere un’angolatura privilegiata da cui vedere il mondo e da cui vedere le persone». di Andrea Giostra.
 
Ciao Silvia, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Silvia artista-poeta e Silvia donna? 
Uso le parole che descrivono un personaggio del mio prossimo libro “Lei aveva una vita in apparenza normale ma aveva mille storie nella testa. Storie sempre storie, vite, ferite, dolori, sbagli, lacrime, violenza. E le storie per lei erano poesie. Lei trasformava le storie in poesie. Raccoglieva i cocci, piangeva per le ferite, per gli errori, per i pentimenti, per i patimenti, raccoglieva i frammenti delle vite che le passavano davanti e ricostruiva le storie. E le storie erano sempre affascinanti…” 
Recentemente, gennaio 2020, hai pubblicato il libro di poesie “Non solo parole”, con “in.edit edizioni”. Ci parli di questa raccolta di poesie? Come nascono e quale il messaggio che vuoi arrivi al lettore? 
Dall’introduzione: “In questo piccolo libro sono raccolte una serie di sfumature emotive che sono preziose per arricchire il catalogo delle emozioni di ciascuno di noi. Abbiamo bisogno di investire sull’alfabetizzazione emotiva perché le emozioni sono alla base delle relazioni e quindi alla base del nostro benessere che deriva principalmente da quanto ci sentiamo capiti, amati e sostenuti dalle persone che ci circondano. La poesia è un veicolo privilegiato per lo scambio emotivo perché coinvolge e usa il linguaggio non della logica ma del sentire, del sogno e dell’indefinito che riconducono alla natura relazionale dell’uomo. Ed è proprio a questo elemento essenziale che spinge la poesia: ci aiuta a metterci in contatto con le nostre emozioni e quindi con quelle degli altri. La poesia ci aiuta a facilitare lo scambio tra il nostro mondo interno e il mondo esterno, tra la parte più profonda di noi e gli altri.” 
Ci parli delle tue precedenti opere e pubblicazioni? Quali sono, qual è stata l’ispirazione che li ha generati, quali i messaggi che vuoi lanciare a chi li leggerà? 
Il mio primo libro “Crescere e aiutare a crescer. Diventare adulti nel terzo millennio” parla della fase dello “svincolo”, del passaggio all’età adulta che non è legato necessariamente all’età e che talvolta non avviene mai. Abbiamo tantissimi adulti anagrafici ma che sono dipendenti e non hanno sviluppato l’autonomia personale. L’obiettivo del libro era quello di dare delle informazioni di base su come “funzioniamo” come esseri umani. Una sorta di formazione sui principi base della psicologia. Il secondo libro “Violenza liquida. Le infinite forme della violenza nelle relazioni interpersonali”nasce soprattutto dalla mia esperienza professionale in carcere e con gli autori e le vittime di reati e ha come obiettivo la formazione e la consapevolezza sulle dinamiche relazionali disfunzionali. Perché le relazioni possono aiutare ma possono anche fare del male. Il terzo libro “Non solo parole. Emozioni in poesia” nasce per caso, da una mia esigenza di scrivere poesie per esprimere e condividere le forti emozioni in cui sono immersa nella mia vita personale e professionale. Il messaggio è sull’importanza di conoscere, nutrire e condividere la nostra parte emotiva per una vita più ricca e più “umana”.
Come e quando nasce al tua passione per la scrittura? 
Credo di averla sempre avuta, ora scrivo anche articoli su riviste specializzate su argomenti vari come ad esempio la “Psicologia dei luoghi”, ma il cambiamento è avvenuto quando ho capito che avevo qualcosa da dire che potesse essere utile agli altri.
Qual è il percorso formativo ed esperienziale che hai maturato e che ti ha portare a realizzare le tue opere? 
Ho la fortuna di essermi formata nel campo della psicologia e della psicoterapia e ho la fortuna di esercitare un lavoro che mi mette a diretto contatto con la parte più profonda delle persone. Credo di aver sviluppato la capacità di “toccare il cuore degli altri” e di far “toccare il mio” e questo mi permette di avere un’angolatura privilegiata da cui vedere il mondo e da cui vedere le persone. 
«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.»(Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.). Cosa ne pensi delle parole di Bukowski? Secondo te è più importante quello che viene narrato (la storia) o come è scritta (il linguaggio utilizzato)? 
Se non hai un contenuto profondo, solo la forma non è sufficiente per comunicare qualcosa. 
