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Isaac Asimov, oggi 2 gennaio è il centenario del padre della fantascienza

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di Riccardo Bramante

Il 2 gennaio 2020 ricorre il centenario della nascita di Isaac Asimov, il padre della fantascienza moderna e il precursore di tante recentissime scoperte dell’attuale mondo cibernetico.

Nato in Russia, a Petrovici, ma trasferitosi già a tre anni con tutta la famiglia negli Stati Uniti, a New York, fin da giovane si appassionò alla fantascienza leggendo le riviste sull’argomento che trovava nel negozio del padre giornalaio fino a scrivere già a 9 anni storie e racconti fantastici e a vedere pubblicato nel 1939 il suo primo romanzo “Naufragio al largo di Vesta” nella allora più diffusa rivista sul genere “Amazing Stories”.

Ma la sua attività non si limita solo alla letteratura in quanto approfondisce le sue conoscenze scientifiche conseguendo nel 1940 la laurea in chimica e nel 1948 il dottorato in biochimica e facendo dell’attività divulgativa di queste scienze il suo primo obiettivo sulle quali scrisse numerosi testi che toccavano anche la fisica e l’astronomia.

Ritorna alla fantascienza nel 1969 con il romanzo “Neanche gli dei” con cui vince il Premio Hugo ed il Premio Nebula che sono i maggiori riconoscimenti dell’epoca per quel settore letterario.

Riprende, poi, i temi già trattati nel “Ciclo dei Robot” e nella celebre “Trilogia della Fondazione” scrivendo “Fondazione e Terra” e “L’orlo della Fondazione” in cui al racconto fantastico si uniscono considerazioni di ordine etico e politico in cui adombra l’idea di un governo mondiale sostenendo testualmente “Lo Stato-nazione è obsoleto: abbiamo bisogno di un governo mondiale federale”, parole​ di grande attualità soprattutto oggi anche se poi metteva in guardia dal rischio che un governo mondiale avrebbe potuto trasformarsi in una dittatura autoritaria dominata da una elite tecnocratica.

Da ricordare anche la sua “Antologia del bicentenario” (scritta appunto in occasione della ricorrenza del bicentenario della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America) da cui è stato tratto il film “L’uomo bicentenario” che tanto successo ha tutt’oggi, nonché la serie dei “Vedovi neri”, club di amici che si cimentano nell’investigazione di fatti criminali, dando così origine anche alla sua attività di scrittore di romanzi gialli.

Caratteristica di tutti i romanzi di Asimov è comunque la plausibilità scientifica delle sue storie, sempre basate su dati scientificamente incontrovertibili ed espressi sempre in maniera chiara perché, come soleva dire, scriveva non per vincere un Premio Pulitzer ma per farsi capire. Ma accanto a queste sue doti di chiarezza può dirsi a ragione che Asimov abbia avuto anche profonde capacità di guardare al futuro, immaginando già, oltre ai robot, veicoli a guida autonoma, smartphone e videochiamate fino a prevedere nel suo “Il destino di Marte” del 1952 le passeggiate degli astronauti nello spazio e addirittura gli effetti euforici che queste possono provocare.

Non ci resta, perciò, che attendere l’arrivo di uno dei suoi eroi come Hari Seldon, il padre della Fondazione o un Nolan Trevize che riporti finalmente un poco di serenità sul nostro pianeta Terra.

OSAKA FLU, il 13 gennaio esce LA STRANA FAMIGLIA il nuovo disco della band indie punk aretina con cover di brani cantautorali italiani

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Da venerdì 13 dicembre sarà disponibile in digital download e in streaming “La strana famiglia”, il nuovo disco degli Osaka Flu, power trio aretino che propone un personale sound a metà strada tra punk e indie. Nel lavoro, la band ripropone sette pietre miliari del cantautorato italiano, da Rino Gaetano agli Afterhours, contaminandole con la proprio personalità artistica.

«A Novembre 2015 abbiamo fatto uno spettacolo in carcere suonando delle canzoni che parlavano della detenzione e l’ultimo pezzo era “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De Andrè - raccontano gli Osaka Flu - Continuiamo ancora a suonarlo in tutte le nostre esibizioni. Dopo i concerti ci chiedevano tutti se era compresa in qualche disco così abbiamo deciso di registrarla. Poi ognuno ha portato due canzoni a cui era particolarmente legato ed è scappato fuori l’album “La Strana Famiglia”.»


Ecco la tracklist de “La strana famiglia”

CCCP - Io sto bene
Rino Gaetano - La zappa il tridente il rastrello
Skiantos - Gelati
Gaber - La strana famiglia
Diaframma - Le Alpi
Afterhours - Sui giovani d’oggi ci scatarro su
Fabrizio De Andrè - Nella mia ora di libertà

«Non c’è nessun legame tra un pezzo e l’altro – continuano gli Osaka Flu – Abbiamo sempre voluto fare un disco di cover un po’ per sfida un po’ perché un sacco di gruppi che amiamo l’hanno fatto:  i Clash, i Nirvana, i Me First and the Gimme Gimmes, Bob Dylan, Rino Gaetano, Jannacci con Bartali.  Abbiamo cercato di  capire  fino in fondo le ritmiche e l’intenzione. Durante le registrazioni ci siamo divertiti da matti: abbiamo fatto basi ritmiche in presa diretta, ma le voci sono cantate da tutti e tre insieme per cercare di dare la stessa intensità di quando suoniamo dal vivo. In più volevamo che suonasse come un disco punk degli anni ’80, di quelli che ci facevano saltare dalla seggiola. In questi 33 minuti ci sono punk, la terra, i Clash, l’amore, i rutti, l’amicizia, il clistere, Arezzo, il disagio, La Toscana, uno sciacquone, l’Italia e  ora siamo tre volte più carichi per il prossimo album di inediti a cui stiamo lavorando.»

“La straNa famiglia” è stato prodotto dagli Osaka Flu e registrato al Rooftop (Studio Arezzo). Mix di Marco Romanelli e Arturo Magnanensi, master di Giovanni VersariHanno suonato: Daniele Peruzzi (voce e chitarra), Francesco Peruzzi (basso, cori), Michele Casini (batteria, cori).



BIO

Gli Osaka Flu nascono ad Arezzo nel 2010 quando i fratelli Daniele (voce e chitarra) e Francesco (basso) conoscono Michele (batteria). La comune passione per la musica, da Cash ai Devo, passando per Dylan e i Rancid, spinge i tre a suonare e comporre insieme. Alle prime canzoni prodotte affiancano sin da subito l’attività live e nel 2012 partecipano a uno dei festival più conosciuti in Italia: Arezzo Wave. Il primo disco, Look out Kid, esce nel 2014 per Soffici Dischi, distribuzione Audioglobe, e riscuote subito ottime critiche. Bo Diddley meets the Arctic Monkeys” così Antonio Romano definisce il loro singolo “I Don’t Care If It’s Right Or” su RockIt mentre Repubblica parla di Pulp Rock e di musiche che ricordano le colonne sonore di Quentin Tarantino. Il video del primo singolo “I Don’t Care If It’s Right Or Wrong” è stato presentato il 7 febbraio 2015. Il video di “Sixteen Tons” (cover di Merle Travis) girato nel carcere di Arezzo con la partecipazione di Giorgio Canali come attore, è scelto da Repubblica come video in anteprima. Il successo di critica e pubblico apre le porte a un’intensa attività live, che si traduce in un centinaio di date in giro per tutta la penisola. Il 10 novembre 2016 tornano con “KM 183”, secondo lavoro in studio, questa volta interamente cantato in italiano e sempre edito da Soffici Dischi, anticipato dal singolo “Apocalhipster” al quale fa seguito “Propaganda”, brani accolti con entusiasmo dalle emittenti radiofoniche (Contraradio Firenze, Rock’n’Roll Radio Milano, Radio Città Fujiko Bologna e Radio Kaos Itaky Roma su tutte) e con il quale scegliere una nuova forma promozionale, per dare risalto, oltre ai singoli, ad ogni canzone del disco. Con questo nuovo lavoro la band conquista saldamente la fiducia della critica. Il 28 aprile 2018 pubblicano il terzo lavoro in studio, dal titolo “L’Italia è fuori dal mondiale” e disco del giorno su RockIt, anticipato dal singolo “Gina”, al quale seguono “Viva Verdi La Magnani e Berlinguer” e “Mi fa schifo lavorare”.



LAURA RINALDONI in "ORCHIDEA storia di un fiore malato" scritto e diretto da Mariaelena Masetti Zannini

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Dal 9 al 12 gennaio sul palco del Teatro Tordinona

Cosa sappiamo del Parkinson? Delle conseguenze che esso provoca? Sono queste le domande che si è posta Mariaelena Masetti Zannini quando qualche mese fa ha conosciuto Laura Rinaldoni. Quarantaseienne con diagnosi di Parkinson risalente a 10 anni fa.  La conosce, la frequenta, diventano amiche. E da lì nasce l'idea di raccontare verità che molti non sanno. L'autrice e regista, già conosciuta nell'ambito teatrale per lavori come SS, Musami o Vate alle colonne del Vizio, Parole dal cielo, Il paradiso delle Vergini, Piccole donne freak e opere sul mare come Ora Era L’ira a Capri ed Eroideide a Castellammare del Golfo, decide di mettere in scena Orchidea, storia di un fiore malato ad una sola condizione: che sia la stessa Laura a portarlo in scena. 

Il lavoro, sul palco del Teatro Tordinona dal 9 al 12 gennaio, diventa, quindi, il racconto della vita della Rinaldoni, che confessa emozioni a caldo ed esperienze di vita forti, spesso estreme, legate alla sessualità e al dramma farmacologico che scatena in questa malattia impulsi violenti, autolesionisti ma al contempo vibranti di energia creativa. 

Sul palco del Teatro Tordinona le sue parole della protagonista, attraverso audio originali che negli anni ha tenuto gelosamente nascosti come un diario segreto e che ora, come un film onirico, attraverso la drammaturgia di quest'opera, prenderanno vita sul palcoscenico 

Sarà proprio la stessa Laura presente in scena a testimoniare la follia della sua triste realtà come un'equilibrista fragile sulle corde della vita.

OrchiDea - storia di un fiore malato

uno spettacolo scritto e diretto da Mariaelena Masetti Zannini

collaborazione alla regia Emanuela Bolco

audio originali Laura Rinaldoni 

Scene e costumi Alexandros Mars

Arte rituale erotica del corpo a cura di Niko Marinelli

coreografie Gonzalo Mirabella

coordinamento artistico Sylvia Di Ianni

con Laura Rinaldoni 

e con Gabriella Casali, Antonio Fazio, Gonzalo Mirabella, Sylvia Di Ianni, Niko Marinelli, Stefano Germani, Ilaria Amadei, Anthony Rosa, Marco Fioramanti 

e con la partecipazione speciale del marito Andrea Vangelisti 
e della sorella Daniela Rinaldoni

Ufficio Stampa Rocchina Ceglia

TEATRO TORDINONA

via degli Acquasparta 18

dal 9 al 12 gennaio 2020

ore 21.00

domenica ore 18.00

Biglietti: 12 euro 

Ridotto 10

Tessera 3

Info e prenotazioni

tordinonateatro1@gmail.com 067004932 

Cri+Sara Fou, online il videoclip del nuovo singolo “Federica (feat. Il Cane)”

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Online il videoclip di “Federica (feat. Il Cane)” il nuovo singolo di Cri+Sara Fou. Il brano attualmente in radio, disponibile in tutti gli store e piattaforme digitali sarà inserito nell’EP “L’ALTRUI”
A proposito del brano, il duo commenta: “La canzone racconta il modo di vedere dell’autore, non solo il presente di una persona a lui molto vicina, ma anche il passato, che ha ricostruito dai racconti fatti da lei e dalla voglia anche di voler aspettare il futuro per capire come potrà essere”.

