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Allenarsi sott'acqua, ultimo trend per mantenersi in forma durante l'estate

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Svolgere attività fisica sott’acqua sarà la nuova tendenza per tenersi in forma quest’estate. Ad affermarlo diverse testate internazionali, trovando conferma attraverso le parole di esperti personal trainer e allenatore personale di vip e celebrities. Quali sono i reali benefici rispetto all’attività tradizionale? Quali particolari esercizi svolgere?
A riportarlo è In a Bottle (www.inabottle.it) all’interno di un focus sul rapporto tra acqua e forma fisica.
Matt Cunningham, personal trainer presso il Workshop Gymnasium (la palestra di lusso globale del gruppo Bulgari Hotel), ha pubblicato sul suo canale Instagram diversi video in cui cammina sul fondo di una piscina e dove si piega tenendo tra le mani due ghire, attrezzi ginnici formati da in un peso di forma sferica con una maniglia. "L'acqua fornisce un ambiente totalmente nuovo e unico per allenarsi", spiega Cunningham sul Telegraph. "La resistenza e la compressione dovute all'acqua rappresentano un'opportunità per migliorare gli allenamenti". A beneficiare quindi dell’esercizio fisico in acqua sono quindi flessibilità, resistenza e forza muscolare.
Fare esercizi in acqua non è una novità assoluta: chi ha fatto già corsi di acqua-spin sa che l'acqua è 800 volte più densa dell'aria, il che significa che il proprio corpo deve lavorare molto più duramente per superare la resistenza. "Fare attività fisica sott’acqua – aggiunge Cunningham - ci fornisce nuovi stimoli per il corpo e la mente, rendendoci più resilienti e versatili durante l’esercizio”. Inoltre, il personal trainer sottolinea che svolgere esercizi in acqua attutisce il movimento delle articolazioni, rendendoli ideali per chi si sta riprendendo da un infortunio.

JOHNSON RIGHEIRA, in radio e negli store digitali il nuovo singolo "Formentera" feat. La Bionda

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Il singolo estivo “Formentera” è il nuovo capitolo della storica partnership tra Johnson Righeira, fondatore e voce principale del duo torinese e i La Bionda, protagonisti dell’epoca d’oro della disco-europea e produttori di successi internazionali. Una collaborazione che ha già fatto la storia della musica nel 1983, quando con “Vamos a La Playa” i Righeira, con i La Bionda come produttori e co-autori, fanno cantare e ballare tutto il mondo per una stagione intera, tanto da dare origine alla definizione “tormentone estivo”. Il successo continua ininterrotto da trent’anni grazie alle continue riproposizioni dei brani in film, spot pubblicitari, radio, TV, nelle discoteche e, soprattutto, puntualmente ogni nuova estate.
Oggi Johnson Righeira che ha imboccato la strada solista e i La Bionda uniscono di nuove le forze musicali con “Formentera”, la nuova canzone ispirata alla mitica isola spagnola alla quale Johnson è molto legato. Il brano che è, dedicato all’estate e, non a caso, viene lanciato il 21 giugno, è pensato per un pubblico internazionale, come vuole da sempre la filosofia dei La Bionda, che intreccia le sonorità tanto amate e oggi evocative degli anni Ottanta, con il ritmo e i suoni del pop contemporaneo.
“Formentera” è stato scritto da Johnson Righeira mentre la musica e la produzione sono dei La Bionda. L’arrangiamento è stato curato da Carmelo La Bionda con la partecipazione di Roberto Baldi e Davide Ferrario. “Formentera”, registrata tra Milano e New York, è mixata da Pino “Pinaxa” Pischetola, collaboratore, tra gli altri, di Tiziano Ferro, Jovanotti e Battiato. La copertina del singolo (l'onda con i colori di Formentera) nasce da un'idea realizzata da Reifeströmung.
In equilibrio con la spensieratezza della canzone è in arrivo anche il videodi Paolo Proserpio e Alessandro Comotti, che contiene anche un messaggio di adesione al grande impegno di quest’estate per l’ambiente: “È la cosa importante: dobbiamo liberare il mare e il pianeta dalla plastica!” spiega Johnson Righeira, che riguardo al featuringaggiunge: “Tornare di nuovo solista e collaborare con i fratelli La Bionda mi ha ridato l’entusiasmo degli esordi”. Un sentimento di entusiasmo, di allegria e di spensieratezza condiviso anche da Carmelo La Bionda “Ho sempre pensato cha la musica possa alleggerire un po’ la vita”mentre Michelangelo La Bionda lancia un augurio per il successo del singolo: Formentera Tormentera!!!
I Righeira sono stati un duo musicale italiano formato da Stefano "Johnson” Righi e Stefano "Michael" Rota. Con i brani “Vamos a La Playa”, “No Tengo Dinero” e “L’Estate Sta Finendo” hanno dominato le classifiche italiane e mondiali negli anni Ottanta.
I La Bionda sono un duo musicale formato dai fratelli Carmelo e Michelangelo La Bionda. Con le sigle “La Bionda” e “D.D. Sound” hanno raggiunto il successo internazionale con hit disco e pop quali “One For You One For Me”, “1-2-3-4 Gimme Some More” e la pioneristica “I Wanna Be Your Lover”, anticipatrice della musica elettronica. La loro carriera li ha visti anche nel ruolo di autori, produttori di grandi artisti italiani e internazionali e proprietari degli studi di registrazione Logic Studios dove, i Depeche Mode, incisero “Personal Jesus”.


 comunicazione e promozione

Opera Anversa, grande successo per "Macbeth" versione dark. Fattitaliani intervista il M° Paolo Carignani

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(cast) Violenza, terrore, paranoia: la decima opera di Verdi ad Anversa si fa ancora più oscura, l'intreccio fortissimo fra dramma e musica è reso più evidente, la psicologia dei personaggi assume una forza imperiosa.
I cambi di scena e gli scenari variegati qui sono sostituiti da una scelta coraggiosa, quella di uno spazio che occupa quasi tutto il palco, all'interno del quale prendono corpo e vita vicende e personaggi, e a cui bordi appaiono il coro e le altre figure della narrazione.


La lettura del regista Michael Thalheimer e di Henrik Ahr vuole far riflettere su quanto le decisioni e le azioni malvagie, congetturate dai coniugi Macbeth, trascinino i due in un baratro fisico e psicologico da cui è quasi impossibile uscire. Nello stesso spazio vengono inghiottite le vittime del gioco diabolico e alla fine si consuma la vendetta e il ribaltamento della situazione.
Il racchiudere l'intera storia in un grande rettangolo potrebbe "limitare" la storia e, invece, la rende esplosiva proprio perché "compressa" nei vari episodi che al momento opportuno si sfogano in tutta la loro potenza.


Merito certo degli artisti: il baritono americano Craig Colclough traduce in movenze e con una voce superba l'ignavia e la passività del personaggio, in balia del potere di persuasione di Lady Macbeth, che il mezzosoprano russo Marina Prudenskaya rende alla perfezione, con le sue sfumature di fragilità e di crudeltà. Una gara in bravura che coinvolge anche il tenore Najmiddin Mavlyanov magnifico in O figli, o figli miei... Ah, la paterna mano, l'aria di Macduff, come pure il basso Tareq Nazmi nel ruolo di Banco.
Davvero efficace e potente il coro diretto da Jan Schweiger: evidentemente la struttura tecnica della scenografia ha giocato a favore di un'eco ancora più forte delle voci che sono stati il fiore all'occhiello della produzione e raggiunge l'istante che segue la morte di Duncan (Sven Verlinden). Pubblico entusiasta.
Ma, più di tutto, al di sopra di tutti, lui, il M° Paolo Carignani e la sua direzione musicale, così eccelsa da commuovere. Fattitaliani l'ha intervistato.
Maestro, è Lei che dà energia alla musica o la musica che Le dà energia?
Io quando dirigo penso alla musica e penso all'energia che può scatenare e l'energia che scatenava nei compositori e la loro creatività. Cerco di tradurla verso il pubblico.
Facile controllare e canalizzare questa energia?
Ci vuole il distacco ma anche la passione: bisogna saper coordinare questi due elementi, è un istinto che occorre avere.
Verdi che cosa rappresenta per Lei?
Io sono cresciuto a Milano, ho studiato al Conservatorio di Musica "Giuseppe Verdi" che però non aveva accettato Verdi perché non lo riteneva bravo abbastanza. Io sono cresciuto con la sua musica e nella sua città di elezione.
Come si fa a ripetere la direzione di un'opera ma con una regia differente e particolare come in questo caso?
Bisogna che i direttori d'orchestra di oggi si rendano conto che la regia è importante. Per Verdi non si può pensare a un concerto, bisogna che la musica di Verdi viva con la scena, pertanto il direttore deve andare alle prove di regia anche se può essere noioso e lavorare insieme al regista per trovare la giusta posizione dei cantanti insieme, non lasciare il regista completamente libero di fare quello che vuole, ma andare alle prove di regia e lavorare insieme al regista. Quando un direttore arriva alle prove di assieme con l'orchestra senza aver fatto le prove con la regia, è troppo tardi: non può più cambiare niente.
C'è un insegnamento che Le hanno trasferito o che ha imparato da sé che tiene sempre presente?
Sì, c'era Toscanini che diceva "cerchiamo di non disturbare troppo l'orchestra" e il direttore deve dirigere quello che serve e quando serve perché se no si può veramente disturbare i musicisti.
Lei ha diretto molti festival: sono cambiati oggi?
Una volta Minotti al suo Festival di Spoleto alle persone che lo criticavano perché non "era più il Festival di una volta" rispondeva: "non è vero, il Festival è lo stesso, siete voi che siete invecchiati e non siete più quelli di una volta".
Anche la percezione dell'opera da parte del pubblico è cambiata ...
La parte scenica oggi è importante: a volte si ritiene sia più importante quasi della musica, proprio per questo il direttore d'orchestra deve cercare di integrarsi col regista, non lasciarlo solo, perché può fare molti danni sennò. Io credo che il pubblico oggi sia molto più partecipe proprio perché ci sono delle regie interessanti, non sono più solo i cantanti che stanno in proscenio e cantano, ma c'è anche un concetto drammaturgico e il pubblico questo desidera avere. Giovanni Zambito.
Foto di Annemie Augustijns 
Opera Ballet Vlaanderen, Macbeth di Giuseppe Verdi fino al 6 luglio ad Anversa.

Milano, la donna al centro nell'arte di Angelo Orazio Pregoni

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Quando Milano non sembra Milano, perché va in onda una roba mai vista, spostata nel tempo,  nel futuro, e in un luogo imprecisato. Milano è avanguardia, è oltre l’arte, se a far arte è Angelo Orazio Pregoni.

Il peccato originale, suggerito dalla donna, sancisce l'asimmetria di ruolo tra i due generi: la donna plagia l’uomo e l’uomo, subendone il fascino, la imprigiona in un insieme di regole. 
Alla donna resta solo la caratterizzante condizione di madre e di dipendente dall’uomo.
In aperto contrasto con una società in regressione che nega diritti e svaluta il ruolo della figura femminile, l’artista sinestetico e perfume maker Angelo Orazio Pregoni pone la donna al centro della scena per indagarne la natura autentica con l’Olfatto.
La performance è una vera e propria lezione d’arte e di morale, che trasforma la bellezza in contenuto anti-etico trascendendo ogni valutazione sulla nudità. 
Alle sue donne nude Pregoni attribuisce il ruolo di pro-vocare, ossia “chiamare avanti” l’uomo, emancipandolo dalle sovrastrutture socio-culturali e privandolo della forza del controllo. 

L’uomo non dispone più della donna, né del suo corpo né della sua volontà.
Per raggiungerla deve compiere un passo verso quello che un tempo considerava osceno, rinunciando alle sue sicurezze. 

La donna è Vista, è Odore, e torna a essere autonomamente creativa oltre che di vita soprattutto di sensazioni ed emozioni.

Lavoro artistico di questa performance è un telo, un lenzuolo di cotone grezzo dipinto da Pregoni con geniale riferimento alla realtà, visto che la donna ritratta coricata e bendata altro non è che la modella dormiente sotto il telo. 

Il dipinto è stato terminato durante la performance, con sovrapposizioni di essenze, profumi e liquidi alchemici (anche una RedBull) che il tempo ossiderà e rigenererà. 

La novità, forse unica nel suo genere, di questa performance dal carattere fluxus, 
è arrivare a un’opera concettuale attraverso arte, artigianato e azione performativa, passando dall’estetica all’odore, dalla forma al caos.

L’efficacia della performance è infatti potenziata dalle installazioni metropolitane steampunk di Marco Ventura, che completano l’esperienza rendendola integrale. 
Il meta-tram costruito dall’artista è un mezzo di trasporto originato in un mondo distopico, strumento di conoscenza che conduce gli spettatori alla rivelazione.
Designer e scultore, Ventura rivitalizza elementi di recupero siderurgici e legni esotici per creare opere di interior design. 
Trasformando ricercati elementi di archeologia industriale in pezzi unici di arredo d’arte, imprime in essi forme di derivazione onirica.
A completare il quadro è la musa dipinta: Leandra Tartaglia, modella protagonista dell’opera pittorica.
Seducente personificazione del genere femminile, esibisce allo sguardo la verità, senza celarla.
Nella vita performer e fotografa, è artista e non solo soggetto d’arte.

Ogni elemento ha trovato il suo spazio, ogni attore il suo profondo significato.
Angelo Orazio Pregoni ha generato la prima opera di “antropomorfismo olfattivo” della storia e non vediamo l’ora di vederla esposta in un secondo tempo. 
by PLEASUREFACTORY S.r.l.
For information: +39 02 58100564   -   staff@pleasurefactory.it

FB: Angelo Orazio Pregoni
www.odriu.eu       
www.hivegoth.it

JONATHAN CILIA FARO presenta il nuovo singolo intitolato "Sorprenderti". Disponibile in tutte le radio e nei digital store.

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Sorprenderti” è uno dei dodici brani contenuti nell’album FROM NOW ON del tenore Jonathan Cilia Faro. L’artista siciliano, trasferitosi anni fa negli Stati Uniti e tornato recentemente in Italia per promuovere il suo nuovo disco e partecipare a una serie di manifestazioni, sarà prossimamente nella sua terra natia per ritirare il “Premio Ragusani nel Mondo”. 

Il singolo “Sorprenderti” è una delle tracce alla quale il tenore è particolarmente legato e di cui ha scritto e curato personalmente il testo. “Sorprenderti” è’ la storia di un amore, intenso, sofferto e talmente forte da risultare quasi impossibile. Nelle parole si possono trovare tutte le emozioni che descrivono la dolcezza del sentimento più nobile, qual è l’amore, unitamente alla  disperazione di chi sa che, sempre per amore,  a volte è meglio prendere strade diverse. Non resta che sperare, un giorno, di riuscire a sorprendere il proprio partner e tornare senza limiti o impedimenti per vivere la favola.

Spesso non basta l’amore per poter vivere un sogno, bisogna fare i conti con la realtà e, per amore, a volta bisogna essere capaci anche di rinunciare alla persona che si ama” dichiara il tenore Jonathan Cilia Faro“l’allontanamento di due anime che si regalano l’uno all’altra è difficile ma capita che sia indispensabile. Solo quando si ama davvero si è in grado di scegliere la giusta strada da percorrere. Una strada che, al momento, può sembrare la più difficile da intraprendere ma che, a lungo termine, si rivelerà come la più corretta proprio per il bene della coppia. Poi esiste sempre la speranza di riuscire, un giorno, a sorprendere e a sorprendersi, ritrovando la persona amata per vivere il sogno”.

