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Inchiostro Sprecato, la collana di libri con le opere di artisti rock, metal e punk tricolore

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È nato Inchiostro Sprecato, un progetto narrativo la cui prima collana raccoglie opere di artisti noti della scena rock, metal e punk tricolore.

Fautori di questa nuova impresa editoriale sono: Paolo Merenda (Alessandria), Fabio di È Un Brutto Posto Dove Vivere (Padova) e Marco TPIC Editions (Campobasso).

La produzione è 100 % D.I.Y., ma la volontà è di fare le cose per bene, divulgando controcultura di qualità in stile Millelire con libretti in formato A6, stampati professionalmente su carta patinata a effetto rivista.

Già fuori tre volumetti:

- La prima uscita è una piccola antologia di racconti brevi di Carlo Cannella, ex Dictarista, Stige e Affluente, con copertina a cura di Delicatessen. Lo stile di Cannella è sempre piuttosto dissacrante, anche se non mancano momenti più intimi.

- Nella seconda Mauro Codeluppi dei Raw Power ci racconta uno dei suoi tanti aneddoti in tour, con una vena ironica da narratore di razza (anche se questo è il suo debutto come autore).

- Chiude il trittico iniziale la coppia Antonio Baciocchi AldOne Santarelli con un tema comune, ossia la guerra. Antonio “Tony Face” ci racconta una storia di partigiani delle sue parti (le montagne piacentine), mentre Aldo, in bilico tra realtà e fantascienza, si inventa una storia di mercenari. Anche in questo caso le illustrazioni sono curate da Delicatessen.

I libri della collana Inchiostro Sprecato possono essere acquistati soltanto attraverso la pagina facebook: https://www.facebook.com/inchiostrosprecato/ poiché il progetto 100 % autodistribuito oltre che autoprodotto. In alternativa, si possono trovare i libretti ai banchetti dei coproduttori, durante gli eventi segnalati sulla pagina.

È inoltre attivo un contest per raccogliere racconti nella collana Racconti da visita, dove sono richieste storie di senso compiuto (non poesia o aforismi quindi), che non superino l’ingombro di un semplice biglietto da visita.

Real Time, “Assaggi d’amore” nuovo programma con Giorgia Palmas e Filippo Magnini

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Giorgia Palmas e Filippo Magnini cupidi nel nuovo programma di Real Time Assaggi D’Amore.
Un viaggio nelle città più romantiche d’Italia, per far sbocciare un amore tra due conoscenti che in passato non è andato a buon fine. Giorgia e Filippo, una delle coppie più belle dello spettacolo italiano, per la prima volta faranno coppia anche sul lavoro e guideranno i due protagonisti per scoprire i loro sentimenti. I personaggi della prima puntata ambientata nell’incantata Siracusa, in onda il 13 Luglio alle 15.50 su Real Time Canale 31, saranno Dario Guastella e Alessia Giglio. Giorgia affiancherà Alessia, mentre Filippo il giovane Dario che preparerà per l’innamorata una ricetta d’amore con prodotti siciliani. Ad Alessia sarà portata una cloche da Dario che le presenterà la sua pozione d’amore: se Alessia assaggerà, la coppia si formerà, il tutto condito da suspense e commenti di Giorgia e Filippo.
Assaggi d’Amore è un programma di Elio Bonsignore, prodotto dalla Me Production, scritto da Yuri Grandone e Martina Polimeni e porta la firma alla regia di Matteo Ricca. E’ solo una puntata pilota, ma si prospetta già una serie nelle prossime stagioni televisive in giro per le città più romantiche d’Italia.

Larry J, arriva "All'improvviso" il 1° singolo in italiano

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In questo primo singolo, Larry J (all'anagrafe Larissa Zanre) racconta la storia di un amore finito ed un altro che sta per sbocciare.

La dolcezza e la musicalità delle sue origini e la lingua francese usata per chiudere il brano, donano a quest'ultimo la freschezza e l'universalità di cui la musica ha bisogno.
Dopo diversi brani cantati nella sua lingua madre, si affaccia sul mercato discografico con questo primo inedito in lingua italiana scritto a quattro mani col produttore Marco Gatti.
Crediti:
Testo e Musica di Larissa Zanre
e Marco Candeloro
Cantato e Registrato presso
Artisti Online

San Benedetto, l'Europa e la Ciociaria

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L’undici luglio ricorre  la commemorazione di San Benedetto, morto il 21 marzo del 547, Patrono d’Europa.
San Benedetto, con il suo insegnamento, con la sua ‘Regola’, con la diffusione del suo pensiero ed ammaestramento grazie alla diffusione incredibile dei  monasteri  benedettini in tutta Europa, tanto che nell’anno mille all’incirca se ne contavano, di soli maschili, oltre mille sparsi in ogni nazione,  è stato il giusto riconoscimento tributato ad una delle menti eccelse dell’Occidente.   Grazie ai suoi monasteri   una nuova voce e un nuova ideologia presero  gradualmente posto negli animi. Nuovi concetti e sentimenti iniziarono a farsi spazio: il significato dello studio e della lettura, il ruolo del superiore eletto dalla maggioranza della comunità ma anche il ruolo del singolo nell’esporre i propri principi: cioè si gettavano i primi semi della convivenza democratica. E poi l’amore per il prossimo, il significato della preghiera, l’assistenza ai derelitti e poveri, la lotta alla violenza e alla vendetta. Ma soprattutto la scoperta rivoluzionaria fu la valutazione differente e perfino dirompente   che veniva riconosciuta al lavoro: fino ad allora, e anche dopo purtroppo, e anche oggi in  certi luoghi,  si conosceva solo la schiavitù e il servaggio totale e lo sfruttamento: ora invece si comincia a sentire  per la prima volta che il lavoro non solo è necessario per procacciarsi il sostentamento ma altresì un contributo che si fornisce al benessere della  società:    è una riprova della benedizione di Dio. E quindi il famoso precetto:  ora, labora et lege. Pio XII subito dopo la fine degli orrori  del secondo conflitto mondiale, ritenne sua primaria responsabilità rammentare che San Benedetto era il  ‘Padre dell’Europa’  con tutto quanto ciò comportava;  e poi qualche anno più tardi   -le istituzioni europee erano state chiamate in vita da poco-   Paolo VI Montini colse tale fondamentale occasione di collaborazione europea e di buona volontà per proclamare  San Benedetto : ‘Messaggero di Pace’ cioè Patrono d’Europa:   il 24 ottobre 1964 con l’enciclica ‘Pacis Nuntius’  ‘Messaggero di pace’  Papa Montini metteva finalmente fine ad un ritardo secolare a proposito del riconoscimento internazionale degli insegnamenti dell’umile monaco di Montecassino. E Montecassino, porta del Sud della Ciociaria, ha appresentato e ancora rappresenta per l’Europa  un luogo di ricovero e di rifugio e di fiducia nel futuro. E’ vero, si  dirà, malgrado la presenza dei monasteri benedettini in tutta Europa, ai quali agli inizi del 1100 andranno ad  aggiungersi quelli dei Cistercensi e dei Certosini e di altri ordini, tutti originari dai benedettini, le guerre e le carneficine continuarono ad imperversare in tutta Europa anche nei secoli successivi, è vero, perché il male purtroppo è quello che sempre prevale, ma si immagini che cosa sarebbe mai potuto avvenire senza la presenza di queste migliaia e migliaia di monaci e di monache che diffondevano i loro messaggi e le loro testimonianze.
Michele Santulli
In copertina: E.Lesueur, San Benedetto benedice il suo seguace

Mantova, Sonografie. Il suono del colore di Sonia Costantini fino al 28 luglio

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Prosegue fino al 28 luglio 2019 Sonografie. Il suono del colore, seconda edizione della project room scaturita dal cantiere di ricerca Sonografie che indaga il rapporto tra suono e immagine, esplorando le differenze costitutive tra il linguaggio visivo e quello musicale. 

Inserendosi in una ricerca di assoluta attualità nel campo delle arti contemporanee, Sonografie. Il suono del coloreè allestita nell’ala napoleonica di Palazzo Te e propone al pubblico una selezione di opere monocrome della pittrice Sonia Costantini, immaginate come un percorso sonoro, e le composizioni realizzate appositamente dai Maestri Luigi Manfrin e Corrado Rojac ispirate ai monocromi dell’artista mantovana. 

“La visione delle opere di Sonia Costantini - spiega il direttore Stefano Baia Curioni - si accompagna all’ascolto delle composizioni dei Maestri Manfrin e Rojac, generate dalla “lettura musicale” del colore, e alla visione degli spartiti stessi. La prospettiva culturale del progetto Sonografie è quella di muovere dal riconoscimento della irriducibile differenza che distingue le cosiddette “arti dello spazio”, quali la pittura e la plastica, strutturalmente operanti nella “simultaneità” della visione, dalle “arti del tempo”, come la poesia o la musica, che abitano, altrettanto strutturalmente, la successione temporale”.

Le opere pittoriche di Sonia Costantini percorrono una sorta di cammino del suono: dal bianco titanio che raccoglie tutti i colori e richiama un silenzio vitale e generativo, passando per la Foresta Sonora, che scandisce ritmicamente intervalli di suoni attribuiti a diverse tonalità del verde, per arrivare allo spazio cosmico del blu inchiostro dove il suono si perde.

“Nel periodo in cui lavoravo all’opera Foresta Sonora - racconta l’artista - la mia ricerca mi portava a riflettere sulla possibilità di frammentare la totalità dello spazio della superficie pittorica, creando sospensioni, pause, tramite l’uso del colore. Nel realizzarla avvertivo al suo interno un forte senso di musicalità; mentre la disegnavo, la immaginavo proprio come un’onda sonora, seguivo un andamento capace di cadenzare “suono” e “pause”, così da poter cogliere un’eco anche nelle interruzioni, negli intervalli tra le diverse gradazioni del colore.”.

