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Kaos 2017: Brancato, Ternullo e Barbera finalisti nella sezione Poesia. Le interviste di Fattitaliani

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Fattitaliani continua a incontrare i finalisti di Kaos 2017, il festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana che il 9 e il 10 dicembre si svolgerà l’edizione 2017 della manifestazione Kaos nei locali dell'Accademia Michelangelo di Agrigento. Oggi è la volta dei tre autori che si contenderanno il premio per la migliore poesia: Cetta Brancato con Una lacrima di luna, Elisabetta Ternullo con Dietro un incanto, Michele Barbera con Amore nudo. Le interviste.

Come è nata la sua poesia finalista a Kaos 2017? 
Cetta BrancatoLa mia lacrima di luna è un omaggio all'isola. Talmente madre da educare l'uomo a nascondere il pianto.
Elisabetta Ternullo: "Dietro un incanto" nasce da un panorama etneo: di notte, l'Etna dai fianchi imbiancati, le stelle ad ammirare l'incanto. Ho pensato all'Etna come a una donna, ho dato voce alla montagna, una donna che fuori è gelida, bianca, ma dentro cova il rosso fuoco dell'amore che nasce dalle sue viscere. E le stelle complici...
Michele Barbera: “Amore nudo” è un affresco di sentimenti contrastanti, di passione e di natura. È una poesia che mi è nata dentro, e che ha trovato un momento particolare della mia vita per venire prepotentemente fuori. È una lettera d'amore disperato, autentico e, perciò nudo, sullo sfondo di una terra magicamente esasperata, la Sicilia; ma è anche un messaggio di speranza, per noi che - testardamente - viviamo nell'attesa di un futuro migliore che riscatti le ombre del nostro passato. 
Ci sono degli oggetti, dei luoghi, delle persone che più degli altri ispirano poesia secondo la sua esperienza?
Cetta BrancatoLa poesia è solo un atto d'amore. Quindi s'impone con innocenza  e nudità al poeta. Il verso nasce, spesso, da una ferita, da un abisso, da un'assenza. È, pertanto, perfetta felicità. 
Elisabetta TernulloTutto ispira poesia, tutto è poesia. La poesia è ovunque. Tutto inonda, tutto pervade, tutto fluisce. Non c'è che da sentire. La poesia non è per pochi e non è circoscritta ai momenti di ispirazione. È dappertutto, è nonostante, è nei tempi e nei frattempi.
Michele Barbera: La poesia è prima di ogni altra cosa sentimento. Viene da dentro noi stessi. È la lente di ingrandimento del nostro cuore. Tutto può essere oggetto di poesia, un paesaggio, una persona cara o che, viceversa, odiamo, un libro, uno sguardo, un sorriso. Ma dobbiamo sentire l'ispirazione che sboccia dentro l'anima. È sbagliato pensare che la poesia sia solo questione di tecnica o un mero esercizio di rime e sillabe. A volte basta un sasso, anonimo, ai margini del nostro cammino, che magari gli altri trascurano o calpestano, per accendere la scintilla di un dialogo mistico tra noi ed il lettore che si riflette nei versi come uno specchio dell'anima. È qualcosa di misterioso, quasi iniziatico. La poesia piace perché smuove qualcosa dentro di noi. Diceva un grande poeta che la poesia è quello che viene detto nei versi, ma, ancora di più, quello che non è detto, ma intuito. 
Oggi la poesia che senso ha?
Cetta Brancato: La poesia, come diceva Pasolini, è merce non consumabile. Oggi più che mai conferma il proprio valore eretico, indispensabile per la crescita culturale di un poeta. 
Elisabetta TernulloLa poesia oggi ha il senso che ha avuto sempre. Il senso con il tempo non è cambiato. Magari è cambiato lo stile dei poeti che attraversano il tempo e che, di conseguenza, sono influenzati da fattori sociali, valori morali differenti. Il senso trovo che sia immutato: elevazione dell'essere.  Esaltazione della verità: un poeta non può mentire, una poesia, degna di essere tale, è un lembo di verità.
Michele Barbera: Dire che la poesia migliora il mondo perché migliora l'uomo, potrebbe essere una banalità, ma è - in sintesi - il “sugo della storia”, come direbbe Manzoni. Tutti siamo un po' poeti e questo ci aiuta a vivere meglio. Ho conosciuto persone prive di studi, che, però, componevano spontaneamente, e custodivano a memoria, versi in dialetto di una straordinaria intensità, figli di quella tradizione poetica orale e popolare che risale ai tempi di Omero. La poesia, dunque, è essere e vivere. Non riesco ad immaginare un mondo senza poesia, senza quella espressione viva ed autentica dei sentimenti che è intuitiva e non bisogna di orpelli o di tecnicismi. La poesia è anche libertà, rivoluzione, lotta contro l'omologazione e la massificazione, è una panacea contro l'infelicità e contro l'ostracismo della fantasia. La poesia ha guidato la storia: i versi lirici di Va' pensiero o quelli ironici di Sant'Ambrogio sono la metafora intellettuale del Risorgimento. Non per nulla il poeta è la coscienza della società, la parte più sensibile, colui che primo di ogni altro esperime il malessere, il disagio, il male di vivere. Ed, allo stesso tempo, addita ai contemporanei la via della riflessione e del riscatto. Concludo con una citazione, mutuata da un filosofo inglese: se la poesia è dolore, allo stesso tempo è medicina. Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata
Kaos 2017, Alessandro Savona e Ignazio Bascone.

Museo Kunsthalle di Amburgo, alla moda anche in cabina con “Cabin Crew. Fashion in the Air”

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È al museo Kunsthalle di Amburgo, museo di arte antica, moderna e contemporanea che con la mostra  “Cabin Crew. Fashion in the Air” è ospitata la prima exibition dedicata interamente alla moda in alta quota ovvero alle divise delle hostess.

Le divise sono parte della collezione privata dell’olandese Cliff Muskiet, commissario di bordo, che ha appunto la più grande collezione relativa alle uniformi per personale di volo composta da più di 1400 completi di ben 523 compagnie aeree.

Tanto per la cronaca, la prima hostess della storia fu Ellen Church, nel maggio 1930 che volò sul Boeing di United Airlines lungo la tratta Oakland – Chicago. In realtà la Church era un pilota, ma poiché all'epoca tale lavoro era affidato solo al maschile, fu per lei possibile “salire a bordo” in qualità di assistente poiché anche infermiera. Da allora in poi le donne hanno “volato” ed oggi questa sperequazione non sussiste più, almeno, ci sono piloti donne in tutte le compagnie.

Ma tornando a “Cabin Crew” possiamo dirvi che i visitatori potranno godere di un’affascinante retrospettiva sulle divise del personale di volo femminile delle compagnie aeree del mondo intero e potranno osservare come si è avvicendato lo stile in questi decenni spaziando dai più “minimalisti” a quelli più eleganti fino a giungere a divise appositamente disegnate dai grandi stilisti.

Rammentiamo ad esempio quelle realizzate per la TWA (Trans World Airlines) Oleg Cassini e Valentino, mentre per Air France sono Emilio Pucci per Braniff. Dior, Balenciaga, Lacroix gli stilisti che hanno disegnato le divise. Yves Saint Laurent le ha fatte per Qantas. Vivienne Westwood per Virgin Atlantic.

La compagnia di bandiera italiana, Alitalia, non è stata da meno e le sue divise sono state disegnate da le sorelle Fontana con deliziosi tailleur irrinunciabili per gli  anni 50 confermate nel 60 dalla Biagiotti e poi Armani.

Nulla è lasciato al caso: oltre la divisa anche tutti gli altri dettagli sono curati, dagli accessori a compendio, ai foulard, le spille, i capellini e talvolta persino le acconciature.

Le divise al moneto ritenute le più chic sono quelle indossate dalle hostess di Hainan Air Lines, compagnia cinese e realizzate dallo stilista Laurence Xu.

Una mostra simpatica e da non perdere per chi visita Amburgo, entro il 4 febbraio 2018, data del termine della mostra.
Ester Campese

Bruxelles, lunedì 4 dicembre proiezione del film "Fortunata" di Sergio Castellitto

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Alla periferia di Roma, Fortunata, reduce da un matrimonio fallito, lotta quotidianamente per allevare la figlia nel migliore dei modi. Fortunata fa la parrucchiera a domicilio, ma combatte ogni giorno per realizzare il proprio sogno: aprire un negozio di parrucchiera.
Fortunata sa che per farlo deve essere determinata: ha pensato a tutto, è pronta a tutto, ma non ha considerato la variabile dell’amore. Anche perché, forse per la prima volta, qualcuno la guarda per la donna che è e la ama veramente.
103’; V.O. ITA; ST. ENG
 Prenotazione obligatoria qui
Informazioni

Data: Lun 4 Dic 2017
Orario: Dalle 19:00 alle 21:00
Organizzato da : Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles
Ingresso : 5€

Segnalibro, Elisabetta Bucciarelli a Fattitaliani: nella poesia le parole migliori per dare un nome alle cose del mondo e ai sentimenti. L'intervista

