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Pasolini a Villa Ada, Ivan Festa a Fattitaliani: ho scoperto un uomo premuroso, riservato, timido. L'intervista

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Ivan Festa torna in scena con Pasolini a Villa Ada il monologo tratto dal testo di Giorgio Manacorda a Teatrosophia dall'8 al 10 marzo. Fattitaliani lo ha intervistato.
Personalmente prima di interpretare il monologo che cosa conosceva di Pasolini?
“Come uomo non conoscevo quasi nulla, tranne qualche racconto che qualcuno mi riportava a cui non ho mai dato troppo credito. "Ormai è tutto mitologico.” Ho scoperto invece che i "veri" amici di PPP hanno vissuto un legame quasi alchemico, ricco di dettagli e silenzi custoditi gelosamente, in attesa che un evento li risolvesse per evolversi. Ho scoperto un uomo premuroso, riservato, timido. Generoso nei confronti di chi avesse bisogno di un suo confronto ... un suo apporto. Insomma un Pasolini che non c'è ...”
Quali false-sbagliate conoscenze su di lui ha corretto grazie al testo di Manacorda?
Più che false o errate ho avuto modo di avvicinarmi ad una figura totalmente differente. È stata una continua scoperta, anzi lo stimolo principale che mi ha coinvolto al punto tale da voler raccontare questa intima vicenda.
Non avrei mai interpretato nulla di diverso, ho sempre immaginato che molto c'era ancora da svelare e per questo non ringrazierò mai a sufficienza Giorgio.”
Il pubblico come reagisce alla rappresentazione di Pasolini a Villa Ada?
Il testo viene svelato in una sorta di partitura composta da quattro situazioni che ripercorrono la giornata della pubblicazione della lettera scoperta nell'archivio Nenni. Molti mi avvicinano al termine della rappresentazione incuriositi e vogliosi di sapere altro. Sembrano arricchiti da questi aspetti finora tenuti custoditi, molti si sentono probabilmente più intimi. Conoscere queste "confidenze" rinnova la loro curiosità e -magari- li stimola a riprendere un cammino lasciato sospeso con l'autore.
Secondo lei, letteratura e vita in Pasolini erano un tutt'uno?
Ne sono certo. Lui ha sacrificato la propria vita all'altare della poesia, tutto nasce da questa simbiosi che applicava a ogni disciplina, cinema compreso. Lui era quel pensiero "magico" che ha vissuto sulla propria pelle fino all'ultimo respiro. Giovanni Zambito.

LO SPETTACOLO
Pasolini a Villa Ada descrive il rapporto personale tra Giorgio Manacorda e Pier Paolo Pasolini. Il racconto di un’amicizia, quella tra l’autore e il poeta friulano, finora celata o velatamente raccontata in privato. Attraverso un denso monologo, che segue il ritmo del racconto, si scopre così un rapporto di amicizia intenso e il tormentato percorso di emancipazione che Manacorda ha dovuto affrontare per liberarsi dalla paterna figura del maestro.
“La rappresentazione, dunque, è un incontro nuovo con Pier Paolo Pasolini, un racconto diverso, lontano dalle polemiche politiche, da ricostruzioni o riduzioni del protagonista a mero e semplice fatto di cronaca” -spiega l’attore -“sono passati un po' di anni dal debutto, sono tante le repliche che ha alle spalle questo spettacolo, ma per me è sempre una grande emozione”.

MOSTRA
Nel foyer sarà allestita una selezione di scatti di Nowhere Now , lavoro che a breve verrà raccolto e pubblicato in un volume da Urbanautica Institute. 
Le immagini sondano l'impalpabile viaggio della luce, dei colori , delle particelle che generano la vita in un continuo disordine. È l’improvviso, l’impalpabile che genera e muta come una reazione a catena. 
La confusione possiede al proprio interno tutti i gli elementi della creazione, imprevisti compresi che sono anzi la base del processo. La distruzione, l’errore,  è parte necessaria della creazione.

INFO:

AVVISO AI SOCI

Tessera preventiva obbligatoria al link www.teatrosophia.com/associati

Teatrosophia

via della Vetrina 7 – Roma

dall' 8 al 10 marzo 2019

ore 21.00 - domenica ore 18.00

Info e contatti: info@teatrosophia.it –

tel: 06.68801089 – 375.5488661

web. www.teatrosophia.com

Bigietti 13€ + 2€ tessera associativa del teatro

Fb: www.facebook.com/teatrosophia2018/

Ora o Mai Più Il gran finale, Rettore canterà con la Milani? il 2 marzo su Raiuno

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Sabato 2 marzo, in prima serata su Rai1, arriva il gran finale per gli otto concorrenti di Ora o Mai Più, lo show musicale condotto da Amadeus.
Nel corso delle 5 puntate, trasmesse dagli studi Rai di via Mecenate, gli sfidanti canterini hanno riso, pianto e litigato, emozionato il pubblico sulle note dei grandi successi senza tempo della musica italiana e messo in campo voce e cuore. Soltanto uno di loro si aggiudicherà il titolo e l’ambito trofeo: la pubblicazione e distribuzione nelle edicole di un CD contenente un inedito, vecchi successi e alcune cover proposte nel corso della trasmissione. Paolo Vallesi tenterà la fortuna con Ritrovarsi ancora, Silvia Salemi interpreterà Era Digitale e Donatella Milani canterà Non gridare.  A quando l’amore è il titolo dell’inedito di Barbara Cola, Più in alto quello di Annalisa Minetti. Jessica Morlacchi presenterà Senza ali e senza cielo, Davide De Marinis interpreterà Naturale, mentre Michele Pecora punterà tutto su I Poeti. Affiancati dai rispettivi maestri Ornella Vanoni, Marcella Bella, Donatella Rettore, Orietta Berti, Toto Cutugno, Red Canzian, Fausto Leali, I Ricchi e Poveri, gli otto concorrenti saranno protagonisti di nuovi duetti. Si sarà sciolto il gelo tra le due Donatella oppure la Rettore rifiuterà ancora di esibirsi con la Milani? E quale particolare richiesta ha avanzato quest'ultima agli autori del programma? Insomma, tante le incognite alla vigilia del gran finale e una sola certezza: il clima è ormai incandescente tra gli otto maestri che sabato scorso non se le sono certo mandate a dire, monopolizzando l'attenzione di social e media per l'intera settimana. Come sempre, il pubblico da casa potrà decidere le sorti della sfida e attraverso il Televoto (894.222 da fisso e 475.475.0 da mobile) tentare di stravolgere la classifica parziale, decretando il vincitore di questa seconda e più che mai avvincente edizione di Ora o Mai Più.

ORA O MAI PIÙ, prodotto da Rai1 in collaborazione con Ballandi Multimedia, è un programma di Emanuele Giovannini, Pasquale Romano, Ivana Sabatini, Leopoldo Siano e Marco Pantaleo. Consulenza artistica di Carlo Conti. Regia di Stefano Vicario. Dirige l’orchestra il Maestro Leonardo De Amicis. 

Cannella, "Di cuore" esce oggi il nuovo "brano dal sound leggero e dal contenuto amaro"

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Esce oggi, venerdì 1 Marzo, in radio e negli store digitali “ Di Cuore ”, il nuovo singolo di Cannella per Honiro Rookies.
“Di cuore” - racconta Cannella - è un brano dal sound leggero e dal contenuto amaro. Non é il solito brano triste  che affronta il tema della rottura con nostalgia, al contrario ci sono dei momenti di ironia molto sottile, anche nei confronti di me stesso, ed altri di cinismo. In parte é un augurio sincero, in parte un augurio di quelli che si fanno per sfottere, in entrambi i casi rimane comunque un augurio fatto di cuore ahah. Nel brano racconto una situazione di povertà nella quale ogni ragazzo di vent'anni si può rispecchiare, i sacrifici che si fanno per amore, anche a livello economico, i sogni e le speranze che ci portano a fare promesse stupide che il più delle volte non si realizzano mai. Questa volta viene nominato anche un "lui", perché in una storia che prende una brutta piega c'é quasi sempre un "lui", che ovviamente é molto più ricco, calmo e serio di te, ci puoi giurare ahah. Inoltre mi sembrava doveroso parlare della mia tendenza a soffocare i brutti momenti con qualche bicchiere di troppo, e della fortuna di avere al mio fianco Marco, che in un modo o nell'altro mi fa arrivare a casa sano e salvo, anche nelle notti peggiori. Marco esiste davvero ed é un po' il mio Grillo Parlante. Il brano é stato scritto da me e successivamente arrangiato assieme a Matteo Costanzo, ha una struttura musicale molto minimale, é stata una scelta voluta al fine di renderlo molto più colloquiale e diretto. Come tipologia di lavoro discosta molto dalle pubblicazioni precedenti, la scrittura lo riconduce al mio immaginario ma a livello di sound é una cosa nuova per i miei ascoltatori.


Biografia
Enrico Fiore in arte Cannella nasce a Roma il 14 Giugno 1995. Si avvicina alla musica sin dall’età di 7 anni per merito del padre, che nota questa sua predisposizione verso il canto e lo stimola comprandogli una serie di dischi che Enrico prontamente impara a memoria e passa giornate intere a ricantare.
L’approccio con la musica, in veste di cantautore,  avviene anni dopo; a 13 anni scrive la sue prime canzoni e successivamente inizia a frequentare sale di incisione dove viene seguito e spronato a coltivare questa sua grande passione.
Nel corso degli anni si avvicina alla musica HipHop e incomincia a scrivere brani con strofe rappate ed incisi cantati nel mezzo. A 18 anni pubblica sul web le sue prime canzoni a nome di Eden e viene contattato da una realtà indipendente di Torino con la quale collabora per circa due anni riscuotendo assieme agli altri componenti un discreto successo nell’ambiente che lo porta ad esibirsi dal vivo in più occasioni e in contesti di vario tipo.
Dopo aver concluso la collaborazione con questa realtà sente però il bisogno di trovare
un’ identità artistica maggiormente definita ed inizia a ricercare dei nuovi sound e stili di scrittura . Proprio in questo periodo avviene il cambio del nome d’arte in Cannella e, nel giro di un anno e mezzo riesce a confezionare un Ep che si sposta molto da quello che erano i suoi precedenti lavori, avvicinandosi molto all’indie-pop senza però oscurare del tutto quello che sono le sue provenienze musicali, un lavoro molto singolare.
Il progetto riceve l’attenzione di Honiro Rookies ed inizia così il percorso di Cannella.
Il 1° Ottobre 2018  è stato pubblicato  il singolo ed il videoclip  di “Campo Felice”.                 
L’8 Novembre è uscito il videoclip del brano “Venerdì  (Live sul GRA) ”.
Il 27 Novembre è uscito  il singolo “'Nei Miei Ricordi’, brano che Cannella ha presentato al Festival di Sanremo dove ha gareggiato nella 'categoria Giovani’.
Attualmente è impegnato in studio per la realizzazione del suo nuovo album.