Le opere musicali dei Maestri Luigi Manfrin e Corrado Rojac sono nate dallo sguardo attento e profondo verso le opere di Sonia Costantini. Invitati dal Maestro Leonardo Zunica, i compositori hanno saputo cogliere due tra gli aspetti fondamentali della produzione dell’artista mantovana, tra formalismo e misticismo.
Luigi Manfrin, in Color Folds, ha operato quasi una realizzazione musicale del suo gesto pittorico, costituito da un lavoro per strati. Il colore timbrico della composizione musicale è costituito da un’oscillazione intorno ad alcune frequenze di base, a cui viene sovrapposto un ulteriore livello di espansioni e contrazioni temporali.
Corrado Rojac, in ante intra, ha saputo afferrare la dimensione più spirituale dei monocromi della pittrice con essenzialità, asciutta stilizzazione e continui rimandi al rapporto tra umano e divino attraverso il mistero del sacro.

“L’interazione tra suono e colore - spiega il Maestro Leonardo Zunica - al di là delle corrispondenze che rimandano all’esperienza della sinestesia, sembra istituire una vera e propria eterotopia dell’arte, laddove l’estensione del sonoro al visivo e del visivo al sonoro è in ultima analisi il desiderio di entrambi i campi di trascendere i confini che li contraddistinguono”.
Nella project room Sonografie. Il suono del colore i due diversi linguaggi artistici si confrontano nel dialogo fecondo che si genera, costante e sempre nuovo, tra i dipinti e le opere musicali.
Il progetto è prodotto e realizzato da Comune di Mantova, Fondazione Palazzo Te, Museo Civico di Palazzo Te, in collaborazione con Diabolus in musica, in sinergia con MantovaMusica e Mantova città d’arte e di cultura.

In copertina: Sonia Costantini, NB15-14 Foresta Sonora (2015)

Moda, Matteo Perin a Fattitaliani: tutti i giorni è una formazione, studio e metto in pratica. L'intervista

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Matteo Perinè uno stilista veneto - nasce e cresce in un paesino in provincia di Verona - che realizza capi di lusso su misura per celebrità, imprenditori e altri personaggi influenti della scena internazionale. Si è distinto per i suoi capi raffinati ed eleganti, scelti da professionisti e personalità del jet-set di tutto il mondo. Molto amato anche a Hollywood, è da tempo lo stilista ufficiale di John Travolta, che segue sia sul set che nella vita di tutti i giorni. Fattitaliani lo ha intervistato.

Potresti per sommi capi riassumere le fasi più salienti della tua formazione?
La mia formazione non ha fasi salienti, tutti i giorni è una formazione. Non ho fatto scuole altisonanti. Sono una persona che si informa molto, sul campo, direttamente, e che poi impara e studia libri e mette in pratica. Imparo qualcosa di nuovo ogni giorno che disegno e lavoro sulle mie creazioni.  È affascinante. E se non so qualcosa e vorrei saperlo, vado in cerca di risposte. 
Chi ti ha accompagnato e incoraggiato in questo percorso?
Un caro amico di famiglia che ormai non c’è più da moltissimi anni. Poi sono stato fortunato ad avere dei genitori che non mi hanno mai frenato. Non sempre capendo cosa e dove stavo andando. Mi ritengo molto fortunato ad avere sempre avuto intorno persone che mi hanno spinto a raggiungere i miei obbiettivi. Le persone negative le elimino molto velocemente. 
La tua idea di moda è sempre stata la stessa o si è evoluta nel tempo? 
Beh direi che quando hai 14 anni la tua idea non è quella di adesso, ho provato tante cose, sperimentato e sicuramente posso dire che ora ho le idee chiare. Anche se non nascondo che a volte potrei avere quattro diverse linee di moda che non avrebbero nulla a che l’una con l’altra. Le idee non mi mancano.
La tua regione rientra in una certa maniera nel tuo stile e nella tua concezione?
Sono legatissimo alle mie zone.  Però è dal 1998 che viaggio moltissimo in ogni parte del mondo e quindi penso che il mio stile racchiuda un concetto più ampio, che va oltre la mia regione Veneto.
Seguire e vestire una star come John Travolta cosa rappresenta per te?
Vestire qualsiasi star internazionale è sempre un gran piacere e un gran lavoro. Come tutte le cose ai livelli massimi, bisogna curare ogni singolo dettaglio della creazione.  Sono grandi soddisfazioni per me. Sono nato e cresciuto in un paese di 7 mila abitanti guardando questi personaggi in televisione. Quindi è un traguardo che sono molto entusiasta di aver raggiunto.  
Quanto l'umore incide sul creare o indossare un capo?
L’umore è molto importante. Se sei giù di corda e disegni o crei qualcosa si vedrà. Quindi cerco di disegnare quando so di aver un ottimo umore. Il segreto è circondarsi di persone che ti sostengono e sono positive.  Lasciare perdere le dicerie e soprattutto tenere a distanza le persone negative e che non fanno il tifo per te. L’ho sempre pensata così, e me l’hanno insegnato molti dei miei clienti che tutti noi vediamo al grande schermo. 
Personalmente che stile preferisci? il tuo capo d'abbigliamento preferito qual è? 
Ogni giorno è una buona occasione per mostrare una parte del tuo stile. Non sono mai stato un monotono che porta uno stile e lo veste tutta la vita. Mi piace l’idea della semplicità, ma non ce la faccio a vedermi così. Se devo dire lo stile che preferisco e mi ispira maggiormente è quello militare. C’è qualcosa di speciale nei dettagli e look, visto e rivisto in molte chiavi, riesce sempre a creare delle emozioni.
Facile fra stilisti collaborare in maniera fruttuosa senza rivalità?
Beh a me piacerebbe però con la persona giusta e nel giusto contesto. È un po’ come mettere due galli in un pollaio. Con ciò non intendo dire non si possa fare, anzi penso che tra due persone intelligenti si potrebbe fare e potrebbe essere epica.
Quale stilista ha sempre accompagnato le tue ispirazioni, intendo dire come punto di riferimento?
Diciamo che sono e sarò sempre un grandissimo amante di Valentino. Lui, l’unico imperatore. Non intendo le creazioni che si vedono ora, ma quella che faceva lui. Mi hanno sempre catturato. Ovviamente ce ne sono altri ma lui è il mio mito. 
Arrivare a Hollywood... prime impressioni? è tutto oro quello che luccica?
Beh diciamo che Hollywood è una terra a sé. Tante cose luccicano, non tutte sono da vedere e provare. È un mondo affascinante, ti prende e non ti molla, però non è reale, devi essere tu a riuscire a vedere con i tuoi occhi. Mi ha portato tantissime soddisfazioni e sono sincero anche alcuni dispiaceri. Ci sono persone che si approfittano delle loro posizioni e conoscenze. Diciamo che ti fa crescere in fretta. Quando entri dentro il meccanismo, inizi ad annusare immediatamente le persone che vuoi tenere alla larga. Giovanni Zambito.
Foto di Andrea Raffin

I "Sogni" di Loretta Goggi aprono le Giornate del Cinema Lucano a Maratea

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Trepidante attesa per l'inizio della undicesima edizione delle Giornate del Cinema Lucano a Maratea - Premio Internazionale Basilicata, che si terranno dal 23 al 27 luglio nella suggestiva Perla del Tirreno, oltre all’anteprima del 22 con l’attore hollywoodiano Joe Panteliano.

Ad aprire la kermesse uno dei volti più amati dello spettacolo italiano, Loretta Goggi. Donna di grande spessore artistico, tanto da aver lavorato con i più grandi personaggi del mondo della televisione, del teatro e del cinema, Loretta Goggi presenzierà alla proiezione del cortometraggio “Sogni” di Angelo Longoni, che la vede in veste di protagonista.

Il corto, prodotto dalla International Italian Film di Giorgio Chessari, analizza in modo puntuale e delicato una malattia come l'Alzheimer, che ha un enorme impatto sia per chi ne è colpito, sia per chi deve assistere il malato. Nel cast anche Daniela Goggi – presente anche lei all’apertura della manifestazione - Francesco Montanari, Claudia Conte e Leonardo Bocci.

Una presenza molto attesa quella di Loretta Goggi a Maratea, prima dei prossimi appuntamenti autunnali che la vedranno impegnata a 360 gradi. Se a settembre, infatti, tornerà in veste di giurata del talent di Rai1 “Tale e Quale Show”, l’artista - insieme a Sergio Castellitto e Giorgio Panariello - è anche nel cast della nuova fiction “Pezzi unici” diretta da Cinzia TH Torrini che andrà in onda prossimamente sempre sulla rete ammiraglia. E non solo: presto sbarcherà sul grande schermo con il nuovo film diretto da Francesco Mandelli, “Appena un minuto”, prodotto dalla Lotus, dove veste i panni della mamma di Max Giusti e della moglie di Massimo Wertmüller e con la pellicola “Burraco Fatale - Cuori Quadri Fiori Picche” di Giuliana Gamba, che la vede recitare accanto alle attrici Claudia Gerini, Angela Finocchiaro, Paola Minaccioni e Caterina Guzzanti.

Negli ultimi anni, proprio in Basilicata, Loretta Goggi aveva girato la fiction “Sorelle”, ottenendo uno straordinario successo di pubblico e di critica.

Matteo Costanzo, interrogativi senza risposta in "Mille domande" nuovo singolo del cantante romano

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È disponibile sui maggiori store digitali MILLE DOMANDE il nuovo singolo di MATTEO COSTANZO, il compositore, cantante e produttore romano.
Due tour con Syria e Briga come tastierista/chitarrista, la produzione del disco Talento di Briga insieme al chitarrista Mario Romano, un disco di platino con il singolo Baciami in collaborazione con Takagi e Ketra, la produzione dei dischi Pianeti e Peter Pan per Ultimo insieme ai Prod by Enemies, che diventerà disco di platino e la partecipazione a XFactor di quest'anno.