Jonathan Cilia Faro, ragusano, ha iniziato a studiare musica all’età di 9 anni. Grazie alle sue innate doti per il canto e un timbro vocale tenorile, viene presto notato da una televisione locale siciliana dove prenderà il via la sua carriera. Uomo di nobile animo e molto attento a tutte le difficoltà del prossimo, a 21 anni produce una raccolta  tratta dal concerto “Se c’è vita c’è musica” per raccogliere fondi per la realizzazione di una scuola in India. Trasferitosi in Canada incide un doppio album di inediti: “Dalle tenebre alla luce” e“My religion”. Nel 2000 torna in Italia per esibirsi davanti al pontefice Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo dei giovani. Tornato in America, dove la sua voce tenorile e le sue canzoni riscuotono grande successo, continua la sua produzione musicale e lo studio approfondito del genere pop-operistico, un mix esilarante tra la musica lirica e la musica pop. Nel 2014 fonda la sua etichetta discografica, la NewArias Entertainment LLC con l’obiettivo di promuovere la musica italiana nel mondo. Nel 2017, Jonathan Cilia Faro registra un concerto dal vivo alla Union Chapel di Londra. Nel 2018 pubblica un videoclip che viene immediatamente notato e pubblicato in anteprima da una prestigiosa testata giornalistica italiana. Il tenore, sotto la doccia, canta inspirandosi a una scena del film di Woody Allen, To Rome with Love. Nel 2018 al Master Theater Millennium di Brooklyn, insieme ad Arisa, è giudice del Festival della musica italiana per la valutazione di artisti italiani e stranieri. L’evento ha visto, per la prima volta, il gemellaggio tra Italia e America del Festival Newyorkese e il Premio Lunezia dove l’artista si è anche esibito sul palco con Gianna Nannini. Quest’anno, ancor prima dell’uscita di FROM NOW ON, Jonathan ha partecipato, esibendosi, al Premio Rascel di Roma mentre, il prossimo 3 agosto ritirerà il Premio Ragusani nel Mondo nella sua città natale dove si esibirà live nella piazza prima di iniziare una serie di concerti che lo vedranno impegnato in America e in Inghilterra.

 comunicazione e promozione

ROSMY, in radio il nuovo singolo "FAMMI CREDERE ALL'ETERNO" della cantautrice lucana

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Dal 21 giugno in radio“FAMMI CREDERE ALL’ETERNO”,il nuovo singolo di Rosmy, tratto dall’albumUNIVERSALE”, pubblicato e distribuito da Azzurra Music.
In questo brano, scritto con Luca Sala, Rosmy descrive due anime dannate che si sfuggono e due corpi che si attraggono. Un testo a tratti drammatico dove la sensualità si alterna al desiderio e alla rabbia e racconta un amore che si sta spegnendo, e due corpi che bruciano nell’illusione che tutto prosegua bene per poter andare avanti ancora e continuare a credere che sia per sempre.
FAMMI CREDERE ALL’ETERNO, con il quale Rosmy è stata finalista a Sanremo Rock 2019 esibendosi all’Ariston, vede la produzione artistica di Enrico “Kikko” Palmosi ed è caratterizzata da toni pop-rock, un ritmo incalzante e coinvolgente, mentre, musica e testo sono tra loro in contrapposizione nei diversi sentimenti e stati d’animo.

Rosmy, nome d’arte di Rosamaria Tempone, è una cantautrice lucana, erede della famiglia Trichitella, musici e girovaghi di arpa e violino, che hanno portato a New York e Parigi la tradizione “dell’arpa Viggianese”. Ha un passato di cantante e attrice di teatro: la sua voce è presente in vari spettacoli teatrali portati in scena in diverse città italiane recitando e cantando in importanti Festival con Moni Ovadia, Fioretta Mari, Francesco di Giacomo e Rodolfo Maltese del Banco del Muto Soccorso nello spettacolo “Pane Loro”. Inizia la sua carriera come cantautrice solista nel 2016. Proprio in quell’anno con Un istante di noi, prodotto da Enrico “Kikko” Palmosi si aggiudica il Premio Mia Martini “Nuove Proposte per l’Europa 2016” e il premio “Miglior brano radiofonico”. In questi anni si è distinta per il suo impegno nell’affrontare con la sua musica tematiche sociali, trattando temi importanti, come il bullismo, il “ghosting”, l’indifferenza della gente e la frenesia del mondo moderno. Con il singolo “Inutilmente”, uscito nell’estate del 2018, è stata finalista al Premio Lunezia. A gennaio 2019 è uscito il suo disco d’esordio, “Universale”, anticipato in radio dal singolo “L’amore è rincorrersi”. A giugno dopo aver conquistato il primo posto nella tappa di Pistoia è arrivata in Finale a Sanremo Rock2019 con il brano “Addormentarsi insieme”. Durante l’estate 2019 sarà impegnata con live e partecipazioni a festival estivi.

Il film "After the Wedding" di Silvio Muraglia con Julianne Moore al festival internazionale Karlovy Vary

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Dopo l'anteprima mondiale che ha segnato l'apertura del Sundance Film Festival 2019 e la partecipazione al Sundance London, il film "After the Wedding" arriva in Repubblica Ceca, per la precisione al festival internazionale Karlovy Vary che si terrà dal 28 giugno al 6 luglio.

Ad accompagnarlo il regista e sceneggiatore Bart Freundlich insieme a una delle protagoniste, Julianne Moore, che nel corso della manifestazione riceverà il premio Crystal Globe per l'eccezionale contributo artistico al cinema mondiale.
Sarà inoltre presente il co-protagonista Billy Crudup, special guest alla cerimonia di apertura del festival.
Remake dell'omonimo film nominato all'Oscar di Susanne Bier (del 2006), "After the Wedding" ha per protagoniste Julianne Moore e Michelle Williams.
La storia, originariamente al maschile, viene raccontata stavolta in una prospettiva femminile ed esplora il tema attualissimo di maternità e carriera.
Da un lato infatti c'è Theresa, una donna in carriera che vive a New York con il marito e la figlia Grace che è in procinto di sposarsi. Dall'altro invece Isabelle, che lavora in un orfanotrofio in India e decide di volare a New York in cerca di fondi. Il loro incontro farà emergere vecchi segreti, alcuni piuttosto scabrosi.
"After the Wedding" uscirà nelle sale statunitensi il prossimo 9 agosto distribuito dalla Sony. In Italia verrà distribuito da Lucky Red.

QUALCHE NOTA SULLA PRODUZIONE:
Paradox Studios è una società di produzione cinematografica e televisiva americana specializzata in coproduzioni internazionali, che finanzia e produce film indipendenti.
Silvio Muraglia vive e lavora da oltre due decenni a Los Angeles come produttore cinematografico e ha al suo attivo più di venti film indipendenti come produttore e numerose produzioni televisive.

Musica, Luisa Corna ritorna con il singolo "Un posto c'è"

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Da ieri, venerdì 21 giugno,  LUISA CORNA è tornata con il singolo "UN POSTO C'E", disponibile in radio, in digital download e sulle piattaforme streaming.
"Un posto c’è" - dichiara Luisa Corna - è un brano che contiene un significato di speranza. La vita a volte ci mette a dura prova. Può essere complicato riuscire a trovare la forza di rialzarci per poter ripartire, ma sono convinta che da qualche parte, forse in una destinazione sognata o, semplicemente dentro di noi esiste un luogo dove poter trovare la serenità desiderata.
Un posto c’è per tutti anche per te” - continua Luisa Corna - è uno stato d’animo in cui finalmente possiamo sentirci “a casa”, liberi di ricominciare per poi dare un senso a questo percorso chiamato “VITA”.


Biografia: 
Luisa Corna nasce a Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia. Fin da piccola manifesta una spiccata vena artistica, in particolare per il canto, la recitazione, la poesia, ma è la musica la sua passione più vera, quella che la porterà giovanissima, ad appena sette anni, ad esibirsi nell’oratorio della sua parrocchia. A diciassette anni decide di studiare canto e solfeggio, prima al C.P.M. di Milano e successivamente con eminenti insegnati privati, tra i quali Roberta Gamberini, Eloisa Francia, Marcello Merlini, Akiko Kikuchi, Lella Costa e Daniela Ghiglione. A diciotto anni Luisa si trasferisce a Milano ed inizia ad esibirsi in alcuni club della città e del comasco, con un gruppo musicale. . A Milano l’incontro con la moda le permetterà di sostenersi agli studi, così, oltre alla scuola di canto, Luisa inizia anche a studiare dizione e recitazione prima al C.T.A. (Centro Teatro Attivo) ed in seguito presso il C.S.A. (Centro Studio Attori), diretto da Alessandro Del Bianco. L’attività di modella la porta a posare per fotografi affermati come Fabrizio Ferri e Helmut Newton e le farà ben presto calcare le passerelle di alcuni tra i più importanti stilisti internazionali, tra cui Dolce e Gabbana, Mariella Burani e Missoni. Dalla moda alla pubblicità il passo è breve e Luisa diventa la protagonista in spot di grandi marchi (Golden lady, Mantovani, Fiat) trasmessi sulle tv Italiane ed estere. Uscita dalla scuola di recitazione si conquista un piccolo ruolo nel film “Nirvana” di Gabriele Salvatores, dove impersona la Dea Kalì. Il film si aggiudicherà diversi premi tra cui un David di Donatello. Le opportunità offerte dalla moda consentono a Luisa di viaggiare per il mondo, da New York all’Australia e in tutta l’Europa, facendole così coltivare il suo interesse maggiore, che rimane sempre quello legato al mondo della musica, e che la porterà ad approfondire multiformi culture musicali come il soul, il blues, il rock e la musica latino-americana. Conosce il cantante Miguel Bosé e lo affianca come corista nel 1988, esibendosi lo stesso anno insieme a lui anche al Festival di Sanremo. Nel 1992 si presenta da solista al 53° Festival di Castrocaro, concorso dedicato ai giovani esordienti della musica italiana e con il brano “Dove vanno a finire gli amori” scritto da Depsa si aggiudicherà il 2° posto. Nel 1997 viene scritturata come cantante fissa a “Domenica In” nell’edizione condotta da Fabrizio Frizzi. Nello stesso anno Corrado e il suo team di autori Jurgens e Santucci, la notano e le propongono di affiancare Giampiero Ingrassia nell’edizione estiva di “Tira e molla”, in onda su Canale 5; Inizia così la sua nuova esperienza nella doppia veste di cantante e conduttrice. L’anno successivo, sempre in casa Mediaset, Luisa è ospite fissa della trasmissione sportiva “Controcampo” condotta da Sandro Piccinini e trasmessa da Italia 1. Durante la sua partecipazione a tale trasmissione viene scritturata dal quotidiano Tuttosport diretto da Xavier Jacobelli per scrivere, con un’impronta femminile, articoli sul campionato di calcio. Nello stesso periodo Giorgio Panariello propone a Luisa il ruolo di attrice protagonista nel film commedia “Al momento giusto”, uscito nel 2000. Luisa interpreterà Lara, una fotoreporter della quale si innamorerà il giornalista interpretato dallo stesso Panariello. Ma è la musica è ad essere sempre presente nella vita di Luisa, e nel 2002 arriva la grande occasione della partecipazione al Festival di Sanremo in coppia con Fausto Leali. È lo stesso Leali a proporle un provino per il brano “Ora che ho bisogno di te” scritto da Leali, Tosetto e Berlincioni. Alla kermesse sanremese la coppia si aggiudicherà il quarto posto con grande consenso da parte del pubblico. Sempre nel 2002 Luisa, con Marco Mazzocchi e Giampiero Galeazzi, conduce su Rai 1 la trasmissione “Notti mondiali” dedicata ai mondiali di calcio. In tale occasione si esibisce anche come cantante con l’orchestra in un repertorio internazionale dedicato appunto ai mondiali di calcio. Il programma riscuote un notevole successo e la Rai propone a Luisa il varietà in prima serata “Si, si è proprio lui”, un programma alla ricerca di nuovi talenti comici nel campo delle imitazioni, con la regia di Pier Francesco Pingitore, spettacolo articolato con intermezzi musicali in cui Luisa canterà e ballerà. Visti gli ottimi risultati d’ascolto, la Rai le affida nel 2003 anche l’intrattenimento del sabato sera, con il programma “Sognando Las Vegas”, in onda in prima serata e prodotto come il precedente dalla Ballandi Entertainment. Sono al suo fianco Max Tortora e i Fichi d’India. La trasmissione è dedicata ai grandi show internazionali e con la sua voce, potente e calda, Luisa duetta con personaggi del calibro di Dionne Warwick, Gloria Gaynor, Salomon Burke e The Supremes. La formula che la vede in duplice veste cantante e conduttrice piace al grande pubblico e verrà riproposta per quattro anni consecutivi a “Domenica In”, trasmissione in cui Luisa inviterà alcuni fra i big della canzone italiana e internazionale in uno spazio musicale studiato apposta per lei, con la supervisione artistica degli autori Sergio Bardotti, Marco Zavattini e Beppe Tortora. Nel 2003 Luisa riceve l’Oscar TV, Premio Regia Televisiva per il personaggio rivelazione dell’anno. Negli anni successivi Rai 1 le affida numerosi programmi tra i quali “Il Premio Barocco” e “Napoli prima e dopo”. Nel 2005 sarà di nuovo a Castrocaro Terme, stavolta per presentare il Festival insieme a Massimo Giletti, e nello stesso anno dal teatro Ariston di Sanremo, con Michele Cucuzza e Massimo Lopez, presenterà anche “Sanremo si nasce” trasmissione nella quale Luisa riproporrà i brani storici dei grandi artisti della musica italiana. Sempre dal Teatro Ariston per due edizioni conduce il premio “Campioni per sempre”, programma televisivo che consacrava gli atleti italiani distintisi nelle loro discipline sportive. Ancora per Rai 1 nel 2005 con Mike Bongiorno presenta il premio “David di Donatello” e, da Sant-Vincent conduce il premio “Telegrolle d’oro”, dedicato ai migliori attori delle fiction italiane di maggiore successo. Per sette edizioni, in diretta TV su Rai1 da Rimini, durante i festeggiamenti della notte di Capodanno, Luisa si esibirà come cantante nella trasmissione “L’anno che verrà”.  Ancora, sempre per Rai 1, insieme a Valeria Marini nell’estate del 2006 presenta “La Kore - Oscar della Moda”, kermesse che celebra i più apprezzati stilisti italiani nella splendida cornice del Teatro Antico di Taormina.  Nel 2004 viene scelta da Giorgio Albertazzi per la pièce teatrale sull’ Odissea al Teatro Antico di Pompei. In questo spettacolo appare nel ruolo della maga Circe mentre come cantante presta la voce ai canti delle Sirene. Nel 2005, nella versione italiana del film d’animazione “Shark tale” prodotto dalla Dream Work Animation, Luisa doppia la pesciolina Lola, interpretata nella versione originale da Angelina Jolie. Anche in questo periodo però Luisa non abbandona mai la musica e partecipa per due edizioni al Festival Gospel di Milano in concerti in onore di Papa Wojtyla. Per l’occasione verranno realizzati due cd live delle serate e i proventi saranno devoluti in beneficenza ai bambini bisognosi. Nel 2005 esce il suo primo singolo “Colpa mia” di cui è interprete e autrice, realizzato con la collaborazione di Gatto Panceri. Segue il cd “Acqua futura”, in cui Luisa si sperimenta come cantautrice scrivendo i testi, e avvalendosi musicalmente della collaborazione artistica di Fio Zanotti, Marco Petriaggi e Alessandro Barocchi. Nell’occasione Renato Zero le regala una grande emozione scrivendole il brano dal titolo “L’ultima luna”, mentre Gatto Panceri riscrive per lei il testo in italiano della canzone di Joan Osborne “St Teresa”, dandole il titolo di “Santa Vita”. Al disco segue una tournée per la quale pubblico e stampa le dimostrano un considerevole apprezzamento. Nel 2006, sull’isola di Lampedusa, Luisa partecipa al festival musicale “O’Shià”, promosso da Claudio Baglioni per sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema degli immigrati. Nel 2007 l’incontro con Tony Hadley degli Spandau Ballet dà vita alla canzone “I miss you”, colonna sonora del film “Russian Beauty”, brano intenso e suggestivo scritto da Rodolfo Matulich e suonato dalla Bulgarian Symphony Orchestra. Nel 2008 arriva la scrittura per interpretare il ruolo del Pubblico Ministero Lorenza Alfieri nella fiction di Rai 1 “Ho sposato uno sbirro”, con Flavio Insinna, e nel 2010 ricopre nuovamente lo stesso ruolo nella seconda serie della fiction, sempre prodotta dalla Lux Vide. Artista poliedrica, capace di comunicare il suo temperamento attraverso diverse forme d’espressione, la sua capacità di mettersi in gioco l’ha sempre spinta finora a intraprendere nuove esperienze, dal canto, al palcoscenico, agli studi televisivi. È però nel 2010 che Luisa decide di dedicarsi prevalentemente alla musica, e nella stessa estate esce il singolo “Voci” dall’originale “Voices” di Russ Ballard, con un testo scritto da Luisa e Giovanni Pezzetti, mentre in autunno esce un altro singolo dal titolo “Due sillabe”, scritto da Luisa e Riccardo Bonfadini, con la collaborazione artistica di Alex Britti. Questi singoli preannunciano l’uscita del nuovo cd “Non si vive in silenzio” dal brano di Gino Paoli del 1972, che viene nell’occasione riproposto in una nuova versione. Gli arrangiamenti sono curati da Roberto Giribardi, e Luisa è autrice dei brani inediti e delle cover straniere rivisitate con nuovi testi in italiano, tra le quali la nota “Run baby run” di Sheryl Crow. Nel 2011 parte il tour “Non si vive in silenzio”, una tournée estiva con oltre 40 spettacoli realizzati in tutta Italia, concerti in cui Luisa propone sia alcuni brani tratti dall’album omonimo che le canzoni che l’hanno vista protagonista nelle numerose collaborazioni artistiche avute durante la sua carriera. Nel novembre 2011 Luisa debutta al Teatro Nuovo di Milano con il musical “Pirates”, nel ruolo della piratessa Angelica. La commedia musicale, scritta da Maurizio Colombi, prosegue con un tour in vari teatri italiani anche nel 2012. Durante le festività del Natale 2011, Luisa si esibisce in un tour di 13 concerti nelle chiese della Capitale e in alcune carceri laziali. La performance, che verrà ripetuta anche l’anno successivo, unisce alcuni classici del gospel americano ai canti religiosi italiani, in un percorso significativo ed emozionante. Nell’aprile 2012, Luisa si cimenta nel nuovo format di Rai 1 “Tale e quale show” condotto da Carlo Conti. Il programma si svolge in prima serata il venerdì in quattro puntate nelle quali i cantanti si confrontano, imitando le esibizioni canore dei grandi della musica italiana e internazionale. Riscuotendo un notevole successo, la formula viene riproposta, e dal novembre dello stesso anno Luisa si esibisce nell’edizione successiva, interpretando canzoni di Whitney Houston, Mina, Renato Zero, Mariah Carey, Rita Pavone, Liza Minelli, Amii Stewart e Diana Ross. Dal maggio 2012 riprende nuovamente il tour estivo di Luisa per le piazze italiane. I concerti, che richiamano una notevole affluenza di pubblico sono il racconto musicale delle varie collaborazioni ed esperienze canore sentite e vissute dalla cantante. Nel 2013 Luisa si concentra sulla realizzazione del suo nuovo singolo: a luglio esce la canzone “Tutto e niente”, una storia che descrive il gioco tra presente e passato, tra quello che è stato e ciò che sarebbe potuto essere, in tutte le sue contraddittorie sfaccettature. Il brano viene scritto da Luisa, Amati, Vaccaro e Manzani, che ne è anche l’arrangiatore. Anche nell’estate del 2013 Luisa ritorna per le piazze italiane con il tour “Non si vive in silenzio”. Il tour verrà riproposto anche negli anni successivi fino al 2016. Contemporaneamente al tour, l’estate 2013 si arricchisce di una nuova esperienza, quella del “Festival Show”, una kermesse canora in cui si esibiscono artisti italiani e stranieri e dove ancora una volta Luisa veste i doppi panni di conduttrice e cantante, accompagnata dall’Orchestra Ritmico Sinfonica Italiana diretta dal M° Diego Basso. Sempre nel 2013 esce il cd “Capo Verde terra d’amore”, un progetto musicale, culturale e umanitario che raccoglie canzoni del repertorio capoverdiano adattate in lingua italiana con la rilettura di eccellenti interpreti tra cui Luisa, che nel disco propone il brano “Disperato amore”, tradotto ed adattato dalla stessa cantante assieme ad Alberto Zappieri, che è anche produttore e ideatore del progetto. Dal mese di ottobre 2013 inizia una nuova esperienza teatrale al Teatro Manzoni di Milano, con lo spettacolo “Manzoni Derby Cabaret”. Gli appuntamenti domenicali, che proseguiranno per tutta la stagione, hanno l’obiettivo di ricreare il clima vissuto allo storico “Derby Milanese”, tempio della comicità. Il ruolo di Luisa è quello di legare con la musica le varie performance dei cabarettisti in uno spettacolo che riscuote sempre notevole successo tanto che viene riproposto anche nelle tre stagioni successive, fino ad aprile 2017. Sul palcoscenico, a condurre l’intrattenimento insieme a lei, c’è Maurizio Colombi, mentre sugli spalti, a giudicare i comici in gara, una giuria di qualità con nomi di rilievo come il noto critico musicale Mario Luzzatto Fegiz ed il celebre attore comico Brusketta. Nel 2016 Luisa collabora con il cantante statunitense Harold Bradley che, stabilitosi in Italia negli anni ’60, era stato tra i fondatori dello storico Folkstudio di Roma. Dall’incontro tra i due artisti nasce “Everything’s easy”, un brano raffinato dalle influenze jazz e blues. Nello stesso anno Luisa è protagonista della mostra fotografica “Love me Love me not” esposta a Londra e a Beirut. Negli scatti del noto fotografo libanese Nijad Abdul Massih viene promosso un messaggio contro la violenza sulle donne dall’Occidente al Medio Oriente. Sempre nel 2016, durante gli Europei di calcio, Luisa per quattro serate viene invitata come cantante nel programma di Rai 1 condotto da Flavio Insinna “Il grande match”. Nell’estate dello stesso anno incide, con il tenore latino-americano Joaquin Iglesias, il brano “Tu così mi ucciderai” una canzone dal sapore intramontabile prodotta dal pluripremiato Maestro Daniel Victor, già vincitore dei Grammy Awards. Il singolo farà parte del cd dello stesso cantante dal titolo “Nàs allà de mi vida”. Terminati gli appuntamenti a Teatro con il “Manzoni Derby Cabaret”, a giugno 2017 Luisa esce con un nuovo singolo dal titolo “Angolo di cielo”: un brano intenso scritto dalla stessa artista in collaborazione con M. Colavecchio, M.P. Ledda e G. Oggiano, attraverso il quale l’artista esprime il desiderio di voler rendere partecipe della sua vita attuale il padre scomparso; Luisa si rivolge a lui in un grido di gioia per poter condividere, nonostante la sua assenza, il suo presente di donna realizzata in un solido legame sentimentale. Il brano è stato arrangiato dallo stesso Colavecchio e prodotto da questi insieme a M. Poggioni. Di seguito il tour estivo che prenderà il nome dal singolo: “Angolo di cielo tour”. Nella stessa estate Luisa realizza un grande sogno, quello di collaborare con il grande artista Sananda Maitreya. In sala d’incisione si incontrano per dare vita a tre brani scritti dal musicista statunitense e compresi nella sua ultima opera dal titolo “Prometheus e Pandora”. Il 21 settembre in anteprima mondiale e il giorno successivo in Italia esce il primo estratto dal titolo “It’s been a long time”. Il triplo cd “Prometheus & Pandora” è uscito lo scorso 13 ottobre per Treehouse Publishing.
Foto di Iris Schneider