CANNELLA



HONIRO CHANNEL : 

Green Book film vincitore dell’Oscar 2019

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di Riccardo Bramante - (intervista a Viggo Mortensen) Come sappiamo, l’Oscar 2019 è stato assegnato al film di Peter Farrelly “Green Book”, ma cosa è questo “libro verde” di cui al titolo del film stesso?

Per rispondere a questa domanda bisogna tornare all’America dei primi anni ’60, in cui il film è ambientato, con i suoi carichi di discriminazioni razziali e forme di vera e propria “apartheid”.

Il “Negro Motorist Green Book” era un libretto ideato da un impiegato delle poste afroamericano, Victor Hugo Green, per dare, come diceva nella presentazione, “al viaggiatore nero le informazioni di cui ha bisogno per non incappare in difficoltà, imbarazzi e rendere piacevole il viaggio”; si, perché a quei tempi per gli afroamericani era estremamente difficile viaggiare anche entro i confini degli stessi Stati Uniti senza incorrere in problemi e soprusi.

Il “Green Book” riportava, perciò, una mappa degli hotel, dei ristoranti e perfino delle pompe di benzina di cui anche gli afroamericani potevano usufruire.

La prima edizione del libretto apparve nel 1936 ed era appena di 16 pagine al costo di 25 cent. e riguardava soprattutto l’area di New York mentre le ultime edizioni superavano le 100 pagine con oltre 15.000 copie vendute sia nelle stazioni di servizio della Esso, sia spedito per posta. Cessò di essere pubblicato nel 1964 quando con la legge del “Civil Rights Act” fu sancita, almeno sulla carta, la fine della segregazione razziale, realizzandosi, così, il sogno che era stato dello stesso fondatore Green che scriveva “Verrà un giorno in cui questa guida non dovrà più essere pubblicata; questo accadrà quando ogni razza godrà di uguali diritti e privilegi negli Stati Uniti”.

Nel film l’utilità di questo “Green Book” viene dimostrata quando il musicista nero Donald Shirley, dovendo fare un viaggio nel profondo sud degli Stati Uniti, assume come suo autista un bianco in quel momento disoccupato Tony Lip, viaggio che si trasforma anche in un percorso attraverso i pregiudizi razziali e le reciproche diffidenze.

Infatti, mentre il musicista nero è istruito, parla più lingue ed ha un tenore di vita alto borghese, il bianco Tony Lip è ignorante e parla con espressioni dialettali pseudo-italiane ma tuttavia, con un completo capovolgimento dei luoghi comuni, ad esempio, Tony può dormire nei migliori alberghi mentre Donald, il nero, deve adattarsi a dormire in piccoli motel indicati nel “Green Book” ed è vittima di quotidiane discriminazioni.

Tanti altri sono ancora i pericoli che il “libretto verde” ricorda ai viaggiatori afroamericani di quel periodo: dal divieto per le auto guidate dai neri di superare le automobili guidate dai bianchi perché avrebbero potuto impolverare le loro auto, o, come si vede anche nel film, il divieto per i neri di viaggiare di notte o semplicemente di fermarsi in alcune località.

Per fortuna sono ormai tempi passati ma bene fa il film a ricordare queste discriminazioni soprattutto in un momento come l’attuale di riflusso etico dell’America di Trump.

Stilisti e vip in primo piano a Festival della Moda organizzato da Sabina Prati Eventi Moda e Stefano Raucci

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Stilisti giovani e già affermati e tanti personaggi dello spettacolo sono stati i protagonisti al Festival della Moda andato in scena nella prestigiosa location dell'Aranciera di San Sisto a Roma.

Bellezza, spettacolo e fascino sono stati gli elementi vincenti dell'evento, che ha riportato l'alta moda nel cuore della capitale. Consensi e applausi sono andati agli organizzatori del Festival, l'agente di moda Sabina Prati, titolare della Sabina Prati Eventi Moda, e il conduttore radiotelevisivo Stefano Raucci: è stato proprio Raucci, voce di Radio Radio, a presentare l'evento con garbo e ritmo.
A sfilare in passerella per prima è stata Ina Gioka, giovane stilista nata in Albania ma da anni residente in Calabria, con una collezione di grande impatto ispirata agli anni '50. Poi è stata la volta della ligure Leonida Monti, in arte Leonidé Mon, che ha voluto proporre una donna elegante, nelle vesti di un principessa moderna : subito applausi a scena aperta per le due giovani designer.
Dalla Calabria si è confermata talento assoluto Cheren Hesse Surfaro, che con la sua collezione "Barock" ha mixato perfettamente stile classico e moderno, esprimendo ancora una volta una creatività straordinaria. Il Festival della Moda ha poi segnato l'esordio assoluto del giovane Thomas Di Donato, che ha portato in scena abiti esclusivi e su misura di un'eleganza sopraffina, suscitando applausi e complimenti da parte di critica, pubblico e giornalisti. Di Thomas, giovane di Monterotondo, si sentirà sicuramente parlare ancora in futuro. Gran finale con lo stilista campano Gianni Cirillo, nome già noto e affermato delle passerelle italiane, che ha presentato abiti di classe che hanno estasiato tutti i presenti.
Nutrito il parterre di ospiti e vip del mondo dello spettacolo (con le attrici Floriana Rignanese, Linda Collini e Giò Di Sarno, il giornalista Amedeo Goria, l'indossatrice Elisabetta Viaggi, il look maker delle dive Sergio Tirletti, il press agent Giò di Giorgio e tanti altri), erano presenti in sala anche il presidente di Confsport Italia Paolo Borroni, partner nazionale del Festival, e Marco Prati titolare della Prati Multiservice sponsor dell'iniziativa. Molto apprezzato il momento della premiazione di Anton Giulio Grande, una delle firme più prestigiose della moda italiana. 
Il noto stilista ha presentato due abiti esclusivi della sua collezione strappando applausi a scena aperta e poi ha ricevuto il premio  "Original Fashion -Eccellenza della Moda Italiana nel Mondo" dalle mani degli organizzatori Sabina Prati e Stefano Raucci, che si sono detti onorati della sua presenza. Applausi anche per Sergio Tirletti, look maker delle dive che ha anche danzato due coreografie di tango con Daniela De Rocchis, e per l'esibizione canora di Ilaria Capocelli. A curare il look delle ragazze oltre a Tirletti la giovane Silvia Felici, sempre impeccabile. 
"Ringraziamo gli on. Giorgia Meloni, Rachele Mussolini e Giancarlo Righini (quest'ultimo presente in sala) per aver reso possibile la realizzazione dell'evento in questa meravigliosa location" - hanno concluso gli organizzatori Prati e Raucci, dando a tutti appuntamento alle prossime tappe in preparazione del Festival della Moda e del Contest nazionale Miss Moda e Talento, concorso di bellezza  di cui sono i patron nazionali.

Green book, film bellissimo dalle molteplici venature e ombre pluridirezionali. La recensione

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“Green book” (2018) di Peter Farrelly. Recensione di Andrea Giostra (intervista a Viggo Mortensen) .


Film bellissimo!
Si potrebbe incorniciare con queste due semplici parole questa emozionante produzione cinematografica frutto di una splendida sceneggiatura originale scritta a otto mani che ha saputo ben ricostruire una storia vera degli anni Sessante statunitensi tra un talentuoso pianista afroamericano dell’elegante City newyorkese e un bizzarro e pieno di geniali risorse autista e tuttofare italoamericano del basso Bronx.
Il disperato tentativo di alcuni buonisti ad oltranza radical chic italici di affrettarsi a definire semplicisticamente Green book come un film sul razzismo americano contro i “negri”, è intellettualmente disonesto quanto lapalissianamente impreciso.
È vero invece che è uno splendido film sul razzismo e sulla xenofobia (non solo statunitensi) generati dalla “paura del diverso da noi”, visti e raccontati da angolature diverse, da prospettive prismatiche che fanno capire senza lasciare alcun dubbio che il razzismo, così come la xenofobia, non è unidirezionale, dal bianco verso il nero come pregiudizialmente ed ipocritamente viene concepito da una sparuta parte degli pseudo intellettuali italici, ma ha molteplici venature e ombre pluridirezionali.
Ed è qui che nel film viene fuori l’eleganza e la raffinatezza della narrazione che sviluppa e districa con geniale maestria le molteplici prospettive del razzismo/xenofobia… quello del colore della pelle e delle tradizioni, dell’educazione e della cultura, delle inclinazioni sessuali e della religione, del cibo e dell’abbigliamento, del modo di parlare e del modo di mangiare, dei costumi e delle origini storico-sociali…
Rimane la paura del diverso il tema principale che affronta il film. E quando il diverso da noi diventa simile a noi attraverso un “percorso” di conoscenza frutto dello scontro e del confronto, delle confessioni disinibite e delle emozioni irrefrenabili, della fiducia e della voglia di scoprire nuovi universi umani, è lì che vengono abbattuti i muri della diffidenza pregiudiziale, e tutto come per magia appare nuovo, diverso, chiaro… tanto che non può che generare condivisione umana e solidarietà fraterna, come alla fine dei tre mesi di “tour di concerti” tracciato dal “Green book” in giro per gli Stati Uniti del profondo sud accade tra l’italoamericano Tony Lip (uno splendido Viggo Mortensen) e il talentuoso pianista Don Shirley (un maestoso Mahershala Ali).
È questo il vero cuore narrativo del film che riesce a commuovere e a far luccicare gli occhi dello spettatore per le emozioni che riesce con una semplicità disarmante a generare.

Scheda:
Titolo originale: “Green book”.
Regia di Peter Farrelly
Produzione Brian Currie, Jim Burke, Brian Hayes Currie, Peter Farrelly, Kwame Parker, John Sloss, Octavia Spencer, Nick Vallelonga, Charles B. Wessler.
Distribuzione Eagle Pictures
Musiche di Kris Bowers
Con Viggo Mortensen, Mahershala Ali, Linda Cardellini, Sebastian Maniscalco, P.J. Byrne, Dimeter D. Marinov, Don Stark, Brian Stepanek, Iqbal Theba, Tom Virtue, Ricky Muse, Joe Cortese, Daniel Greene, Ninja N. Devoe, Johnny Williams, David Kallaway, Anthony Mangano, Geraldine Singer, Jim Klock, Rebecca Chulew, Paul Sloan, Nick Vallelonga, Gralen Bryant Banks, Brian Hayes Currie.