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Elisabetta Bucciarelli è una scrittrice di formazione teatrale, collabora con diverse testate italiane e straniere, occupandosi di filosofie, arte, manie. Ha scritto anche per la televisione e il cinema. La sua sceneggiatura "Amati Matti" ha partecipato alla 53° Biennale del Cinema di Venezia, ottenendo una menzione speciale della giuria. Martedì 5 dicembre parteciperà all'incontro Nero-Giallo su La novela negra, il romanzo giallo, il thriller, il noir, il poliziesco all’Instituto Cervantes di Roma. Nel settembre di quest'anno ha pubblicato per l'editore Skira il suo ultimo libro, "Chi ha bisogno di te". Fattitaliani l'ha intervistata per la rubrica "Segnalibro". 
Quali libri ci sono attualmente sul suo comodino?
Anna Maria Carpi, Quando avrò tempo, Transeuropa; Arrigo Cappelletti, Il profumo del jazz, Edizioni Scientifiche Italiane, Ettore Sottsass, Per qualcuno può essere lo spazio, Adelphi.
L'ultimo "grande" libro che ha letto?
Un saggio di Judith Butler, L’alleanza dei corpi, Nottetempo. L’ultimo in ordine cronologico, non l’unico.
Chi o cosa influenza la sua decisione di leggere un libro?
Chiunque, qualunque media, persino un tweet. Non vengo influenzata ma spinta in modo ossessivo verso i libri. Poi ci sono i librai che mi conoscono e di cui mi fido, apprezzo soprattutto quando mi sfilano i libri dalle mani dicendo: “No Elisabetta, questo non va bene per te”.
Quale classico della letteratura ha letto di recente per la prima volta?
I ragazzi della via Pál di Ferenc Molnár, letto a mio figlio ad alta voce, un capitolo ogni sera. Bellissimo.
Secondo lei, che tipo di scrittura oggi dimostra una particolare vitalità?
La saggistica che si occupa di temi importanti, come la definizione del genere e la riflessione sulle migrazioni. Il fumetto, soprattutto per i non lettori più giovani e i libri illustrati, apparentemente per i più piccoli, in realtà perfetti anche per gli adulti. Sono gli unici in grado di proporre nuove e originali letture simboliche del reale.
Personalmente, quale genere di lettura Le procura piacere ultimamente? 
La poesia, per esempio l’ultimo libro di poesie che ho acquistato di Pierluigi Cappello, Stato di quiete, pubblicato da Bur (mi piace molto comprare i libri di poesia, passare il tempo a cercarli nelle librerie e anche farmeli spedire). Trovo nella poesia le parole migliori per dare un nome alle cose del mondo e ai sentimenti. E riesco a scrivere solo dopo aver letto qualche poesia, ogni giorno.
L'ultimo libro che l'ha fatta sorridere/ridere?
C’era una volta una bambina, di Giovanna Zoboli e Joanna Concejo, pubblicato da Topipittori. Una rivisitazione di Cappuccetto Rosso che mi ha fatto sorridere anche dei lupi cattivi.
L'ultimo libro che l'ha fatta commuovere/piangere? 
Un libro illustrato pubblicato da Logos di  Stéphane Servant e Emmanuelle Houdart. S’intitola Mia madre. Ha un’estetica fortissima e riesce a creare un cortocircuito emotivo tra parole e immagini. Propone metafore e simboli, di cui sento sempre la mancanza.
L'ultimo libro che l'ha fatta arrabbiare?
Mi fanno arrabbiare i libri brutti (tra i gialli e i noir e i thriller ce ne sono tanti), ma sono elegante e non farò i nomi.
Quale versione cinematografica di un libro l'ha soddisfatta e quale no?
Di solito mi piacciono più i film dei libri da cui sono tratti. Blade Runnerè in assoluto un capolavoro. Non ho amato il film tratto dalla saga di Stieg Larsson, Uomini che odiano le donne.
Quale libro sorprenderebbe i suoi amici se lo trovassero nella sua biblioteca?
Nella mia biblioteca c’è di tutto, chi mi conosce sa che non ho preconcetti, tuttavia potrebbero destare stupore i libri di cucina.
Qual è il suo protagonista preferito in assoluto? e l'antagonista?
Mercuzio, per me è uno dei protagonisti di Romeo e Giulietta di Shakespeare, lo amo in modo assoluto. Gli antagonisti non mi attirano, ad eccezione di pochissimi, Lady Macbeth e Iago, sono forse quelli che mi hanno colpito maggiormente.
Lei organizza una cena: quali scrittori, vivi o defunti, inviterebbe?
Elena Ferrante per vedere in quanti arrivano a tavola; Helen Humphreys perché ha scritto Cani Selvaggi che mi è piaciuto molto, Paul B. Preciado e Gilles Clément per parlare di corpi, identità, spontaneità e vegetali, boschi, soprattutto. E Giacomo Leopardi, mi piacerebbe riuscire a farlo ridere.
Ricorda l'ultimo libro che non è riuscita a finire?
Purtroppo leggo sempre tutti i libri fino all’ultima pagina.
Quale scrittore vorrebbe come autore della sua biografia?
Antonio Veneziani, autore di poesie, per Hacca edizioni. Perché mi conosce solo attraverso le parole che ho scritto e ha l’immaginazione del poeta.
Che cosa c'è di Elisabetta Bucciarelli in "Chi ha bisogno di te"?
Le mie emozioni, soprattutto il senso della paura e il sentimento legato all’avere cura (delle creature viventi in generale). Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Esistono molti modi per innamorarsi e altrettanti per chiudere un amore. Ci sono uomini che sanno aspettare, padri che cercano le parole per crescere i figli e poi c'è Meri, una giovane donna con un dono speciale. Vicino a lei una madre che la educa ai sentimenti con le canzoni dei Queen. Meri riceve biglietti anonimi scritti a mano e mentre cerca di scoprire chi sia il mittente, un marito tradisce la moglie e un altro viene abbandonato per disamore. Tra un messaggio e una domanda sbagliata, un'ape in trappola e una canzone di Freddie Mercury, ciascun personaggio arriverà a svelare a se stesso più di un mistero e forse a intuire la bellezza legata all'imprevedibile dell'esistenza. «Chi ha bisogno di te» è una storia che parla d'identità e di come il nostro modo di amare non dipenda solo da noi ma, soprattutto, dagli incontri che la vita ci propone.

L'AUTRICE
Ha pubblicato vari saggi, firmato numerosi racconti e pubblicato antologie. Nell'autunno 2005 è uscito il primo romanzo "Happy Hour" che inaugura la serie con l'ispettrice Maria Dolores Vergani, cui fanno seguito "Dalla parte del torto", "Femmina de luxe", "Io ti perdono",  "Ti voglio credere" e "Dritto al cuore". Tra i suoi romanzi più recenti anche  "L'etica del parcheggio abusivo" e "La resistenza del maschio". 

PER UN ISTANTE, al Cometa Off dal 28 dicembre al 30 dicembre 2017 di e con Michele Giovanni Cesari, Marco Palange e Gian Piero Rotoli

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Nasce da un’idea di Gian Piero Rotoli  lo spettacolo che sarà in scena al Cometa Off dal 28 dicembre al 30 dicembre 2017: PER UN ISTANTE, scritto ed interpretato da Michele Giovanni Cesari, Marco Palange e Gian Piero Rotoli. La direzione scenica è a cura di Alessandro Averone ed Emanuela Liverani.

Gli uomini parlano d’amore ma sono sempre stati bravi a nasconderlo, finché “Per un istante” non è entrato in casa loro, per raccontare la vita di tre coinquilini alle prese col sentimento che tutti hanno provato a raccontare nel tempo.

Aspettative, proiezioni, ideali, paure, incompletezza e romanticismo sono dei meri impostori e si nascondono dietro la maschera che tutti chiamiamo amore. Luca, Stefano e Pierfilippo sono coinquilini nei loro trent’anni, alle prese con un sentimento difficile da comprendere, sfuggente ed effettivamente impossibile da definire. Ognuno è consapevole della situazione in cui riversa l’altro ma loro, singolarmente, annaspano per una verità che non riescono ad ottenere. 

Michele Giovanni Cesari è Luca, consulente finanziario e maniaco dell’ordine. Non essere amato non gli sta bene, ma ad amare realmente non ci pensa proprio: troppo complicato, troppo difficile, troppo rischioso. Già, perché Luca crede di sapere bene che effetto fa l’amore: ti usa, ti fa sentire inadeguato, ti chiede di cambiare e finisci per perderti e non riconoscerti allo specchio. Meglio farsi amare, pensare a se stessi e poi regalare qualche attenzione. Nel corso della messinscena, Luca sarà costretto ad affrontare le dure prove imposte dal confronto coi sentimenti e a gestire un mondo emozionale più potente di lui.

Marco Palange è Pierfilippo. La sua vita lo ha spinto verso l'elaborazione di un'enorme attenzione per gli altri, a casa, in amore e nel lavoro. Per chi è fatto così, non si tratta di rinunciare ai propri desideri ma di anteporre la felicità degli altri ai propri egoismi: talvolta, questo diventa l'unico modo giusto e possibile di vivere e si fa fatica a scoprire che può esistere un'altra verità. Sarà lo scontro col suo ideale d’amore che permetterà a Pier di capire che nel modo in cui ha vissuto finora c'è qualcosa che non va. 

Gian Piero Rotoli è Stefano, un critico cinico e autosufficiente che come tale non chiede mai niente a nessuno, perché non ne ha bisogno; neanche dell'amore. Il suo equilibrio esistenziale è perfetto: attacca gli altri con le sue critiche feroci mentre rimane comodo nella sua posizione. Qualcosa però arriva a interrompere la sua stabilità: Stefano dovrà finalmente affrontare un sentimento reale e l’incontro con Claudia rimetterà in discussione tutto il suo mondo, di cui sembrava essere così profondamente sicuro.

