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L'uomo, la bestia e la virtù al Teatro L'Aura dal 7 al 17 dicembre

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Quest'anno il Teatro L'Aura dà spazio ai testi classici e tra questi non poteva mancare uno spettacolo di Luigi Pirandello. A portarlo in scena è Matteo Fasanella che dirige il lavoro dal 7 al 17 dicembre è in scena con L'uomo, la bestia e la virtù.

Sul palco con lo stesso regista troviamo anche Marco Lupi, Licia Amendola, Eleonora Setzu, Antonio Coppola, Giulia Bornacin, Gloria Luci Ghinellato, Tiziano Iadecola, Francesco Caponera
Adattamento in due atti dell’Apologo del maestro Luigi Pirandello.
In una città di mare, non importa quale, si intreccia la vicenda del Professor Paolino.
L’Uomo, in costante e disperata polemica nei confronti dell’ipocrisia generale del mondo che lo circonda, caduto nelle mani di una donna troppo pudica e timorata di Dio, si troverà costretto a indossare la maschera che tanto odia e critica.
Intorno a questo piccolo e incoerente figuro, gravitano tante maschere e pochi volti,in pieno stile Pirandelliano,: La Virtù, Sig.ra Perella, donna dalle poche e confuse sfaccettature, amante di Paolino e sposa del Capitano Perella, La Bestia, inquietante capitano del Segesta sempre in mare e mai felice di rientrare a casa.
Nonò, figlio undicenne dei coniugi Perella, è una trottola impazzita nelle mani di una madre troppo incapace di badare persino a se stessa.
Il Dottore, il Farmacista, i due Scolari, le due Governanti e il Marinaio, sono altre maschere ipocrite e dannate che si alternano nello svilupparsi della vicenda.

Scritta nel 1919, L’Uomo, La Bestia e la Virtù rappresenta ancora oggi una delle più attuali commedie del Maestro siciliano, che fa di quest’opera la sua critica all’ipocrisia dei rapporti tra gli esseri umani. Di qualsiasi estrazione sociale, orientamento religioso e/o sessuale, colore della pelle. In un clima esilarante e frenetico, questo testo rappresenta forse la più feroce cinica e tenace satira contro l’umanità e i suoi, troppo spesso, astratti valori.



L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’
Di Luigi Pirandello
Regia Matteo Fasanella
Con: Matteo Fasanella, Marco Lupi, Licia Amendola, Eleonora Setzu, Antonio Coppola, Giulia Bornacin, Gloria Luci Ghinellato, Tiziano Iadecola, Francesco Caponera
Scene: Maurizio Marchini
Costumi: Arianna Di Dio
Aiuto Regia: Caterina Taccone
Ass. alla regia. Andrea Ganzerla

Teatro L'aura
vicolo di Pietra Papa, 64
dal 7 al 17 dicembre
dal giovedì al sabato alle ore 21.00 domenica alle ore 18.00
Biglietti Intero 13.00 + 2.00 (tessera associativa)
Ridotto 10.00 + 2.00 (tessera associativa)
Info e prenotazioni 0683777148 - 346 470 3609
oppure nuovoteatrolaura@gmail.com


Kaos 2017, a Giuseppina Mira il riconoscimento "Alessio Passalacqua”: la lettura è cibo dell’anima. L'intervista di Fattitaliani

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Conto alla rovescia per l’edizione 2017 di Kaos, festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana, una miscellanea di arte, spettacolo, letteratura e musica. Sabato 8 e domenica 9 dicembre  letture, conversazioni, mostre, musica e ovviamente premiazioni si alterneranno all'Accademia di Belle Arti Michelangelo di Agrigento. Nel tardo pomeriggio di domenica verranno assegnati degli speciali riconoscimenti: fra le personalità insignite c'è la poetessa siculianese Giuseppina Mira. Fattitaliani l'ha intervistata.

A Kaos le verrà assegnato il riconoscimento "Alessio Passalacqua" per il suo contributo "nella promozione culturale del territorio"... Dunque, la poesia e la scrittura non perdono il loro mordente sulla realtà?
Prima di tutto, desidero dire che sono molto onorata e gratificata di ricevere il prestigioso riconoscimento "Alessio Passalacqua”, conferitomi dal Direttore del Festival “Il Kaos”, Peppe Zambito, e dalla Giuria, che ringrazio di cuore. Sin da giovanissima ho cercato di promuovere la cultura, intesa precipuamente come comunicazione, dialogo, apertura degli uni verso gli altri, amicizia, arricchimento di idee, sentimenti, riflessioni. Cultura come capacità di svegliare la vitalità che è dentro ognuno di noi, allontanando l’ozio, la noia, la droga, l’alcool, il bullismo, tante altre insidie, realizzando attività che ci facciano credere nelle nostre capacità e ci aiutino a far credere gli altri nelle loro capacità. Cultura non come esibizionismo ma come vita normale, fatta di cose semplici, appunto normali, ricorrendo al buon senso, al compimento del proprio dovere, al rispetto dei diritti propri e altrui. Cultura è anche, naturalmente,  allestimento di eventi artistici, di mostre, di concorsi letterari, di spettacoli e così via ed è da tanti anni che mi muovo in tale direzione e sono felice di essere la promotrice culturale della Rassegna Internazionale del Premio “Telamone” e dell’ACSI. In tal senso mi adopero soprattutto di divulgare l’amore per la poesia e la scrittura, che non perdono il loro mordente sulla realtà, poiché nel momento in cui portiamo avanti con coraggio, buona volontà, dedizione manifestazioni di tal genere, si può far comprendere che la poesia e la letteratura fanno parte della nostra umanità, infatti si chiamavano “Humanae Litterae”, migliorando la personalità, il rapporto tra noi e gli altri, tra noi e la natura.
Personalmente in che cosa si trova più a suo agio come scrittrice: nella poesia o nella prosa?
Personalmente mi trovo a mio agio sia nella poesia, sia nella prosa. Tutto ciò che produco è una mia creatura che amo. Forse propendo per la poesia, in quanto mi consente di far giungere subito il mio messaggio al lettore, che lo interiorizza, dopo averlo interpretato, e lo fa suo. La poesia è più incisiva, non ha la lunghezza del racconto, del romanzo. Mi sono chiesta spesso cosa io preferisca di più e ho scritto una brevissima poesia dialogata in tal senso:
SEMPRE A CAPOUn giorno la Prosa disse alla Poesia: “Scansafatiche!” e la Poesia rispose: “ Ma se lavoro giorno e notte per trovare l’ispirazione perché mi offendi con tale affermazione?” e la Prosa di rimando: “Ma vai sempre a capo! Prendi la scorciatoia!” e la Poesia a sua volta: ”Ma io cerco il verso giusto!” “Cerchi il tuo verso” replicò la Prosa. “Io almeno lo cerco ma tu non l’hai mai cercato”.
Comunque amo tanto il teatro e sto portando in scena una mia commedia. Amo pure le fiabe e i racconti e spero al più presto di pubblicarli.
E come lettrice?
Come lettrice, mi interessano quotidiani, settimanali, riviste, libri di svariati argomenti, la Bibbia che si dovrebbe studiare a scuola, essendo un capolavoro. La lettura è cibo dell’anima!
La fede l'ha accompagnata anche nei suoi componimenti: si potrebbe affermare che nella sua esperienza personale fede e versi si sono sostenuti vicendevolmente?
La fede mi sorregge e mi accompagna sempre, anche nelle mie opere . La fede è cammino di luce e per me la poesia è pure cammino di luce, che dirada le tenebre e mostra all’uomo il suo vero volto: quello di uomo, che in quanto tale riflette la Divinità insita in lui.
In che cosa oggi è visibile maggiormente una traccia di poesia secondo lei?
Oggi è visibile una traccia di poesia nei bambini, nella loro innocenza, nelle persone carismatiche che costituiscono vera poesia.
Internet può aiutare la poesia o questa semplicemente si trova a "naufragar "nel mare del web?
Internet può aiutare moltissimo a divulgare la poesia e consiglio a tutti di navigare nella poesia. Io ricorro anche ad Internet per fare innamorare della poesia, anche se il libro è insostituibile. Il caro amico libro! La società consumistica consumi più tempo a leggere! Giovanni Zambito.
Le pagine social dell’evento:
Instagram: Kaos Festival
Twitter: @kaos_festival
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Libreria Piola Bruxelles, l'8 dicembre "Le mani sul vinile", le fotografie di Luca Cozzani e il concerto del duo Shine

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Venerdì 8 dicembre dalle ore 18 alla Libreria Piola di Bruxelles un'esperienza polisensoriale, per cui vi serviranno le mani, gli occhi, le orecchie ma soprattutto il cuore:

* Eligio Paoni, un artigiano dei giradischi, un architetto di scatole sonore che uniscono tecnologia e materiali ricercati.
* Luca Cozzani, con la sua fascinazione per le mani non poteva che girarsi l'Asia a cercarle, osservarle e fotografarle. 
* Shine, un duo formato da Kekko Fornarelli e Riccardo Cherillo, due nomi che si sono fatti spazio nell'universo del jazz internazionale

PIOLA.LIBRI

 66-68 rue Franklin
B-1000 Bruxelles
info@piolalibri.be
T 0032 (0) 2 736 93 91

Segnalibro, Vito Bruschini a Fattitaliani: di ogni libro leggo dalla prima all’ultima pagina. L'intervista

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Esce oggi "Rapimento e riscatto. Il romanzo del sequestro di John Paul Getty III, erede dell’uomo più ricco del mondo" nuovo libro di Vito Bruschini (Newton Compton Editori). Fattitaliani lo ha intervistato per la rubrica "Segnalibro".
Quali libri ci sono attualmente sul suo comodino?
Il mio comodino è metafisico perché non riesco a leggere a letto, quando ci arrivo all’una o le due di notte, dopo il lavoro alla scrivania, stramazzo letteralmente sul cuscino. Il mio “comodino” si trova invece accanto alla scrivania, dove vedo crescere inesorabilmente due pile di libri, giorno dopo giorno. Nella prima colonna ci sono i libri che vorrei leggere per interesse personale. Nella seconda quella che amici ed estimatori mi inviano per chiedermi un giudizio o per scrivere una prefazione. Inutile dire che quando ho consegne programmate le due colonne sono destinate a superarmi in altezza. Ora che ho finalmente consegnato all’editore quest’ultimo romanzo, posso cominciare di nuovo a farle scendere d’altezza. Comunque per la cronaca, nella prima colonna in pole position ci sono Oscar Caplan con L’Ipotesi di Copenhagen e Giuseppe Genna con Nel Nome di Ishmael.
L'ultimo "grande" libro che ha letto?
Quell’aggettivo mi intimorisce un po’. Se per “grande” facciamo riferimento ai classici, rischio di deludere perché quello che doveva essere letto è stato fatto negli anni della formazione. Comunque un libro che considero importante per comprendere il corso della storia dell’umanità e che mi ha compito profondamente è L’Ultimo dei Giustidi André Schwarz-Bart. Un libro degli anni Sessanta che racconta di quegli uomini che si sono caricati delle sofferenze del mondo per rendere più accettabile il dolore che ci circonda.
Chi o cosa influenza la sua decisione di leggere un libro? 
Al di fuori dei libri obbligati che devo leggere per il mio lavoro, quelli che scelgo per il mio personale interesse li decido andando a spulciare i commenti dei lettori sulle varie piattaforme letterarie digitali. Seguo anche le recensioni dei vari blog. Naturalmente sono consapevole che molti di quei commenti e recensioni sono “addomesticati”; mi vanto di essere abilissimo a capire quali sono quelli affidabili e quali i taroccati.
Quale classico della letteratura ha letto di recente per la prima volta?
Due anni fa ho scritto un romanzo sui Manoscritti del Mar Morto, il titolo “Il Monastero del Vangelo Proibito”. Per documentarmi ho letto per intero e per la prima volta la Guerra Giudaica di Flavio Giuseppe.
Secondo lei, che tipo di scrittura oggi dimostra una particolare vitalità? 
Sicuramente quella che viene definita Graphic Novel. È un nuovo modo di raccontare storie con una doppia valenza: letteraria e grafica. Attualmente è in lavorazione proprio il mio romanzo Il Monastero del Vangelo Proibito, una storia che la trasposizione a fumetti non potrà che rendere ancora più affascinante e coinvolgente. Sono curioso di veder visualizzati i papiri, il misterioso Nemrut Dagi, le città sotterranee della Cappadocia e gli altri siti archeologici della Turchia dove la vicenda si svolge.
Personalmente, quale genere di lettura Le procura piacere ultimamente? 
Sono molto affascinato dai racconti di Frederich Forsyth. Mi impressiona la sua preparazione e gli approfondimenti specifici sulle tecniche e le strategie delle potenze mondiali. Ogni suo romanzo può essere considerato anche un saggio. Il massimo lo ha raggiunto secondo me con L’Alternativa del Diavolo.
L'ultimo libro che l'ha fatta sorridere/ridere?
È un romanzo breve di Alfonso Bottone, Angelina e le Altre. Racconta di eros e sentimenti, d’incontri brevissimi, a volte divertenti e disincantati. Ricco di citazioni, una in particolare ricordo a memoria: «Il punto G delle donne è nelle orecchie. Il loro miglior afrodisiaco sono le parole. Chi cerca più in basso spreca il suo tempo».
L'ultimo libro che l'ha fatta commuovere/piangere?
È un libro di Nicolò Angileri Il Fiore dei Gitani. Racconta di una ragazzina sfruttata da una famiglia di gitani che la sottrassero alla sua legittima famiglia. Libro attualissimo e che narra una vicenda vera essendo il suo autore un agente di polizia, di rara sensibilità, in servizio a Palermo nella squadra Mobile, presso la sezione specializzata in danno ai minori.
L'ultimo libro che l'ha fatta arrabbiare? 
È l’altra verità raccontata da Mauro Valentini sul caso Scattone-Ferraro, due nomi che forse oggi non diranno molto. Ma se cito il titolo del libro, s’aprirà la memoria: Marta Russo, Il Mistero della Sapienza. Valentini con rara abilità investigativa riesce a confutare il verdetto che condannò i due docenti universitari per la morte della povera universitaria. Ecco, questo mi ha fatto arrabbiare moltissimo… e se la sua analisi fosse vera?
Quale versione cinematografica di un libro l'ha soddisfatta e quale no?
Per questa domanda la memoria può essere una risorsa insufficiente. Quindi dico qualche titolo che mi passa ora per la mente (ma ce ne sarebbero tanti altri): positivi secondo me sono La Compagnia dell’Anello, tratto dal monumentale Hobbit; 300, il film in computer grafica tratto dall’omonimo libro di Andrea Frediani e il film tratto dal romanzo della Mazzantini Nessuno si salva da solo. Segno negativo per il recente La ragazza del treno, tratto dal bel libro di Paula Hawkins.
Quale libro sorprenderebbe i suoi amici se lo trovassero nella sua biblioteca?
Un libro di letteratura rosa o d’amore.
Qual è il suo protagonista preferito in assoluto? e l'antagonista?
Padre Cristoforo e l’Innominato.
Lei organizza una cena: quali scrittori, vivi o defunti, inviterebbe?
Mi piacerebbe invitare San Giovanni per farmi raccontare qualche particolare delle vicende dell’Apocalisse. Naturalmente Alessandro Manzoni per chiedergli come fa a costruire con tanta precisione i suoi personaggi, ma vogliamo dimenticare Shakespeare? e Omero? e Dumas?
Ricorda l'ultimo libro che non è riuscito a finire?
Sono un lettore che si fa del male quando ha un libro tra le mani. Devo leggere dalla prima all’ultima pagina, anche se il libro è brutto, perché rispetto il lavoro di chi lo ha realizzato, so quanta fatica costa scrivere. Poi magari non leggerò più una riga di quell’autore. Quindi no, non ho mai lasciato un libro a metà.
Quale scrittore vorrebbe come autore della sua biografia? 
Forse Shakespeare riuscirebbe a raccontare le tragedie della mia vita e a far comprendere il perché delle mie scelte scellerate e fuori dal coro.
Che cosa c'è di Vito Bruschini in "Rapimento e riscatto"?
La batteria di Ponte Sisto è formata da un gruppo di cialtroni romani. Sono malavitosi di bassa lega, la loro azione più eclatante è stato il furto di qualche forma di Parmigiano. Sono cinici, superficiali, ma menti acute, simpatiche, in definitiva “bonaccioni”, come diciamo a Roma. Sono stati loro a dare la “dritta” alla ‘ndrangheta per il rapimento di Paul Getty. Ecco, in quella “banda de’ noantri” c’è in filigrana (perché in realtà io e i miei compagni non facevamo niente contro la legge) parecchio della mia giovinezza. Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata
Qui tutte le puntate di "Segnalibro"