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ARTCITY estate 2019, dal 6 luglio viaggio tra i tesori del Lazio in 23 siti d’eccellenza

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Dal 6 luglio al 14 Settembre nel contesto della terza edizione di ARTCITY estate 2019realizzata dal Polo Museale del Lazio, l’Istituto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali diretto da Edith Gabrielli, si terrà la rassegna “Palcoscenico” un viaggio tra i tesori del Lazio in ventitré siti d’eccellenza, tra Musei, Palazzi Nobiliari e Complessi religiosi. Un’occasione in più per scoprire il territorio laziale. 
Il Maestro Assante; “Trasformare un sito museale in modo che si possa apprezzare come un luogo in cui si vive giornalmente e non come qualcosa di passato, di vecchio, di statico”. 
Ogni sito ospiterà un evento: 
SERE D’ARTE a Castel Sant’Angelo – Roma: 28 appuntamenti tra Concerti e performance al Piano, un incontro tra Pianoforte e Musica che spazia tra classica, jazz, contemporanea (New Age più classica). La bellezza del luogo esalterà la bellezza della musica. 
Ci saranno anche spettacoli per bambini dai tre ai dieci anni e visite guidate. 
CONVERSAZIONI NELLA LOGGIA a Palazzo Venezia –Roma: Quattro rassegne dedicate a Letteratura, Arte e Architettura.
LUCI SU FORTUNA –Palestrina: realizzato dal Polo Museale del Lazio, Istituto del Ministero dei Beni e delle Attività culturali diretto da Edith Gabrielli, presso il Museo Archeologico Nazionale e il Santuario della Fortuna Primigenia. Sulle grandi terrazze aperte sul panorama, i riflettori si accenderanno per sette serate, a partire da sabato 13 luglio. Domenica 21 luglio “Il Grande Gatsby”, in prima nazionale con Adriano Giannini e l’orchestra swing di Nico Gori.
IMMAGINARIO ETRUSCO –Cerveteri e Tarquinia. Il 4 luglio, Sergio Cammariere in concerto alla necropoli della Banditaccia.
MEDITERRANEA Formia (venerdì 19 luglio Iaia Forte con L’Isola di Arturo di Elsa Morante). 
Minturno (il 20 luglio) con il Concerto “Acustic World” di Enzo Avitabile, insieme a Gianluigi Di Fenz alla chitarra e Emidio Ausiell alle percussioni.
Sperlonga: il 21 luglio “L’Oracolo di Fauno,  fantasia scenica sui miti del Lazio Antico” che ripropone le leggende celebrate da Virgilio nell’Eneide. 
ANFITEATRO – Cassino. Il 12 luglio sarà Giovanni Allevi ad inaugurare la serie di appuntamenti con il suo Piano Solo Tour
PALCOSCENICO in 23 Siti culturali del Lazio. Segnaliamo il 7 luglio a Palazzo Farnese a Caprarola, un tributo alla poetessa Alda Merini con “Canto degli Esclusi con Alessio Boni e Marcello Prayer.
Il 14 luglio incontro tra Oriente e Occidente nell’Abbazia greca di San Nilo a Grottaferrata con l’Orchestra Mandolinistica Romana. 
Il 26 luglio nella Chiesa di San Pietro a Tuscania, con Alba Maryam Project, un cross over tra musica rinascimentale Occidentale e repertorio tradizionale Mediorientale. 
Il 28 luglio in collaborazione con Civita Festival, Luigi Lo Cascio rilegge i suoi duecentoquaranta e oltre tentativi di romanzo, tutti interrotti, disegnando tassello dopo tassello, la figura del protagonista. 
il 18 agosto a Vulci, Ascanio Celestini sarà narratore di “Il nostro domani”,  un repertorio di racconti, musiche e testimonianze. 
M0DULI LUNARI- Incontri tra Arte e Scienza a 50 anni dall’Allunaggio. Gli incontri si svolgeranno tra Bassano Romano e Caprarola. La rassegna è curata da Graziano Graziani.
Il 23 agosto alle 21al Museo delle Navi Romane a Nemi, Umberto Guidoni, il primo astronauta europeo a visitare la Stazione Spaziale Internazionale racconterà i segreti del satellite. 

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ElisabettaRuffolo

Opera Liegi, Luca Dall'Amico è Sir Giorgio ne "I Puritani". L'intervista di Fattitaliani

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All'Opéra Royal de Wallonie-Liège èin scena fino al 28 giugno "I Puritani" di Vincenzo Bellini nella sua versione integrale (cast). Una produzione ben riuscita grazie alla direzione musicale decisa e leggera del Maestro Speranza Scappucci, alle scelte della regia di Vincent Boussard che ha reso il tutto dinamico - innanzitutto con la presenza muta (brava Sofia Pintzou) dell'alter ego oscuro di Elvira -, ai quattro ruoli chiave che necessitano voci chiare e potenti, nonché performance credibili: questo reso possibile da Lawrence Brownlee (Lord Arturo Tablot), Zuzana Marková (Elvira), un sempre più bravo Mario Cassi (Sir Riccardo Forth) e Luca Dall'Amico (Sir Giorgio), intervistato da Fattitaliani.
Ci parli del suo personaggio...
Giorgio, zio di Elvira e fratello di Valton, si trova in una realtà non sempre facile dove suo fratello, padre di Elvira, spesso assente e distaccato nei confronti della propria figlia, non assume il più delle volte le sue responsabilità. Ecco che Giorgio si vede costretto anche dall’amore che prova nei confronti di Elvira ad accudire e consolare, rassicurare la giovane figlia. Abbiamo lavorato molto nel ricercare questo legame tra Giorgio ed Elvira. Giorgio si trova inoltre nella situazione di intermediario tra Elvira e il resto del mondo che la circonda. Sempre attento ad ogni sua reazione. Lui stesso provoca reazioni nei confronti di Elvira per comprenderla, per studiarla e per dimostrare spesso anche al padre il vero stato della figlia, per dimostrargli di quanto amore Elvira necessiti.
Giorgio e Riccardo. Un’altra relazione per Giorgio molto molto importante nella storia. Riccardo è chiaramente infelice del fatto che non sposerà Elvira e che lei ama Arturo; Giorgio inoltre ha profondamente lavorato su suo fratello affinché egli conceda di far sposare Elvira ad Arturo resosi conto del grande amore tra i due giovani. Giorgio cerca sin dall’inizio una soluzione anche nei confronti di Riccardo affinché egli comprenda l’amore tra Elvira ed Arturo. Ci troviamo dunque di fronte a due rapporti totalmente diversi: Giorgio-Elvira e Giorgio-Riccardo. Un lavoro dunque volto a sostenere fortemente l’amore paterno tra Giorgio ed Elvira mentre tra Giorgio e Riccardo vediamo un continuo confronto che deve portare all’accettazione da parte di Riccardo dell’amore tra Elvira ed Arturo. Un grande lavoro psicologico che vive sull’energia che possiamo trasmettere al pubblico. Energia che nasce e vive proprio con queste due importanti relazioni.
Lei gira il mondo grazie al suo lavoro: ha percepito da parte del pubblico una maniera di recepire l'opera comune ai diversi Paesi oppure in qualche teatro ha notato una reazione spiccatamente diversa?
Ma certo il pubblico è sempre diverso e questo è un aspetto davvero interessante ed accattivante del nostro lavoro e della nostra vita sulla scena. Ma comune è il grande amore verso l’opera.  Liège in particolare ha un pubblico molto attento e appassionato; nelle produzioni che avuto il piacere di affrontare au questo palcoscenico riscontro sempre grande affetto e calore. Ho trovato sempre grande calore in paesi come il Giappone dove organizzano molto spesso incontri veri e propri con il nostro pubblico alla fine delle rappresentazioni; incontri che possono durare anche un’ora o più. Voglio citare anche una recentissima esperienza a Santa Barbara in California dove al termine del Requiem di Verdi, il pubblico attende letteralmente estasiato diversi secondi prima di applaudire e di dimostrare una gioia davvero grande. Ma soprattutto cosa dire di alcuni grandi amanti dell’opera che troviamo spesso nel mondo e che ci seguono con sempre grande amore? È una soddisfazione ricevere propri cd e foto e soprattutto incontrarli, ascoltare le loro sensazioni sulla rappresentazione e ancor più sui diversi ruoli nei quali mi ascoltano tra i vari teatri; è davvero interessante ascoltare cosa loro pensano in rapporto ad un nuovo debutto piuttosto che allo stesso ruolo ma in diverse produzioni, teatri e paesi.
C'è un'aria che istintivamente Le viene da citare fra le tante che ha interpretato? 
Credo di poter citare Don Giovanni, Serenata. La trovo straordinaria vocalmente e di grandissima emozione. Inoltre all’interno dell’opera è un momento davvero bello. Oggi posso aggiungere anche I Puritani, Cinta di Fiori. È davvero un’incomparabile esempio di linea vocale, un’aria espressiva e molto impegnativa. La amo davvero molto.
Qual è stato il suo primo approccio all'opera? Racconti...
Il mio primo approccio all’opera risale all’epoca del conservatorio quando con la mia classe andammo alla Fenice di Venezia. Non è nato immediatamente l’amore per l’opera; ero un organista e un trombonista. Ma soprattutto in quanto organista (all’epoca avevo 16 anni), l’opera era qualcosa di lontano. Ma poi non molto tempo dopo quest’esperienza il mio maestro di canto corale mi prelevò letteralmente e mi presentò all’insegnante di canto lirico; dunque cominciò la mia esperienza con l’opera e il canto. Esperienza che terminò immediatamente proprio per l’amore che provavo nei confronti dell’organo. L’opera arrivò chiaramente immediatamente dopo il mio diploma d’organo ed è diventata presto la mia vita. 
E la sua prima esibizione? come andò?
La mia primissima esibizione sulla scena fu all’Arena di Verona in Carmen nel 2003 dove Escamillo era Samuel Ramey. Devo dire che l’emozione era enorme e indescrivibile. Studiavo canto solo da un anno.
Come spiegherebbe l'opera a un adolescente di oggi?
In realtà credo che la migliore spiegazione dell’opera sia il viverla direttamente nel teatro. È l’esperienza che arriva prima di tutto. L’impegno è di coltivare l’amore verso questo mondo “fantastico”, l’amore verso i colori, le melodie, i profumi dell’opera e del teatro. Credo fortemente che ogni adolescente possa avere opere più o meno amate come ognuno di noi. Sono certo inoltre che proporre l’opera e il teatro ai più piccoli sia davvero la chiave per avere un pubblico davvero attento ed appassionato nel nostro futuro. 
Ci dà qualche anticipazione della sua agenda per la prossima stagione?
Sì, prevedo diverse produzioni per i prossimi anni e in particolare posso già citare un titolo che adoro e che ho già cantato all’opera di Firenze e cioè Cenerentola nel ruolo di Don Magnifico. Questa produzione avrà luogo in Italia a Catania e il ruolo è assolutamente tra quelli che adoro. Posso anche già dire che Liège mi vedrà in cartellone per due titoli Madama Butterfly e Alzira. Giovanni Zambito.
Foto di scena:  © Opéra Royal de Wallonie-Liège

Elena Galati Giordano, Book Blogger: uno scrittore deve saper dare al pubblico quello che cerca. L'intervista

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Elena Galati Giordano, Book Blogger fondatrice di “Sogni di carta e altre storie”«i lettori sono affamati di emozioni e uno scrittore degno di esser definito tale, deve saper dare al pubblico quello che cerca.»
Intervista di Andrea Giostra.