Tre storie, ma soprattutto tre modi diversi di vedere e affrontare l’amore. Ě tutto concentrato su questi tre coinquilini, uniti loro stessi da un sentimento di amicizia e di amore che li porta a convivere e a rispettare i limiti dell’altro. La figura femminile è presente soltanto nei loro racconti. Protagonista è la difficoltà di visualizzare e capire qualcosa che spesso si nasconde dietro a ciò che chiamiamo amore, ma che sovente non ha nulla a che vedere con quel sentimento.  

Cometa Off
Via Luca della Robbia  47 – Roma
+39 06 57284637
Orario spettacoli: ore 21,00 
Costo del biglietto: 12 euro

La Regina dell'Opera Chiara Taigi sui canali BBC

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Chiara Taigi, soprano di fama internazionale, è la stella dell’opera italiana.
Un’artista poliedrica, versatile, profonda, espressiva e molto raffinata. La critica russa l’ha definita “Regina dell'Opera”. Artista dal temperamento ipercritico, Chiara Taigi è sempre impegnata a studiare e a migliorarsi. Prova ne è la sua carriera, costellata da grandi successi. La sua voce non presenta neppure una ruga, eppure ha già festeggiato le sue nozze d’argento con la musica. Nel corso della sua prestigiosa carriera internazionale, ha calcato grandi palcoscenici come La Scala, Semperoper Dresden, Teatro Regio di Torino, Maggio Fiorentino, Teatro Colon di Buenos Aires, riscuotendo uno straordinario successo. Sotto la direzione di famosi direttori, tra cui Abbado, Muti, Tate, Chailly, Pappano, Scimone, Pidò, Gardiner, Queller, Metha, Gergiev, Temirkanov, e al fianco di grandi cantanti della scena internazionale, ha sempre regalato una miriade di emozioni con le sue più rare ed intense esecuzioni. Nel suo curriculum, occorre annoverare esecuzioni importanti come: L’amor rende sagace di Cimarosa, La marescialla d’Ancre di Nini, The turn of the screw  e  Peter Grimes di Britten, Il convitato di pietra di Tritto, Il domino nero di Rossi, Penthesilea di Schoeke, Il concilio dei pianeti di Albinoni, Benvenuto Cellini di Berlioz, Il Corsaro e La battaglia di Legnano di Verdi, L’Africana di Meyerbeer (alla Carnegie Hall di New York), Le Villi di Puccini,Cyrano di Tutino, Lo stesso mare di Vacchi; sia, soprattutto, opere più popolari del grande repertorio, suoi vividi cavalli di battaglia, quali Bohème, Turandot, Tosca, Andrea Chénier, Nabucco, I due Foscari, Simon Boccanegra, Il Ballo in maschera, Aida, Otello, Medea, Tabarro, Suor Angelica, Cavalleria rusticana, Pagliacci. Guadagnandosi il plauso ed i consensi di pubblico e critica, il 6 ottobre 2017, Chiara Taigi ha interpretato Tosca di Giacomo Puccini con il tenore Maxim Gavrilov in Russia, nel Teatro della Capitale della Repubblica di Udmurtia, offrendo una visione travolgente e accattivante di una delle più grandi eroine della storia dell’opera. Inoltre, l’8 ottobre, ha partecipato come guest star internazionale al Galà di apertura della stagione 2017-18 "Viva Opera!", cantando in russo in onore della produzione teatrale russa dedicata al capolavoro de "La Dama di Picche" di Pëtr Il’iĉ Čajkovskij, nel ruolo di Liza, selezione della Cavalleria Rusticana di P. Mascagni e canzoni popolari italiane. Chiara Taigi ha portato il canto lirico anche in tv in RAI (Domenica IN, Uno Mattina in Famiglia, Community), TV 2000 e Radio BBC e Streaming, superando i confini del teatro per portare nuove emozioni direttamente nelle case del suo pubblico.

Chiara Taigi: “Non sono una cantante televisiva, ma una cantante lirica che riesce a riscuotere eco dell'opera lirica anche in tv. E’ un pregio ed un privilegio poter mantenere sempre alto il riconoscimento del Bel Canto come patrimonio fondamentale della cultura anche in TV. Canto sempre dal vivo!”.

Il 10 novembre 2017, in diretta streaming e diretta radiofonica sui canali BBC, il soprano Chiara Taigi ha cantato sotto la direzione del M° Xian Zhang in un concerto di apertura della stagione presso il noto teatro St. David's Hall a Cardiff (Regno Unito) accompagnata dalla BBC National Orchestra and Chorus of Wales, in un programma verdiano molto suggestivo: 

Verdi: Overture, La forza del destino (The Force of Destiny)
Verdi: Quattro pezzi sacri (Four Sacred Pieces)
Verdi: Ave Maria (Otello)
La vergine degli angeli (La forza del destino)
Tacea la notte placida (Il Trovatore)
Sempre libera (La Traviata)
Respighi: Pini di Roma (Pines of Rome)

Un’occasione importante, in cui l’artista ha dato prova di tutte le sue qualità, esaltando note particolarmente penetranti. Il 12 novembre 2017, ha partecipato come ospite speciale alla 22esima edizione del Concorso internazionale Voci nuove per la lirica “Gaetano Fraschini”, indetto dal Circolo Pavia lirica, portando un pegno dell'esperienza e dei valori del canto lirico ai giovani cantanti presenti al concorso, nel quale è stata annunciata l'assegnazione del Premio "Il Sipario d'Argento" per la carriera. Chiara Taigi ha a cuore il futuro dei giovani ed è felice di essere un esempio dell'etica in questo ambiente. Prestando attenzione all'Orchestra Borsellino Falcone, il 28 dicembre 2017, Chiara Taigi porterà i ragazzi giovanissimi da situazioni "difficili" alla  reintegrazione nel sociale con la musica.

Tra i suoi progetti futuri:

-Cantare l'opera in nuovi teatri e rilanciare con una serie di concerti l'opera con una visione moderna nel totale rispetto del classico e della tradizione;

-Programmi televisivi educativi che possano coinvolgere anche i giovani ed insegnare l'opera e la musica classica,

-Ridare al pubblico una guida all'ascolto critico e consapevole della musica e a riconoscere la qualità della voce in qualunque genere musicale.

Hashtag: #ChiaraTaigi #ChiaraTaigiSoprano #bbc #bbcnow #stdavidshall  #taigi #soprano #xian #zhang #wales #cardiff #Izhevsk #Iževsk #Udmurtia #Russia #concerto #concert #tosca #traviata #verdi

@bbcnow @bbcnationalorchestraofwales

David Gramiccioli a Fattitaliani: Rino Gaetano è un patrimonio assoluto del cantautorato italiano. L'intervista

