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La scrittrice Giovanna Vigilanti a Fattitaliani: il Fantasy è un genere letterario adatto a tutti. L'intervista

di Caterina Guttadauro La BrascaGiovanna Vigilanti, ideatrice del filone dei Giobini, nasce a Belvedere Marittimo, sulla magnifica Costa dei Cedri, nel febbraio del 1983, trascorre l’infanzia e l’adolescenza sulle Dolomiti Bellunesi, per trasferirsi nel 2001 a Ravenna, dove risiede attualmente. Amante della scrittura, fin dalla tenera età, è vincitrice di svariati Premi Letterari Nazionali ed Internazionali, tra i quali i prestigiosi “Città di Cattolica Pegasus Literary Awards” e “Il Canto delle Muse”, con il Primo Premio per la Narrativa Inedita, il “Premio Montefiore”, “Scrittura Creativa Antonio Bruni”, che annoverano tra i partecipanti grandi autori italiani e internazionali. Scrive racconti per fanciulli e per tutti coloro che lo sono rimasti nel cuore. Oggi si dedica non solo alla letteratura, ma anche al teatro, sia come attrice, sia come produttrice di testi per letture spettacolo. L'intervista di Fattitaliani.

D. Lei ha esordito ed ha continuato con un filone, definito Fantasy. Ci spiega cos’è?

R. Il mio esordio letterario è avvenuto con il libro Fantasy dedicato ai bambini dal titolo “1001 Giobini avventure” pubblicato dalla casa editrice Pegasus Edition. Il Fantasy è un genere letterario in cui il mito, l’immaginazione e gli elementi fantastici si fondono insieme creando storie irreali di cui 1001 Giobini avventure ne è un esempio. Il libro infatti è una miniera di avventure in mondi immaginari e affascinanti, in cui non esistono confini invalicabili o imprese impossibili da affrontare.
I protagonisti si troveranno coinvolti in eventi ricchi di sfide da superare, che li metteranno alla prova e, dopo mille difficoltà, il “Bene” trionferà sempre.
I racconti sono educativi poiché richiamano il rispetto per gli altri e la natura, il senso della comunità, dell’amicizia e dell’amore.

D. Alla luce dei riscontri che ha avuto, a suo parere, questa tipologia di Letteratura è ormai a tutti gli effetti equiparabile alla Narrativa e agli altri generi?

R. Sicuramente ci troviamo in un periodo in cui si sta riscoprendo il genere Fantasy, che sta addirittura contagiando altri generi letterari, apparendo in opere drammatiche o poliziesche, opere che inizialmente non l’avrebbero considerato consono al proprio settore. Quindi si può affermare che la narrativa e tutti gli altri generi letterari iniziano a percepire il genere Fantasy in maniera diversa. Anche alla luce delle esperienze personali, questo genere è molto apprezzato soprattutto da bambini e i ragazzi, tanto da essere equiparabile a tutti gli effetti agli altri generi letterari.

D. Da dove parte il suo interesse per il FANTASY?

R. Credo che anche se siamo oramai in un’epoca prettamente virtuale, in cui parliamo e ci confrontiamo quasi esclusivamente attraverso i social media e il computer, non siamo diversi da come erano i nostri genitori a venti anni, e come loro cerchiamo ancora modelli da seguire; abbiamo bisogno di sperare di farcela con le nostre forze e sogniamo di poter vincere i nostri limiti, scoprendo in noi stessi risorse sorprendenti. I personaggi dei libri fantasy sono chiamati a superare una lunga serie di ostacoli con astuzia e intraprendenza e questo ci fa sentire in stretto contatto con loro. Abbiamo in comune più di quanto immaginiamo! Ed è proprio questa somiglianza che ci fa apprezzare maggiormente questo genere, la sua irreale realtà.

D. E’ una letteratura per tutti o solo per le fasce giovani? Ha esperienze di Interazioni con le scuole?

R. Il Fantasy è un genere letterario adatto a tutti, ma credo che sia visto con un po’ di diffidenza dagli adulti, forse perché si è portati a credere che distragga dalla realtà, dai problemi reali, dai pericoli veri. Ma per affrontare la realtà servono strumenti, guide, qualcuno che ci insegni a distinguere il bene dal male, il vero dal falso, serve poter sperare e per fare questo ci sono i genitori, gli insegnanti e… i libri: un eroe positivo che trasmette un messaggio di speranze è un buon inizio.
Perciò lunga vita al Fantasy e alla fantasia, agli insegnamenti positivi e necessari, ai messaggi di speranza e ai libri che li contengono.
Da qualche anno porto avanti progetti di lettura, scrittura e laboratori incentrati sui miei libri presso le scuole dell’infanzia e le scuole primarie. I bambini sono molto curiosi e attenti ed è davvero piacevole vederli immersi nell’ascolto della favola che sto leggendo loro. Nelle scuole primarie le attività prevedono l’ascolto delle favole e le attività manuali sono legate ai personaggi, alle loro caratteristiche caratteriali e agli insegnamenti delle storie.
Gli alunni delle scuole elementari apprezzano in modo particolare il genere Fantasy e grazie a questo interesse riesco a stimolare in loro l’attenzione e la fantasia, attraverso l’ascolto, l’apprendimento, la discussione sul testo letto, la scrittura e la manualità, con le attività pratiche utilizzando i materiali più svariati.
I progetti svolti presso le scuole secondarie di primo grado, invece, prevedono l’approfondimento dei testi e degli a autori affrontati in classe quali La Divina Commedia di Dante Alighieri oppure l’Odissea di Omero: non siamo forse di fronte ai due più grandi Fantasy della letteratura?

D. Lei ha partecipato al Festival delle Dolomiti per il Fantasy, che esperienza è stata?

R. Il Dolomity Fantasy è la prima grande manifestazione dedicata al mondo del gioco e del cosplay, che si svolge a Trichiana, paese della provincia di Belluno. In questa bellissima manifestazione si fanno rivivere i personaggi dei fumetti, dei videogiochi, dei film, dei film d’animazione e della letteratura fantasy. Nelle due giornate dedicate alla manifestazione, lungo le vie e nelle piazze del paese puoi imbatterti nei personaggi di Star Wars, del film Ladyhawke, e anche nei Prestogiobini; ti sembra di essere all’interno del tuo libro o del tuo film preferito. Durante l’evento ho presentato con grande piacere il mio libro fantasy “1001 Giobini avventure”, facendo vivere sul palco i Prestogiobini, i personaggi delle mie storie. La partecipazione a questo evento è stata emozionante e magica. All’interno della manifestazione si è svolta la premiazione del concorso letterario “Trofeo del lupo” dove un mio racconto inedito a tema fantasy si è classificato al secondo posto. Porto un bellissimo ricordo di questa esperienza, che spero di poter rivivere negli anni a seguire.

D. È contenta di avere editato con la Pegasus?

R. Sono davvero felice dell’esperienza editoriale che sto vivendo con la casa editrice Pegasus Edition di Cattolica in tutti i suoi aspetti. L’editore ha saputo creare un prodotto di alta qualità, dalla carta pregiata all’impaginazione, mi ha coinvolta in un percorso ricco di presentazioni, fiere e rassegne; percorsi fondamentali per dare una buona visibilità sia all’autore che al libro. Gli autori Pegasus sono inseriti in un contesto letterario fascinoso, fatto di incontri con personalità del mondo dello spettacolo e con altri tantissimi autori, ma quello che più conta è il fantastico rapporto d’amicizia che si è creato con tutto lo staff dall’inizio di questa bellissima avventura.
D. Quali libri ci sono attualmente sul suo comodino?

R. Nei mesi passati mi sono dedicata alla lettura di alcuni testi di generi diversi, fra cui anche fantasy di autori Pegasus che ho trovato ben scritti e molto interessanti, ma attualmente mi sto dedicando alla lettura e allo studio della Divina Commedia, di cui conosco anche alcune parti a memoria e che considero la storia fantasy fra le più antiche.


D. L'ultimo "grande" libro che ha letto?

R.“Jane Eyre” di Charlotte Bronte è il romanzo vittoriano, che ho riletto con molto piacere di recente. E’ un romanzo d’amore, psicologico e sociale, in cui il contesto storico viene svelato durante la narrazione. Le osservazioni di Jane sulla società che la circonda e su se stessa, la descrizione dei luoghi e della natura sono elementi di verità. Jane è un personaggio con il quale il lettore non può che entrare in sintonia e con il quale non può che condividere le gioie e le delusioni; si tratta di un’eroina che fa della dolcezza e della fermezza le sue armi vincenti. E’ da considerarsi un romanzo splendido, scritto in modo piacevole ed evocativo, che ci ricorda come l’amore e l’affetto nascano anche e soprattutto dai cuori più feriti.


D. Chi o cosa influenza la sua decisione di leggere un libro?

R. Prima di leggere o acquistare un libro mi soffermo sia sulla quarta di copertina che sull’incipit e credo che lo facciano un po’ tutti gli appassionati di libri. Ultimamente le righe che concedo ad un autore per catturami vanno diminuendo, come se mi bastassero davvero poche parole per capire se ho voglia di investire il mio tempo o passare oltre. Le occasioni in cui mi sono lasciata consigliare da una persona fidata nella scelta di un libro sono state rare e in alcuni casi sono stata anche fortunata.


D. Quale classico della letteratura ha letto di recente per la prima volta?

R. Il Ritratto di Dorian Gray è un classico scritto da un autore che possiede una capacità letteraria indiscutibile. E’ una storia affascinante, apparentemente molto semplice ma che, in fondo, racchiude una grande morale. Vivere senza regole, inseguendo cose fittizie, si rischia di perdere la propria anima. E una storia attuale, che per l’iniziale ricerca continua del piacere e della bellezza estetica rispecchia molto bene il materialismo moderno. I protagonisti del racconto, Dorian e Henry, ricordano alcuni giovani di oggi, che si illudono di poter vivere andando contro tutte le regole della morale. Come tutte le opere del decadentismo, è scritto con uno stile incantevole, molto piacevole da leggere, grazie alla scelta accurata delle parole, proprio per creare, in ogni pagina, un capolavoro stilistico.


D. L'ultimo libro che l'ha fatta commuovere/piangere?

R. L’ultimo libro che mi ha fatto commuovere è stato il romanzo “Storia di una ladra di libri” di Markus Zusak. La storia è ambientata nella Germania nazista del 1939, in cui la morte non ha mai avuto tanto da fare, ed è solo l’inizio. Il giorno del funerale del suo fratellino, Liesel la protagonista raccoglie un libriccino abbandonato nella neve, qualcosa di sconosciuto e confortante allo stesso tempo. Quindi senza pensarci due volte lo raccoglie come prova tangibile di un ricordo per il futuro. Così comincia la storia di una piccola ladra, la storia d’amore di Liesel con i libri e con le parole, che per lei diventano un talismano contro l’orrore che la circonda.


D. L'ultimo libro che l'ha fatta arrabbiare?

R. L’ultimo libro che mi ha fatto arrabbiare è stato sicuramente “E’ Savòr, il sapore della Romagna”, libro scritto magistralmente da Marco Galizzi. “E’ Savòr” è una storia ambientata in Romagna nel settembre del 1944, ormai verso la fine della Seconda Guerra Mondiale. E’ un libro che si presta molto bene alle letture spettacolo, ed è in grado di farti vivere i momenti tragici della guerra, la sofferenza, la fame e la violenza ingiustificata; ma ti fa anche ribollire il sangue, fa salire quella rabbia per gli eventi dolorosi, ingiusti e crudeli che hanno sconvolto la nostra terra e non solo la Romagna.

D. Quale libro sorprenderebbe i tuoi amici se lo trovassero nella sua libreria?

R. Il libro che sorprenderebbe i miei amici se lo trovassero nella mia biblioteca è sicuramente il “Corso di egiziano geroglifico” un testo aggiornato alla luce delle più recenti ricerche grammaticali e linguistiche che si basa su un progressivo apprendimento della lingua e della scrittura dell’egiziano antico, in particolare quella in uso durante il Medio Regno.