ANDREA GIOSTRA

Paolo Triestino ne "Il Paese dei Ciechi": La capacità di relazionarsi con ciò che ci circonda è sempre più rara. L'intervista di Fattitaliani

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Al Barnum Garbatella, il 2 e 3 marzo alle ore 18Il Paese dei ciechi” di H.G.Wells. Reading di Paolo Triestino.
Il testo è incentrato sulla difficoltà di adattamento e sul conflitto che scaturisce dal confronto con il diverso. Conferma la grandezza di uno dei padri della fantascienza. Un racconto surreale che fornisce molti spunti di riflessione. Fa comprendere perfettamente la pochezza degli uomini.
A causa di una caduta sulle Ande il protagonista Nuñez si risveglia in una vallata, cosa scopre?

Un mondo che sembrava esistesse soltanto nella fantasia dei racconti e invece è un mondo reale, la così detta Valle dei ciechi che in seguito ad un cataclisma avvenuto molti secoli prima era rimasto completamente isolato dal mondo.  A tutti gli abitanti cominciò ad abbassarsi la vista probabilmente per la consanguineità, cioè per il fatto che persone che si riproducono troppo tra di loro si indeboliscono e nel corso dei secoli anche il ricordo della vista sparisce. Gli occhi sono nient’altro che fessure messe lì per abbellire ma in realtà non servono a nulla e sviluppano tantissimo gli altri sensi. Diventa un luogo dove la vista non esiste ma non è vissuta neanche come un handicap anzi come un normale stile di vita e in questo mondo con le sue leggi, con il suo equilibrio arriva quest’uomo che in seguito ad una caduta rovinosa durante una spedizione, dopo giorni e giorni di cammino, si ritrova lontano da quella che veniva considerata la civiltà, scorge da lontano case storte, vede delle cose strane. Il primo pensiero è “qui divento re perché il mio vedere sicuramente mi porrà in posizione dominante rispetto agli altri” poi in realtà scoprirà che non sarà così anzi il suo vedere viene presa come una follia. Gli altri hanno sviluppato così tanto gli altri sensi che in realtà sono dei pari, lui per quanto possa sforzarsi non riesce a essere superiore a loro, vuole dimostrarglielo, ma non ci riesce. Non solo non accadrà ma diventerà un po’ l’ultimo dei servi però scopre l’amore quando la figlia di uno dei capi di questo strano mondo si invaghisce di lui, delle sue stramberie, dei suoi racconti fantasiosi e comincia questa storia d’amore che viene dapprima osteggiata da tutti ma cresce sempre di più fino a che decidono di sposarsi ad una condizione: che lui si cavi gli occhi. Lui per amore, accetta di salire su una collina per ammirare l’alba per l’ultima volta, lì capisce che non può rinunciare a tutto ciò che gli occhi e il mondo possono regalare. Fugge e ritornerà nella società dopo tanto tempo. La metafora è un grande invito ad andare oltre, Wells ha scritto La guerra dei mondi ed è considerato uno dei padri della fantascienza.
Il paese dei ciechi ci invita ad aprire la mente a non fermarci davanti alle apparenze ma cercare di comprendere l’altro è sempre facile?   

Beh, è chiaro che non ci si riesce sempre, perché per vedere bisogna avere gli occhi e non serve aprirli soltanto ma bisogna anche arrivare a vedere davvero. È come ascoltare, a volte ascoltiamo qualcuno ma in realtà lo sentiamo e basta. La capacità di relazionarsi con ciò che ci circonda è sempre più rara, è sempre più dispersa tra i mille smartphone e le corse frenetiche della vita che sicuramente è più piena di cose ma più povera di tutto.
È stato scritto nel 1904 ma è un testo molto attuale perché parla di ospitalità, emarginazione, accoglienza…
Assolutamente. I grandi classici conservano la loro modernità perché non esauriscono la loro funzione! Penso sempre a Shakespeare che seppure parli di storie lontane molti secoli, hanno qualcosa che li rende sempre attuali. Amleto lo puoi vedere in mille sfaccettature e sono tutte giuste, così anche il paese dei ciechi è a mio avviso un capolavoro perché contiene dentro qualcosa che anche oggi ha una modernità incredibile e che aggancia gli spettatori. 
Lo spettacolo l’ho fatto già diverse volte ed ogni volta, ho  sperimentato di persona come questa storia apparentemente così lontana da noi in realtà è vicinissima perché parla direttamente all’anima, risveglia in noi cose sopite, un po’ dimenticate, io credo che sia davvero un bellissimo testo. Ho riscontrato una grandissima empatia ed energia che arrivava dalla platea.

Elisabetta Ruffolo

Marco Consoli protagonista di "Infiltration", serie Tv in 30 episodi dal 5 maggio su SBC Channel, Arabia Saudita

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Marco Consoli sarà protagonista di “Infiltration, serie Tv in 30 episodi che andrà in onda a partire dal 5 maggio in prima mondiale su SBC Channel (Saudi Broadcasting Corporation), nuova tv pubblica dell’Arabia Saudita.
L’attore e modello (top 10 tra i modelli over 50 più seguiti in tutto il mondo su Instagram) trentino di origini siciliane sarà l’unico italiano a prendere parte alla serie, girata tra la Serbia e il Libano con 156 attori e 1500 comparse, e interpreterà il ruolo di Don Ares, uomo senza scrupoli a capo di una potente organizzazione criminale. Oltre agli Emirati Arabi, a breve verrà distribuita in Europa e Stati Uniti.
Questa grande opportunità arriva dopo 18 mesi in cui la vita di Marco Consoli è stata letteralmente stravolta: dopo trent’anni dedicati alla carriera di manager, produttore e promotore culturale, terminati bruscamente, Marco ha deciso di cambiare vita e di intraprendere la carriera come modello e attore. Da quel momento ha realizzato oltre 130 servizi fotografici (foto e video), ha partecipato a importanti campagne pubblicitarie internazionali (spot, cartelloni pubblicitari, riviste, e siti prestigiosi come Forbes) per i marchi Costa Crociere, Cos, Yamaha Europa, Melinda, Unieuro, Optika Stepinac, El Patron, Dan John, Koenig, Aeroporti di Roma, Iliad.


“C'è chi perde il lavoro e si dispera e chi invece, grazie a questo evento, scopre un lato di sé stesso che ignorava – spiega Marco Consoli -. Ho iniziato a viaggiare molto in Europa e in Oriente e tra le tante cose, parlando con molte persone del settore, soprattutto con fotografi ‘disperati’ alla ricerca di persone over 50 disposte a fare i modelli, ho capito che quella del modello poteva rappresentare un’occasioneA quel punto ho deciso di fare un servizio fotografico autoprodotto e di aprire il profilo Instagram, che ad oggi conta più di circa 53mila followers.”
Il passaggio da opportunità a lavoro vero e proprio avviene a Belgrado“la Serbia è fondamentale in quello che mi è capitato – prosegue -. "A Belgrado ho un'amica, Zorica, che gestisce un negozio di abiti vintage. Zorica mi mette in contatto con una sua amica, Aleksandra, modella, per avere un aiuto per la pubblicazione di alcune fotografie in Serbia. Dopo un equivoco legato ad incomprensioni linguistiche (io cercavo una rivista, lei mi risponde che ha molti contatti con dei fotografi di stock, gli album online dove sono in vendita le fotografie), Aleksandra organizza un incontro con due fotografi professionisti, Alex e Vesna, marito e moglie, che mi chiedono di posare per loro. Onestamente per un po' ho continuato a non avere chiaro a cosa servissero tutti quegli scatti, finché, un bel giorno, cercando su Google, mi sono ritrovato sulla copertina di un magazine tedesco. Da allora sono passati alcuni mesi, e non mi sono più fermato: oggi ho tantissime fotografie in giro per il mondo (sette fotografie sono state pubblicate sul sito della prestigiosa rivista finanziaria Forbes), ho partecipato a numerose campagne pubblicitarie internazionali e adesso mi appresto ad essere tra i protagonisti di una serie Tv distribuita in tre Continenti.”
Link social:
INSTAGRAM @m_consoli

Romanzi da leggere a puntate online. 11^ puntata de “La luce negli occhi” di Haria

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In questi tre capitoli (XIV, XV e XVI) de “La luce negli occhi” … Haria prende consapevolezza della morte di Ubertino del quale non ha più il ricordo dei suoi occhi… Il Passato lentamente si dissolve e la Solitudine incombe…


XIV

1253 d.C.

La Quinta Traccia

Volti, sguardi, figure evaporano. Ubertino è morto, ma non ho ricordo dei suoi occhi, e mentre balzo oltre il varco sento il mio passato dissolversi. Solitudine è una parola nuova.

*

Gli anni non hanno piegato il mio corpo. Agile procedo nella bellezza, che mi ha infuso la consapevolezza; il mio viaggio è la storia che una luce verde negli occhi ripercorre per continuare sulla pietra nera il segreto che Haria la Custode lasciò incisa per me.
Su per la corrente del rio Solitudine si rivelò nell’alba di un antico tramonto, e il sorriso della bellezza inondò i miei occhi, che dilatarono briciole del tempo: fu così che perpetuai giovinezza nel mio sguardo. Nel fitto di castagni il silenzio entrò nei miei passi: fu così che percepii la voce della bellezza raccontare di abbandono e ignoto. Sulla rupe più alta percepii le linee interiori del Rago possente, del Nero antico, del Pen divino; penetrai in un mondo che pulsava la vastità e scoprii i segni di primordiali sogni, culla della bellezza. Il resto fu magia.
Io, Haria della Pietra Nera, scruto il tempo, che si è fatto circolare - come doveva - e aspetto. Un istante dopo che il varco sulla vastità mi avrà accolta, un’altra Haria entrerà nel magico luogo. A lei lascio la mia storia e l’impronta del mio sorriso.

XV

1653 d.C.