Con Cri+Sara Fou hanno partecipato alla realizzazione del singolo Matteo Dainese (batteria, percussioni), Daniela Caschetto (violoncello, basso) e Katija Di Giulio (violino), ha invece suonato la chitarra e cantato Cristian Soldi con synth, basso e voce di Sara Bronzoni.

A giorni è in arrivo video ufficiale per la regia di Cristian Soldi, direttori della fotografia Marco Comerio e Giacomo Bonacina, girato a Milano.

Il regista del video dichiara: "L'idea originaria era di fare un piano sequenza per strada, per dare l'idea di continuità nel tempo, il continuare a camminare come fosse il tempo che scorre. Durante le riprese abbiamo però deciso di inserire delle parti con gli strumenti, realizzate all’interno del circolo Arci Mondini per dare più groove alla clip.”

Cri+Sara Fou è un duo formato da Cristian Soldi e Sara Bronzoni, nato “a distanza” nell’ottobre 2017: Cristian, a Verbania, stava scrivendo un album di sola chitarra e Sara (originaria di Follonica) avrebbe dovuto far parte di un suo video. Dopo aver ascoltato la sua voce è rimasto colpito a tal punto da proporle un nuovo inizio artistico che oggi li ha portati a un sodalizio.Artisticamente, entrambi vantano importanti esperienze. Il loro primo album “NON SIAMO MAI STATI” pubblicato da Sciopero Records, la storica etichetta di Paolo Enrico Archetti Maestri degli Yo Yo Mundi, che ha visto pubblicato il singolo “Il Vizio” seguito dall’estensione dello stesso disco con il brano “Non possiamo più aspettare”. A quasi un anno dall’uscita di quel progetto e dopo l'uscita della canzone "Il sole e poi la pioggia (feat. Il Cane)", il duo è impegnato alla realizzazione di nuovi singoli in previsione dell’uscita dell’ EP.




comunicazione e promozione



Fiesta milonghera a Trani, a Palazzo San Giorgio balla per tre giorni a ritmo di tango

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Ogni nuovo inizio è entusiasmante ma a rendere davvero speciali i primi giorni del 2020 sarà a Trani la Fiesta Milonghera, che sta facendo convergere nella città candidata a capitale italiana della cultura per il 2021 tantissimo pubblico.
Nella splendida perla dell’Adriatico fervono i preparativi per la tre giorni dedicata alla milonga, alla musica e alla gioia di festeggiare insieme il nuovo anno a ritmo di tango. Un programma attraente: quattro coppie di ballerini, 5 Tj, i dj selezionatori di musica da tango, tre giorni di Fiesta Milonghera.
Dal 3 al 5 gennaio 2020, infatti, la festa sarà a Palazzo San Giorgiocon appuntamenti dedicati alla gioia di condividere la passione per questo ballo con le lezioni e le esibizioni di grandi professionisti come i maestri Valentina Guglielmi e Miky Padovano, che faranno da apripista al programma, venerdì 3 gennaio a partire dalle ore 21,30, nella Milonga di benvenuto sulle note della Tj Madia. Sabato 4 gennaio si prosegue dalle ore 15,00 alle 20,00 con la Milonga della festa con il Tj Unconventionaldalle 21,30 sino a tardi invece è il tempo della Milonga di gala con la Tj Fortuna Del Prete e le esibizioni dei maestri Giorgia Rossello e Vito Raffanelli. Protagonisti del doppio appuntamento della giornata finale di domenica 5 gennaio altri quattro tra i migliori maestri di tango: Valentina Romano e Mariano Palazon e Giovanna Di Vincenzo e Aoniken Quiroga. I grandi interpreti della danza argentina saranno a Trani con la milonga pomeridiana (dalle ore 15,00 alle 20,00) e con la milonga della despedita (dalle ore 21,30 sino a notte), accompagnate rispettivamente dalle note dei Tj Marquito e Sabino El Gaucho.
A conclamare poi la vocazione turistica e l’attitudine alla destagionalizzazione della cittadina pugliese, la possibilità per coloro che vengono da fuori città di scoprire anche le bellezze di Trani con visite guidate nel suggestivo, quanto ricco di storia e culture, centro storico, tra i vicoli del quartiere ebraico sino alla imponente Cattedrale romanica sul mare (Prenotazione obbligatoria al numero 380.5272776).
Entusiasti del grande successo del 23 dicembre in cui tangheri da tutta la Puglia hanno animato con i loro passi sensuali lo chapiteau di Trani sul Filo, che campeggia in Piazza Gradenigo, gli organizzatori Claudia Vernice e Giuseppe Ragno dell’associazione InMovimento, gli stessi del Festival internazionale del tango, chiamano il popolo tanghero a salutare il nuovo anno, danzando il ballo più affascinante che ci sia. Non lesinando neanche grandi sorprese per gli amanti di questa danza seducente e della musica che si concretizzeranno di fatto a febbraio.
Ingressi su prenotazione a pagamento
Per informazioni:
Tel: 380.5272776

Teatro, Luigi Tabita novello Frankenstein in “Arsenico e vecchi merletti”: i premi ti danno un grande slancio in più. L'intervista di Fattitaliani

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Dal 7 gennaio arriva al teatro Quirino di Roma il mitico testo di Joseph Kesselring“Arsenico e vecchi merletti” con la regia di Geppy Glejieses.
Nel ruolo delle protagoniste, le indimenticabili zie assassine Martha e Abby, ci sono Annamaria Guarnieri e Giulia Lazzarini e nel ruolo dell’antagonista, il nipote pluriomicida Jonathan, l’attore siciliano Luigi Tabita.
Tabita dopo il successo della scorsa stagione con lo spettacolo “la rondine” di Guillem Clua, per il quale ha ricevuto il PREMIO FRANCO ENRIQUEZ 2019 come migliore attore italiano di teatro di impegno civile e una nomination al premio LE MASCHERE DEL TEATRO ITALIANO, torna in teatro con questa nuova sfida interpretativa, rivestendo i panni di un mostruoso criminale accanto alle più grandi attrici del teatro nazionale. Lo spettacolo, che ha debuttato al Napoli Teatro Festival in anteprima, ha già iniziato la tournée con successo a novembre e girerà i più prestigiosi teatri italiani sino ad aprile. Tabita sta riscuotendo ottimi consensi dalla critica e dal pubblico per la sua interpretazione non facile e sicuramente nuova rispetto alle sue precedenti. Fattitaliani lo ha intervistato.
Parlaci un po' della 'mostruosità' del tuo personaggio: in che cosa consiste?
Per questa commedia noir, piena di colpi di scena e di risate, il regista Glejieses ci ha chiesto a tutti sin da subito per la costruzione dei personaggi di non tracciare nessuno percorso psicologico ma di essere delle “stampelle vestite”. E così è stato. Il mio personaggio Jonathan Brewster che scappa dal manicomio criminale è un novello Frankenstein a causa delle molteplici operazioni fatte per sfuggire alla polizia. Jonathan viene descritto nel testo come un personaggio che da bambino torturava il fratello ficcandogli i chiodi sotto le unghie e che mangiava vermi.
Puoi immaginare quanto mi sia divertito nel costruirlo pezzo per pezzo: movimenti legnosi ed inaspettati scatti omicidi, la voce scurissima, una risata demenziale (ride, ndr). Devo fortemente ringraziare il regista che mi ha dato questa possibilità ed aiutato moltissimo a raggiungere questa mostruosità!
Facile calarti nei panni di un criminale?
Jonathan è un criminale ma di una commedia quindi anche se è serissimo ha una leggerezza ed un gusto surreale, sembra uscito dal mondo di Buster Keaton. Mi diverto molto ad interpretarlo, a trasformarmi soprattutto fisicamente. Infatti come vedrete anche dalle foto ho un trucco molto complicato ed ogni sera in camerino davanti lo specchio man mano che mi trucco do vita a questa strana creatura che in fondo ha anche un cuore.
Questo ruolo costituisce un ulteriore passo in avanti nella tua carriera?
Ma guarda oggi è veramente difficile parlare di carriera. Quando ho cominciato io aveva un senso si costruiva tassello dopo tassello oggi a causa del lavoro che è sempre meno non si può fare più carriera. Ho visto super attrici in commedie e teatri che prima loro evitavano come la peste e neanche consideravano... È un periodo molto complicato per il teatro. Il sistema fa acqua da tutte le parti. Ormai è in mano a personaggi scadenti, agli “esperti dei contributi statali” che fanno il teatro solo per un loro tornaconto a scapito di tutto e soprattutto dei lavoratori e delle lavoratrici.
Io sono quasi 20 anni che faccio questo mestiere e sono felice di essere stato chiamato per questo ruolo sia perché è una commedia, ed era da tempo che non ne facevo, e poi perché sto in scena con due fuori serie del teatro italiano come Anna Maria Guarnieri e Giulia Lazzarini dalle quali puoi solo “rubare”(così si dice in gergo) il mestiere e arricchire il tuo bagaglio, quindi in un certo senso sì è un passo avanti nel mio percorso personale.
Il 2019 è stato un anno ricco di soddisfazioni: i vari riconoscimenti oltre a rappresentare un motivo di orgoglio e di stimolo, potrebbero anche in un certo senso suscitare timori e dubbi?
E perché mai timori o dubbi? No, anzi proprio per il discorso che facevo prima della crisi del teatro, avere dei riconoscimenti per il proprio lavoro è molto importante perché ti dà la forza ad andare avanti. In questi anni ho visto molto colleghi e colleghe abbandonare il lavoro e dedicarsi ad altri mestieri, perché il sistema è al collasso ribadisco, se come me non fai parte di famiglie, teatri, o non sei nella cerchia del regista tal dei tali non sopravvivi. Ogni giorno quando mi sveglio mi trovo una motivazione per continuare a fare questo mestiere così necessario ma tanto bistrattato e quindi quando arrivano i premi ti danno un grande slancio in più, ti danno la consapevolezza che stai facendo bene e che qualcuno se ne è accorto.
Cosa ti auguri per il Teatro per quest'anno nuovo?
Spero di poter continuare a viverci di questo mestiere come è successo fino ad ora, spero che arrivino nuove proposte teatrali interessanti, magari di impegno civile, e soprattutto mi auguro che la politica, che ormai gestisce i teatri, possa nominare nei consigli di amministrazione dei teatri persone prese dal mondo del teatro che sappiano controllare e riconoscere probabili errori e megalomanie autoreferenziali di direttori messi a capo di istituzione pubbliche, cosa che oggi ancora non succede. Giovanni Zambito.
Foto di scena: Tommaso Le Pera

Paternoster- L'eredità dei figli al Teatro Studio Uno: Padri/Figli a confronto tra insofferenza, ribellione e voglia di riscatto

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Debutta in prima assoluta al Teatro Studio Uno dal 9 al 12 gennaio 2020 “Paternoster - L'eredità dei figli”, primo spettacolo della giovanissima compagnia “Collettivo Est Teatro” con protagonisti Paolo Perrone e Ludovico Cinalli diretti da Beatrice Mitruccio, che porta in scena una profonda riflessione riguardo il bisogno di gridare la propria esistenza al fine di trovare un posto, e soddisfare la necessità di sentirsi vivi anche in un mondo intossicato.

Due personaggi: un “Legato” e un “Viandante”. Dallo studio di tali figure nasce il progetto di Paternoster, un confronto tra chi non se ne va mai e chi non riesce a rimanere. Il conflitto tra queste due personalità, la diversità di bisogni che hanno, è stato il punto di partenza della compagnia per sviluppare il tema Padri/Figli, cardine dello spettacolo, traendo ispirazione da “La parabola del Figliol Prodigo”. In scena, due lampadine, quasi lumini da cimitero, a tratti li illuminano e li accomunano e offrono il momento giusto per dare parola, per dare sfogo ad una generazione spaccata dalla paura del vuoto, spaccata dalla paura della morte.