Ciao Elena, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Sei una nota Book Blogger nei vari social, fondatore e gestore di “Sogni di carta e altre storie” che conta centinaia di migliaia di follower. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?
Ciao e grazie per l’ospitalità! Mi voglio presentare semplicemente come Elena perché questo sono: una ragazza di 32 anni, che vive a Milano, solare, un po’ lunatica e ribelle, che non sa stare seduta composta, che ama il calcio, la birra rossa, la montagna - soprattutto in estate - e la musica rock e che fa delle sue passioni l’essenza della sua vita. Disegno e dipingo per lavoro, leggo e scrivo nel tempo libero… sono estremamente fortunata a poter fare ciò che amo per tutta la mia giornata!
Chi è Elena sui social e nel mondo virtuale dei lettori e degli appassionati dell’arte della scrittura e della lettura? 
Una book blogger nata per caso. Circa due anni fa, una cara amica a cui sarò eternamente grata, mi propose di fare una recensione ad un romanzo per un blog piuttosto noto e con la quale ho poi collaborato per più di un anno, da lì è iniziato il mio viaggio verso “Sogni di carta e altre storie”. I social in questo settore sono importantissimi e io cerco di adoperarli al meglio. Il mio ruolo di Bookblogger, mi ha permesso di conoscere sui social e poi anche nella vita reale molto spesso, tantissime persone e di creare rapporti che ad oggi per me sono fondamentali! 
Come nasce la tua passione per la lettura e per la scrittura? Qual è la tua formazione? 
Ho iniziato a leggere seriamente piuttosto tardi. Da piccina spizzicavo un libro ogni tanto, i miei preferiti erano i “Piccoli brividi”li adoravo, ma la passione vera e propria è nata al primo anno di liceo. Per me fu un anno molto particolare, in cui dovetti mettermi alla prova in varie circostanze e in cui la curiosità e il bisogno di imparare mi spingevano a intraprendere mille attività diverse. Se da un lato il caos in cui ero immersa era assurdamente stimolante, dall’altro non mi permetteva di canalizzare le energie nel modo corretto, cosi la mia allora professoressa di Storia dell’arte mi consigliò di sedermi almeno mezz’ora al giorno davanti a un libro e mi regalò quello che fu la mia prima lettura vera, un romanzo fantasy di Terry Brooks“Il magico regno di Landover”. Da quel primo libro la strada fu tutta in discesa e iniziai a divorare un titolo dietro l’altro, spaziando in generi sempre diversi.
La mia formazione? Liceo artistico, accademia delle belle arti, laurea in scienze dei beni culturali e un corso di scrittura creativa… però vi svelo un segreto, studio costantemente per migliorarmi e per arricchire le mie conoscenze in diversi settori: sono una che non si accontenta e che pretende molto da se stessa. Sento costantemente la necessità di superarmi volta per volta. 
Il tuo Book Blog è molto seguito ed è davvero interessante. Ci vuoi raccontare come è nato questo progetto editoriale/divulgativo e come hai fatto a realizzarlo? 
Innanzi tutto, grazie di cuore per il complimento! “Sogni di carta e altre storie”è nato dalla mia voglia di esprimere un parere, di metterci la faccia e di supportare gli autori, in particolar modo quelli sconosciuti. Dopo aver collaborato per più di un anno con un blog molto conosciuto e che mi ha formato tantissimo, nel Marzo del 2018 ho capito di aver bisogno di uno spazio tutto mio, così ho iniziato a studiare l’utilizzo di siti internet adatti al mio scopo e una volta scelto il nome (con l’aiuto provvidenziale di un amico importantissimo) ho dato il via a questa nuova avventura. In meno di un anno ho riscontrato un successo enorme rispetto a quelle che erano le mie aspettative, gli autori mi hanno dimostrato una fiducia inattesa e profonda stima verso il mio “lavoro”, questo ha portato ad una costante crescita del blog che ad oggi conta altre tre meravigliose collaboratrici: Letizia, Alessia e Sara. Sono molto fiera del mio staff… sono veramente brave! La collaborazione con la casa editrice Dark Zoneè stata fondamentale per me, poiché è stata la prima C.E. a darmi fiducia e a propormi una collaborazione, dandomi le anteprime dei libri in uscita in occasione del Salone del Libro di Torino. Una responsabilità enorme, che però mi ha dato la giusta spinta per far partire il mio progetto. Ad oggi la collaborazione con Dark Zone è oramai assodata, tanto che quest’anno ho presenziato al Salone come loro blogger ufficiale. L’obbiettivo del mio blog è quello di stimolare il pensiero, di divulgare la cultura e di spronare il pubblico a dare fiducia ai nomi meno conosciuti, ad avere il coraggio di addentrarsi nel mondo degli emergenti che spesso, nasconde perle dal talento ineguagliabile.
Ci descrivi questa nuova figura del cosiddetto Book Blogger? Una sorta di Influencer del mondo letterario. Chi è, cosa fa e come si diventa Book Blogger? 
Per quanto mi riguarda credo che il book blogger abbia il compito di raccontare ai lettori quello che ogni libro nasconde tra le righe, il messaggio, le emozioni, gli stimoli che ogni storia può dare. Io non mi ritengo influencer sinceramente, non penso che il mio parere sia tanto autorevole da poter influenzare le scelte altrui, spero però, che la passione e l’impegno che metto in ogni recensione, articolo o intervista, possa incuriosire il pubblico e spingerlo ad approfondire e ad informarsi maggiormente sul romanzo, l’autore o il tema trattato. 
Qual è il percorso che tu hai seguito per arrivare ad avere così tanti lettori virtuali? 
Devo essere sincera? Non ho seguito nessun percorso specifico… ci ho messo impegno, determinazione e passione, i lettori sono arrivati da soli!
Due estati fa ho scritto un breve articolo sulla nuova figura professionale dell’Influencer del Ventunesimo secolo. Secondo me, l’aspetto più interessante e originale di questa nuova figura professionale è quello che ho descritto con queste parole: «L’Influencer di successo, non si limita a scrivere e postare le sue foto e i suoi scritti. Intrattiene con i suoi follower un vero e proprio confronto virtuale fatto di consigli, di scambi di opinioni, di recensioni sul prodotto acquistato e provato, di tutti quelli che sono e sono stati i vantaggi e gli svantaggi dell’esperienza commerciale, professionale, amatoriale del prodotto acquistato o da acquistare (per prodotto si intende sia quello materiale che quello immateriale). Questo interessante elemento di confronto diretto, in realtà, è la componente che fa la differenza con la pubblicità tradizionale unidirezionale: “ti dico io cosa acquistare perché quello che promuovo è il meglio per te che esiste sul mercato!” Nell’incontro virtuale tra l’Influencer e il suo follower, il rapporto evolve in:“decidiamo insieme cosa devi acquistare in base ai tuoi peculiari bisogni perché quello di cui discuteremo alla fine sarà il meglio che potrai trovare sul mercato!”». Qual è la tua posizione quale “Influencer-Book Blogger” rispetto a quello che descrivo a proposito del mondo della letteratura? Come ci si relazione con i propri follower che vogliono essere consigliati su quali libri acquistare e su quali autori sconosciuti al grande pubblico leggere? 
Io credo che sia necessaria una sola cosa per rapportarsi ai propri follower: il rispetto! Quando approccio alla recensione di un libro, lo faccio in primis da lettrice, pensando a che tipo di recensione mi piacerebbe leggere, cosa vorrei trovare in essa, per questo motivo il mio “stile” è spesso definito “di pancia”. Credo che chi legge le recensioni, allo scopo di trovare il prodotto giusto, il libro adatto alle proprie esigenze, non voglia trovare un allungamento della quarta di copertina o lo spoiler della storia. Credo che i lettori vogliano sapere se l’autore è stato capace di strutturare una buona trama senza buchi, narrare la storia in maniera coinvolgente, se ha saputo emozionare e lasciare il segno e soprattutto: se è stato in grado di farlo secondo il loro gusto. È necessaria tanta onestà per scrivere una buona recensione e per conquistare la fiducia dei lettori. 
Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle? 
Talento e tecnica. Scrivere non è per tutti, scrivere è un dono, che va alimentato e nutrito con la tecnica e la conoscenza. Un bravo scrittore deve saper mettere cuore e testa in quello che scrive per poi donargli infine un’anima. Un bravo scrittore deve smuovere il lettore. Perché? Beh perché i lettori sono affamati di emozioni e uno scrittore degno di esser definito tale, deve saper dare al pubblico quello che cerca. 
Charles Bukowski, grandissimo poeta e scrittore del Novecento, artista tanto geniale quanto dissacratore, a proposito dei corsi di scrittura diceva … «Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere e diventare scrittori di successo? 
Non voglio e non posso mettermi sul piedistallo del giudizio. Ho frequentato un corso di scrittura creativa durante gli anni dell’università e per esperienza personale posso dire, che molto dell’utilità di questi corsi, dipende da come essi vengono strutturati e svolti. Secondo me non sono necessari, ma la scelta spetta all’autore e qualunque essa sia va rispettata. In ogni caso, Charles Bukowski con la sua folle e dissacrante genialità, ha detto tante, tantissime verità. 
Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura? 
Non solo oggi… è sempre importante scrivere, perché ci sono tantissime storie che aspettano di esser raccontate e tantissime emozioni che attendono di esser trasformate in inchiostro. Leggere rende l’essere umano migliore, lo fa crescere, lo aiuta a comprendersi e ad affrontare i propri mostri… per questo è necessario che qualcuno scriva.
Quali sono gli autori che ami di più, che hai letto da ragazza, che ti hanno formato e che leggi ancora oggi? 
Terry Brooks e John Ronald Reuel Tolkiensono stati i miei pilastri durante l’adolescenza, divoravo tomi fantasy come caramelle. Jane Austen, Italo Calvino, George Orwell, Alessandro Manzoni, sono solo alcuni dei nomi che si sono alternati nella mia formazione. Ci sono libri che hanno cambiato la mia percezione del mondo e hanno dato una svolta alla mia vita che con cadenza regolare rileggo, ogni anno… è un rito. Tra questi sicuramente spiccano: “On the Road” di Jack Kerouace “Alice in wonderland” di Lewis Carroll. 
Vuoi segnalare ai nostri lettori qualcuno degli autori contemporanei che vale la pena di leggere? 
Non leggo molti libri scritti da grandi nomi, preferisco leggere autori emergenti, ma sicuramente consiglierei la lettura delle opere di Antonio Manzini e Niccolò Ammaniti.
Chi sono secondo te tre autori ancora sconosciuti al grande pubblico di cui sentiremo parlare nei prossimi anni? 
Questa è una domanda difficilissima. Leggo molti emergenti e tantissimi sono dotati di straordinario talento.
Purtroppo non ho la sfera di cristallo e non posso sapere se nei prossimi anni questi nomi otterranno il successo che meritano. Posso citarne uno in particolare, poiché la sua opera è entrata di diritto nella lista dei libri che hanno cambiato la mia vita: il romanzo in questione è “Waiting” e l’autore è Daniel Di Benedetto.
Penna delicata la sua, un narratore di emozioni dalle grandi capacità. Se volete conoscere altri nomi (ne ho in mente almeno otto o nove) che secondo il mio umilissimo - e dettato da mero gusto personale - parere meriterebbero di esser letti e conosciuti da un vasto pubblico, vi basterà leggere le mie recensioni e seguire il blog: quando un autore è capace e meritevole, mi metto in gioco al 100% per poterlo promuovere a dovere. 
In Italia si pubblicano ogni anno circa 70 mila nuovi titoli, la media ponderata di vendita di ogni nuovo titolo è di circa 50 copie, mentre chi legge effettivamente l’opera letteraria acquistata non supera il 10%, il che vuol dire che delle 50 copia vendute solo 5 copie vengono effettivamente lette da chi acquista in libreria o nei distributori online. Partendo da questo dato numerico, che per certi versi fa impressione e ci dice chiaramente che in Italia non si legge o si legge pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per migliorare questa situazione? Cosa dovrebbero fare gli editori, gli autori e le nuove figure quali quelle dei Book Blogger come te per far aumentare il numero dei lettori e degli appassionati ai racconti e alle storie da leggere? 
Investire di più sulle novità. Cambiare faccia all’editoria, svecchiare le librerie che oramai da anni espongono gli stessi nomi che sfornano spesso libri vuoti e banali. Dare maggior voce al merito piuttosto che alle vendite e avere il coraggio di metterci la faccia. 
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? Dove potranno seguirti i nostri lettori?
Oltre a potermi seguire sul blog e sulla pagina Facebook collegata, probabilmente potranno venire a trovarmi in quasi tutti gli eventi a cui prende parte la DZ Edizioni della quale sono blogger ufficiale e che seguo nelle fiere di settore con immenso piacere. 
Un’ultima domanda Elena. Immaginiamo che tu sia stata inviata in una scuola media superiore a tenere una conferenza sulla scrittura e sulla narrativa in generale, alla quale partecipano tutti gli alunni di quella scuola. Lo scopo è quello di interessare e intrigare quegli adolescenti all’arte dello scrivere e alla lettura. Cosa diresti loro per appassionarli a quest’arte e catturare la loro attenzione? E quali le tre cose più importanti che secondo te andrebbero dette ai ragazzi di oggi sulla lettura e sulla scrittura? 
La casualità vuole che proprio qualche giorno fa questa situazione che tu mi chiedi di immaginare, mi sia capitata veramente. Sono stata ospitata nei plessi scolastici della mia città in occasione della Settimana della Lettura. Ho parlato con alunni dagli otto ai dieci anni e chiacchierare con loro è stato molto istruttivo e stimolante. “Leggere è vivere mille vite in una vita sola… un giorno puoi essere un pirata, il giorno dopo un astronauta e quello dopo ancora un contadino” devo ammettere che davanti a questa affermazione, sono rimasti tutti affascinati… missione compiuta!

Elena Galati Giordano

Book Blog “Sogni di carta e altre storie”

Dark Zone

Andrea Giostra
https://andreagiostrafilm.blogspot.it
https://business.facebook.com/AndreaGiostraFilm/

Spartacus, 1° e 2 luglio lo storico e trascinante balletto di Yuri Grigorovich al Costanzi di Roma

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Imperdibile appuntamento, lunedì 1 e martedì 2 luglio, al Costanzi (ore 20.00) con il balletto Spartacus nella storica e trascinante coreografia del grande coreografo russo Yuri Grigorovich, la stessa realizzata per il Bolscioi di Mosca nel 1968, sulla sfolgorante partitura di Aram Khachaturian.

Il balletto - protagonista l’atletico Bakhtiyar Adamzhan giovane star già applaudita anche in Italia - è uno dei lavori più celebri di Grigorovich, coreografo protagonista della storia del balletto del Novecento, considerato oggi una vera e propria leggenda vivente. Il titolo è entrato di recente a far parte del repertorio della prestigiosa Compagnia di Balletto dell’Opera di Astana, in Kazakistan, un gioiello oggi diretto dalla grande Altinaj Asylmuratova, già étoile del Kirov/Mariinsky di San Pietroburgo.
Fin dal debutto, nella versione realizzata da Leonid Yakobson per il Balletto del Kirov di Leningrado nel 1956, Spartacus ottenne un enorme successo. Merito della trama che esaltava, attraverso il mito dell’eroico gladiatore messosi a capo di una rivolta di schiavi, la ribellione degli oppressi contro i propri oppressori, facendo di Spartaco un precursore della rivolta di classe e dello spirito rivoluzionario. Un mito esaltato anche dal cinema - fra gli altri da Stanley Kubrick in un film con Kirk Douglas nel 1960 - e più recentemente in una serie televisiva omonima di grandissimo successo.
La nuova versione del balletto, realizzata nel fatidico 1968 da Grigorovich per la compagnia “rivale” del Bolscioi, valorizzava il maggiore dinamismo e lo straordinario atletismo maschile tipico della compagnia moscovita. Una versione considerata particolarmente rappresentativa della coreografia russa degli anni Sessanta e Settanta, che ha poi goduto di grande popolarità in tutto il mondo grazie all’indimenticabile interpretazione, diffusa anche in versione cinematografica, dei primi protagonisti: lo straordinario Vladimir Vassiliev nel ruolo di Spartacus e sua moglie, la dolcissima Ekaterina Maximova, in quello dell’amata Flavia. 
Oltre alla magnifica costruzione, plastica ed atletica, del ruolo del gladiatore e condottiero Spartaco, il balletto di Grigorovich esalta il vigore del corpo di ballo maschile riservando i toni lirici e appassionati agli assoli di Flavia e ai duetti d’amore.
Costruito sulla musica impetuosa di Aram Khachaturian il balletto si avvale di un libretto originale elaborato da Nikolai Volkov sulla base del romanzo storico Spartaco dell’italiano Raffaello Giovagnoli, oltreché sul testo de Le guerre civili di Appiano.
Le scene e i costumi dell’allestimento dell’Opera di Astana sono ripresi da quelli originali firmati da Simon Virsaladze, uno dei maestri della scenografia sovietica, storico collaboratore tanto dello “zar” Grigorovich quanto del “transfuga” Nureyev.
Aram Khachaturian iniziò la composizione di Spartacus nel dicembre del 1941, durante i giorni più tragici della seconda guerra mondiale. Per il grande compositore armeno l’immagine eroica di Spartaco e il tema della rivolta degli schiavi nell’antica Roma erano di fondamentale importanza: È necessario che i popoli conoscano e ricordino i nomi di coloro che agli albori della storia umana si ribellarono coraggiosamente contro gli schiavisti per difendere la propria libertà e indipendenza.
Questo monumentale e sfolgorante balletto è stato concepito come poema danzato, dedicato alla lotta di tutti coloro che si battono contro l’oppressione; allo stesso tempo è una testimonianza della tragica irreversibilità del male e dell’immortale persistenza del gesto eroico.
È considerato una sintesi mirabile di musica, coreografia e arte visiva ed è da decenni un gioiello, entrato nel repertorio di molti fra i più importanti teatri in tutto il mondo.


TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

lunedì 1 e martedì 2 luglio 2019 – ore 20.00

SPARTACUS

con il Balletto dell’Opera di Astana



musica Aram Khachaturian

coreografia Yuri Grigorovich

scenografia Simon Virsaladze

direttori d’orchestra Abzal Mukhitdinov - Arman Urasgaliyev

direttore artistico dello spettacolo e assistente coreografo Ruslan Pronin

assistente coreografo Oksana Tsvetnizkaya

direttore del coro Yerzhan Dautov

direttore artistico del Corpo di ballo Altynaj Assylmuratova



corpo di ballo, orchestra, figuranti, coro femminile del Teatro dell'Opera di Astana



PERSONAGGI E INTERPRETI



Spartaco               Bakhtiyar Adamzhan,

Frigia                   Aigerim Beketayeva

Crasso                  Arman Urazov

Egina                   Assel Shaikenova



Prima rappresentazione al Teatro dell'Opera di Astana: 6 giugno 2014



Biglietteria

Piazza Beniamino Gigli, 1 – 00184 Roma
Tel. 06 48160255 – 06 4817003

Giorni e orari: dal lunedì al sabato 10.00 – 18.00, dom 9.00 – 13.30

Biglietteria on-line www.operaroma.it e www.ticketone.it

Call center Ticketone: 892101



Prezzi da 70 a 19 €

Romanzi da leggere a puntate online. 27^ puntata, “Il sosia” di Fëdor Michajlovič Dostoevskij

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a cura di Andrea Giostra -  In copertina: Diego Rodriguez de Silva y Velàzquez (Siviglia 1599 - Madrid 1660), “Venere allo specchio”, 1615, cm. 122,5x175, olio su tela.

IL SOSIA | Poema pietroburghese
Capitolo 5°.

A tutte le torri di Pietroburgo che segnano e battono le ore stava scoccando la mezzanotte, quando Goljadkin si precipitò come un pazzo sul lungofiume della Fontanka (uno dei bracci della Neva), proprio vicino al ponte Izmajlovskij, per sfuggire ai nemici, ai persecutori, alla grandine dei colpetti che gli piovevano addosso, alle grida delle vecchiette impaurite, alle esclamazioni e ai gemiti delle donne e agli sguardi micidiali di Andréj Filìppovic'.
Goljadkin era annichilito, sì, annichilito, nel vero senso della parola, e se in quel momento aveva conservato ancora la forza di correre, si trattava di un miracolo, solo di un miracolo, al quale lui stesso, alla fin fine, si rifiutava di credere. La notte era orribile, una notte di novembre umida, nebbiosa, piovosa, nevosa, piena di congestioni, di raffreddori, di angine, di febbri di ogni specie e qualità possibili: a farla breve, di tutti i regali che elargisce il novembre pietroburghese! Il vento urlava nelle strade desolate, sollevando l'acqua scura della Fontanka fin sopra le catene del ponte e sfiorando minaccioso i sottili lampioni del lungofiume, che a loro volta rispondevano ai suoi ululati con scricchiolii acuti e penetranti, il che costituiva un concerto infinito di stridii e tremolii, ben conosciuto a tutti gli abitanti di Pietroburgo. La pioggia cadeva mista a neve, violente spruzzate di acqua lacerate dal vento schizzavano quasi in orizzontale, come da una pompa antincendio, e pungevano e frustavano il viso dell'infelice Goljadkin, con la forza di migliaia di spilli e forcine. Nel silenzio della notte, rotto soltanto dal rumoreggiare lontano delle carrozze, dall'ululato del vento e dallo scricchiolio dei lampioni, si sentivano tristemente risuonare le sferzate e il ribollire dell'acqua che scrosciava dai tetti, dai terrazzini, dalle grondaie e dai cornicioni sul granito dei marciapiedi. Non c'era anima viva né vicina né lontana, e sembrava impossibile che ce ne potessero essere, a quell'ora e con quel tempo. Soltanto Goljadkin, solo con la sua disperazione, trotterellava in quel momento sul marciapiede lungo la Fontanka coi suoi soliti passetti fitti e rapidi, affrettandosi per arrivare al più presto possibile nella sua via delle Sei Botteghe, al suo quarto piano, nel suo appartamentino.
Nonostante il fatto che la neve, la pioggia e tutto quello a cui non è neppure possibile dare un nome quando dal cielo di Pietroburgo precipitano tormente e bufere, assaltassero tutte insieme l'infelice Goljadkin - già completamente a terra senza bisogno di questo - senza dargli un attimo di respiro e di riposo, entrandogli fino al midollo, accecandolo, soffiandogli addosso violentemente da tutte le parti, facendogli perdere la strada e l'ultima briciola di senno; nonostante che tutto ciò si fosse abbattuto in un solo colpo su Goljadkin, come per un comune accordo coi suoi nemici, per premiarlo con una giornatina, una seratina e una notte... proprio speciali; nonostante tutto questo, dico, Goljadkin, tanto forte era stato il colpo e lo smarrimento patiti per quello che gli era successo poco prima in casa del consigliere di stato Bernadeiev, rimase quasi insensibile a quest'ultima mazzata del destino! Se in quel momento un qualunque osservatore estraneo, del tutto disinteressato, avesse dato un'occhiata, così, di sfuggita, all'andatura depressa di Goljadkin, sarebbe stato anche lui colpito dallo spaventoso orrore delle sue sventure e avrebbe certamente detto che Goljadkin si guardava attorno come se volesse nascondersi da qualche parte a se stesso e, lontano da se stesso, come se cercasse di fuggire chissà dove... Sì! Era proprio così. Diremo di più: Goljadkin non soltanto desiderava fuggire da se stesso, ma addirittura annientarsi, non esistere più, polverizzarsi. In quei momenti non faceva attenzione a quello che lo circondava, non capiva niente di ciò che stava capitando intorno a lui, e guardava con un'aria come se per lui non esistessero né le avversità di quella notte tempestosa né il lungo cammino né la pioggia né la neve né il vento né tutte quelle tremende intemperie. Un copriscarpa, staccatasi dallo stivale destro di Goljadkin, rimase abbandonata tra il fango e la neve del marciapiede lungo la Fontanka, e a Goljadkin non passò nemmeno per il cervello di tornare indietro a riprenderla e direi che non si era nemmeno accorto di averla persa. Era così preso dai suoi pensieri, che parecchie volte, d'improvviso, nonostante quel po' po' d'inferno che gli si scatenava intorno, tutto preso dall'idea della sua terribile, recente caduta, rimase fermo, immobile come un palo in mezzo al marciapiede; in quei momenti si sentiva mancare, svanire; ma poi, di colpo, scattava come un pazzo e si metteva a correre senza girarsi indietro, come per cercare scampo da un inseguimento, da qualche sventura ancora più orribile... E, in realtà, orribile era la condizione in cui si trovava. Infine, stremato, Goljadkin si fermò, si appoggiò al parapetto del lungofiume, come quando a un uomo improvvisamente esca sangue dal naso, e rimase immobile, con lo sguardo fisso all'acqua nera e torbida della Fontanka. Non si sa quanto tempo di preciso passasse in quella posizione. Si sa solo che in quei momenti Goljadkin era giunto a un così alto grado di disperazione, si sentiva così tormentato, così sfinito, era così allo stremo dei suoi ormai deboli brandelli di forza d'animo, che dimenticò ogni cosa, e il ponte Izmajlovskij, e la via delle Sei Botteghe e la sua condizione attuale... E che poteva fare, in realtà? Tutto, ormai, gli era indifferente; tutto era ormai fatto, concluso, controfirmato e sigillato; che gli importava? Ma all'improvviso... all'improvviso ebbe un sussulto in tutto il corpo e, senza volerlo, fece di slancio due passi da una parte.
Con inspiegabile agitazione cominciò a girare lo sguardo intorno: ma non c'era nessuno, non succedeva niente di particolare, eppure... eppure... aveva l'impressione che qualcuno, in quel preciso istante, fosse lì dritto vicino a lui, al suo fianco, appoggiato come lui al parapetto del lungofiume e, miracolo! gli avesse anche detto qualcosa, gli avesse detto qualcosa in fretta, a scatti, qualcosa di non perfettamente comprensibile, ma qualcosa che lo riguardava molto da vicino, che si riferiva a lui. "Che sia stata solo un'impressione?" disse Goljadkin, continuando a guardarsi intorno. "Ma dove sono mai? Eh... Eh..." concluse, scuotendo la testa, e intanto, con una sensazione inquieta e angosciosa, direi anche di terrore, cominciò a scrutare in lontananza attraverso l'aria torbida e trasudante, aguzzando gli occhi e cercando con tutta la forza di penetrare col suo sguardo miope in quell'acquosità che gli si stendeva davanti. Niente di nuovo però, niente di speciale saltò agli occhi di Goljadkin.
Sembrava che tutto fosse in ordine, come doveva; la neve cadeva più fitta, più densa e con più intensità di prima; a una distanza di venti passi era buio pesto: i lampioni scricchiolavano più forte e il vento sembrava cantare con un tono più lamentoso e più dolente la sua triste canzone, simile a un mendicante fastidioso che chiede supplichevolmente un soldino di rame per poter mangiare. "Eh, eh, ma che mi sta succedendo?" ripeté Goljadkin nel riprendere il cammino e continuando a guardarsi intorno. Intanto una nuova strana sensazione lo attraversò tutto; angoscia non era, paura nemmeno... un brivido di febbre gli corse nelle vene. Fu un momento insopportabilmente sgradevole! "Be', non è niente" esclamò, tanto per farsi coraggio, "non è niente, forse non è proprio niente e non macchia l'onore di nessuno. Forse doveva proprio essere così" continuò senza neppure capire cosa dicesse, " forse tutto questo si aggiusterà per il meglio quando sarà tempo e non ci saranno pretese da avanzare e tutti saranno giustificati." Così parlando e rinfrancandosi per effetto delle sue stesse parole, Goljadkin si scosse, si scrollò di dosso i fiocchi di neve, che gli si erano ammonticchiati densi e fitti sul cappello, sul bavero, sul cappotto e sulla cravatta, sugli stivali e su tutto il resto: ma non riusciva ancora a liberarsi da quella strana sensazione, da quella strana oscura angoscia, non riusciva a scacciarsi tutto questo di dosso. In qualche posto lontano, risuonò un colpo di cannone. "Che razza di bel tempo!" pensò il nostro eroe. "Be', non ci sarà mica pure l'inondazione? L'acqua, si vede, è salita con troppa rapidità." Goljadkin aveva appena finito di pensare e di mormorare questo, che vide venirgli incontro un passante che probabilmente si era, come lui, attardato per qualche motivo. Il fatto sembrava banale, casuale; ma, non si sa perché, Goljadkin si turbò e direi quasi si spaventò e sentì un certo smarrimento. Non che temesse l'incontro con qualche malintenzionato, ma così... forse... "E chi lo conosce, questo ritardatario..." passò per la testa a Goljadkin.
"Forse fa parte anche lui di tutto il resto, forse qui è la cosa più importante e non viene qui per caso, ma con qualche scopo mi attraversa e mi dà uno spintone." Forse, però, Goljadkin non pensò esattamente a questo, ma è certo che sentì subito qualcosa di simile e di molto sgradevole. D'altronde, non gli restò più tempo né di sentire né di pensare: il passante si trovava già a pochi passi da lui. Goljadkin, secondo la sua abitudine di sempre, si affrettò ad assumere un'aria del tutto particolare, un'aria che dava chiaramente a vedere che lui, Goljadkin, se ne stava per conto suo, che non faceva niente, che la strada era abbastanza larga per tutti e che lui, Goljadkin, da parte sua, non toccava nessuno. All'improvviso si fermò, come inchiodato a terra, come colpito dal fulmine, poi velocemente si girò verso l'individuo che lo aveva appena sorpassato, come se qualcosa lo avesse tirato per le spalle, come se il vento gli avesse fatto fare un giro a mo' di banderuola. Il passante andava rapidamente scomparendo nella bufera di neve. Anche lui camminava di fretta e anche lui, come Goljadkin, era imbaccuccato dalla testa ai piedi, e anche lui tirava dritto sgambettando sul marciapiede lungo la Fontanka a passetti rapidi e fitti, quasi al piccolo trotto. "Chi è costui, chi è?" mormorò Goljadkin, sorridendo incredulo, e nello stesso tempo sussultando in tutto il corpo. Un brivido gelato gli era corso per la schiena. Intanto il passante era scomparso del tutto e non si sentiva nemmeno più il rumore dei passi; ma Goljadkin continuava a restare fermo e a guardare nel punto in cui quello era sparito. Finalmente, a poco a poco, si riprese. "Ma che diavolo mi succede?" pensò con stizza.
"Che io sia veramente impazzito o che altro?" poi si girò e riprese la sua strada, accelerando e intensificando sempre più l'andatura e facendo il possibile per non pensare a niente. E per questo chiuse persino gli occhi.
All'improvviso, tra l'ululare del vento e l'imperversare del tempaccio, arrivò di nuovo al suo orecchio il rumore di passi di qualcuno che camminava molto vicino a lui. Sussultò e aprì gli occhi. Davanti a lui, a una ventina di metri di distanza, nereggiava di nuovo un certo omino che gli si stava avvicinando...
L'omino aveva fretta, accelerava il ritmo, correva, quasi: la distanza diminuiva rapidamente. Goljadkin poteva già vedere benissimo il suo nuovo compagno ritardatario; lo guardò e gli sfuggì un grido di stupore e di paura: sentì che le gambe gli si piegavano. Era quello stesso passante da lui già notato, che dieci minuti prima lo aveva sorpassato e che ora, inaspettatamente, gli appariva di nuovo davanti. Ma non soltanto questo miracolo aveva colpito Goljadkin; e Goljadkin ne fu colpito tanto che si fermò, gli scappò un grido, volle dire qualcosa e si lanciò all'inseguimento dello sconosciuto, gli urlò perfino qualcosa, volendo, probabilmente, fermarlo al più presto. E in realtà lo sconosciuto si fermò a circa una decina di passi da Goljadkin, in maniera che la luce del lampione lì vicino illuminava perfettamente tutta la sua persona: si fermò, si girò verso Goliadkin e, con aria impaziente e preoccupata, aspettò che parlasse.
"Scusate, ma forse mi sono sbagliato" disse il nostro eroe con voce tremante.
Lo sconosciuto, senza dire una parola, con un gesto pieno di stizza, gli girò le spalle e proseguì rapidamente per la sua strada, quasi avesse fretta di riguadagnare i due secondi persi con Goljadkin. Per quanto riguardava Goljadkin, sentì un tremito guizzargli nelle vene, le ginocchia gli si piegarono sotto, perdettero ogni forza, e con un gemito si lasciò cadere su un paracarro. Del resto, c'era davvero motivo di rimanere così sconcertato. Il fatto è che quello sconosciuto ora non gli sembrava più tale. Ma questo non sarebbe stato ancora niente. Il fatto è che ora aveva riconosciuto, aveva quasi completamente riconosciuto quell'uomo. L'aveva visto spesso, quell'uomo, l'aveva visto tempo prima e anche molto di recente; ma dove? ieri forse?
Del resto, ciò che più contava non era il fatto che Goljadkin l'avesse visto spesso (in quell'uomo, d'altronde, non c'era quasi niente di particolare); decisamente niente di particolare aveva quell'uomo per suscitare attenzione al primo sguardo. Era così, un uomo come tutti, perbene, si capisce, come tutte le persone perbene, e forse aveva anche alcuni meriti e anche abbastanza notevoli: in una parola, era un uomo che se ne stava per conto suo. Goljadkin non sentiva né odio né ostilità e nemmeno vedeva minimamente di mal'occhio quell'uomo; al contrario, anzi, si direbbe; ma intanto (e proprio in questo il punto), intanto per nessun tesoro al mondo avrebbe voluto incontrarsi con lui e tanto meno incontrarsi così, come era successo adesso. Diremo di più:
Goljadkin riconosceva perfettamente quell'uomo; sapeva perfino il suo nome e il suo cognome; ma intanto proprio per niente, e, di nuovo, nemmeno per tutto l'oro del mondo avrebbe voluto pronunciare il suo nome, ammettere di sapere, ecco, che si chiamava così e così, e che così era il suo patronimico e così il suo cognome. Se molto o poco fosse durata la perplessità di Goljadkin e se fosse rimasto veramente a lungo seduto sul paracarro, non saprei dire, ma quello che posso dire è che, ripresosi un po', si mise di colpo a correre, senza guardarsi indietro, con tutte le sue forze; gli mancava il respiro, per due volte inciampò, e fu lì lì per cadere e in questa circostanza rimase orfano anche l'altro stivale di Goljadkin, pure quello abbandonato dal suo copriscarpe. Alla fine Goljadkin rallentò un po' la corsa per riprendere fiato, si guardò frettolosamente intorno e vide che, senza nemmeno accorgersene, aveva già percorso tutta la strada lungo la Fontanka, aveva attraversato il ponte Amickov, superato una parte del Nevskij e si trovava ora alla curva verso la Litèjnaja. E lì girò Goljadkin.
La sua condizione in quel momento assomigliava alla condizione dell'uomo in piedi su di un precipizio spaventoso, mentre la terra si apre sotto di lui e già frana, già si muove, trema per l'ultima volta, crolla, lo trascina nell'abisso, e intanto l'infelice non ha più né la forza né la fermezza d'animo di fare un balzo indietro, di distogliere gli occhi dal baratro spalancato; l'abisso lo attrae e lui finalmente vi si slancia, affrettando da se stesso il momento della sua rovina. Goljadkin sapeva, sentiva e era matematicamente certo che qualche altro malanno gli sarebbe capitato per strada, che qualche altra contrarietà gli sarebbe piombata addosso, che, per esempio, avrebbe di nuovo incontrato lo sconosciuto; ma, cosa strana, lo desiderava perfino, quell'incontro, lo riteneva ineluttabile e pregava soltanto che tutto ciò finisse al più presto, che la sua posizione si chiarisse in un modo qualsiasi, purché fosse presto. E intanto continuava a correre, a correre come spinto da non si sa quale forza esterna, e sentiva in tutto il suo essere non so quale impressione di debolezza e di torpore: non era capace di pensare a niente, anche se le sue idee, proprio come prugnoli, si aggrappavano a ogni cosa. Un cagnolino randagio, tutto bagnato e intirizzito, si era attaccato a Goljadkin e correva pure lui al suo fianco, di lato, frettolosamente, con le orecchie basse e la coda tra le zampe e lanciandogli di tanto in tanto occhiate timide e comprensive.
Un'idea lontana e imprecisa, già da tempo dimenticata - il ricordo di non so quale avvenimento già da tempo accaduto - gli tornò ora in mente, colpendogli la testa come un martelletto, e lo infastidiva senza staccarsi da lui.
"Eh, che brutto cagnaccio!" bisbigliava Goljadkin, senza nemmeno capirsi. Finalmente vide il suo sconosciuto alla curva della via Italjànskaja. Ora, però, lo sconosciuto non gli si dirigeva più incontro, ma camminava nella sua stessa direzione e correva persino, sopravvanzandolo di pochi passi. Finalmente arrivarono in via delle Sei Botteghe. Goljadkin si sentì mozzare il respiro. Lo sconosciuto si fermò proprio davanti all'edificio in cui si trovava l'appartamento di Goliadkin. Si sentì squillare un campanello e quasi nello stesso momento lo stridere di un paletto di ferro. Il cancelletto si aprì, lo sconosciuto si chinò, balenò e scomparve. Quasi nello stesso momento arrivò anche Goljadkin e come una freccia volò sotto il portone. Senza dare retta al brontolio del portiere si precipitò nel cortile dove vide immediatamente il suo interessante compagno di strada, che per un momento aveva perso. Lo sconosciuto sfrecciò nell'ingresso della scala che portava all'appartamento di Goljadkin, e ecco Goljadkin lanciarsi sulle sue tracce. La scala era buia, umida, sudicia. Su tutti i ballatoi erano accumulati mucchi di ciarpame di ogni genere di proprietà degli inquilini, tanto che un estraneo, che, non pratico del luogo, fosse capitato nell'oscurità in quella scala, sarebbe stato costretto a aggirarcisi per mezz'ora, sempre rischiando di rompersi le gambe e maledicendo, insieme con la scala, anche i suoi conoscenti andati ad abitare in posto così scomodo. Ma il compagno di strada di Goljadkin sembrava fosse pratico del posto, sembrava uno di casa: correva disinvolto, senza inciampare, e dimostrava una perfetta conoscenza dell'ambiente.
Goljadkin stava già per raggiungerlo; anzi due o tre volte la falda del cappotto dello sconosciuto gli aveva sbattuto sul naso.
Si sentiva il cuore mancare. L'uomo misterioso si fermò proprio davanti alla porta dell'appartamento di Goljadkin, bussò e (circostanza, del resto, che in un altro momento avrebbe meravigliato Goljadkin) Petruska, come se fosse rimasto lì in attesa e senza neppure coricarsi, aprì immediatamente la porta e seguì con la candela in mano lo sconosciuto che era entrato. Il nostro eroe, fuori di sé, si precipitò in casa sua; trascurando di togliersi cappotto e cappello, percorse il piccolo corridoio e, come colpito dal fulmine, rimase sulla soglia della propria camera. Tutti i presentimenti di Goljadkin si erano avverati alla perfezione. Tutto quello che lui temeva e aveva previsto, si era avverato. Il respiro gli mancò e la testa cominciò a girargli. Lo sconosciuto era seduto davanti a lui, anch'egli in cappotto e cappello, sul suo letto, sorrideva lievemente e, strizzando gli occhi, accennava amichevolmente col capo. Goljadkin voleva gridare, ma non poté; voleva protestare in un modo qualsiasi, ma non ne ebbe la forza. I capelli gli si drizzarono sulla fronte e, preso dal terrore, si abbandonò privo di sensi. E ce n'era veramente motivo. Goljadkin aveva perfettamente riconosciuto il suo amico della notte. L'amico della notte non era altri che lui stesso, Goljadkin, un altro Goljadkin assolutamente identico a lui; era, in una parola, quello che si chiama il proprio sosia, sotto tutti i profili...