Suggerita a Matteo dalla visita a un amico neopadre, mette in musica le mille domande che la nascita suscita, prima fra tutte se "il mondo sarà pronto? Io forse non lo sarò mai".
Sonorità raffinate oscillano tra l'acustico e l'elettronico, richiamando echi di un rock nobile, che si fonde perfettamente con le profondità di un testo privo di artifici retorici, costruito dalla serrata narrativa di interrogativi senza risposta e improvvisi squarci di immagini, quali la toccante “Vivere è il silenzio che interromperai”.

Ada Montellanico e la fusione tra jazz e canzone. L'intervista di Fattitaliani

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In occasione del 50° anniversario del Pescara Jazz, Ada Montellanico, cantante jazz e compositrice parla con fattitaliani.it. Ha musicato anche alcune poesie di Luigi Tenco. L'intervista.

Cinquant’anni e non sentirli e una grande occasione per festeggiare, non trova? Certamente! È stato il primo in Italia a portare grandi nomi del jazz che a quei tempi erano ancora super attivi. 
Che sorprese ci sono quest’anno? 
C’è un cartellone molto vasto e importante. Ci sono dei giovanissimi del jazz come Camilla Battaglia, all’Orchestra sinfonica abruzzese. Poi c’è la sezione di Pescara Jazz & Song dove il 9 luglio ci sarò anch’io ed è molto interessante questo connubio tra il jazz e la canzone che è una ricerca che ho fatto da moltissimi anni e porto Tencology riproponendo molte canzoni del repertorio tenchiano più alcuni inediti con arrangiamenti jazz. A Tenco avevo già dedicato due dischi e un libro. 
18 concerti in programma con un forte accento sulla forma-canzone. Cos’è? 
È il filo narrativo della musica, la parte testuale. Tutti gli standard americani sono fondamentalmente canzoni.Questa sezione è molto interessante e anche l’attenzione posta sulla canzone perché è lì nella forma-canzone che si sviluppa tutto il concetto che il jazz è importante proprio perché nell’improvvisazione, rielabora la canzone, raccontandola ognuno a proprio modo. La fusione tra jazz e canzone è molto bella perché ognuno di noi ha la possibilità di raccontare la stessa canzone però con la propria storia. 
Che ricordi ha di Luigi Tenco? 
Pochi perché ero piccola, crescendo ho avuto modo di conoscerlo perché mi hanno proposto di scrivere un testo su di lui e di interpretarlo in chiave jazzistica. Da lì è partita una lunga ricerca sul jazz cantato in italiano. Sono vent’anni che porto avanti questo genere.

Elisabetta Ruffolo
Foto di Giorgio Bulgarelli

Cef, nel singolo "Fvck Reggaeton" la critica allo stereotipo dei tormentoni estivi

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"Il brano - spiega Cef - nasce dalla mia necessità di criticare, in maniera ironica e simpatica, lo stereotipo della hit estiva latino-americana che sta monopolizzando le radio italiane da qualche anno.
Il testo, seppur colloquiale ed intuitivo, lascia anche spazio a tecnicismi curati e caratteristici del rap, mentre la base rispecchia il mood estivo e conferisce freschezza al brano".
Alessandro Omar Cefalota, in arte Cef, nasce a Varese nel 1998. Inizia a suonare la chitarra fin da bambino, per poi approdare alla scrittura all’età di 14 anni. Dopo anni passati ad affinare il suo stile compositivo, nel 2018 inizia a pubblicare dei brani su YouTube, superando i 100.000 ascolti. Con il singolo Fvck Reggaeton, Cef è pronto ad iniziare un nuovo capitolo del suo percorso artistico.

Al via il 3° Mythos Opera Festival con Attilio Colonnello, Giovanna Casolla, Marco Boemi

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Sarà straordinaria e ricca di novità la terza stagione del Mythos Opera Festival, attesa rassegna operistica in programma tra il 16 luglio e l’1 settembre in alcune tra le più suggestive location siciliane.
Quest’anno la direzione artistica è affidata a Nino Strano che, smesse le vesti di politico, ha ripreso la propria attività nel campo delle arti iniziata, tra gli altri, con personalità come Attilio Colonnello, Beppe de Tommaso, Arnoldo Foà, Mauro Bolognini e Franco Zeffirelli. E proprio al maestro Zeffirelli, recentemente scomparso, è dedicata questa edizione del Mythos. “Una dedica ad un genio della bellezza, dell’arte, della signorilità – dichiara Nino Strano - Il suo genio ha contraddistinto il suo lavoro nel cinema e nel teatro. Franco Zeffirelli ha scritto pagine indelebili con opere meravigliose, fino all’ultima Traviata, andata in scena poche sere fa all’Arena di Verona. Ho così consigliato al direttore di produzione – spiega il direttore artistico - di dedicare a lui questa edizione del Mythos, che tra l’altro riprende anche nel nome il Circuito del Mito, che inventò proprio Franco Zeffirelli quando fui assessore regionale al Turismo. Ho avuto l’onore di frequentarlo, conoscerlo, collaborare con lui. E sono certo che lì, tra gli angeli, ci guarda e ci sorride”.

Si inizierà il 16 luglio con un’emozionante Cavalleria Rusticana, opera in un unico atto di Pietro Mascagni, nella suggestiva Scalinata Santa Maria del Monte di Caltagirone, dichiarata patrimonio dell’Umanità. Il 22 luglio andrà in scena, nella magica atmosfera del Teatro Antico di Taormina, La Traviata, opera in tre atti di Giuseppe Verdi, poi in replica al Teatro di Verdura di Palermo il 21 ed il 28 agosto. A curare le due regie sarà Nino Strano, con la co-regia di René Fiorentini. Nel centenario della sua scomparsa, il Mythos Opera Festival dedica, inoltre, due serate al grande compositore Ruggero Leoncavallo, mettendo in scena, il 29 luglio al Teatro Antico di Taormina ed il 7 agosto al Teatro di Verdura di Palermo, il collaudato dittico verista Cavalleria Rusticana e Pagliacci, su musiche, rispettivamente, di Pietro Mascagni e Ruggero Leoncavallo. A dirigere l’Orchestra Filarmonica della Sicilia, come in Cavalleria Rusticana a Caltagirone, il maestro Francesco Di Mauro. Grande attesa anche per Aida, in programma il 12 agosto al Teatro Antico di Taormina ed il 14 agosto al Teatro di Verdura di Palermo. A firmare la regia sarà il maestro Attilio Colonnello, pittore, scenografo e regista, tra le più grandi personalità artistiche internazionali. Un nome di grande prestigio che impreziosisce questa terza edizione del Mythos. L’opera in quattro atti di Verdi vedrà anche l’illustre presenza di Giovanna Casolla, nel ruolo di Amneris, tra i più apprezzati soprani sulla scena internazionale, e di Marco Boemi, tra i più illustri direttori d’orchestra, che nella sua lunga carriera ha diretto, tra gli altri, Luciano Pavarotti, Daniela Dessì, Giuseppe Sabbatini e Cecilia Gasdia. 

“Si parte il 16 luglio con la Cavalleria Rusticana a Caltagirone – commenta Nino Strano - Sono orgoglioso dell’idea, tra l’altro apprezzata dall’ottimo sindaco, l’avvocato Gino Ioppolo, di metterla in scena nella Scalinata monumentale, patrimonio dell’umanità. Ci sarà un cast di ottimo livello. Mio collaboratore sarà il maestro René Fiorentini, che ha lavorato, tra gli altri, con Mauro Bolognini e Attilio Colonnello. Poi continueremo a Taormina. Aver avuto tre date al Teatro Antico testimonia la nostra serietà e credibilità perché il Parco archeologico di Naxos e il Comune di Taormina, retto dall’ottimo sindaco, il professore Mauro Bolognari, la concedono con tanta parsimonia. Noi saremo a Taormina con La Traviata, di cui sarò regista, con Cavalleria Rusticana e Pagliacci e con Aida, con le scene e la regia di Attilio Colonnello, un grande nome del teatro ricordato da tutti. E poi saremo al Teatro di Verdura di Palermo. Anche lì – conclude il direttore artistico - siamo onorati che il Comune di Palermo abbia concesso a noi le date nelle quali riproporremo le tre opere”.

Jean Paul Gaultier entusiasma Spoleto con “Fashion Freak Show”

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di Riccardo Bramante - Non finisce mai di stupire l’enfant prodige della moda Jean Paul Gaultier che ha portato a Spoleto, in occasione del Festival dei Due Mondi il suo strabiliante spettacolo “Fashion Freak Show”, in cui ripercorre tutta la sua vita in un viaggio autobiografico fatto di colori e ricordi partendo dalla sua infanzia segnata dal ricordo della nonna sarta fino al debutto sulle passerelle internazionali.

Sono due ore di spettacolo puro tra coreografie erotiche ma mai volgari e canti e balli interpretati da artisti che si esibiscono nei suoi spettacolari costumi, come gli iconici corsetti poi adottati anche da Madonna fino alle sue tipiche magliette a righe alla marinara.

Né mancano momenti di grande effetto con gli artisti che scendono tra il pubblico spandendo coriandoli e lanciando provocatoriamente profilattici per ricordare le battaglie contro l’Aids che hanno visto a suo tempo Gaultier in prima fila. Il tutto accompagnato da una fremente ed evocativa colonna sonora che parte da “Freak Out” degli Chic fino a Lou Reed ed i Sex Pistol in un excursus che riporta ai ruggenti anni ’80.

È una autobiografia ironica e coinvolgente che si apre quando, ancora giovanissimo scolaro, scopre le sue capacità di disegnare modelli e figure femminili, in questo caso raffigurate dalla sua maestra interpretata da Rossy De Palma, l’attrice preferita di Pedro Almodovar, fino ai camei di Amanda Lear e Catherine Deneuve che, in video, presenta i modelli della sfilata di alta moda dello stilista che ha rivoluzionato il modo di concepire la bellezza e le passerelle.