D. Qual è il suo protagonista preferito in assoluto? E l'antagonista?

R. Il mio protagonista preferito in assoluto è sicuramente il personaggio di Alice nel libro di Lewis Carroll “Alice nel paese delle meraviglie”. Alice incarna tutte le qualità apprezzate dalla società vittoriana di Carroll, quelle che i maestri si impuntavano ad insegnare ai bambini. Ma è anche una bambina come tante e probabilmente è proprio questo il motivo del grande successo del libro.
Il mio antagonista preferito è sicuramente il Follotto, un fantomatico mostro che ha il potere di trasformare Winnie the Pooh, Tigro e gli altri personaggi in una zucca, nel film di animazione intitolato “Winnie the Pooh- il primo Halloween da Efelante, ma che se viene catturato ha la capacità di esaudire ogni desiderio. E’ un antagonista che è stato creato dalla fantasia degli stessi protagonisti e che in realtà non esiste, ma che dimostra che è più difficile affrontare l’ignoto rispetto a qualcosa che realmente esiste. E’ un film d’animazione che ti rimane dentro proprio per la sua innocenza.


D. Organizza una cena: quali scrittori, vivi o defunti, inviteresti?

R. Sarei molto felice di cenare con Andrea Camilleri, uno dei più grandi scrittori contemporanei viventi, converseremmo di Vigata, il paese immaginario nel quale ambienta i suoi racconti misteriosi e sicuramente di cucina mediterranea e di quale sia la fonte di ispirazione delle sue storie. Charles Dickens, per discutere dei suoi romanzi sociali, ma in particolare del “Canto di Natale”, un racconto di genere fantastico, che narra una delle più commoventi favole sul Natale. Il Canto unisce al gusto del racconto gotico l’impegno nella lotta contro la povertà e lo sfruttamento minorile. Incontrerei anche con enorme piacere Walt Disney, noto altresì per la sua grande abilità nella narrazione e, infine, Giovanni Verga il maggiore esponente della corrente letteraria del Verismo. I protagonisti della sua produzione sono soprattutto gli umili, e anche se la sua poetica è fortemente pessimista e nega ogni possibilità di miglioramento, apprezzo la sua fisionomia di scrittore particolare, che si allontana dalla tradizione degli autori con una profonda cultura umanistica. Amo profondamente la sua tecnica narrativa innovativa e originale che si distacca completamente dalla tradizione e dalle esperienze contemporanee.


D. Ricorda l'ultimo libro che non è riuscito a finire? Perché?

R. Qualche anno fa ho acquistato “Momo” il romanzo fantastico dello scrittore Michael Ende, lo avevo già letto alle scuole medie ma non ne ricordavo più il contenuto. Ho iniziato la lettura aspettandomi di trovare una lettura interessante e scorrevole, ma ben presto mi sono resa conto di avere qualche difficoltà nell’affrontarla. Non riuscivo ad entrare nella storia, ad immedesimarmi nei personaggi e nelle loro avventure, la narrazione risultava difficile da seguire, sebbene il tema principale fosse molto interessante: il tempo e il modo in cui esso viene impiegato nella società occidentale moderna, oltre alla feroce critica al consumismo e alla frenesia del vivere moderno, che nel suo progresso tecnologico e produttivo perde completamente di vista l’obiettivo della felicità delle persone e della qualità della vita.


D. Quale scrittore vorrebbe come autore della sua biografia?

R. Sicuramente lo scrittore Gianni Rodari che leggo e apprezzo profondamente. La sua produzione è percorsa dal dato costante del rapporto tra adulto e bambino. Il suo obiettivo è sempre quello educativo che, grazie alla favola, è realizzato in modo leggero e divertente, anche quando i temi sono seri e importanti, il tutto coronato da una morale finale. Ha contribuito ad un rinnovamento nella letteratura per l’infanzia con una vasta produzione attraversata da una vena di intelligente comicità, dando sempre spazio ai temi della vita contemporanea.

Ringraziamo Giovanna per le sue interessanti risposte che ci ha letterariamente chiarito un genere letterario che dà voce alla fantasia, al gioco, alla rappresentazione e si presta non solo ad un pubblico di piccoli ma a tutti, perché sappiamo bene che in ognuno di noi adulti vive un eterno bambino. 

“Mastru Roccu”, morto a 94 anni uno degli ultimi ciabattini calabresi. Maestro artigiano, esempio di umanità e di cultura del bene

di Domenico Logozzo * MONTESILVANO (Pescara) - Umili artigiani, esempio di umanità e cultura del bene nella Calabria dei mestieri che scompaiono. Storie di persone comuni che hanno lavorato in silenzio per il bene comune.
E che meritano tanto rispetto. E che vanno ricordati. Doverosamente. Perché senza memoria non c’è futuro. È morto a Gioiosa Jonica “Mastru Roccu” Totino, uno degli ultimi ciabattini calabresi. Aveva 94 anni. Era un Maestro artigiano, ma anche un Maestro di vita. Esempio luminoso per i giovani di ieri ed illuminante per i giovani di oggi e di domani. “Impegnarsi nel lavoro, per far bene nella vita. Purtroppo oggi ci sono mestieri che nessuno vuole più fare e il mio è uno di quelli che i giovani non seguono più. E mi dispiace. Ma finché posso continuerò a farlo. Perché buttare un paio di scarpe se si possono riparare? Risparmiate ragazzi, risparmiate!”

Consigli utili, più volte ripetuti, da un uomo che ha vissuto anni difficili. Sia nella sua Gioiosa che emigrante in Piemonte. Una grande esperienza giovanile quando i vecchi negli anni Cinquanta rappresentavano “ciò che è sopravvissuto alle tempeste; le quattro mura, i mobili, la biancheria, gli oggetti utili: un patrimonio. E quello che oggi un giovane consuma nella sua piccola vita quotidiana, è quanto a noi, a soldo a soldo, serviva per mettere insieme gli oggetti utili”, scriveva allora Corrado Alvaro.

Uomo Buono, uomo Giusto. Una grave perdita per la comunità di Gioiosa Jonica e non solo per la sua famiglia. Che tanto amava. E che tanto lo amava. “Sei stato un padre, un nonno, un amico e un compagno di vita. Hai lottato fino alla fine, con la forza che ti ha fatto andare avanti fin da quando è morto papà. Ora ho due bellissimi angeli lassù, per andare avanti e lottare, per raggiungere ciò che voi volevate che io raggiungessi. Riposa in pace angelo mio, sei e sarai sempre il mio secondo papà. Ti amo tanto”. Con queste parole d’amore e di riconoscenza e con l’impegno di continuare sulla strada che luminosamente ha tracciato con il buon esempio quotidiano, Anna Bruna Rodinò ha annunciato su facebook che il suo caro nonno e mio carissimo amico della bella gioventù gioiosana, “Mastru Roccu” Totino, non c’è più. Aveva 94 anni, l’ultimo “mastru scarparu” di Gioiosa. Se ne è andato un pezzo di storia della grande tradizione gioiosana dell’artigianato

Grandi Maestri. Veri Artisti nel realizzare le scarpe o i vestiti per donna e per uomo, nel lavorare il legno o il ferro. Tutti mestieri purtroppo scomparsi. Una notizia che mi riempie di tristezza. Quando tornavo a Gioiosa andavo spesso a trovare “Mastru Roccu”. Lo stimavo moltissimo. Era uno dei miei grandi punti di riferimento. Ed ogni incontro con lui era un ritorno al passato. E ritornavo bambino. Scrivo queste righe lontano da Gioiosa. Ma con il pensiero sono a Gioiosa. Sono accanto alla dolcissima e specialissima moglie, Maria Grazia Martino, che abbraccio forte, forte! Una grande donna, sarta apprezzatissima, “maista” (maestra) di generazioni di brave sartine gioiosane. Ma anche straordinaria erede e custode della civiltà contadina. E’ nata e cresciuta in una lontana e un tempo molto isolata contrada di Gioiosa.

Maria Grazia Martino, bella contadinella, grande lavoratrice, molto ammirata. Mi raccontò tempo fa come avvenne il fidanzamento. Con orgoglio. “Come era d’uso in quei tempi, la richiesta di matrimonio venne fatta ai miei genitori. Mia madre mi chiamò e mi disse: Ti vuoi sposare con questa persona che ha un bel mestiere e puoi andare a vivere in paese oppure vuoi che ti compri una pecora, la allevi e continui a vivere qui in montagna?”. La madre, con la saggezza della cultura contadina di un tempo, l’aveva messa di fronte ad un bivio: continuità nelle difficoltà che la vita in campagna presenta ogni giorno o cambiamento scendendo al paese, con nuove prospettive, dove le condizioni di vita sono migliori. Maria Grazia non ebbe esitazioni. “Scelsi di andare a vivere a Gioiosa, ma la mia campagna non l’ho abbandonata mai”. In paese è diventata una “maista” molto brava, molti clienti, molto amata. Aveva fatto la scelta giusta. Ma non aveva e non ha reciso le radici contadine. Floridissime. E continua ad occuparsi attivamente della terra che ha avuto in eredità dai genitori, nonostante l’età. “No, la terra non si deve abbandonare. Ora ci sono le comodità: la luce, l’acqua, la strada, guido la macchina, ho il cellulare sempre con me. Oggi ho piantato venti chili di patate”, ci disse un paio d’anni fa, quando la incontrammo in casa della mamma Caterina Papandrea, la nonnina ultracentenaria di Gioiosa Jonica, deceduta qualche tempo fa. Belle bandiere della civiltà contadina calabrese!

“Mastru Roccu”, anche se avanti con gli anni e con qualche acciacco, continuava a fare qualche lavoretto. Con grande emozione ho ritrovato poco fa una foto che gli ho fatto tre anni fa nella sua piccola bottega, testimonianza del bel tempo passato. Arnesi, ricordi, emozioni. Una vita per il lavoro. Un uomo buono. Un uomo forte. Un uomo onesto. Un uomo che non si è mai risparmiato. Che ha lavorato sempre, fino all’ultimo, fino a che ha avuto la forza. Voleva sentirsi attivo. Voleva rendersi utile. Essere di aiuto alla famiglia. La pensione era quella che era. “La foto è meglio che non la faccia vedere in giro. Altrimenti finisce che mi tolgono la pensione”, mi raccomandò. Ed io ho rispettato la sua volontà. La pubblico ora. E lo faccio con le lacrime agli occhi. Mi emoziono nel rivedere questo caro vecchietto, così fiero del suo lavoro e così dignitoso eternamente altruista. “Debbo aiutare le nipoti”, mi diceva spesso.

E le parole della nipote Anna Bruna, scritte con il cuore, sono la più bella e commovente conferma: “Sei e sarai sempre il mio secondo papà”. Come un padre. Mi torna alla mente Corrado Alvaro ed un suo scritto del marzo 1950, che ho letto proprio qualche giorno fa, sfogliando alcune pagine dell’archivio storico della Stampa. “Dicono che la società futura– scriveva il grande uomo di cultura di San Luca - sarà in prevalenza una società di vecchi, e ciò sulle statistiche le quali dicono che i confini della vita umana sono allargati. Dicono pure che i giovani dovranno essere allevati all'idea di dovere un giorno provvedere al mantenimento dei vecchi. Su questo ho qualche dubbio. Può darsi che la società in avvenire muti, e che venga fuori un mondo così capovolto e così innaturalmente ordinato. Dico innaturalmente, perché è un detto consacrato da secoli di esperienza che un padre anche poverissimo può bastare a provvedere alla vita di tre figli, ma tre figli non bastano a mantenere in vita un padre”. Aveva ragione Alvaro ad avere “qualche dubbio” nel 1950, visto come vanno le cose nel 2018! O no?