«Il ruolo del poeta è pressoché nullo … tristemente nullo … il poeta, per definizione, è un mezzo uomo – un mollaccione, non è una persona reale, e non ha la forza di guidare uomini veri in questioni di sangue e coraggio.» (Intervista ad Arnold Kaye, Charles Bukowski Speaks Out, “Literary Times”, Chicaco, vol 2, n. 4, March 1963, pp. 1-7). Tu sei scrittrice di saggi e poeta, cosa ne pensi delle parole di Buk sui poeti suoi contemporanei, e forse anche sui poeti di questo secolo? Qual è secondo te oggi il ruolo del poeta nella nostra società contemporanea dell’Homo technologicus?
Io non sono un poeta. Io vivo, sento, faccio mille cose e quindi poi scrivo. E scrivo anche delle poesie all’interno delle quali c’è il mio mondo ma anche il mondo degli altri. Io semplicemente trasformo in poesia ciò che ho la fortuna di vivere. E soprattutto per me la poesia è emozione e le emozioni in questa nostra società sono dimenticate, trascurate, evitate e maltrattate. Quindi uso la poesia come veicolo per le emozioni. 
Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte secondo te?
Non so se sono la persona giusta per parlare di arte. Io l’arte la inseguo, non l’afferro mai. L’arte è l’espressione delle emozioni, del mondo interno, di quella parte di noi che scalcia se la ignoriamo. 
Quando parliamo di bellezza, siamo così sicuri che quello che noi intendiamo per bellezza sia lo stesso, per esempio, per i Millennial, per gli adolescenti nati nel Ventunesimo secolo? E se questi canoni non sono uguali tra loro, quando parliamo di bellezza che salverà il mondo, a quale bellezza ci riferiamo?
La bellezza è soggettiva, per me la bellezza è essere in armonia con noi stessi e con gli altri e tutto ciò che ci aiuta a trovare questa armonia per me è arte. Il tramite quindi per l’armonia e per la bellezza. 
Esiste oggi secondo te una disciplina che educa alla bellezza? La cosiddetta estetica della cultura dell'antica Grecia e della filosofia speculativa di fine Ottocento inizi Novecento? 
Credo che nel nostro percorso culturale abbiamo dimenticato l’aspetto emotivo, la logica ha preso il sopravvento su tutto e quindi le emozioni non hanno sufficiente spazio. Basti pensare quanta logica c’è nelle materie scolastiche e quanto poco si parli delle emozioni e quanto male stanno i nostri ragazzi. Così le emozioni esplodono all’improvviso, sotto forma di aggressività ad esempio, creando problemi perché non siamo capaci di identificarle e “gestirle”. Il pensiero logico e la filosofia non sono sufficienti, abbiamo una dimensione di profondità emotiva che andrebbe coltivata. Abbiamo bisogno di una alfabetizzazione emotiva per trovare quella armonia di cui parlavo sopra. 
«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?
Scrittura, lettura devono essere parte della vita reale e non sostituirsi interamente ad essa. Abbiamo bisogno di vivere e soprattutto abbiamo bisogno di entrare in relazione con gli altri esseri umani. Quando la lettura e la scrittura ci aiutano in questo, sono strumenti di benessere, sono facilitatori; quando ci allontanano dal mondo e dagli altri sono delle barriere. C’è il rischio di innamorarsi delle proprie idee e del proprio mondo interno e di non cercare il confronto con gli altri. 
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori e i poeti che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?
Ho amato tanto Fahrenheit 451 scritto da Ray Bradbury e i poeti francesi. Amo leggere di psicologia.
Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre libri e tre autori da leggere, chi consiglieresti e perché proprio questi?
Fahrenheit 451 (1951) scritto da Ray Bradbury; Dare parole al dolore (1996) di Luigi Cancrini; Intelligenza emotiva (1997) di Daniel Goleman. È difficile sceglierne solo tre. Ma questi sono libri che fanno riflettere. 
Sfortunatamente non sono molto preparata su questo argomento. Accetto consigli 
Una domanda difficile Silvia: perché i nostri lettori dovrebbero comprare i tuoi libri? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per comprarne alcuni. 
Sono sintetica: perché possono essere piacevolmente utili.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti di cui ci vuoi parlare? 
Continuerò a scrivere perché non posso farne a meno. Continuerò a vivere portando in giro per il mondo le mie idee strane sul “funzionamento” delle persone e delle relazioni e continuerò a cercare nuove emozioni e ad innamorarmi di quello che vedo intorno. E guarderò il cielo ogni volta che potrò….
Come vuoi chiudere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori? 
Siamo “sistemi aperti”, abbiamo bisogno degli altri per essere felici. Dobbiamo imparare a dare e ricevere.