IL LIBRO
John Paul Getty III, nipote sedicenne di un ricchissimo petroliere americano, scompare a Roma nella notte del 10 luglio 1973 nei pressi di piazza Farnese. Capelli lunghi e atteggiamento anticonformista, il ragazzo frequenta l’ambiente bohémien della capitale, tra Campo de’ Fiori, Santa Maria in Trastevere e Piazza Navona. All’inizio la notizia non ha grande eco sugli organi di informazione: tre mesi dopo la sua sparizione, la famiglia e gli investigatori non sono ancora certi se si tratti di un vero sequestro o piuttosto sia una messinscena del giovane per estorcere una montagna di soldi all’avaro nonno. Ma quando viene recapitata al quotidiano Il Messaggero una busta con un orecchio mozzato del giovane Getty non ci sono più dubbi. Il gesto brutale impressiona l’opinione pubblica italiana e internazionale e quello del sequestro Getty diventa il caso più seguito dai media di tutto il mondo. Ambientato nella Roma della Meglio Gioventù, lo straordinario racconto di un dramma familiare, umano e politico che ha segnato un’epoca e l’ingresso trionfale della ’Ndrangheta nelle cronache e nel tessuto sociale del nostro Paese degli anni a venire.

L'AUTORE
Giornalista professionista, dirige l’agenzia stampa per gli italiani nel mondo «Globalpress Italia». Ha scritto testi per il teatro e per la televisione. Con la Newton Compton ha pubblicato, riscuotendo un notevole successo di critica e pubblico, The Father. Il padrino dei padrini; Vallanzasca. Il romanzo non autorizzato del nemico pubblico numero uno; La strage. Il romanzo di piazza Fontana; Educazione criminale. La sanguinosa storia del clan dei Marsigliesi; I segreti del club Bilderberg, I cospiratori del Priorato, Il monastero del Vangelo proibito e La verità sul caso Orlandi. In versione ebook ha pubblicato Il romanzo del boss dei boss. Rapimento e riscatto è il nuovo romanzo sul sequestro di John Paul Getty. I suoi libri sono tradotti all’estero. Per saperne di più: vitobruschini.webnode.it

Elisabetta Tulli e Laura Di Mauro in "Mamma mia" musical al femminile al Sistina fino al 7 gennaio 2018. L'intervista di Fattitaliani

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“Mamma mia” la più celebre Commedia musicale degli anni 2000, nella versione italiana riporta il Sistina ai fasti di un tempo. Notevole l’impegno di Massimo Romeo Piparo autore della Regia e del’adattamento in italiano delle canzoni degli Abba che hanno fatto ballare sia all’epoca e sia ieri sera quando tutti ci siamo scatenati alla fine dello spettacolo con il loro ritmo. 
Cast eccellente, Sabrina Marciano nel ruolo di Donna, Elisabetta Tulli e Laura di Mauro nei ruoli di Rosy e Tania le sue amiche del cuore e Luca Ward, Paolo Conticini e Sergio Muniz nei ruoli dei tre presunti padri. 
Eleonora facchini nel ruolo di Sofia e Jacopo Sarno nel ruolo di Sky. Un cast di oltre trenta artisti e l’Orchestra dal vivo diretta dal Maestro Emanuele Friello.
Prima di entrare, si era scatenato il delirio davanti al Teatro, per l’arrivo di un Pullman targato Peeparrow e tantissimi palloncini azzurri con la scritta Mamma Mia che volteggiavano sia all’esterno che all’interno del Foyer. Delirio che è diventato apoteosi quando sono scesi i protagonisti dello spettacolo vestiti con costumi ricchi di lustrini realizzati da Cecilia Betoni. 
Durante lo spettacolo ci sono stati apprezzamenti da stadio per i tre protagonisti maschili e a volte sembrava uno spettacolo nello spettacolo. 
Fattitaliani.it ha intervistato Elisabetta Tulli e Laura Di Mauro.

Elisabetta Tulli
Elisabetta, descrivi il tuo personaggio? 
Sono Rosy ed insieme a Donna abbiamo creato questo trio che ci ha unite nella giovinezza ed adesso ci riporta a vivere un momento importante, il matrimonio della figlia di Donna. Abbiamo dei caratteri molto forti, io sono l’intellettuale, la scrittrice, la donna forte che non ha mai ceduto al matrimonio perché di principi azzurri ne ho avuti tanti ma tutti volevano accasarsi, sposarsi ed avere dei figli. Mi ritrovo su quest’isola greca ad aiutare molto la mia amica che è in difficoltà ma inaspettatamente anche a provare dei sentimenti per un uomo. Quello che mi piace del personaggio è che è tridimensionale e riesce a modificarsi durante il corso della storia. Come lei anch’io credo molto nell’unione tra donne e con Sabrina Marciano e Laura di Mauro abbiamo già creato una grande complicità che spero il pubblico apprezzerà. 
Laura Di Mauro
La vostra complicità traspare. Chi è Tania? 
La migliore amica di Donna e di Rosy, insieme siamo il trio “Le Dynamo”. Percorsi di vita differenti, Tania è quella che ha già avuto a che fare con tre mariti, tre divorzi ed ha già speso tutte le carte di credito dei propri compagni. E’ una donna forte, molto intelligente e molto ironica. La sua grande forza sta in quello che a Roma si dice “buttare in caciara”, cioè vivere in leggerezza e dare degli scossoni alla sua amica Donna che invece vive ancora un amore molto tormentato. La bellezza e la complicità che c’è in scena, c’è anche nella vita. Solo così si può riuscire a comunicare questa grande amicizia e l’interazione tra donne che è importantissima.
Come diceva Massimo Piparo, è un musical al femminile. Se noi vediamo le donne del Trio e Sophie, sono quattro facce della stessa medaglia. Sono donne che oggi si confrontano con la Società, con le proprie insicurezze e con le problematiche attuali. È un Musical in cui la donna viene vista in tutta la sua forza e quindi dall’altro lato con la sua fragilità.
A chi vi siete ispirati per il personaggio che interpretate, cosa avete portato di vostro? 
Laura: Per quanto riguarda il mio personaggio è molto autoironico e quindi non è lontano da quello che sono io nella vita. Mi piace scherzare, giocare e dire le cose in un certo modo. Per il resto ho avuto modo di interpretare vari personaggi sulle corde brillanti ma anche molto forti come la matrigna di Cenerentola. Queste donne che giocano a fare le VIP ma nello stesso tempo dentro hanno un grande spessore ed una grande solidità.  Mi piace molto avere queste corde e gestirle in scena. 
Elisabetta: Dal mio punto di vista, la cosa che mi spinge nel mio lavoro è il fatto di poter giocare. La sperimentazione è alla base del mio lavoro. Come se avessi una sacca e quando arrivo sul palco, tiro fuori tutto quello che ho e lo metto a disposizione del Regista. Lui sceglie, prende, toglie. Ogni giorno arrivo con cose nuove e non penso mai se appartiene a me o se è molto lontano da me. 
Cosa vi aspettate da Mamma mia entrambe? 
Divertimento, è una storia fantastica, una grande prova di attrice, Si deve smettere di pensare che il Musical sia una Prosa di serie B. La difficoltà maggiore è che noi dobbiamo cantare, ballare e nello stesso tempo portare avanti dei sentimenti. 
Io ne ho fatti un po’ di Musical, questo è uno dei pochi in cui a livello attoriale abbiamo attori veri. Normalmente si tralascia questo e si usano i Performer. Vengo dalla vecchia scuola, la Commedia dell’Arte, la Commedia Musicale italiana ed ho avuto la fortuna e l’onore di poter fare sia quella che il Musical. Devo dire che questo è uno dei pochi Musical che unisce la tradizione del Musical americano, quindi dei Performer però con degli attori, quindi si finisce di cantare e si recita!



Elisabetta Ruffolo

Fidia, nuovo singolo "Perfida poesia". L'intervista di Fattitaliani all'artista, testimonial di "Divieto Femminicidio"

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Domani, venerdì 8 dicembre, esce il singolo "Perfida poesia" un brano sul femminicidio, distribuito da Universal. A interpretarlo Fidia, testimonial dell'Associazione Nazionale "Divieto Femminicidio". Fattitaliani l'ha intervistata.

Ci parli un po' di te? Gli inizi, la formazione...
La musica ha sempre fatto parte della mia vita fin da quando ero davvero piccola. Ho sempre cantato ininterrottamente, costruivo dei microfoni "fatti in casa" per le mie esibizioni. Ricordo che potevo cantare per ore in corridoio "Vamos a bailar" di Paola e Chiara. 
A 14 anni ho iniziato finalmente a studiare canto in una scuola, e ho iniziato a confrontarmi con gli altri tra esibizioni, show e concorsi. La voglia di arrivare, di andare oltre, di stupire, è sempre stato il mio punto forte.
Mia madre mi ha sempre chiamata "La ragazza con la valigia", perché ero uno spirito libero, indipendente, e per arrivare al mio obiettivo ero disposta a farmi traversate in Italia anche solo per andare a fare un provino. 
Un bel giorno poi uno di quei provini è andato come doveva andare: era quello di Forte Forte Forte. Mi sono ritrovata improvvisamente concorrente di un programma televisivo su Rai 1! 
A distanza di un anno dal programma ho firmato un contratto discografico con la PDDrecords di Pio Del Duca; dopo un primo inedito in inglese, oggi stiamo per uscire con il mio nuovo singolo "Perfida poesia", un brano sul femminicidio, distribuito da Universal.
Hai dei riferimenti musicali che tieni sempre presente?
Il mio riferimento musicale più grande è e sarà sempre Beyonce. Ascolto tantissima musica di vari generi, ma se dovessi dire a chi mi ispiro sarebbe sicuramente lei.  Mi rivedo in lei nelle mie potenzialità, per questo ammiro la sua essenza, la grinta, la testardaggine, la sensualità, il suo essere instancabile e voler essere a 360°.  Credo che un Artista con la A maiuscola debba avere le sue caratteristiche.
Chi ha scritto il brano?
Il brano è stato scritto da Vince Tempera e da Daiano (nonché l'autore di Sei Bellissima). La canzone parla di un rapporto uomo donna che finisce in un Femminicidio e l'Associazione Nazionale "Divieto di Femminicidio", dopo averla ascoltata, decide di farla diventare canzone simbolo della loro campagna a favore delle donne.
Il video ne rispecchia il contenuto?
Penso che il video rispecchi il contenuto, ma solo attraverso simbolismi molto chiari. Stiamo comunque parlando di una tematica molto pesante e proprio per questo secondo noi era meglio non calcare troppo a livello visivo.
Quanto è utile una canzone per trasmettere un messaggio oggi?
Penso che la musica sia molto importante per trasmettere dei problemi sociali. Viviamo in un'epoca fortemente convergente dal punto di vista mediatico; di conseguenza la musica può farsi spazio in tantissimi ambiti ancor più di prima. 
Credo che la musica non sia solo evasione e puro intrattenimento: è un mezzo di espressione, un forte segno dell'evoluzione culturale di un paese, la testimonianza emotiva umana. La musica unisce le persone, creando i legami più impensabili anche tra culture molto lontane. Proprio per questo credo sia importante utilizzarla anche per trasmettere certi messaggi, soprattutto quando il problema che si vuole trattare non riguarda soltanto i confini del nostro paese, bensì tutto il mondo.
Perché ha accettato di essere testimonial su questo problema sociale? 
Ho accettato di essere testimonial sul femminicidio perché sono fortemente convinta che il fatto stesso di trattare l'argomento possa aiutare almeno in parte a risolverlo, facendo avvertire a queste donne che non sono sole. Credo sia importante far vedere alle donne che la soluzione migliore non è tacere, ma esternare il problema. Inoltre sono una ragazza molto giovane, e credo che a volte sentirsi sostenuti anche dai coetanei o da persone giovani possa essere un grande esempio e una spinta positiva. 
Ho accettato perché la musica è un bene universale che ha il potere di trasmettere messaggi forti, ma allo stesso tempo regala anche tante emozioni.
Lei ha avuto o sentito vicino a lei esperienze di questo genere? 
Ho sentito vicino a me qualche esperienza di tentate molestie da parte di sconosciuti, ma fortunatamente mai qualcosa di troppo grave. 
Progetti in arrivo?
L'8 dicembre uscirà il mio nuovo singolo "Perfida poesia", distribuito su tutte le piattaforme da Universal. 
Lo troverete online su ogni piattaforma, e potrete vedere da quella data il videoclip su Youtube. Giovanni Zambito.

Giovanna Lombardi in "DIARIO LICENZIOSO DI UNA CAMERIERA", Teatro Stanze Segrete dal 12 al 17 dicembre

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Sarà in scena, al Teatro Stanze Segrete dal 12 al 17 dicembre, lo spettacolo DIARIO LICENZIOSO DI UNA CAMERIERA di Mario Moretti, liberamente tratto dal romanzo Journal d’une femme de chambre di Octave Mirbeau. La regia è di Gianni De Feo.