Numerosissimi sono gli artisti che si susseguono sul palcoscenico e tutti con quei suoi costumi che lo hanno reso unico ed inimitabile, da Alma Cleveland a Lazaro Cuervo Costas, solo per citare i più noti, fino alla apparizione in video dello stesso Gaultier che sintetizza il suo pensiero in una frase che riassume pienamente il  modo di concepire la sua opera: “Siamo noi che dobbiamo usare la moda e non la moda ad usare noi”.

Al termine, un pubblico fortemente coinvolto ed entusiasta non ha risparmiato meritatissimi e prolungati applausi a tutto lo staff, facendo sicuramente di questo evento il “clou” dell’intero Festival di quest’anno.

Pasquale Lettieri ovvero nascere critico d'arte: l'intervista di Fattitaliani

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Pasquale Lettieriè Critico d’Arte, ma anche Poeta, Biografo e Giornalista.
Danno il via alle sue attività le frequentazioni con il Poeta visivo Camillo Capolongo prima e successivamente con il curatore e gallerista romano Ermenegildo Frioni.

Inizia così un percorso artistico culturale, professionale veramente consistente, la sua prolifica attività nel campo della ricerca artistica contemporanea, curando numerosissime mostre e rassegne dedicate ai nomi più prestigiosi dell’Arte contemporanea. E’ autore di numerosi cataloghi e libri d’arte, Docente, Accademico, Direttore artistico di Gallerie d’Arte, scrive su quotidiani e mensili di provata valenza artistica, curatore di un’ingente quantità di Mostre, Autore di volumi e cataloghi preziosi per la competenza e la ricerca storica che ne sono alla base.
Chi sia, quindi il Prof. Lettieri per gli addetti ai lavori è ormai storia, noi invece vogliamo presentarlo al grande pubblico, facendolo conoscere anche umanamente ai giovani, a chi non è un frequentatore del campo artistico.
D. Prof. Come vive un Critico d’Arte come Lei la consapevolezza di appartenere ad una terra che contiene il 70% dell’Arte mondiale ed è la culla di tutta la Cultura neoclassica?
Si sente il peso di una grande responsabilità, ma anche la felicità dell’orgoglio di essere italiani. La museografia, così come la museologia, sono diventate due scienze in sviluppo, che attirano sempre nuove attenzioni di giovani che sentono il bisogno di acquisire le conoscenze adatte per svolgere queste nuove professioni che a qualcuno sembrano antiche, ma che fino a poco tempo fa si acquisivano con un artigianale apprendistato, che per anni ha dato buoni risultati, ma ora mostra tutta la sua corda. Tanto è vero che si avvertono tutte le carenze che abbiamo posto a premessa di questo ragionamento. Carenze che rischiano di rallentare lo sviluppo di questo comparto che, con l’aumentare del tempo libero e dei consumi culturali, richiederà tanti operatori ai quali non si dovrà chiedere una minore scientificità di quella che si chiede ai ricercatori delle nanotecnologie. Non bisogna pensare che nelle cose dell’arte deve valere l’ingegno, l’improvvisazione e basta, perché è sempre più necessario acquisire conoscenze organiche e mettere in campo prassi che già all’estero, specie negli Usa, sono già in atto e da noi, molto meno. Porre al centro del dibattito questa questione significa voler dare al mondo dell’arte, un futuro certo in cui le discontinuità e le originalità siano dovute a personalità e psicologia, non a casualità e improvvisazione. Le università, le accademie, ma anche le stesse istituzioni museali e storico archeologiche si devono porre il problema in termini organici, utilizzando anche l’esperienza dei pionieri dei Renato Barilli, degli Achille Bonito Oliva, dei Germano Celant, dei Gillo Dorfles, dei Philippe Daverio, artefici di una grande stagione, irripetibile, indipendentemente dalle loro diversità e dall’essere storici o “contemporaneisti”. Mi sembra necessario non lasciarsi sfuggire l’occasione d’oro d’avere avuto una squadra di critici che è equivalente a ciò che sono stati i Valentino, Versace, Ferrè, Armani, Missoni, Balestra, Molaro nel campo della moda. Un momento in cui la storia produce, in maniera rivoluzionaria, dei protagonisti che tracciano una strada che prima non c’era, che fondano stili e modelli di vita, ma difficilmente hanno eredi diretti, anche perché sono dei solisti che creano le regole con il loro comportamento ma non le tollerano, per cui, affinché non si disperda un patrimonio è necessario che si moltiplichino le offerte che ad oggi sono molto limitate.
D. Ci spiega come e quale approccio bisogna avere per carpire il significato di un’opera e non rimanere alla sua apparenza?
Dinamica e meditazione sono due alternative di lettura per i linguaggi creativi, pittorici, plastici, che oggi sono sempre più contaminati, mescolati, con la peculiarità tecnologica che impregna tutto l’essere e l’apparire, anche quello che, nell’immediatezza, sembra più legato alla tradizione e alla storia, ma ricordandoci sempre che nell’antico, molto mitizzato, le statue, i templi e le case, tutto era dipinto proprio perché il crinale del cambiamento continuo, che corrisponde all’etimologia della modernità avanzata, liquida, obbligato a scommettere sull’originalità.
In sostanza nessuno può “tradire” il proprio tempo, sia quando vuole tentare la fuga in avanti, che quando si sente orfano del passato e vuole ripercorrerlo o impiantare in esso, perché c’è oltre alla consapevolezza, un trasudamento molecolare che gioca una dialettica di movimento e di stasi in un ondeggiare continuo, per quanto asimmetrico, che corrisponde ad una sperimentazione e ad una riflessione, che è linguistica in senso teorico, complessivo, pronta a specificarsi nei molteplici rivoli della fenomenica che corrisponde ai nostri sensi alle espressioni del desiderio, nelle emozioni, che si fondano sulla memoria e ad essa tornano, dopo i flussi del presente, dopo aver lasciato tracce che tocca ai visionari astrarre dal nulla, ai deliranti innalzarle a pensiero.
D. Cos’è per Lei la Bellezza?
Il concetto del bello è fortemente generico, penosamente vacuo. Diciamo bello quello che piace agli occhi, quello che osserviamo con piacere. Ma il piacere offerto dalla natura è di specie diversa dal godimento artistico. Quel che piace rappresentato dall’artista può spiacere in natura ed essere persino insopportabile. Poiché c’è un abisso fra bellezza naturale e pregio artistico, noi cerchiamo di evitare il termine “bello” nel giudizio sull’arte. Ma sarebbe un errore espellere senz’altro dal regno dell’arte il bello naturale, quindi la figura sanamente bella, la grazia del movimento, una corporatura regolare, il fascino. I rapporti fra bellezza naturale e valore artistico sono intricati.
Anzitutto il nostro giudizio sulla bellezza in natura dipende dalle nostre esperienze artistiche. Proprio dagli artisti abbiamo imparato a godere la bellezza naturale.
Le forme, i colori, i movimenti che ci rendono felici nella vita, noi non cerchiamo affatto di ritrovarli nel quadro. Il bello naturale non è condizione indispensabile per la creazione artistica, ma serve all’artista come un mezzo. In arte esso è simbolo di nobile, alto sentire, di purezza spirituale, d’innocenza e di santità.
D. Per fare comunicazione culturale sui giornali, in TV e, ovviamente, a scuola occorre sempre il confronto con il passato o il dominio della Rete ha mutato o almeno condizionato il modo di fare critica?
Non bisogna dimenticare mai che i linguaggi artistici costituiscono un elemento essenziale dell’immaginario umano, capace di connotare identità, come le differenze, rendendo dinamiche le civilizzazioni, dando ad esse le strumentazioni per affermare la creatività, lo sbandamento,
la fascinazione; perché altrimenti non si comprenderebbe il suo espandersi, che è da tutti considerato, un indiscutibile fattore oggettivo, mentre, ancora in tutta la prima parte del Novecento, in preda delle ideologie rivoluzionarie e assolutistiche, molti si chiedevano, con maiuscoli punti interrogativi, se l’arte fosse necessaria, se l’arte avesse avuto un futuro. I nuovi media hanno consentito una crescita in orizzontale, oltre che in verticale, dell’interesse poetico e critico, oltre che di quello di mercato, che rimuove questi interrogativi, mentre amplia la portata di tutte le questioni filosofiche, sociologiche, linguistiche, che all’arte e alle sue molteplici espressioni, fanno riferimento.
D. I trentenni e i quarantenni di oggi vivono una grave emergenza storica che si basa su una disoccupazione intellettuale già, da qualcuno, prevista fin dagli anni settanta. Quali gli errori della Scuola, della Formazione, della docenza universitaria? Dice Oscar Wilde: in un secolo brutto e insensato, le arti cercano i modelli non nella vita, ma in opere precedenti, alle quali fu dato valore.
Cosa fare, secondo lei, per non trascinarsi questo stato di cose nelle generazioni future?
Nella grande discussione sulla disoccupazione giovanile, specie di carattere intellettuale, spesso sprovvista di laurea, non è mai stata al centro del dibattito la questione delle nuove professioni legate alla cultura, alla gestione di imprese culturali, in tutti i settori, soprattutto in quelli museali, galleristici espositivi, che si moltiplica sempre più e non hanno personale adatto, non potendo quindi, portar avanti i programmi di espansione o dovendo accomodare con personale improvvisato. Tanto malessere, in tutti questi luoghi è dovuto spesso all’improvvisazione, al dilettantismo, che poi si traduce in cattiva selezione delle opere, in modesti cataloghi di basso tenore scientifico, in allestimenti carenti e in apparati illuminotecnici che spesso sono fatti per rendere difficoltosa la visione e sfregiare seppure metaforicamente, le opere.
La stagione delle mostre, in Italia, ormai dura da anni, senza interruzione e il fenomeno non accenna a placarsi, ma questo pone con forza il problema della formazione dei critici, dei conservatori, dei curatori, degli addetti stampa e alle pubbliche relazioni, i guardiani, gli accompagnatori di comitive. Bisogna studiare in modo nuovo in collegamento tra centri universitari e musei, gallerie, luoghi espositivi, per evitare i rischi di teoricismo, che rendono inutile tanta conoscenza e quelli di tecnicismo che reputano tutto ovviabile con l’esperienza. Serve lo studio teorico e l’attività di tirocinio, in modo da connettere subito l’acquisizione metodologica astratta e la concretezza del fare e del fare bene.