Mimmo e Alberto sono fratelli, ma hanno preso delle strade diverse e diverse sono le loro opinioni del mondo: insofferenza, ribellione, sfida, rassegnazione sono solo alcuni dei vettori che li muovono. Non si vedono da anni, ed è la morte del padre che gli fornisce il pretesto per parlarsi di nuovo, con crudezza ed ironia, e per continuare questo dramma maschile. La drammaturgia di Paternoster è una scrittura scenica che prende forma in uno spazio scenico spoglio, vuoto, quasi buio, un affresco caravaggesco che racconta la loro relazione, quel rapporto tra fratelli che tra Mimmo e Alberto non esiste ormai da anni, ma che da tempo ha il bisogno di ritrovare calore e speranza verso il futuro.



Note di Regia

“E scappò via con la paura di arrugginire

il giornale di ieri lo dà morto arrugginito…”

La Canzone del Padre – Fabrizio De André

De André scrive questi versi raccontando un figlio che fugge dalla sua famiglia per paura di trasformarsi in una vecchia macchina arrugginita, in pieno stile kafkiano. È questa voglia di evasione e di libertà che ci porta ad andar via dalla nostra terra, a sbagliare forse, ad essere egoisti a volte. Alcuni hanno oggi un’esistenza tranquilla, conforme alle regole, integrata nel sistema e seguono le orme del proprio genitore; altri li ho persi di vista. Esigenze diverse. Ma che cosa significa oggi andarsene? Penso ad uno studente in una città diversa dalla sua, penso ai migliaia del Sud che andarono al Nord e che ancora lo fanno, penso ai viaggi di piacere che molti non possono permettersi più, alle crociere sul Mediterraneo, che di viaggi ne ha visti molti e diversi. Paternoster è un viaggio, è una metafora vera e ironica di questo nostro mondo che si sfascia, che stiamo sfasciando, e così come cade a pezzi lui, cadiamo a pezzi noi. Forse ci siamo abituati ad una crisi di cui si parla troppo, ma che sembra lontana, come se non ci riguardasse. Come un grigio che si fa sempre più fitto nel cielo, un fumo che ci annebbia la vista. A chi piace vivere nel fumo? Quello che ho fatto è semplicemente aver riconosciuto il mio, il nostro appuntamento con questo tempo, con le generazioni, con la morte. Dentro di noi, il desiderio di colmare una solitudine, di parlare al nostro passato, di immaginare un futuro”. Beatrice Mitruccio


“Paternoster – L'eredità dei figli” 9-12 gennaio 2020

Teatro Studio Uno, Via Carlo della Rocca, 6 (Torpignattara).

Ingresso 12 euro. Tessera associativa gratuita
Giov – Sab ore 21,00 e Dom ore 18.00


PRENOTAZIONI http://j.mp/prenotaTS1

Per info: 3494356219- 3298027943

www.teatrostudiouno.com – info.teatrostudiouno@gmail.com

IRENE FORNACIARI DIXIT: ho sofferto di attacchi di panico

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Irene Fornaciari, ospite a Vieni da me su Rai1, ha rivelato a Caterina Balivo che Grande Mistero, la canzone con cui partecipò a Sanremo nel 2012, racconta le sue difficoltà causate dagli attacchi di panico.
“Non l’ho mai detto prima perché non volevo che questo mio problema venisse “usato”, o che si pensasse che io usassi questo problema per apparire”, ha spiegato la cantautrice figlia di Zucchero. “È un brano che ha scritto per me Davide Van De Sfroos dopo che mi confidai con lui dicendogli come questi attacchi mi limitassero la vita. Sono veramente “bastardi”, e chi ne soffre lo sa. E’ una sensazione indescrivibile, bruttissima, ti sembra di morire. La canzone parla proprio di questo: “questo boato che ho sotto il respiro rimane il mio grande mistero”, è questa energia che uno ha dentro e non riesce a liberare, che invece di esplodere implode.

È un problema che si supera prima di tutto parlandone, mentre per molti è ancora un tabù. Poi io cercavo degli escamotage, ad esempio quando andavo in macchina utilizzavo il navigatore che mi mostrava la strada che diminuiva. Poi ovviamente bisogna affidarsi a dei professionisti come ho fatto io, con una psicoterapeuta che mi aiuta ancora oggi”, ha concluso.

Andrea Laszlo De Simone: il mediometraggio completo di "Immensità" chiude il suo straordinario 2019

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Il 31 dicembre del 2018 Andrea Laszlo De Simone chiudeva il percorso di "Uomo Donna" con la pubblicazione a sorpresa del video di Sparite tutti e lasciava un personale messaggio di arrivederci rivolto al futuro e a tutti gli ascoltatori della sua musica.

Un futuro che si è manifestato in questo 2019 appena passato, ricco di sorprese, di nuove scoperte e appuntamenti importanti partito con la menzione da parte dei The Lumineers e il successivo invito da parte della band americana ad aprire la loro data italiana davanti a migliaia di persone all’Alcatraz di Milano e conclusosi - appunto - con la pubblicazione di "Immensità".
L'ultimo lavoro di Andrea (pubblicato come il precedente da 42 Records) ha dominato quasi tutte le classifiche di fine anno pubblicate dai media musicali italiani, affermando ancora una volta Andrea Laszlo De Simone come un artista unico nel suo genere.
Un mini-tour che lo ha visto sul palco insieme ad altri otto musicisti in una formazione orchestrale registrando il tutto esaurito in ognuna delle quattro tappe. (Roma, Torino, Padova, Milano)
Non solo: due brani estratti proprio da "Immensità" - La nostra fine e Immensità - sono stati selezionati dalla regista Elisa Fuksas per il suo film "The App", uscito su Netflix lo scorso 26 dicembre.
Un anno fortunato quindi, che ha confermato Andrea come uno dei talenti più puri del panorama musicale italiano. Un vero e proprio artigiano della canzone: Andrea Laszlo De Simone non è, infatti, solo un cantautore, ma anche un compositore, un arrangiatore e un produttore. Andrea è un artista che aderisce alla più tradizionale idea di musica d’autore italiana e proprio per questo nel contesto attuale pare sorprendere e acquisire il merito di essere un innovatore. Ogni aspetto della sua musica è curato in prima persona, in un’intimità creativa che gli è sempre stata necessaria e che, questa volta, ha dato vita ad una composizione dall’aria classica, ripresa e riarrangiata dallo stesso per le parti musicali consegnate agli elementi della sua piccola orchestra. 
Non è di minore importanza l’attenzione che Andrea riserva da sempre anche alla parte visuale del suo lavoro, scrivendo e co-firmando la regia di tutti i suoi videoclip.
A coronamento di questo percorso e in assoluta coerenza con il concept di circolarità del tempo della suite, l’ultimo dell’anno Andrea ha pubblicato il mediometraggio di "Immensità", del quale ha curato il soggetto e in alcune parti anche la regia e il montaggio. Un’opera filmica empirica che ha l’obiettivo di unire in un’unica trama i 4 videoclip delle canzoni, di fatto i 4 capitoli della suite, che prossimamente verrà pubblicata anche in Francia da Ekleroshock/Hamburger Records (Polo&Pan, Benjamin Clementine, Limousine e molti altri) che porteranno la musica di Andrea al di fuori dei confini nazionali.
Vogliamo riportare le parole di Andrea, che ha presentato così il mediometraggio di “Immensità” sui suoi canali social:
“Alla vigilia dell’ultimo giorno dell’anno fare un bilancio è inevitabile. Questo è stato un anno indimenticabile. Da un disco nuovo ad una figlia nuova di zecca.
E’ successo tutto.
Collaborazioni con registi, videomaker, musicisti francesi e italiani, l’amicizia sincera con i The Lumineers, il tour, un piccolo studio messo su con un piccolo grande pugno di amici, la seconda elementare di mio figlio, una marea di canzoni nuove, idee, progetti. Un anno che ne vale 10, forse 20.
Per certi versi si potrebbe dire che le cose via via si sono fatte sempre più serie, che sono diventato adulto.
Ma io vengo dal gioco e dall’amatoriale. Dalle idee completamente fini a se stesse e senza pretese.
Ed è con questo spirito che ormai parecchi mesi fa ho cominciato un piccolo gioco portato avanti part-time, l’ennesimo esempio di quanto io sia assolutamente privo di senso pratico e di senso degli affari.
Per il nuovo album “Immensità” avevo previsto di fare 4 video clip.
Quello che non avevo assolutamente previsto è che avrei disseminato ogni video con piccoli elementi, spiragli che mi avrebbero dato la possibilità di giocare, in maniera del tutto amatoriale, ad unire ogni videoclip sotto un’ unica trama, creando un mediometraggio a dir poco assurdo, scomposto e grottesco.
Qualsiasi critico o analista potrebbe liquidare tutto ciò in un attimo, perché se uno guardasse questo “mini film” come un “prodotto” o una “proposta” saprebbe bene che è attaccabile sotto ogni punto di vista.
Ma questo è un gioco, non è arte, non è materia da critici ne da chi guarda il mondo pensando a ciò che funziona, a ciò che vale la pena fare o non fare ai fini commerciali o del vanto personale.
Questo sono io che gioco con il pongo insieme ai miei figli, che bevo un amaro insieme ai miei amici, che parlo di politica con i miei genitori o che disegno con la mia fidanzata.
E’ questa per me l’immensità. E’ un indefinito campo di possibilità.
E’ un gioco che non pretende niente e che tutto da o che tutto pretende e niente da.
E’ la voglia che nessuno potrà togliermi mai.”
Guardalo qui

HAFEZ HAIDAR, Laurea honoris causa della World Humanistic University e annotazioni sulla sua Poetica

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Hafez Haidar, insigne scrittore e poeta, docente di Letteratura araba all’Università di Pavia, il 20 dicembre 2019 ha ricevuto la Laurea honoris causa in Scienze Umane conferitagli dalla World Humanistic University, ateneo con sedi a Miami (Usa) e Quito (Ecuador), e prossimamente a Luanda (Angola) e Milano (Italia). Il riconoscimento, l’ultimo in ordine di tempo, si aggiunge ad un già ricco palmares di prestigiosi premi letterari che sono stati tributati al poeta e scrittore. 

     Di origine libanese - è nato a Baalbek il 25 maggio 1953 – Hafez Haidar è da molti anni cittadino italiano. Ha studiato Filosofia greca ed araba all’Università di Beirut, poi, trasferitosi in Italia, ha fatto gli studi a Milano, dove all’Università Statale si è laureato in Lettere Moderne e specializzato in Archivistica, Paleografia e Diplomatica con il massimo dei voti. 
     Nel 1986, abbandonata la carriera diplomatica, si è dedicato all’insegnamento e alla scrittura, impegnandosi in un’intensa attività tesa a costruire collaborazioni tra popoli e culture, creando occasioni di conoscenza e di dialogo tra Cristianesimo e Islam. Rilevante la sua attività editoriale come poeta, romanziere, saggista e traduttore. Ha pubblicato per Mondadori, Piemme, Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Tea, Guanda, Mondolibri ed altri editori. 
     Per la sua attività culturale, mirata a favorire in campo internazionale il dialogo interreligioso e la convivenza pacifica tra popoli di culture diverse, è stato Candidato al Premio Nobel per la Pace negli anni 2016 e 2017, e nel 2018 al Premio Nobel per la Letteratura. Considerato uno dei maggiori studiosi delle religioni monoteistiche a livello mondiale, è anche il massimo studioso di Khalil Gibran, per le cui opere - e per quelle di altri autori arabi - è stato traduttore e curatore delle edizioni in lingua italiana. Componente di prestigiose istituzioni culturali, in Italia e all’estero, è anche direttore generale della Camerata dei Poeti di Firenze. Qui di seguito si propone una significativa nota, sulla Poetica di Hafez Haidar, del prof. Orazio Antonio Bologna. (Goffredo Palmerini)

Breve riflessione su due poesie di Hafez Haidar
di Orazio Antonio Bologna *
Leggere la poesia, che limpida, sofferta e, nello stesso tempo, a lungo meditata, sgorga dalla penna magistrale di Hafez Haidar, per dirla con Dante, fa tremar le vene e i polsi. Per l’intenso lirismo, del quale è permeato ogni lessema, ogni sintagma, ogni strofa lascia anche nel lettore più attento e avveduto un certo disorientamento. Non è, infatti, solo il lirismo ad avvincere la mente, ma la profondità e l’universalità del messaggio, che con parole semplici e ben calibrate, riesce a veicolare a un pubblico sempre più vasto e idoneo a recepire quanto è ora chiaro ora velato nei singoli versi formati, a volte, da una sola parola. 