La Sesta Traccia

L’eco del passato rimbalza su questa roccia, mia dimora e compagna, multiforme solitudine e luogo di energia. Ho indagato nel segreto della bellezza, ho aggiunto potere al mio potere, e la storia che la luce verde nei miei occhi ne ha tratto è il mio dono per Haria, sorella che verrà.
Gli uomini di questo tempo sono luci che si spengono appena accese. Io, Haria dei Castagni, aprii agli uomini il magico varco che custodivo; credevo che la conoscenza li avrebbe resi liberi. Mi sbagliavo. Non cercavano la libertà, ma la maschera della libertà. Così chi entrò nel mio spazio vide il mio volto e fuggì urlando di terrore; chi si affacciò maledì le visioni che il mio potere gli aveva offerto. I villaggi insorsero contro la strega dei boschi e questo luogo di bellezza fu circondato. Ma non chiusi il varco, nutrivo ancora una speranza, e non mi celai; li attesi nel fitto dei castagni, lontana dalle Rocce Sacre.
Stupidi uomini e donne, gonfi di infinite superstizioni, entraste per uccidere e distruggere. Eravate nudi di fronte all’ignoto eppure tronfi di esistenza. La bellezza vi guardò avanzare, la luce verde nei miei occhi sospese il vostro odio e il mio corpo entrò nell’albero che mi era più caro. Scomparvi negli esaltanti labirinti dell’ignoto. La bellezza si richiuse e ai vostri occhi piegati questo luogo non fu che un bosco di castagni in autunno.
Io sono ancora qui e incido la mia storia sulla corteccia del fedele castagno. A voi il tempo non ha dedicato che un’occhiata frettolosa, mentre i vostri cuori spogli blateravano la menzogna di aver vissuto e il vostro sguardo spento invocava l’eternità.

XVI

1853 d.C.

La settima traccia

Questo labirinto di foglie e poderosi castagni richiama il giardino che prima della mia fuga oltre il varco amai; allora il profumo di nettare e fiori esaltava
il mio anèlito di libertà, ora il secco odore dei tronchi e l’aroma pregnante del muschio guidano la mia voglia di vivere. Il muschio è il più verde, riflette la luce nei miei occhi e l’attira; è una traccia sparsa ovunque in questo luogo sterminato, che una brezza delicata sfiora appena.
Non mi accorgo di procedere, eppure lo so. Tocco le ruvidità del legno, percorro i solchi che un tempo sconosciuto ha lasciato sui tronchi, e sono qui, laggiù, e i miei occhi cedono a un fare diverso, che non è percezione, ma visione...

...Nel muschio oltre i pori spugnosi di un tempo sognato dal lento vagare degli occhi guidati nel legno che apre memoria di storia lasciata da donna sapiente per Haria del Muschio...

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Fra le magiche pieghe del luogo che custodisco rileggo la mia storia, che un giorno Haria, in fuga da un mondo avvolto di nulla e saturo di tutto, troverà nel muschio impregnato di rugiada.
È una storia per la luce verde nei tuoi occhi, amica mia; la leggerai senza leggere parole, la capirai senza bisogno di capire, la farai tua, ne sarai custode e, vecchia e pronta per la vastità, lascerai il tuo segno a un’altra Haria, in fuga da un mondo finto e prossimo alla fine, l’ultima.
Poi, figliola, sarà tempo di riunire le nostre storie in un impeto di bellezza e la luce verde negli occhi di tutte noi coglierà l’istante di libertà.

Per leggere i precedenti capitoli, clicca qui:

Note dell’editore:
«Haria vive ritirata sull'appennino ligure-emiliano, e comunica con il mondo esterno mediante i suoi libri, in cui dispensa la conoscenza di cui è portatrice. Ove giovani donne, in secoli diversi, in fuga dal proprio tempo, in fuga per la consapevolezza e la libertà. Nove vite, una vita, e una luce negli occhi che le guida e le accomuna. Nove donne oltre il varco sull'ignoto, per un magico, solidale destino.»

“La luce negli occhi”, Haria, Collana Letteratura di Confine, Proprietà letteraria riservata, © RUPE MUTEVOLE, prima edizione 2004, ristampe 2009-2012-2018.

Cristina del Torchio
https://www.facebook.com/RupeMutevoleEditore/
https://www.reteimprese.it/rupemutevoleedizioni 

Andrea Giostra

In copertina Valerio Toninelli“La memoria dei pesci” (1990), 60x80cm., olio su tela.

Giorgia, Alex Baroni: la sua perdita una voragine nella mia vita

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Non sono mai stata brava a parlare di lui, ma Alex va ricordato, come uomo e come artista, perché ha rappresentato un momento importante per la musica italiana".
Così Giorgia, ospite nella puntata di oggi di Verissimo su Canale 5, parla della scomparsa di Alex Baroni, avvenuta nel 2002. "La sua perdita è stata una voragine nella mia vita e in quella della sua famiglia - aggiunge la cantante. - La sera prima di morire mi aveva lasciato un messaggio sul telefono al quale non avevo risposto. Questo messaggio l'ho conservato per molto tempo, poi mi si è cancellato. Credo sia stato un segno".
A Silvia Toffanin, che le chiede come abbia fatto a superare questo terribile dolore, Giorgia risponde: "Non so veramente come ho fatto. Sembra che sia successo un momento fa. Ho avuto una serie di anni di sbandamento, anni devastanti. Ci vuole del tempo per ritirarsi un po' su. Io sono stata aiutata dagli amici e da una ventina d'anni di psicoanalisi". Dopo un periodo durissimo, nel 2004 Giorgia incontra il suo attuale compagno, il ballerino e coreografo Emanuel Lo, unione dalla quale nasce il piccolo Samuel: "Finalmente, dopo sette anni in cui ci provavamo, è arrivato Samuel. Vivevo questa mancanza con grande tristezza, ma nel momento in cui ho rinunciato mentalmente all'idea di diventare madre, è arrivato questo biondino meraviglioso".
Dopo quindici anni di unione, per coronare questo amore mancherebbe solamente un matrimonio. A tal proposito Giorgia ammette: "In realtà molti anni fa Emanuel mi ha chiesto di sposarlo e io gli ho anche detto di sì. Poi, però, se non è la donna che organizza, l'uomo non lo fa, perciò è finita lì".

Silvia Salemi: chi la dura la vince. Le cose importanti per la cantante siciliana. L'intervista di Fattitaliani

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Stasera su Raiuno il gran finale di "Ora o mai più": in gara anche la cantante siciliana Silvia Salemi che presenterà l'inedito "Era digitale". Riproponiamo l'intervista canzonatadi Fattitalianifra i titoli utilizzati per le domande ci sono quelli delle canzoni di "23", il cd uscito a luglio, ma anche di brani che risalgono agli anni Novanta. Ecco l'intervista. 
Senza la musica, Silvia Salemi in che senso "Potrebbe essere" diversa da quello che è?
Senza la musica non so cosa "sarei". La musica mi salva, mi culla, mi dà vita. Come credo alla maggior parte degli esseri viventi. I suoni fanno parte della nostra vita da quando veniamo concepiti ... come "potrebbe essere" diversamente.????
Cantando oggi "A casa di Luca" provi sensazioni diverse rispetto a vent'anni fa?
Sì, certo. Oggi per me quella canzone è un punto fermo, un ricordo, un'emozione. Nel '97 ha portato un grande cambiamento di vita, oggi è parte della mia vita.
Quanto un momento/un periodo di "Silence" può essere produttivo per un artista?
Credo sia fondamentale alternare momenti di silenzio a momenti di rumorosa creatività perché l'anima ha bisogno di entrambe le cose per respirare aria nuova e riprendere il cammino. È un mio punto di vista ma credo possa essere applicabile a qualsiasi forma d'arte e di mestiere.
A quale "Credo" rimani sempre ancorata?
Il "Credo" più forte della  mia vita sono i valori che mi porto dentro e che non tradirei per niente al mondo. In primis ovviamente la stabilità affettiva e familiare.
Per ognuno esiste "Quel ricordo" felice o triste che torna in ogni occasione. Per te qual è?
Il mio ricordo triste che torna sempre non c'è. Ho una mente che dimentica. Mentre non riesco a "rimuovere" l'ansia del futuro. 
Ci descrivi "L'ultimo""Bellissimo viaggio" che hai fatto?
Sono due i viaggi del cuore. Nel '98 Tibet. Esperienza che mi ha cambiata, mi ha permesso di vedere davvero il mondo con altri occhi tanto che al ritorno ho messo tutto neri su bianco e ho inciso l'album  "Pathos". E poi il viaggio di nozze... Polinesia. Pane amore e fantasia... (ride, ndr).
"Le canzoni" che preferisci in assoluto quali sono? Le prime tre che ti vengono in mente...
Le mie canzoni e quelle di altri. Comunque per trovare la mia canzone del cuore basta scomodare Barry White, i Quenn o i Beatles ... miei grandi amori. 
Quali sono "Le cose importanti" e imprescindibili per Silvia Salemi?
Senza dubbio... la famiglia. La coscienza pulita. Vivere con il sorriso. O almeno provarci. 
In te "Quando il cuore" accelera i suoi "Battiti"...?
Adesso quando il cuore accelera i suoi battiti è un momento felice di musica e suoni... cioè sto prendendo in mano il microfono.
In quali momenti pensi di dare sempre "Tutto il meglio" di te come persona? e come artista?
Io credo di dare il meglio di me quando sono solare e pronta ad aiutare il prossimo e questo avviene spesso ma non sempre... a volte posso essere preoccupata e distratta e non mi accorgo di sbagliare, ma credo succeda a tutti: boh...
Come artista do il meglio quando sono sotto stress. Soprattutto dopo che ho sciolto il ghiaccio... allora canto a cuore aperto e mi godo anche l'emozione che è il privilegio del nostro lavoro. 
Come vivi ogni volta "Il ritorno" alle origini, in Sicilia?
Io torno in Sicilia spesso. Mi carico di tutto il bello ... e rivivo il mio mondo prezioso delle origini. Per me ogni viaggio in Sicilia è un viaggio di catarsi.
"L'arancia" potrebbe rappresentare la Sicilia, Siracusa...?
L'arancia è soprattutto la Sicilia, in quanto terra di succosa e abbondante bellezza. L'arancia per me è un viaggio in quello che sono e la Sicilia come l'arancia ha un valore identitario e simbolico fortissimo.
Ricordi una tipica "Domenica siciliana"?
Certo, la mia. Pranzo in famiglia con tutti. Passeggiata per le vie con il Santo in processione... fuochi d'artificio e colori della Festa. Il Paese che vive unito un giorno speciale... di tradizione irrinunciabile.
Una definizione di "Pathos"è la seguente: Capacità di suscitare un'intensa emozione e una totale partecipazione sul piano estetico o affettivo. C'è un'opera d'arte, uno spettacolo, un evento che te lo ha procurato in modo particolare?
Come dicevo prima la rispettosa eppure esuberante bellezza del Tibet.
C'è stato un particolare periodo in cui la tua vita era piuttosto "Caotica"? 
"Caotica" fino a 25 anni... successo, viaggi, lavoro tutto veloce... poi ho deciso di seguire l'istinto di avere una famiglia tutta mia e allora dal caos al cosmo... ordine.
"1 cosa è il sesso, 1 cosa è il cuore": sei d'accordo?
Oggi non più.  Per me coincidono. E se non coincidono ... non resto.
"Nel cuore delle donne" si trova/si sente qualcosa in più rispetto a quello degli uomini?
Nel cuore delle donne come nella testa delle donne è tutto più complicato. Noi siamo analitiche e tendiamo a spaccare il capello in due e questo ci rende la vita faticosa. Ma poi siamo anche sensibili e spassose... bisogna trovare il momento giusto  del mese... (ride, ndr).
A quale domanda risponderesti "Sì, forever"?
Oggi "sì, forever" a nessuno... l'ho già detto una volta.
Per una persona è "Impossibile non cambiare"?
Purtroppo è impossibile non cambiare. Tutto vive nel segno di una irreversibile evoluzione, nel bene e nel male. Credo solo non si possano cambiare le persone. Tutto il resto muta...
Qual è stato "Il primo volo" in senso metaforico che non dimenticherai mai?
Prima volta a scuola... non dimenticherò mai quel "ciao" detto alla mia mamma che andava via e io che entravo in fila per due.
Per fare la cantante quanto conta avere "Ostinazione"?
Ostinazione per riuscire in qualunque impresa. Ma solo se si ama davvero ciò che si fa sennò è condanna alla sofferenza. Perché chi la dura la vince ... (settembre 2017)
Giovanni Zambito
©Riproduzione riservata