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Al Barnum Seminteatro di Roma, il 2 dicembre andrà in scena “Avrei voluto un amico come lui - Omaggio a Rino Gaetano” di e con David Gramiccioli.  Regia di Angela Turchini. Direzione tecnica: Michele Rizzi. 
Non ero mai stata in questo Teatro ed in tanti anni avevo visto poche cose del Teatro inchiesta e devo dire che oltre ad Antonio Grosso anche David Gramiccioli ha saputo condurre me e gli altri spettatori in un caleidoscopio di emozioni, gioia, sorrisi, lasciando spazio a mille riflessioni. Lo fa in maniera diretta, a volte coinvolgendo il pubblico e “costringendolo” ad aprire i cassetti della memoria mentre cuore e mente fanno un balzo vertiginoso nel tempo ed in alcune cose pensi “C’ero anch’io”. Gramiccioli veterano del Teatro d’inchiesta e d’impegno civile è un grande narratore che affronta grandi temi quasi con leggiadria ma mostrando sempre la verità dei fatti. 
L’omaggio a Rino Gaetano è superlativo. Rino che aveva vissuto il suo momento di grande celebrità nel 1978 con “Gianna” il suo pezzo più famoso ma forse anche la sua “croce”. Aveva subito la popolarità improvvisa anche se in pochi capivano la sua musica ma “se si facesse un’esegetica dei suoi brani, scopriremmo un mondo”. Subì anche la mutilazione per “non urtare i piani alti”. Rino alla fine degli anni ’70 guardava già oltre, era consapevole che i suoi brani in futuro sarebbero stati riabilitati dalle future generazioni. Nella sua grandezza umana e artistica fu consegnato giovane all’immortalità.  
Cos’è la Compagnia del Teatro artistico d’inchiesta? 
E’ stata istituita nel 2012 all’indomani del Premio Italia per i diritti umani che mi riconobbero perché avevo fatto un’inchiesta sulla pedofilia. Da quel momento la grande passione per il teatro divenne l’occasione per portare il nostro Teatro d’inchiesta sociale nel luogo più sacro del racconto, il Teatro che diventa un luogo bellissimo dove raccontare le vicende umane. Dal 2012 con “Ultima missione. Destinazione Inferno” facciamo nascere la Compagnia del Teatro artistico d’Inchiesta. La cosa curiosa è che all’indomani della consegna del Premio ci fu una sovraesposizione per me, mi chiesero di raccontare la storia di Pantani o di Agnelli e mia cognata mi chiese di raccontare la storia di Rino Gaetano. Chiesi “Il cantautore?” Detto con molta franchezza lo conoscevo per sommi capi. Lei rispose “Se tu facessi un’esegetica dei suoi brani, scopriresti un mondo”. Un po’ per vocazione verso l’inchiesta, un po’   affascinato dal modo in cui mia cognata raccontò Rino, iniziai a lavorare su quest’opera e scoprii un mondo. All’inizio quando lo portammo al Teatro delle Muse facemmo una settimana di sold-out perché Rino è amato, idolatrato. La famiglia non era contentissima di questo e dissero che non sarebbero venuti perché dopo la fiction sarebbe stata un’altra porcheria su Rino. Invece rimasero sorpresi ed adottarono la pièce come opera morale per ricordarlo. E’ piaciuta da morire alla sorella Anna, al nipote ed il 2 giugno siamo sempre invitati alla ricorrenza della morte di Rino. Che dire? E’ quello che ha raccontato meglio la storia di questo Paese. 
L’Italia è la Patria naturale della Cultura e dell’Arte, secondo te perché entrambe vengono poco considerate da chi ci governa? 
Sono persone rozze, Franceschini ha quella sensibilità con la quale osservare l’arte. Per conoscere ed apprezzare l’arte, bisogna essere persone di una cultura umana abissale ma non di una cultura che ti fai sui libri o cattedratica ma umana. Quando un vecchietto, nel cuore della cinta senese mi disse “ma dove dovevano nascere i pittori più grandi della storia se non in Toscana?” Loro aprivano la porta di casa e si lasciavano ispirare dalla meraviglia della natura che ti aiuta a costruire un’arte meravigliosa. Il meglio di sé l’Italia l’ha dato nell’arte. Purtroppo quelle che sono state le origini del nostro patrimonio e che il mondo ci riconosce ancora come primato, non sono valorizzati dai nostri politici perché mancano di cultura umana. 
Con Omaggio a Rino Gaetano, fai un excursus nella storia, partendo dalla Legge Truffa dopo la nascita della Repubblica fino quasi ad arrivare ai giorni nostri. Negli anni 70 il braccio armato del potere occulto e deviato era Franco Giuseppucci, il primo Capo della banda della Magliana. Lo stesso potere oggi è rappresentato da Massimo Carminati. Quali sono le differenze e quali le similitudini tra i due? 
Carminati rispetto a Giuseppucci ha avuto la fortuna di non morire giovane. Gli illeciti non cambiano ma cambiano le location, i tempi, le cose ma il potere che si serve della criminalità viaggia su quelle coordinate che sono standard. La criminalità serviva il potere negli anni 70 e lo fa tutt’ora che siamo nel 2017, con interessi diversi, perché mentre la Banda della Magliana era la criminalità banditesca c’era anche tutta una criminalità eversiva legata alla politica. E’ il disordine che serve al potere per promettere l’ordine ai cittadini. 
In che modo Rino Gaetano ha segnato un’epoca e la musica leggera? 
Rino è un fuori tempo, quando era in vita venne apprezzato per un paio di canzoni, Gianna con la quale arrivò terzo a Sanremo del 1978.Secondo me Rino doveva vincere quell’edizione per ricompensarlo di una grande amarezza. Lui doveva andare a Sanremo con Nun te reggae più, cambiarono il brano ed i discografici gli dissero che avrebbe vinto e lui rispose “Non voglio vincere è già troppa la popolarità che sto vivendo in queste 24 h. Vinsero i Matia Bazar, al secondo posto la Oxa e terzo Rino Gaetano. La grande popolarità gli è arrivata da Gianna, forse la canzone che meno rappresenta la vis introspettiva, polemica, rivoluzionaria di Rino. Il testo di Nun te reggae più venne scoperto molti anni dopo, in realtà piacque quella musicalità, era un brano ballabile. Con la musica leggera credo c’entri poco, Rino è un patrimonio assoluto del cantautorato italiano e se è vero che De Andrè è stato il poeta del pentagramma, Rino ne è stato il vero rivoluzionario. Ha cantato “Fabbricando case, Il cielo è sempre più blu, Nun te reggo più che venne originariamente censurata, vennero tolti i nomi di Sindona, Ventriglia che era il Capo del Banco di Napoli, di Aldo Moro, di Nino Rovelli, di Cruciani dello scandalo Lockheed. La versione originale con la sottrazione di quei nomi, divenne mutila per l’edizione discografica. Il ritornello “amore mio, amore mio” inizialmente era Amoro mio, Amoro mio, anagrammando il nome di Aldo Moro e qui sorge l’interrogativo “Perché impedirono di andare a cantare una canzone con questo ritornello, un mese prima del sequestro? Perché forse già sapevano tutto? Rino nella sua grandezza assoluta e nell’amara consapevolezza che può avere solo il genio assoluto cantava “ma chi mi sente, la gente non ha acqua, non arriva a fine mese ma chi mi sente”. Era anche consapevole che i suoi testi sarebbero stati riabilitati dalle nuove generazioni. Oggi Rino è il cantante più amato dai giovani e se chiedi agli storici della musica italiana perché, ti rispondono “Perché oggi manca uno come lui”. Non è vero perché Rino era già presente a quell’epoca, è stato presente da quarant’anni a questa parte, alla musica ed alla società ed al costume italiano. Oggi c’è un’amplificazione della realtà e della notizia che purtroppo mancava all’epoca. C’è internet che se usato bene serve ma se usato in maniera smodata anche la Rete diventa un Inferno. Rino era lui, è lui e sarà sempre lui. Rino Gaetano è morto per un tragico, banale ed irreversibile incidente stradale.  Non ci sono dietro la massoneria né i servizi segreti anche perché questi poteri l’avevano già ucciso prima, dal punto di vista mediatico. Rino diceva a Mogol “perché mi danno un sacco di soldi per le ospitate televisive? Per cantare tre minuti anche in play back mi danno quanto prende un operaio in un anno di lavoro e anche di sacrificio. Le sue canzoni in realtà non gliele hanno mai fatte cantare. “Sfiorivano le viole” ha fatto da sottofondo a “Certe notti” di Antonio Grosso ed è poesia ancora oggi.


Elisabetta Ruffolo

PREMIO LETTERARIO MILANO INTERNATIONAL 2017: i premiati

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Sabato 25 novembre alle ore 20.30 presso la Sala Barozzi dell'Istituto dei Ciechi di Milano, si è tenuta la cerimonia conclusiva del Premio Letterario Milano International, kermesse Cultural Chic che abbina la tradizione letteraria italiana alla modernità mitteleuropea.
Alla serata hanno partecipato autori provenienti da vari paesi d'Europa. Tra i prestigiosi ospiti del mondo dello spettacolo, e delle Istituzioni la discografica Mara Maionchi, il paroliere Alberto Salerno, lo scrittore Pier Luigi Panza, Presidente onorario del Premio, l'avv. Annamaria Bernardini de Pace, che ha ricevuto il premio “Donna dell'Anno per i Diritti Civili", Betty Soldati, responsabile ufficio stampa di Maria De Filippi, il comico Enrico Beruschi, la dirigente della Polstrada Maria Josè Falcicchia, il Presidente del Centro di Formazione Europeo Luca Filipponi.
La Giuria, capitanata dall'Autore televisivo e Giornalista Aldo Dalla Vecchia, è stata composta da: Hafez Haidar, scrittore libanese, Francesco Vecchi, Giornalista Anchor man di Canale 5, Santo Pirotta, Giornalista TgCom 24, Andrea Schiavone, Giornalista, Maria Gabriella Giovannelli, Giornalista, Daniela Quieti, Direttore Editoriale, Giusy Cafari Panico, Poeta, Dianora Tinti, scrittrice, Giuseppe Terranova, Poeta, Roberto Lauber, Scrittore.
Il primo premio per la narrativa edita di questa prima edizione è andato a Rita Coruzzi con l'opera "L'eretica di Dio" (Piemme) in ex aequo con Alberto e Giorgio Ripa "Le ali della vendetta" (Leone editore). Al secondo posto la giornalista Sara Magnoli con "Se il freddo fa rumore" (Damster). Tra i premi della critica Mario del Pero "Era Obama" (Feltrinelli), Marina Cuollo "A disabilandia si tromba" (Sperling e Kupfer), Domenico Vecchioni “20 destini straordinari del XX secolo” (Greco e Greco), Remigio Starz, ex Presidente della General Motors.
Per gli inediti il primo Premio è stato vinto da Alessandra Prospero (poesia inedita), Cinzia Caroti (narrativa breve), Daniele Ossola (Romanzo) e Giulia Provenzano Quaranta (Silloge).
Tra i siciliani che hanno partecipato all’evento milanese, Caterina Guttadauro la Brasca, scrittrice siciliana trapiantata a Bologna giovanissima, che ha premiato alcuni vincitori del Premio Letterario; Giuseppe Vultaggio, poeta e scrittore siciliano, che si è aggiudicato il terzo premio nella Sezione “Silloge inedite” con l’opera “Al di là dell’Orizzonte”; Andrea Giostra al quale è stato assegnato un premio fuori concorso, la “Targa Milano International”, per la raccolta “Novelle brevi di Sicilia”.
La serata, organizzata dalla associazione culturale Pegasus, nota a livello internazionale per i suoi eventi, è stata patrocinata dalla Regione Lombardia e condotta dalla Showgirl Pamela Mauro e dall'editore Roberto Sarra.