“Mastru Roccu” era un uomo sereno, pacato, trovava sempre le giuste parole. “Facimu beni, ca ricivimu beni!” (Facciamo del bene, così riceviamo del bene), ripeteva. E’ vero. C’è bisogno di tanto bene in quest’epoca in cui l’individualismo e l’egoismo sono purtroppo tanto diffusi. E non va bene. Il noi deve prevalere sull’io. Come sagge persone di ieri, tanto preziose oggi, ci hanno insegnato e ogni giorno ci insegnano con l’esempio. Amore, rispetto, lavoro, onestà. Non disperdiamolo questo patrimonio che ha consegnato idealmente a tutti noi “Mastru Roccu”.


*già Caporedattore TGR Rai

Teatro della Cometa, Sandra Collodel e Bruno Maccallini dal 2 al 18 febbraio in "TI FARÒ FELICE" regia di Marco Lucchesi

Sandra Collodel e Bruno Maccallini saranno i protagonisti,  al Teatro della Cometa – in prima nazionale - dal 2 al 18 febbraio, di TI FARÒ FELICE (Le Bonheur) diEric Assous, per laregia diMarco Lucchesi.

Passata la soglia degli “anta”, a prescindere dai propri fallimenti, è ancora possibile amare, ed essere amati?
I protagonisti di questa nuova divertente commedia di Éric Assous sono Luisa autrice di racconti per l’infanzia, separata, e Alessandro, padre di tre figlie, proprietario di un ristorante, in attesa di divorzio. Una sera s’incontrano e si piacciono. Passano la notte insieme, ma al risveglio, l'amara realtà è lì, davanti a loro.
Si rivedranno? Avranno il desiderio di rincontrarsi?
Luisa prenderà una drastica e inaspettata decisione a cui Alessandro, messo alle strette, dovrà inevitabilmente scendere a patti.
In un vortice sentimentale di bugie e colpi di scena Éric Assous ci invita a riflettere sulla perenne ricerca dell’amore e della felicità. Ma… l’amore e la felicità hanno una data di scadenza?
Durata: 90 minuti senza intervallo


Teatro della Cometa  - Via del Teatro Marcello, 4 – 00186
2 | 18 FEBBRAIO 2018
con Sandra Collodel e Bruno Maccallini
TI FARÒ FELICE
(Le Bonheur)
di Eric Assous
regia Marco Lucchesi
traduzione Filippo Ottoni
costumi Isabella Rizza
voce registrata Loredana Piedimonte

Orario prenotazioni e vendita biglietti:  dal martedì al sabato, ore 10:00 -19:00 (lunedì riposto), domenica 14:30 – 17:00 - Telefono: 06.6784380
Orari spettacolo: dal martedì al venerdì ore 21.00. Sabato doppia replica ore 17,00 e ore 21,00. Domenica ore 17.00. Costo biglietti: platea 25 euro, prima galleria 20 euro, seconda galleria 18 euro.

Riduzioni per lettori di MEDIA&SIPARIO, CULTURAMENTE, SALTINARIA eGUFETTO
           

e PER GLI ASCOLTATORI DI RADIO ITALIA 



Premio Lettera 22: Il Teatro della Cometa aderisce al Network Lettera 22 - Premio Giornalistico di Critica Teatrale under 36, e ne accoglie i concorrenti nella stagione 2017/18. Tutto su www.premiolettera22.it

Cinema, ELEONORA BELCAMINO debutta con la commedia “Sono tornato" di Luca Miniero: un’esperienza bellissima

Eleonora Belcamino ha tutte le carte in regola per dimostrare di essere una delle nuove promesse del cinema italiano, grazie al suo talento, all'espressività e a una rassicurante bellezza.
Nella nuova commedia “Sono tornato”, diretta da Luca Miniero, che arriverà nelle sale cinematografiche dall’1 febbraio, l’attrice di origini calabresi interpreta il personaggio di Francesca, una giovane e spigliata segretaria di produzione alle prese con un ospite inatteso, il Duce, del quale diventerà il braccio destro. Nel cast, oltre a Eleonora Belcamino, ci sono Frank Matano, Stefania Rocca e Massimo Popolizio  “È stata un’esperienza bellissima girare con dei compagni di set come Massimo Popolizio e Frank Matano - dichiara la Belcamino, aggiungendo - Il regista Luca Miniero, che mi ha tenuto a battesimo per il mio debutto cinematografico, lo ricorderò per l’intera mia vita e con grande affetto”. Contemporaneamente all’uscita del film, Eleonora sarà impegnata a teatro, allo Spazio Diamante di Roma, diretta da Massimiliano Vado, nello spettacolo “Incendies”, in scena il 26, 27, 28 gennaio e il 2, 3 e 4 febbraio.

Eleonora Belcamino nasce a Catanzaro, in Calabria, dove rimane a vivere fino all’età di 18 anni. Successivamente, dopo aver conseguito il diploma al liceo classico, si trasferisce a Roma per inseguire il sogno di diventare un’attrice e allo stesso tempo, studia all’Università La Sapienza, dove consegue il diploma di laurea triennale e successivamente ottiene anche una laurea specialistica in Editoria e Giornalismo con 110/110 e lode, dopo una breve parentesi in Inghilterra, avendo vinto il concorso del Progetto Leonardo in Arts and Culture management. Nel frattempo continua a coltivare il sogno della recitazione, frequentando seminari e laboratori teatrali legati all’università ma anche lavorando con una compagnia indipendente. In quello stesso periodo, decide di affrontare le selezioni del Centro Sperimentale di Cinematografia e viene ammessa. Affronta i tre anni nella Scuola Nazionale di Cinema con grande entusiasmo e nel 2016 arriva l’anno del diploma. Oggi si divide tra teatro, fiction e cinema.
Foto: @pirronepiergiorgio

Libri, Fattitaliani consiglia "Roberto e le avventure del mondo del sé 2" di Elena Piccinini. La recensione

Elena Piccinini, "Roberto e le avventure del mondo del sé 2", LargoLibro Ed., Salerno, 2017. Recensione di Andrea Giostra
Ho letto con attenzione e interesse la raccolta di Favole di Elena Piccinini, “Robert e le avventure del mondo del sé 2”, recuperando la mia formazione psicoanalitica freudiana, e nello specifico utilizzando le griglie di lettura interpretative sulle Fiabe e sulle Favole che iniziano con Sigmund Freud e vengono poi sviluppate ampiamente da tanti suoi allievi, ed in particolare da due discepoli della scuola psicoanalitica, Bruno Bettelheim (1903-1990) e Marie-Louise von Franz (1915-1998).

I lettori che pensano che scrivere Favole o Fiabe sia un’attività letteraria secondaria e di minore interesse narrativo rispetto ai Romanzi o ai Racconti, compiono un formidabile errore concettuale e culturale che non consente giustificazione alcuna.
Il racconto intimo e riservato tra il genitore e il bambino, tra la nonna e il nipotino, rappresentano dei momenti di incisiva educazione e di efficace trasmissione di sapere e di esperienza, che non hanno eguali tra tutte le azioni educativa ed evolutive destinate ai bambini; non a caso il bambino, quando sarà un adulto, avrà per sempre impressi nella sua memoria, se li avrà vissuti nell’infanzia, quei momenti di magica intimità del racconto di Fiabe e Favole, che immaginiamo recitati da una calda voce genitoriale, illuminata dalla fioca luce di lume poggiato nel comodino accanto al letto del bambino. È questa la componente più interessante che ho immaginato leggendo le belle fiabe di Piccinini, l’intimità tra il narratore e l’ascoltatore, tra chi legge e chi ascolta, tra la simbologia delle storie e la cattura dell’attenzione del bambino che ho supposto ad ascoltare accanto a me che leggevo.

Non è un caso che da oltre duemila anni, nella cultura occidentale, i più grandi intellettuali e scrittori di sempre, si siano cimentati con grande impegno e convinzione nel narrare Fiabe e Favole; da Esopo (620 a.C.-564 a.C.) e Fedro (20 a.C.– 51 d.C.), fino a scrittori più vicini a nostri tempi, basti ricordare i fratelli Grimm (Jacob Ludwig, 1785-1863, e Wilhelm Karl, 1786–1859), Voltaire (1786-1859), Oscar Wilde (1854-1900), Italo Calvino (1923-1985). Il successivo interesse della psicoanalisi, a partire dalla metà del secolo scorso, ci fa comprendere la grandissima valenza educativa e pedagogica delle Favole e delle Fiabe. Come sostiene Bettelheim, le Fiabe e le Favole assumono un potente valore rappresentativo e simbolico della nascente struttura di personalità del bambino; o come sostiene Marie-Louise von Franz, di formazione junghiana, le Fiabe e le Favole racchiudono magnificamente e delicatamente gli archetipi e i simboli onirici della vita interiore di qualsiasi essere umano, che vengono assimilati metaforicamente dal bambino che ascolta.

La scrittura di Piccinini e scorrevole, semplice ma al contempo sofisticata, elegante ed essenziale insieme. I temi trattati sono interessanti, e probabilmente emergono impetuosamente dal suo mondo interiore e dalle sue fantasie infantili con un vigore narrativo che lascia traccia nella riflessione del lettore. Gli “oggetti” sono molteplici e sempre attuali: l’esperienza, la cultura, il destino, il fato, la solitudine, la morte, l’abbandono, l’adozione, la genitorialità, la paura, il coraggio, l’educazione, la cattiveria, l’amore incondizionato, la fede, la speranza, l’immaginazione. Insomma, quei temi che già Esopo e Fedro, oltre duemila anni fa, videro come essenziali per scrivere e recuperare antichissime Favole, da trasmettere ai bimbi di allora e alle generazioni future, verità morali e insegnamenti etici frutto della saggezza e dell’esperienza maturata dagli adulti tra vizi e virtù.

Il protagonista di tutte le Favole della Piccinini è Robert, un cagnolino con orecchie da elefantino, che si avventura in episodi accomunati da emozione e pathos di vita vissuta o immaginata.
Le Favole sono arricchite da disegni ideati e realizzati dall’autrice in collaborazione con il noto artista e disegnatore Marco Cagnolati.


Post-Scriptum:
Scrivere delle Favole di Elena Piccinini, senza che il lettore abbia chiari i diversi significati che nella cultura occidentale hanno assunto nei millenni termini quali Fiaba, Favola, Racconto, Parabola, Novella, etc…, vuol dire non essere nelle condizioni culturali per cogliere la vera essenza pedagogica, culturale e di psicologia dello sviluppo del bambino, che assumono le narrazioni vocali tradizionali, oggi sostituite, con formidabile leggerezza, dall’infinita disponibilità di giochi multimediali e da una cultura di massa dominata dal conformismo depersonalizzato e dalla omogeneizzazione verso modelli commerciali sempre più superficiali e iperprotettivi per l’infante al quale storicamente le Fiabe e le Favolo sono state destinate.
Nella nostra esposizione quello che ci interessa sono le Favole e le Fiabe, e su questi due modelli narrativi scriveremo qui una breve esposizione cercando di spiegane il significato. Come faccio spesso, chiedo a Treccani, lasciando a margine la Psicoanalisi, di darmi un aiuto dopo una mia breve definizione.
Per Fiaba si intende un racconto fantastico e magico che vede come protagonisti esseri umani.
Per Favola si intende una breve narrazione che racchiude delle verità etiche e morali, e che in genere vede protagonisti, oltre ad esseri umani, animali, soggetti inanimati, divinità, spiriti, etc...
Come più approfonditamene ci spiega Treccani:
«Fiaba. La fiaba è un racconto di avventure in cui domina il meraviglioso, tanto negli episodi come nei personaggi, e che ha di solito come protagonista un essere umano, nelle cui vicende intervengono spiriti benefici o malefici, demoni, streghe, fate. Rispetto alla favola, in cui in genere i protagonisti sono animali o esseri inanimati e il cui scopo è quello di comunicare una verità morale o un insegnamento di saggezza pratica, la fiaba ha carattere decisamente più fantastico ed è di norma priva di un fine morale. Gli studi d'impostazione psicoanalitica danno una lettura in chiave simbolica dei temi e delle figure della fiaba, sino a farne dei veri e propri archetipi.»
«Favola. Breve narrazione per lo più in versi. Quando si parla di favola come genere letterario, ci si riferisce comunemente a quella i cui caratteri fondamentali furono segnati già da Esopo e universalmente diffusi da Fedro: essenziale è che essa racchiuda una verità morale o un insegnamento di saggezza pratica e che vi agiscano (a volte insieme a uomini e dei) animali o esseri inanimati, sempre però tipizzazioni e quasi stilizzazioni di virtù e di vizi umani. Da notare però che l’animale perde talvolta, e sempre più frequentemente quanto più ci si avvicina ai tempi moderni, ogni caratterizzazione psicologica peculiare, diventando semplice pretesto per introdurre la conclusione morale. È difficile distinguere la f. dall’ apologo, se non forse per il fatto che in questo possono agire anche solo uomini e il fine morale è assolutamente predominante, sì che non si ha neppure il tentativo di personalizzare i protagonisti; similmente è difficile distinguere l’apologo dalla parabola, se non per il fatto che quest’ultima parola è ormai riservata agli apologhi evangelici. Possibile invece, e necessario, distinguere la f. dalla fiaba anche se il confine tra esse è incerto, tanto che le due parole sono talvolta impropriamente usate l’una invece dell’altra.»
Leggi qui gli articoli di Andrea Giostra
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ANDREA GIOSTRA