Per leggere le puntate precedenti, clicca qui:

Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Andrea Giostra


Mietta, "Milano è dove mi sono persa" il nuovo singolo in uscita venerdì 28 giugno

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“Milano è dove mi sono persa” (etichetta discografia Calma Music - BELIEVE DIGITAL distribuzione) è il titolo del nuovo brano di Mietta, in uscita in radio e in tutti i digital store a partire da venerdì 28 giugno. In contemporanea uscirà il videoclip su Youtube.

Mietta racconta così il brano, scritto da Karin Amadori, Valerio Carboni e Vincenza Casati e prodotto artisticamente da Diego Calvetti: "Una canzone stralunata, grintosa e passionale, l'ho sentita da subito mia, è arrivata al momento giusto con una "nuova" Daniela, che ha voglia di rimettersi in gioco. Un brano che ricorda come, a volte, per ritrovarsi bisogna perdersi”.  
Il videoclip, girato da Mauro Russo nel Salento, è la storia surreale di Daniela (Mietta), che si ritrova ad una festa senza invito, dove tutti ballano, con la musica che prende il posto dei pensieri e la testa che gira come unico punto di riferimento, per poi svegliarsi, il giorno dopo, avendo dimenticato tutto, tranne una canzone, che continua a girarle in testa.

Segnalibro, Anna Mittone lettrice vorace e onnivora a Fattitaliani: nella mia biblioteca si trova di tutto. L'intervista

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   L’amore e le incomprensioni fra madre e figlia sono gli ingredienti principali de "Quando arrivi, chiama"romanzo di Anna Mittone in uscita oggi per Mondadori (pp. 180, euro 18,00): l'autrice ne mette in luce con coraggio anche i lati oscuri e i sensi di colpa, dal punto di vista di una mamma incasinata e impaurita quanto brillante e adorabile. Fattitaliani l'ha intervistata per la rubrica Segnalibro.

  Quali libri ci sono attualmente sul suo comodino?
  Sono una lettrice vorace e onnivora, quindi sul mio comodino c’è praticamente di tutto: “La straniera” di Claudia Durastanti, “Volevo essere una vedova” di Chiara Moscardelli, “Almarina” diValeria Parrella, “Diagnosi e destino” di Vittorio Lingiardi, diversi saggi sulla professione medica che mi servono da documentazione per un progetto a cui sto lavorando, riviste letterarie e non, un manuale sulle tecniche di gioco del bridge.
 L'ultimo "grande" libro che ha letto?
Ho un’immensa ammirazione per Richard Ford, un autore che rileggo continuamente. Nella sua ultima raccolta di racconti “Tutto potrebbe andare molto peggio”, c’è n’è uno in particolare (The New Normal) che mi ha colpito profondamente; un piccolo gioiello di ironia e malinconia, disincanto e, allo stesso tempo, amore per la vita. Richard Ford è, ai miei occhi, uno dei grandi della letteratura contemporanea.
  Chi o cosa influenza la sua decisione di leggere un libro?
Leggo i libri che mi consigliano gli amici, quelli la cui recensione m’incuriosisce, ma mi lascio volentieri influenzare anche da una copertina o da un incipit che cattura la mia attenzione. Leggo i best sellers, anche quando sono di un genere che non mi appassiona (i gialli o i thriller), perché m’interessa capire che cosa ha colpito i lettori e spesso mi piace rileggere romanzi che ho amato in gioventù, per scoprire se mi fanno ancora lo stesso effetto o se, come più spesso accade, li riscopro diversi.
Quale classico della letteratura ha letto di recente per la prima volta? 
Ogni estate, quando ho più tempo a disposizione, m’impegno a leggere un grande classico che ancora non conosco. L’anno scorso mi sono immersa ne “La cognizione del dolore” di Carlo Emilio Gadda; questa invece sarà l’estate di “Delitto e Castigo”.
Secondo lei, che tipo di scrittura oggi dimostra una particolare vitalità? (narrativa, giornalismo, fumetti, saggistica...) 
Purtroppo non sono una lettrice di fumetti, non riesco ad appassionarmi al doppio registro disegno/scrittura, mi distraggo facilmente e faccio difficoltà ad immergermi nella narrazione. Un mio limite che mi taglia fuori da una forma di racconto che mi pare abbia avuto una grande fioritura, negli ultimi anni. Anche per quanto riguarda la scrittura giornalistica non ho un metro di giudizio: leggo di tanto in tanto inchieste su argomenti che m’interessano, ma non ho una conoscenza sufficiente per valutarne la portata innovativa dal punto di vista della scrittura. La saggistica, mi pare, ha trovato una formula divulgativa interessante ed intelligente anche per materie apparentemente più ostiche (la matematica, la fisica, l’astronomia), ha sviluppato una forma di comunicazione con un pubblico più ampio dei soli studiosi attraverso un uso della lingua meno tecnicistico e più evocativo. Mi sembra senz’altro la forma di scrittura che negli ultimi tempi si è più rinnovata.
Personalmente, quale genere di lettura Le procura piacere ultimamente? 
Ogni volta che sento d’imparare qualcosa, di capire meglio me stessa o il mondo che mi circonda; ogni volta che ho la sensazione di fare un passo, anche piccolissimo, verso il disvelamento e la comprensione del grande enigma che è essere al mondo, la lettura è per me un immenso piacere. L’ultima volta è stato grazie a un testo di storia della chirurgia, che mi ha fatto toccare con mano la fatica e il dolore della lotta impari degli esseri umani contro la malattia e la morte.
L'ultimo libro che l'ha fatta sorridere/ridere? 
Ho ripreso in mano qualche mese fa i romanzi di Liala e, in particolare, quei titoli che ricordavo di aver tanto amato da ragazzina, quando li leggevo d’estate, in campagna, prendendoli in prestito dalla nonna dell’amica di cui ero ospite. Ne ho riletti un paio e mi hanno fatto sorridere per la mia ingenuità di allora. Un sorriso pieno di tristezza e rimpianto, perché la gioia che avevo provato leggendoli la prima volta, quel piacere puro di abbandonarsi e perdersi in una storia romantica, non è più replicabile.
L'ultimo libro che l'ha fatta commuovere/piangere?
“Caro Michele”, di Natalia Ginzburg, mi era stato regalato da mia nonna quando ero adolescente. L’avevo letto e ricordo anche che mi era piaciuto, ma di certo ero troppo giovane per apprezzarlo fino in fondo. Ultimamente l’ho riascoltato in versione audiolibro, letto da Nanni Moretti, e più di una volta mi sono ritrovata con un groppo in gola per la preoccupazione costante di quella madre disarmata di fronte alle scelte e alle difficoltà del figlio.
L'ultimo libro che l'ha fatta arrabbiare? 
I gialli mi fanno arrabbiare quasi sempre e soprattutto quando la risoluzione (e soprattutto il movente del delitto) sono innaturalmente complessi per la paura di essere banali (cosa che sono comunque quasi sempre).
Quale versione cinematografica di un libro l'ha soddisfatta e quale no?
“L’età dell’innocenza” di Martin Scorsese è, a mio parere, la trasposizione indimenticabile di un romanzo splendido. Nel film tutto contribuisce a restituire e approfondire l’atmosfera da “gabbia dorata” che è il cuore del libro.
Una grande delusione è stato invece il film che Ewan McGregor ha tratto da “Pastorale americana” di Philip Roth, un romanzo che amo moltissimo e di cui il film restituisce molto poco.
Quale libro sorprenderebbe i suoi amici se lo trovassero nella sua biblioteca?
Chi mi conosce sa che la mia curiosità in fatto di libri non ha limiti e che nella mia biblioteca si trova di tutto, dalle memorie di Costantino Vitagliano a Kafka, da Liala a Philip Roth.
Qual è il suo protagonista preferito in assoluto? e l'antagonista?
Devo per forza tornare a Richard Ford e citare Frank Bascombe, il protagonista di tre suoi romanzi (la trilogia composta da “Sportwriter”, “Il giorno dell’Indipendenza”, “Lo stato delle cose”), un uomo più volte atterrato ma mai vinto dalla vita. Divorziato, un figlio morto bambino, due adolescenti complicati con i quali fatica a mantenere i rapporti, un romanzo di scarso successo scritto in gioventù, una breve carriera da giornalista sportivo e molti anni come agente immobiliare, Frank si porta dietro (come molti di noi) un bagaglio pesante di fallimenti, ambizioni frustrate, dolori, difficoltà quotidiane, eppure lo fa con ironia, quasi con leggerezza, senza fare sconti a se stesso ma con grande indulgenza verso la vita. È un protagonista certamente meno vulcanico e “larger than life” dello Zuckerman di Philip Roth, ma non meno incisivo e indimenticabile.
Quando si parla di protagoniste femminili, invece, l’assoluta, indiscussa regina è Rossella O’Hara di “Via col vento”, bellissima e senza scrupoli, ferocemente decisa a ottenere ciò che vuole dall’amore e dalla vita solo per scoprire troppo tardi che era tutt’altro ciò che l’avrebbe resa felice, fieramente invincibile nel suo “domani è un altro giorno”, una frase che individua perfettamente il potente, subdolo antagonista di ogni racconto: il tempo.
Lei organizza una cena: quali scrittori, vivi o defunti, inviterebbe? 
Vorrei che la mia cena fosse un lungo, raffinato téte a téte con Marcel Proust. Champagne e vini francesi in bicchieri di cristallo, seduti a un piccolo tavolo coperto fino a terra da una tovaglia bianca di fiandra. Mi farei raccontare i pettegolezzi dei salotti parigini, le feste a cui ha partecipato, i dettagli degli abiti più ammirati. Sono certa che sarebbe una conversazione amabilissima.
Ricorda l'ultimo libro che non è riuscito a finire? 
Purtroppo “Il Tunnel”, l’ultimo romanzo di Abraham Yehoshua. E dico purtroppo perché si tratta di uno scrittore di cui ho letto tutto e sempre con grandissima emozione. In questo caso, però, non sono riuscita ad andare oltre la metà.
Quale scrittore vorrebbe come autore della sua biografia?
Sicuramente Danielle Steel. Ne farebbe un grande romanzo d’amore, pieno di sofferenza e rinascita e con un luminoso lieto fine.
Che cosa c'è di Anna Mittone in "Quando arrivi, chiama"?
Lo spunto del romanzo è molto autobiografico. Anch’io, come la protagonista, ho una figlia adolescente che (ormai quasi quattro anni fa) è partita per un anno di studio in Canada. Il vissuto della sua partenza, le paure di quel distacco, sono diventate lo spunto per “Quando arrivi, chiama”, mescolandosi quasi naturalmente con i ricordi della sua infanzia e della separazione da suo padre. Giovanni Zambito.