In tutta la raccolta dei carmi, non a caso intitolata Il nuovo profeta, si avverte e vibra in tutta la sua ampiezza l’arcano e misterioso mondo orientale, intriso di sapienza e saggezza, che affondano le radici in civiltà solo da poco, e in parte, recuperate. In ogni lirica si avverte impercettibile il profumo delle spezie, che, col loro etereo avvincente alone, avvolgono l’anima e la sollevano verso un’atmosfera rarefatta; e, nella penombra d’una parola appena sussurrata, rivela il mistero della poesia e di quanto questa si pone come interprete e ne diviene portavoce. Per avere una pallida idea del complesso mondo interiore del poeta, è necessario tener presente la complessità della sua formazione sia umana che spirituale. Orientale di origine, Hafez Haidar ha bevuto personalmente e direttamente alle fonti stesse di quelle culture, che costituiscono le radici della nostra società. Pochi, forse, oggi sono coscienti di quanto la cultura occidentale, con la mediazione dei Greci, sia debitrice di quelle civiltà e culture fiorite millenni addietro nella Mezzaluna fertile. 
Da quel mondo tanto lontano, eppure così vicino, il poeta attinge il messaggio, che, secoli fa, quando l’Impero Romano era all’apice della sua potenza e grandezza, con valori nuovi ha plasmato l’uomo e dato un avvio diverso, una sterzata decisiva alla società. Il nuovo Messaggio, fondato sull’Amore, ha inaugurato una nuova e feconda stagione, che ancora non conosce tramonto, ma solo qualche lieve e breve offuscamento, dovuto alla cecità e alla cupidigia dell’uomo, alla sua sfrenata sete di potere e, soprattutto, al suo egoismo. In tutta la breve raccolta Hafez ritorna con insistenza e profonda convinzione all’antropocentrismo cristiano, il quale ha un solo superiore, cui tende le orecchie: Dio, il Padre, il Creatore. Questi, nella sua infinita bontà, impartisce all’uomo, come si legge in Marco 12,31, un solo precetto: «Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questo». 

L’uomo, in virtù del battesimo, vive in pieno la duplice dimensione: divina nel rapporto filiale col Padre e umana nel rapporto fraterno con i suoi simili, perché creati dallo stesso Padre, anche se sono diversi per colore, lingua, religione e nazionalità. Sostenuto da questa convinzione, Haidar vede l’uomo solo nella sua sostanza e nella sua bidimensionalità e, volutamente, lo spoglia di quegli accidenti, in nome dei quali commette, fin troppo spesso, brutalità e crimini indegni del suo essere figlio del Padre, che inculca solo Amore. Haidar si pone, oggi, come nuovo Diogene, che va in cerca dell’Uomo, smarrito nei meandri del mondo costruito sulla frivolezza, sull’odio, sui rancori e, peggio, su una pretesa superiorità. Nel tessuto dei moderni centri urbani, a differenza di qualche tempo fa, non molto remoto, serpeggia la diffidenza, il malumore, il timore, l’odio verso l’altro. Oggi, alla luce dei testi sacri, ogni battezzato deve cercare l’Uomo con gli occhi del rinnovamento operato dal mistero della comunità ecclesiale. Di tale mistero, però, a uno sguardo più attento, si è perduto tutto, soprattutto il senso della nuova humanitas, fondato sull’amore reciproco e l’apertura incondizionata verso quanto viene non solo dall’esterno, ma soprattutto dall’alto. Il messaggio è uno e lo stesso: è, come dice Orazio, alius et idem.   
    
Nel mondo orientale, fin dai secoli più remoti, la figura del maestro, persona saggia, affidabile e rispettabile, rivestiva un ruolo di primaria importanza. Questa figura, spoglia di ogni incrostazione temporale, si trova nella prima parte del volume e, come Cristo, del quale calca le orme e ripete gli insegnamenti, impartisce lezioni di vita, ancora attuali e vitali. Questi insegnamenti, nella loro essenza più immediata e plastica, si concretizzano nella preghiera e nell’amore. Oggi, in preda a una vita frenetica, l’Uomo non ha più tempo per pregare, per rivolgere al suo Creatore un pensiero di ringraziamento. E pure in sé sente urgente questo impellente bisogno dell’anima, soprattutto in alcuni momenti della giornata e della vita. Nella cieca rincorsa delle chimere, l’Uomo dimentica di essere ens naturaliter religiosus e rinnega in ogni istante della vita la dipendenza dall’Altro per rivolgersi ad altro, nella vana speranza di appagare con la miseria della pereunte caducità la sua sete del divino e del soprannaturale. 

Haidar, per veicolare un messaggio così importante per la vita dell’uomo, pur avendo sotto gli occhi il vangelo, mette in bocca a Maria, una delle tante seguaci del Maestro, una donna qualunque, queste semplici parole: «Maestro, prima di far salpare la tua nave, ti prego, insegnaci a pregare!». La presenza del vangelo è più che ovvia: nel vangelo di Luca 11,1-2, infatti, si legge: «Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”». Il Maestro nel vangelo insegna il Padre nostro, il poeta, senza alcun preambolo, invita l’uomo al raccoglimento e alla preghiera con semplici, ma efficaci parole:
Prega in silenzio 
Nel tempio del tuo cuore,
Dove la tua anima e il tuo spirito
Volteggiano nello spazio sconfinato
Del tuo corpo
Ardente d’amore.
Da una richiesta apparentemente banale e senza senso il poeta spicca il volo verso un orizzonte inesplorato e luminoso con immagini e, in modo particolare, un ritmo, che, nella loro semplicità, trasportano immediatamente il lettore nel vasto orizzonte dell’infinito. E, pur chiuso nell’interno del proprio cuore, nel suo tempio, il sancta sanctorum di ogni battezzato, senza mediazione alcuna l’uomo incontra il divino e trova sé stesso. 

In questa sentita e umana parenesi il poeta riassume in modo magistrale quanto l’evangelista Matteo, 6,5-6, mette in bocca a Gesù: «Quando pregate, non siate simili agli ipocriti, che nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Ma, perché ciò possa avvenire, secondo gli insegnamenti dell’ascetismo, presente in tutte le religioni, l’uomo ha bisogno del silenzio, che, nel vangelo, per lo più, è rappresentato dal luogo solitario, dal deserto, dalla montagna. Ma il poeta, acuto interprete delle Scritture, pone il silenzio all’interno dell’uomo, nel tempio del suo cuore.

Quando l’uomo, lontano dal frastuono del mondo che lo circonda, entra nel suo tempio e rivolge la mente al divino, trova la sua vera dimensione, perché quando prega, attimo dopo attimo, si avvicina sempre più al Signore, fino a identificarsi con lui. All’uomo di oggi, travolto da impegni e preoccupazioni spesso inutili, sembra che sia negato il tempo per pregare e pensare soprattutto a sé stesso. Pur uscire da questo labirinto, nel quale si aggroviglia sempre più, basta tener presente ciò che Seneca scrive al suo allievo Lucilio: vendica te tibi, prendi pieno possesso di te, non permettere che altri ti usino e ti distolgano dal fine verso il quale devi tendere. Quando l’uomo riesce ad essere pienamente padrone di sé, a controllare e amministrare il suo tempo, trova anche il tempo per incontrare il Padre, che lo aspetta a braccia aperte. A questo punto prende la parola il poeta, il quale così esorta l’uomo ormai libero:

Prega,
Spalanca le porte del tuo cuore
Al sole, alla luna e alle stelle.
Sei luce nella luce,
Sei spazio nello spazio,
Sei il frutto dell’amore.   
La breve pericope si commenta da sé con immagini di pretto sapore orientale, disseminate con grazia nel ferreo controllo del ritmo e nella successione dei versi, nell’accurata scelta dei singoli lessemi. Il poeta opera un sapiente intreccio tra luce e spazio, tra realtà temporale e metatemporale e incentra il tutto su due perni fondamentali, costituiti dall’apertura del cuore con la preghiera e dall’amore. Al lettore attento non sfugge l’influenza esercitata da Dante sulla bella creazione poetica. Per il Sommo Poeta Dio è luce e irradia di luce tutti gli uomini, che, con la purezza di cuore e con la sincerità della preghiera si accostano a Lui. 

Su questa lirica si potrebbe parlare ancora molto; ma, per non tediare il lettore, preferisco passare alla seconda poesia, incentrata sull’amore.  Anche in questo caso, alla semplice domanda: «E un giovane innamorato domandò: “Spiegaci che cos’è l’amore!”» il Maestro impartisce insegnamenti di particolare importanza, soprattutto nel nostro tempo, nel quale, come sembra, si è perduto il vero concetto di amore, frainteso e sostituito solo e unicamente dall’appagamento dei sensi. Con amore i più, oggi, intendono la sfrenatezza sessuale, i facili approcci, il piacere fisico. Questo, se bene inteso e incanalato, può essere un aspetto né secondario né vituperabile dell’amore. 

Come nella lirica precedente, anche in questa il poeta con un breve brano in prosa, che giustifica e, per così dire, anticipa la poesia, spiega i motivi contingenti della composizione. Con questo sapiente artificio il poeta si accattiva dapprima la mente del lettore e, successivamente, desta in lui l’interesse verso la lirica. Le sue parole risultano tanto più vere e autorevoli quanto più importante è il personaggio che le pronuncia. Anche qui è il Maestro, che dice esattamente come, oggi, bisogna intendere l’amore. Oggi, molto più che nei tempi passati, si parla di amore, che viene proposto e decantato sotto molteplici aspetti, vissuto nella sua dolcezza e nella sua drammaticità, nel suo calore e nella sua freddezza. Ma qual è il verso senso dell’amore alla gran parte sfugge, perché immensa è la sua ampiezza semantica. Per cui il poeta si spoglia delle nozioni della filologia e della filosofia e pone sulla bocca del maestro poche, semplici parole, dettate dall’esperienza: 

Quando l’amore bussa alla porta del tuo cuore
E senti il tuo corpo tremare
Come una foglia autunnale
In balìa alle passioni
E il tuo cuore ardentemente palpitare
E non riesci a trattenere le emozioni
Né a frenare i sentimenti
Né a chiudere gli occhi,
Al calare della notte
Lasciati trasportare
Sulle ali dell’amore
In un mondo fatato
Dove non esistono leggi.

Nel leggere questa breve e intensa pericope, sembra sentire Sant’Agostino, quando dice: Dilige et quod vis fac, ama e fa’ quello che vuoi. Haidar, al quale non sono ignote né le Scritture né le opere dei Padri della Chiesa, ricalca molto da vicino ciò che l’evangelista Giovanni insegna nella prima lettera. Il verso dove non esistono leggi, come il sintagma agostiniano appena riferito, potrebbe essere inteso in modo erroneo, nel senso che l’amore, per la libertà che concede, potrebbe dare adito alla violenza, alla sopraffazione della persona amata. Come nell’apoftegma agostiniano fac è in diretto rapporto a dilige, così l’espressione di Haidar è in precisa rispondenza e conclusione dei versi precedenti, nei quali, mediante una serie incalzante di asseverazioni, una conseguenza e presupposto dell’altra, la mancanza di leggi vincolanti o impedienti permette a chi ama di non trovare nell’amore ostacolo alcuno per la piena e perfetta realizzazione.