Silvia Ruggiero

I Libri di Silvia Ruggiero

Andrea Giostra

Giarre si veste di fascino e magia, al via il 'Carnival show' targato ArchiDrama

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C'è grande attesa a Giarre per il 'Carnival show', manifestazione carnascialesca che si aprirà domani nella centralissima Piazza Duomo, promossa dall'associazione culturale 'ArchiDrama', con il patrocinio dell'assessorato al Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Siciliana ed in collaborazione con l'assessorato alla Cultura, Turismo e Spettacolo del Comune di Giarre.
Nel primo appuntamento, in programma stasera, sabato 22 febbraio, alle ore 19, previste le esibizioni della Compagnia Batarnù, specializzata in spettacoli di strada e di fuoco, e di Marco Ape (nella foto), artista giarrese che proporrà al pubblico 'Il secondo elemento', variegato spettacolo che spazia dalla danza con l'utilizzo del fuoco alla manipolazione delle fiamme attraverso numeri di fachirismo e mangiafuoco, per finire con un esplosivo finale di sputa fuoco “acrobatico”. Un evento pensato per adolescenti e famiglie.
Si tornerà in Piazza Duomo anche domenica 23 febbraio alle ore 11 con funamboli, giocolieri e trampolieri. Ad andare in scena l'esilarante spettacolo, dedicato ai bambini ed alle famiglie, 'Il Circo Equilibrato' della Compagnia Joculares. Esibizioni tecniche e virtuosismi di alto livello, come verticalismo, scala libera, funambolismo su corda molle e contact, si alterneranno ad esilaranti e coinvolgenti gags comiche ed a momenti di improvvisazione con il pubblico. A fare da apripista sarà il trampoliere Filippo Velardita che, con i suoi numeri di giocoleria, intratterrà i piccoli spettatori. Uno spettacolo in cui le esperienze del circo, del teatro tradizionale e del teatro di strada si integrano e danno vita ad una performance ricca e di qualità. Entrambi gli eventi sono aperti gratuitamente al pubblico.

"Abbiamo voluto offrire due proposte di spettacolo differenti, volutamente dedicate a target anagrafici diversi - dichiara Alfio Zappalà, presidente di ArchiDrama - variando così l'offerta e promuovendo la diffusione di modi differenti di fare teatro, che nella fattispecie riguardano appunto il teatro circense ed il teatro di strada".

Cosenza, dal 6 marzo la mostra La Bellezza di Tonina Garofalo alla Galleria nazionale

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Venerdì 6 marzo 2020, alle ore 16.30, a Cosenza, negli spazi espositivi della Galleria nazionale di Cosenza, verrà inaugurata la mostra La Bellezza di Tonina Garofalo.

Presenzieranno all’iniziativa: Antonella Cucciniello, direttore del Polo museale della Calabria e Tonino Sicoli, direttore del MAON di Rende.
Tonina Garofalo, artista operante e residente a Fiumefreddo Bruzio (Cosenza), traccia figure dialettiche, fra l’organico e il razionale, con filamenti informali e disegni astratti. Si tratta di un piano dalla plasticità controllata, in cui le forme scivolano con leggerezza in un gioco di segni semplici, con tracce spumeggianti e vegetali, attraversate da quadrati e triangoli. Piume, pennacchi, infiorescenze, spirali dalle quali emergono corpi trasparenti o mascherati, ruotano attorno ad un nucleo che rappresenta l’occhio, sguardo incisivo e scrutatore dell’anima fruitrice.
La ricerca della Garofalo si sviluppa da una fonte inizialmente indistinta indirizzata verso una realtà stilizzata e informale, in contiguità con uno sfuggente irrealismo fatto di elementi geometrici sovrapposti di particolari sguardi fissi.

Tonina Garofalo ha al suo attivo la partecipazione a numerose mostre organizzate sul territorio calabrese e nelle principali città italiane, tra cui Roma, Napoli e Venezia. Le sue opere sono in molte collezioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero.

L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino al 20 marzo 2020 secondo i seguenti orari: da martedì a venerdì dalle ore 10.00 alle ore 18.45 (ultimo ingresso ore 18.15); sabato e domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.15 (ultimo ingresso ore 17.45).