IL LIBRO
Silvia ha quarantasette anni, un ex marito e una figlia adolescente, Emma. Tra madre e figlia si alternano momenti di grande complicità ed epiche sfuriate – la normalità, insomma – fino al giorno in cui Emma parte con la sua classe per un viaggio di studio che la terrà lontana da casa per un anno, in Canada. Silvia l’accompagna all’aeroporto insieme a Luca, il suo ex marito e, proprio quando pensa che quella giornata non potrebbe contenere più emozioni di così, un drammatico imprevisto la inchioda alle sue peggiori paure: un attentato terroristico sconvolge l’aeroporto Charles de Gaulle durante lo scalo dei ragazzi. In preda al panico, Silvia decide su due piedi di partire per Parigi insieme a Michele, il padre di un compagno di Emma, conosciuto poche ore prima all’aeroporto. I due salgono in macchina diretti in Francia e, in un clima di dolorosa incertezza, dandosi il cambio alla guida tra una lacrima e una battuta per sopravvivere, durante quel lungo on the road avranno l’occasione di conoscersi.
Anna Mittone racconta con ironia l’amore e le incomprensioni che caratterizzano il rapporto madre-figlia, mettendone in luce con coraggio anche i lati oscuri e i sensi di colpa, dal punto di vista di una mamma incasinata e impaurita quanto brillante e adorabile.

L'AUTRICE
Anna Mittone (Torino, 1971) è scrittrice e sceneggiatrice televisiva. Ha collaborato alla realizzazione di serie di successo come “Un medico in famiglia”, “Un posto al sole”, “La Squadra”, “Elisa di Rivombrosa”, “Terapia d’urgenza”, “Il Paradiso delle Signore”. Dopo due commedie brillanti pubblicate da Piemme, Quasi quasi m’innamoro (2011) e Come ti vorrei (2013), questo è il suo primo  romanzo con Mondadori. Vive a Roma con il compagno e i due figli.

Seconda Edizione Gaynor Fairweather Cup, contest di danze latino americane

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Dopo il successo del 2018, appuntamento il 29 giugno 2019 al Rome Cavalieri Waldorf Astoria per la seconda edizione della Gaynor Fairweather Cup

Riflettori accesi a Roma su Gaynor Fairweather MBE, star assoluta nel mondo delle danze latino americane, 14 volte campionessa del Mondo e suo marito Mirko Saccani, il più grande coreografo della disciplina. La coppia torna a far danzare la Capitale con l’attesissimo appuntamento della seconda edizione della Gaynor Fairweather Cup che, dopo il successo riscosso lo scorso anno, ha attirato l'interesse della stampa e di un pubblico sempre più vasto, grazie anche alla grande attenzione verso il ballo creata in Italia dal programma “Ballando con le Stelle”.
   “Vogliamo replicare e superare il successo della prima edizione, portando anche quest’anno a Roma le più importanti coppie della categoria amatori di danze latino americane che si sfideranno in un appassionante contest per la seconda edizione della Gaynor Fairweather Cup - affermano Gaynor e Mirko - confermando il matrimonio d’amore con l’incantevole Rome Cavalieri Waldorf Astoria, la struttura più prestigiosa della Capitale che sarà teatro anche di questa nuova edizione. Siamo onorati di avere anche quest’anno al nostro fianco il noto coreografo e ballerino Stefano Oradei nell’ideazione e nell’organizzazione di questo evento che sta destando una crescente attenzione in tutto il panorama mondiale di danze latino americane”. Un contest di livello assoluto che, anche quest’anno, si arricchisce di un attesissimo PRO-AM Show Case che coinvolgerà diverse coppie formate da business women provenienti da tutto il mondo, che si esibiranno danzando in coppia con grandi professionisti, al cospetto di una giuria internazionale di grandissimo prestigio che, presieduta dalla stessa Gaynor, vede anche quest’anno la presenza di importanti personaggi del mondo delle danze latino americane come Caterina Arzenton, Paulina Kazachenko, Veera Kinnunen, Nancy Berti, Andrei Mosachuk e Debby Posti.
Chi si aggiudicherà la seconda edizione della Gaynor Fairweather Cup, succedendo alla coppia slovena Klemen Prasnikar & Alexandra Averkieva che ha trionfato nel 2018? La gara è già partita e l’interesse per questa nuova sfida ha acceso anche l’attenzione di partner di grande prestigio, prima fra tutte la stilista Paola Tienforti, titolare del marchio Paola T. che realizzerà alcuni dei premi personalizzati, affiancandosi all’organizzazione nelle premiazioni di questo secondo appuntamento che avrà luogo nel corso di un esclusivo gala dinner, all’interno del quale i prestigiosi ospiti della serata potranno ammirare da vicino le evoluzioni dei più grandi ballerini del mondo, gustando, anche quest’anno, le prelibatezze preparate per l’occasione degli chef del Rome Cavalieri servito nel Salone dei Cavalieri elegantemente allestito grazie al magistrale coordinamento di tutti i prestigiosi partner da parte della Event Manager Tiziana Amorosi d’Adda.


Per la realizzazione dell’evento si ringrazia:

Francesca Neri Event

My Boutonneire

Festa LTL

Antonio Maria Arbues

Walter Karuc












La "Top 10" delle abbazie e monasteri da visitare considerate "mecca" di specialità gastronomiche

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Dal Grana Padano al “Tête de Moine”, passando per la birra Grimbergen ed il “Pastel de nata”: chi l’ha detto che ci si debba recare in un monastero o in un’abbazia solo per un ritiro spirituale?
Viaggiando in lungo e in largo per l’Europa, è possibile visitare luoghi in cui, oltre allo spirito, ad essere alimentato è, oppure è stato, anche il fisico. Suggestive location dove sono nati prodotti alimentari d’eccellenza esportati in tutto il mondo, che in alcuni casi è anche possibile gustare ancora.  Mete dove organizzare un’uscita fuori porta, in una delle principali nazioni europee, fra le abbazie e i monasteri più belli e anche gourmet.

È quanto emerge da uno studio condotto da Found! Story Engagement Factory  attraverso un monitoraggio su oltre 150 fonti fra testate, magazine, portali, blog e community lifestyle per sondare quali siano i monasteri e le abbazie più belle da visitare nei fine settimana estivi.

Abbazia di Grimbergen (Grimbergen, Belgio)
Fondata nel 1128, fu distrutta per ben tre volte da un incendio, rispettivamente nel 1142, 1566 e 1798. Dopo ogni ondata distruttiva, fu ricostruita: da qui il suo simbolo, la fenice, che ne rappresenta la storia e i nove secoli di esperienza brassicola. La birra iniziò a essere prodotta nel 1128, anno della fondazione, all’interno dell’Abbazia: i monaci sfruttavano le proprietà dei luppoli donando alle birre che producevano freschezza e note amaricate per bilanciare la dolcezza dei malti utilizzati. La birra, inoltre, era una “ricompensa” per gli agricoltori, che lavoravano duramente nei campi durante il raccolto e, grazie proprio al luppolo, poteva mantenersi fresca per tutta la stagione. Da allora è parte integrante della vita dei monaci, che hanno messo tutta la loro perseveranza per poter tramandare la ricetta sino ai giorni nostri. Alla fine del 2020, inoltre, è prevista l’apertura al pubblico di un microbirrificio proprio all’interno delle mura dell’Abbazia di Grimbergen, il quale produrrà piccole quantità di birre in edizione limitata. Birre uniche ed eccezionali che potranno essere assaporate abbinate a piatti tipici della cucina belga nel ristorante in loco. 

Abbazia di San Pietro di Hautvillers (Hautvillers, Francia)
Ex-Monastero benedettino, situato nel nord-est della Francia, fondato nel 650 da San Nivardo. L’abbazia rimase attiva tra il 665 e la Rivoluzione francese del 1789, ospitando anche il monaco Dom Perignon che, secondo la leggenda, contribuì allo sviluppo del celebre champagne. Una prima versione racconta che la sua nascita fu del tutto casuale: dopo aver imbottigliato delle bottiglie di vino bianco, Perignon si accorse che alcune erano scoppiate. Il primo champagne, così, venne chiamato “vino del diavolo” per paura che le bottiglie scoppiassero all’improvviso. Una seconda, invece, volle che l’abate, grande sperimentatore, aggiunse di sua volontà dello zucchero e dei fiori al vino constatando come, dopo la fermentazione, potesse sviluppare delle bollicine.

Abbazia di Bellelay (Saicourt, Svizzera)
L’abbazia fu fondata nel 1140. Nel 1797 perse la sua funzione religiosa e la struttura fu, in successione, una fabbrica di orologi, di birra e una vetreria salvo poi divenire, nel 1890, una clinica psichiatrica con l’acquisizione da parte del Canton di Berna. L’abbazia è la culla del “Tête de Moine” (in italiano “Testa di Monaco”), caratteristico formaggio prodotto nel caseificio che si trova nel fienile dell’antico monastero, divenuto il centro storico di Bellelay, e che oggi ospita il Museo del Formaggio. Il “Testa di Monaco” è unico al mondo per le modalità in cui viene consumato, delicati “petali” di formaggio ottenuti con uno strumento a coltello orizzontale chiamato girolle. Un’arte casearia svizzera che i monaci conoscevano più di 8 secoli fa, è oggi esportata in tutto il mondo.

Abbazia di Chiaravalle (Milano, Italia)
Inserita all’interno del Parco Agricolo Sud di Milano, venne fondata nel 1135 grazie a San Bernardo, che era alla guida di alcuni monaci provenienti dall’abbazia francese di Clairvaux. L’abbazia di Chiaravalle è il luogo dove è stato trovato il modo per conservare il latte, utilizzandolo con l’aggiunta di caglio e sottoposto a salatura, per creare il formaggio a pasta dura, noto oggi come Grana Padano. Nelle caldaie del monastero, così, sono sorti i primi caseifici dove si sono diffusi i “casari”, lavoratori esperti nella produzione del formaggio.

Monastero di Grande Chartreuse (Saint-Pierre-de-Chartreuse, Francia)
Fondato nel 1084, il monastero è la casa madre dell’ordine dei Certosini: si trova nelle Alpi francesi, in una magnifica cornice naturale, tranquilla e incontaminata, poco distante da Grenoble. Alle origini la comunità si sostentava con l’allevamento ovino e la coltivazione di legumi e cereali: per lungo tempo, infatti, i monaci non vollero accettare doni dall’esterno. A partire dal XIX secolo l’abbazia ottenne lustro e sostentamento mediante la produzione del celebre liquore, la cui ricetta fu scritta nel 1605 da Francois Annibal d’Estrées in un manoscritto e donata ai monaci. Oggi ne esistono due versioni, una gialla ed una verde, che vengono prodotte in loco utilizzando un distillato che arriva dal villaggio vicino di Voiron. E’ possibile però ammirare solo i paesaggi circostanti e le facciate esterne degli edifici ed il museo della Grande Chartreuse, due chilometri più in basso, negli edifici della dépendance del monastero stesso.

Monastero di Jerónimos (Lisbona, Portogallo)
Fatto costruire dal Re Manuele I per celebrare il ritorno di Vasco da Gama dopo aver scoperto la nuova rotta per l’India. Al suo interno, nel 2017, fu firmato il Trattato di Lisbona, che rimodula i trattati su cui si fonda l’Unione Europea. Nel XVIII secolo, però, ha dato i natali anche al Pastel de nata, tradizionale dolce portoghese a base di uova. A quel tempo, gli albumi erano impiegati in conventi e monasteri per inumidire gli abiti e per evitare sprechi, con i tuorli, venivano realizzati dei dolci. A causa della Rivoluzione liberale, nel 1834 vennero chiusi tutti i conventi e monasteri portoghesi e anche quello di Belém dovette serrare i battenti. Il panettiere del convento, ritrovatosi senza più un lavoro, decise di vendere la ricetta ad un imprenditore locale, che iniziò a commercializzarli nel locale di una raffineria di canna da zucchero lì vicina. Nel 1837 venne aperta a pochi metri dal monastero una pasticceria, l’attuale Casa Pasteis de Belem, che continua ad essere proprietà dei discendenti dell’imprenditore. Oggi, Belém è una zona turistica dove si va non solo per visitare i monumenti ma anche per assaggiare i famosi pasticcini alla crema.

Abbazia La Joie Notre Dame di Campénéac (Campénéac, Francia)
Una terra fatta di foreste e fiumi che racchiudono le leggende più antiche della Bretagna, dove tantissimi turisti cercano ‘tracce’ del passaggio di Mago Merlino e della Fata Morgana, in questa cornice sorge il monastero, che si trova in Bretagna. Le suore dell’Abbazia “la Joie-Note-Dame”, producono biscotti bretoni e cioccolata fondente. Ogni anno le monache francesi producono 20-25 tonnellate di biscotti e 2-3 tonnellate di cioccolata. Ma sono particolarmente famose per la produzione dei “Crocque-thé aux Amandes”, biscotti alle mandorle leggeri e delicati, ideali per la colazione o per il tè del pomeriggio.

Monastero di San Pedro de Cardeña (Burgos, Spagna)
Fu fondato dai benedettini ed ospita nella chiesa il Pantheon d’impronta rinascimentale, dove furono sepolti il condottiere “El Cid” Rodrigo Dìaz de Bivar e la sua sposa Jimena. Situato nella comunità autonoma di Castilla y León, il monastero sarebbe diventato un’abbazia nel 1948. I monaci che lo abitano sono abili produttori di vino, come per esempio il rosso Valdevegón, liquori alle erbe e cioccolato. Fra gli altri prodotti ci sono un formaggio pecorino, il “queso de oveja joven”, ed oggettistica in ceramica, direttamente dal loro laboratorio.

Abbazia Notre-Dame-de-Grâce (Bricquebec-en-Cotentin, Francia)
L’abbazia cistercense fu fondata nel XIX secolo, quando i monaci prosciugarono le paludi circostanti e crearono una fattoria di mucche da latte, un mulino, un caseificio, una salumeria ed un negozio monastico. La comunità, oggi, conta una quindicina di monaci trappisti, che accolgono tutti quei turisti che vogliono vivere un momento di preghiera o di contemplazione. Celebri sono anche i prodotti in vendita: salumi, ma soprattutto patè, come quello di Pére Marc. 

Abbazia di Maredsous (Denée, Belgio)
Eretto nel 1872 in stile neogotico, dall’ordine dei Benedettini, il monastero si presenta ai pellegrini e ai turisti in tutta la sua    bellezza architettonica. L’edificio domina la valle Molignée in piena campagna, nella provincia di Namur, fra verdi prati, boschi e ruscelli. I visitatori vengono accolti nel Centro Saint-Joseph per andare alla scoperta dell'abbazia, del cimitero, del giardino, del piccolo museo del formaggio e tanti altri luoghi. Ma oltre alle visite, nell’Abbazia di Maredsous si  degustano i diversi prodotti artigianali realizzati dai monaci benedettini, i quali eccellono nella produzione del famoso formaggio d’abbazia Maredsous, realizzato con latte proveniente da allevamenti locali, e venduto nei maggiori supermercati del Belgio.

Anthony Peth sbarca in Rai,L’Ambasciatore del Gusto è tornato...

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Anthony Peth, fra i presentatori più amati delle nuove generazioni, torna in Tv con People e tante altre novità. Lo abbiamo seguito su La7 alla scoperta di luoghi e sapori nella fortunatissima trasmissione Gustibus, uno dei programmi più longevi della rete di Cairo Editore, ma dopo tre anni intensi e ricchi di sorprese per il giovane presentatore sardo è arrivata aria di novità. Da poche settimane in Rai con una nuova avventura su Rai Premium e Rai 2 dal titolo People.