D. Artisti, Galleristi, Istituzioni. Monitorando questi tre fattori, qual è lo stato di salute dell’arte contemporanea?
Il sistema dell’arte sta vivendo una nuova giovinezza, da tempo, conquistando sempre nuovi ceti sociali, che vengono attratti dall’arte, per quello speciale status simbol che conferisce, per quella trasformazione qualitativa che dà agli ambienti in cui viene collocata. Niente è in grado di soddisfare il desiderio di cose bellezza ambientale, come l’arte, specie quando è il frutto di una conquista individuale, in un luogo che è di conoscenza e di acquisizione, come dire di metafisica e di fisica. L’opera di pittura, di scultura, di disegno, di grafica, nella vendita all’asta, si misura, non solo con una cerchia di affezionati e di conoscitori, ma con un vasto pubblico, che spesso la incontra per la prima volta, proprio in questo luogo, spesso con delle folgorazioni e delle impennate di valore, che fanno notizia; nascono in sostanza amori eterni ed infiniti, ma anche possibilità di crollo, anche se, veramente, questo accade molto di rado. Puntare su questa forma di mercato dell’arte, che è ormai stabile nell’affiancare quella tradizionale dei mercanti en chambre o dei galleristi o quelle più recenti, come quella che avviene in trasmissioni televisive, è un fatto di fiducia nei confronti dell’agorà cittadina per entrare in confronto con l’habitus della ricchezza storica, dell’arte antica e moderna; ribadendo che essa non è in alternativa agli altri canali commerciali esistenti, ma si propone in azione sinergica di integrazione, in cui si preveda che in più, in tanti, si possa lavorare insieme per allargare il panorama dell’offerta d’arte e ampliare l’ambito dell’offerta e quello della richiesta. Così consolidando, in tutto, il panorama nazionale, un segmento del rapporto sociale con l’arte, nella considerazione che la sua fase di mercificazione non finisce per esaurirla, ma nel verificarne la corporeità in vista di una più sofisticata conservazione tra i beni dello spirito, perché non dobbiamo mai dimenticare che l’arte ha un suo momento mercantile, seppure alto e speciale, ma rimane sempre una delle più alte invenzioni del genio umano e rappresenta la più alta espressione di una civiltà. In sostanza, si può ribadire che ricchezza e varietà dei canali di proposta di mercato, fanno si che esso sia, sempre più, un segnale di strutturalità della vita economica e culturale, un segnale di modernità profondamente radicata nella tradizione e proiettata nel futuro.
D. La bellezza salverà il mondo, dice Dostoevskij, dobbiamo crederci o è ormai una frase dell’immaginario comune?
L’arte e gli artisti sono una categoria postmoderna per eccellenza, forti e inguaribili assertori di una unione sacra tra teoria e prassi, tra concettualità e tecnica, continui fondatori e rifondatori della loro genealogia di nomadi ed erranti, vocati a creare bellezza e a dare luce ai grandi spazi e ai segreti luoghi della vita; con essi si devono misurare sociologi e urbanisti, architetti e paesaggisti, per fare in modo che il nostro destino non sia quello dei tristi custodi di un passato grande di cui s’è persa la chiave, ma di protagonisti pronti a segnare il proprio passaggio, con forme durature di monumenti del nostro tempo. Come sempre si confrontano i laudatores temporis acti, i catastrofisti, gli utopisti, i visionari, ma noi possiamo aspirare al più alto dei destini, quello di contribuire alla trasformazione molecolare di noi stessi e della realtà circostante, senza lasciarci esaltare dai successi e senza farci atterrire dai degradi: hic rodus, hic salta.
D. Cos’è la Poesia per lei?
La poesia è diventata un’ermeneutica dell’impossibile, in quanto non esiste più una regola d’arte che va interpretata e compresa, ma un trascinamento che non porta da nessuna parte, perché l’emozione non è programmabile e neanche decodificabile, se non in via sintomatica, frammentaria, senza più nulla di sistematico, proprio per il fatto che si è esaurita la poetica come pensiero compatto, per cui il post industrialismo si diffonde esplosivamente dappertutto, con un ritorno all’individuale parcellizzato, alienato, proprio nel momento in cui alla divisione capitalistica del lavoro, fa sì che nessuno abbia una visione d’insieme, capace di essere in qualche modo autosufficiente, bersagliando l’individuo di ogni attacco, fino a farlo regredire in individualismo solipsistico, che dal narcisistico procede verso l’autismo, anche se per fortuna continuano a proliferare gli emarginati che seguendo le tracce di Solgenitsin, di Sakarow, di Siniavski, di Daniel, le indicazioni intellettuali di imprevedibili poeti come Pound e scrittori come Cioran, tutti lungo una direttiva di libertà, dove hanno incrociato le penne, anarcoidi come Pizzuto e Bataille e per finire in catalogabili, come Kurt Vonnegut, James G. Ballard, Charles Bukowski. Si fa per dire!
D. L’amore rende più deboli o più forti?
Eros è la macchina della vita, intorno ad esso e attaccato alle sue infinite trame, si svolge l’accedere delle ore e dei giorni, in una perenne lotta del desiderio, di soddisfarsi, sapendo, antropologicamente, che il suo gioco radicale, ontologico, sconfina con le pulsioni profonde, che appartengono all’istinto di conservazione e di repulsione, per tutto ciò che è suo apporto, disfacimento, dissipazione, perdita del , dell’es, del superio, della morte, insomma, che è la perdita di tutto, per cui eros vuol dire gioia e dolore, mescolati insieme, in estasi e tormento, eterni.
Al suo corteo cui sono tutti, belli e brutti, giovani e vecchi per prendersi la propria parte di festa, la propria porzione di godimento, portandosi dietro l’epigrafe del proprio narciso, attaccata alle dionisiache corone di fiori carnosi, umorali, come un’insegna, che indica innamoramento, passione, delirio, dolore: perché il suo percorso è sempre ripido, in salita e si può precipitare in ogni momento, anche quando si sfiora il culmine, l’estasi di un attimo e s’incontra Sisifo, che non si ferma mai che sale, sale, ma poi scende, scende.
D. Da cosa ci salva la Poesia?
La poesia, erede, nel suo grande contenitore indicibile ed ineffabile, delle misure della bellezza, della libertà espressionistica, dell’emozione, della gestualità, del nomadismo, della sperimentazione, della teatralità della scena, del segreto di un laboratorio sapienziale e facturale, del grande teatro del mondo e della sua immensa volta celeste, conturbante aura fantastica e cappa insostenibile, caratterizza, rizomaticamenteed atmosfericamenteil nostro tempo.
La poesia si configura come un grande contenitore, informe, elastico, pronto ad assumere la forma di tutto quello che contiene dentro, cambiando di continuo il suo modo di apparire, la sua transeunte morfologia, fatta di tutte le imperfezioni e le titubanze che vengono a scontrarsi, quando tutto è stasi e sembra movimento, quando tutto è movimento e sembra stasi.
D. L’amore è la risposta, ma mentre aspettate la risposta il sesso può suggerire delle ottime domande. (Woody Allen). In che ordine mette le due cose Lei?
Nel lungo tempo dell’oggi, che è il rovesciamento dell’eterno presente, tutto quanto può esistere, spianando le montagne e riducendo le maree, proprio, perché è in atto una grande pioggia chimica, di media a cui nessuno può sottrarsi, intrusiva, implacabile, a cui è necessario rispondere, raddrizzando i tempi e i luoghi, della riflessione, della meditazione, nell'ascolto dei suoni, nella modulazione, delle parole, nella calibratura dei gesti, facendosi altro, riuscendo ad ascoltare il silenzio e vedere il nulla, come se fosse in atto un'apocalisse, l'avvento dell'aleph.
Per questo, diventa fondamentale il momento della libertà, della libera adesione alla propria emotività sensuale e pornografica, salvifica e dannata, che può anche essere sincronica, calibrata con quanto gli accade tutto intorno, vissuta senza arroganza e senza spirito di sopraffazione, in cui il compito del maestro, vicino e lontano, non è quello di portare ad unità la molteplicità, ma di conservarla, in quanto tale, come una ricchezza che è tale, in quanto tale e non in quanto materialeda fondere insieme, ma per la fluidità del genio che per fortuna è sempre incombente
D. Tra le tante cose che fa, in quale si ravvisa meglio?
Nella contemplazione
D. Un’ultima domanda al Prof. Lettieri che riguarda la Donna. Oggi è sopraffatta dalla violenza, l’Arte può contribuire ad abbattere questo oscurantismo che pensavamo di avere alle spalle?
Lo sguardo lungo e inesorabile, che guarda all’eterno femminile, come geneticamente culturale e complessità espressiva, in senso fisico, assolutamente fisico, ma storico, assolutamente storico, dal punto di vista dell’emozionalità fantastica e della rappresentazione visiva, specialmente in quest’ultima fase della modernità, che lo ha fatto diventare testimonial di tutto, ma proprio di tutto, a causa (o grazie) all’emozionalità che, investendo le molecole più recondite dell’io e del noi, condiziona ogni atteggiamento nei confronti dell’altro. La donna, specchio estetico dell’umanità, è soggetto-oggetto, nel senso che viveall’interno dell’opera, come in un secretum, mostrando vera spontaneità che è quella dell’essere con sé stessi, del piacersi, del guardarsi, dell’immaginarsi, ma anche la spettacolarità del piacere, del guardare, dell’immaginare, in una dialettica, che è della natura, che è della cultura, in un limpido, in un torbido, di una trama combinatoria che prevede scampo, che prevede riparo, facendo parlare il respiro, il calore, l’assopimento, come regno, come voluttà.
Gentile Professore grazie per la sua disponibilità che ci ha permesso questa piacevole conversazione e ci lasciamo con poche parole che ci esortano a fare solo ciò che possiamo, a tutela della pura e disinteressata bellezza:L’arte è una missione, se non si è chiamati è meglio non farla (Giò Pomodoro).
Caterina Guttadauro La Brasca



DropOut, "Lies"è il 1° singolo, nato da una storia vera

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Lies è il primo singolo dei DropOut estratto dal nuovo EP di prossima uscita. La canzone nasce da una storia vera, comune a molte persone: l’amore per qualcuno che ci abbandona, lasciandoci con molti dubbi. Il pensiero costante è se la relazione vissuta fino a quel momento sia stata vera oppure solo una sequenza di bugie e tradimenti.