L’amore, che il Maestro propone alla riflessione del richiedente, è insito nell’insegnamento evangelico: San Giovanni, infatti, definisce Dio caritas, amore senza ricambio, disinteressato, perché per amore ha creato l’uomo e con amore infinito lo ha redento dal peccato. Il poeta in questo caso ripete e interpreta liberamente ciò che Gesù stesso, Giovanni 14,21, ha detto: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama» e poco dopo, in 14,23, afferma: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola». Lungi da un’esegesi teologica dello scritto, la lirica di Haidar permette di osservare la presenza, ancora viva e attuale, del profetismo. Chiunque ama nel vero senso voluto dalla natura diviene annunciatore e propugnatore della Verità, nella quale affonda le radici l’amore. 

Con questi insegnamenti universali Haidar è il profeta dell’amore, della fratellanza, dell’accoglienza. Alla luce di questa realtà, le parole del nuovo profeta sembrano spirate dal vento del deserto, dal sussurro d’una foresta di cedri nel lussureggiante paesaggio del misterioso Oriente. Nei versi, infatti, aleggia la leggerezza e la delicatezza della più bella e sentita poesia araba, che tanto ha dato alla formazione della lingua poetica italiana e presente nella corte di Federico II, in Sicilia. Il poeta, con finezza e sensibilità, coniuga due culture che tendono al medesimo fine: all’Amore. L’amore per il poeta, e come in realtà è, non è rivolto verso sé stesso, ma verso un altro, diverso da sé. E qui, richiamando alla mente le sollecitazioni suscitate dalla lettura di Saffo 2D e LI di Catullo, il poeta per il tramite del Maestro non esita a dire: 

E quando senti il tuo corpo scottare di calore
E fremere bagnato di sudore,
Dimentica tutto,
Dove sei nato e dove sei cresciuto.
Stringi il suo corpo al tuo corpo
E naviga a lungo
Nell’orbita dell’amore.

L’amore non è solo un istinto. Questo stato di natura, insito in tutte le creature, nobilitato dalla razionalità e dalla consapevolezza verso l’oggetto, cui tende, rende l’uomo diverso dalle altre creature. Seguendo da vicino il Cantico dei cantici, un vero capolavoro della poesia erotica orientale, il poeta vela il carme d’una sottile e impercettibile sensualità, che, con la sua sfumata presenza, desta nel lettore quegli impercettibili impulsi, destinati a fondere in un unico essere due corpi diversi e a dar vita a un particolare stato dell’animo. Il vero amore, come dice l’antico poeta, non conosce confini, non guarda dell’amato né il colore della pelle, né la terra di appartenenza, perché, nella sua grandezza e unicità, è universale.

Il monito del poeta dimentica tutto, / dove sei nato e dove sei cresciuto è attuale oggi più di qualche lustro addietro: l’uomo attuale, infatti, ha dimenticato che i confini, che chiudono un territorio e separano gli uomini, non sono imposti dalla Natura, ma sono stati creati dall’uomo, per allontanare il vicino.  I confini, inoltre, come il concetto di razza, sono categorie umane, che possono anche essere abolite senza che l’umanità se ne accorga o ne soffra. Su queste due categorie, falsamente intese e propalate come verità assolute, da parte di non pochi ciurmatori si continua a innescare odio, a seminare paura. L’uomo non avvezzo al ragionamento si chiude in sé stesso e si considera, a torto, la parte migliore dell’Umanità. 

A questo punto i riferimenti con la lirica precedente sono innegabili, perché preghiera e amore, due concetti universali, non si escludono, ma si integrano a vicenda. Come il sole brilla su tutti senza badare né alla latitudine né al colore della pelle dell’Uomo, così la preghiera, rivolta a Dio, che è luce per antonomasia, sale identica da ogni angolo della Terra e l’Uomo, inondato di luce divina, ama senza distinzioni. Sarebbe bello e interessante poter esaminare anche altre liriche del volume. Ma ho cercato di scrivere quanto il poeta intende trasmettere all’uomo, che cerca di vivere coscientemente la sua avventura terrena, perché sotto l’egida dell’amore e della preghiera si senta unito a tutti gli altri uomini, qualunque sia la religione, il luogo di provenienza e il colore della pelle. 

*Orazio Antonio Bologna è nato nel 1946 a Pago Veiano (Benevento, vive e risiede a Roma. Laurea in Lettere classiche conseguita nel 1975 presso l’Università Federico II di Napoli, si è iscritto al Pontificium Institutum Altioris Litinitatis presso la Pontificia Università Salesiana dove, nel 1978, ha conseguito magna cum laude la Licenza in Lettere cristiane classiche. Dal 1975 al 1986 ha insegnato lingua e letteratura latina e greca in istituti superiori e poi Composizione latina e Metrica latina e greca presso l’Università Pontificia Salesiana. Attualmente è professore emerito di Composizione latina e Letteratura latina presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma. Vicedirettore scientifico della rivista Collectanea Philologica dell’Università Statale di Łódź (Polonia), è autore, tra le altre pubblicazioni, dei volumi Archiloco (A. Lalli, 1975); Manfredi: tra scomunica e redenzione (Sentieri meridiani, 2010); Manfredi di Svevia. Impero e Papato nella concezione di Dante (LAS, 2013). Ha inoltre curato l’edizione dell’opera di Giovanni Pietro Arrivabene Ad Sanctum Dominum nostrum Pium Papam II (IF press, 2014). 



Pagebook, Marcel Proust e l'incipit di "Du Côté de chez Swann": puntata n° 1

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Prima puntata di una rubrica letteraria di FattitalianiPagebook.
A cadenza plurisettimanale, verrà pubblicato un incipit o un brano di un libro, un classico come anche di oggi con la traduzione in un'altra lingua/altre lingue. I lettori potranno liberamente commentare nella relativa pagina di Facebook: saranno esclusi i commenti contenenti offese, volgarità, odio, attacchi verbali violenti.

A inaugurare lo spazio Marcel Proust con l'incipit di Du Côté de chez Swann (1913), primo volume del romanzo Alla ricerca del tempo perduto dello scrittore francese, qui ripreso nella versione francese e poi nella traduzione di Natalia Ginzburg, Giovanni Raboni, Bruno Schacherl.

Première partie : Combray
I. Longtemps, je me suis couché de bonne heure. Parfois, à peine ma bougie éteinte, mes yeux se fermaient si vite que je n’avais pas le temps de me dire : « Je m’endors. » Et, une demi-heure après, la pensée qu’il était temps de chercher le sommeil m’éveillait ; je voulais poser le volume que je croyais avoir encore dans les mains et souffler ma lumière ; je n’avais pas cessé en dormant de faire des réflexions sur ce que je venais de lire, mais ces réflexions avaient pris un tour un peu particulier ; il me semblait que j’étais moi-même ce dont parlait l’ouvrage : une église, un quatuor, la rivalité de François Ier et de Charles Quint. 
Du côté de chez Swann (1913), Marcel Proust, éd. Gallimard, coll. Quarto, 1999, partie Combray, chap. I, p. 13

Prima parte: Combray
Incipit nelle varie traduzioni italiane
Ginzburg 
Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, non appena spenta la candela, mi si chiudevan gli occhi cosí subito che neppure potevo dire a me stesso: "M'addormento". E, una mezz'ora dopo, il pensiero che dovevo ormai cercar sonno mi ridestava; volevo posare il libro, sembrandomi averlo ancora fra le mani, e soffiare sul lume; dormendo avevo seguitato le mie riflessioni su quel che avevo appena letto, ma queste riflessioni avevan preso una forma un po' speciale; mi sembrava d'essere io stesso l'argomento del libro: una chiesa, un quartetto, la rivalità tra Francesco primo e Carlo quinto. 
Marcel Proust, La strada di Swann, traduzione di Natalia Ginzburg, Einaudi, 1963.

Raboni 
A lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso: "Mi addormento". E, mezz'ora più tardi, il pensiero che era tempo di cercar sonno mi svegliava; volevo posare il libro che credevo di avere ancora fra le mani, e soffiare sul lume; mentre dormivo non avevo smesso di riflettere sulle cose che poco prima stavo leggendo, ma le riflessioni avevano preso una piega un po' particolare; mi sembrava d'essere io stesso quello di cui il libro si occupava: una chiesa, un quartetto, la rivalità di Francesco I e Carlo V. 
Marcel Proust, Dalla parte di Swann, traduzione di Giovanni Raboni, Mondadori, 1965.

Schacherl 
Per molto tempo io sono andato a letto presto. A volte, appena spento il lume, gli occhi mi si chiudevano istantaneamente. Non avevo neppure il tempo di dirmi: «M'addormento». Una mezz'ora dopo, il pensiero che era tempo di trovar sonno, mi svegliava; sentivo di dover posare il libro che credevo d'avere ancora in mano, e soffiare sul lume. Non avevo cessato, dormendo, di riflettere su ciò che avevo letto, ma le mie riflessioni avevano preso un corso tutto particolare: mi sembrava d'essere io l'argomento del libro, una chiesa, un quartetto, la rivalità tra Francesco I e Carlo V. 
Marcel Proust, Dalla parte di Swann, traduzione di Bruno Schacherl, G. C. Sansoni Editore, Firenze, 1965.

Befana in 500 al Gaslini di Genova con la Fata Zucchina

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Appuntamento speciale quest'anno per il giorno dell'Epifania. Si ripete infatti la tradizionale visita all'Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova per i soci del Fiat 500 Club Italia che per il 22° anno si recheranno presso la struttura in un colorato convoglio di auto provenienti da Liguria e basso Piemonte.

L'incontro, organizzato da Coordinamento di Genova del Fiat 500 Club Italia, sarà in zona Foce alle 9 di mattina e da qui decine di cinquecento partiranno per le vie cittadine in direzione Gaslini, capitanate dalla 500 giardiniera “Settebellezze” da anni in uso al Gaslini per facilitare gli spostamenti delle famiglie dei piccoli ricoverati. 

A bordo delle vetture vi saranno sacchi pieni di doni che verranno distribuiti dai personaggi dei cartoni animati a tutti i giovani pazienti. Ad aggiungere un tocco di magia alla giornata, assieme alle Befane quest'anno ci sarà anche la Fata Zucchina, ovvero la giornalista RAI Renata Cantamessa, che per l'occasione donerà a tutti i bambini una copia del suo bellissimo libro “Diario di una Zucca Felice”. Il libro, realizzato in collaborazione con Slow Food, nasce dall'idea di educare i giovani ad una sana alimentazione e ha inoltre uno scopo benefico. I proventi, infatti, saranno interamente devoluti a “La Band degli Orsi”, associazione che si occupa dell'accoglienza dei pazienti e delle loro famiglie, fondata dal professor Pierluigi Bruschettini, che ha anche curato la prefazione del libro. Tra i partecipanti alla giornata ci sarà anche Gianpietro Meinero, coordinatore Slow Food dell'Alta Val Bormida accompagnato da alcuni volontari della Comunità del Cibo dove viene coltivata la ormai famosa "Zucca di Rocchetta di Cengio" che ha ispirato ed è diventata la protagonista di questo lavoro.
“Siamo molto felici di vedere di anno in anno crescere questo evento” spiega il fondatore del Fiat 500 Club Italia Domenico Romano “prova che la nostra associazione dedicata ad un'auto storica, è fatta di persone dal cuore generoso, che vedono nella piccola utilitaria un'opportunità di fare del bene”. Eventi come questo, infatti, vengono normalmente svolti dal Club in tutta Italia grazie alla volontà degli oltre 180 coordinamenti presenti su tutto il territorio.