L'Attrice e modella Giulia Lupetti: l'arte ha il potere di smuovere gli animi e di guarirli. L'intervista

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Attrice e modella Giulia Lupetti che su Instagram ha più di 117 mila follower. 

Ha recentemente finito le riprese di un film Clique, dove oltre ad aver interpretato un personaggio ha ricoperto anche il ruolo di script supervisior. Ha recitato in film internazionali, nel film Rapiscimi accanto agli attori internazionali Virgilio Castelo e Sao Josè Coreia in lingua portoghese. Nel film Mission possible ha recitato accanto agli attori James Duval, John Savage, Bret Roberts nel ruolo di Claudia. 
Si è definitivamente trasferita a Los Angeles e a breve aprirà anche un’associazione a sostegno degli animali randagi. 
Sei una delle protagoniste dell’importante evento Hollywood Beauty Awards. Che esperienza rappresenta per te? 
L’Hollywood Beauty Awards è stata una magnifica esperienza per me. Molto emozionante, da tutti i punti di vista. Ho avuto l’opportunità di condividere il palco con moltissime star, questa occasione non é da tutti, ne vado molto fiera onestamente. Anche il fatto di aver portato il brand con cui collaboro a una manifestazione di bellezza cosi importante mi rende molto fiera del mio percorso con Luvanti. 
Che emozione hai provato in quella serata? 
Devo ammettere che ero molto più tranquilla di quello che mi aspettavo, ero a mio agio, stavo bene, ero felice di essere lí. 
Vivi da un po’ di tempo a Los Angeles. Il tuo cambio di vita quali nuove consapevolezze ha dato al tuo lavoro? 
Non basterebbe un giorno a spiegarle tutte, posso dire peró che questo cambio di vita era quello che mi serviva per avere più consapevolezza di me stessa, per superare i miei blocchi e i miei limiti. Da quando vivo qui mi sento me stessa al 100% e non é stato facile come sembra, non per il fatto di avere cambiato stato che comunque comporta delle differenze inevitabili e cambiamenti nettamente importanti. Penso che più di tutto questo cambiamento sia accaduto dentro di me, ho dovuto affrontare le parti di me che non avevo affrontato prima, rilasciare il passato e imparare a vivere nel presente dimenticando i miei vecchi schemi mentali. È un percorso fantastico.
Hai recitato accanto agli attori Virgilio Castelo e Sao José. Quali sono i consigli che ti hanno dato? 
Devo dire che stare vicino a loro sul set é stato un grande insegnamento di per sé, non serve molto quando vederli ti fa capire molto di più delle parole. Ho appreso prestando attenzione a come si comportavano.
Come descriveresti la tua Claudia nel film “ Mission Possible”? 
Definisco Claudia una persona molto simile a me, innamorata della natura, degli animali. A volte molto timida ma con un grande potenziale e soprattutto un grande amore dentro che le da sempre la spinta per fare le cose.
Nel film “Clique” hai ricoperto il ruolo di script supervisior. Hai progetti in programma riguardo a film o corti che girerai in questa nuova veste? 
Certamente. Lavorerò nella produzione di un film per le donne che gireremo a maggio con altre donne giovani. Sopra ogni altra cosa invece sto finendo di scrivere il copione del mio primo corto, nel quale avrò’ più di una veste, come regista e attrice, ne sono già molto fiera anche se sto definendo tutti i dettagli. Il processo di creazione dello script sta richiedendo più di quello che avevo messo in conto. 
Quali sono i tuoi nuovi sogni e le tue nuove speranze per il futuro?
I sogni rimangono gli stessi, poter recitare e creare arte in tutte le forme che conosco e che mi vengon meglio. Sperando che questo possa essere motivo di ispirazione e di guarigione per le anime delle persone. Da sempre credo che l’arte in tutte le sue forme abbia un potere sull’anima, il potere di smuovere gli animi e il potere di guarirli.

Paolo Vallesi e il nuovo singolo "Ritrovarsi ancora" un potente inno alla vita

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(Intervista di Fattitaliani) Dalla mezzanotte del 3 marzo, in radio e digital store, Ritrovarsi ancora, il  nuovo singolo di Paolo Vallesi (Joe&Joe distr. Believe Digital). 

“Ritrovarsi Ancora” è un potente inno alla vita dove Paolo ritrova sé stesso mettendo a fuoco tutte le sue emozioni legate al suo percorso e alla sua rinascita.  
«Questo nuovo singolo - racconta Paolo Vallesi - è una canzone scritta in 30 minuti, che ripercorre alcuni momenti che per me, e solo per me, sono stati tra i più importanti della mia vita. Si parla di ritrovarsi insieme ancora una volta a distanza di tempo. L’ho scritta pensando a quello che sarebbe successo durante la mia partecipazione al programma “Ora o mai più"». 
Il brano porta la firma di Paolo Vallesi e Beppe Dati con la produzione artistica e l’arrangiamento curati dallo stesso Paolo Vallesi e da Pio Stefanini.
Paolo nasce a Firenze il 18 maggio 1964 ed inizia a studiare pianoforte all’età di 9 anni. Sedicenne, comincia l’attività di musicista e arrangiatore nelle sale di registrazione tra Firenze e Modena. Nel 1989 partecipa alla trasmissione televisiva “Gran Premio” con Pippo Baudo. Nel 1991 partecipa e vince il Festival di Sanremo nella categoria "Nuove proposte” con il brano “Le persone inutili”. Pubblica il suo primo album con la Sugar di Caterina Caselli dal titolo “Paolo Vallesi" e l’album, con quasi 200.000 copie vendute gli conferisce il suo primo Disco d’Oro. Nel 1992 torna a Sanremo, nella sezione Big, con “La forza della vita” aggiudicandosi il terzo posto. L’album omonimo con oltre 500.000 copie vendute, rimane per molte settimane primo nelle classifiche di album e singoli ed ottiene il Disco di Platino, risultando il secondo album più venduto dell’anno. Il disco viene pubblicato anche in Germania, Francia, Olanda e Scandinavia e, nella versione interamente cantata in spagnolo, in Spagna e nei paesi dell’America latina. Il brano “Sempre”, contenuto nell’album, vince il premio dell’air-play radiofonico al Festivalbar. Nel 1993 comincia la sua collaborazione con l’Associazione Nazionale Italiana Cantanti, con la quale ha disputato fino ad oggi oltre 210 partite. Nel 1994 arriva il terzo album dal titolo “Non mi tradire” che, oltre a garantirgli il suo secondo Disco di Platino ed il terzo Disco d’Oro, lo vede collaborare con i suoi amici e colleghi Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci e Irene Grandi. Con quest’ultima comincia un lungo tour. Il disco esce anche nella versione spagnola “No me traiciones”. Nel 1996 Paolo Vallesi torna a Sanremo ed incide il suo quarto album dal titolo “Non essere mai grande” per la Warner Music, e la versione spagnola di “Grande” arriva al primo posto in Spagna anche grazie al duetto omonimo con il cantante madrileno Alejandro Sanz. Nel 1999 pubblica il suo quinto album, anche in veste di produttore, dal titolo “Sabato 17 e 45”. Nello stesso anno la versione olandese della sua canzone “Sempre” ( “Vriin Zijn” ) cantata da Marco Borsato raggiunge le 600.000 copie vendute. Nel 2003 esce la sua raccolta di successi “Best of Paolo Vallesi”, pubblicata in tutta Europa. Nel 2009 produce il primo album della Nazionale Cantanti con le canzoni che hanno fatto la storia della squadra, tra cui anche “La Forza Della Vita”. Nell’Aprile 2012 pubblica il singolo “È Bastato Un Momento” con un video insieme all’amico e compagno di squadra Neri Marcoré. Nel 2013 compone la sua prima colonna sonora per il film "Un angelo all’inferno” con Giancarlo Giannini. Dopo anni di live, Paolo torna a scrivere insieme al suo team e ritrova così la voglia di tornare al grande pubblico anche un nuovo album “Episodio 1”, un EP con 7 brani inediti, pubblicato a dicembre 2015 e anticipato dal singolo “Il bello che c’è". Il 10 giugno 2016, pubblica il singolo “ESTATE 2016”, prodotto da Pio Stefanini con un video firmato dal regista Marco Salom. Nel Febbraio 2017 partecipa in qualità di ospite alla serata finale del Festival di Sanremo con il brano “Pace” interpretato con la cantautrice Amara e da lei composto. Nel Marzo 2017 esce l’atteso album “Un Filo Senza Fine” per Isola degli Artisti distribuzione Believe che contiene 6 brani inediti, la sopracitata Pace, le sue tre canzoni più conosciute (La forza della vita, Le persone inutili e Grande) riarrangiate per orchestra sinfonica e la cover del brano di Ivano Fossati “Una notte in Italia". Da Maggio 2017 comincia un lungo tour in Europa insieme alla sua band. A Gennaio 2019 partecipa alla trasmissione televisiva “Ora o mai più” in onda su Rai1 dove interpreta i suoi brani, duetta assieme alla sua coach Ornella Vanoni e  con altri grandi artisti della musica italiana. Il 3 Marzo esce il suo nuovo singolo "Ritrovarsi Ancora". Attualmente Paolo è impegnato alla realizzazione del suo nuovo album. 
Il 23  Maggio partirà da Firenze, la sua città, il nuovo tour.