In Lies il “tradito” si trova solo, ma convinto nel voler continuare comunque la relazione aggrappandosi ai bei ricordi ed agli errori che non avrebbe dovuto commettere.
La bugia più grande è però quella che racconta a sé stesso perché è inutile illudersi di poter tornare sui propri passi.
Ci si rende conto di aver vissuto in una bolla e nonostante la malinconia, bisogna trovare il coraggio di andare avanti, dando un taglio netto al passato.
Keeping my thoughts away tonight…”
DropOut si formano ufficialmente nel 2015, dopo vari cambi di formazione.
Iniziano il loro percorso con cover di band punk, grunge e metal, prevalentemente nei locali e pub della provincia di Venezia. A metà del 2017 iniziano a scrivere Hic Et Nunc, un EP di cinque brani inediti pubblicato nel marzo 2018. Le canzoni che compongono il lavoro rispecchiano la diversità delle influenze artistiche dei componenti della band, che spaziano dal pop al punk fino all’ alternative metal. Il tema principale del disco è la costante voglia di evadere dalla realtà e la disperata ricerca di qualcosa che rompa la routine quotidiana.
Dopo diverse date promozionali tra le province di Venezia, Padova e Treviso, nel novembre 2018 la band torna in studio per lavorare su un nuovo EP, registrato in collaborazione con il SAE Institute di Milano.
Le sonorità e i temi affrontati rispecchiano la crescita artistica della band verso il panorama alternative metal.
 Nel frattempo i DropOut intraprendono la collaborazione con SorryMom!, agenzia di management musicale, che si occuperà della pubblicazione dell' EP.

VIDEO:

Proscenio, Daniele Fabbri presenta "Fakeminismo". L'intervista di Fattitaliani

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Giovedi 18 luglio il palcoscenico del Lunga Vita Festival presenta il debutto nazionale di FAKEMINISMO, il nuovo spettacolo satirico di Daniele Fabbri che lo presenta così: «Ho 36 anni, sono single, maschio eterosessuale ma non per colpa mia. Ho ricevuto una educazione cattolica, e questo mi ha insegnato che i miei impulsi sessuali sono sbagliati e pericolosi. Ma sono anche figlio del patriarcato, e questo mi ha insegnato che se non metto il mio pene al primo posto, sono un fallito. In tutta questa confusione, un giorno ho incontrato il Femminismo che mi ha spiegato che sbagliano entrambi. Mi sembri interessante Femminismo, ti sto ascoltando. Ma ogni tanto, se ti piaccio, scopiamo?» Fattitaliani lo ha intervistato per la rubrica Proscenio.

"FAKEMINISMO" in che cosa si contraddistingue rispetto ad altri suoi testi?
Nell'ammissione di insicurezza. Nei miei precedenti monologhi i bersagli della mia satira sono stati sempre chiari: la religione, il fascismo, il potere politico, i tabù sociali, e la mia posizione è sempre stata apertamente antagonista.
Parlando invece di femminismo e di patriarcato, mi costringo a mettere in discussione tutto, a partire da me stesso. Oggi si parla molto di più di parità e di rispetto verso le donne, ma anche se noi maschi iniziamo a capire che certe cose siano sbagliate, non abbiamo ancora capito bene quali sono le cose giuste.
Non che io l'abbia capito con certezza, ma provo a rispondere e vado per esclusione!
Quale linea di continuità, invece, porta avanti (se c'è)? 
È la rottura con tutto ciò che è ottusa tradizione. Io sono un ex cattolico convinto, ho provato in prima persona l'esperienza di credere davvero in certi valori, certi modi di ragionare e anche in certi sentimenti, per poi scoprire che la mia profonda convinzione era solo frutto di idee inculcate attraverso una educazione pressante e unilaterale fin da quando ero bambino. La società maschilista funziona allo stesso modo, forma i tuoi sentimenti fin da quando sei piccolo, ti spiega che le femmine sono inferiori ai maschi e che in fondo questo è l'ordine naturale delle cose.
Quando ho abbandonato la religione mi sono detto: "e adesso?", e negli anni mi sono ricostruito una morale da capo. Ho capito che nei confronti del patriarcato bisogna fare la stessa cosa, cancellare tutto e ricominciare da capo. Ed è quello che racconto nel monologo.
Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro? Racconti...
Per caso, intorno ai 22 anni: mia sorella voleva fare l'attrice, si stava preparando per un concorso e mi chiese di aiutarla in qualche modo, e lì scoprii di essere portato per la scrittura. Poi un giorno provai a scrivere un monologo e a recitarlo direttamente sul palco, le risate che ricevetti dalla platea mi inondarono di calore, e ho deciso che non avrei mai più abbandonato quel posto. La presi seriamente, di giorno studiavo in una scuola triennale di teatro, di sera facevo il tuttofare in un piccolo teatro off, e quando potevo mi esibivo come comico nei club. E sono passati 15 anni, nel frattempo.
La migliore critica che vorrebbe ricevere?
"Non solo è divertente ma è anche supersexy, lo consiglierò alle mie amiche!".
La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?
"Non solo è sessista, ma è pure mezzo pelato! ".
C'è un momento, una frase di "FAKEMINISMO" che potrebbe sintetizzarne significato e contenuto?
"Se la società fosse femminista smetterebbe di proporre ai maschi dei rimedi avere il pene gigante, e proporrebbe rimedi per avere il pene che vibra!"

LO SPETTACOLO
Fakemenismo è uno spettacolo che parla di donne, viste da un uomo che vuole cambiare il suo modo di parlare delle donne. Fabbri, navigato comico satirico e pioniere della Stand Up, ci propone una riflessione comica piena di buone intenzioni. Alla platea la valutazione sulla riuscita dell’intento, perché un maschio che si mette in discussione si riempie di insicurezze, che lo portano a commettere ridicoli errori da maschio.

Negare che le donne siano discriminate nella società è da ipocriti, le ragioni del femminismo sono indiscutibili.  Cosa può fare attivamente un uomo che non ha effettive posizioni di potere, non è famoso, non è un politico o un influencer, per cambiare la società? Cosa devono fare i maschi comuni nella vita di tutti i giorni?

Daniele Fabbri si interroga sapendo di non avere le risposte, perché il femminismo non può certo spiegarvelo lui che è maschio. 
Tutto ciò che può fare è dimostrare che si può ridere degli argomenti più seri senza affatto sminuirli, ma al contrario è un buon modo per riconoscere la loro importanza e condividerla con gli altri. 

DANIELE FABBRI, classe 82, lavora da oltre 10 anni con la satira e la comicità in ogni sua forma. Oltre alle esperienze in televisione come attore, autore e comedian (NBC e NBC2, CCN con Saverio Raimondo, NEMICO PUBBLICO con Giorgio Montanini) e ai suoi monologhi di StandUp Comedy pura che presenta tra club e teatri di tutta Italia, ha scritto 25 spettacoli teatrali, è writing-partner dei monologhi di Giorgio Montanini, ha collaborato con la rivista ScaricaBile e Fuorilemura.Com, è autore in programmi radiofonici e televisivi (Rai, RadioRai, ComedyCentral); insieme a Stefano Antonucci ha scritto e pubblicato i fumetti “Gesù La Trilogia”, “V for Vangelo”, “Quando C’era LVI”, “Il Piccolo Fuhrer”, e il recente “Il Timido Anticristo” per Feltrinelli.


FAKEMINISMO Il nuovo spettacolo di e con Daniele Fabbri

LUNGA VITA FESTIVAL 2019 / III Edizione
Accademia Nazionale di Danza - Largo Arrigo VII, 5 – Roma
Giovedi 18 luglio ore 22.30

Biglietti: Platea centrale numerata 17 euro ; Platea laterale numerata 15 euro
Info e prenotazioni: mob 348 9263558 - lungavitafestival@gmail.com
Una produzione AltraScena

Alle “Giornate del Cinema Lucano a Maratea” brilla la stella di Milly Carlucci.

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Si amplia il ‘parterre de roi’ dell’undicesima edizione delle Giornate del Cinema Lucano a Maratea - Premio Internazionale Basilicata, che si terranno dal 23 al 27 luglio nella suggestiva Perla del Tirreno.


Durante la serata del 27 luglio salirà sul palco Milly Carlucci, uno dei volti del piccolo schermo più amato dal pubblico italiano.


La conduttrice - che ha recitato anche al cinema e a teatro – verrà premiata per lo straordinario successo ottenuto con “Ballando con le stelle”, il talent show di Rai1 che fa scendere in pista i personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport di tutto il mondo: la trasmissione, giunta alla quattordicesima edizione, si è confermato il programma più seguito del sabato sera della passata stagione televisiva e, in termini di ascolti, la migliore edizione degli ultimi sei anni. Un amore, quello per la danza, che Milly racconta nel suo ultimo libro “La vita è un ballo. Ballando siamo tutti stelle” (Editore Rai Libri), dove ci invita a ballare nelle sale e nelle piazze, nel cinema e nella tradizione, per ricondurci alla magia che ogni sabato sera prende vita davanti alle telecamere di "Ballando con le stelle".



Instancabile, ha appena terminato di condurre il nuovo talent di Rai5 “Il sogno del podio”: il programma ha raccontato il sogno di venti ragazzi direttori d'orchestra, tra i 18 e i 30 anni, che hanno gareggiato per conquistare il podio della London Symphony Orchestra.