Protagonista è Giovanna Lombardi che interpreta  Célestine, la cameriera che mette a nudo, attraverso il suo sguardo disincantato e indagatore - che spazia su una variegata pletora di famiglie - il mondo ripugnante dei potenti e della cosiddetta gente per bene. Célestine usa l’unica arma che possiede: il suo corpo e il potere della seduzione per ottenere benefici personali, senza farsi alcuno scrupolo. Durante questo viaggio di Célestine nelle case borghesi viste dalle cucine, scopriamo il lato oscuro della società francese della Belle Époque, mettendo impietosamente alla berlina - sia pure in uno stile leggero e ironico - il discutibile privato dell'alta borghesia parigina di quel tempo, la Chiesa, la pedofilia e in generale la violenza sui deboli e sugli indigenti.
Giovanna Lombardi torna al Teatro Stanze Segrete a distanza di un anno, dopo il successo del suo precedente spettacolo: Il fantastico mondo di Ivanilda

Note di regia
Lo sguardo di Célestine, distaccato eppure penetrante, delicato e tanto strafottente, brusco e così accattivante, malizioso e puro, capace di guizzi improvvisi e cangiante come i colori dei cieli dolci e piovosi della Normandia, si aggira tra gli ospiti della malinconica e decadente Villa La Priora moltiplicandosi all’infinito nel caleidoscopico gioco di specchi. Lei è la cameriera, la serva, la domestica. I proprietari della Villa sono i suoi nuovi padroni, Madame e Monsieur Lallaire, buffi e patetici borghesucci di provincia, l’una isterica prigioniera di rigide regole cattoliche, l’altro ossessionato da insoddisfatti bisogni erotici.
E così, Célestine, austera ma carnale, con passo felpato e movenze misurate, di fatto abituata da anni a servire nelle ricche case parigine, ci confida ora, nell’intimo della sua alcova di provincia (come ci è capitata non si sa) le più curiose e stravaganti esperienze dei tanti padroni da cui è stata precedentemente a servizio.  Racconta  con  voce intima, mai sguaiata. Ma ancor più è lo sguardo che ci parla. E’ attraverso gli  occhi di Célestine infatti che vediamo riflessa la figura del vecchio feticista innamorato degli stivaletti di cuoio rosso della cameriera, e poi la frivola signora che non accetta il passare del tempo e modella goffamente il suo seno cascante sfidando lo specchio beffardo, e infine il giovane tubercoloso che  vuole penetrare quel corpo vigoroso e sano della domestica, fottendosene delle differenze sociali, perché l’amore, quando è amore, non è mai malato.
Ebbene, Célestine concede anche il suo corpo, per amore, per noia o per sfida. Che importa. Lei è  libera da pregiudizi, scevra da inutili condizionamenti. Osservatrice attenta, è capace di penetrare fino in fondo l’animo e denudare le finte apparenze umane fino ad estrarne il fetore.   
Quanta gente nuda ha fiutato. “I borghesi, anche quando sono profumati, non sanno di buono. La depravazione dei ricchi puzza! Puzza più del fetore dei poveri”.
Ma la cameriera non giudica. Obbedisce...e al momento sa ribellarsi. E così, in un rapido ribaltamento di situazione, la vedremo trasformarsi dal nero al rosso. Non più serva ma padrona, circondata da marinai in un caffè di una città di porto. Puttana o santa? Sicuramente donna, con tutta la sua forza e la fragilità. Dominante e dominata.

Ho rivisitato il testo teatrale di Mario Moretti, a sua volta tratto dal romanzo di Octave Mirbeau (esistono pure delle versioni cinematografiche tra cui una di Louis Bunuel con Jeanne Moreau) cercando di rimanere fedele al gusto e alle atmosfere del secolo in cui l’originale è ambientato. E’ il 1900. Ma la tentazione di scavalcare i limiti temporali prende il sopravvento, come sempre nel mio caso, fino a sperimentare nelle sonorità e nelle scelte musicali, così come nei tratti dei costumi, differenti possibilità teatrali
Gianni De Feo


Dopo il successo di Diario intimo di Sally Mara di R. Queneau realizzato nel 2007, Mario Moretti mi propone ,nell'autunno 2010, un altro Diario, adattato dal romanzo di Octave Mirbeau "Journal d'une femme de chambre". Le prove di Diario licenzioso di una cameriera durano qualche mese, poi vengono interrotte per dare spazio ad un altro progetto "Raccontare Nannarella". Ogni anno,però,e ancor di più dopo la scomparsa di Mario, "Diario licenzioso di una cameriera", mi ritorna nella mente, ma ancora di più nella pancia come un rigurgito, come un vuoto da riempire, come un mancato incontro da effettuare. L'incontro con Célestine. Dopo sette anni di lunga e sofferta gestazione, il parto avviene grazie al fortunato e decisivo incontro con Gianni De Feo, al quale affido la regia. Gianni ha collaborato per anni con Mario Moretti e ne conosce e condivide il gusto, lo stile e quindi analizza a fondo e con entusiasmo il lavoro da effettuare definendo il testo altamente spirituale. Ecco a voi Célestine che per me rappresenta un'icona austera e irraggiungibile che, al di sopra di tutto e di tutti, filtra con occhio clinico la sporcizia interiore  della ricca borghesia, svolgendo un'azione catartica verso la bassezza umana e verso i "contenitori di ingordigie e segreti appetiti" dei suoi padroni.  Tutto è segreto ,nascosto, ambiguo, clandestino. Célestine, lei sola è pura come un diamante, che riflette l'unica luce di verità e racchiude i mille riflessi del prisma senza colori. L'unica  gioia di Célestine: "etichetta nella memoria il comportamento dei suoi padroni; dona fascino e bellezza alla malattia, trasformandola in amore ; rivela un pò di umanità e mostra la sua parte commossa nel rivivere lo stupro e l'assassinio della bambina nel bosco, probabilmente suo alter ego. La Priora, villa fuori mano ,vicina ad un bosco, dove si svolge la storia, rappresenta la crescita spirituale,la ricerca del sè al di fuori del mondo. 
Giovanna Lombardi

Bio Giovanna Lombardi
Dopo la laurea in lettere moderne con una tesi su Vittorio De Sica, si dedica alla sua formazione di attrice, frequentando l’Accademia Teatrale del Teatro dell’Orologio a Roma, ed altri corsi, stage e tirocini di recitazione e doppiaggio. A teatro ha collaborato a lungo con Mario Moretti, il quale l’ha diretta in Ortensia se ne fotte di G. Feydeau, in Diario intimo di Sally Mara e Raccontare Nannarella; ha partecipato inoltre, a spettacoli diretti da Riccardo Cavallo. In televisione, ha partecipato a fiction quali: Un medico in famiglia, Un posto al sole, e al film Papa Luciani, il sorriso di Dio di Giorgio Capitani. Nel cinema ha fatto parte, tra gli altri, del cast di La seconda notte di nozze, La cena per farli conoscere e un Viaggio Lungo Cent’anni di Pupi Avati.


TEATRO STANZE SEGRETE
12 |17 Dicembre 2017

Giovanna Lombardi in
DIARIO LICENZIOSO DI UNA CAMERIERA
di Mario Moretti
liberamente tratto dal romanzo Journal d’une femme de chambre di Octave Mirbeau
Regia Gianni De Feo
assistenti alla regia Andrea Alberto e Giulia Corbi
allestimento scenico e costumi Roberto Rinaldi
foto e grafica Manuela Giusto

TEATRO STANZE SEGRETE 
Via Della Penitenza, 3
Orari Spettacoli: da Martedi’ a Sabato Ore 21.00 – Domenica Ore 19.00
Biglietti: Intero 17 Euro - Ridotto 12 Euro - Tessera Obbligatoria 3 Euro 
Consigliata Prenotazione Telefonica – Orario Botteghino: dalle 18.30 alle 21.00
Tel. 06 6872690 – 388 9246033  - Ingresso Riservato ai Soci

Luna, un lungo viaggio d'amore "MILLE ANNI LUCE" il nuovo singolo di Federica Vincenti

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"Mille anni luce - dichiara Federica Vincenti in arte Luna - racconta un lungo viaggio d'amore. Quanta forza ci vuole per lasciare, quanto coraggio prima di mollare tutto? Quanti addii, respiri affannosi, mente e corpo imbrigliati, prima di trovare l’energia per ripartire?  Questo brano - continua Luna- parla  della determinazione di una donna, una donna che nonostante l’amarezza e i ricordi continua  il viaggio da sola"

Il singolo è scritto da O.Angiuli, L. Lamacchia, G.Pollex  e arrangiato da Diego Calvetti e Lapo Consortini e prodotto da Diego Calvetti.

Mille anni luce è un brano intenso, intimo, dalle sonorità sospese, dove la voce si muove sinuosa in equilibrio sul pianoforte ed  immersa in paesaggi epici.

Il video di "Mille anni luce" con la regia di Luisa Carcavale è stato girato fra il  Lazio e l' Abruzzo  e vede come protagonista maschile l'attore Giulio Berruti. 

Federica Vincenti in arte Luna nata a Scorrano (Lecce) nel 1983, fin da adolescente studia canto. A 19 anni entra all’ Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” di Roma e studia recitazione, canto lirico e pianoforte. Si diploma nel 2005. Continua a seguire seminari di perfezionamento in canto. Il percorso artistico parte dal teatro. Dal 2006 partecipa a più di venti spettacoli teatrali assieme alle figure più rappresentative del teatro italiano. Tra i più significativi, in “Spoon River”, con Mariangela Melato, interpreta brani di Barbra Streisand; ne “Il mercante di Venezia in prova” con Moni Ovadia, interpreta brani di John Dowland, diretta da Roberto Andò; nello spettacolo “Italia mia” di Vincenzo Cerami canta sulle musiche di Nicola Piovani e l’interpretazione le fa vincere il “Premio Persefone 2010” come “Cantante rivelazione dell’anno”; nel “Riccardo III” di Shakespeare, diretta da Massimo Ranieri, interpreta il ruolo della Regina Elisabetta. E’ inoltre candidata al Premio “Gli Olimpici del teatro” come “migliore artista emergente” per lo spettacolo “Il romanzo di Ferrara”, diretto da Piero Maccarinelli. Lavora, inoltre, con Giorgio Albertazzi, Michele Placido, Riccardo Donna e Claudio Bonivento per il cinema e la televisione. Nell’ultimo decennio produce per Goldenart Production dodici spettacoli teatrali e sei film per il cinema. In occasione della “Notte bianca della legalità 2015”e della “Giornata nazionale per la salute della donna” interpreta “Hallelujah” di Leonard Cohen. Da anni, lavora per il teatro su nuovi progetti di musica dream pop con l’autore Mauro di Maggio e di post-classica col compositore Luca D’Alberto, musicista per il Tanztheater Pina Bausch di Berlino e per Peter Greenaway e Saskia Boddeke. Partecipa all’edizione 2016 del programma “The Voice” nel gruppo di Raffaella Carrà. Nel 2017 collabora all’album “Vitae” del compositore Davide Cavuti, interpretando un brano inedito scritto dallo stesso autore, “Your princess”. L’opera, a sostegno delle popolazioni dell’Aquila e di Amatrice, viene presentata alla 74° edizione della Mostra del Cinema di Venezia. A settembre 2017 esce il singolo e il videoclip “Sorry” (diretto da Daniele Barbiero) per la cui interpretazione e il connubio tra cinema e musica riceve il “Premio Roma Videoclip – Special Award come artista rivelazione dell’anno 2017”.


Bruxelles, lunedì 11 dicembre proiezione film "Ammore e malavita" dei fratelli Manetti

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Don Vincenzo Strozzalone è un boss della camorra, soprannominato il re del pesce. Scampato ad un attentato e stanco di una vita troppo pericolosa, decide di fingersi morto. Ma il suo segreto, condiviso con i fedeli Ciro e Rosario, ha le gambe corte.
Fatima, una giovane infermiera di Scampia, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato, e Don Vincenzo ordina di eliminarla. Ciro e Rosario sono in ospedale alla ricerca della ragazza che casualmente incrocia Ciro e lo riconosce come il suo primo grande amore. Ciro non può ucciderla e fugge con lei. Per proteggerla la nasconde a casa dello zio che vive di contrabbando ma Don Vincenzo e Donna Maria, convinti che Ciro sia in realtà complice della cosca rivale, quindi un traditore, faranno di tutto pur di eliminare lui e la ragazza.
133'; V.O.ITA; ST. ENG 
Prenotazione obligatoria qui
Informazioni

Data: Lun 11 Dic 2017
Orario: Dalle 19:00 alle 21:00
Organizzato da : Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles
Ingresso : 5,77€

Claudia Campagnola e Marco Morandi omaggiano Rino Gaetano con storie e canzoni. L'intervista di Fattitaliani

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Al Teatro Golden fino al 10 dicembre “Chi mi manca sei tu” omaggio a Rino Gaetano, scritto e diretto da Toni Fornari ed interpretato da Claudia Campagnola nei panni di una groupie che segue dappertutto il cantautore nei suoi concerti e da Marco Morandi che dà voce a Rino accompagnandosi con la chitarra. Fattitaliani li ha intervistati.
Entrambi straordinari, catturano il pubblico con le canzoni e la storia. Attraverso la musica e le sue parole ripercorriamo la vita di Rino Gaetano e la sua visione panoramica della storia vista senza paraocchi. Nei suoi brani c’erano sempre parole tristi. Prendeva ad esempio sempre gli ultimi. Aveva un rapporto particolare con la politica. Era una persona comune che neanche il successo aveva cambiato, era rimasto umile. 
Aveva un modo suo di fare spettacolo. Si presentava con cartelli, il cilindro, il frac, addirittura con l’accappatoio sul Palcoscenico del festival di Sanremo. 
Le sue canzoni sono immortali e lo rimarranno per sempre perché Rino ha sempre vissuto da “semplice” la sua Grandezza e Genialità.

Dello spettacolo, è in previsione una Tournée con delle date in Toscana ed Umbria, però non si esclude anche qualche tappa all’estero visto che Rino è conosciuto anche oltre Oceano. E’ uno spettacolo godibile che avrà sicuramente una lunga vita. Claudia Campagnola e Marco Morandi, sono ormai una coppia teatrale collaudata da “Generazione di precari” a “Non c’è due senza te”. Si sono conosciuti nel lontano 2008 nella Commedia “Il mistero del Calzino bucato” con la Regia di Marco Zadra. 
In “Chi mi manca sei tu” si confermano vincenti!


Cosa manca di Rino Gaetano oggi?Morandi: Manca la voce fuori dal coro che dica come stanno le cose, in maniera chiara, diretta, ironica che svuota un po’ le coscienze.
Perché Rino veniva da un altro pianeta?Campagnola: Perché come il Full di Shakespeare aveva l’opportunità per dire la verità. Era l’unico che poteva dirla al re. Rino era autentico fino alla fine e aveva la grande volontà di dire verità scomode. 
Faceva musica leggera ma ciò non gli impediva di scrivere d’amore senza parole melense. Perché oggi non è più così? 
Morandi: bisogna cercare di uscire fuori dagli schemi, l’omologazione che ci appiattisce un po’ tutti e contro la quale andava Rino. Non fare le cose come fanno tutti e cercare di essere diversi, attenti, acuti.
Da dove nasce il bisogno di raccontare la necessità di vivere? 
Campagnola: lui era un Poeta inquieto, era alla continua ricerca del suo essere, del ruolo del cantautore in quel momento. Indubbiamente anche trovare un senso alla vita, era importante. 
Aveva un rapporto particolare con la politica. Perché oggi nella maggior parte dei casi non esiste più? 
Campagnola: C’è talmente tanta confusione che non si capisce neanche cosa sia la Politica. 
Morandi: È difficile anche individuare chi sia il nemico. Sicuramente Rino li avrebbe riconosciuti più facilmente. Lui con la politica aveva un rapporto particolare, sicuramente era trasversale.
Campagnola: È stato dichiarato di varie parti, di vari stili politici: In realtà poi lui era uno spirito libero, non era per niente schierato politicamente. Noi raccontiamo il suo rapporto con la politica, attraverso la letteratura, il Teatro, con la drammaturgia. 
Rino era una persona comune ed era rimasto umile anche con il successo. È facile o difficile con il successo perdere la testa? 
Morandi: I fatti dimostrano che è abbastanza facile perdere la testa con il successo di questo periodo, fiammate veloci che durano pochissimo. E’ tutto un cotto e mangiato, un usa e getta e lo è anche per i personaggi. E’ difficile trovarne uno che abbia una profondità ed un tale spessore non usa e getta ma continuo. Forse manca anche la vetta culturale di certi personaggi. 
Campagnola: In questo momento bisogna rimanere  molto agganciati a se stessi e bisogna capire che il successo che ti dà la televisione o il Jet set è veramente molto aleatorio, effimero e bisogna rimanere agganciati in una poetica personale per non perdere il punto di vista anche interpretativo. 
Rino è stato antesignano su tutto, cantava argomenti che sono attuali anche oggi. Aveva previsto che le sue canzoni sarebbero state amate anche dalle generazioni successive ed è quello che è successo dopo la sua morte. Voi eravate bambini, come avete imparato ad amarlo e in che cosa vi riconoscete nelle canzoni di Rino? 
Morandi: Spesso Rino si conosce superficialmente tramite le canzoni trasmesse per Radio e che sono quelle meno rappresentative anche dal punto di vista dello spessore artistico di Rino. La canzone “Tu forse, non essenzialmente tu” mi ha aperto “il file Rino Gaetano” e mi ha fatto capire che Rino era diverso. Parla d’amore ma in maniera diversa. Usa parole e metriche diverse.  Da lì ho scoperto un mondo. Canto Rino Gaetano già da anni e mi accorgo che ci sono giovanissimi che conoscono le sue canzoni a memoria e questo mi fa riflettere perché vuol dire che quello che ha scritto è veramente molto attuale. I ragazzi di oggi ci si riconoscono e riconoscono il mondo che hanno attorno. Il modo di vedere in qualche modo il futuro, di capire quali fossero stati i problemi che sono uguali a quelli di oggi. C’è sempre il ricco più ricco ed il povero più povero. In un’intervista lui lo aveva previsto, così come aveva previsto un sacco di cose. Nella “Canzone di Renzo” racconta un po’ della sua morte.
Campagnola: Devo ringraziare Marco Morandi per aver conosciuto Rino Gaetano. E’ stato lui che mi ha permesso di approfondire e di conoscere meglio questo “Genio”. Marco fa parte di una Cover Band di Rino che si chiama “RinoMinati” e li seguo come una Groupie in giro per l’Italia. Ho imparato a conoscere le sue canzoni rifatte dalla Cover Band e poi piano piano con questo spettacolo anche le parole di Rino e la sua poetica. Questo spettacolo è stato il fiore che è sbocciato.  
Siete una coppia artistica collaudata, amici-nemici o cosa? 
Amici-amici, grandi confidenti. Un punto di riferimento l’uno per l’altro. Un’affinità elettiva artisticamente parlando ma anche umanamente. 