Ponte Morandi, videodichiarazioni di Ezio Bonanni, Presidente ONA e di Costantino Saporito dei Vigili del Fuoco

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(videointervista a Costantino Saporito ed Ezio Bonanni). In attesa di incontrare il 5 marzo il PM della Repubblica di Genova, Dott. Fabrizio Givri, e alla luce delle critiche del sindaco Bucci e delle continue accuse di essere animati da “oscure manovre politiche” il Comitato Liberi cittadini di Certosa e l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, respingono ogni identificazione con qualsiasi partito politico e precisano che non sono assolutamente contrari alla ricostruzione del ponte Morandi, né vogliono bloccare i lavori.

Il Comitato, da anni, in maniera indipendente e autonoma, si batte per la tutela della salute e dell’ambiente nell’ambito di un territorio in cui sono già presenti criticità relative all’inquinamento, e gli effetti della demolizione e ricostruzione del ponte Morandi rischiano di peggiorare lo stato di una comunità che, come dimostrano i dati delle stesse autorità sanitarie, ha tra le più alte incidenze di mortalità in Liguria. Ogni opera pubblica, piccola o grande che sia, deve essere eseguita eliminando o riducendo al minimo i fattori di rischio per la salute delle persone. Molti esperti del settore concordano nel ravvisare la possibilità che l’utilizzo delle cariche esplosive per l’abbattimento del ponte Morandi e degli edifici sottostanti possa comportare l’esposizione della popolazione ad agenti inquinanti nocivi.

Nei mesi successivi alla tragedia sono state inviate diverse missive agli enti e alle strutture preposte esprimendo preoccupazioni in merito, senza ricevere risposta alcuna. 

L’Esposto alla Procura della Repubblica di Genova, sostenuto dall’Osservatorio Nazionale Amianto, tramite il suo presidente, Avv.to Ezio Bonanni che, tra l’altro, è impegnato anche sul fronte della strage dei militari in missione nei Balcani per l’uranio impoverito (che ha già causato ben 340 morti) ed è reduce dalla vittoria di una importante causa contro il Ministero della Difesa, che è stato condannato a pagare somme in favore della vedova e della figlia orfana di Alberto Sanna, militare in missione sia in Albania che nei Balcani, è stato presentato senza scopi o manovre politiche occulte, ma solo per aver garantite le misure maggiormente cautelative e basate sul principio di precauzione relativamente alla demolizione, nell’interesse di tutta la cittadinanza. Tutti gli uomini politici, e, ancor più, quelli incaricati di rappresentare le istituzioni, dovrebbero schierarsi con chi vuole difendere e tutelare la salute e l’ambiente, senza esitazione alcuna.

Se lo dice lei… tutto a posto di Scaramuzzino-Biancone dal 7 al 17 marzo al Teatro Agorà

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Dal 7 al 17 marzo al Teatro Agorà sarà in scena la commedia scritta a quattro mani da Stefano Scaramuzzino e Dario Biancone, Se lo dice lei… tutto a posto.

Protagonisti sul palco saranno lo stesso Stefano Scaramuzzino con Barbara Russo, Claudio Scaramuzzino e Licia Amendola, diretti da Enrico Maria Falconi.
Carlo, un cinquantenne single, vive in un appartamento regolato da sistemi domotici. Deluso da una relazione d'amore, ha deciso di non avere più rapporti con le donne. La sua vita procede monotona e solitaria. Unico interlocutore è Siri, un robot che ha l'aspetto di una governante che gli organizza la vita. L’equilibrio della sua vita si interrompe quando inaspettatamente gli telefona Marco, suo fratello. I due non si vedono da anni. Marco vive da anni negli Stati Uniti e torna in Italia perché deve dare una notizia importante al fratello, nonché fare un’ambasciata da parte della madre, con cui Carlo ha litigato.

L'imminente arrivo del fratello getta Carlo nel panico… egli, infatti, si vergogna a far conoscere il fallimento della sua vita privata a suo fratello.

Su suggerimento di Siri, ricorre a una escort e la presenta come sua moglie. Conosce così Jessica, una ragazza molto carina, che, però, è anche molto particolare. Spesso senza filtri, Jessica parla spesso senza considerare le conseguenze. 

Tutta questa situazione comporterà una serie di incidenti che caratterizzeranno tutto lo spettacolo e che coinvolgeranno anche Marco. Una commedia divertente che alla fine metterà in luce la vera dimensione di tutti i personaggi e porterà Carlo a trovare proprio in Jessica un amore insperato.



NOTE DI REGIA

In una casa completamente domotica, Stefano Scaramuzzino e Dario Biancone ambientano le vicende di "Se lo dice lei... Tutto a Posto", opera che da subito si rivela essere molto divertente e, allo stesso tempo, tratta dei temi importanti quali i rapporti familiari, la solitudine, la presenza della tecnologia sempre più autonoma e l'antica arte di arrangiarsi.

Nella regia ho richiesto un impianto scenico che potesse essere il più possibile asettico, con un piccolo omaggio a Dogville di Lars von Trier e, a proposito di velati omaggi, il ruolo di Siri, robot al femminile, modulato in onore a "Io e Caterina" che, dal 1980 ad oggi, ricorda a tutti noi la modernità di quel genio che è stato Alberto Sordi.

Lo spettacolo comincia dal lavoro di "matematica" che si trasforma in ritmo, tempi serrati e marziali. Come se l'automazione fosse pervasa soprattutto negli uomini. Sono distaccati nelle loro solitudini i protagonisti. Sopravvivono senza affetti, senza parlarsi, senza emozionarsi. 

Ho chiesto, quindi, a Siri di rimanere forse il soggetto più umano. Segretamente innamorata di Carlo, pronta a ingelosirsi all'arrivo di Jessica, escort sui generis, ma anche civettuola con Marco, fratello di Carlo che torna dagli Stati Uniti.

Ne deriva che, seppur nei ritmi della commedia, nel divenire della storia ci siamo incentrati a restituire ai personaggi il lato umano, attraverso la tenerezza dei personaggi e quel senso intrinseco al testo di cercare riparo nell'affetto e, perché no?, nell'amore. 

Enrico Maria Falconi





SE LO DICE LEI... TUTTO A POSTO

Di Stefano Scaramuzzino eDario Biancone

Regia Enrico Maria Falconi

con Barbara Russo,Claudio e Stefano Scaramuzzino, Licia Amendola

Scenografie e Costumi Evelin Pettigli

Fonica e Luci Luca Bertolo

Fotografa di scena Loredana Pensa

DAL 7 AL 17 MARZO 2019

Dal giovedì al sabato ore 21 domenica ore 18

Biglietti: Intero 18€ - Ridotto 12€
TEATRO AGORÀ
Via della Penitenza 33 Roma
Tel. 06 687 4167

Scalze sulla fune di Fiorella Carpino, regia di Alice Del Mutolo al Teatro Porta Portese di Roma dal 4 al 6 marzo

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La tragica e tenera storia di SCALZE SULLA FUNE uno spettacolo di una straordinaria attualità, scritto da Fiorella Carpino con la regia di Alice Del Mutolo. In scena al Teatro Porta Portese di Roma dal 4 al 6 marzo 2019

Dal 4 al 6 marzo sul palcoscenico del Teatro Porta Portese approda lo spettacolo SCALZE SULLA FUNE una storia per chi ha ancora voglia, nonostante il male che si può incontrare, di sognare un domani migliore.  Ad interpretarlo la stessa Fiorella Carpino che ne è anche autrice, Susi Amerio e Susanna Nuti.
Scalze sulla fune è la visione della vita da una prospettiva pungente e vertiginosa.
Tre ragazze, Carola, Candida e Cristel, tre brave ragazze costrette a combattere contro il loro più grande nemico, quello che un tempo è stato il loro Salvatore. Attraverso scenari di droga, alcol e prostituzione la vita delle tre si fa sempre più presente nella vita attuale di tutti noi, lasciando uno strascico di amara verità che con fatica si riesce a mandar giù.
Scalze sulla fune è l'ombelico del mondo delle ragazze in preda alla sofferenza, ragazze che con lo sguardo verso le stelle, non hanno mai smesso di immaginare un futuro migliore
Da Lunedì 4 marzo a mercoledì 6 marzo 2019  ore 21.00
Di Fiorella Carpino
con Susi Amerio, Fiorella Carpino, Susanna Nuti
coreografie Susi Amerio
regia Alice Del Mutolo


Teatro Porta Portese
via Portuense 102 - Roma

Info e prenotazioni
Prenotazioni: tel. 065812395  - 3357255141 

Biglietti
Intero 13 euro  - Ridotto 10 euro (+ 2 euro di tessera)

Proscenio, Antonella Antonelli: Per me il teatro è verità, il gioco più serio che conosca. L'intervista di Fattitaliani

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“Tutto Norma(?)le”, la nuova commedia di Antonella Antonelli con la regia di Massimiliano Milesi da stasera in scena al Teatro Elettra di Roma. Una commedia ricca di colpi di scena che analizza gli stereotipi del maschio alpha e la capacità di essere multitasking dell’universo donna. L'autrice è ospite della rubrica "Proscenio": l'intervista di Fattitaliani.