Aida edizione 1913 all'Arena di Verona, rievocazione spettacolare e intima allo stesso tempo. La recensione di Fattitaliani

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Di certe opere restano eterni alcuni passaggi, arie famose entrano a far parte della memoria collettiva, momenti musicali diventano sottofondi che accompagnano le nostre storie. Questo a volte a scapito di sfumature, dettagli, approfondimenti che sfuggono.

All'Arena di Verona quest'anno la rappresentazione della messa in scena dell'edizione storica del 1913 riconcilia l'opera di Verdi nella sua totalità con il pubblico, che trova l'occasione e i talenti per approfondire ulteriormente la conoscenza e l'affetto verso gli sfortunati Aida e Radamès, nonché degli altri personaggi.
Il M° Francesco Ivan Ciampa e il regista Gianfranco de Bosio riescono a guidare l'intero cast, dagli artisti ai musicisti, dai danzatori al coro ai figuranti verso la creazione di un mondo dove luci, costumi, scenografie restituiscono in interezza e splendore l'anima, anzi le anime del capolavoro verdiano.
Murat Karahan, Anna Maria Chiuri e Anna Pirozzi (intervista) interpretano magnificamente Radamès, Amneris e Aida e attraverso le loro voci sicure e delicate ci raccontano le mille nuances del cuore, che prova rabbia, nostalgia, odio, gelosia, amore.
Conoscendo bene l'Opera, al Festival di Verona, complice anche lo sguardo d'insieme fantastico del luogo in sé, lo spettatore può cogliere come per la prima volta la maestosa Marcia trionfale qui espressa ai massimi livelli grazie a coro, costumi, coreografie e corpo di ballo e alla bravura dei primi ballerini Petra Conti, Mick Zeni, Alessandro Macario. Ma anche momenti intimi come l'addio alla Patria, l'invocazione, i riti e le preghiere agli dèi, il riscatto finale di Amneris.
Un'Aida storica, sì, completa, perfetta. Giovanni Zambito.

Aida, opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni e musica di Giuseppe Verdi, è presentato nell’allestimento di Gianfranco de Bosio ideato nel 1982 che rievoca l’edizione storica del 1913 di Ettore Fagiuoli. Le coreografie portano la firma di Susanna Egri. La regia riprende la prima edizione del capolavoro verdiano, ma si pregia di un “superamento” della messa in scena originaria. Negli anni Novanta infatti, De Bosio realizza l’imponente velario che nel quarto atto domina la scena finale e copre suggestivamente la tomba di Aida e Radamès. A completamento della messa in scena, la coreografa Susanna Egri intraprende uno studio assiduo e ricerche accurate per portare in scena un lavoro minuzioso che sa richiamare il gusto ottocentesco del contesto di composizione dell’opera e, nel contempo, pone l’accento sull’innovazione che il balletto ha vissuto nel 1913 e mette in risalto l’eccezionalità delle dimensioni del palcoscenico areniano.

Estate, gli esperti consigliano tè, infusi e tisane calde per combattere la calura di stagione

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Bibite ghiacciate, gelati e granite, contrariamente a quanto si è soliti pensare, non aiutano a combattere il caldo, in quanto danno una sensazione di benessere solo momentanea. Gli esperti consigliano bevande calde poiché aiutano il corpo a rilasciare calore e a diminuire la temperatura interna.

Una bibita ghiacciata, un gelato, ma anche una granita o un ghiacciolo: chi l’ha detto che, per contrastare le alte temperature tipiche di questa stagione, il vero rimedio siano le bevande fredde? Molte persone sono convinte che per trovare un po’ di refrigerio basti bere qualcosa di fresco, ma questa non è la soluzione: la sensazione di benessere, infatti, durerà per poco, per poi tornare a percepire il caldo in maniera più intensa. Ricercatori e nutrizionisti lo affermano, la scienza lo conferma: sorseggiare bevande calde è il modo più efficace per dissetarsi e contrastare la calura estiva.Che sia in spiaggia sotto l’ombrellone, durante un pomeriggio di shopping o alla sera prima di andare a dormire, non importa. Tè, tisane e infusi caldi sono sempre di più l’alleato perfetto per combattere il caldo, da bere soli o in compagnia, in qualsiasi momento della giornata, seguendo la tendenza internazionale del “Wonderful Time”.

E’ quanto emerge da uno studio di Clipper Teas, condotto attraverso un monitoraggio su oltre 200 fonti fra testate, magazine, portali, blog e community lifestyle internazionali e un pool di oltre 50 nutrizionisti, per sondare i benefici derivanti dal bere una bevanda calda in estate.

Che il consumo di bevande calde sia un modo per dissetarsi e combattere le temperature elevate dell’estateè sostenuto da uno studio realizzato da Ollie Jay, ricercatore presso l’University of Ottawa’s School of Human Kinetics.Quando fa caldo, la temperatura corporea aumenta e, con l’assunzione di bevande ghiacciate, la sensazione di refrigerio è solo momentanea. Con quelle calde, invece, all’inizio potrebbe verificarsi una percezione di maggior calore, salvo poi giungere il sollievo poiché, essendo aumentata la temperatura interna rispetto a quella circostante, il corpo rilascia calore. L’unico modo per abbassarla è sudare: attraverso questo processo il calore viene assorbito dall’aria e la temperatura del corpo diminuisce. Quindi, con le bevande calde, più si suda e più ci si raffredda.

“Durante l’anno, ma soprattutto in estate – commenta la Dott.ssa Annalisa Olivotti, biologa nutrizionista specializzata in Patologia Generale– è importante bere abbondantemente e idratarsi correttamente per contrastare la disidratazione e recuperare i liquidi persi tramite la sudorazione. L’assunzione di tè, infusi e tisane, ad esempio, può essere un ottimo strumento per combattere la sete e rafforzare il proprio organismo: queste bevande, infatti, hanno proprietà antiossidanti, diuretiche, anti-infiammatorie e, secondo recenti studi, esercitano anche un’azione regolatrice sul sistema cardiovascolare. E’ beneconsumarle calde e, non è un caso che, tradizionalmente, le popolazioni originarie dei paesi caldi o che vivono nel deserto le bevano così. Consiglierei di evitare l’uso di bevande ghiacciate a favore di quelle calde, ma non bollenti: al termine del pasto, per favorire il processo digestivo, ma anche durante il resto della giornata, in qualsiasi momento, per contrastare la sete e idratarsi. L’assunzione di bevande calde, infine, potrebbe aumentare la sudorazione, ma è un processo fisiologico di raffreddamento del proprio organismo che non risulta dannoso, ma, anzi, favorevole, specialmente in presenza di caldo secco”.

Il rituale della preparazione del tè, ma anche del consumo di bevande calde come infusi e tisane, è tema diffuso in diversi filmche hanno fatto la storia di Hollywood. Ne è un esempio “Il tè nel deserto”, film del 1990 diretto da Bernardo Bertolucci, dove questo infuso è visto come simbolo di un cerimoniale ed elemento di “culto” non soltanto per gli inglesi, gli indiani o i cinesi, ma anche per la gente del Sahara, i Tuareg,
popolo misterioso ricoperto di abiti blu. In “Sex and the City 2”, girato nel 2010 da Michael King, ricorre questo tema: nel lussuoso resort di Abu Dhabi, infatti, al momento del check-in, le protagoniste vengono accolte dai camerieri dell’albergo con, appunto, una tazza di tè caldo.

E a proposito di Hollywood, anche fra le celebritiesè sempre più diffuso questo rituale: sul set di un film, poco prima di un concerto o tra un impegno istituzionale e un altro, sempre più personaggi si rivelano “tea addicted”. La sorella maggiore di Kim Kardashian, Kourteny, riporta Insider.com, non è solita bere caffè. preferisce “una tazza calda di tè verde, tardi nella mattina o presto nel pomeriggio”. Miranda Kerr, invece, i cui gusti preferiti sono il tè verde e l’infuso alla liquirizia, adora sorseggiarli nel giardino di casa, in una tazza di ceramica decorata con peonie e farfalle, come testimonia una foto pubblicata sul suo profilo Instagram. L’attrice Jessica Alba, oltre a girare sempre per casa con una mug di tè in mano, come da lei stessa dichiarato, ne beve una calda anche durante l’estate, quando ha del tempo libero per leggere una delle sue riviste preferite.

IL DECALOGO SUL CONSUMO DI TÈ, TISANE E INFUSI CALDI

Tè, infusi o tisane come “migliori amici”. Che sia in spiaggia, durante una passeggiata o prima di andare a letto non importa: è una tazza di tè ad accompagnare le persone durante la routine giornaliera;

Gusti “freschi” per una stagione calda. Arancia e cocco, limone e zenzero, ma anche menta piperita: gusti “equi e solidali” per differenziarsi da quelli più classici e tradizionali;

Multitasking. Mentre si sta sorseggiando il proprio infuso o tisana preferita, si possono fare delle attività parallele: leggere un libro sotto l’ombrellone, guardare un film, o semplicemente rilassarsi dopo una giornata intensa;

Caldo, ma non bollente.In questo modo aumenta la sudorazione: un processo fisiologico che raffredda il proprio organismo e che risulta quindi favorevole, specie in condizioni climatiche di caldo secco;

No a bevande ghiacciate.Può sembrare strano, ma berle fredde può portare a una condizione di sollievo che è solo momentanea;

Da soli o in compagnia.In un momento da dedicare esclusivamente a se stessi, o in occasione di un’uscita con le migliori amiche di sempre, è sempre l’ora di un tè o di una tisana;

Cogli l’attimo.Come disse il poeta Orazio, vivi intensamente e goditi al massimo il momento del tè, provando l’esperienza della preparazione del proprio infuso preferito seguendo i principi della tradizione orientale;

Ad ogni momento della giornata, la giusta atmosfera. Creare una playlist “ad hoc” per ogni momento della giornata può essere una bella idea: da una seduta di yoga con gli amici a un pomeriggio di lettura all’aria aperta;

Tea party?Why not! Un raduno con le proprie amiche è la giusta occasione per trascorrere un momento in compagnia, condividendo una tazza di tè fra una chiacchiera e l’altra;

Provalo in diversi modi.Ce ne sono tanti e per tutti i gusti: un tè liscio, con una fettina di limone, con una zolletta di zucchero e, infine, come gli inglesi, con l’aggiunta di latte;


Lavoro, 7 startup su 10 falliscono per incomprensioni tra soci in affari: dagli esperti i consigli per trovare il "Business partner" ideale

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Impostare chiaramente gli accordi sin dall’inizio, comprendere le dinamiche di ruolo e approfondire le reciproche visioni lavorative. Ecco alcuni dei consigli che la master coach Marina Osnaghi ha stilato per scegliere con attenzione il socio in affari ideale, evitando spiacevoli rotture: da studi internazionali è emerso che il 70% delle startup fallisce a causa di incomprensioni interne e che il 45% dei soci sposati divorzia.