Elisabetta Ruffolo
Leggi qui gli articoli di Elisabetta Ruffolo

GLI ZAMPOGNARI NELLE TRADIZIONI NATALIZIE ITALIANE

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di Antonio Bini - Si è svolto a Moscufo l’VIII Raduno degli Zampognari promosso dal comune e dall’Associazione Zampogne d’Abruzzo, con la collaborazione della Proloco e delle  altre associazioni presenti sul territorio. 

L’evento, che riporta alle tradizioni natalizie del passato, è stato in parte condizionato dal maltempo, che non ha peraltro impedito a diversi appassionati di raggiungere il paese da varie parti d’Italia.  
L’antico mondo degli zampognari,  che l’Associazione Zampogne d’Abruzzo si impegna da anni a recuperare e valorizzare, emozionano ancora una vasta platea di persone, come dimostrato da diversi servizi andati in onda su TG4 e TG5, a cura del giornalista Gianluigi Armaroli, che hanno introdotto il tema del Natale 2017 in Italia. Il presidente dell’Associazione, Tonino Toracchio, nelle dichiarazioni rilasciate ha ricordato gli sforzi sostenuti per salvaguardare le tradizioni musicali legate allo strumento simbolo della civiltà pastorale che negli anni scorsi erano andate quasi del tutto perdute. Tutto questo nel disinteresse delle istituzioni e talvolta anche dei media. Eppure anche dei giovanissimi si sono accostati negli ultimi anni con passione alla zampogna, dedicandosi  allo  studio della musica e dello strumento. Tra questi anche due ragazze Irene Di Marco e Miriana Varalli. Segnali evidenti del superamento di una figura che per secoli era stata esclusivamente maschile.  Altri giovani, Manuel D’Armi, Marcello Sacerdote, Luigi Varalli e Cristian Di Marco hanno formato un quartetto, che hanno denominato PETRA, e sono in partenza per un tour in Svizzera, in cui proporranno un repertorio che va oltre i brani tradizionali. E’ confortante vedere e ascoltare questi giovani, che daranno un futuro alla zampogna. A Moscufo sono presenti altri musicisti che hanno recentemente suonato in Canada e Germania, sempre attesi con affetto da tanti italiani che non hanno perduto la memoria del suono della zampogna e della ciaramella.  Emerge tra tutti i musicisti presenti, anche non appartenenti all’Associazione, amicizia e armonia, è il caso di dire. Uno spirito che accomuna generazioni, dalla quindicenne, Irene Di Marco, di appena 15 anni, al meno giovane, l’ottantenne Primo Pierfelice. Una volta erano prevalentemente pastori, ora appartengono ad una eterogenea pluralità di situazioni sociali. Tra gli zampognari presenti a Moscufo anche un cardiologo, Antonino Scarinci, apprezzato ricercatore e musicologo.  
Nell’ambito della manifestazione è stato ricordato il gemellaggio tra l’Associazione e il  Circolo della Zampogna di Scapoli, siglato proprio a Moscufo nel 2014. Nell’occasione il fumettista Michele Arcangelo Jocca ha donato,per il tramite dell’Associazione Zampogne d’Abruzzo, un acquerello che ritrae una coppia di zampognari con lo sfondo della cinquecentesca chiesa di Santa Maria della Pietà di Rocca Calascio, oggi divenuta una delle icone dell’Italia,  ma da considerare soprattutto come simbolo della scomparsa civiltà pastorale. L’artista romano, nato a Calascio nel 1925, fa parte della storia del fumetto italiano.   Il suo acquerello sarà destinato ad arricchire la dotazione del Museo della Zampogna allestito dal Circolo a Scapoli, che si sta impegnando per promuovere un percorso progettuale che porti a candidare all’Unesco la zampogna come patrimonio dell’umanità. 
C’è ancora il tempo per scambiare alcune impressioni con Giulio Armaroli, personaggio noto del giornalismo televisivo, in passato anche scenografo, regista, attore e conduttore di programmi musicali. Si nota facilmente che si trova a suo agio nella manifestazione, nella piazza e tra i vicoli del paese. Anche tra i sui ricordi di infanzia nella sua Bologna ci sono con gli zampognari in giro per il centro della città nei giorni precedenti il Natale. E’ scontata la sua risposta affermativa quando gli chiedo se c’è ancora spazio nel terzo millennio per il secolare patrimonio culturale rappresentato dalla zampogna in Abruzzo, come in altre circoscritte aree geografiche dell’Italia centro-meridionale,  in cui lo strumento resiste con non poche difficoltà. 
E’ purtroppo un certo provincialismo, osserva Armaroli, a costituire il principale limite che caratterizza la valorizzazione di molte importanti tradizioni del nostro paese, tra cui quella rappresentata dall’antico strumento simbolo del mondo pastorale del passato. Un provincialismo che riduce spesso a dimensioni locali valori culturali che dovrebbero invece emergere e trovare uno spazio anche nella società globalizzata di oggi, nella quale sarebbe sufficiente ricordare come questi singolari pastori musicisti in passato abbiano ispirato nelle loro opere anche tanti prestigiosi compositori stranieri, tra cui  Georg Friedrich Händel e Hector Berlioz. 
Nella foto i giovanissimi fratelli Cristian (ciaramella) e Irene Di Marco (zampogna)

Teatro Cometa Off, #LORO di Gabriele Linari dal 14 al 17 dicembre 2017

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Sarà in scena al teatro Cometa off dal 14 al 17 dicembre lo spettacolo #LORO Uno di questi giorni prenderemo qualcuno e lo sbraneremo, testo e regia di Gabriele Linari. Protagonisti: Janet Ferramo, Jaclin Gallo, Salima Khan, Ailen Mecchia, Janette Isabel Mecchia, Carlotta Petruccioli, Sofia Pittaccio, Claudio Pomponi.

Uno spettacolo di estrema attualità. #Loro affronta lo spinoso tema degli haters e dell'hate-speech, puntando l'occhio performativo e creativo su tutte le pratiche di odio che si sono modificate e sviluppate on-line, soprattutto attraverso i social network. #Loro non procede per passaggi narrativi, ma per immagini e situazioni, rispecchiando perfettamente la frammentarietà e la staticità della vita on-line. Una noia che si fa esistenziale e, in un attimo, per effetto di banali scintille, diventa rabbia, fuoco, odio puro e cieco. Per poi spegnersi di nuovo e tornare noia, staticità.

Un gruppo di otto ragazzi. Otto utenti anonimi. Otto “numeri” colti in una sospensione spazio-temporale, immobili alle loro “postazioni”. Nulla di più. Un parlare e un agire senza scopo, confusi. Gesti che si ripetono, situazioni che nascono dal nulla e nel nulla si spengono. E l'odio, la rabbia che nasce dalle parole, nelle parole e si fa di nuovo gesto. “Da cosa cominciamo?”, “A cosa stai pensando?”, domande semplici che dipingono e definiscono l'assoluto di una condizione che pare immodificabile. E, infine, una semplice frase che pare minaccia ma potrebbe essere monito, forse speranza, magari soluzione: “conta fino a dieci prima di parlare”.

Lo spettacolo si pone una serie di domande sui meccanismi della comunicazione nell'era dei social network. Partendo da alcune ben definite pratiche della vita on-line (hate-speech, vamping, craving, exclusion, che fanno ormai parte del triste dizionario dei pericoli del web) offriamo quadri simbolici capaci di farci vedere, come in uno specchio solo leggermente deformante, cosa stiamo diventando. Alcune conversazioni presenti nello spettacolo, si ispirano a reali commenti letti dagli stessi protagonisti, sui vari social network. Con #loro speriamo che il pubblico esca con un giusto bagaglio di domande. 

“Crediamo fortemente nelle possibilità del teatro sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista professionale – afferma l’autore e regista Gabriele Linari -  #loro è il primo spettacolo, quindi, della neonata Compagnia Teatrale MaTeMù, un progetto professionalizzante che, oltre che cultura, creatività e aggregazione, generi lavoro per i partecipanti. Una nuova vita è possibile per il teatro e passa per le nuove generazioni e solo attraverso un percorso formativo che sia non rigido ma umano, fatto di persone e sempre, sempre rivolto all'idea del lavoro”.

Il gruppo di giovanissimi attori dello spettacolo proviene da un'esperienza formativa offerta dal CIES Onlus presso il Centro Giovani e Scuola d’Arte MaTeMù. Il percorso – iniziato nel 2012 con il regista Gabriele Linari – ha portato, quest'anno, alla scelta di un gruppo di allievi perfettamente avviati alla professione teatrale.

Lo spettacolo torna in scena a Cometa Off dopo il grande successo riscosso a giugno 2017 e sarà in scena anche dal martedì 12 dicembre a venerdì 15 dicembre ore 9:30 -11:30 solo per le scuole che ne faranno richiesta.

CHE COS'È IL CIES ONLUS
Il CIES onlus è un’Organizzazione Non Governativa (ONG) Onlus che ha come scopo sociale la promozione dei valori della solidarietà e della cooperazione, sia nelle sue attività nazionali sia in quelle internazionali. In Italia: Immigrazione, mediazione interculturale, educazione alla cittadinanza mondiale, formazione, comunicazione e sensibilizzazione al dialogo interculturale. Ecco gli ambiti su cui siamo impegnati per diffondere la conoscenza dei paesi d’origine degli immigrati e favorire la loro integrazione: laboratori nelle scuole; organizzazione di mostre, dibattiti e rassegne; realizzazione di corsi di formazione per giovani e adulti ;attività ludico-didattiche, di orientamento e di sostegno psicologico per giovani italiani e stranieri Un intervento su più fronti per sensibilizzare l’opinione pubblica alla cultura della convivenza e alla cittadinanza mondiale All’estero Siamo impegnati in progetti di cooperazione internazionale per contribuire ad accrescere processi di equità, inclusione sociale, economica e di rispetto dei diritti umani. Lavoriamo con partners locali per potenziare le capacità delle istituzioni, della società civile e delle comunità nei settori governance, servizi, ambiente, educazione, gender, economia solidale, formazione professionale e lavoro, cultura, co-sviluppo. I paesi in cui lavoriamo: Africa Australe (Mozambico, Angola), Africa del Nord (Tunisia), America Latina ( Uruguay, Argentina), Balcani ( Albania, Kosovo, Macedonia) Il CIES è riconosciuto come Ente di Formazione dal Ministero della Pubblica Istruzione ed è accreditato per la Formazione Continua dalla Regione Lazio 

CHE COS'È MaTeMù
MaTeMù è il Centro Giovani e Scuola d’Arte del Municipio Roma I Centro, ideato e gestito dal CIES Onlus. E’ un laboratorio di idee e iniziative aperto al territorio, un luogo in cui i ragazzi di tutte le culture e provenienze possono esprimere la propria creatività, vivere in modo diverso il tempo libero, trovare ascolto e sostegno. E' un posto dove tutte le differenze sono viste come valori e stimoli per esplorare nuove possibilità. Nel cuore del quartiere Esquilino, a un passo dalla fermata Metro A Manzoni, Matemù accoglie ragazzi dagli 11 ai 25 anni offrendo attività e servizi di vario tipo: giochi, corsi di musica e strumento (sax, chitarra, batteria), laboratori di rap, canto, danza e teatro oltre ad assistenza scolastica e psicologica e corsi di italiano L2 per stranieri. L'ingresso al Centro e la partecipazione alle attività è a titolo totalmente gratuito. Matemù coniuga integrazione e creatività, formazione e attività ricreative in un clima vivo e attivo.

MaTeMù E IL TEATRO
Il gruppo teatrale di Matemù si è iniziato a formare nel 2012 sotto la guida dell'attore e regista Gabriele Linari. Il primo spettacolo, intitolato "Altrove", ha debuttato al Teatro Ambra Jovinelli di Roma, per poi essere replicato all'Acquario Romano e alle Terme di Caracalla. Sono seguiti gli spettacoli: Nella Tempesta (da Shakespeare, Teatro Vascello e Teatro Quarticciolo), Ecco dove (da Steinbeck, Teatro Villa Torlonia), E ora passiamo ad altro (di Gabriele Linari, Teatro Vascello).

Biografia Gabriele Linari 
Gabriele Linari è attore, regista e insegnante di teatro. Inizia a recitare nel 1994, ancora studente del liceo. Nel 2004 si Laurea in Arti e scienze dello Spettacolo presso La Sapienza di Roma. Lavora e si forma con registi, autore e pedagoghi teatrali come: Giancarlo Sepe, Michele Monetta, Gennadi Bogdanov, Piero Maccarinelli, Giuseppe Manfridi, Giuseppe Marini. Nel 2002 fonda la Compagnia Teatrale LABit, una delle realtà più proficue del panorama indipendente romano. Insegna teatro a Roma presso: Liceo Aristofane, Liceo Lucrezio Caro, Scuola di Teatro La Scaletta, Centro Matemù. Ha tenuto per due anni consecutivi seminari presso la Goldsmith University di Londra (Progetto Erasmus Roma Tre e Università Gregorio VII). I suoi spettacoli sono andati in scena presso: Teatro Piccolo Eliseo, Ambra Jovinelli, Vascello, Furio Camillo, Orologio, Argot, Quarticciollo, Villa Torlonia e molti altri. Il suo impegno (dal 2002) sulla riscoperta delle opere di Ennio Flaiano territoriale nel quartiere Montesacro ha portato il Municipio, nel 2002, a intitolare all'autore l'a Biblioteca Comunale di Via Monte Ruggero e ad affiggere una targa commemorativa presso l'abitazione di Flaiano in via Montecristo. Ha collaborato e collabora con la Biblioteca Cantonale di Lugano, Fondo Flaiano. Per la TV ha partecipato come attore a due spot televisivi (TIM e Banco AmbroVeneto) e diverse fiction (l'ultima "Che dio ci aiuti", RAI, 2016).