La Galleria nazionale di Cosenza, il cui referente è Faustino Nigrelli, è afferente al Polo museale della Calabria. La mostra è stata allestita e curata in collaborazione con il funzionario restauratore conservatore Camilla Brivio.
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Mostra
La Bellezza
Galleria nazionale di Cosenza
Cosenza - Palazzo Arnone
Dal 6 al 20 marzo 2020
INAUGURAZIONE
venerdì 6 marzo 2020 - Ore 16.30

Polo museale della Calabria
Direttore: Antonella Cucciniello
Ufficio stampa: Silvio Rubens Vivone (responsabile)
Tel.:  0984 795639 fax  0984 71246

Insolito Battisti, giovedì 5 marzo in prima serata su Rai3 il docufilm di Indigostories

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Appuntamento giovedì 5 marzo in prima serata su Rai3 con Insolito Battisti, il docufilm di Indigostories prodotto da Alessandro Lostia con la regia di Giorgio Verdelli. Sarà Sonia Bergamasco a guidare lo spettatore attraverso un racconto a più voci e testimonianze inattese, per visitare l’intero percorso musicale del più innovativo tra i cantautori e musicisti italiani.

Dall’immaturità degli esordi con il primo partner Roby Matano, ai trionfi discografici con Mogol, all’ancora sorprendente svolta dei successivi album, quello con i testi della moglie Grazia, in arte Velezia, e quelli con le parole del poeta Pasquale Panella.

Tanti musicisti, amici e collaboratori interverranno per raccontare l’artista che tutti conosciamo, l’uomo di rottura che ha abbattuto tutti gli schemi della nostra musica con versi e melodie immortali, ancora capaci di conquistare le giovani generazioni, rivelandoci tutti i segreti di come Lucio incideva i suoi capolavori.

Attraverso narrazioni, immagini e registrazioni esclusive scopriremo poi un altro Lucio: l’artista vittima di singolari pregiudizi, come quello della sua superficialità, per il mancato sfoggio di quell’Impegno tanto in voga all’epoca tra i cantautori; oppure le motivazioni che indussero i servizi di sicurezza italiani e statunitensi a occuparsi di lui. E ancora il Battisti dei provini inediti, trafugati e commercializzati dalla criminalità organizzata, fino a svelare l’ultima delle curiosità: quella dell’album che la casa discografica era pronta a pubblicare.

Insomma, tutto quanto il grande pubblico non sa di lui. Un altro artista, un insolito Lucio Battisti. 

Insolito Battisti è un docufilm Indigostories prodotto da Alessandro Lostia, con Sonia Bergamasco, scritto da Giorgio Verdelli in collaborazione con Michaela Berlini e Ines Paolucci. Organizzatore generale Ramona Di Marco, produttore esecutivo Silvia Fiorani. La regia è di Giorgio Verdelli, autore di programmi televisivi e ideatore di “Unici”, che torna a Rai3 dopo il successo del suo lungometraggio “Pino Daniele - Il tempo resterà”, premiato con il Nastro d’Argento.

Miracolo a Frosinone!