Procreazione Medica Assistita: oltre 3mila le alterazioni genetiche oggi note, interessano una donna su 5. Nuovi servizi e tecniche in arrivo

PROCREAZIONE MEDICA ASSISTITA: LE NOVITÀ. Importanti novità in tema di Procreazione Medica Assistita. Da circa 6 mesi è infatti disponibile un nuovo servizio volto a prevenire la trasmissione di alterazioni genetiche. La presentazione avverrà oggi a Cortona (Arezzo), presso l’Ospedale Santa Margherita Di Cortona Loc. La Fratta.
La sede di Cortona è molto importante, in quanto punto di riferimento a livello locale e nazionale e centro pubblico, quindi accessibile a tutti coloro che ne abbiano realmente bisogno. L'occasione sarà propizia per la dimostrazione del nuovo servizio di diagnosi genetica preimpianto (PGD secondo l’acronimo) che viene effettuato per la prima volta a livello di sistema sanitario pubblico. In pratica, il cittadino dovrà pagare solamente il ticket.

LA NUOVA TECNICA - Il 23-24 febbraio a Firenze ci sarà il primo congresso di presentazione dell’attività della Fondazione di partecipazione PMA Italia: un progetto a cui hanno aderito già diversi centri privati e associazioni pazienti. “Mediante questa tecnica diventa possibile fare una diagnosi genetica sull’embrione per sapere se sia malato o sano” spiega il prof. Luca Mencaglia, Medico Specialista in Ginecologia e Ostetricia e Direttore Unità Operativa Complessa Centro PMA USL sud-est Toscana. In altri termini, si tratta di una diagnosi prenatale prima che cominci la gravidanza. Oggi la diagnosi si fa con l’amniocentesi, alla 12° settimana di gravidanza: in caso di rilevamento di una patologia genetica, le donne praticano l’aborto, con tutte le conseguenze fisiche e psicologiche che ciò comporta. La tecnica PGD è già diffusa, ma fino ad oggi i cittadini italiani la potevano effettuare solo a pagamento, tranne che in due ospedali, Milano Niguarda e Cagliari Microcitemico, dove però si poteva fare per due malattie specifiche: la talassemia (o anemia mediterranea) e X fragile.

In altri termini, si tratta di una diagnosi prenatale prima che cominci la gravidanza. Oggi la diagnosi si fa con l’amniocentesi, alla 12° settimana di gravidanza: in caso di rilevamento di una patologia genetica, le donne praticano l’aborto, con tutte le conseguenze fisiche e psicologiche che ciò comporta. La tecnica PGD è già diffusa, ma fino ad oggi i cittadini italiani la potevano effettuare solo a pagamento, tranne che in due ospedali, Milano Niguarda e Cagliari Microcitemico, dove però si poteva fare per due malattie specifiche: la talassemia (o anemia mediterranea) e X fragile.

ESAMI E PREVENZIONE - Gli esami per tutte le altre oltre tremila malattie genetiche erano solo a pagamento. “Noi, in collaborazione con l’università di Siena, possiamo applicare questa tecnica in tutte le coppie in cui uno dei due genitori sia portatore sano di un’alterazione genetica. Abbiamo già riscontrato sei casi, altrettanti sono in corso di trattamento e oltre un centinaio sono in lista d’attesa, provenienti da tutta Italia” aggiunge il prof. Mencaglia. C’è un team di esperti che valuta la sussistenza dei requisiti di gravità della patologia e successivamente consente l’accesso della coppia.

Con questo nuovo sistema è possibile prevenire tutte le alterazioni genetiche: “se un paziente è portatore sano, ossia ha nei suoi geni una malattia genetica importante, noi mettiamo insieme i suoi geni con quelli del partner, aspettiamo che si formi l’embrione, su cui poi facciamo una biopsia, analizzando 2-4 cellule. Se quell’embrione è sano lo possiamo trasferire e far iniziare la gravidanza, se è malato non lo trasferiamo, evitando così la malattia” afferma la professoressa Alessandra Renieri del Dipartimento Genetica Università di Siena. Naturalmente l’intervento è possibile solo se uno dei due genitori è portatore sano, ossia ha una predisposizione per quella malattia.

LE ALTERAZIONI GENETICHE. Le alterazioni genetiche ad oggi note sono oltre 3mila, ma è un continuo scoprirne di nuove, dalle più comuni come la trisomia del cromosoma 21, ossia la sindrome down, alla talassemia, malattia che colpisce il 5-6% della popolazione italiana, che in caso di due portatori sani un figlio maschio è destinato al decesso entro il 12° anno di vita. L’incidenza di queste alterazioni genetiche è varia, poiché dipende dall’età della donna: in una ventenne si tratta del 2%, ma in una donna quarantenne raggiunge il 18-20%.

IL QUADRO GIURIDICO. La diagnosi genetica di preimpianto, seppur con delle ambiguità residue, era consentita ai sensi della giurisprudenza dal maggio 2008. “Tuttavia, un definitivo chiarimento si è avuto soltanto con una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 2012, che evidenziava come l’impossibilità di fare una diagnosi sull’embrione in un paese nel quale è possibile fare la diagnosi sul feto ai fini dell’interruzione di gravidanza era un controsenso: poter fare prima la diagnosi sull’embrione avrebbe consentito di evitare l’aborto” ha dichiarato l’avvocato Gianni Baldini. 

“La sentenza della Corte Costituzionale 96 del 2015 ha permesso poi alle coppie portatrici sane di patologie genetiche trasmissibili di accedere alla procreazione medicalmente assistita dichiarando incostituzionale il divieto della Legge 40 che riservava l’accesso soltanto agli infertili; inoltre questa sentenza ha precisato come la possibilità di accedere alla diagnosi prima del trasferimento dell’embrione è prevista dalla stessa legge (art. 14 c. 5)”.

Le patologie per cui è prevista la diagnosi genetica preimpianto sono tutte quelle la cui gravità determinerebbe la possibilità per la donna di interrompere la gravidanza. A seguito di queste sentenze, la Regione Toscana ha regolamentato la materia: l’incontro di lunedì a Cortona servirà proprio per fornire i dati di questi primi 6 mesi di regolamentazione attraverso un complesso sistema che ha consentito di creare il primo centro pubblico a livello nazionale in cui è possibile fare la diagnosi preimpianto per tutte le patologie genetiche trasmissibili.

ARMY, Armando Fusco torna con "Mamma auròra (I promise)" brano dedicato alla madre Vittoria

Armando Fusco in arte ARMY, napoletano residente da anni nella provincia di Avellino, torna sulle scene musicali con Mamma auròra (I promise) un brano autobiografico dedicato alla madre Vittoria scomparsa da poco, scritto da lui e arrangiato da Francesco Aiello, musicista e tecnico del suono di comprovata esperienza.
Dopo aver affrontato il genere elettropop con pezzi che hanno destato molta attenzione soprattutto sul web come Vanità, Amore nero e La mela e il rock made in Italy con Quaderni bianchi, Army propone questo singolo dalle parole e dai suoni struggenti nel quale, nonostante il grande dolore vissuto, racconta la voglia di andare avanti in memoria appunto di chi non c’è più. La dimensione musicale di Army è sempre stata molto personale, ricercata, distaccata un po’ dai canoni commerciali che impongono visibilità e coinvolgimento; la musica è per lui una vecchia passione che vuole vivere in modo del tutto indipendente in quanto nella vita è anche altro (è un Dottore in Giurisprudenza e di recente è diventato un esperto in scienze criminologiche). Con lo sguardo rivolto al cielo, consapevole che chi ci ha lasciato è sempre presente con la sua energia e i suoi insegnamenti, Army ha deciso di continuare il suo altalenante e mutevole percorso artistico fatto di musica, scrittura e di recente anche recitazione (lo scorso anno ha girato il Corto La solitudine dell’attore con la Valenzo film production che parteciperà ad alcuni Festival),sempre per il piacere di farlo e se è possibile di lanciare anche qualche messaggio positivo a chi lo segue. Mamma auròra (I promise) sarà disponibile a breve all’ascolto su Youtube.

Danilo dell’Agnese e Francesco Giuliano, imprenditori turistici: dopo la Sardegna... la Sicilia con Villaggio Villa Giulia a Gioiosa Marea. L'intervista

Danilo dell’Agnese e Francesco Giuliano lavorano da molto tempo nell’ambito turistico. L’esclusivo  Villaggio  Fior di Sardegna  a Posada è stata una scommessa vincente!  Da qui la voglia di doppiare con un altro villaggio, questa volta nella splendida Sicilia.   
Si tratta del Villaggio Villa Giulia.Il Villaggio Villa Giulia si trova sulla Costa Saracena, a Gioiosa Marea, in una posizione incantevole di fronte alle Isole Eolie. Immerso in uno splendido giardino digradante a balze tra palme e bouganville, dispone di camere da 2 a 5 posti, suddivisi in 3 edifici denominati Villa Giulia e Villino Basso e Villino Alto, dotate di aria condizionata, tv, phon, frigo, servizi privati con doccia. Villaggio con vista mare si può scegliere in base alle proprie esigenze e necessità. In ogni caso la nostra esperienza di oltre trent’anni nell’ospitalità ti farà sentire come a casa.
Le dimensioni non eccessive del complesso danno ancora di più il senso di una vacanza famigliare dove lo stile semplice e genuino della nostra gente renderà indimenticabile la tua vacanza al Villa Giulia e ti permetterà di apprezzare le bellezze uniche di questo tratto di costa denominata “Costa Saracena“.

Come sono le camere?
La Camera vista mare  del Villaggio Villa Giulia situata in 3 edifici diversi denominati Villa Giulia, Villino alto e villino basso è ampia e luminosa, dotata di tutti i comfort e con vista mare. Sono disponibili in tipologie diverse a partire dalla camera matrimoniale fino alla soluzione in quadrupla con letto matrimoniale +2 letti o letto a castello Alcune sistemazioni includono , terrazzo, balcone o finestra vista mare.

La Sicilia non è solo mare, è cultura, sapori, escursioni, qualche consiglio?

Il Villaggio Villa Giulia è il punto ideale di partenza per varie escursioni in Sicilia.
Il Villaggio offre la possibilità  di scegliere tra percorsi e gite sia via terra, che via mare con minicrociere giornaliere.
Le escursioni sono prenotabili direttamente in struttura.