Ufficio Stampa Associazione Culturale Pegasus
http://www.premioletterariomilanointernational.it/
+39 0541 183 7415
+39 347 102 1100
pegasus@associazionepegasuscattolica.it
associazione.pegasus@alice.it

Kaos 2017, Pancrazia Buzzurro finalista con "Il funerale del Grande Coglione": uso la parola scritta come fosse colore. L'intervista di Fattitaliani

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Continuano le interviste di Fattitaliani ai finalisti di Kaos 2017, festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana, che quest'anno si svolgerà ad Agrigento il 9 e 10 dicembre nella nuova sede dell’Accademia di Belle Arti Michelangelo. Fra i cinque titoli per la narrativa in lizza per il premio c'è l'artista Pancrazia Buzzurro che con Armando Siciliano editore ha pubblicato "Il funerale del Grande Coglione" raccolta di sette racconti. L'abbiamo intervistata.

Ovviamente la prima curiosità riguarda il Gran Coglione... chi è? Chi potrebbe essere? 
È importante precisare che si tratta del "Grande Coglione", in quanto l'aggettivo "Gran" sminuirebbe la Sua monumentalità. Infatti il Grande Coglione altri non è che il monumento, la stele in memoria delle vittime del "candido omicida". L'epitaffio è la prosa della scrittrice o la pittura dell'artista. Se io fossi musicista il Grande Coglione svolazzerebbe delicato ed impalpabile sulle note di una melodia dolcissima.
Quale filo rosso lega i vari racconti del libro?
Il filo rosso che lega i 7 racconti è la sublimazione della vendetta delle vittime del candido omicida. Il "fallo"è il mezzo il cui detentore usa per esercitare il proprio potere, sia esso sessuale, politico o religioso. Il modus operandi del candido omicida è pulito, raffinato: egli opera con estrema pazienza, come la goccia che stilla sulla pietra scavandola nei millenni. E lo stillicidio psicologico può cambiare la Storia più di una guerra sanguinosa. Questa tipologia di assassino predilige vittime intelligenti, ricche nello spirito, che possiedano la libertà di pensiero e che sia impossibile sottomettere al giogo. E lui, come qualsiasi forma di potere, non ama ciò che non capisce e ancor meno chi non può cambiare. Però li teme, quindi li sopprime. Delitti eleganti, senza spargimento di sangue. Per questo motivo era necessario sublimare la vendetta rendendola pulita quanto il misfatto. Le vittime sceglieranno le loro armi con pazienza, le concepiranno nella mente dell'artista e con la sua complicità giustizieranno il raffinato omicida. L'Arte cancellerà le impronte.
Ci sono dei temi più ricorrenti in questo libro e in generale nella sua scrittura? 
Sì, c'è un tema ricorrente: l'incapacità dell'uomo di amare la donna senza chiederle il sacrificio della sua intelligenza.
"La mano di mio padre" olio su tela (particolare)
Ci sono delle occasioni in cui le sue qualità di artista e scrittrice si incontrano? Ci sono delle reciproche influenze? 
Chi ha letto il libro mi ha detto: "Sembra uno dei tuoi dipinti". È vero. Senza volerlo uso la parola scritta come fosse colore. Vengo distratta dalla ricerca dell'Armonia.
               "IL VOTO"Autoritratto con Pepe
I motivi ispiratori si differenziano?
C'è un unico motivo ispiratore: l'Amore.
Contenta della candidature al Premio Kaos?
Se avessi scritto questo libro nel Medioevo, sarei stata condannata al rogo. Invece Kaos elogia la strega salvandola dall'autodafé. Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata
Kaos 2017, leggi anche:

Andrea Alesio ne "Il Catamarano": il Teatro è necessario per la Società. L'intervista di Fattitaliani

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Il Catamarano scritto da Gabriele Mazzucco e per la regia di Gigi Palla, torna al Barnum Seminteatro di Roma, alle 18 e alle 21. Protagonista è Andrea Alesio. In un ruolo da svelare alla fine: Piero Casoli. Scene e costumi Carlo Marchini. Comunicazione Paolo Leone.

Andrea Alesio che ha studiato Recitazione sotto l’egida di Claudio Boccaccini. Contemporaneamente all’Università studiava Economia Internazionale. Fin da bambino è stato appassionato di Teatro che ha iniziato a frequentare quando da Ortona, suo paese natale si è trasferito a Roma. Studi che ha perfezionato con ulteriori laboratori e workshop. Ha comunque terminato gli studi universitari e teatro ed economia continuano a viaggiare in parallelo. 
Interpreta Andrea uno studente universitario che sogna di fare l’attore e che si barcamena tra mille lavori per cercare di galleggiare nel Mare della vita. Interprete straordinario anche di tanti altri personaggi. Lo spettacolo è divertente ma lascia il tempo di riflettere e soprattutto permette ad ogni spettatore di immedesimarsi in uno dei personaggi, a volte anche in qualcuno negativo che però contiene un fondo di umanità vera. 

Un ragazzo come tanti che sogna di diventare attore. Quanto c’è di te nel personaggio? 
Inevitabilmente c’è tanto per due ragioni: c’è qualcosa di autobiografico soprattutto nel rapporto con mio nonno ho preso spunto da alcune sue vicende personali e nei vari lavori fatti quando ero studente per mantenermi a galla e per conoscere il mondo nella sua quotidiana normalità. C’è molto di me perché “Il catamarano è la storia di un uomo qualunque” e quindi è la storia di tutti ed anche la mia in una certa misura. Chiunque abbia fatto una vita più o meno normale, si può riconoscere in tante cose. 
Nonno Angelo racconta vite ordinarie e straordinarie. Quale ti ha colpita di più? La straordinarietà delle storie di Angelo è nella loro ordinarietà. Sono un po’ il vissuto e un po’ le esperienze sia di mio nonno che del nonno dell’Autore, Gabriele Mazzucco. Ci siamo confrontati sulla scrittura. Ci sono delle esperienze molto forti che riguardano mio nonno e che vengono raccontate. È un Super Nonno che oltre che nei sentimenti vivrà per sempre anche nelle esperienze.
Tra i vari personaggi che interpreti, a quale sei più legato? 

Oltre alla figura del protagonista e del nonno, di getto ti direi “Peppe er monnezzaro” per le sensazioni che mi porto dentro dal palco. Pur non essendo un personaggio positivo ha qualcosa di forte in sé. Ha in sé una verità che seppur triste, cinica, di autoemarginazione, di sentimenti non encomiabili, ha dentro anche una grande solitudine. Interpretandolo, le sento tutte addosso. E’ come se quel personaggio fosse venuto a darmi una chiave interpretativa più che io a cercarla per dargli vita.  
Il Catamarano è una storia urgente o necessaria?  
È entrambe le cose, per me forse è più di tutto è necessaria come mi è necessario il Teatro. È necessario soprattutto nel senso di inevitabile. “Necesse est” in latino esprime proprio il senso d’inevitabilità. Nel mio percorso personale lo vivo come necessario, così come il Teatro è necessario per la Società.  
Cos’è per te “il Mare Magnum” della vita? 

E’ essere presente con grande curiosità. La vita in sé è un pezzo di tempo che ognuno di noi ha a disposizione. Il tempo è qualcosa in cui noi entriamo, nascendo, vivendo… è un pezzo di tempo che abbiamo per fare quello che dobbiamo e se ci va bene quello che possiamo e se ci va benissimo per fare quello che vogliamo. Personalmente cerco di metterci curiosità.

Elisabetta Ruffolo

RICCARDO FOCACCI, BASQUIAT È DIVENTATO ADULTO

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"Far conoscere un artista con una biografia è inutile. A che serve conoscere date, percorsi artistici. Lo vedo come un comodo bel vestito scenografico...". Sì, Basquiat è cresciuto ed ora si chiama Riccardo Focacci.  Perciò in onore di Basquiat non scriverò alcuna biografia perché ora Basquiat non ne ha più bisogno.

Racconterò una meravigliosa storia.
Il primo nostro incontro è stato casuale ma io non credo nella casualità. 
Da un amico in comune.
Phisique-du-rôle dell'artista maledetto.
Scuro, sguardo basso, parole tatuate sul viso.
Riccardo Focacci dipinge su tutto.
Dipinge sui corpi con i suoi tatuaggi. Tempi d'attesa per essere dipinti dalle sue mani.
Ma quando iniziamo a parlare, l'uomo è timido, ma il dialogo continua senza fine.
Stesse passioni, personalità diverse. Io leonessa esposta, che si vuole esporre, lui un lupo solitario che si nasconde.
Io ho già capito di avere di fronte un pittore immenso, perché come lui dipinge con estrema sensualità, io scrivo nello stesso modo.
La differenza è che io l'ho capito, lui non ancora.
Non sa di avere questo potere.

Riccardo Focacci rifiuterà sempre la didattica per la sua arte. Lui si dirige verso quei maestri che creano interesse, emozione.
È assolutamente affascinato da Basquiat e da un pittore del '500, il maestro Caravaggio per cui io ho una folle passione.
Gusti comuni e non convenzionali. 

Inizia con poche mostre fino a che deciderà di dedicarsi completamente all'arte.
Espone sempre in modo non convenzionale, come io scrivo in modo non convenzionale. 

"Io creo le mie opere in funzione del tempo che scorre. Non m'interessano gli eventi socio-temporali. Quello che mi piace dell'arte è che è slegata da qualsiasi condizionamento ".

Focacci non ha condizionamenti nemmeno nella sua vita privata, donne, vita vissuta di notte....

Dopo il primo incontro mi cerca ed inizia a farmi entrare nel suo mondo.
Un mondo fatto di opere meravigliose, passione, Rosso, tanto rosso, donne bellissime, oro tanto oro ed io rimango folgorata.
Perché quest'artista apparentemente maledetto é un galantuomo.

Parliamo ma abbiamo già capito i nostri ruoli. Io leonessa, lui lupo.