COMETA OFF
14 | 17 DICEMBRE 2017

CIES, MaTeMù e Labit presentano
#LORO
Uno di questi giorni prenderemo qualcuno e lo sbraneremo
Con Janet Ferramo, Jaclin Gallo, Salima Khan, Ailen Mecchia, Janette Isabel Mecchia, Carlotta Petruccioli, Sofia Pittaccio, Claudio Pomponi.
Testo e regia  Gabriele Linari
con il contributo di Marco Andreoli
e degli attori in scena.
Contributi musicali originali Andrea Pantaleone e Cristiano Urbani
Aiuto regia Adriano Rossi
Produzione CIES: coordinamento generale, assistenza alla regia, assistenza di palco e supporto alle attività laboratoriali realizzati dagli operatori di MaTeMù e dallo staff del CIES.
Teatro Cometa Off - Via Luca della Robbia 47, 
Dal giovedì al sabato ore 21:00 - Domenica ore 17:00
Info e prenotazioni Tel. 0657284637 
Email: cies@cies.it  www.cies.it - Fb: Matemù
COSTO: 7,50 euro (più costo tessera teatro 2,50 euro) - 
TESSERA ON LINE: sul sitohttp://associati.cometaoff.it/- Euro 2,50 / A TEATRO: almeno un'ora prima dello spettacolo - Euro 3,50

Kaos 2017, ad Angelo Sicilia il "Premio Rita Atria": i pupi antimafia, confronto reale con la nostra storia recente. L'intervista di Fattitaliani

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Kaos 2017, il festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana, si svolgerà ad Agrigento sabato 9 e domenica 10 dicembre sotto la direzione di Peppe Zambito presso l’Accademia di Belle Arti «Michelangelo» di Agrigento. Fra i riconoscimenti assegnati quest'anno a personalità siciliane, segnaliamo il Premio «Rita Atria» che andrà ad Angelo Sicilia autore e ideatore dei Pupi antimafia, per l’utilizzo della creatività in azioni di recupero e rivisitazione della tradizione come strumento di riscatto sociale. Fattitaliani lo ha intervistato.

Qual è l'origine e la motivazione dei suoi Pupi Antimafia?
I pupi antimafia nascono dall’esigenza di dare un contenuto di impegno civile e sociale ad una grande tradizione come quella del teatro delle marionette in Sicilia. Io ho conosciuto i pupi sin da bambino, la nostra era una famiglia operaia che durante la II guerra mondiale si trasferì da Favara a Palermo. Mio padre, che aveva sentito da bambino i racconti dei pupari favaresi, mi trasmise questo mondo fantastico, popolato di cavalieri e dame. Quando cominciai a studiare, anni dopo,  il mondo del teatro dei pupi, mi accorsi che il ciclo carolingio non era che una parte della serie sterminata di episodi narrati dai pupari dell’800 e del ‘900: vi erano, infatti, il ciclo religioso, quello shakespeariano, quello storico, ma anche e soprattutto un ciclo legato alle gesta dei banditi, dei fuorilegge che, per come mi raccontavano i vecchissimi appassionati del genere, riscuoteva un successo enorme. Si trattava delle gesta di “malacarne” quali il bandito Giuliano, Paquale Bruno, Musolino e tanti altri. A quel punto io, che avevo già iniziato a rappresentare gli spettacoli tradizionali con la mia giovanissima compagnia e che avevo anche compiuto un percorso di intensa militanza antimafia a Palermo, decisi di rompere  la tradizione e di sostituire alla celebrazione delle imprese dell’antistato la storia di chi aveva combattuto la criminalità. Tolsi le armature ai miei pupi e li rivestii con giacche, pantaloni, divise da carabinieri e poliziotti, ma anche con i jeans e le magliette dei ragazzi che utilizzai per lo spettacolo sulla storia di Peppino Impastato o con l’abito talare di Don Pino Puglisi. Lo stesso feci con gli scenari, misi da parte la reggia di Carlo Magno e l’accampamento saraceno e cominciai a dipingere Radio Aut, l’Aula Bunker di Palermo, il Palazzo di Giustizia: nacquero così i pupi antimafia. All’epoca, circa venti anni fa, non mi accorsi che, mantenendo la rigorosità della messa in scena e della manovra, nonché della costruzione dei pupi e delle scene nello stile della scuola palermitana, stava nascendo un nuovo e inedito ciclo epico che raccontava l’orgoglio dei siciliani e non più la celebrazione e l’apologia degli atteggiamenti mafiosi.  Devo dire che l’altra motivazione al cambiamento del repertorio era dovuta al fatto che ogni giorno mettevamo in scena l’infinita battaglia dei cristiani contro i musulmani ed io, onestamente, mi ero scocciato di far saltare le teste ai mori, perché avevano un colore di pelle o una religione diversa da quella occidentale. La storia recente su questo punto ha nettamente oltrepassato queste mie titubanze.
La reazione del pubblico all'inizio qual è stata?
La reazione del pubblico, sin dall’inizio è stata di grande sorpresa e di ammirazione per il coraggio di affrontare con uno strumento tradizionale la complessa tematica della storia della mafia e dell’antimafia in Sicilia.  Da noi, poi, si è verificato che chi assisteva (e assiste) ai miei spettacoli doveva necessariamente confrontarsi con un pezzo di storia personale e sociale che spesso comporta un grande dolore e che spesso interessa la sfera  privata. Gli anni ’80 e ‘90, infatti,  hanno lasciato a Palermo ed in Sicilia tanti morti nella guerra di mafia, ma anche una tormentata angoscia e delle ferite ancora aperte nell’ampia fetta di popolazione che non si è mai riconosciuta nella cultura mafiosa.  Ecco, l’opera dei pupi antimafia rappresenta un confronto reale, perché reali sono i pupi e le vicende che raccontiamo, con la nostra storia recente. Ho avuto anche  la fortuna di sperimentare molte volte, nel primo periodo di attività, gli spettacoli antimafia nel nord Italia e visto il grande entusiasmo con cui siamo stati accolti ho maturato anche un ragionamento sulla  memoria condivisa. Come accadde alla fine della seconda guerra mondiale, con la condivisione nazionale della memoria delle gesta dei partigiani e della lotta di Liberazione dal nazifascismo nel nord Italia, oggi la lotta dei siciliani e dei meridionali contro le mafie è diventata patrimonio nazionale. E questo, sembrerà strano, l’ho capito rappresentando le nostre storie a Vicenza, a Torino, a Milano.
Quanto è importante avvicinare i bambini attraverso questo "linguaggio" e parlare loro di mafia?
La cosa straordinaria che ci è successa in questi anni è che abbiamo sperimentato come il linguaggio semplice e senza orpelli del  teatro di figura e di animazione sia un formidabile strumento da utilizzare per diffondere la storia e la memoria della lotta antimafia nelle nuove generazioni. Ricordiamo che il teatro dei burattini e delle marionette ( di cui i pupi siciliani fanno parte) nasce per diffondere nel popolo “incolto” storie popolari e tradizionali in cui la classe subalterna riesce a rovesciare le sorti rispetto alle angherie della classe egemone. Ecco che nascono personaggi popolari come Pulcinella in Italia (e le sue derivazioni europee come Don Cristobal Polichinela in Spagna, Punch in Inghilterra, Petruska in Russia, ecc.), Caspar in Germania, Karaghiosz e Karaghiozis in Grecia e Turchia e tanti altri che diventano i protagonisti della scena popolare  teatrale. Noi, mantenendo questo schema strutturale, non abbiamo fatto altro che sostituire le vecchie maschere con i nuovi personaggi antimafia e sostituendo le storie popolari con le storie reali e di impegno sociale. Il tutto mantenendo la contrapposizione bene/male propria di questa forma di teatro. Questa strutturazione funziona, tanto che noi oggi prediligiamo il rapporto con il mondo della scuola e le nostre attività sono rivolte quasi esclusivamente ai giovani e giovanissimi.
Le rappresentazioni coi pupi ritraggono personaggi ed eventi in particolare?
Le nostre rappresentazioni ritraggono pressoché tutti i martiri della lotta alla mafia, sia quelli più noti, come i giudici Falcone e Borsellino, sia quelli meno noti, come i sindacalisti uccisi dalla mafia in Sicilia negli anni ’40 e ’50. Cominciammo con lo spettacolo sulla storia di Peppino Impastato che mettemmo in scena nel 2002 a Cinisi in Piazza a Cinisi, davanti alla madre di Peppino. Negli anni, poi, il ciclo dei pupi antimafia si è arricchito fino ad arrivare ai numerosi episodi attuali: si parte dalla storia dei fasci siciliani e della strage di Caltavuturo del 1893, fino alla storia di Placido Rizzotto, dalla Storia di Padre Pino Puglisi a quella del giudice Rosario Livatino, a quella di Pio La Torre, spettacolo tratto da una riduzione di un testo di Vincenzo Consolo, ed a tanti altri.
Qualche giorno fa è stata intitolata la sala del Museo dell'Opera dei Pupi Siciliani di Caltavuturo a Natale Mondo. Vogliamo ricordare chi era?
Proprio nell’ambito che ci sta molto a cuore del ricordo permanente dei caduti nella lotta alla mafia e soprattutto nel cercare di togliere dall’oblio le figure meno note di questa lunga e sanguinosa guerra, abbiamo sempre cercato di dedicare ai martiri “quasi dimenticati” gli spazi teatrali e museali della nostra compagnia. È accaduto nel 2012 con l’intitolazione a Lillo Zucchetto, giovane e valoroso  poliziotto ucciso dai killer della mafia a Palermo nel 1982, del nostro teatro stabile di Caltavuturo. È accaduto nel 2016 con l’intitolazione della Sala dei pupi antimafia del Muso dei Pupi di Carini al Vice questore Ninni Cassarà e al giovane agente Roberto Antiochia, massacrati a Palermo nell’agosto del 1985. E abbiamo continuato oggi con l’intitolazione della Sala dei pupi antimafia del Museo di Caltavuturo a Natale Mondo anch’egli agente di Polizia.  La storia di Natale, giovane poliziotto palermitano del quartiere dell’Arenella, è una storia emblematica. Nato e cresciuto in un quartiere ad alta densità mafiosa, decide di entrare in Polizia e diventa il braccio destro di Ninni Cassarà. Riesce a sopravvivere all’agguato in cui trovano la morte il Vice Questore e l’amico Antiochia e per tale ragione, quella di essere rimasto vivo, viene accusato di essere una talpa di Cosa nostra. Conosce l’umiliazione dell’arresto e del carcere, ma viene subito dopo scagionato dalla vedova Cassarà. La mafia non dimentica però questo acerrimo nemico, tanto che viene ucciso sotto casa il 14 gennaio del 1988. In questa storia ci sono tutti gli ingredienti delle tipiche armi della mafia e dei poteri occulti che decidono il destino degli uomini onesti: l’isolamento, la calunnia e l’eliminazione. Per tale ragione metteremo in scena la storia di Natale Mondo in occasione del trentennale della sua uccisione a Palermo nell’Auditorium della Caserma Lungaro.
Chi lo coadiuva nell'animazione e nella scrittura dei testi? ci sono dei riferimenti alla stretta attualità?
La compagnia è composta da un nucleo storico, costituito da me e da Mari Albanese, ma ha anche una peculiarità: quella della presenza tra i manovratori e i recitanti di ragazzi e ragazze ventenni che, con la loro passione ed energia tengono viva la tradizione e l’innovazione che proponiamo. Questi giovani, grazie al loro lavoro nella compagnia, sono rimasti in Sicilia ed hanno avuto la possibilità di mantenersi agli studi percependo un reddito regolare. E questo per me è forse la cosa di cui posso più vantarmi . I testi degli spettacoli invece sono scritti da me e spesso da Mari, che è anche una scrittrice, e che inserisce nella complessità delle vicende un tocco di sensibilità femminile nell’affrontare le storie. Ciò è emerso in particolare nella stesura del testo del nostro ultimo spettacolo “La stanza di Lia” che abbiamo presentato in prima nazionale al Festival di Morgana di Palermo il mese scorso. La storia di Lia, figlia e vittima del padre mafioso, era uno dei capi mafia dell’Acquasanta di Palermo, non  poteva che essere delineata con l’emotività e con la delicatezza che solo un’altra donna può dare. Per ciò che riguarda i riferimenti all’oggi la nostra compagnia è in procinto di affrontare le tematiche complesse e attualissime dell’immigrazione e soprattutto della lotta al caporalato. Stiamo infatti realizzando la storia con i nostri pupi di Yvan Sagnet, giovane camerunense che nel 2011 guidò lo sciopero dei nuovi schiavi braccianti in Puglia, dando inizio ad un processo che ha portato in Italia alla legge contro il caporalato e lo sfruttamento ed alla costituzione nei mesi scorsi della Rete nazionale NO CAP di cui Yvan è il presidente ed io il vice-presidente. Giovanni Zambito.
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Libri, "L’Ala di Berardi. Storia di un grattacielo mai costruito": un pezzo di storia italiana riletto attraverso un progetto visionario degli anni Sessanta. La recensione di Fattitaliani

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Sono gli anni del boom economico e della guerra fredda, gli anni in cui territori di secolare tradizione agricola diventano industriali, gli anni in cui impegnati fogli studenteschi invitano i giovani a manifestare contro gli adulti e contro il modello capitalistico.
Sono anche gli anni in cui una generazione di adulti stava amministrando quella realtà aperta al progresso e allo sviluppo per uscire dalle distruzioni e dalle ferite profonde lasciate della guerra che, nata come guerra mondiale, in Italia si era trasmutata in una tragica combinazione di guerra di liberazione nazionale, di guerra civile e di guerra di classe.