Immaginate di toccare con un dito le isole Eolie, di ammirare dall’alto le meravigliose spiagge tra i promontori rocciosi di Capo Calava’ e Capo d’Orlando punteggiate da antichi borghi marinari. Immaginate una natura dall’infinita varietà di colori e di profumi, le acque calde e cristalline di un mare unico al mondo. Immaginate un’aria incontaminata, una luce incredibilmente bella. Immaginate i sapori di una sapienza enogastronomica millenaria.  Siete  arrivati al Villaggio Villa Giulia.  Siete a casa.
Una vacanza in Sicilia è anche un viaggio nel tempo. Crocevia millenario di culture e popoli che hanno lasciato segni indelebili, la Sicilia è probabilmente l’area artisticamente e culturalmente più ricca nel Mediterraneo. Ogni angolo, ogni borgo, ogni pietra hanno una storia da raccontare. Vivere la Sicilia è anche questo. Una scoperta continua ovunque si volti lo sguardo.
A portata di vista:
Isole Eolie | Gioiosa Marea | Gioiosa Guardia | Santuario di Tindari | Paesi Intorno
A portata di mano:
Taormina | Palermo | Cefalù | Etna | Parco dei Nebrodi | Santo Stefano di Camastra | Gole dell’Alcantara

L’animazione del Villaggio Villa Giulia?

Al Villaggio Villa Giulia vi aspetta una vacanza all’insegna dell’allegria e del relax per sentirsi a proprio agio in ogni momento della giornata. I sogni diventano realtà e il desiderio di riposo e divertimento è esaudito grazie all’impegno costante dello staff di animazione, formato da ragazzi brillanti e qualificati che propongono un programma giornaliero sempre vario.
Sport e corsi
La giornata comincia con le attività di risveglio muscolare per riscoprire il piacere di prendersi cura del proprio corpo..

Giochi di squadra
Durante tutta la giornata il divertimento è assicurato con beach volley, bocce, giochi di squadra in spiaggia, balli di gruppo e tornei sportivi, la programmazione serale dell’animazione che si alterna tra cabaret, recital, musical, piano bar  e divertenti spettacoli .

Mini Club Bambini e Junior Club Ragazzi
Pensati per i più piccoli, il Mini Club e lo Junior Club, renderanno indimenticabile anche la vacanza dei vostri figli. In compagnia degli animatori.

Tessera Club
Tutti gli intrattenimenti, le attività di animazione, il miniclub per i bambini, il servizio spiaggia, l’uso della piscina, navetta per la spiaggia sono compresi nel costo della Tessera Club di € 7,00 a persona al giorno da corrispondere per tutti gli ospiti di età superiore ai 4 anni.


E la piscina?
La piscina con scivolo del Villaggio Villa Giulia, è il luogo ideale per rilassarsi sui lettini sotto l’ombrellone, godendo a pieno le ore di vacanza.
L’utilizzo della piscina e dei servizi connessi sono compresi nella Tessera club e la posizione ben esposta al sole per gran parte della giornata assicura ai nostri ospiti tante ore di relax e di divertimento.

Il villaggio di Posada è diventato meta di moltissimi personaggi vip, lo sarà  anche  Villa Giulia?
E perché no? I  nostri villaggi vantano una clientela selezionata e di livello grazie al nostro modo di fare, alla cucina e alla nostra struttura in generale. Strutture scelte per altro da molti personaggi dello spettacolo e della cultura  grazie a questi nostri punti di forza.

Fabio Troiano in "Lampedusa" di Anders Lustgarten dal 31 gennaio al Piccolo Eliseo. Con Donatella Finocchiaro

“Un’escursione coraggiosa nelle acque oscure della migrazione di massa”, così il quotidiano The Guardian definisce Lampedusa, testo di Anders Lustgarten, novità assoluta per l’Italia per la regia di Gianpiero Borgia che dirige per l’occasione Donatella Finocchiaro e Fabio Troiano.

Due monologhi, due storie perfettamente intrecciate, quelle di Stefano, un pescatore siciliano ormai impegnato a recuperare i corpi dei profughi annegati in mare (3500 nel solo 2015) e di Denise, una donna immigrata di seconda generazione - qui una marocchino italiana - che riscuote crediti inevasi per una società di prestiti. Condannata per sempre al ruolo di outsider in Europa, sostiene che i marocchini sono “i primi ad essere partiti e gli ultimi tra gli immigrati ad essere considerati”. 
La povertà e la disperazione non sono solo lo scenario del racconto: sono causa generatrice del contrasto sociale dei protagonisti, argomento di fuga per entrambi e insieme condizione per il miglioramento del proprio status attraverso lo sciacallaggio della disperazione altrui. Ossessionati dal denaro che manca, dalle opportunità che non ci sono, dalla politica dei favori, l’uomo si scopre inaridito dall’inerzia con cui porta a termine il suo compito di pescatore di cadaveri, un lavoro più redditizio e continuativo a Lampedusa in questo momento, mentre Denise cerca un riscatto studiando e allontanando da sé il mondo da cui appartiene, le case fetide e impersonali degli immigrati. Lungi dall’essere una litania della disperazione, Lampedusa è sorprendentemente un racconto sulla sopravvivenza della speranza. Quasi inconsciamente, entrambi cercano una redenzione. Stefano fa amicizia con un meccanico del Mali che attende con ansia l’arrivo della moglie, Denise scende a patti con un’annosa frattura nel rapporto con la madre malata e lotta per garantirle una pensione di invalidità da parte dell’INPS e trova la compagnia simpatica e inattesa di una portoghese, madre single piena di debiti.
Lustgarten traccia paralleli e intrecci invisibili tra le storie di Stefano e Denise. 
Entrambi sono persone che si trovano a trattare con un’umanità al limite.
Gente con cui non si vuole avere a che fare. Affida ai suoi personaggi una identica visione politica: il parere che l’Europa è “fottuta” per non avere saputo prevedere che guerra e miseria avrebbero prodotto una congestione di traffici umani e non aver regolato per tempo con criteri certi questi flussi inarrestabili ma ancora prima, per non aver saputo attuare vere politiche di inclusione degli immigrati e dei richiedenti asilo. 

Non nuovo a trattare di temi politici internazionali (si ricordano i suoi testi sulla strage di Roboski in Kurdistan per mano dei Turchi e il racconto dello Zimbabwe del dittatore Mugabe ancora inediti in Italia), l’autore britannico rivolge la sua attenzione a quei flussi migratori che percepiamo sempre più inarrestabili e che saranno il vero problema delle politiche comunitarie del prossimo decennio. L’Europa che avevamo immaginato senza confini, rivendica adesso la geografia politica dei perimetri nazionali; il metissage multietnico proposto dalla mescolanza delle culture viene allontanato in nome del rispetto della propria etnia e delle proprie tradizioni; i muri che pensavamo di avere abbandonato alla memoria della storia, tornano ad erigersi con prepotenza. Su tutto, domina la paura dell’altro e lo spettro degli attentati nel cuore delle nostre città.
Il punto di Lustgarten è che dietro il disastro sistemico della politica e delle nazioni, ci sono fortunatamente ancora le persone, la gentilezza individuale, la sorpresa dei singoli,  e nell’equilibrio del gioco degli opposti, ricorda qualcosa di Harold Pinter quando  nella sua ultima intervista TV disse: “Io penso che la vita è bella, ma il mondo è un inferno”. 
Il personaggio di Stefano cattura tutta la rabbia e il risentimento di un uomo che, anche nei suoi sogni, è ossessionato dalla morte, ma che lotta in qualche modo per non essere sopraffatto dall’abitudine, impara a farci i conti e, infine, è conquistato da un gesto di amicizia. Denise trasmette allo stesso modo l’amarezza di una ferita mai sanata sul contrasto cultura di provenienza/paese di adozione, ma anche la volontà di arrendersi a un atto di amore e carità inaspettato. 
In questa piece, Lustgarten non ha spazio per esplorare la questione pratica di come la società europea possa riequilibrare il suo obbligo morale verso i richiedenti asilo con i propri problemi economici e l’incubo delle democrazie ormai al tramonto. 
Tuttavia in questo testo coraggioso e audace,  affronta il tema serissimo della migrazione di massa portandolo al suo livello di urgenza e dimostrando che - dietro le statistiche orrende di profughi annegati o le notizie allarmistiche sulla stampa circa i benefici riconosciuti quasi immeritatamente ai profughi - giacciono vite di individui che hanno conosciuto ogni tragedia, prima di rivolgersi al mare per provare ad andare via. E ricominciare a sperare. 

Anders Lustgarten è il figlio di importanti accademici inglesi: sua madre è la filosofa Donna Dickenson, una dei maggiori studiosi al mondo di etica medica. Ha studiato cinese ad Oxford, prima di trasferirsi a Berkeley in California per lavorare al suo dottorato di ricerca. Dopo aver completato gli studi, ha ideato corsi accademici per i detenuti nel Regno Unito e negli Stati Uniti e ha insegnato dramma dentro le carceri in entrambi i paesi. Lampedusa è il suo primo testo rappresentato in Italia.

Debutto nazionale
21 luglio 2017 Mittelfest Cividale del Friuli, Teatro Adelaide Ristori

Lampedusa
di Anders Lustgarten
testo inedito - novità italiana 

Traduzione di Elena Battista 

Con
Donatella Finocchiaro
Fabio Troiano

Scene e costumi di Alvisi e Kirimoto

Regia Gianpiero Borgia

Produzione BAM Teatro - Teatro Eliseo - Mittelfest 2017
 in collaborazione con La Corte Ospitale

PICCOLO ELISEO
Da mercoledì 31 gennaio a domenica 18 febbraio 2018

Orario spettacoli: 
Da martedì a sabato ore 20.00
domenica ore 17.00


Biglietteria tel. 06.83510216 
Giorni e orari: lun. 13 – 19, da martedì a sab 10.00 – 19.00, dom 10 - 16
Via Nazionale 183 – 00184 Roma
Biglietteria on-line www.teatroeliseo.com e www.vivaticket.it
Call center Vivaticket: 892234