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Si sa che questa parte della nobile terra di Ciociaria, la provincia di FR, è stata da sempre feudo inattaccabile di Giulio Andreotti buonanima: la sua presenza era capillare: i battesimi e le cresime e eventi analoghi erano, si racconta, suo appannaggio preferito: la sua presenza  era quanto di più sicuro e affidabile si potesse immaginare.
Alcuni  seguaci  lo adoravano: uno di questi, sindaco di un paesino arroccato in cima ad una montagna, si racconta che ogni mattina faceva in modo che il suo beneamato ricevesse le sue ricottine fresche di giornata, di cui l’esimio politico era particolarmente ghiotto. Ogni mattina! Rendo testimonianza che anni addietro trovandomi  nel principato di detto sindaco  -‘regnò’  per circa 50 anni! un autentico primato!- notai che le due porte dei gabinetti pubblici (in questo paesino di qualche centinaio di abitanti anche i gabinetti pubblici!) erano porte in noce massello, come nemmeno nei paesi dei petrolieri  si vedono in un gabinetto! a dimostrazione della benevolenza  andreottiana. Un altro, un noto costruttore,  lo aveva sistematicamente ospite nel suo antico castello: risultati? in tutta la zona finanziamenti continui per costruire strade, perfino nelle località più inaccessibili, per praterie di asfalto, per palazzi pubblici, lampioni e fognature e marciapiedi in continuazione ecc.. Che grande! E poi la Fiat a Cassino coi soldi degli Italiani, la industrializzazione della Valle del Sacco sempre coi soldi degli Italiani, e con quali risultati: ma che vuoi che sia, basta lavorare e mangiare, soleva sentenziare il beneamato! Ospedali in quantità dovunque, ancora se ne vedono in giro, inutilizzati! Cementificazione inaudita, a libertà e a piacimento di ognuno! E quindi la mentalità di tutta una certa provincia è quella infusa da questo beneamato politico… Naturalmente tutti gli altri ‘politici’ della zona venuti prima e dopo di lui, non sono stato altro  -e ancora sono- che il guano e il letame di questa regale quercia, come soleva dire!
Ora invece il miracolo, un nuovo mondo si apre, l’orizzonte della cabina di comando si amplia, al di là ormai degli stadi e piscine olimpionici, delle rotatorie stile Abu Dhabi, della cementificazione: si inizia, parrebbe, a cominciare ad occuparsi, e seriamente questa volta, di arte e cultura e, ancora più incredibile, di arte nata in Ciociaria e diffusa in tutto il mondo. Non più dunque materiale indigesto ai palati politici, come fino ad oggi. Cioè, in breve: fonti serie propalano la notizia che il Comune di Frosinone, saggiamente retto da una lungimirante compagine amministrativa amata ed apprezzata, è in fase di seria trattativaper acquisire  al pubblico patrimonio quella bella palazzina neoclassica della Banca d’Italia sotto la Prefettura! Ed ecco la novella rivoluzionaria, miracolosa: il Comune avrebbe la volontà di installarvi una pinacoteca e più esattamente la pinacoteca del costume ciociaro! Una rivoluzione! Un miracolo! 
Ecco, dico, il modo più serio e sperimentato per risalire, e a razzo, fino ai primi posti  le posizioni che attualmente tengono relegata Frosinone in coda  ai capoluoghi italiani, da sempre.
                                                                            Michele Santulli

Opera, Der Schmied von Gent: la grazia primigenia del teatro. La recensione di Fattitaliani e le foto

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L'atmosfera, il clima, il sapore dei grandi compositori del primo Novecento - classici che hanno gettato le basi del futuro musicale che è il nostro presente - nel Der Schmied von Gent di Franz Schreker all'Opera Vlaanderen di Gent, opera che -fra i tanti talenti- ha anche quello di riportare a galla opere scomparse dalla memoria musicale collettiva.
La grande musica di Schreker affonda le sue radici nella cultura del suo tempo: siamo negli anni Trenta, il mondo è in crisi, la grande depressione è in corso e la Repubblica tedesca è invasa dal cancro del nazionalsocialismo.
Schreker con la storia del maniscalco di Gent raccoglie questo malessere  creando un fairytale, una specie di opera popolare, una sorta di traslazione letteraria di un racconto pittorico alla Bruegel, una narrazione che si basa su un racconto "fiammingo d.o.c." del belga Charles De Coster, autore che a pieno titolo potrebbe stare - pur avendo scritto in francese - in quel "canone" fiammingo tanto vagheggiato da certa politica fiamminga filosalviniana.

Schreker stesso descrive la sua opera come "una grande opera magica", "un'opera per tutti", "a fairytale opera", "un'opera alla Bruegel": effettivamente ha creato un'opera nello stesso tempo naif, magica, popolare ma di neobarocca complessità, piena di ironia e trasudante un umore grottesco.
Costumi e scenografia ispirate alle figure di un libro di fiabe per bambini hanno contribuito alla magia della vicenda, una semplicità apparentemente ingenua e infantile ma che contiene riferimenti sessuali, oscuri, disorientanti, alla Félicien Rops per intenderci, che producono nello spettatore un fondo di angoscia, risvegliato attraverso alcune sapienti incongruenze - costumi da donna indossati da uomini, costruzione scenografica a tratti sghemba, la presenza di un tunnel che ricorda certi inquietanti sottopassaggi metropolitani - inquietudine che sposta il racconto scenico su un livello più profondo, quasi onirico, dandogli quella complessità che la musica di Schreker merita.