          Nel 1966 l’ingegnere di Lugo (Ravenna) Eugenio Berardi, pioniere del grattacielo balneare in Italia, decise di investire le proprie risorse di imprenditore e progettista in un’opera che per dimensioni, carattere innovativo e potenziale richiamo turistico, avrebbe certamente superato le sue due prime torri di Milano Marittima e Cesenatico. Il libro L’Ala di Berardi. Storia di un grattacielo mai costruito a Lido Adriano (Edizioni del Girasole) ripercorre la cronaca di un edificio visionario che divise la politica ravennate proprio alla vigilia del Sessantotto, anticipando a livello locale le future tensioni nazionali, richiamando l’attenzione sulle conseguenze dello sviluppo economico all’epoca del boom, sul tema dell’urbanizzazione delle coste italiane e sulle trasformazioni dei rapporti tra partiti politici ed ideologie.Quel grattacielo doveva essere l’edificio principale di un complesso edilizio d’avanguardia, concepito con ristorante, negozi, campi da gioco, accesso diretto (ed esclusivo) alla spiaggia: 41 piani, 120 metri di altezza, 4 ascensori, una terrazza belvedere con una fascia perimetrale illuminata di notte e un impianto di risalita per il collegamento tra la cima della torre e il molo della nuova darsena. Un programma funzionale, e un nome – Ala, per l’appunto – di grande respiro che si candidava a diventare l’elemento iconico dominante di una località allora ancora tutta da costruire, Lido Adriano, un nuovo ed elegante quartiere sul mare di Ravenna, che però proprio in quegli anni diventerà invece uno dei tanti esempi del disordine urbanistico italiano, privo tra l’altro di quel grattacielo che non verrà mai costruito.
                 Indagare su qualcosa che poteva e doveva essere realizzata ma che alla fine scomparve dall’agenda di quegli anni è l’obiettivo di questo libro. Per riportare alla luce questa storia paradossale è stato necessario consultare gli archivi, i testimoni diretti, le riviste d’epoca che dettavano le linee del dibattito architettonico e politico, trovando in moltissimi casi dei vuoti dovuti al tempo trascorso e alla mancata conseguenza tra il progetto e quell’opera che non sarà mai compiuta. È stata, pertanto, una ricerca avventurosa che ha messo insieme tre diversissime esperienze: Saturno Carnoli (curatore del volume e protagonista diretto - insieme ad Elios Andreini - della vicenda politica che accompagnò il progetto di Berardi), Cesare Albertano (che ha curato la parte politica) e Domenico Mollura (che ha curato la parte architettonica), entrambi “estranei”, per origini (rispettivamente piemontesi e siciliane) e per dati anagrafici, a quelle vicende.
                  Il libro narra «la storia di una dialettica politica lacerante e distruttiva, la storia degli errori che la lettura ideologica della realtà sempre porta con sé, la dimostrazione– spiega Albertano – che chi vive l'attimo storico contingente non può mai avere la visuale di chi vedrà quegli accadimenti nella loro compiutezza e, pertanto, è destinato a sbagliare e a non capire cosa gli stia succedendo. Proprio in questi aspetti mi ha coinvolto questa narrazione: poter descrivere l’arrivo della temperie del Sessantotto non con enfasi commemorativa ma con uno sguardo che potesse far emergere lo scontro generazionale, la fatica del vivere, le illusioni e le delusioni, le inadeguatezze, gli errori, la casualità degli accadimenti, l'improvvisa impennata dei destini».
         L’affaire Lido Adriano mise in fibrillazione i già difficili rapporti tra i partiti di governo di quegli anni (in particolare l’asse DC, PSI, PRI, PSDI, PLI) e l’opposizione del Partito Comunista in un territorio che manteneva ancora viva nella propria memoria storica i fatti degli ultimi decenni, segnati dall’esperienza fascista e da quella resistenziale. In quel biennio 1966-67 la rottura causata dalle diverse posizioni assunte nel PCI ravennate, sia sul tema delle speculazioni edilizie sia sul progetto di Berardi, determinò rilevanti conseguenze: «Ha anticipato - racconta Carnoli, all’epoca un giovane universitario contrario alla cementificazione della costa - un diverso modo di fare politica che diventerà prassi normale l’anno dopo (1968), ha introdotto un più agguerrito spirito critico per vivere la lotta politica come forma collettiva di creatività e progettualità sociale. Non credo - prosegue - che la nostra lotta contro il grattacielo di Berardi sia stata determinante a impedirne la realizzazione, né penso che la sua realizzazione avrebbe veramente cambiato il destino di Lido Adriano. Sicuramente ritengo che allora non valutammo per nulla il valore complessivo dell’opera soprattutto dal punto di vista tecnico ed estetico, prigionieri forse del pregiudizio antiborghese in materia di sviluppo capitalistico e infastiditi dalla doppiezza del partito a difesa degli interessi delle cooperative».
      Per non ridurre la ricerca alla sola ricostruzione storico-politica dei fatti, il libro offre nella sua seconda parte anche un’ampia ricostruzione del progetto, entrando nei dettagli tecnici e nello stile inconfondibile della creatività e della visionarietà di Berardi: «Vale sempre  la pena affrontare uno studio sulla tipologia del grattacielo - ribadisce Mollura - inteso come sfida ingegneristica e richiamo alla modernità, ancor di più se si inserisce questo studio nell’ottica dei progetti che attendevano le città italiane negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo di fronte allo scenario della ricostruzione sociale, politica, economica e urbana dell’Italia repubblicana. La volontà di ripensare la città italiana secondo criteri estensivi, finalizzati alla distribuzione dell’urbanizzazione sul territorio sia in senso orizzontale che verticale, rappresentò un’esigenza allora inderogabile, ma non sempre i piani urbanistici e le volontà politiche seppero sorreggerla e guidarla con lungimiranza». 

            Ricostruire le vicende del progetto Ala, inedito e irrealizzato,  non è stato semplice, ma i protagonisti di quegli anni, l’edifico e soprattutto il suo geniale progettista, meritavano che quella storia fosse riscoperta e raccontata. Con questo volume, pubblicato a cinquant’anni dall’inizio della edificazione di Lido Adriano e a quarant’anni dalla morte di Eugenio Berardi, gli autori hanno tentato di far un luce su un caso dai risvolti oscuri. Un’unica certezza: il grattacielo Ala non è stato mai costruito, la sua forza simbolica non ha mai preso il volo: è rimasta nella nebbia, la stessa nebbia nella quale doveva essere avvolto quel gigante in inverno, come lo aveva immaginato Berardi, al servizio del tempo libero, per la felicità dei turisti estivi e dei residenti, proteso verso l’Europa e verso il futuro.
Scheda
L'ala di Berardi. Storia di un grattacielo mai costruito a Lido Adriano
Domenico Mollura - Cesare Albertano - Saturno Carnoli
Edizioni del Girasole
Ravenna, 2017; br., pp. 224, ill. b/n e col., cm 17x24.
(Girasole Storia).
collana: Girasole Storia
Lunedì 11 dicembre 2017 alle ore 17.30 presso la Libreria Feltrinelli di Ravenna in via Diaz 14, l'Onorevole Elios ANDREINI presenta il libro "L'Ala di Berardi. Storia di un grattacielo mai nato a Lido Adriano", curato dal Professor Saturno CARNOLI con testi del Professor Cesare ALBERTANO per la parte storica e dell'Architetto Domenico MOLLURA per la parte urbanistica. 

Mostre, "IO SONO QUI" ARTE E DIRITTO ALLA COMUNICAZIONE MATERIALE E IMMATERIALE al Macro dal 15 al 26 dicembre

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Dal 15 al 26 dicembre 2017 il MACRO Testaccio di Roma ospita la mostra “Io sono qui!” prodotta da M’AMA ART, da un’idea di Alessia Montani, a cura di Lorenzo Bruni e promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

“Io sono qui!” indaga il tema della comunicazione, attraverso le infrastrutture materiali e immateriali: “io e il mondo” nella realtà digitale. La banda larga, che permette di trasmettere una grande quantità di dati in tempi rapidi, diventa fattore essenziale di crescita economica, culturale e sociale.
Nel percorso espositivo spiccano, tra le altre due opere: la maestosa opera di Paola Romano che invita a riflettere, in generale, sulle condizioni del nostro pianeta e quella di Camilla Ancilotto che con le sue poliedriche combinazioni nell’opera monumentale dal titolo “Deposizione”, spinge lo spettatore a un’interazione creativa.
L’arte di Camilla Ancilotto si inserisce nel più ampio intento programmatico perseguito da M’AMA.ART di coinvolgere l’opinione pubblica su questioni di interesse collettivo. Il dibattito attorno al “digital divide” - il divario esistente tra chi ha accesso alle tecnologie dell’informazione e chi ne resta escluso - è fecondo spunto per riflettere sul diritto alla comunicazione.
La “Deposizione” di Ancilotto - “pitto-scultura” mobile di grandi dimensioni (4.30x4,50 mt) – vuole essere un omaggio, nell’ottantesimo anno della sua creazione, alla celeberrima Guernica di Picasso e, più in generale, all’eclettico universo pittorico dell’artista andaluso. L’opera trova strategica collocazione nello spazio antistante l’ingresso del Museo di Arte Contemporanea edificato nell’area dell’ex-Mattatoio romano, di cui la drammatica icona antibellica picassiana sembra riecheggiare le disperate urla belluine. Nel percorso espositivo si incontrano altri lavori ospitati all’interno del Padiglione B del MACRO: si tratta di due versioni - una su fondo oro e l’altra su fondo argento - della rinomata lupa capitolina che si dispiega sui tre lati dei prismi girevoli trasformandosi in gorgone e in protome leonina.
L’arte interattiva di Camilla Ancilotto è un “invitation au voyage” in cui viene ribadita l’importanza del gesto fisico nello stabilire una profonda connessione tra artista e spettatore: l’apertura ludica che l’opera ancilottiana propone permette al fruitore di irrompere nel flusso creativo e dare una propria interpretazione del lavoro. La comunicazione avviene dunque su due piani: quello della divulgazione culturale - grazie alla riproposizione di immagini tratte dal repertorio iconografico dell’arte occidentale, patrimonio condiviso dell’umanità - e quello del rapporto dialogico diretto e “democratico” tra opera e pubblico, in una performance continua che non presuppone alcuna competenza digitale (pur alludendo - per la sua natura interagente e mutante - al progresso tecnologico).
Nell’orizzonte artistico contemporaneo che si profila sempre più dominato dal concetto di riproducibilità digitale, “Io sono qui” - sembra dire l’artista romana - per avvalorare la conoscenza esperienziale dell’opera d’arte, tangibile strumento di trasmissione di una pratica artigianale e pittorica che non può essere bollata come obsoleta; all’instabilità della “società liquida” attuale è necessario contrapporre riferimenti solidi che sappiano affiancare con efficacia l’incalzante processo di dematerializzazione del reale in cui tutto diventa simulacro e simulazione.

Camilla Ancilotto
La mostra si articola in una sezione dedicata alle installazioni di sette artisti: Mario Airò, Ulla von Brandenburg, Donna Huanca, Runo Lagomarsino, Ahmet Ögüt, Antonis Pittas e Patrick Tuttofuoco; e una sezione di opere realizzate da quattordici artisti, oltre ad Ancilotto e Romano: Maria Thereza Alves, Paolo Parisi, Kamen Stoyanov, Marco Raparelli, Matteo Negri, Giuliana Cunéaz, Yorgos Stamkopoulos, Giulio Rigoni, Chicco Margaroli, Vincenzo Marsiglia, Marianna Masciolini, Savini & Vainio.

Il progetto prevede la realizzazione di un libro-catalogo con i contributi dei relatori del convegno/tavola rotonda. Naturalmente l’arte avrà un peso particolarmente significativo in quanto all’interno del volume saranno utilizzate le immagini delle opere degli artisti presenti.

Giovanni Caccamo a Fattitaliani: l’autenticità guida la mia scrittura e il mio percorso. L'intervista

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Oggi ripeschiamo nella rete un'intervista al cantautore siciliano Giovanni Caccamo del dicembre 2014, vincitore di Sanremo Giovanni 2015 con la canzone "Ritornerò da te" e classificatosi l'anno successivo al terzo posto nella categoria Campioni in coppia con Deborah Iurato con il brano "Via da qui". 

Ammesso fra i giovani di Sanremo 2015, hai ringraziato la Sugar definendola la tua famiglia musicale. Facile per un giovane artista oggi trovare un clima di accoglienza fra i discografici?
Credo che il mondo della discografia sia come un albero. Il tronco principale è “musica” poi ogni artista deve avere la pazienza e la perseveranza di trovare il ramo giusto per sé. C’è chi lo trova subito, chi necessita di più tentativi ed esperienze negative; ma, di fatto, ogni ramo è accogliente per l’artista corrispondente. Ci sono etichette perfette per il RAP, altre per il cantautorato, ci sono i talent, fondamentali per chi fa della propria voce lo strumento principale di comunicazione. 
Sugar è ramo giusto per me. Sentivo da anni quest’attrazione ed evidentemente era un’empatia destinata a fiorire.
Che cosa di "Ritornerò da te" potrebbe maggiormente colpire il pubblico e la giuria di Sanremo?
Non vivo molto l’ansia da gara o da palco; ho addosso una grande emozione ed adrenalina, ma sono cariche esclusivamente positive e non competitive. Ciò che da anni guida la mia scrittura ed il mio percorso è l’autenticità; scrivo solo quando sento di avere qualcosa di importante e sincero da comunicare a me stesso o agli altri.
In caso contrario, preferisco il Silenzio. Questo spero possa essere percepito e possa colpire chi ascolterà “Ritornerò da te”.
Aver condotto delle trasmissioni tv ti ha reso più sciolto nell'interpretare le canzoni?
Sicuramente tutte le esperienze che ho avuto la possibilità di fare in questi anni mi hanno donato qualcosa. La TV è stata un’opportunità ai tempi per capire svariati meccanismi lavorativi e di comunicazione. Sicuramente sono più sereno e più consapevole di queste dinamiche.
Dopo l'esperienza di X Factor, si prova una soddisfazione maggiore nell'essere stato selezionato per il Festival?
Premesso che non ho mai preso parte alla trasmissione XFactor, nonostante giri questa notizia sul web. 
Ho fatto nel 2010 i casting per entrare in trasmissione, ma senza nessun esito positivo. Mara Maionchi mi eliminò agli Homevisit. Ho grande rispetto e giudico positivamente i talent; lavoro come autore con molti artisti che hanno trovato nel talent il loro “ramo” dell’albero e di cui ho grande stima. 
La gioia nell’essere uno degli otto giovani partecipanti al Festival di Sanremo è tanta. Sono molto felice.
Sei giovanissimo: che rapporto hai con la kermesse musicale di Sanremo?
Beh, per l’Italia credo che Sanremo, così come i Mondiali di calcio siano un appuntamento imperdibile; al di là della propria passione per la musica, che può essere più o meno prorompente, credo che Sanremo rappresenti uno specchio della storia, del costume e della cultura che ci accompagnano e si evolvono anno dopo anno. Ricordo quindi di aver seguito ogni anno, sin da piccolo, ogni edizione del Festival, con curiosità ed entusiasmo.
Hai delle canzoni-mito sanremesi che ricordi e ti accompagnano?
“Finalmente tu” Fiorello. Io avevo solo 5 anni ma quella canzone mi stregò. “Follia d’amore” Raphael Gualazzi. Appena salì sul palco pensai: questo ragazzo è un fuoriclasse.
Se dovessi sceglierne alcune da riscrivere o reinterpretare quali sceglieresti?
“Come foglie” Malika Ayane. La particolarità di un timbro sposa la potenza di un brano perfetto scritto da Giuliano Sangiorgi. 
Al di là del risultato che otterrai, è in cantiere un dopo-Sanremo per la tua carriera?
La mia gioia più grande di questi mesi è proprio il mio album. Il mio primo album. Lavoro da anni a questi brani, a curarne ogni singola parola, ogni singola nota. Lavoriamo da mesi per creare un album autentico che possa essere, per chi deciderà ascoltarlo, un vero e proprio viaggio inedito. Tanti progetti e tanta musica. Giovanni Zambito.
Ritrova qui gli articoli di Archivio

Bagliori tra le nuvole, il romanzo di Antonella Giordano: un libro è trasmettere un’emozione nella sua completezza. L'intervista di Fattitaliani

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Il romanzo “Bagliori tra le nuvole” di Antonella Giordano per Falco Editore, rivela una grande forza narratrice. In questo suo terzo romanzo fa un po’ la radiografia del dopoguerra. Il viaggio si dipana dalle Alpi alla Sicilia, attraverso le peripezie di Lena. Come tutti i romanzi anche questo è frutto di fantasia che spesso si coniuga con esperienze vissute da chi lo scrive o che l’Autrice ha ascoltato da altri ma i fatti vengono decontestualizzati per evitare che vengano riconosciuti le persone o i posti dove si sono svolti, fotogrammi che viaggiano sui binari di una trama. 
Un evento determinante è il focus attraverso il quale si susseguono sensazioni ed emozioni e la Giordano guarda ad esso attraverso la triste storia dell’emigrazione. Momenti difficili sia per chi partiva che per chi rimaneva. “La terra che avevamo lasciato scompariva lentamente, impallidendo in versioni in miniature di sé sempre più piccole fino a divenire lo sprazzo di un ricordo, che sicuramente ogni passeggero avrebbe conservato in modo diverso”. 
Il Romanzo è intriso di sicilianità. La Terra di Sicilia appartiene all’Autrice non per nascita ma per adozione, ne scrive con grande ammirazione tanto che sembra di sentire il profumo di ginestre e di zagare ma anche sussurrare lo scirocco. 