Disco 1 di Cannella, Francesco Morrone, Matteo Alieno, Leyla, Grein, Ciao sono Vale, Matteo Costanzo: esce il primo EP del 2020

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“DISCO 1” è il primo EP del nuovo decennio ed è targato Honiro Ent.

Da oggi, venerdì 3 Gennaio, su tutte le piattaforme di streaming e digital download, su etichetta Honiro Ent. “Prendi tutto e te ne vai” è il primo singolo estratto da “Disco 1”, in radio da oggi.
Il brano vede la collaborazione fra i tre cantautori Cannella, Francesco Morrone e Matteo Alieno.
Sei tracce con sei artisti diversi più un produttore anche in veste di cantante che di getto, superando i propri limiti senza fossilizzarsi sul loro genere personale valorizzando al meglio le singole collaborazioni. 
Durante il periodo estivo, Jacopo La Vecchia, Fondatore e Presidente dell’etichetta  Honiro, ha pensato di riunire 6 artisti ed un produttore per un campus in una villa sperduta nel cuore dell'Umbria, con l'intento di far collaborare l'uno con l'altro i giovani artisti della sua etichetta dando così vita all’ Ep “DISCO 1”.

“DISCO 1” è prodotto da Matteo Costanzo, eccetto traccia 2 - SOS prodotta da Matteo Alieno , Mix e Master di T-Recs :
1 - Prendi tutto e te ne vai (Cannella, Francesco Morrone, Matteo Alieno)
2 - SOS (Ciao SonoVale, Grein Matteo Costanzo)
3 - Arrivista (Cannella, Leyla, Matteo Alieno, Francesco Morrone)
4 - Affogare (Francesco Morrone, Matteo Alieno)
5 - Lame affilate (Leyla, Grein)
6 - Non restare qua (Ciao sono Vale, Cannella)

Ogni singolo artista ha così commentato questa meravigliosa avventura :

Cannella
«Quest'estate ho avuto il piacere di prendere parte a questa folle iniziativa di Honiro, la mia etichetta. Essendo una persona abituata a lavorare alla propria musica in solitaria, ammetto che ci ho messo un po' ad ambientarmi e a sbloccarmi, prima ho dovuto approfondire la conoscenza personale con tutti gli altri ragazzi che erano là come, che non avevo mai avuto modo di conoscere prima del campus, e dopo aver trovato un'intesa con ognuno di loro, man mano, sono uscite le canzoni. La cosa più bella é stata influenzarci l'uno con l'altro, trasportare gli altri nella mia visione musicale e lasciarmi trasportare nella loro, abbiamo sperimentato continuamente ed ognuno di noi ha indossato nuovi vestiti.  E’ stata un'esperienza di vita che rifarei mille volte. Una volta tornati a Roma ci siamo incontrati in studio per ultimare i brani, nati durante la permanenza alla villa, e abbiamo confezionato un disco di 6 tracce, tutte in collaborazione tra di noi.
"Prendi tutto e te ne vai” é nata di notte, é stata la prima in assoluto che ho scritto. Francesco (Morrone)  aveva già buttato giù la strofa ed il ritornello, era in saletta con Matteo Costanzo e Matteo Alieno che stavano lavorando ad una bozza di arrangiamento e alla struttura del brano, io ero fuori che passeggiavo per fatti miei e attirato dal sound mi sono imbucato, poi senza chiedere nulla a nessuno ho scritto la mia strofa e l'ho iniziata a canticchiare. Qualche minuto dopo l'avevo già registrata mentre loro hanno finito di scrivere le parti rimanenti. Nel giro di una notte abbiamo chiuso il provino della canzone, tra una birra e l'altra, e poi siamo andati a dormire senza neanche risentirla. La mattina dopo abbiamo messo in play il brano ed eravamo entusiasti, saltavamo tutti insieme mentre ce la cantavamo con la facce da sonno. Sulla tematica ci siamo trovati subito, ognuno ci ha messo del suo, é un brano leggero che ha come sfondo Roma e tre storie d'amore che s'intrecciano nella città dove tutti noi abitiamo. Io mi sono principalmente soffermato sulle enormi differenze che ci sono tra chi é cresciuto a Roma Nord e chi a Roma Sud, pur essendo della stessa città. É la canzone che preferisco, se si può dire.
“Non restare qua"  é il secondo brano a cui ho lavorato. Con Ciao Sono Vale ci siamo trovati bene già dal primo giorno di convivenza, ci eravamo detti da subito di fare un pezzo insieme ma non sapevamo se ci saremmo realmente riusciti. Credo che questo brano lei già lo avesse in cantiere, lo stava arrangiando con Matteo Costanzo . Mancava ancora una strofa, quindi per gioco mi ha detto di scriverci qualcosa su, nonostante fosse una dimensione musicale molto lontana dalla mia. Mi sono messo comodo sul letto ed ho scritto la strofa, l'ho fatta ascoltare a Vale (Ciao Sono Vale) e ancora ricordo il suo sorriso di approvazione come risposta. In questo caso mi sono attenuto al mood triste e riflessivo che aveva già stabilito lei, mi sono ritrovato subito nelle sue parole e mi é venuto molto spontaneo scrivere la mia parte.
“Arrivista" invece, a differenza degli altri, nasce da me e da Matteo Costanzo. Lui a tempo perso stava lavorando a questa produzione. Io ero là in saletta con lui e gli dissi che il sound mi ricordava un po'"Hey Ya!" degli Outkast, pezzo che adoro, e che sarebbe stato fico scriverci qualcosa sopra. Nel giro di poco ho trovato l'idea per la mia strofa, che consisteva nel descrivere questo stereotipo di ragazza scalatrice sociale, creando una sorta di scioglilingua utilizzando parole che facessero rima con "arrivista", che era la parola chiave della strofa, diventata poi anche il titolo del brano. A cena non smettevamo di cantarla e non so come ma siamo riusciti a coinvolgere quasi tutti nella nostra folle idea. Una volta tornati alla villa ci siamo chiusi in saletta ed ognuno ha inserito la sua parte. Alieno ha scritto un ritornello geniale alla Rino Gaetano, Leyla ci ha buttato una strofa rappata e Francesco uno special melodico. Secondo me questo é uno dei brani più riusciti, racchiude tanti stili differenti su una produzione che nessuno di noi credeva mai di poter utilizzare per scriverci qualcosa. É stato l'ultimo brano a cui abbiamo lavorato ed un esperimento vincente sotto ogni punto di vista ».

Francesco Morrone
«Dopo sessanta giorni in viaggio senza fermarmi è stato difficile ritornare, anche se solo per una settimana, ed abituarmi alla  quotidianità. 
Per fortuna il campus era immerso nella natura. Otto giorni di musica, condivisione, tafani, sorrisi, scrittura, amicizia, confronto, buon vino e rivelazioni, tutto ambientato in un agriturismo nelle montagne sperdute dell'Umbria.
Incontro di culture musicali diverse che hanno dato vita a “Disco 1”, ogni brano diverso ma che emana la stessa energia, l'anima del campus è stata la serenità, la consapevolezza di poter esprimere al meglio quello che è il nostro pensiero senza nessun filtro e limite. Personalmente il campus è stata l'ennesima avventura che come tante mi ha aperto gli occhi verso nuove verità, la ricerca di me stesso, sciogliere i freni e continuare a scrivere.
Avrei voluto collaborare con tutti ma in così poco tempo siamo riusciti a fare già grandi cose. 
Ricordo bene come è nata "Affogare" eravamo con Matteo Alieno nel cortile della nostra casetta, era ancora il primo giorno di campus, avevamo tutti e due il bisogno di levarci questo groppone di dosso, esprimere e renderci partecipi di una società che si sta perdendo nelle stesse pagine di un libro ancora da sfogliare. È un dialogo confuso tra me e Matteo che ci interroghiamo e affermiamo il nostro essere.
"Arrivista" è nata in collaborazione con Matteo Alieno, Cannella, Leyla e Matteo Costanzo alla produzione.
È un gioco delle parti, un'esagerazione, estremismo che ricopre la figura della donna arrivista, la continua auto-competizione che sfocia, appunto, in esagerazione, solo per occupare una posizione sociale.
La mia parte su una melodia Reggae è un ossimoro continuo.
"Prendi tutto e te ne vai" ….ero con la mia chitarra ripetevo questo giro di accordi e in testa canticchiavo "Avere tutto è avere niente”, Matteo Costanzo nell’ascolto ha improvvisato un giro di accordi completo e, mentre componeva l'arrangiamento Cannella ha scritto delle strofe mentre Matteo Alieno è entrato a gamba teso con un motivetto che ormai è anche l'anima del brano.
La classica storia di una relazione difficile da gestire che al tempo stesso ci regala delle immagini che ci portiamo per anni insieme a un bicchiere di buon whiskey.
Grazie a tutti i ragazzi che ho conosciuto e che ora sono la mia quotidianità. Grazie a Matteo Alieno, ne vedrete delle belle, grazie a Matteo Costanzo e "la carpetta", grazie a Cannella (pieno di palle e di colori), grazie a Valeria (Ciao sono Vale), grazie a Gianluca (Grein) siamo sopravvissuti, grazie Leyla che ha sopportato tutti, grazie a tutto lo staff Honiro e… soprattutto grazie a James».

Matteo Alieno
«“ DISCO 1”  secondo me è un progetto di rottura per il mondo musicale di oggi, testimonia il coraggio e la voglia di contaminarsi senza aver paura di perdere la propria identità, attraverso l’amicizia e il divertimento estremo. In ogni brano si respira un’atmosfera di festa e questa cosa mi fa impazzire, in brani come “Prendi tutto e te ne vai” e “Arrivista” ci siamo divertiti come dei pazzi fino a tarda notte a ballare e cantare, con un’ironia presente anche in pezzi più riflessivi come “Affogare” scritto a quattro mani con Francesco Morrone. È un disco da ascoltare se si è felici o se si vuole essere felici! ».

Leyla
«Sei artisti e un produttore nella stessa casa per otto giorni, con l’unico obbiettivo di fare musica (e farla bene).
Quando siamo partiti non avevamo idea di quello che sarebbe successo, molti di noi si conoscevano poco o niente, ma in un attimo abbiamo preso a collaborare come lo facessimo da una vita.
La cosa spettacolare sta nel fatto che nonostante ognuno di noi venisse da un genere diverso, siamo riusciti ad unire le forze per far venir fuori dei brani unici.
“Lame Affilate” con Grein e “Arrivista” con Cannella, Matteo Alieno e Francesco Morrone sono due pezzi a cui sono molto legata, il primo un po’ più riflessivo, il secondo giocoso e divertente, ma entrambi con un significato importante alle spalle; in più il lavoro di Costanzo sulle produzioni ha alzato senza dubbio il livello di ambedue i brani.
In quei giorni abbiamo sperimentato, ci siamo confrontati e siamo cresciuti, il disco che ne è uscito è un mix perfetto di ognuno di noi».

Grein
«Questo Ep è il frutto di un “ritiro”, fatto in estate, in un casale in mezzo alla natura, insieme allo staff  e agli artisti Honiro Ent. 
È stata una vera esperienza e un’occasione per creare rapporti tra di noi, per poi portarci a creare musica.
Io sono presente in due  brani: “SOS” con Ciao sonoVale e Matteo Costanzo (prodotta da Matteo Alieno) e “Lame Affilate” con Leyla (prodotta da Matteo Costanzo). 
Strofe introverse per farvi un giro nella mia testa».