In un mondo lavorativo sempre più dominato dalla competizione, avere un’idea brillante non sempre equivale a una grande opportunità di business se non supportata dal giusto socio in affari. Basti pensare che alcune delle compagnie più famose al mondo sono nate da proficue partnership lavorative capaci di superare le avversità, visto che non sempre i rapporti societari tra “Il Gatto e la Volpe” sono idilliaci:Steve Jobs e Steve Wozniak hanno fondatoApple, Mike Krieger e Kevin Systrom hannocreatoInstagram, Larry Page e Sergey Brin hanno portato alla luce  Google, William Procter e James Gamble hanno ideato l’omonimaProcter & Gamble, mentre Bill Gates e Paul Allen hanno fondato Microsoft. Ma cosa accade quando a prevalere sono le incomprensioni tra soci? Secondo una ricerca americana pubblicata su Forbes, oltre il 70% delle giovani startup fallisce nel giro di 5 anni a causa di conflitti interni. Molte partnership si concludono infatti per una mancanza di valori condivisi che diventa a lungo andare una fonte crescente di attrito. E ancora, secondo un’indagine di Harvard Business Review, loscontro tra personalità differenti è una delle cause principali che porta alla rottura di una partnership, seguita soltanto dalla mancanza di fiducia. Ma quali sono i consigli degli esperti per trovare il business partner ideale e iniziare un percorso duraturo? Bisogna possedere delle competenze complementari in modo da creare sinergie virtuose, impostare correttamente gliaccordi della partnership sin dall’inizio per evitare beghe legali in futuro ecomprendere in maniera onesta le dinamiche di ruolo.

  
“La partnership societaria può rappresentare una notevole forza propulsiva verso risultati di successo, ma al tempo stesso configurarsi come una gabbia da cui non si riesce a uscire facilmente.  Le ragioni di successo o insuccesso sono da ricercarsisia nella dinamica che si crea fra i soci stessi, sia nelle caratteristiche individuali– spiega Marina Osnaghi, prima Master Certified Coach in Italia, che ha affiancato grandi imprenditori e professionisti nel raggiungimento dei propri obbiettivi – Per dinamica s’intende il tipo di relazione che si sviluppa tra le due parti, caratterizzata da ruoli ufficiali che vengono determinati anche dal tipo di comportamento. Molto spesso accade che una persona si sacrifica e l’altra si lamenta in continuazione, una rimane in silenzio e l’altra si sente incompresa. Per questo motivo è fondamentale impostare correttamente gli accordi commerciali sin dall’inizio, comunicare in maniera costante e, se necessario, avere la capacità di chiudere al momento giusto”.

Ma non è tutto, perché le partnership lavorative tendono a diventare più ostiche e difficili da mantenere nel tempo se i soci in affari sono coinvolti in una relazione amorosa o addirittura legati da un vincolo matrimoniale.Basti pensare che secondo una ricerca americana pubblicata su Entrepreneur,il 45% delle coppie sposate che decide di instaurare una partnership lavorativa finisce poi perinterrompere la propria relazione o addirittura divorziare. Dato che si amplifica anche nel mondo dello star system dove, nel corso degli anni, sono state numerose le coppie di celebrities americane ad aver iniziato un business assieme per poi mollare il colpo: Jay-Z e Beyoncé hanno lanciato nel 2014Tidal, un servizio musicale in streaming che si prefiggeva lo scopo di rivoluzionare l’intero settore, salvo poi decidere di estromettersi, Demi Moore e Bruce Willis hanno fondato negli anni ’90 Planet Hollywood, una catena di ristorazione ispirata al mondo glamour del cinema, decidendo poi di non investirci più, Debi Mazar e lo chef Gabriele Corcos hanno aperto nel 2015 un ristorante a Brooklyn chiamatoTuscan Gun Officine Alimentari, andato in bancarotta nel giro di 3 anni. 

“La situazione potrebbe complicarsi e degenerare soprattutto se si tratta di soci fondatori che prima di unire le forze sono amici, famigliari o addirittura coniugi. In questa dinamica professionale si inserisce inevitabilmente anche l’intero vissuto personale che rende complessa la partnership– prosegue la master coach Marina Osnaghi – Si potrebbero creare cortine di fraintendimento che possono dare vita a conflitti e dissapori, rallentamenti, fino ad arrivare a blocchi dell’efficacia decisionale. Per questo motivo non bisogna mai affidarsi alla semplice alchimia di coppia per decidere e gestire un grande affare. Anche la fiducia diventa un sentimento inaffidabile se i due soci non dimostrano gli stessi interessi organizzativi”.

 Ecco infine il decalogo di consiglidella master coach per scegliere il socio in affari ideale:

Condividere dei valori comuni è fondamentale per sentirsi rispecchiati in ciò che si fa e si vuole ottenere.
Avere competenze complementari al fine di creare sinergie virtuose e potenziare i risultati del programma di business stabilito.
Impostare correttamente gli accordi dal principioè il monito principale per generare una collaborazione trasparente sin da subito.
Comprendere in maniera saggia le dinamiche di ruolo per gestire con attenzione le relazioni professionali e personali senza che l’una abbia effetti negativi sull’altra.
Scambiarsi feedback sinceri permette di evitare i fraintendimenti che alimentano insoddisfazione e dissapori.
Approfondire le reciproche visioni lavorativeè il monito principale per portare insieme l’azienda al successo.
Focalizzarsi sul contributo individuale permette ad ognuno di esprimersi al meglio nella partnership.
Essere proattivi e generosi quanto basta consente ai soci in affari di garantire il giusto equilibrio tra dare e avere.
Stabilire brevi periodi di reset lavorativi per mettere a punto le strategie in corso e confrontarsi sull’andamento generale della partnership.
Dimostrare la capacità di chiudere al momento giusto: bisogna essere pronti a capire le evoluzioni naturali che portano alla fine di una specifica relazione o progetto.   

CECILIA GAYLE, dal 12 luglio in radio e negli store con "UN' ESTATE AL MARE" singolo in omaggio a GIUNI RUSSO

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Dopo “L’importante è finire“, uscito a marzo di quest’anno, Cecilia Gayle, a ridosso delle vacanze estive, lancia “UN’ESTATE AL MARE” un tributo alla grande e indimenticabile Giuny Russo. Come per “L’importante è finire” anche “UN’ESTATE AL MARE” sarà contenuto  nell’album “TE AMO ITALIA” che l’artista costaricense con origini italiane sta ultimando e che sarà distribuito nell’estate 2020.

Senza snaturare il capolavoro di Giuny Russo, Cecilia Gayle è riuscita ad inserire in “UN’ESTATE AL MARE” il ritmo e lo stile reggaeton/merengue consono al suo repertorio e alla sua fama di ambasciatrice della musica latino-americana in Italia.
“Ho deciso di interpretare il brano di Giuny Russo perché ho sempre apprezzato di questa straordinaria donna le sue doti canore, il suo timbro di voce così particolare ma, principalmente, avendo avuto l’onore di conoscerla, sono rimasta incantata dal suo carisma, dalla sua grande sensibilità e umanità” commenta Cecilia per poi concludere “Un’estate al mare è stato il tormentone dell’estate 1981, scritto da due grandi autori del panorama della musica italiana quali Franco Battiato e Giusto Pio e mi sembrava perfetto lanciare la mia versione proprio nello stesso periodo dell’anno, 38 anni dopo”.
UN’ESTATE AL MARE” è accompagnato da un video con un balletto molto divertente che, una volta imparato, può essere ballato da uomini e donne di ogni età, la regia è di Claudio D'Avascio ed è stato girato sulle spiagge di Marina di Eboli.
CECILIA GAYLE, nata in Costa Rica ma con origini italiane, ha sempre amato utilizzare la sua voce e il ritmo della sua terra per raccontare e infondere nelle persone la storia dell’America latina. A renderla famosa in tutto il mondo, nel 1988 è stato El Pam Pam, la summer hit che è diventata la sigla ufficiale di tutti i Club Méditerranée nel mondo e la sigla del programma “Super” su Italia1. El Pam Pam ha dato origine alla brillante carriera di Cecilia che, oltre a ottenere un grande successo radiofonico nel mondo le ha aperto,  in Italia, le porte di molte trasmissioni televisive. El Tipitipitero, El Tikitaka, La Pipera, Pampaneando, sono alcuni dei brani interpretati da Cecilia che hanno fatto ballare tutto il mondo così come Jinga Jinga e Aquì. FiestaTuca tucaTanti auguri  sono alcune delle canzoni contenute nell’album “Cecilia Gayle canta Raffaella Carrà”, la showgirl italiana che è stata musa ispiratrice dell’artista italo-americana fin dall’età adolescenziale. Nel marzo 2019, Cecilia ha pubblicato “L’importante è finire”, cover del brano scritto da Cristiano Malgioglio per Mina e riproposto in chiave bachata.

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