Prezzo 20 € 
ph.AzzurraPrimavera

Giornata della Memoria, La solidarietà abruzzese verso gli ebrei

di Mario Setta - Sono  trascorsi  73 anni da quel 27 gennaio 1945, quando furono aperti i cancelli del lager di   Auschwitz. In quel giorno è stata aperta la porta dell’inferno e  l’umanità ha conosciuto il suo aspetto bestiale: lo sterminio (Shoah).
Una delle pagine più nere della storia,  provocato da  un’ideologia assurda, pazzesca: l’antisemitismo. Hitler lo aveva scritto nel libro, Mein Kampf (1925) e Mussolini lo aveva codificato nel Manifesto del razzismo italiano (14 luglio 1938), dichiarando, tra i dieci punti : “Esiste una pura razza italiana; è tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti; gli ebrei non appartengono alla razza italiana”.  E subito dopo la pubblicazione del “manifesto”, arrivarono le leggi contro gli ebrei. Il fascismo si allineava al  nazismo.
Furono creati campi di internamento per ebrei italiani e stranieri. E molti di questi campi erano in Abruzzo: Chieti, Casoli, Città S. Angelo, Civitella del Tronto, Corropoli, Isola del Gran Sasso, Lama dei Peligni, Lanciano, Nereto, Notaresco, Tollo, Tortoreto, Tossicia. (cfr. Carlo Spartaco Capogreco, I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista 1940-1943, Einaudi, Torino 2004). C’è una testimonianza poco conosciuta, ma sconvolgente, il diario di Maria Eisenstein, dal titolo L’internata numero 6,  sulla sua permanenza nel campo di Lanciano.  Una pagina  di vita reale, che sembra l’Incipit del romanzo “Il Processo” di Kafka: «La mattina del 17 giugno 1940, sette giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia e sei giorni dopo aver ricevuto la notizia della morte di mio padre in Polonia, alle sette e minuti, un ometto in borghese, mal vestito, si presentò a casa mia…».   
E’ vero, però,  che molti ebrei trovarono ospitalità e complicità da parte di molte famiglie abruzzesi,  che li accolsero e li sfamarono.  Ne sono testimonianza le memorie dei confinati e dei fuggiaschi, nascosti in Abruzzo: da Ginzburg a Finzi-Contini, da Fleischmann a Pirani, dalla famiglia  Modiano ai Fuà, fino a  Beniamino Sadun, che, con la madre, si nascose a Scanno, in compagnia dell’amico Carlo Azeglio Ciampi (cfr. “Il Sentiero della Libertà. Un libro della memoria con Carlo Azeglio Ciampi”, Laterza 2003).  Durante l’intervista, durata un intero pomeriggio, gentilmente concessami  nella sua abitazione a Roma, Beniamino Sadun, ingegnere ultraottantenne, al ricordo dell’accoglienza ricevuta a Scanno e nei paesi della Valle del Sagittario, non faceva altro che parlare e piangere.  
A Pizzoli era stato confinato Leone Ginzburg, che morirà nel carcere di Regina Coeli, il 5 febbraio 1944. All’età di 35 anni. La moglie, Natalia Ginzburg, nel romanzo autobiografico Lessico famigliare ha scritto: “Avremmo lasciato l’Abruzzo con dispiacere, come l’avevano lasciato con dispiacere Miranda e Alberto… Partii dal paese il primo di novembre… Mi venne in aiuto la gente del paese. Si concertarono e mi aiutarono tutti.” 
A Navelli, si trovava la famiglia Fleischmann, con altri ebrei.  Uno dei componenti, allora ragazzo, ha raccontato la storia in un libro autobiografico dal titolo Un ragazzo ebreo nelle retrovie (1999), scrivendo: “I contadini qui sono meravigliosi. Sebbene nessuno abbia detto nulla, cominciano a portare forme di formaggio o pezzi di pane o uova, e presentano tutto con un fare imbarazzato, come se si vergognassero”. 
Giovanni Finzi-Contini, componente della famiglia ebrea resa celebre dal romanzo di Bassani e dal film di Vittorio De Sica, Il giardino dei Finzi-Contini,  è spesso tornato a scrivere dei suoi rapporti con Atessa, la cittadina abruzzese che aiutò la sua famiglia. Nel libro Cara cugina” (2002), scrive: “Temo di amare questa terra… avverto una sorta di corrispondenza biologica, oserei dire animale,  tra la mia carne e le forme di questo paese sperduto: quasi che il vento gelido che a sera scende dalla lontana Maiella abbia per me ormai un significato personale e individuale troppo radicato e profondo: un legame come tra madre e figlio…” . Alla solidarietà dimostrata dalla gente, Finzi-Contini dà una sua risposta: “…un simile comportamento non può non derivare da consuetudini remote, da una sapiente tolleranza e da un superiore rispetto per l’uomo ormai connaturali a queste popolazioni…”. 
Ma, il caso più emblematico è quello del giovane ebreo diciassettenne di Sulmona, Oscar Fuà.   Era stato nascosto, con tutta la famiglia, nelle case di amici sulmonesi. Si verificava a Sulmona ciò che avveniva ad Amsterdam, dove in un edificio di via Prinsengracht 263, viveva nella clandestinità la famiglia Frank. Il celeberrimo “Diario” di Anna Frank descrive l’isolamento e la paura di essere scoperti. Ma a differenza dei Frank che furono traditi e deportati nel lager di Bergen Belsen dove morirono, la famiglia Fuà non venne denunciata né scoperta. Anzi, con l’arrivo a Sulmona dei patrioti della Brigata Maiella, Oscar Fuà vi si arruola con l’obiettivo di contribuire alla liberazione d’Italia. Dopo pochi mesi, il 4 dicembre 1944, viene ucciso in battaglia a Brisighella, in provincia di Ravenna. Qualche tempo prima, passando da  Recanati, aveva acquistato una cartolina del paese con alcuni versi di Leopardi, indirizzandola alla sorella Giuseppina. Non era riuscito a spedirla. Gliela trovarono in tasca. Ai familiari furono riconsegnati: la cartolina non spedita,  un portafoglio, un pezzo di stoffa dei pantaloni. 
(Cfr. “Terra di libertà, storie di uomini e donne nell’Abruzzo della seconda guerra mondiale” a cura di Maria Rosaria La Morgia e Mario Setta) 

Ad Auschwitz oggi e ieri

di Mario Setta - Ad Auschwitz, oggi, c’è gente. Tanta gente. Per ricordare. Allora, per morire. 

“Non si riesce a credere nell’incredibile. Non è possibile che l’irreale diventi realtà” dice nel manoscritto, ritrovato su questo terreno, l’ebreo Zalmen Gradwoski. 
Ad Auschwitz non si va in visita come ad un museo. Si va a condividere la tragica sorte di quei milioni di innocenti dei quali si calpestano ancora le ceneri. Annientati con le tecniche più impensabili, con le morti più atroci. Un gusto (!), talmente barbaro e disumano, da non poter nemmeno credere che si sia trattato di comportamenti tra esseri umani.

“Perché Signore hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?” ha gridato qui 
Benedetto XVI. Ma la domanda andrebbe rivolta all’Uomo. Perché ad Auschwitz non sono morti ebrei, cattolici (p. Kolbe), zingari, testimoni di Geova, ecc. Sono morti gli uomini. Semplicemente e totalmente uomini. Non pochi, ma milioni. E i carnefici non hanno ucciso solo dei poveri sventurati. Hanno ucciso, anche e soprattutto, se stessi. Una guerra tra morti. Come tutte le guerre. 

Qui è la tomba dell’umanità. Una tomba che attende la voce di Cristo: “Uomo, vieni fuori!”, 
come disse, piangendo, sulla tomba dell’amico Lazzaro. Il grido della “resurrezione” dai morti 
dell’intera umanità. Perché, perfino in questa “residenza della morte”,  c’è stato chi ha lottato 
per la vita. Eccezioni. Ma ci sono state. Basta ricordare Witold Pilecki, fattosi volontariamente
arrestare dalla Gestapo per  raccontare al mondo gli orrori di Auschwitz. 
Ne ha pubblicato una interessante e accurata  biografia, col titolo “Il volontario” (Laterza 2010), Marco Patricelli, storico e giornalista abruzzese. Ci sono anche  i cosiddetti “negazionisti”, che affermano come il genocidio non sia mai esistito e che la “soluzione finale” (endlösung) sia solo un “flatus vocis”. Ma il negazionismo  non è una   questione storiografica. Sembra piuttosto una questione patologica: una cecità. 

Rudolf Höss, comandante del KL (/KonzentrationLager) di  Auschwitz, Oberstumbannführer delle SS, ha lasciato questa  descrizione agghiacciante, sconvolgente, terrificante: 
« Lo sterminio ad Auschwitz avveniva nel modo seguente: gli ebrei destinati alla morte, uomini e donne separatamente, venivano condotti con la maggior calma possibile ai crematori. Negli spogliatoi i prigionieri del Sonderkommando li inducevano a spogliarsi, dicendo che li avevano portati lì per il bagno e la disinfestazione… Dopo la svestizione, gli ebrei entravano nelle camere a gas, provviste di docce  e di lavandini per dare meglio l’impressione di stanze da bagno… Quindi si chiudevano rapidamente le porte e il gas veniva immediatamente fatto uscire dagli appositi serbatoi e immesso, attraverso fori praticati nel soffitto, in un pozzo d’aerazione che li faceva arrivare fino al pavimento. Questo assicurava l’immediato diffondersi del gas. Attraverso gli spioncini praticati nelle porte si poteva osservare come le persone più vicine al pozzo d’aerazione cadessero morte all’istante. Si può dire che un terzo circa moriva subito. Gli altri cominciavano ad agitarsi, a urlare, a lottare in  cerca di aria, ma ben presto le grida si trasformavano in rantoli, e dopo pochi minuti tutti giacevano a terra. Non passavano venti minuti, e già più nessuno si muoveva. […] A questo punto gli uomini del Sonderkommando estraevano ai cadaveri i denti d’oro, e tagliavano i capelli alle donne. Poi i cadaveri venivano portati col montacarichi ai forni che intanto erano stati accesi. »

I Graffiti dell’orrore di Palazzo Steri-Chiaramonte, sede dell’inquisizione siciliana

di Andrea Giostra - I Graffiti di Palazzo Steri-Chiaramonte di piazza Marina a Palermo, hanno dell’inquietante, dello spettrale, del doloroso, trasudano di disperazione e di funereo, di mortificazione e di abbandono, di violenza e di prepotenza.

La prima volta che li vidi, alcuni anni fa, fui accompagnato dall’allora Rettore dell’Università degli Studi di Palermo, Roberto Lagalla, che come un esperto Cicerone m’illustrò e mi raccontò le storie che i ricercatori dell’università avevano ricostruito utilizzando antichissimi documenti e sperdute tracce lasciate dalle vittime del cinico e crudele potere religioso di allora. Ricordo che sentii brividi e terrore attraversarmi il corpo, ma al contempo, mi assalì una profonda curiosità di conoscere quelle storie, quegli uomini e quelle donne, che mi costrinse ad ascoltare con voracità i racconti e le parole del Rettore.

Fu nel 1603 che l’architetto spagnolo Diego Sanches venne incaricato dall’Inquisizione di progettare un edificio per ampliare le prigioni dello Steri, già sede del Sant’Uffizio in Sicilia dal 23 luglio 1601 al 27 marzo 1782. Questo rimane il primo esempio di edilizia carceraria a Palermo, completato in due momenti, la prima parte, quelli del piano terra, nel 1605, dove furono ricavate otto celle, dopo qualche anno vennero realizzate altre sei celle nel primo piano. Terminata l’Inquisizione, lo Steri fu destinato ad Archivio della Reale Cancelleria e del Tribunale Civile, per poi essere destinato, agli inizi del Novecento, ad Archivio del Tribunale Penale. Nel 1957 il Tribunale venne trasferito nell’attuale sede di piazza Vittorio Emanuele Orlando, e il carcere venne lasciato in uno stato di totale abbandono. Solo nel 2005 iniziarono i complessi e luoghi lavori di recupero e di restauro.

Giuseppe Pitrè (1841-1916), famosissimo etnografo palermitano, fu colui che tra il 1906 e il 1907, dopo aver scavato per oltre sei mesi negli intonaci che avevano coperto tutte le possibili tracce, scoprì i Graffiti dello Steri. «Linee sovrapposte a linee, disegni a disegni davano l’idea di una gara di sfaccendati ed erano sfoghi di sofferenza», scrisse nei suoi appunto durante la scoperta il Pitrè, che battezzò quelle incisioni a parete, “palinsesti del carcere”. Dopo di allora, le prigioni furono chiuse e nessuno se ne occupò più per moltissimi anni, fino al recente restauro iniziato nel 2005, e alla successiva fruizione turistica iniziata circa dieci anni fa.
Leonardo Sciascia (1921-1989), impressionato dalle segrete e dalle malefatte che immaginò strazianti “urla senza suono”, ci scrisse un racconto, “Morte dell’Inquisitore”, pubblicato nel 1964, ambientato proprio a Palazzo Steri, che narra di Fra Diego La Matina.
Il grande fotografo Ferdinando Scianna (1943), all’inizio degli anni Ottanta, ricevette segretamente l’incarico di realizzare un reportage fotografico proprio da Leonardo Sciascia, per dare testimonianza dei graffiti alla luce allora. Le foto dimostrano l’abbandono e l’incuria in cui Palermo aveva lasciato quelle preziose testimonianze di vite e di storia siciliana.