Ciao sono Vale 
«Ad agosto tutti noi del team Honiro ENT ci siamo ritrovati per un campus formativo e per conoscerci meglio. 
Alcuni ragazzi li ho conosciuti per la prima volta, altri li avevo visti poco. 
È stata davvero una bellissima esperienza perché, oltre ad aver legato tutti ed essere diventati una famiglia, abbiamo avuto l’occasione di confrontarci e scrivere insieme molta musica. 
Leyla è la persona con cui ho legato di più, un’amica che c’è sempre quando ho bisogno e sono davvero contenta di averla conosciuta a fondo. 
Da questo incontro è nato il nostro primo EP “Disco 1“. 
Dentro troverete tanti featuring tra di noi, io ho avuto il piacere di collaborare con Cannella, ragazzo che stimo tantissimo ed abbiamo creato il brano “Non restare qua” , molto intenso e, secondo il mio punto di vista, pieno di emozione. 
Il secondo feat che ho fatto è insieme a Grein e a Matteo Costanzo, prodotto da Matteo Alieno: ‘SOS’ …. UNA BOMBA CHE ENTRA IN TESTA E FATICA AD ANDARSENE. 
Energia, adrenalina e senso di rivalsa. 
Mi sono divertita molto, l’unione tra artisti, anche di generi totalmente opposti, è una delle cose più belle che la musica possa regalare. 
Prendiamoci tutto!».

Matteo Costanzo
«Il disco è nato durante un ritiro in campagna, comporre durante una situazione di relax tra bagni in piscina, mangiate e festini serali ha lasciato un' impronta evidente nella musica, che veniva composta in gruppo per intrattenere la situazione racchiude in se tutta la spontaneità e l’entusiasmo del condividere la musica».

Riccardo Zianna, Projet Manager Honiro Ent ha "vissuto" questo ritiro in prima persona e considera questi giorni di creativita'  come un'esperienza unica.  
«Ho visto nascere questo disco fin da quando era solamente un’idea. Mi ricordo quando Jacopo La Vecchia mi ha detto “perché non facciamo un ritiro con questi nostri giovani artisti e non tiriamo fuori qualcosa di bello“. Poi la partenza , il caldo. I ragazzi che iniziano a creare musica dal nulla. Ispirazioni, testi, melodie. Su Honiro Journal ho documentato quello che non si poteva vedere. Oggi esce un lavoro a cui sono molto legato, nato dalla passione di tanti artisti, immersi nella loro realtà.  
Una BellaStoria, davvero ».




HONIRO ENT CHANNEL 

Capri Hollywood, Pascal Vicedomini: “Preludio” è una poesia violenta

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Il 31 dicembre 2019 all’interno del prestigioso Capri Hollywood, è stato proiettato Preludio, il Simbolo Globale del Cinema contro il Femminicidio.
Alessandro Haber ipnotizza lo spettatore con la sua forza recitativa. Una delle più straordinarie interpretazioni di Haber. Le voci narranti di: Isabella Rossellini, Franco Nero, Anna Kanakis, Alessio Boni, Daniela Giordano e lo stesso Haber, si amalgamano perfettamente, facendo eco alle coscienze dell'uomo.
È buono l'esordio di Regia - Grassi e Scutari-  che riescono a perseguire l'idea di un cinema allucinatorio,  che si basa essenzialmente tra il punto di vista della macchina da presa, e lo sguardo di personaggi mentalmente disturbati.
Preludio non è per nulla violento, è una poesia violenta, ancestrale ed atavica. Sarebbe stato tanto facile colpire dolorosamente lo spettatore con immagini tratte da fatti realmente accaduti; invece gli Autori e Registi - Stefania Rossella Grassi e Tommaso Scutari- sono stati capaci di plasmare le dinamiche umane in qualcosa di talmente violento ed intimo allo stesso tempo, tanto da lasciarci sconcertati, creando un genere che poche volte si è visto sul grande schermo.
Non è la prima volta che da un soggetto degli autori di Preludio, ci si possa trovare innanzi all’enigmaticità di un reale che dialoga col fantasmatico, infatti, spesso la loro scrittura è rappresentazione quasi immateriale, astratta e mentale.

Preludioè prodotto da Stefania Rossella Grassi, Ermelinda Maturo e Daniele Gramiccia, un progetto nato per aiutare attivamente, e nel tempo, le Associazioni a difesa delle Donne ed ogni centro Antiviolenza.

Preludio a breve sarà disponibile sulla piattaforma online TaTaTu, del produttore cinematografico Andrea Iervolino.

Pascal Vicedomini ha voluto fortemente Preludio al suo Capri Hollywood, e si è detto entusiasta della sua scelta. 

Facilitazione linguistica, insegnamento dell’Italiano come L2

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Facilitazione linguistica, insegnamento dell’Italiano come L2, didattica delle lingue seconde e pedagogia interculturale a scuola: uno sguardo d’insieme diAlan Pona e Tiziana Chiappelli.

Gli autori* prendono in esame le più recenti acquisizioni scientifiche nell’ambito dell’insegnamento delle lingue seconde a partire dalle esigenze comunicative iniziali degli alunni non italofoni per arrivare ad affrontare il passaggio alla linguadello studio. 
In particolare sono descritti i principi e i metodi della facilitazionelinguistica, la loro applicazione nel laboratorio di Italiano come L2 attraverso i modelli operativi principali, il passaggio dal laboratorio linguistico alla didattica a classe intera. Il quadro di riferimento è costituito, dal punto di vista teorico, dalleindicazioni della pedagogia interculturale e, dal punto di vista normativo, dalle Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (MIUR, 2014). 
INTRODUZIONE
Cosa succede - o meglio, cosa dovrebbe succedere - quando a scuola arriva uno studente che non parla ancora correntemente l’italiano? Dovrebbero attivarsi laboratori o percorsi di apprendimento dell’italiano come L2 (lingua seconda) che guidino l’alunno neo-arrivato, attraverso un cammino graduale, a prendere possesso della nuova lingua. Partendo dalle sue esigenze comunicative quotidiane, lo studente dovrebbe giungere ad affrontare - nei tempi necessari, senza forzature poco utili e senza “bruciare le tappe” - la lingua per studiare, vale a dire quell’insieme di strutture sin tattiche, testuali e di lessico specifico che caratterizzano gli ambiti disci-plinari affrontati a scuola. 
L’acquisizione di una lingua, materna o seconda che sia, al contrario di quanto comunemente si possa pensare, avviene soprattutto attraverso i naturali scambi internazionali fra le persone, meno attraverso lo studio sistematico di regole e la mera memorizzazione di liste di parole. 
Lo sviluppo linguistico avviene inconsapevolmente soprattutto attraverso l’attivazione di memorie implicite nell’uso in contesti naturali, motivanti, significativi. Per questo motivo, i laboratori o comunque i percorsi nella nuova lingua dovrebbero curare anzitutto l’aspetto relazionale come prima condizione per l’apprendimento linguistico. Il clima di classe è, infatti, il fattore principale che crea le condizioni per un’appropriazione sicura ed efficace della L2, che dovrebbe svilupparsi attraverso una programmazione didattica volta ad aiutare, anzitutto, gli studenti nelle loro difficoltà di comunicazione quotidiana per poi passare ad affrontare i microlinguaggi disciplinari. 
Nei paragrafi successivi sono affrontati tematicamente questi passaggi: la cura delle relazioni in classe e la costruzione dell’ambiente di apprendimento, i modelli operativi tipici dei laboratori delle lingue seconde per la lingua di comunicazione, fino agli approcci alle materie curricolari, sempre nell’ottica della didattica delle lingue seconde.

*L'articolo fa parte della pubblicazione della FrancoAngeli "Intercultura e Inclusione. Il Cooperative Learning nella classe plurilingue"

Festival della Valle d’Itria, i titoli operistici dell’edizione 2020

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(programma) Tornano il Novecento storico, l’Opera in Masseria e due rarità del primo Ottocento
Per la prima volta nella storia del Festival della Valle d’Itria, l’edizione in corso si chiude con l’annuncio dei titoli operistici del prossimo anno: un risultato fortemente voluto dalla Fondazione Paolo Grassi, in linea con le scelte operate dai maggiori festival internazionali e utile a una più prolungata e capillare promozione della manifestazione pugliese sui mercati turistici.
La 46a edizione del Festival si svolgerà a Martina Franca nel consueto periodo fra metà luglio e iniziò agosto. Il consiglio di amministrazione della Fondazione Paolo Grassi, guidato dal presidente Franco Punzi, ha approvato nei giorni scorsi il progetto presentato dal direttore artistico Alberto Triola che è stato confermato nel ruolo insieme al direttore musicale Fabio Luisi anche per il 2020. 
I titoli operistici che verranno messi in scena nel 2020 saranno: Gli amanti sposi di Ermanno WolfFerrari, La rappresaglia di Saverio Mercadante e Leonora di Ferdinando Paër
Una scelta in linea con il progetto artistico pluridecennale del Festival, fra rarità e riscoperte, con il ritorno di un titolo del Novecento storico mai più ripreso in età contemporanea, e due rarità ottocentesche. A questi titoli verranno anche affiancati degli intermezzi di Scuola napoletana, destinati all’iniziativa di successo “Opera in masseria” e selezionati fra le edizioni critiche preparate dall’Università degli Studi di Milano. «Il festival martinese – dichiara il presidente Franco Punzi – si avvia verso il mezzo secolo di attività, nel segno degli insegnamenti di Paolo Grassi, alla ricerca di nuove prospettive per la divulgazione e la valorizzazione della musica e dell’opera. Rarità e ricerca scientifica, nuovi talenti e maestri di riferimento caratterizzano le nostre scelte in continuità e perenne rinnovamento, secondo una formula che anche nel 2019 ha portato a Martina Franca un pubblico internazionale qualificato e le maggiori firme della critica italiana e straniera». 
Gli amanti sposi, opera giocosa in tre atti su libretto di Giovacchino Forzano, andò in scena alla Fenice nel 1925 ed è fra i meno noti lavori del compositore veneziano Ermanno Wolf-Ferrari (1876- 1948). L’autore incarna il modello di operista italiano che, all’inizio del Novecento, si mostra fiducioso verso ipotesi di eclettismo comunque basate sulla tradizione: in questo caso il libretto di matrice goldoniana (Il ventaglio) e una scrittura musicale limpida che sembra risentire della lezione di Rossini. 
La rappresaglia, opera buffa del compositore pugliese Saverio Mercadante (1795-1870)su un libretto rielaborato da Cesare Sterbini e Felice Romani, rappresentata in prima a Cadice nel 1829, viene proposta in prima esecuzione in età contemporanea seguendo l’edizione critica di Francesco Lora ed Elisabetta Pasquini, nel 150° anniversario della morte del compositore di Altamura. La partitura illustra i legami di Mercadante con la scuola napoletana e si può considerare come un brillante esempio di ricezione dello stile buffo rossiniano, con espliciti riferimenti al Barbiere di Siviglia e alla Cenerentola, pensato da Mercadante per il pubblico spagnolo desideroso di conoscere le novità dell’opera italiana. 
La scelta di Leonora, melodramma semiserio di Ferdinando Paër (1771-1839), è legata al 250° anniversario della morte di Ludwig van Beethoven: il compositore nativo di Parma, infatti, con la sua Leonora del 1804, precede di poco il Fidelio beethoveniano di cui condivide lo spunto. L’opera ebbe fortuna sui palcoscenici europei dell’epoca (da Dresda a Parigi da Firenze a Palermo) per via di una freschezza di scrittura che in molti, dai commentatori ottocenteschi alla critica del secolo successivo, hanno sempre riconosciuto

POST-ABBUFFATE NATALIZIE, CHILI DA PERDERE: I 10 CONSIGLI A PARTIRE DA UNA COLAZIONE LIGHT

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Tra la cena “tutta in famiglia” della Vigilia, il lauto pranzo di Natale, quello di Santo Stefano e, per finire, l’immancabile cenone di Capodanno gli italiani prenderanno qualche chilo in più che, al termine delle vacanze natalizie, cercheranno in tutti i modi di perdere. 