Sono completamente rapita dai suoi quadri.
Voglio essere io la sua gallerista perché io posso capirlo e portarlo davanti al mondo.
Siamo così apparentemente diversi, ma così uguali.
Lui con la pittura, io con la scrittura.
Due anime che hanno le loro fatiche sulle spalle. 
È continua a portarmi sempre di più nel suo mondo. E io rimango tutte le volte sempre più folgorata.

Si voglio tutto. Voglio scrivere, voglio essere la sua gallerista. 
Perché ci credo.
Perché non ho mai sbagliato.
Riconosco i talenti in un soffio di respiro.

Così ora non ho i suoi quadri, ho il suo mondo.

Un altro talento italiano fuori dal comune e se mi permettete per la prima volta viviamo nella stessa città. Devo avere il karma per scoprire i talenti del nostro paese.

Perciò che intervista posso fare a Basquiat adulto? 
Chiedergli di spiegarmi le sue opere? Se preferisce il giallo o il Rosso? Come si vuole descrivere? Come vede l'amore nella vita di un artista?
No ho troppo rispetto. 
Questo racconto è già la mia intervista
Per capire Riccardo Focacci bisogna solo guardare i suoi quadri.
Ve lo auguro.
Ve lo mostrerò mentre io proseguiro' la mia ennesima ambizione, la mia collezione privata. Dopo David Bowie di Pambianchi avrò l'onore di Focacci. 
Sara Tacchi


Paola Lucrezia Anzelmo: la vera classe è rispettare gli altri. L'intervista

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Paola Lucrezia Anzelmo, Top-Model internazionale, nuova testimonial della multinazionale Parfum Collection di Essesteel Jewels. Intervista di Andrea Giostra.

Ciao Paola, benvenuta. Iniziamo subito con la prima domanda. Cosa ti senti di raccontare di te come top model di gioielli di alto lusso?
Ciao Andrea, che bello poter avere la possibilità di parlare con te in un ambiente tranquillo, dove poter raccontare qualcosa di me. Nella vita di tutti i giorni difficilmente amo raccontare di me, preferisco ascoltare perché imparo e perché l’ascolto mi arricchisce di spunti e di idee (ovviamente se il mio interlocutore mi dà spunti interessanti e raccontati con sincerità.)
Durante le interviste invece posso parlare di me in modo rilassato e amichevole e tutto ciò è piacevolissimo.
Ritornando alla tua domanda, i gioielli sono accessori "preziosi", pensati e creati per completare la nostra persona, per "aggiungere " al look un "tocco prezioso". Un gioiello ben fatto porta con sé "un’anima nobile". A me piace diffondere bellezza, cose belle e armoniose perché portano pace all’anima e quando si sta in pace si affronta meglio tutto
Chi è invece la donna Paola?
Non sento uno stacco tra il mio ruolo di fotomodella e la mia persona: il mio carattere è strettamente unito a ciò che faccio. Anche nella vita quotidiana cerco di soffermarmi sull’armonia. Non ho mai capito alcuni artisti moderni che "descrivono", attraverso le loro opere, stati d’animo negativi come la disperazione, la paura o che descrivono il negativo della vita. La contemplazione, l’ammirazione, il "soffermarsi" sul dettaglio, secondo me è per il positivo, il bello della vita. Per le cose negative io utilizzo l’azione.
Una volta capitò di incontrare una persona che mi descrisse a tinte forti il suo "enorme dispiacere" per le persone vittime di un terremoto. Ascoltandola, mi venne in mente di darle un numero verde che avevo annotato per poter versare un euro di aiuto. Rimasi meravigliata nel vedere che non era interessata al numero telefonico.
Perché secondo te le aziende di livello internazionale legate all’eleganza, al lusso vogliono la tua immagine?
Le persone mi hanno sempre fatto notate che possiedo un’innata eleganza, una certa aristocrazia della mia persona, nei miei lineamenti e che esula dal mio modo di vestire. Anche quando indosso i jeans strappati, l’idea che trasmetto è sempre quella. Io sono cosi e non ho merito per esserlo. Però mi piace essere "elegante" anche nel comportamento e questa è una mia scelta, qualcosa che dipende da me e non un dono gratuito di madre natura.
Amo mettere a proprio agio le persone, non faccio mai domande indiscrete su argomenti dei quali percepisco che le persone non gradiscono parlare.
Per me questo è "portare" eleganza nel proprio essere.
Ho incontrato spesso persone che si sono divertite a mettermi in difficoltà, ma non li ho mai ricambiati con la stessa moneta. Non li frequento più, ma non mi abbasserò mai al loro livello.
Qual è il tuo profumo preferito e perché?
Amo la vaniglia, il cioccolato bianco, le profumazioni dolci ed avvolgenti. Il mio profumo preferito deve potermi “avvolgere” di “fresca dolcezza”.
Oltre ai profumi che si comprano nei negozi, a me piace profumare la mia pelle con un olio che preparo io, olio di jojoba con dentro le stecche della vaniglia. Lascio riposare per un po' di tempo finché l’olio non prende il profumo della vaniglia e poi una volta pronto lo utilizzo per profumarmi. Lo massaggio sulla pelle che diventa morbida e profumatissima, un profumo dolce e molto avvolgente, ma non stucchevole perché naturale che “riveste la mia pelle” in modo delicato facendomi sentire un po come un “goloso dolcetto di vaniglia” (Paola sorride)
Mi piace l’idea che posso creare diverse intensità di profumo a seconda di quante stecche di vaniglia utilizzo e mi piace l’idea di avere un profumo personale perché ogni volta lo modifico aggiungendo qualche piccolo "segreto" che non voglio rivelare altrimenti ... che segreto sarebbe? (sorride)
Scherzavo naturalmente, aggiungo qualche goccia di altri olii essenziali per dare ad esempio una nota agrumata e cosi via, e questo crea un profumo personalizzato.
Cosa significa per te essere una persona di classe?
Ciò che ho detto prima, un atteggiamento di rispetto nei confronti degli altri. Intavolare un argomento che sai potrebbe dare fastidio al tuo interlocutore facendolo passare come casuale è un atteggiamento che nulla ha a che vedere con la classe e l’eleganza, tanto per fare un esempio. Far notare alle persone i propri limiti, non è di classe, anzi io lo trovo un modo di fare molto infantile e stupido. Le persone che hanno utilizzato questi metodi con me, hanno perso tutta la loro stima ai miei occhi.  Di esempi ce ne sarebbero moltissimi, ma credo sia chiaro il concetto che voglio esprimere alla base.
Un aneddoto divertente che riguarda la tua vita professionale?
Sì sì ... che bello poter ricordare questo divertente episodio che ti racconto con piacere, Andrea. Mi trovavo a Düsseldorf per un servizio fotografico. Terminato lo shooting mi sentivo molto stanca sia fisicamente che mentalmente (perché, anche se non sembra a chi non conosce, il mio mestiere, posare come modella, richiede una certa dose di energia e concentrazione), cosi mi fermai in un bar per bere un tè caldo. Chiesi un tè in una brocca, che in tedesco si dice Kännchen, ma al posto di Kännchen dissi Kaninchen che significa coniglio. In pratica chiesi del tè dentro un ... coniglio … (Paola sorride molto molto divertita) … e siccome la cameriera non capiva cosa volessi, continuavo a ripetere sempre più convinta che desideravo del tè dentro … un coniglio!
Paola, se dovessi scegliere un fiore, che fiore sceglieresti? O meglio, se un tuo ammiratore volesse regalarti un mazzo di fiori, che mazzo di fiori ti piacerebbe ricevere?
Sceglierei le rose color rosa, molto molto tenue, quasi bianche. Naturalmente, se dovesse essere un omaggio floreale, qualsiasi fiore sarebbe molto molto gradito, ma la mia preferenza va alle rose, in particolare mi piacciono moltissimo quelle che stanno per sbocciare. Sono già bellissime, ma loro bellezza deve ancora manifestarsi in tutto il loro splendore e grazia. Le rose color rosa tenue mi piacciono molto perché possiedono una grazia e una delicatezza che nessun fiore possiede.
A casa mia ho voluto creare diversi angoli dedicati al tema delle rose, rendono l’atmosfera molto poetica e portano un’aria "primaverile" e dolce nelle grigie giornate invernali. Le rose accompagnano la mia vita perché avendo dedicato loro molto spazio nella mia casa, sono sempre presenti nella mia mente sotto forma di oggetti decorati da me. Un altro fiore che amo molto è il giglio.
Paola, ultimamente hai prestato la tua immagine a importantissimi Brand. Vuoi raccontare ai nostri lettori quali?
Ho recentemente stipulato un contratto con il Brand multinazionale “Harem Secret”, al Brand “Junesse Global”, e visto che questa intervista è per un giornale italiano vorrei soffermarmi sul marchio “ESSESTELL Jewels”.
La nuova collezione della quale sono testimonial si chiama “Parfum Collection” ed è una novità per l’Italia, un gioiello che ... profuma!
La collezione è stata presentata da poco alla mostra per la gioielleria Trinacria Oro, ed è piaciuta moltissimo. Sono molto contenta di questo. La cosa che più mi ha dato soddisfazione è essere testimonial di una novità assoluta, qualcosa di molto particolare, un gioiello che profuma è un’idea originalissima e un ottima idea regalo.
Paola, se dovessi definire la gioia cosa diresti?
Un sentimento profondo, intimo che da pienezza e pace. La gioia vera per me non è esaltazione effimera, ma una condizione di grande pienezza che ti riempie di energia. La gioia non ha bisogno di parole per essere raccontata, se uno è felice te ne accorgi.
Quando mi capita di frequentare persone che "ostentano" la gioia, che si sentono come "in obbligo" di dimostrare agli altri che sono felici per rivalsa o per altri motivi che non ho mai capito), io ne percepisco subito la falsità e anziché comunicarmi gioia mi comunicano l’effetto opposto, mi comunicano molto nervosismo e stare in loro compagnia non è piacevole.
Credo che la gioia vera sia contagiosa e dia pace anche a chi ci vive intorno.
Quando mi sento felice non ho voglia di "raccontarlo", ma mi soffermo ad assaporarne la sensazione perché vorrei in un certo senso, tentare "di possederla".
Spesso per cercare di "fermare" la sensazione bellissima che la gioia mi dà, creo un oggetto che mi ricordi la sensazione, oppure, se ho poco tempo, scrivo ciò che mi è accaduto in un piccolo bigliettino al quale attacco un cordino, cosi che possa appenderlo ad un soprammobile. In questo modo ho la sensazione di "arrestare" il momento di gioia.
Cosa significa per te avere un sogno nella vita?
Un sogno … il sogno della vita è per me qualcosa che mi riempie e realizza tutta la mia persona, che la realizza a diversi livelli.
Qualcosa che coltivo ogni giorno e sul quale ruota tutta la mia vita.
Poi ci sono i progetti che possono essere tanti, ovvero cose che ci piacerebbe fare o realizzare nella vita, ma che non hanno l’importanza del sogno, sono piuttosto delle mete che mi piacerebbe raggiungere.
Finito un progetto, me ne pongo subito uno successivo, il sogno invece è esclusivo, unico e ti dà una gioia duratura costante e stabile.
Paola, quale è il tuo obiettivo come fotomodella?
Infondere alle immagini più emozioni possibili, in modo da renderle "vive".
Confrontando le attrici/modelle del passato e quelle di oggi, mi sono più volte accorta che quelle che durano nel tempo, quelle la cui immagine riesce ancora ad emozionarci, sono quelle che riescono a trasmettere in chi le guarda, tante emozioni differenti. Proprio una settimana fa stavo sfogliando un libro di fotografie della sempre attuale Marylin Monroe e mi sono accorta che al di là dei lineamenti da bambola, essa riusciva a trasmettere attraverso la sua immagine dolcezza, seduzione, gioia di vivere, ma anche una certa timidezza e ingenuità. Traspare la consapevolezza del suo essere, senza l’arroganza, traspare un essere donna e "bambina", traspare l’essere sexy, ma insieme ad una grande dolcezza. Ecco io credo che sia questo il segreto per il quale ancora oggi dopo tanto tempo, essa " vive" ancora.
Riuscire davanti ad un obiettivo fotografico, a dare tante emozioni differenti, è il segreto per rendere un’immagine viva.
Ecco, il mio obiettivo è riuscire a rendere le immagini "vive" e vibranti di emozioni differenti.
Paola quale è la tua citazione, quella che senti per te?
la citazione che più si avvicina alla mia filosofia di vita è «la vita è fatta per realizzare la nostra individuale natura».
Io credo che la vita sia un meraviglioso percorso che serva a costruire ed evolvere il nostro essere. Inizialmente, da ragazzini, giovanissimi, siamo un po' tutti uguali e ci appoggiamo a frasi fatte, a luoghi comuni. Ma poi la natura di ognuno di noi emerge " prepotentemente" e ci dà una nostra, individuale connotazione. Più rimaniamo aderenti a ciò che siamo, più ci evolviamo nella direzione che la nostra individuale natura ci ha indicato e più ci sentiamo bene. Almeno io sento cosi e quindi questa citazione la sento proprio adatta per me.
Una citazione invece alla quale ti inspiri?
Sicuramente questa, «le piccole menti discutono di persone, le menti normali discutono di avvenimenti, le grandi menti discutono di idee». Io cerco di prendere spunto da queste parole e di indirizzare le mie energie in questo senso, in modo da avere un atteggiamento sempre propositivo ed aperto a nuove idee e progetti. È una citazione che mi ha sempre inspirato e ringrazio chi l’ha scritta, anche se purtroppo non ricordo il suo nome.
Paola, siamo in prossimità del Natale. Se dovessi pensare ad un regalo che vorresti ricevere? Quale ti piacerebbe?
Qualcosa che brilli, che dia luce, qualcosa che a guardarla mi dia belle sensazioni, qualcosa che mi lasci meravigliata ... che abbia colori bellissimi ... cosa potrebbe essere? Non ne ho un’idea precisa ... ma sento che questo sarebbe un bellissimo regalo da ricevere questo Natale.
Paola mi racconti una cosa particolare che ami fare in tre parole?
(Paola sorride) Le tre parole sono “notte, bosco, luna”. Hai indovinato?? Mi piace camminare nel bosco, di notte quando la luna illumina tutto.Posso sentire suoni nuovi e tutto cambia intorno a me. Mi piace tanto l’idea di riuscire a provare sensazioni diverse dalla normalità, è un po’ come se entrassi in una dimensione nuova. È incredibile notare come la luna, quando è piena, illumini tutto e non c’è nemmeno bisogno di utilizzare la pila.Sentire le foglie mosse dal vento, l’odore delle foglie bagnate, vedere i grandi alberi sopra di me che sembrano “proteggermi”, mi fa sentire viva e parte di un mondo nuovo che ogni notte è li, che mi aspetta, per rivelarsi in tutta la sua unicità, in tutta la sia magiaIo abito vicino ai boschi per molta parte dell’anno e i giri nei boschi rappresentano un’alternativa a guardare un film alla tv, un esperienza bella, particolare e costante della mia vita.
Grazie Paola per la bella e interessante chiacchierata. Ti auguro di passare delle belle festività natalizie e un grande in bocca al lupo per tutte le bellissime ed eleganti cose che fai nella tua professione e nella tua vita. Al prossimo incontro allora. Ciao.
Grazie a te, Andrea, per le sempre interessanti conversazioni che facciamo. E grazie al tuo magazine e ai tuoi lettori. Auguro anche a te e a tutta la redazione buone festività natalizie, e alla prossima volta allora.