I ricercatori hanno stimato che il più antico dei graffiti, datato 1632, è a firma di Battista Gradu e Thomasi Rizzo, ambedue di Messina. Le scritte sono in siciliano, latino, inglese, arabo-giudaico. Il più drammatico ricorda l’incipit del Canto III di Dante all’ingresso dell’Inferno, «Nisciti di speranza vui ch'intrati». Il più ironico recita così, «Allegramenti o carcerati, ch' quannu chiovi a buona banna siti.» (Rallegratevi o’ carcerati, perché quando pioverà sarete in un buon posto riparato). Molto interessante è il graffito del giovane pescatore Francesco Mannarino, rapito in mare e venduto ad un Ra’is, finendo come mozzo di una nave corsara. Durante i tre mesi di prigionia allo Steri, Mannarino incise magnificamente la battaglia di Lepanto del 1571, che ricostruì grazie ai racconti dei suoi compagni di navigazione. La maggior parte dei graffiti gronda dolore, rabbia, pentimento, devozione a Dio, alla Patrona di Palermo, La Santuzza, Santa Rosalia, e poi alla Madonna, ai tanti santi. Riportiamo fedelmente alcune delle scritte incise: «Poco patire, eterno godere, poco godere eterno patire»; «Maledetto è l'uomo iniquo e rio che confidasi in uom e non in Dio»; «Pochi giungono al ciel, stretta è la via»; «Santa Rosalia che hai salvato Palermo dalla peste salva anche me». Le incisioni raffigurano per lo più il Cristo, la Madonna, i santi, gli angeli e i diavoli, mappe della Sicilia e di paesi conosciuti, date e simboli; sono tante e tutte straordinariamente impressionanti e molto belle. Sono tutti graffiti di condannati a morte dall’Inquisizione siciliana. Prigionieri che sapevano bene di non avere più alcuna possibilità di uscire vivi da quella terribile prigionia. L’unica speranza, per chi credeva in Dio, era quella di liberarsi con la morte da quelle torture, da quella prigionia, e trovare pace nell’aldilà.

Le prigioni si trovano all’interno del sontuoso e poderoso Palazzo Steri, già sede dell’Inquisizione siciliana, ma che fu anche residenza della potentissima famiglia siciliana dei Chiaramonte, oltre ad essere stata sede dei viceré di Sicilia nell’età degli Asburgo, e in successione, della dogana, degli uffici giudiziari del tempo.

Le prigioni, o “segrete”, come si chiamano tecnicamente, dopo quasi cento anni di oblio, sono tornate alla luce con tutte le loro verità. Il restauro fu affidato all’“Opificio delle Pietre Dure di Firenze”, che fecero un lavoro di recupero certosino e di altissimo pregio, tenuto conto che l’allora viceré Caracciolo diede alle fiamme gli archivi dell’Inquisizione per cancellare qualsiasi traccia dei soprusi, delle violenze, degli orrori delle segrete di Palazzo Steri.
Le prigioni furono attive dal 1623 al 1782, per quasi cento sessanta anni, un periodo infinito, il periodo più feroce e violento della storia della Sicilia. Furono i seguaci del potentissimo Inquisitore Torquemada a compiere quegli atti terribili, il più delle volte per spogliare di tutti i beni materiali le vittime predestinate, che spesso non avevano commesso alcuna colpa se non il loro potere e le loro ricchezze. Furono 188 le vittime che resistettero alle torture e a non confessarono i loro peccati, che furono arsi al rogo nel corso di quelli che erano vere e proprie feste di piazza, le cosiddette “Auto da fé”. L’allora potente macchina del Sant'Uffizio, che disponeva di oltre 25 mila fidatissime aguzzini, era davvero lucifera.

Palazzo Steri-Chiaramonte si trova nel famoso quartiere della Kalsa, in prossimità del porto storico della città, conosciuto ai siciliani più colti, anche come “Mandamento dei Tribunali”. Durante il periodo della dominazione araba, la Kalsa, o “al Khalisa” (L’Eletta), era il quartiere più importante. I re di Spagna stabilirono in questo Palazzo la sede del Tribunale dell’Inquisizione.
Palazzo Steri sta per “Hosterium”, ovvero, Palazzo Fortificato, abbreviato in dialetto siciliano con “Osterio”. La costruzione ebbe inizio nel 1307 ad opera del potente e ricchissimo Conte Manfredi Chiaramonte, proprietario dell’immenso Feudo di Modica, detto anche “Regnum in Regno”, che godeva di grandi e tali privilegi che gli aragonesi dovevano chiedere il suo permesso per alloggiare a Palermo, preferendo risiedere a Catania o a Messina per l’intero anno. La potenza dei Chiaramonte si concluse nel 1392 con l’uccisione in pubblica piazza dell’ultimo dei discendenti, Andrea Chiaramonte, e con la confisca di tutti i beni di famiglia che passarono alla Casa Reale. Dal 1468 al 1517 il Palazzo fu la dimora dei sovrani aragonesi, poi dei viceré spagnoli, per diventare infine sede dell’Inquisizione. Piazza Marina divenne il luogo preferito dove eseguire i roghi e le esecuzioni dei condannati a morte. L’Inquisizione venne definitivamente abolita il 27 marzo 1782, e, come abbiamo già scritto, tutti le macchine di tortura e i documenti dei sommari processi, dati alle fiamme dal viceré Caracciolo.
 Leggi qui gli articoli di Andrea Giostra
Contatti:
Piazza Marina 59 – 9134 Palermo
+39 091 238 93788
+39 091 238 96775

Visite:
Complesso Monumentale Steri
Ingresso a pagamento
Accessibile a persone con mobilità ridotta
Orari di apertura:
Lunedi: chiuso.
Dal martedì alla domenica: 10:00-18:00

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ANDREA GIOSTRA

La bisbetica domata di e con Marco Belocchi dal 31 gennaio al 18 febbraio Teatro Anfitrione Roma

Dopo il successo dello scorso anno con Il Misantropo che ha registrato diversi sold out nelle due settimane di repliche, torna al Teatro Anfitrione una regia di Marco Belocchi. Dal 31 gennaio al 18 febbraio è in scena La bisbetica domata di William Shakespeare. Insieme allo stesso regista in scena troviamo Eleonora Pariante, Giustino De Filippis, Giuseppe Alagna, Maurizio Castè, Maurizio Ranieri,Valentina Maselli, Manuel Ricco, Alessio Pedica, Teresa Marra.

La bisbetica domata è certamente una delle più famose commedie del grande drammaturgo inglese e, ancorché risalente al suo primo periodo, riesce ad essere ancora oggi divertente e graffiante nello stesso tempo. La storia dell’unione forzata di un signorotto veronese con la primogenita scontrosa, e bisbetica appunto, di un benestante di Padova è uno specchio della società del suo tempo e in parte anche del nostro, dove spesso ai sentimenti d’amore viene anteposto l’interesse, il denaro, la scalata sociale, dove l’ambizione di Petruccio si scontra col carattere spigoloso di Caterina e dove i metodi per ottenere il proprio fine sono talvolta ai limiti della coercizione e della brutalità (altro tema assai vicino ai nostri giorni!).

Poi c’è la trama parallela, desunta da una commedia di Ariosto, dove invece l’amabile Bianca, sorella della prima è corteggiata da ben tre spasimanti che, con trovate, travestimenti e quant’altro, cercano di contendersi le sue grazie. Alla fine si celebreranno entrambi i matrimoni, ma sarà proprio la bisbetica Caterina a sembrare la sposa più amabile e ubbidiente e tra lei e Petruccio sembra davvero sbocciare l’amore. Però…

Però Shakespeare ci racconta questa bella e divertente storia come fosse una recita messa su da alcuni commedianti di passaggio da rappresentare a Sly, un povero ubriacone che vi assiste come ad un sogno, e, prendendo spunto da un’edizione anonima della stessa commedia dove risulta anche un epilogo che forse nella versione shakespeariana venne espunto, Sly, risvegliatosi, ne conclude che forse donne remissive non ve ne saranno mai!


Insomma una commedia mai scalfita dall’usura del tempo, giocosa e ardita, pungente e un po’ irriverente, dove l’eterno contrasto tra i due sessi viene scandito da una esuberanza verbale, da slanci vitali e situazioni bizzarre in un’alternanza che ha davvero pochi eguali.


LA BISBETICA DOMATA

di William Shakespeare

diretto da Marco Belocchi

con Eleonora Pariante, Marco Belocchi, Giustino De Filippis, Giuseppe Alagna, Maurizio Castè, Maurizio Ranieri,Valentina Maselli, Manuel Ricco, Alessio Pedica, Teresa Marra

Scene e luciManuela Barbato

Costumi Maria Letizia Avato

Aiuto regia Francesca Di Meglio

Organizzazione Mara Fux

Ufficio stampa Rocchina Ceglia

Produzione A.C. Genta Rosselli - 1° Agosto Film

Teatro Anfitrione di Roma

via di San Saba 24

dal 31 gennaio al 18 febbraio 2018

Dal giovedi al sabato alle ore 21, domenica alle ore 18

Giovedì 8 febbraio ore 18.

Biglietti: intero 20,00 € - ridotto 15,00 €

Tel: 06.5750827

Carla Bruni, in Italia 6 e 9 aprile per presentare l'album “FRENCH TOUCH”

CARLA BRUNI arriva in Italia per presentare dal vivo il suo ultimo album “FRENCH TOUCH” (Verve Records / Barclay / Universal Music France) in 2 uniche date live: il 6 aprile al Conservatorio di MILANO (Sala Verdi) e il 9 aprile al Teatro Sistina di ROMA.


È possibile acquistare in prevendita i biglietti per le date, organizzate da Intersuoni – BMU in collaborazione con Show Bees, sul sito di TicketOne.it e nei punti vendita e prevendite abituali.

FRENCH TOUCH” è il quinto album in studio della cantautrice, una raccolta di cover in lingua inglese prodotte dal leggendario compositore e musicista DAVID FOSTER.
Il disco contiene il primo singolo “ENJOY THE SILENCE” (https://youtu.be/pm3bPZ6W5fw), una versione intima e nuda del successo del 1990 dei DEPECHE MODE, qualcosa con cui la maggior parte dei musicisti non si confronterebbe, una canzone “che non ha bisogno di una cover”. La nuova versione ha riportato il brano alla sua essenza, unendo chitarra, piano e la voce raffinata di Carla.
Oltre a “ENJOY THE SILENCE”, il disco contiene anche la cover del brano dei Rolling Stones “MISS YOU” (il cui video, diretto da Jean-Baptiste Mondino, è visibile al seguente link https://youtu.be/0garcpH0dY4e “A PERFECT DAY” di Lou Reed.
Tutte le cover raccolte in questo album sono state rivisitate con quel French Touch impossibile da non riconoscere, con un perfetto equilibrio tra una nuova sensualità e l’appeal del brano originale. Il French Touch è qualcosa di caldo e familiare, di inimitabile come Carla. 
Carla Bruni ha iniziato a scrivere e suonare nel 1997 e il suo primo album “Quelqu’un m’a dit” (Someone Told Me) è stato pubblicato nel 2002. Il singolo omonimo estratto dall’album vanta, ad oggi, quasi 40 milioni di stream su Spotify.
Dopo quel disco Carla Bruni ha pubblicato altri 3 album, acclamati dalla critica, che hanno venduto oltre 3 milioni di copie nel mondo tra cui “No Promises”(2007) che conteneva adattamenti di poesie di grandi autori inglesi, “Comme si de rien n’était (As If Nothing Happened) nel 2008 e “Little French Songs” nel 2013.