C’è similitudine tra la nostra emigrazione verso i Paesi dell’America latina e l’Europa. C’è similitudine tra la Terra che avevano lasciato e quella in cui avrebbero trovato un’occasione di riscatto. C’è similitudine tra i capricci dello scirocco e i capricci delle onde del mare, di chi oggi si avventura in balia di scafisti e dei capricci del mare. Cosa ne pensi? Quando ho iniziato a scrivere questo romanzo, non era nelle mie intenzioni fare questo parallelismo né volevo creare delle comparazioni. Il mio era semplicemente un riportare le vicissitudini vissute solo fino a pochi decenni fa da quelle che sono state generazioni di famiglie. Vissute in ogni parte d’Italia ma in particolare ho voluto evidenziare il fenomeno in Sicilia dove ha avuto una marcatura più profonda perché lì si è verificato un traffico collaterale che è all’origine delle indagini che vengono svolte dal carabiniere che è uno dei protagonisti importanti del romanzo. 
Segui tutti i personaggi sulla scena, ti senti più Regista o Scrittrice? 
Né l’una e né l’altra cosa. Mi sento con loro, ne interpreto gli stati d’animo, li contestualizzo, li vivo, trasmetto i loro sentimenti e forse ho la presunzione di essere anche troppo presente perché esprimo il mio punto di vista. I miei personaggi mi appartengono.   
Una storia nella storia a formare tante storie, qual è il filo conduttore? 
La condivisione dei sentimenti, il cammino della vita all’interno di un Paese che non è frammentato, non c’è una reale diversità tra Nord, Centro e Sud perché poi alla fine le situazioni si equivalgono. 
Chi è il ragazzo che lascia tutto per seguire gli ideali di legalità e giustizia? 
E’ un bambino-bracciante che ha conosciuto presto il lavoro e i problemi connessi allo sfruttamento del lavoro, le diseguaglianze, la povertà, la miseria. Questo bambino-bracciante incontra un’operaia altoatesina, Lena e, si crea una sintesi tra i due personaggi che poi decidono di fare un cammino di vita insieme. E’ una persona che ho conosciuto e che ho voluto accompagnare fino ad un certo momento della vita, poi l’ho perso di vista perché questa persona insieme ad altri ragazzi non ha scelto di fare un percorso lavorativo. Parliamo di un’epoca storica in cui i ragazzi non sceglievano, avevano un valore che diventava stringente e preponderante che era quello di portare aiuto in casa. Ha avuto l’opportunità di potersi arruolare nel Corpo dei Carabinieri e da quel momento il senso del dovere, della correttezza, della lealtà, dell’onestà erano talmente radicati in lui che era un eroe in vita e anche dopo la morte. 
Hai parlato di valori, sono gli stessi di allora o sono cambiati? 
Sono un patrimonio che ciascuno ha dentro di sé, in parte si ereditano e quindi sono una componente genetica, in parte si maturano. Non è un’affermazione di principio ma una riflessione sulla loro importanza perché rappresentano dei punti di riferimento. Non c’è un valore più importante di un altro, è essenziale averli. Sono le norme non scritte che regolano la comune convivenza ed il cammino della civiltà. 
Un buon libro per avere successo ha bisogno di belle parole. Quanto sono cambiati le parole, la lettura, la comunicazione in tempi di social network? 
I social sono una forma di comunicazione e in alcuni casi anche d’informazione. Un libro, un romanzo in particolare è una storia in cui c’è sempre anche se non è autobiografico, una parte dell’Autore che non è mai distaccato perché entriamo in un altro genere letterario, saggio, cronaca, giornalismo. Un libro è trasmettere un’emozione nella sua completezza.

Elisabetta Ruffolo


I proventi del Libro saranno devoluti all’Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari dell’Arma dei Carabinieri.
 
Leggi qui gli articoli di Elisabetta Ruffolo

Il + Bello d'Italia & Ragazza Protagonista Gran Galà a tempo di Valzer…

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Un Gran Galà a tempo di valzer, sognando la finale nazionale.
Nella suggestiva cornice del Park Hotel La Serenissima alle porte di Roma, accolti dalla cordialità e dalla professionalità di Roberto e Simone Fanelli, il 7 dicembre si è svolta una grande serata de Il + Bello d'Italia & Ragazza Protagonista all’insegna del fascino, dell’eleganza e della bellezza. Una kermesse di grande spettacolo in cui si sono decretati i finalisti per il Lazio - tra ragazzi e ragazze - che domenica 10 dicembre si contenderanno il titolo nazionale presso lo storico locale romano Piper insieme a tanti altri candidati provenienti da tutta Italia.

Giunge così al termine il percorso iniziato lo scorso agosto con una serie di tappe organizzate dall’Agente per il Lazio de Il + Bello d'Italia & Ragazza Protagonista, Raoul Morandi e dal suo staff. Una chiusura in grande stile - che ha decretato anche Il + Bello di Roma 2018 -, presentata come sempre dal fascino rock della cantautrice Star Elaiza che ha aperto il Galà con due brani accompagnata dal virtuoso talento del Maestro chitarrista Massimo Tiburzi.  

Dopodiché via alla serata che ha visto i ragazzi e le ragazze esibirsi in diversi momenti: dalle sfilate in costume da bagno all’abito elegante, dalle prove talento, alle interviste con la giuria fino alla sfilata della capsule collection 2018 ‘Spirituality’ di sciarpe e t-shirt del fashion designer Marco Aurelio Calandra, e della prima capsule collection ‘Colors’ di t-shirt della fashion blogger Elenia Scarsella. Ad intervallare le passerelle, due performance direttamente dal concorso televisivo ‘Fuori Classe’ di La7 ideato da Ivano Trau in corsa per la finale 2018: la suggestiva danza dei ‘The Dream’, gruppo di ballo di sei giovanissimi talenti (Gaia Robibaro, Beatrice Ricci, Ugo Ricci, Azzurra Ricci, Desire Stivali, Ilaria De Angelis). E la potente voce di Ilaria Rendali che ha interpretato il brano ‘Il futuro che sarà’ di Chiara Galiazzo.

La bellezza dell’arte, dunque, come quella espressa da Simone Fanelli, impeccabile padrone di casa, organizzatore di eventi, poliedrico artista, attore, musicista ma soprattutto giovanissimo porta-bandiera di un’arte quasi del tutto scomparsa oggi, il ventriloquo. È così arriva Johnny, curioso pupazzo di stoffa sbucato da una scatola dei ricordi al quale Simone ha dato magistralmente voce in un susseguirsi di battute e divertenti gag con il pubblico.

E proprio per aiutare a sviluppare il senso dell’arte nei giovani, il Patron del programma ‘Fuori Classe’ di La7 Ivano Trau ha assegnato quattro borse di studio ad altrettanti ragazzi/e per l’Accademia da lui fondata di teatro, canto, danza, portamento, bon ton. 

A valutare i candidati la giuria di esperti: la giornalista Rai Antonietta Di Vizia, la giornalista e scrittrice Emanuela Del Zompo, l'agente di spettacolo e talent scout Angela Colapietro, le bloggers Elenia Scarsella e Sara Lauricella, il conduttore di Canale Dieci Carlo Senes, il fashion designer Marco Aurelio Calandra, lo speaker radiofonico di RID 96.8 Cesare Deserto, l’opinionista e produttore Emanuele Puddu. E poi gli ospiti a questo appuntamento con la bellezza e l’eleganza: il Patron del programma ‘Fuori Classe’ di La7 Ivano Trau e Katiuscia Siddi, la prima Miss Italia sorda Elisabetta Viaggi, i wedding planners Erno Rossi e William Vittori, il modello Armando Castelluzzo, la pittrice Milena Pazzaglini. E proprio questi personaggi ed esperti del mondo della moda, dell’informazione e dello spettacolo, sono stati omaggiati dall’artista Milena Pazzaglini con una litografia ispirata alla bellezza. 

Ecco, dunque, le Ragazze Protagoniste in finale nazionale: Camilla Magnanti, Francesca Kola, Daniela Vrabie, Jessica Magnanti, Jamila Metalli, Giulia Conti, Jessica Gneo, Alessia Casiere, Lavinia Pontecorvi, Jasmin Metalli. Vincitrici con fascia del Gran Galà: Alessia Casiere, Francesca Kola, Lavinia Pontecorvi.

I ragazzi + Bello d’Italia in finale nazionale: Leonardo Tarelli, Andrea D’Antuono, Giuseppe Aureli, Nicolas Arcangeli, Edoardo Castronovo, Matteo Dianni, Simone Rotilio, Gabriel Ilesco, Lorenzo Portanova, Cristian Gasparoni, Antonio Gianantoni, Francesco Battaglia, Davide Ferraro, Mattia Palese, Gianmarco Sorba. Vincitori con fascia del Gran Galà: Giuseppe Aureli, Nicolas Arcangeli, Mattia Palese.

Il + Bello di Roma 2018: Lorenzo Portanova.

Il Galà si è poi concluso sulle note di un romantico valzer inglese non prima di aver ringraziato lo sponsor Leonardo Venditti di We’ll Digital Press, i fotografi Renata Marzeda e Claudio Sanfilippo, la make-up artist Claudia Grassi, OroOro e Atelier Brutta Spose.

Cinema, intervista ad Alessia Vegro giovane sceneggiatrice e produttrice: bisogna trovare in sé la forza di rialzarsi

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Alessia Vegro, sceneggiatrice e produttrice, giovane talento italiano della settima arte. Intervista di Andrea Giostra.

Ho incontrato Alessia Vegro nella sua città, Padova. Alessia è una giovane sceneggiatrice che ha coltivato fin da giovanissima la passione per la scrittura. Ha studiato al liceo classico Tito Livio, ritenuto da sempre uno dei migliori licei del nostro Paese, per poi continuare i suoi studi al prestigiosissimo DAMS dell’Università di Bologna, dove ha conseguito la Laurea in Cinema, discutendo una tesi sul “Cinema Argentino”. Argentina dove ha passato cinque mesi, proprio per elaborare la sua tesi di laurea e conoscere da vicino l’arte cinematografica del paese dell’America latina. Alessia, dopo essersi occupata di riprese video, montaggio, aver scritto per un Blog di cronaca, per un Blog satirico, e avere accumulato una preziosa esperienza nella realizzazione di video su piattaforme di realtà virtuale, ha deciso di tentare il grande salto nel mondo della settima arte. Il suo primo film, che ha ideato, sceneggiato e prodotto, “E’ un Cerchio Imperfetto”, è stato selezionato in diversi Festival Cinematografici Internazionali, aggiudicandosi il terzo posto come miglior film in Svezia al “RedCorner Film Festival”, il premio “Miglior Produttore” al “MEDff” di Sicilia, e recentemente il grandissimo e brillante riconoscimento canadese al “Toronto International Nollywood Film Festival” dove Alessia è stata insignita dalla Giuria con il “Premio Speciale come miglior donna filmmaker”.
Oggi Alessia ci parlerà della sua passione per la scrittura e per la settima arte, della sua professione in fortissima crescita, delle interessanti prospettive artistiche frutto anche dei recenti riconoscimenti internazionali, e del suo lavoro in Italia e nel mondo.
Benvenuta Alessia, ti ringrazio per aver accettato il mio invito. Ho fatto una breve presentazione della tua storia quale artista cinematografica, che nella nostra chiacchierata cercheremo di approfondire.
Alessia, mi piacerebbe che tu ti presentassi ai nostri lettori. Chi è la Alessia-Donna?

Buongiorno Andrea e grazie per il tuo invito, è un piacere averti qui. Alessia-Donna… a dir la verità mi sento ancora così “bambina” dentro che faccio fatica a trovare una risposta adeguata. Direi che sono una persona che ama la meraviglia e il riuscire a vivere appieno le emozioni. Un’introversa che è sempre felice e curiosa di conoscere persone nuove e un’appassionata di viaggi sia mentali che fisici. Diciamo che a seconda del momento posso essere qualsiasi cosa: testarda e romantica, cinica e sognatrice. In effetti è bella la consapevolezza che dentro di noi siamo “tutto”, anche se ovviamente è più facile negare di possedere dei lati oscuri e dei difetti. Basta guardare i social, no? A volte capita di dare una scorsa all’home page di Facebook e pensare che tutti siano intelligenti, colti, simpatici, ironici… tutti perfetti… fortunatamente ho imparato ad amare ogni aspetto di me, nella mia totale imperfezione. Ma per tornare alla tua domanda, mi piace molto la descrizione di me che ha fatto una volta un mio carissimo amico. Parafrasando: “Alessia è una donna sensibile e dolce ma molto più tenace della maggior parte degli uomini”. Credo di ritrovarmici, anche se quando penso a me stessa mi sento molto più “testaccia dura” che tenace.

Chi è invece la Alessia-Artista, sceneggiatrice e produttrice cinematografica?

Come dicevo… una testa dura! Non importa quanto impegno, quante rinunce, quanto tempo costerà raggiungere un obiettivo, devo arrivare assolutamente alla meta che mi sono prefissata. Ma credo che oltre ad aver tenacia sia indispensabile essere anche dei visionari quando si dedica la propria vita all’arte. E avere un coraggio indomito per seguire la propria ispirazione. Alessia-Artista è una stacanovista che non si rende conto di esserlo perché scrivere non è tanto un lavoro quanto una necessità. Poi se osserviamo più nel dettaglio Alessia-Produttrice beh… una pazza se vogliamo dar retta a chi ha tentato in tutti i modi di dissuadermi dall’idea di produrre il mio primo film. Ma stando ai risultati ottenuti fino ad adesso direi che è un’amante del rischio e una persona che crede ciecamente in quello che fa. Credo questi due elementi giochino sempre a favore di chi si è focalizzato su mete importanti.

Sappiamo tutti, Alessia, che farsi spazio nel mondo del cinema e dello spettacolo in genere, soprattutto all'inizio della carriera, non è facile per nessuno e spesso bisogna fare altri lavori. Tu prima di dedicarti a tempo pieno alla tua passione artistica, hai fatto altre esperienze lavorative?

Assolutamente sì. E devo dire che sono stata abbastanza fortunata nel riuscire a lavorare comunque in ambiti non troppo lontani dal mio. Mi sono occupata della produzione video presso un’università telematica, ho realizzato alcuni lavori di montaggio, scritto per alcuni blog, realizzato un documentario e diversi video girati su una piattaforma virtuale… Insomma, tutte esperienze che alla fine si sono rivelate utili una volta deciso di realizzare “È un Cerchio Imperfetto”.

Avrai sicuramente letto, Alessia, qualcuna delle mie interviste e saprai che sono un appassionato di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. In uno dei suoi romanzi più noti, “Memorie dal sottosuolo”, pubblicato in Russia nel 1864, ad un certo punto del racconto scrive della “Teoria dell'Umiliazione”. Negli anni novanta alcuni ricercatori americani che si occupano di comportamento umano e di psiche, ne prendono spunto per elaborare una teoria psico-dinamica che sinteticamente possiamo tradurre così: «Sono più le umiliazioni che subiamo nella nostra vita a farci crescere umanamente e spiritualmente e a farci vivere meglio. Sono le umiliazioni che subiamo che ci insegnano a sbagliare sempre meno. Si impara dalla propria esperienza di vita e dai propri errori, soprattutto quando sono gli altri a farceli notare e magari ridono apertamente di noi!». Ogni uomo e ogni donna, nella sua crescita di vita e nella sua carriera professionale, subisce certamente delle umiliazioni che lasciano sempre un segno soggettivo, profondo ed importante al contempo per diventare più forti e più consapevoli delle proprie qualità e dei propri limiti. Nella tua carriera artistica, Alessia, le tue “umiliazioni professionali” - se così possiamo definirle! - soprattutto quelle giovanili, cosa ti hanno insegnato?