Incantevole la percepibile "artigianalità" dei costumi e della scenografia che ci riporta a una dimensione di teatro d'altri tempi, povero di mezzi ma ricco di emozioni e di idee, encomiabile in un'epoca nella quale i teatri d'opera grazie a tecnologie avanzate e mezzi economici robusti realizzano macchine sceniche degne di un film di Spielberg, affascinanti ma spesso fredde e asettiche come una banca svizzera.
Ieri sera siamo tornati alla grazia primigenia del teatro. La regia di Ersan Mondtag, autore anche della scenografia, padroneggia perfettamente il mix di elementi contenuti nel libretto e nella musica magistralmente resa dalla direzione del M° Alejo Pérez.
Con agio musicale e talento recitativo hanno interpretato Leigh Melrose il maniscalco Smee, Kai Rüütel la moglie del maniscalco, Vuvu Ppofu Astarte (qui l'intero cast).
Il coro diretto da Jan Schweiger, con il plus del coro dei piccoli diretti da Hendrik Derolez, ha contribuito non poco alla riuscita di questa inquietante e nel contempo aggraziata messinscena spaccato di un mondo popolare, naif, oscuro e non privo di humor: un contributo significativo dell'Opera Vlaanderen per riscoprire un compositore poco noto ma anche un'occasione importante per  far riflettere in modo serio fiamminghi, e non solo, sulla identità culturale fiamminga e nordeuropea. Giovanni Chiaramonte.
Foto di Annemie Augustijns

“TO A GOD UNKNOWN - AL DIO SCONOSCIUTO” IL NUOVO CORTOMETRAGGIO DI SAMANTHA CASELLA

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Dopo il grande successo di “I Am Banksy”, che ha avuto numerosi riconoscimenti Oltreoceano, Samantha Casella riparte proprio dagli Stati Uniti con il suo nuovo progetto.

Il cortometraggio si intitola “To A God Unknown - Al Dio Sconosciuto” e avrà la sua premiere il 26 febbraio al Chinese Theatre di Los Angeles.
Nel frattempo però ha già ricevuto il Silver Award come miglior cortometraggio sperimentale agli Indipendent Shorts Award (la cui cerimonia di premiazione si terrà a metà marzo a Los Angeles), dove Samantha ha avuto anche una menzione d'onore come miglior regista donna.
Il corto è diviso in tre capitoli (ognuno recitato in lingua originale): il primo è ispirato ai versi del poeta russo Sergey Esenin, il secondo si basa su un romanzo di John Steinbeck che da il titolo all’opera, il terzo si chiude con dei brani poetici di Arthur Rimbaud.
Ad unirli sono elementi primordiali quali l’acqua, il sangue, il fuoco, l’amore, Dio.
Una chiave di lettura più approfondita suggerisce che tutti i capitoli trattano il tema del sacrificio rituale in onore dell'amore, di Dio e della sacralità.
Il "tempo"è la matrice della vita umana nel mondo, eppure se il tempo si fonde con il divino, ogni orologio viene annientato.
Il cast è composto da un solo attore, presente nel secondo capitolo.
Dopo mesi di provini interminabili senza riuscire a trovare il volto giusto, alla fine la scelta è andata sull'italiano Matteo Fiori, conosciuto negli Stati Uniti con lo pseudonimo di Brian Witt.
“To A God Unknown - Al Dio Sconosciuto” è stato realizzato con il prezioso supporto del gruppo di lavoro “The Wild Bunch”.
Il montatore è lo stesso di “I Am Banksy”, ovvero Trevor Bishop. E lo stesso vale per la colonna sonora, firmata da Massimiliano Lazzaretti, qui affiancato da Tatiana Mele.
Il direttore della fotografia è Frank Hoffman.
Per quanto riguarda gli aspetti di visual effects ed effects templates sono state coinvolte numerose persone come Nassim Farin, Arseny Gutov a Lario Tus.
Tra gli operatori Dylan Winter e Nik Rijavec.
I doppiatori sono il russo Viacheslav Syngaevskiy, l’americano Richard Lloyd Stevens e il francese Frédéric Bernard.
Il dipinto di Ofelia presente nel corso è stato realizzato da Claudia Drei, madre di Samantha Casella.
“Mia madre, mio padre e una persona che ha un posto speciale nel mio cuore mi hanno incoraggiato a dar vita a questo progetto che sulla carta sembrava una sorta di follia”” - ha svelato la regista - “Oltre a loro, a credere in me sono state numerose persone negli Stati Uniti, che non smetterò mai di ringraziare”.

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