A darne l’annuncio è stato proprio lui nei suoi social seguito da oltre 110.000 fans che negli ultimi anni lo hanno visto protagonista in numerosi Food Format; Con un selfie all’interno degli studi di Saxa Rubra, annuncia con poche parole, chiare e concise il suo saluto al pubblico di Gustibus. In questi mesi lo abbiamo visto ospite in numerose trasmissioni e con l’annuncio dei nuovi palinsesti estivi di questa stagione svelato il suo ruolo all’interno di uno dei nuovi contenitori dell’estate della Rai. 
“Era arrivato il momento di cambiare” afferma Anthony sorridendo.. “per noi presentatori c’è sempre bisogno di nuovi stimoli e nuovi progetti. In Rai avevo lavorato in passato per diverse produzioni, tornare è stato emozionante, salutare i colleghi di vecchia data e ricominciare una nuova sfida televisiva mi ha dato quella giusta carica per mettermi in gioco nuovamente..” 
Dall’11 Giugno su Rai Premium in seconda serata People il nuovo settimanale di approfondimento sta riscuotendo record di ascolti, proprio per questo la rete ha deciso di prolungare per tutto l’estate il nuovo programma portandolo da Agosto su Rai2 ogni sabato mattina per 8 puntate. La conduttrice Alice Rachele Arlanch (Miss Italia 2017) ci accompagnerà nei mondi della bellezza, della moda, del turismo, e non solo, intervistando professionisti del settore, con la partecipazione straordinaria di Anthony Peth come ambasciatore del gusto attraverso luoghi e sapori del bel Paese. 
Un programma agile e godibile, prodotto dalla Media Production, in poco meno di mezz’ora sei rubriche spazieranno attraverso le tematiche con cui siamo quotidianamente in contatto, e con un linguaggio semplice e accattivante ci mostreranno curiosità e approfondimenti. 
Per il bel presentatore sardo gli impegni non finiscono qui, spesso ospite nei salotti di Uno Mattina ci racconta di un’estate ricco di impegni e manifestazioni che lo vedranno sui palchi di tutta Italia.. “Con le trasmissioni tutto è serrato dai tempi televisivi e le registrazioni sono organizzate nel minimo dettaglio. Si cambia città​ quotidianamente e le serate in giro per l’Italia mi permettono di capire attraverso l’affetto del pubblico di continuare da buon pignolo che sono a fare le cose seguendo sempre il mio istinto, ma soprattutto restando sempre con i piedi per terra. I live in giro per il nostro bel Paese mi permettono di entrare subito in contatto con le persone e le emozioni sono tante..” 
Tanti gli impegni e tante le soddisfazioni, ma non sono gli unici impegni televisivi in Rai che lo vedranno protagonista. Sono appena concluse le registrazioni di Italia Fashion Lovers (prodotto dalla N&M Management ) che lo vedranno al timone della nuova trasmissione di Italia 53 dal 19 Agosto in prima serata con il nuovo contenitore televisivo dedicato a tutto ciò che fa tendenza. Col supporto di opinionisti fissi nel cast del calibro Silvana Giacobini si affronteranno tematiche divertenti ma anche più serie. Ora lo attende un estate ricco di impegni, nel frattempo ci anticipa che saranno dedicate delle puntate sulla Sardegna nel nuovo settimanale della Rai.

Basket, per 5 giocatori su 10 infortuni al tendine d'Achille: consigli degli esperti

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Il basket è uno degli sport più apprezzati in Italia e all’estero per via della sua dinamicità e numerosi benefici che apporta alla salute mentale e fisica. Basti pensare che secondo un’indagine americana pubblicata su The Guardian, il basket ha superato nel corso degli anni in popolarità il baseball e il football, venendo praticato da oltre 26 milioni di persone, soprattutto giovanissimi.
E in Italia secondo i dati ISTAT, occupa il terzo posto degli sport più praticati dopo calcio e pallavolo, interessando oltre 800mila persone. Passione che accomuna amatori di ogni età e celebrities che, prima di entrare nel mondo dello star system, hanno deciso di giocare a basket durante il college: da George Clooney a Brad Pitt, da Kevin Hart a Snoop Doog, fino ad arrivare all’ex presidente Barack Obama. Ma praticare questo sport senza i giusti accorgimenti aumenta il rischio d’infortuni: secondo uno studio pubblicato da Sports Illustrated, il 45% dei giocatori di basket ha subito lesioni al tendine d’Achille, problema che ha costretto a stop forzati anche stelle dell’NBA come Kobe Bryant, Wesley Matthews, Maurice Taylor e Mehmet Okur. Basti pensare che l’esito delle Finals NBA 2019 è stato compromesso dall’infortunio che ha colpito Kevin Durant, il campione dei Golden State Warriors. Ma quali sono i consigli degli esperti? La prevenzione inizia a casa con la scelta di calzature sportive idonee alla conformazione del piede e continua sul campo con regolari esercizi di stretching affiancati ad allenamenti mirati a rafforzare i muscoli del polpaccio. Infine, per ridurre i tempi di recupero dagli infortuni gli esperti consigliano di affidarsi alla laserterapia.
Per questo è stata brevettata la Theal Therapy, terapia laser made in Italy creata da Mectronic che, sfruttando il mix di diverse lunghezze d’onda, adatta il trattamento in base a parametri fisiologici come età, fototipo e tipologia di tessuto. “Il basket è uno degli sport più praticati al mondo ma, come ogni attività fisica, il rischio di infortuni e problematiche fisiche è sempre dietro l’angolo soprattutto se l’atleta non rispetta alcune regole come una corretta alimentazione e uno stile di vita sano – spiega il dott. Marco Longafeld, massofisioterapista della Scaligera Basket Verona – Credo che l’allenamento debba essere il più personalizzato possibile, specifico per il gioco della pallacanestro e dovrebbe mirare alla ricerca dell’equilibrio del sistema muscolare, il tutto coadiuvato dall’aiuto di un preparatore atletico. Durante la mia esperienza nel basket, ho potuto riscontrare come gli infortuni più frequenti fossero di origine traumatica, localizzati a livello delle articolazioni, tipo le distorsioni semplici o complicate della caviglia e del ginocchio, e da usura “overuse”, dalle infiammazioni alle tendiniti, in primis del rotuleo e dell’achilleo per proseguire con dolori diffusi a carico del ginocchio (gonalgie), il tutto dovuto per lo più a sollecitazioni ripetute e a carichi eccessivi. Per queste problematiche l’ausilio di Theal Therapy diventa un valido alleato nella prevenzione e nella cura degli infortuni. La tecnologia laser emette un raggio luce che entra nei tessuti provocando una risposta biochimica sulla membrana cellulare e all’interno dei mitocondri. Tra le azioni principali vi sono l’effetto antidolorifico, dovuto all’aumento della soglia della percezione da parte delle terminazioni nervose e dalla liberazione di endorfine, e l’effetto antinfiammatorio dovuto all’aumento del flusso sanguigno conseguente alla vasodilatazione.
Ma quali sono gli altri infortuni più comuni nel mondo del basket oltre a quelli che colpiscono il tendine d’Achille? Secondo uno studio della National Athletic Trainers' Association la maggior parte delle lesioni avvengono a carico degli arti inferiori, sia per cause legate allo stress da sforzo, sia per cause traumatiche: il 38% degli infortuni riguarda le ginocchia, il 27% anca e gambe, il 35% i piedi.  Ma non è tutto, perché il 60% degli infortuni riguarda la fascia di giovani 15-24 che pratica basket a livello amatoriale durante il periodo del college. E ancora, nel mondo della pallacanestro si possono verificare lesioni della cuffia dei rotatori o episodi di lussazione dovuti al contatto fisico con altri giocatori, e traumi alle dita delle mani per via di un errato controllo del pallone. Non mancano anche infortuni che interessano il volto, in particolar modo gli occhi, mento e bocca.
Ecco infine il decalogo degli esperti per prevenire e curare i più frequenti infortuni nel basket:

SOTTOPORSI A UN REGIME DI ALLENAMENTO PERSONALIZZATO
Eseguire sempre una scrupolosa preparazione fisica e un allenamento il più personalizzato possibile. L’equilibrio del sistema muscolare e il rinforzo dei distretti più a rischio sono importanti per la prevenzione.

SEGUIRE UNO STILE DI VITA SANO E UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE
La prevenzione inizia a casa con l’apporto di un corretto fabbisogno calorico e il mantenimento di uno stile di vita sano, senza eccedere in alcun modo.

INDOSSARE CALZATURE SPORTIVE IDONEE
È necessario munirsi di scarpe che evitino soprattutto lo scivolamento sulla superficie di gioco e che offrano buona stabilità anche grazie ad un medio supporto alla caviglia. Per scongiurare distorsioni recidive, inoltre, è consigliabile l’utilizzo di un bendaggio con un nastro da taping.  

PRESTARE ATTENZIONE ALLO STRETCHING E AGLI ESERCIZI POSTURALI
Svolgere un buon riscaldamento è importante per prevenire il rischio d’infortuni, ma altrettanto lo sono tutte le esercitazioni di stretching e le posture atte a mantenere una certa elasticità dei distretti muscolari. 

IDRATARSI PRIMA, DURANTE E DOPO LE PARTITE
Mantenersi correttamente idratati è il monito principale per garantire una performance atletica ottimale, riducendo fatica e stress. Anche le bevande cariche di sali minerali sono utili perché regolano il bilanciamento idrosalino, consentendo un buono stato di salute delle cellule e dei tessuti.

RINFORZARE LA MUSCOLATURA DEGLI ARTI INFERIORI
Gli esercizi di rinforzo muscolare, di controllo neuromotorio e l’equilibrio tra muscoli agonisti e antagonisti sono fondamentali per il miglioramento della performance, per la salvaguardia delle strutture legamentose, e per contrastare traumi a carico delle articolazioni e sue eventuali recidive.

SOTTOPORSI A MASSAGGI DECONTRATTURANTI
Il basket mette sotto sforzo continuo l’apparato muscolare: per scongiurare contratture, stiramenti e strappi è utile sottoporsi periodicamente a massaggi che permettono il rilassamento dei diversi distretti muscolari.

EVITARE DANNI DA SOVRACCARICO FUNZIONALE
Il giocatore deve imparare ad ascoltare il proprio corpo e dosare i carichi di lavoro durante l’allenamento per evitare stress da sovraccarico.

CONTROLLARE LE CONDIZIONI DEL CAMPO DA GIOCO
Non sottovalutare le condizioni del campo, sia all’aperto sia indoor: assicurarsi che non vi siano crepe, presenza di detriti, bagnato e che la superficie sia idonea al corretto svolgimento della partita.

IN CASO D’INFORTUNIO UTILIZZARE LA LASERTERAPIA
L’ausilio del laser Theal Therapy si è rivelato estremamente utile nella cura e nel recupero in tempi più rapidi di patologie acuto-croniche legate al mondo del basket.

L'Italia, la corruzione, la Chiesa

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di Mario Setta - È arcinoto che l’Italia si colloca, da tempo, ai primi posti nella graduatoria dei Paesi più corrotti. Eppure in Italia i cattolici battezzati raggiungono la quasi totalità.
Nasce quindi spontanea la domanda: “Come mai un Paese così cattolico è anche tra i più corrotti? Come mai dalle persone più in alto a quelle in basso si fa orecchie da mercante sul comportamento morale?” In tutti i partiti politici emergono personaggi di rilievo che spesso vengono processati per furto, latrocinio, truffa. Anche nei partiti cosiddetti nuovi, come la Lega o il Movimento Cinque Stelle. Sono quotidiane le notizie di arresti e colpi della polizia a personaggi e gruppi mafiosi disonesti e illegali. Non c’è località o partito che sia senza macchia. Una presenza a tappeto in ogni regione. Perfino l’arcivescovo di Bologna, Mons. Zuppi, ha dichiarato in questi giorni: “Anche l’Emilia ha perso l’innocenza”.
In questo panorama di decadenza civile e morale, appare penoso e senza vergogna il fatto che il leader della Lega, Matteo Salvini, presentandosi come “capitano”, taccia della questione morale nel suo partito, dopo le condanne inflitte ai dirigenti passati. Un’inchiesta della rivista “L’Espresso” del 4 luglio 2018 a firma di Giovanni Tizian e Stefano Vergine sostiene che «anche Matteo Salvini e Bobo Maroni hanno utilizzato una parte dei 49 milioni di euro, frutto della truffa orchestrata dal “Senatur” (Bossi) e dall’ex tesoriere». Ma ciò che scandalizza e appare infame, spudorato, è il comportamento del leader della Lega che usa il “rosario” o il richiamo alla Madonna per avvelenare le centinaia di migliaia di ascoltatori, indifesi e ignoranti, di fronte ad una teatralizzazione della politica che passa come cosa normale. Una accettazione supina, che nemmeno nei discorsi di Mussolini si verificava, dimostrando una certa riservatezza da simili atti di sfrontatezza. 

Di fronte a questa situazione che diventa sempre più drammatica, l’unica risposta esplicativa ancora valida è quella di Max Weber, nella celeberrima opera “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, in cui parlava di “maggiore contentabilità del Cattolicesimo in fatto di morale” e sottolineava: «Per il Cattolico la grazia sacramentale della Chiesa stava a sua disposizione come un compenso alla propria insufficienza; il prete era un mago, che compiva il miracolo della transustanziazione e nelle cui mani era riposta la potestà delle chiavi. Ci si poteva rivolgere a lui nel rimorso e con spirito di penitenza, ed egli offriva la possibilità di espiazione, speranza di grazia, certezza del perdono…». Un comportamento, questo della Chiesa Cattolica italiana, ancor più evidente nei rapporti tra preti e  mafiosi dalle varie sigle (mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita, ecc) come risulta da una straordinaria ricerca di Isaia Sales dal titolo “I preti e i mafiosi”, in cui scrive: “Sulle mafie la Chiesa non è stata maestra di vita”, facendo notare come i casi di preti assassinati come don Pino Puglisi e don Peppino Diana sono piuttosto eccezioni, mentre molti mafiosi vengono accolti e perdonati.

Nel 2014, a Cassano allo Ionio, Papa Francesco ha detto: «I mafiosi sono scomunicati», ma anche i corrotti lo sono, in forza di un apposito decreto. A dir la verità non ci sarebbe bisogno di ricorrere a provvedimenti punitivi del Codice di Diritto Canonico, che anzi, andrebbero semplicemente aboliti, perché Cristo non ha mai condannato nessuno. Ci sarebbe, c’è anzi, un dovere fondamentale per un cristiano: “Sì, sì; No, no”. Un aut-aut: o si è cristiani o non lo si è. Leonardo Sciascia ha usato parole di fuoco nei confronti della Chiesa, sostenendo che la mafia non ha disturbato la religione, ma se ne è fatta ancella. E la chiesa non ha disturbato la mafia, ma se ne è fatta spesso complice. Anche le parole di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia, non lasciano dubbi: “Se la Chiesa avesse praticato la rottura, radicalmente e permanentemente… non saremmo al punto in cui siamo”.

In realtà la Chiesa-istituzione è integrata nel sistema. Ne è importante cinghia di trasmissione, perché offre legittimità al Potere e ne beneficia attraverso i finanziamenti e i privilegi che riceve. I Patti Lateranensi del 1929 e il Concordato del 1984 non hanno fatto altro che rinsaldare il potere della Chiesa, inserendola di diritto e di fatto, al centro del sistema politico-economico. Il teologo José Maria Castillo ha scritto recentemente che la Chiesa dovrebbe impostare la sua missione nel mondo cercando di non mettere al centro gli interessi dell’istituzione-Chiesa, ma i problemi della gente, perché Cristo non privilegiò l’etica del dovere (le regole religiose) ma l’etica del bisogno (l’aiuto ai sofferenti). 

È evidente a tutti, oggi, che la pastorale di Papa Francesco è in linea con questa missione nel mondo, anche se sopravvivono interessi particolari e carenze nella vita degli uomini di Chiesa. Basta leggere il libro "Sodoma"di Frédéric Martel, scrittore-giornalista-sociologo, che per quattro anni ha girato il mondo intervistando circa 1500 persone in Vaticano e in 30 Paesi. Spesso le notizie sono sconvolgenti e traumatizzanti sotto i nomi di personaggi religiosamente prestigiosi come preti, vescovi e cardinali. Basta pensare al caso di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo. Di lui Martel scrive: "Il predatore Maciel avrebbe abusato sessualmente di decine di bambini e di innumerevoli seminaristi: sono state contate oltre duecento vittime... mantiene due donne con le quali ha avuto almeno sei figli e non ha esitato ad abusare sessualmente dei propri figli, due dei quali hanno sporto denuncia".

Il caso Maciel è sconvolgente, ma fa parte di una lista di personaggi che, soprattutto in Sud America, hanno ridotto la Chiesa cattolica ad un sistema immorale consolidato, come quello di Lopez Trujillo, vescovo e cardinale espressamente di destra, nemico della teologia della liberazione, protetto da potenti cardinali in Vaticano. Il teologo Juan Carlos Scannone, amico di papa Francesco, afferma che Lopez Trujillo era "un manipolatore”. Bergoglio ha assunto una carica importantissima e sta svolgendo una vera azione di pulizia nella Chiesa. Ma anche se cerca di purificarla, restano problemi impossibili, anche per lui, da risolvere. Se la Chiesa, unilateralmente, non sarà capace di abolire il sistema concordatario, presentandosi credibile “sposa di Cristo”, il suo messaggio rischierà sempre il fallimento. Solo tornando povera e libera sarà percepita come “madre e maestra” e gli uomini più disposti a non essere “lupi” ma “fratelli”.

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