Secondo quanto riporta una ricerca pubblicata dal New England Journal of Medicine, che viene anche incontro al parere di numerosi esperti, le “abbuffate” di Natale farebbero lievitare le bilance di circa 3 chili. Proprio per questo motivo è consigliabile tenere sotto controllo la propria alimentazione, partendo dal primo pasto della giornata, considerato da tutti il più importante. La colazione, infatti, non dovrebbe essere trascurata, soprattutto dopo un periodo in cui il corpo ha assunto una quantità di cibo superiore alla media per via delle festività appena concluse. Ma che cosa assumere? Cereali integrali, latte vegetale ed una buona quantità di frutta fresca sono gli alimenti consigliati. 

È quanto emerge da uno studio condotto da Isola Bio Lab, l’osservatorio che analizza i trend legati al mondo della colazione, realizzato attraverso un monitoraggio su oltre 200 fonti tra testate, magazine, portali, blog e community lifestyle internazionali ed un panel di 50 esperti per stilare dei consigli su come rimettersi in forma, dopo le feste, partendo dal fare una buona e sana colazione.

Gli esperti sono tutti concordi nell’affermare che la colazione sia il pasto più importante della giornata e, su questo, lo sono anche diverse celebrities del mondo hollywoodiano che ne hanno fatto una vera e propria tendenza. Khloe Kardashian, sorella di Kim, secondo quanto riporta la rivista statunitense People adora mangiare cereali appena sveglia, accompagnati da una tazza di caffè. Su Bon Apetit si legge che la ex star di Friends Jennifer Aniston, invece, riponga molta attenzione nel fare colazione e, fra i diversi alimenti che le piacciono, figura il latte di mandorla. La cantante Beyoncé, infine, secondo quanto sostiene Cosmopolitan, è solita iniziare la propria giornata con delle uova strapazzate, un frullato vegetale e dei cereali integrali.

“In occasione dei pranzi e delle cene tipiche del periodo natalizio – commenta il Gastroenterologo e Nutrizionista Luca Piretta, docente presso l’Università Campus Biomedico di Roma – gli italiani, in media, prendono dai 2 ai 3 chili. Per correre ai ripari dobbiamo tenere presente che fare una colazione che sia buona e, allo stesso tempo, sana è fondamentale: si dovrebbero quindi assumere latte e yogurt per il calcio, vitamina D e proteine; cereali con fibre o fette biscottate integrali, per un apporto di carboidrati, fibre, vitamine e minerali ed un frutto o una spremuta per le vitamine ed i polifenoli contenuti. Proteine, sali minerali e fitosteroli provengono invece, per chi le preferisce, dalle bevande vegetali, di cui consiglio quelle di soia. Che cosa fare, infine, per rimettersi in forma? Oltre a ridurre le calorie nel loro complesso, evitare i dolci per almeno quindici giorni e limitare gli alcolici, consiglio soprattutto di fare una regolare e adeguata attività fisica”.

Il tema della colazione è stato trattato anche in diversi libri, fra cui “The Breakfast Book” dello storico e linguista Andrew Dalby. Il pasto più importante della giornata è anche uno fra i più diversi: la colazione, infatti, cambia da famiglia a famiglia e da paese a paese, anche se le persone tendono a mangiare le stesse cose ogni giorno. Da quella all’americana alla giapponese, passando per la spagnola e l’inglese: l’opera racconta le diverse storie nel tentativo di individuare le più svariate possibilità di fare colazione alla mattina. 

I 10 CONSIGLI DEGLI ESPERTI PER FARE UNA COLAZIONE “LIGHT”

1)Focus sulla “leggerezza”. Assumere alimenti “light”, ma che siano anche ricchi di gusto: da una bevanda vegetale (soia, mandorla, avena…) ad una coppetta di frutta fresca, passando per dei cereali integrali e centrifugati di verdura;
2)Ruotare il tipo di colazione. Ascoltare il corpo e le proprie esigenze: se si vuole avere un effetto depurativo, per esempio, potrebbe essere utile preparare un piatto di frutta e verdura di stagione;
3)La parola chiave è “Breakslow”. Ricordarsi di rilassarsi e prendersi il giusto tempo, godendosi appieno il rituale del pasto più importante della giornata, condividendolo con la famiglia o con le persone a cui si vuole più bene;
4)Meglio a casa che fuori. Rinunciare, almeno quando si è in vacanza, al classico “cornetto e caffè” al bar: fra le mura domestiche, infatti, ci sono più possibilità di scelta;
5)Farla sempre. Saltare la colazione provocherebbe ulteriore appetito e, conseguentemente, l’individuo sarebbe portato a mangiare ancora di più a pranzo e a cena;
6)Dolce, ma anche salato. C’è chi adora consumare una colazione “dolce” e chi, invece, predilige quella “salata”. In quest’ultimo caso sono consigliati alimenti come prosciutto, ricotta, bresaola e uova;
7)Bio è ancora meglio. Mangiare biologico, infatti, è sinonimo di prodotti sicuri a “etichetta pulita”, senza l’aggiunta di ingredienti artificiali;
8)Non aspettare, farla subito. Se ci si dovesse svegliare con poco appetito, sarebbe consigliato aspettare al massimo un’ora per poter mangiare qualcosa;
9)Il “riciclo” è cosa buona e giusta. A colazione possono essere mangiati, se avanzati, una fetta di panettone o pandoro, che possono essere abbinati ad un bicchiere di latte vegetale;
10)Non dimenticare di fare anche attività fisica. Una camminata in centro, una sciata tra le vette innevate, ma anche una nuotata in piscina sono l’ideale per tornare in forma dopo un periodo di grandi abbuffate;

Santa Angela da Foligno, il Cerimoniere di Papa Francesco per la festa. Il programma

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Venerdì 3 gennaio 2020 alle ore 18 presso l’Oratorio Madonna del Gonfalone, p.zza S. Francesco (Foligno), con la Santa Messa del Transito si celebra solennemente la festa di Santa Angela da Foligno.
La celebrazione eucaristica è presieduta dal M. R. p. Franco Buonamano Ministro provinciale della provincia italiana di S. Francesco d’Assisi dei Frati Minori Conventuali.

Intenso il programma delle celebrazioni per sabato 4 gennaio 2020:

ore 9.00 – Celebrazione Eucaristica presieduta da p. Sergio Cognini
ore 10.00 – Celebrazione Eucaristica presieduta da p. Peter M. Hrdy. Anima il coro della parrocchia di S. Francesco.
ore 11.30 – Celebrazione Eucaristica presieduta da p. Alessandro Petrini Guardiano del Convento e Vicario provinciale
ore 18.00 – Solenne Celebrazione Eucaristica da Mons. Guido Marini Maestro delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice. Anima il coro della parrocchia di Maria Santissima Immacolata.
Angela da Foligno dopo essersi recata ad Assisi ed aver avuto esperienze mistiche avviò un’intensa attività apostolica per aiutare il prossimo e soprattutto i suoi concittadini affetti da lebbra. Una volta morti marito e figli diede tutti i suoi averi ai poveri ed entrò nel Terz’Ordine Francescano: da quel momento visse in modo cristocentrico, ovvero tramite l’amore giunge all’identica mistica con Cristo.

Per i suoi scritti assai profondi è stata chiamata “maestra di teologia”.  Il 3 aprile 1701 furono concessi Messa ed Ufficio propri in onore della Beata. Infine il 9 ottobre 2013 Papa Francesco, accogliendo la relazione del Prefeto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha iscritto Angela da Foligno nel catalogo dei Santi, estendendone il Culto liturgico alla Chiesa Universale.

Tutti Fenomeni, "Merce Funebre"è il primo album in uscita il 17 gennaio

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Nuntio vobis gaudium magnum: habemus Merce Funebre!

Il primo album di Tutti Fenomeni ha un titolo e una data di uscita: il 17/01/2020.
Interamente prodotto da Niccolò Contessa (che insieme a Tutti Fenomeni ha composto anche le musiche) e anticipato dai singoli Valori aggiuntiTrauermarsch e, ora, Qualcuno che si esplode (Ascoltalo qui: https://SMI.lnk.to/qcse), "Merce funebre" è il primo disco di Giorgio Quarzo Guarascio, vero nome di Tutti Fenomeni, 23enne romano emerso dalla scena del Soundcloud rap ma che da subito si è spostato verso territori altri, inediti e inafferrabili.
Tutti Fenomeni è l'onda anomala che travolgerà la musica italiana. È nuovo e vecchio insieme. Classico e moderno. Passato e futuro.
Un cantautore post-moderno, un Battiato cresciuto nell'era della trap. La versione pericolosa e lisergica dell'itpop. Oppure la negazione perfetta di tutto quanto scritto poco sopra.
Niente potrebbe essere reale, tutto potrebbe essere solo frutto della vostra immaginazione.
Oppure no. Oppure chissà.
Le canzoni di Tutti Fenomeni sono come un frullatore dentro il quale convivono le influenze musicali più disparate, ma anche un gusto notevole per lo sberleffo che si evince fin dal modo in cui vengono scritti i testi: un insieme di citazioni pescate dagli ambiti più diversi (come ad esempio testi di filosofia e brani della Dark Polo Gang, sembra impossibile ma è così) e decontestualizzate fino al punto di acquisire nuovi significati. Ma non pensate che sia nonsense, perché il senso c'è eccome.
Basta ascoltare il nuovo singolo Qualcuno che si esplode, un brano che sembra un piccolo manifesto generazionale senza per forza volerlo essere.
"Merce funebre" uscirà il prossimo venerdì 17 gennaio per 42 Records e Sony Music.
Ma tante altre novità sono in arrivo.

DONNE D'ACQUA DOLCE scritto, diretto e interpretato da Viviana Altieri ed Elisabetta Mandalari dal 10 al 12 gennaio al Teatro Porta Portese

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Torna in scena, dopo cinque anni, dal 10 al 12 gennaio al Teatro Porta Portese, DONNE D’ACQUA DOLCE, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Viviana Altieri e Elisabetta Mandalari.

“Donne d’acqua dolce”, liberamente tratto da “Accessories” di Gloria Calderòn Kellett ,"Women in motion" di Donald Margulies e  "i quattro signori" dei Monty Python, è stato sottoposto per la nuova edizione a un restayling totale, subendo trattamenti specifici di bellezza adatti a ridurre gli inesorabili effetti  del tempo  che passa, favorendone una migliore prestazione.

Settantacinque  minuti di puro dinamismo e  brio, con sketch, monologhi, ed interventi musicali cantati e ballati.

Le  donne d’acqua dolce sono le trentenni di oggi, sono le "donne che sanno" , quelle che sono arrivate a quel punto di consapevolezza da cui non si può tornare indietro: sanno che l'amore finisce e che però non si muore per questo; sanno che non c’è bisogno che qualcuno ostenti approvazione perché  il loro valore esiste a prescindere. Sono quelle che credono ancora nelle favole, nonostante tutto.

Ciniche, ironiche, dissacranti, in lotta continua con la cellulite e contro i modelli canonici di bellezza e femminilità imposti dai social media. Sono donne che vanno bene così:  accettano con umiltà la loro forza straordinaria, con leggerezza la loro imbarazzante fragilità.

In scena due attrici, Viviana Altieri ed Elisabetta Mandalari, che non lasciano mai vuoto il palco,  cambiano costume dieci volte dando vita ad una pluralità di personaggi e situazioni comiche e inaspettate. Tacchi, cappelli, paillettes e parrucche colorano in un crescendo vorticoso le storie di queste donne.

Le quattro scene, di cui sono protagoniste due amiche partite per un viaggio alla riscoperta di loro stesse,  sono il filo conduttore di tutto lo spettacolo, intervallate dall’ingresso di altri otto personaggi femminili che irromperanno nello stile della stand-up comedy.
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