Per chi volesse approfondire la conoscenza di Paola Lucrezia Anzelmo:

ANDREA GIOSTRA
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Kaos 2017, i riconoscimenti del festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliano. Agrigento 9 e 10 dicembre

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È cominciato il conto alla rovescia. Mancano pochi giorni per scatenare il Kaos, che riempirà Agrigento di libri, parole performance e musica il 9 e 10 dicembre 2017.

Quest’anno la carovana del Kaos, diretta da Peppe Zambito (nella foto a destra di Jannuzzo e Aronica), approderà presso l’Accademia di belle Arti Michelangelo diretta da Alfredo Prado, nella nuova sede di via Bac Bac 7.
Dopo le consuete consultazioni - ricordiamo che il premio della giuria popolare verrà consegnato durante la manifestazione - la rosa dei riconoscimenti assegnati a personalità isolane, da consegnare durante il Kaos, festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana, è stata stilata.
Farm Cultural Park
Il Festival Kaos, per le sue caratteristiche, ha scelto i suoi candidati ideali in base a criteri evidenziati nelle attribuzioni, come per i premi “Identità siciliana” conferiti a: Andrea Bartoli, ideatore della Farm Cultural Park di FavaraGiacomo Pilati, scrittore e organizzatore di importanti eventi culturali e a Nicolò D’Alessandro, memoria artistica e storica dell'isola.
Dove il lavoro personale, la ricerca e sperimentazione dei vincitori è confluito fortemente nello sviluppo, nel contributo fattivo e nella promozione della bellezza del territorio.
Il berretto a sonagli

Premi speciali conferiti da Kaos in occasione del 150° della nascita del drammaturgo Luigi Pirandello vanno a: Gaetano AronicaFrancesco BellomoGianfranco Jannuzzo, tre agrigentini che con costanza promuovono il teatro Pirandelliano in tutta Italia con il “Berretto a sonagli”; Felice Cavallaro, giornalista e ideatore della Strada degli scrittori; Enzo Alessi e Antonella Morreale, che si sono distinti per l'impegno culturale e soprattutto con una costante attività teatrale.
Giacomo Cacciatore

Il Premio “Gesti e parole di legalita” va al: Comune di Joppolo Giancaxio, promotore della marcia e della giornata della legalità; e allo scrittore Giacomo Cacciatore, autore di “Uno sbirro non lo salva nessuno” (Dario Flaccovio editore).
Angelo Sicilia
Il Premio “Rita Atria” andrà ad Angelo Sicilia (autore e ideatore dei Pupi antimafia) e all’Associazione Gammazita, per l’utilizzo della creatività in azioni di recupero e rivisitazione della tradizione come strumento di riscatto sociale.
Giuseppina Mira
Il Premio speciale Kaos “Alessio Passalacqua” va alla poetessa Giuseppina Mira, da sempre impegnata nella promozione culturale del territorio.
Ezio Noto
Mentre il Premio “Salvatore Coppola”, in ricordo dell’editore trapanese, va ad Ezio Noto, musicista e scrittore, per il libro “Mio padre non conosce la mia musica” (ed. Medinova).
Le pagine social dell’evento:
Instagram: Kaos Festival
Twitter: @kaos_festival
Seguiteci su Fattitaliani.it al link http://www.fattitaliani.it/search/label/Kaos

Palermo,dall'8 dicembre in mostra “Il mondo dei presepi” al Regina Pacis

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Una collezione mondiale che verte sui presepi dal nome evocativo “Il mondo dei presepi” in mostra dal giorno dell’Immacolata Concezione, 8 dicembre, al Regina Pacis di Palermo, che durerà fino al termine del periodo festivo natalizio il 6 gennaio 2018. Ben trenta i presepi visionabili, di tutto il mondo, ed appartenenti alla collezione di Giovanni Matranga e Marcella Croce esibiti in contemporaneità con il nuovo presepe di Carmelo Maltese e Giovanni Calafiore.