Muhammad Ali, icona dell'espressionismo pop, in mostra ad Affordable Art Fair a Milano dal 26 al 28 gennaio

“Vola come una farfalla, pungi come un’ape”. La frase più celebre di Muhammad Ali, che definisce il suo atteggiamento non solo sul ring ma anche nella vita, pronunciata nel 1964 prima del match con Sonny Liston, è al centro di “Today Boxing”, una delle opere di richiamo della 8° edizione di Affordable Art Fair.
La fiera d’arte contemporanea accessibile, in programma a Milano, al Superstudio Più, dal 26 al 28 gennaio (inaugurazione il 25 gennaio), che mette in vendita opere al prezzo massimo di 6.000 euro, quest’anno sposa il motto “Living with art” (Vivi con l’arte).
L’opera “Today Boxing”, in acrilico su tela (formato 80 x 100 cm) della galleria Pisacane Arte, è firmata da Pierugo Giorgini, in arte YuX, friulano di origine e milanese d’adozione, uno dei migliori interpreti del cosiddetto “espressionismo pop”. L’artista utilizza colori accesi e contorni neri e decisi per enfatizzare l’impatto iconico di Muhammad Ali, the World’s Greatest, il più grande pugile e sportivo di tutti i tempi, la cui grandezza è incorniciata ed esaltata come fosse un manifesto pubblicitario. La citazione “Vola come una farfalla, pungi come un’ape” viene tradotta artisticamente con la puntuale rappresentazione sui due guantoni del pugile americano proprio di un’ape e una farfalla.

L’8ª edizione di Affordable Art Fair promette di incantare il pubblico con proposte artistiche di qualità e opere dal significato da scoprire, in un appassionante giro del mondo tra le 85 gallerie internazionali presenti. La formula vincente della manifestazione resta invariata: grandi nomi dall’arte contemporanea e ultime tendenze, in un appuntamento diventato ormai un must per gli art – enthusiast, per i collezionisti annoiati da ambienti troppo istituzionali e per i curiosi che si avvicinano per la prima volta a questo effervescente mondo. Affordable Art Fair è un momento di incontro, di scambio, di ricerca e di condivisione delle ultime tendenze dell’arte contemporanea, in un’atmosfera dinamica e accogliente. Il luogo perfetto per scoprire artisti emergenti e opere che esprimono la cultura di paesi lontani.

Nel seguente link tutti i dettagli per l’acquisto dei biglietti: http://bit.ly/1SCbHtl


AFFORDABLE ART FAIR MILANO
26-28 gennaio 2018
(Opening su invito e prevendita online giovedì 25 gennaio)
Superstudio Più. Via Tortona 27, Milano

DAL 2 ALL'11 MARZO FIRENZE DIVENTA CAPITALE ITALIANA DEL CIOCCOLATO

Conto alla rovescia cominciato per “FIRENZE E CIOCCOLATO” FIERA DEL CIOCCOLATO ARTIGIANALE, che DAL 2 ALL'11 MARZO 2018 farà di Firenze la capitale del cioccolato in tutte le sue espressioni!

Un'edizione speciale che rappresenta a tutti gli effetti una sorta di “anno zero” dell'ormai storica manifestazione – da quattordici anni fra gli appuntamenti più attesi e partecipati del panorama toscano – che si presenterà al pubblico in una veste completamente rinnovata, sia dal punto di vista estetico che a livello di contenuti: una golosa tappa per curiosi ed appassionati, ma anche una vetrina dedicata ad operatori e professionisti.
Nella splendida cornice offerta da Piazza SS. Annunziata, nel cuore di Firenze, un parterre di oltre venti maestri cioccolatieri provenienti da tutta Italia offrirà al pubblico, fra cioccolatini, praline, tavolette, ganache e molto altro ancora un imperdibileviaggio da nord a sud della Penisola nell'universo del cioccolato e delle sue più originali interpretazioni artigianali.
Imperdibile il programma che animerà ininterrottamente le giornate dell'evento, con preparazioni in diretta e cooking showfirmati da chef stellati e di caratura nazionale: Rocco De Santis (Santa Elisabetta), Deborah Corsi (La Perla del Mare), Beatrice Segoni (Konnubio), Matia Barciulli (Osteria di Passignano), Alessandro Liberatore (Villa Cora), Vincenzo Guarino (Il Pievano),Silvia Baracchi (Il Falconiere), Alessandro Sardi (La Bottega del Buon Caffè) e Massimiliano Catizzone (Villa La Palagina).
E poi ancora giochi e laboratori dedicati ai più piccolidegustazioni ed abbinamenti guidati, con contaminazioni dai mondi dipasticceria, gelateria e cucina d'autore. Ma non solo. Ampio spazio avranno infatti una serie di incontri di approfondimento del “prodotto cioccolato” di taglio trasversale, con particolare attenzione agli aspetti salutistici e nutrizionali passando da prospettive più insolite come il rapporto fra sport e cioccolato ed altre tematiche di attualità.
Martedì 6 marzo anche un momento di grande valenza sociale organizzato in collaborazione con la Caritas di Firenze: presso la mensa del centro storico - affacciata proprio sulla piazza sfondo della fiera - Luigi Bonadonna, chef dello Chalet Fontana, realizzerà un pranzo “a tema” per gli ospiti della struttura.
Ad arricchire il calendario anche spettacoli ed intrattenimenti, che faranno di Piazza SS. Annunziata un luogo in cui trascorrere piacevoli momenti di gusto e relax con tutta la famiglia. La manifestazione, ad ingresso gratuito ed aperta tutti i giorni dalle 10 alle 22, è organizzata da JDEvents di Firenze. Fra i collaboratori il maître chocolatier Andrea Bianchini.

Programma e aggiornamenti in tempo reale sono disponibili sul sito www.fieradelcioccolato.it.

Info: 055.433349 | 
info@fieradelcioccolato.it
Web: www.fieradelcioccolato.it
FB: 
https://www.facebook.com/FieraCioccolatoFirenze/

Palermo, dal 9 febbraio LA KERMESSE DEGLI ARTISTI MOSTRA COLLETTIVA DI PITTURA E SCULTURA

Giorno 9 febbraio, alle ore 16,30, presso la Galleria "Nicola Scafidi" di Villa Niscemi a Palermo, sarà inaugurata la manifestazione artistica organizzata dai presidenti delle associazioni "KERMESSE" di Giorgio Fiammella e "ARGA SICILIA" di Mario Liberto, col patrocinio del Comune di Palermo e alla presenza del Sindaco Prof. Leoluca Orlando; presenterà l'evento la cantautrice Patrizia Genova.

Saranno in mostra le opere di 5 artisti: ALESSANDRA LIBERTO, CRISTINA PATTI, GIUSY PROSA, NUNZIO MAZZAMUTO, SALVATORE TOSTO, pittori e scultori, tutti siciliani ed ognuno con le proprie peculiaritàche ben li contraddistinguono l'uno dall'altro e nel panorama artistico dell'isola.
La mostra sarà preludio di tante altre manifestazioni che vedranno la città di Palermo coinvolta,  per l'anno 2018, in un caleidoscopio di eventi culturali in quanto, insignita del titolo di "PALERMO CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2018".
 La Kermesse sarà visitabile fino al 15 febbraio 2018 dal lunedi al sabato dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 16.30 alle ore 19.30 . domenica dalle ore 9.30 alle ore 12.30
Il Presidente
Giorgio Fiammella
Villa Niscemi.  piazza dei quartieri 2 Palermo. tel. 091 740 4822.
mail: cerimonialesindaco@comune.palermo.it

Mostra a Palermo, Ricordi Futuri 3.0 dal 25 gennaio a Palazzo Sant'Elia

Si inaugura il 25 gennaio 2018, a Palazzo Sant’Elia di Palermo, la mostra “Ricordi Futuri 3.0” che guarda al passato, ma lo coniuga col presente, rintracciando il dolore di ieri tra i migranti di oggi.
Curata da Ermanno Tedeschi e Flavia Alaimo, questa mostra si avvale di molti illustri promotori ed una co-produzione con l’Associazione Acribia, la Fondazione Sant’Elia. Il Patrocinio è della Città Metropolitana di Palermo, del Comune e dell’Università di Palermo, ma anche con l’Associazione francese Amici dell’Università Tel Aviv, l’UCEI – Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e l’Ambasciata di Israele.
Un mostra incentrata sulla memoria della  Shoah, che ripercorre il filo di quanto accaduto, come conoscenza, cultura ed emozioni per generare, attraverso le coscienze, un coniugo con il presente riportandoci con un veloce parallelo, nel dolore dei nostri migranti di oggi, La memoria serve a far progredire l’uomo realizzando un futuro migliore, apprendendo gli insegnamenti e le esperienze della storia.
Nel percorso espositivo oltre alle istallazioni di oggetti simbolici ed opere di arte contemporanea, vi è anche il supporto di proiezioni multimediali.

Questa mostra garantirà al visitatore un’esperienza autentica e coinvolgente, fortemente emozionale nella memoria della Shoah, cardine rievocativo della cultura Ebraica, che perpetua ogni 27 gennaio. Vi sono esposti documenti e materiali storici inediti che coinvolgono il territorio della Trinacria, incluse alcune lettere di espulsione di professori universitari nel periodo del fascismo.
La mostra sarà visitabile fino al prossimo 24 marzo 2018.
Un cenno merita anche la prestigiosa location in cui la mostra è allestita: Palazzo del Marchese di Santa Croce poi Trigona di Sant’Elia. L’edificato fu edificato su una preesistenza struttura cinque-seicentesca, rendendolo uno dei più sfarzosi palazzi di Palermo, ma dopo l’estinzione dei Santa Croce passò a Romualdo Trigona e Gravina, principe di Sant’Elia. Nel tempo fini in disuso in totale stato di incuria, fino a che, dal 1984,  fu acquisito dall'amministrazione provinciale che provvide al suo restauro recuperandone prospetti, cortili, scuderie ed affreschi presenti in tutti i saloni, restituendo così l’antica aristocratica bellezza di questa bella dimora storica.
Attualmente Palazzo Sant’Elia è prestigiosa destinazione museale per mostre d’arte.
Ester Campese

Pinocchio di Philippe Boesmans, La Monnaie e Cypres presentano il cofanetto in uscita il 7 febbraio

Pinocchio non è solo l'opera con cui il rinnovato teatro dell'Opera La Monnaie di Bruxelles ha inaugurato la stagione 2017-18 a settembre.
È principalmente la nuova creazione di un vero monumento della musica contemporanea, il compositore belga Philippe Boesmans, interpretato da un cast francese in stato di grazia: Stéphane Degout, Chloé Briot, Yann Beuron, Marie-Eve Munger, Vincent Le Texier e Julie Boulianne. Motivi più che sufficienti per La Monnaie di immortalare questa produzione.
Il 7 febbraio la casa discografica Cypres presenterà una lussuosa edizione di Pinocchio. Il cofanetto conterrà una registrazione dell'opera stessa in un doppio CD accompagnato dal libretto di Joël Pommerat riccamente illustrato e il DVD Philippe Boesmans, compositore. Per realizzare questo documentario un'équipe de La Monnaie ha seguito il compositore belga per oltre un anno, ripercorrendo la sua eccezionale carriera con lui, da Tongeren, sua città natale, alle prime prove di Pinocchio ad Aix-en-Provence. Un assaggio della vita del compositore e della sua arte, con questa ultima opera che ha deliziato grandi e piccini in Aix come a La Monnaie.

LO STAGNO Regia di Armando Quaranta in scena al Teatro lo Spazio dal 24 al 28 gennaio


Lei e lui stanno insieme, convivono. Dividono, da un tempo lungo e indefinito, la stessa casa, gli stessi oggetti, lo stesso divano. Lei e lui non escono molto, o forse, non escono affatto: la casa è diventata una sorta di rifugio sicuro, un luogo in cui si è protetti da un mondo esterno che fa paura a prescindere, anche senza pericoli che incombono. Lei e lui si parlano, si amano, si odiano, si sopportano, si supportano, ma non sanno “come si fa a fare le cose”. Sono belli, immobili,strani, come certe cose che, a guardarle bene, sembrano uno stagno.

DAL 24 AL 28 GENNAIO
dal mercoledì al sabato ore 20.30
domenica ore 17.00
LO STAGNO
(II° classificato al concorso Corti Teatrali del Teatro lo Spazio 2017)
Regia di Armando Quaranta
Compagnia Bluestocking: Federico Galante, Martina Montini


Biglietto intero 12 euro
Biglietto ridotto 9 euro
Tessera semestrale 3 euro

Teatro Lo Spazio, Via Locri, 42 Roma  0677076486  0677204149


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