"Tutto Norma(?)le" in che cosa si contraddistingue rispetto ad altri suoi testi?
La struttura. È una piece concepita in due atti. Molto organizzata, direi quasi matematica. A livello di battute c’è una trama a spirale che dà un’idea tridimensionale alla parola, si torna indietro per andare avanti, ci sono citazioni che si ripropongono in tempi precisi, giochi di parole, incomprensioni linguistiche e pillole di saggezza. Il tutto è davvero molto stimolante per lo spettatore, ma per l’attore è una trappola infernale, non si può saltare, sbagliare, cambiare, il rischio è quello di sfilacciare la matassa che lega il tutto.
Quale linea di continuità, invece, porta avanti (se c’è)?
Questa: il teatro è il gioco più serio che conosco, pochi mezzi precisi, chirurgici, ritmo, voce, musica, rispetto e tanta fantasia. Mi piace partire sempre dal reale, ma è inevitabile che io finisca nel teatro dell’assurdo, o che almeno provi ad imitarlo, lo trovo stimolante. Del resto di appiattimento e banalità possiamo averne quanta ne vogliamo, proviamo a far sognare i nostri spettatori, vediamo se ci seguono…
Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro? Racconti…
Non saprei come rispondere. Io nasco come poetessa, e per me la poesia va narrata per farla vivere ed ecco che il teatro diventa il suo luogo intimo, si addice insomma alla parola, ma non basta, in seguito ho sentito che c’è un ‘oltre’ che nel teatro cresce e sviluppa energia, è l’azione che la parola scatena, il gesto che ci rapisce e ci dice con certezza che quella parola, è vera. Per me il teatro è verità.
Ma se dovessi riportare un momento specifico, ovvero, il mio primo, reale approccio al teatro parlerei del tavolo di legno della cucina della mia infanzia. Ricordo che avevo messo alle estremità due canavacci retti da mollette per i panni e li aprivo al centro, come fosse un sipario, stando in ginocchio per non battere la testa ripetevo a una platea immaginaria, il racconto dei libri che leggevo. Mia madre mi lasciava fare, e io all’epoca non avevo certo bisogno di pubblico. Avevo, credo, intorno agli otto, forse nove anni. Ero stata certamente stimolata dalla visione dei burattini al Gianicolo, ma già sentivo l’esigenza di esprimere un mio racconto, poi la vita deve avermi distratta…
Quando scrive un testo nuovo può capitare che i volti dei personaggi prendano man mano la fisionomia di attrici e attori precisi?
Diciamo che succede esattamente l’inverso, nel senso che io sono più una drammaturga, per cui scrivo per i miei attori, che anzi consulto, cercando di assecondare le loro richieste, i loro desideri. Diciamo che mi piace vederli felici, e questo mi aiuta anche ad impostare il lavoro, senza paletti però, perché quello che il personaggio mi suggerisce, è sacro.
Per un autore teatrale qual è il più grande timore quando la regia è firmata da un'altra persona?
Il timore più grande è che il testo possa non essere capito fino in fondo, che non si rispettino le parole, addirittura la punteggiatura. Un testo può essere manipolato e diventare qualcosa di diverso, ma, può anche migliorare cambiando, bisogna avere coraggio. Altrimenti è necessario rapportarsi ad un regista del quale si ha la massima fiducia, oppure… farne anche la regia, ma questo spesso non paga.
Quanto è d'accordo con la seguente citazione e perché: "gli attori vivono più a lungo, perché vivendo anche le vite degli altri, le aggiungono alle loro" di Carlo Giuffrè?
Non è necessario essere d’accordo, posso condividere, senza dubbio, ma anche leggendo si vivono le vite degli altri, o semplicemente ascoltando di più le parole, per me la differenza della lunghezza della vita, la fa l’ascolto. Se ti ascolto, vivo anche di te. È chiaro che se ti interpreto, vivo anche con te.
Il suo aforisma preferito sul teatro... o uno suo personale…
Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti. (Shakespeare)
Assiste sempre alla prima assoluta di un suo lavoro? 
Sì, sempre. Perché sono sempre stata in scena, ad ogni lavoro, fin ora.
L'ultimo spettacolo visto a teatro? 
Ho visto al teatro “Stanze Segrete” “Un amore in altalena”, giudizio molto positivo, bravi i due interpreti: Monica Lammardo e Paolo Buglioni, bello, molto, il testo e originale la struttura scenica. 
Degli attori del passato chi vorrebbe come protagonisti ideali di un suo spettacolo? perché?
Luca De Filippo, perché in “Uomo e Galantuomo” era perfetto e sarebbe perfetto anche in “Tutto Norma?Le” e Franca Rame, perché per me era un’icona, anzi, lo è ancora.
Il miglior testo teatrale in assoluto qual è per lei?
“La cantatrice calva”, la vidi da bambina interpretata tra gli altri da Franca Valeri… beh anche lei la vorrei per un mio spettacolo. Sì!
La migliore critica che vorrebbe ricevere?
Mi sono divertito-a, mi hai fatto passare due ore di spensieratezza.
La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?
Che noia, che banalità. Giovanni Zambito.
LO SPETTACOLO Sabato 2 marzo ore 21.00, domenica 3 marzo ore 18.00 e dal 7 al 10 marzo. Teatro Elettra, Via Capo d’Africa 32.
Valeria è una grigia scrittrice di mezz’età, solitaria, abitudinaria, restia al cambiamento e alla modernità. O per lo meno, crede di esserlo finché… nella sua vita, apparentemente tutta normale, si scatena l’imprevisto e l’inspiegabile: dov’è finito il suo Cherry, e cosa ci fa con la bottiglietta del Re Remedì? Ha davvero perso il lavoro? E suo marito è veramente scomparso?… La sua migliore amica poi, sembra indagare troppo alacremente, perché? E sua sorella, che compare dal nulla portandosi dietro un ragazzo, cosa vuole?… Per fortuna il portiere si rivelerà un sensibile rompiscatole, ma è possibile che il postino, il barman, il sostituto del portiere siano la stessa persona e che lei…? E chi è l’impresario che somiglia tanto al portiere e cosa pretende ora? 
E quando la cena sarà quasi pronta, saranno in otto alle otto?...
L'AUTRICE
Antonella Antonelli è nata a Roma, dove vive e lavora. È laureata in psicologia clinica. Ha pubblicato le sillogi poetiche : “Pensieri soli”, “Da crisalide a farfalla” e “In una notte lunga di un giorno che non conta” e, in seguito sempre solo con le Edizioni Progetto Cultura “Sullo stanca mantra”(poesie), e la raccolta di racconti “Distrazioni”. “Aspettando il zio”, è stata la sua prima scrittura per il teatro e “Er viaggio der poeta” il suo primo copione in vernacolo, “Tutto norma?le” invece, è la sua prima commedia.
Collabora con la rivista semestrale del Centro Studi Psiche Arte e Società e alla stazione web “Radio Agorà”, dove, oltre ad andare in voce, scrive fiabe e cura la rubrica “Briciole di donna”.
È attrice e aiutoregista della compagnia “Teatro da viaggio” diretta dal regista Massimiliano Milesi. 

Rodin, il pigmalione del secolo

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Il grande poeta Ovidio come tutti sanno, tra le varie opere ne scrisse una particolarmente significativa e ricca di  motivi: le Metamorfosi dove vengono narrate e tramandate ai posteri  decine di vicende amorose o altri fatti, tutti attinenti però il particolare che uno dei soggetti per volere di qualche divinità o per altre ragioni, poteva venir trasformato in un essere diverso.

Apollo per esempio si invaghisce di Dafne che viene trasformata in pianta di alloro perché la dea rifiuta le sue attenzioni oppure Leda che cede alle lusinghe  di Giove che si trasforma in cigno oppure Narciso che vedendo la sua immagine riflessa nello stagno se ne innamora credendola di un altro essere…. Il tema che qui ci occupa fa parte del patrimonio letterario occidentale da sempre: infinite sono le trattazioni e riadattamenti sul tema: stiamo parlando della vicenda incredibile di Pigmalione: oggi tra  più noti è la splendida  commedia di G.B.Shaw intitolata appunto: Pigmalione. Chi era dunque secondo  Ovidio, questo personaggio? Uno scultore dell’antica Grecia: un giorno terminò una scultura di donna in grandezza naturale e il poeta ci tiene a menzionare il particolare: in avorio: una impresa quasi fuori del comune data la rarità del materiale anche a quell’epoca, anzi ancora di più. Finita l’opera l’artista si avvede che  la scultura uscita dallo scalpello supera  ogni aspettativa: è bellissima, perfino affascinante:  poco a poco  l’avorio agli occhi dell’artista inizia ad animarsi, ad assumere le sembianze di una donna vera, stupefacente  e incantevole…..Abbandoniamo Ovidio e presentiamo lo scultore considerato il massimo dell’Ottocento-Novecento europeo, Auguste Rodin e i suoi amati modelli ciociari.
Far vivere la materia, dar vita vera ad un oggetto e ad un essere vivente, è il grande segreto di ogni forma d’arte, dono rarissimo, solo degli eletti: l’artista è grande e destinato ai posteri quando sa infondere vita e anima al suo soggetto. Rodin aveva questa qualità. Si osservi la ‘Donna accovacciata’ (foto copertina), una posizione apparentemente banale eppure la si osservi: la posizione delle labbra, la conformazione del viso, l’espressione, la posizione delle due braccia, la nudità intima esposta naturalmente e semplicemente, senza infingimenti  o artificio, come in una scultura dell’antica Grecia: essa è viva e palpitante davanti a noi. L’artista ne realizzò molti esemplari e in diverse dimensioni: tanto diffuso fu ed è l’innamoramento dell’osservatore, oggi come allora. 
La stessa emozione di Narciso che viene ammaliato dalla sua immagine riflessa, sperimentiamo al cospetto di ‘Eva’: si immagini lo scultore nel suo studio, circondato dai suoi allievi, che modella un blocco informe di creta: davanti a lui sulla pedana si leva la modella: una ragazza di circa diciotto anni, nuda, membra formose e sode,  dal corpo perfetto, capigliatura corvina, piedi e mani –incredibile- di una dea classica: l’artista è ammaliato e incantato, rapito da quel fiore della natura in posa davanti a lui e le sue mani affondano avidamente e quasi con concupiscenza nella creta e comincia a dar forma: le sedute si succedono e l’ansia e l’ardore, la bramosia quasi dell’artista raggiungono momenti spasmodici: quanto esce dalle sue mani, come per Narciso, lo coinvolge e ammalia, sempre e sempre più mano a mano che la creta morta diventa viva: fino a quando dopo qualche settimana di lavoro convulso,  si avvede che la modella come la Dafne di Apollo, inizia a modificare il proprio corpo: una nuova vita ha iniziato a palpitare in lei:  l’artista abbandona la scultura, rinuncia perché la sua donna gli sta sfuggendo e tradendo: il corpo della sua Eva sta degenerando e pervertendosi e trasformandosi: l’opera è compiuta pur se non ultimata :  la modella è incinta! 
Un giorno della fine del 1870 un uomo barbuto,  abiti consunti e laceri, sporco, sicuramente non profumato, bussa allo studio dello scultore, sapendo che ingaggiava modelli: a questa visione, l’artista ha un sobbalzo:  ecco il mio uomo! Rodin lo assume,  stabiliscono il prezzo delle sedute e inizia il rapporto. Era parecchio tempo che l’artista aveva in mente un personaggio per il quale non era riuscito ancora a trovare colui che doveva impersonarlo. Ora lo ha davanti a lui: iniziano le sedute, frenetiche, appassionate: l’artista è quasi travolto dalla sua stessa ansia nel costatare che il modello in posa davanti a lui nella sua nudità  è perfino superiore alle sue aspettative fisiche, a quanto immaginava. Sotto le sue dita instancabili e magistrali la creta prende forma e visibilità: quella barba sporca e ruvida, quei capelli arruffati,  assumono la perfezione di una filigrana sotto il cesello magistrale e innamorato dell’artista: il volto, quel braccio teso, quelle mani e soprattutto  quelle dita parlano: è ‘San Giovanni Battista’, Pigmalione-Rodin quasi un miracolo, ha infuso vita e coscienza nella creta, ha trasformato una sostanza morta in un essere vivente! La povera e umile creatura di Gallinaro ha assunto il sembiante e la esistenza del Battista! Il Battista è la personificazione del modello! L’Ovidio dei nostri giorni ne farebbe un campione da immortalare.
     Michele Santulli