Onestamente? Vorrei averne avute! Perché è vero che le umiliazioni sono delle grandi maestre di vita. La cosa davvero triste in Italia è che se provi ad immetterti in certi ambienti tu non riesci neanche a ricevere umiliazioni: dovrebbero aprirti la porta e farti parlare almeno cinque minuti prima. In Italia quello che vivi, piuttosto, è la delusione e la disillusione. Delusione perché da giovane sognatrice ti dipingi in testa come sarà il tuo futuro e sei certa che passione, impegno, perseveranza prima o poi frutteranno qualcosa… invece fruttano solo la fatica di proteggere con tutta te stessa i tuoi sogni e non farteli strappare dal cinismo altrui. Disillusione perché per tutta la vita hai sentito parlare di questo mondo fantastico dove vige la legge della meritocrazia… salvo poi trovarti in una realtà dove non ti viene data la possibilità di scoprire se il tuo lavoro merita un riconoscimento o meno. Ma anche in questo caso puoi trarne degli insegnamenti se solo hai la forza di continuare a credere: scopri che puoi farcela anche da sola, che non è obbligatorio scendere a compromessi per raggiungere un obiettivo, che tutta la fatica e il tempo che impieghi ad arrivare ti hanno temprata e arricchita, che festeggiare un traguardo ha senso quando l’hai raggiunto con le tue sole forze.

Leggendo queste esperienze da una prospettiva diversa, recuperando quello che dicevano gli antichi latini: «Non destruit quod me fortiorem facit» (Quello che non mi distrugge, mi rende più forte), cosa vuoi aggiungere?

Che mentre si va avanti nonostante tutte le avversità bisogna ricordarsi che la legge del Karma è una certezza tanto quanto quella di gravità: dà sempre il massimo e alla fine ti tornerà indietro e quelli che ti hanno ostacolato in tutti i modi… beh, il loro karma sarà meno roseo quindi non sprecare energie a portare rancore, ci penserà la vita a tirare le somme.

A questo proposito un’altra importante verità è quella di Geoffrey Chaucer (1340-1400), divenuto famosissimo per uno dei suoi bellissimi Poemi, “I Racconti di Canterbury” (1478). Chaucer fa dire ad uno dei protagonisti di un altro suo importante Poema, “Troilo e Criselide” (XIV sec.) «Guai a chi è solo, perché se cade, non ha alcuno che lo soccorra.» Cosa ne pensi di queste parole?

Con tutto il rispetto per l’immenso Chaucer, direi “guai a chi si aspetta che siano gli altri a doverlo soccorrere”. Credo sia importante avere qualcuno che ti stimoli e ti supporti ma la forza di rialzarti la devi trovare dentro di te, nessuno può rimetterti in piedi, a meno che tu non sia un burattino nelle mani di Mangiafuoco… 

Ti ricordi quando hai deciso di fare l'Artista, di dedicare la tua vita al Cinema? Che età avevi? Cosa pensavi allora, da ragazzina sognatrice, del mondo del Cinema, dello Spettacolo, dell'Arte in generale?

Veramente il colpo di fulmine per il Cinema è arrivato alquanto tardi, ossia al primo anno di università. Fino a quel momento il mio obiettivo era sempre stato uno: diventare scrittrice. Ho seguito questa passione fin da quando avevo 8 anni, da qui anche la scelta di frequentare il liceo classico. Dopo la maturità, dovendo scegliere l’università, avevo optato per il DAMS di Bologna perché avrebbero dovuto attivare l’indirizzo di linguaggi multimediali, progetto poi saltato. Nel frattempo però, seguendo le prime lezioni di Cinema, ho scoperto un’altra Sirena che mi chiamava a gran voce e l’unica cosa che sono stata in grado di pensare è stata: “Del resto anche il Cinema ha bisogno di qualcuno che scriva!”
Certo, sapevo fin da piccola che la strada che avevo intrapreso non era delle più semplici, soprattutto per una ragazza che viene dalla provincia padovana e non ha contatti di alcun tipo. Ammetto però che avevo anche un po’ l’illusione di vivere in un Paese in cui qualche piccolo spazio fosse concesso a chi se lo meritava. Come ho scoperto sulla mia pelle, mai idea è stata più sbagliata. Quando provi a bussare alle varie porte o invii del materiale per lo più non si degnano neanche di guardare attraverso lo spioncino: tanto chi fa parte della loro cerchia ha la chiave, di certo non ha bisogno di suonare il campanello… Il tutto sta nel comprendere che, in fin dei conti, non hai a tutti i costi bisogno di qualcuno di potente che ti spalleggi, non hai bisogno di scendere a compromessi, hai te stesso, la tua perseveranza e la tua arte. La strada sarà più lunga ma che importa? L’importante è che quando arrivi alla meta tu possa godertela sapendo che è grazie alle tue forze che ci sei arrivato.

I tuoi genitori sono stati tuoi alleati oppure hanno cercato in tutti i modi di dissuaderti?

Direi che il momento di massima intelligenza nella mia vita l’ho avuto quando ho scelto la famiglia in cui nascere! I miei genitori sono due persone che, viste da fuori, sono normalissime. Grandi lavoratori, dediti alla famiglia, piedi ben piantati per terra. E sicuramente non sarebbe dispiaciuto loro se, dopo il liceo, avessi scelto una facoltà più “classica”. Tutto quello che si son limitati a fare ogni volta che io prendevo qualche decisione è stato mettere piccoli “ostacoli” fatti di domande: “sei sicura?”, “guarda che è difficile, dovrai studiare tantissimo e impegnarti”, “e poi che sbocchi hai?” Ma sono sempre stata molto tenace e non mi sono mai data per vinta di fronte alle difficoltà quindi, vedendo la mia determinazione, mi hanno sempre supportata e lasciata libera. Forse per loro non è stato semplicissimo vedermi partire così spesso per andare lontano anche per lunghi periodi ma non me l’hanno mai fatto pesare. Come non mi hanno fatto mancare il loro sostegno e il loro aiuto anche quando mi sono tuffata nell’esperienza di produrre il mio primo film. Ora se posso festeggiare è in primo luogo grazie a loro e all’immenso amore che hanno sempre avuto per me. Ma sarei ingiusta a non nominare anche mia sorella Jessica: la mia migliore amica nonché la malcapitata che si è trovata a fare da ascoltatrice a tutti i miei sfoghi e da fan quando avevo bisogno di una spinta. Alla fine sono loro tre i miei supporter più grandi e davvero non so se avrei qualche successo da festeggiare se non fosse stato per tutti loro.


I grandissimi artisti hollywoodiani amano dire: “to become a great artist you have to choose: either work or love” (per diventare un grandissimo artista devi scegliere: o il lavoro o l'amore). Tu, Alessia, cosa ne pensi di questo detto statunitense?

Credo di trovarmi perfettamente d’accordo. Per riuscire ad avere entrambi, ovviamente gestendoli nel migliore dei modi, serve un grandissimo equilibrio interiore e già il suo raggiungimento è una sorta di lavoro a tempo pieno. Del resto se ci soffermiamo proprio sul quel mondo vediamo molte più coppie di “grandi” scoppiate rispetto a quelle che sono durate per tutta la vita. Credo molto dipenda anche dalle persone che incontri lungo la strada. Se trovi qualcuno che condivide i tuoi interessi e le tue aspirazioni, e per questo in grado di accettare anche il fatto che il lavoro ti possa assorbire completamente per un periodo di tempo indeterminato, in quel caso si riesca a costruire un rapporto importante e duraturo. E non parlo solo di relazioni di coppia ma anche di amicizia. Ma ci vuole tanto, tanto impegno, ed è difficile trovarlo anche nelle coppie che non coinvolgono artisti. Quale può essere il segreto, a mio avviso, per riuscire ottimamente in entrambi i campi? Un duro lavoro su sé stessi per imparare ad amarsi fin nel profondo. In questo modo non si cercherà in tutti i modi di arrivare a conquistare gli obiettivi, ma si camminerà serenamente lungo la propria strada fino a quando essi, spontaneamente, arriveranno da te.

Alessia, se adesso qui, mentre parliamo, si avvicinassero due bambini di dieci anni e ti chiedessero: «Alessia, ci spieghi cos'è l'Arte?». Cosa risponderesti loro?

Beh, credo che per prima cosa mi commuoverei e li abbraccerei forte perché se due bimbi riescono a porre queste domande significa che l’umanità è ancora distante dal collasso… E spiegherei loro che non c’è una definizione univoca di Arte. Ce ne possono essere tante quanti sono gli esseri umani perché ognuno la percepirà sempre attraverso i suoi pensieri, le sue idee, le sue emozioni, la sua storia… E poi direi loro che a mio avviso Arte è ciò che trae origine dal bisogno di una persona di esprimere un’idea, un ideale, un pensiero. Arte è un collegamento che non conosce confini, ogni punto o nota o lettera in grado di trasmettere emozioni. E che il fare Arte è una necessità che ti nasce da dentro, che non puoi spiegare a parole ma che, semplicemente, senti. E credo che Arte sia anche uno degli aggettivi di Amore: nessuna emozione che non parta dal cuore verrà mai comunicata, espressa, manifestata e, soprattutto, compresa da un fruitore.

A cosa stai lavorando adesso, in questi ultimi mesi? Cosa puoi raccontarci?

In realtà in questo momento sono alle prese con una nuova sceneggiatura. Si tratta di un progetto ancora ai primissimi stadi quindi… la scaramanzia è d’obbligo. Posso anticiparti però che in questo caso indosserò solo i panni, a me più congeniali, della sceneggiatrice e mi sto godendo fino in fondo l’avventura di dare voce a nuovi personaggi. Prima di tuffarmi in questa nuova storia, invece, ho voluto provare ad indossare i panni della scrittrice mettendomi alla prova con il mio primo romanzo, vedremo come andrà! In entrambi i casi si tratta di due storie completamente diverse da “È un Cerchio Imperfetto” e credo che questo dipenda un po’ dal fatto che l’arte per me riprende la vita e se la vita è un grande contenitore del Tutto, allora chi fa arte, di qualsiasi tipo, non dovrebbe esimersi dal cambiare, sperimentare, percorrere strade diverse. E poi vuoi mettere la gioia di poter metterti in gioco ogni volta?

Ti piacerebbe raccontare la tua esperienza in giro per il mondo a presentare il tuo film “È un Cerchio Imperfetto” in prestigiosi festival cinematografici? In particolare l’ultimo, il “Toronto International Nollywood Film Festival”?

Beh, lo vedi anche tu, solo a sentir nominare Toronto mi brillano gli occhi. Non ero mai stata in Canada e ne ho approfittato per visitare un po’ l’Ontario: luoghi incantevoli che ti accarezzano l’anima. Per me il primo impatto con un festival è sempre una grande emozione: stringi mani e scambi chiacchiere e opinioni con professionisti provenienti da tutto il mondo e hai un’occasione incredibile per confrontarti con persone che parlano una lingua diversa ma usano il tuo stesso linguaggio. Ed il bello è che quando sei all’estero chiunque ti mette al suo stesso livello, anche solo per il fatto che sei là e il tuo film è assieme a quella manciata di lungometraggi arrivati in finale. Non importa che sia la tua prima opera, che per realizzarlo l’hai autoprodotto: sei là, con loro, che magari hanno decenni di esperienze e numerosi successi alle spalle, quindi meriti di essere là. E le critiche che puoi ricevere sono sempre e comunque costruttive e ti aiutano ad aprire la mente perché impari a vedere il tuo lavoro con gli occhi di persone che, provenendo da altre parti del mondo, possono darti feedback che mai ti saresti potuta immaginare. Per non contare poi dei legami che si vengono a creare in appena un paio di giorni, semi di amicizie che poi, con un po’ di costanza, vedrai fiorire nel tempo.

Qual è il tuo fiore preferito, quello che ami ricevere da un Uomo che volesse farti la corte oppure da un Uomo che volesse omaggiarti con un bellissimo mazzo di fiori dopo aver assistito a un tuo film, così come si faceva nel ‘900? E perché proprio quel fiore?

Onestamente, se qualcuno mi regalasse un mazzo di fiori ci rimarrei malissimo: sono contraria al recidere i fiori, la trovo una violenza non giustificata se non dalla vanità umana ai danni della Terra. In compenso gradirei moltissimo un semplice biglietto in cui mi spiega cos’ha amato della storia che ha appena visto scorrere sullo schermo.

Se dovessi scegliere un colore tra il rosso e il blu, quale sceglieresti?

Sempre e comunque blu, in tutte le sue declinazioni. Sono un’amante del mare e il blu mi ricorda i suoi misteri e le sue profondità. E poi ovviamente è il colore del cielo e non conosco nessun artista che non ambisca proprio a quella meta.

Un’ultima domanda che ci porta d'emblée a quando eravamo bambini, pieni di sogni e di belle speranze: qual è il tuo sogno nel cassetto che fin da bambina ti porti dentro e che oggi vorresti realizzare?

Direi che è quello che sto già realizzando: riuscire a comunicare con le persone attraverso i miei scritti. Se poi riuscissi anche a pubblicare il mio primo manoscritto beh, a quel punto potrei iniziare a fare capriole proprio come si faceva da piccoli.

Grazie Alessia per essere stata con me per questa interessante chiacchierata. Sono molto contento di averti conosciuta e di averti ascoltata nel raccontare la tua vita di Donna e di Artista. Non mi resta che augurarti il mio più sincero in bocca al lupo per il tuo futuro professionale, augurando di incontrarti ancora per una bella chiacchierata. Grazie e a presto.

Grazie a te Andrea per questa bella possibilità. Lunga vita al lupo, al cinema, alle belle storie e ai sognatori ad occhi aperti!

Per chi volesse conoscere Alessia Vegro, ecco alcuni link da consultare:
https://www.facebook.com/lex.ve
https://www.instagram.com/hadadealma/
https://www.youtube.com/channel/UC03haxuXivpJEl0wBnQDUxw?view_as=subscriber
https://www.facebook.com/cerchioimperfetto/
http://alevegro.wixsite.com/alessiavegro
http://alevegro.wixsite.com/cerchioimperfetto

ANDREA GIOSTRA
https://andreagiostrafilm.blogspot.it
https://business.facebook.com/AndreaGiostraFilm/
https://www.facebook.com/andrea.giostra.37 
https://www.facebook.com/andrea.giostra.31
https://plus.google.com/u/0/114620232579950145227
https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

Goffredo Palmerini, domenica 17 dicembre presentazione de "L'Italia nel cuore" a Paganica

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Domenica prossima, 17 dicembre, alle ore 16:30, presso il Centro Pastorale San Giustino a Paganica (Via del Cardinale) sarà presentato l'ultimo libro di Goffredo Palmerini "L'Italia nel cuore", recensione (One Group Edizioni, 2017) .
Interverranno, oltre all'autore, Liliana Biondi, già docente di Critica letteraria all’Università dell’Aquila, Mario Narducci, giornalista e poeta, Giustino Parisse, giornalista e scrittore, e Francesca Pompa, presidente One Group Edizioni. 
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