Fare storia, riflessioni sui metodi e sulla formazione

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di Mario SettaC’è uno slogan, spesso ripetuto e accentuato da grandi storici come Febvre, Braudel, Le Goff: “La storia è l’uomo”.
L’uomo come è, come potrebbe e come dovrebbe essere. Nella prefazione al libro di Marc Bloch, “Apologia della storia”, Jacques Le Goff sottolinea che la storia è “una scienza in marcia”. Per restare tale, più di altre, “deve muovere, progredire, non fermarsi”. E continua: “la storia è ricerca, dunque scelta. Suo oggetto è l’uomo o meglio gli uomini e più precisamente gli uomini nel tempo”. Non c’è studio o ricerca più importante che l’uomo, soggetto e oggetto.  È l’uomo che vive sulla terra, l’uomo che nasce e muore, l’uomo che costruisce e che distrugge. 
Forse di fronte ad una simile tematica, così grandiosa ed emozionante, il più grande storico del secolo scorso, Fernand Braudel, affermava: “Per fare lo storico devi essere felice; anche in Storia si riesce a scrivere bene solo quando si è felici”. Di fronte ai cataclismi storici delle guerre, delle devastazioni, degli eccidi, non si può essere felici. Ma si capisce meglio l’uomo. Lo si ama anche se sterminatore di vita e omicida di fratelli. La storia è il risultato dell’azione umana. È l’uomo che fa la storia. Lo storico non è atro che il medico che diagnostica, offre la terapia, attesta il decesso. 
La situazione critica che sta vivendo l’Italia, governata da una destra arretrata e conservatrice, pone interrogativi di portata fondamentale. Come se si stesse operando un cambiamento radicale, con un pericoloso ritorno al passato. Lo spettro d’un antico fascismo sembra bussare alle porte. Basta osservare cosa avviene con la riforma dell’esame di maturità nella scuola. C’è in atto un nuovo clima ideologico, e proprio per questo l’argomento scuola diventa campo di battaglia e obiettivo di conquista, perché la formazione culturale si colloca tra i primi posti nella classifica dei valori. Se tale fosse l’obiettivo, bisognerebbe richiamare l’appello di Ivan Illich, lanciato nel suo libro “Descolarizzare la società”, per evitare la manipolazione della cultura. Una scuola che voglia essere tale deve spalancare al mondo porte e finestre. Identificarsi e aprirsi alla società.
Karl Popper, il filosofo della “società aperta”, ha esposto la dialettica tra due modelli di scuola: quella di Talete e quella di Pitagora. Le primissime scuole. La scuola di Talete era scuola aperta. Scuola di libertà. Talete, infatti, incoraggiava la critica nei suoi confronti, tanto che gli allievi potevano liberamente sostenere idee diverse dalle sue. Nella scuola di Pitagora, invece, prevaleva l’insegnamento fondato sull’autorità indiscussa del maestro, venerato come un dio, discendente da Apollo, dotato di poteri taumaturgici. A lui si alludeva come all’autòs efe (ipse dixit) e chi pensava diversamente veniva dichiarato eretico, espulso, perfino assassinato. Come, si racconta, sia accaduto a Ippaso di Metaponto che, divulgando la scoperta degli incommensurabili (√2), minava tutta l’impalcatura dell’arché di Pitagora. 
In Italia, con l’accentuazione della figura del preside-manager e la nascita del “dirigente scolastico”, responsabile di vari istituti, l’aspetto formativo ne ha risentito in modo penalizzante. Il preside-dirigente è notoriamente impreparato nelle materie di insegnamento, specifiche dell’istituto che dirige. Esistono presidi di Liceo classico, senza che conoscano gli elementi fondamentali della lingua latina o greca. Presidi, spesso a digiuno delle nozioni più generiche nelle varie discipline. È evidente che nessun uomo e quindi nessun preside può essere talmente carismatico ed enciclopedico da risolvere ogni problema. Ma sono loro le vittime sacrificali, spesso ignoranti e arroganti, create da un simile sistema. D’altronde ci sono stati e ci sono ministri della pubblica istruzione assolutamente privi delle minime conoscenze di cultura generale. I fatti stanno lì a dimostrarlo. Tuttavia, oltre all’ignoranza e alla manipolazione ideologico-politica, c’è anche un altro fenomeno più complesso e generale, che riguarda la visione mondiale degli studi umani. In particolare della storia.
È stato Jack Goody, docente a Cambridge, che ha girato il mondo in qualità di antropologo e storico di fama, autore di numerose opere tradotte in varie lingue, a pubblicare un libro dal titolo volutamente polemico e intrigante, “The Theft of History” (Il furto della storia), cioè l’appropriazione della storia compiuta dall’Occidente. Goody ammette che esista una tendenza naturale all’etnocentrismo, caratteristica anche dei greci, dei romani e in genere di ogni collettività. Perfino dei popoli cosiddetti “primitivi” e, soprattutto, dei popoli più in vista: europei, americani, arabi, cinesi, ecc.  Ma, negli ultimi due secoli, l’etnocentrismo è diventato eurocentrismo. Goody contesta che il progresso delle scienze sia prerogativa dell’Occidente e che la rivoluzione industriale sia di origine inglese. 
“In Europa - scrive -  l’uso dei macchinari idraulici nell’industria tessile ebbe inizio in Italia, nel distretto laniero dell’Abruzzo nel decimo secolo, quando si impiegò l’acqua per far funzionare i grandi magli per la follatura del feltro di lana, un processo a sua volta derivato probabilmente dalla Cina”.  L’autore sferra poi una critica serrata nei confronti dell’analisi storica di Marxe di Max Weber sul capitalismo e nei confronti di intellettuali come Joseph Needham, Norbert Elias e Fernand Braudel. Riconosce la serietà e la profondità delle loro opere, ma ne contesta la visione eurocentrica. Il “furto della storia” si è verificato anche per valori universali come l’umanesimo, la democrazia e l’individualismo. Sottolinea: “I parallelismi tra la cultura cinese e l’umanesimo del nostro Rinascimento sono sbalorditivi”. 
Anche “l’amore romantico” è stato rubato alle altre culture, perché l’Europa ne ha rivendicato l’esclusiva. Probabilmente “il Cantico dei Cantici” della Bibbia ebraica potrebbe aver avuto l’ispirazione dalla letteratura sanscrita, in cui si evidenziano tracce di amore romantico. In alcune espressioni della cultura islamica, l’amore è visto separato dalla religione tanto da incontrare detti come questo: “Non sono né cristiano, né ebreo, né musulmano… l’amore è la mia religione”.  L’Occidente ha rubato anche il Cristianesimo, messaggio d’amore rivolto a tutta l’umanità, facendone proprietà privata delle chiese. Come si può notare da queste brevi note, il libro di Jack Goody innesca una serie di riflessioni, autocritiche, valutazioni, che inducono a ri-leggere e ri-scrivere la storia con nuovi e più validi strumenti di analisi, basando la ricerca sulla connessione tra particolare e generale, microstoria e macrostoria, storia d’un popolo e storia dell’Umanità. In ultima analisi, sempre più storia a livello mondiale e non storia da dimenticare o, addirittura, da sopprimere.

Ora o Mai Più, Paolo Vallesi vince la seconda edizione: le sue dichiarazioni

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Tempo di soddisfazioni per PAOLO VALLESI (intervista di Fattitaliani).

Il cantautore toscano, popolarissimo per le hit sanremesi “Le persone inutili” e “La forza della vita”, oggi seguito e sostenuto da Clodio Management Media Music, si è imposto come vincitore della seconda edizione di “ORA O MAI PIÙ”, lo show musicale di RaiUno condotto da Amadeus, aggiudicandosi il titolo e l’ambito trofeo messo in palio dal programma: la pubblicazione di un CD contenente l’inedito “Ritrovarsi ancora” (presentato nella serata conclusiva della trasmissione), vecchi successi e alcune cover proposte nell’arco delle puntate.
Un grande riconoscimento per PAOLO VALLESI, forte del sostegno del pubblico a casa, che con il televoto lo ha premiato per tutta la durata dello show. «È stata una magnifica esperienza per me e siamo arrivati alla fine nel miglior modo possibile! –ha dichiarato l’artista, aggiungendo: nella prima puntata non sapevo come avrei affrontato questo percorso e, soprattutto, quale sarebbe stata la risposta del pubblico nei miei confronti. Puntata dopo puntata ho acquisito una certa sicurezza, e capito che le persone erano dalla mia parte e che quello che facevo era bello».
Parole di stima e di affetto anche nei confronti della coach Ornella Vanoni, che lo ha seguito e sostenuto durante le prove e nel corso delle sei serate: «La mia più grande fortuna nel partecipare a questa trasmissione è stata avere come coach Ornella. Grazie ad “Ora o mai più” ho avuto la possibilità di apprezzarla anche da un punto di vista umano: è una persona meravigliosa, di grande intelligenza e bontà d’animo. Il fatto che abbia voluto condividere con me “Ti lascio una canzone”, un brano che fa parte della sua vita privata, è un segno di grande umanità e rispetto: “Finito il tempo di cantare insieme…io ora scendo qui, prosegui tu ma non ti mando solo” mi sembra la cosa più bella che una coach possa dire ad un allievo al termine di un magnifico programma come questo».

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