Si rinnova così la tradizione dei presepi il cui termine deriva dal latino “praesaepe”, cioè greppia o mangiatoia, ma anche recinto in cui custodire ovini e caprini; il termine è composto da prae (innanzi) e saepes (recinto), ovvero luogo che ha davanti un recinto.
Una tradizione antichissima, anche segno culturale e parte integrante di quella italiana che si è poi  sviluppata in tutto il mondo con significative varianti in particolare per l’impiego dei materiali e degli stili di costruzione. Il primo della storia fu realizzato a Greccio (Rieti) nel 1209 da San Francesco d’Assisi con l’intento di rievocare la nascita di Gesù.
Nei presepi italiani ci sono differenziazioni regionali, per i materiali usati ma soprattutto per l’ambientazione, ispirata dal contesto locale.
Come non menzionare quello napoletano, dove nella famosa strada nel centro storico di via San Gregorio Armeno si possono visitare le varie botteghe artigiane, via nota anche come “via dei presepi” o “via dei pastori” che si caratterizza per la spettacolarità, l’affollamento di figure, la riproduzione di scene molto elaborate. Le statue più pregiate sono ancora oggi realizzate in terracotta, quelle più moderne anche in plastica con figure di personaggio noti contemporanei.
Ritornando al luogo in cui ci riporta la mostra “Il mondo dei presepi”, Palermo, evidenziamo come anche il presepe siciliano abbia la sua originalità, anche questo influenzato dalla scuola napoletana per la riproduzione di scene di vita quotidiana locale e per le figure realizzate con l’anima in legno e fil di ferro e con vestiti di stoffa. Particolarità siciliane sono l’uso della cera per realizzare le figure (usanza propria di Palermo e Siracusa) e l’uso di accessori d’oro e d’argento nella statuina del Bambino Gesù.
Ci piace concludere con il “personaggio” emblematico del Natale e del presepe, il grandissimo Eduardo De Filippo, e la sua famosissima frase che come un ritornello ripeteva nella commedia” Natale in Casa Cupiello”: tè Piace u’Presepe?
Ester Campese

Bruno Piattelli: Fattitaliani intervista un Italiano, icona del Made in Italy che ha reso grande la Moda italiana nel mondo

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di Caterina Guttadauro La Brasca - Siamo nel cuore della Capitale, per incontrare chi da sempre rappresenta la storia dell’Alta Moda Italiana: BRUNO PIATTELLI.
Il suo atelier, a Piazza Colonna, è quasi paragonabile ad un album fotografico, tanta è la storia appesa ai suoi muri. Questo distinto ed elegante signore che ci viene incontro era destinato a fare questo lavoro, avendo vissuto fin da piccolo in mezzo ai tessuti, ai colori, ai modelli. Ma quel ragazzino non sapeva quanto sarebbe volato in alto nel cielo dell’Alta Moda, prima nella sua terra e poi nel mondo. Quindi siamo dinanzi ad un grande protagonista della Moda, che altro non è che la storia del Costume che, in fondo, è la storia della vita. Iniziò dopo gli studi, quando ancora il sapore della moda era la conoscenza raccontata dalle sartine e modiste di Torino e pochi altri nomi qua e là sparsi nella Penisola. 

Dopo avere intessuto rapporti e frequentato industriali tessili in Italia, si inventò la prima collezione con relativa sfilata all’estero. Da lì partì il Piattelli che sarebbe divenuto mondiale. Hollywood scoprì Roma e tutte le star divennero ambasciatrici della valenza e dell’inventiva delle nostre sartorie, che, per loro tramite, venne diffusa in tutto il mondo.
La febbre saliva, ogni sei mesi non era più soltanto una presentazione di moda ma era diventata un fenomeno di costume. Decine di testate giornalistiche, ma anche centinaia di corrispondenti e fotografi ne davano testimonianza. 
Montava il Made in Italy e stava  nascendo la.necessità di organizzarsi.
Un tentativo era stato fatto a Milano, per iniziativa di Paolo Marinotti, per promuovere le fibre della Snia Viscosa. L'Ente Italiano della Moda, con la fondazione Gianni Agnelli, di cui era direttore generale Amos Ciabattoni, iniziò a considerare il fenomeno facendo convocazioni a Torino, dove si svolgevano riunioni di sociologi e teorici perché si valutasse lo stato delle cose e si progettasse il futuro. L'associazionismo trovò finalmente la sua espressione con la costituzione della Camera della Moda Nazionale. Era l'era delle crescite e degli entusiasmi e i germi di un "sistema moda" cominciavano ad essere una realtà. Gli industriali tessili, i cui nomi e la cui fama erano noti ai soli addetti, salirono alla ribalta, da cui non sono più scesi, investendo nella collaborazione con gli stilisti e fornendoli delle materie con cui si realizzavano i modelli.
Più ci si guardava intorno più si percepiva lo sterminato campo d'azione che ci si presentava. I grandi cartelloni annunciavano che stava nascendo una nuova filosofia del lavoro. Un fenomeno sociale che mentre ci faceva conoscere ovunque, diventava oggetto di studi universitari. La grande distribuzione firmata era un altro passo del nostro costume in evoluzione. Moltissimi tagliatori ed operai specializzati furono chiamati dall'industria. L'artigianato ebbe un trauma e l'industria allontanò nuove generazioni dal tipo di lavoro manuale e creativo. Le ispirazioni scendevano dall'alto della passerella e salivano alla ribalta con ogni mezzo di comunicazione. In pochi resistettero e, senza area di snobismo, ma per scelta, educazione, abitudine a condurre la tremebonda scialuppa dell'Alta Moda tra i frangiflutti di una concorrenza che, anche se non voluta, scaturiva dalle leggi dell'economia e della società in mutazione. Il governo della Repubblica Popolare Cinese lo invitò ad uno studio del comparto manifatturiero dell'abbigliamento ed iniziò così una nuova avventura: La Joint-Venture con la più antica casa produttrice di confezioni in Cina: nacque la HongDu Piattelli Textile-& Fashion Co.LTD di Pechino. 
Il cinema non si dimenticò di noi italiani. E, come dice Piattelli, “volammo alto... che più alto non si può”.
Dal 1993 al 2001 è stato fra i consiglieri del sindaco di Roma Francesco Rutelli. Una straordinaria raccolta di foto, bozzetti e disegni, nonché pubblicazioni nazionali e internazionali dei maggiori periodici di moda fu il prezioso regalo che Bruno Piattelli fece all'Accademia del Costume e della Moda di Roma. Un’avventura che continua ed è l’orgoglio italiano nel mondo. L'intervista di Fattitaliani.
D. Come iniziò la sua bella avventura in un campo che, all’inizio della sua storia, era più femminile che maschile?
R. Appena finita la guerra, anni ’47 /’48, incrociavo soggetti che si presentavano in Azienda offrendo merci, da mio Padre e da me facilmente riconoscibili come fatte in Italia, come fatte in Gran Bretagna, Francia etc. In uno scatto di polemica e di risentimento, forte dei legami che mio Padre aveva con i Produttori tipici e classici del Nord, organizzai quelle che poi sarebbero diventate delle “collezioni" e armato di un po’ di follia e tanta pazienza che mi fu utile perché, essendo italiano, e quindi non degno di fiducia a priori, dovetti accettare di passare esami dei prodotti da commissioni belghe,inglesi, etc. detti inizio a rapporti di lavoro e d’amicizia che oggi, settanta anni dopo, ancora vivono. Che poi il tema riguardasse l’uomo naturalmente fu un problema nel problema.
Nel 1950 mandai in passerella gli uomini. La caduta del muro di Berlino ha fatto meno rumore. Ma accompagnato da pochi altri Colleghi, di pari pazzia, il dado era tratto. Ecco perché, con un poco di snobberia, dico che la nascita del Made in Italy ha sapore di uomo... romano. Gli uomini presero coscienza di essere pensanti e cominciarono a frequentare gli Ateliers, prendendo il posto che per secoli avevano assegnato alle loro donne.
D. Nel 1970 lei fa un incontro fondamentale: Fred Pressmann, il proprietario del più celebre store della moda maschile. Come nacque il vostro rapporto di lavoro che, poi, divenne di amicizia e di stima?
R. , fu fondamentale per me, ma per tutta la Moda Italiana. Mr. Pressman chiese ad una comune amica italo-americana di essere presentato e venne a Roma appositamente. Mi chiese di essere accompagnato a mangiare le fettuccine. Al termine dell’incontro eravamo diventati amici, ci stringemmo la mano per un accordo, non scritto, che dura da settant’anni, anche dopo la Sua morte. Ma quando lui rifece tutto il celeberrimo Store di down-town, per il qualecollaborai fisicamente con gli Architetti: io Gli indicai e presentai i nomi degli stilisti italiani, con i quali Barneys divenne il top della Moda nel mondo.
D.Il mondo della Moda è fortemente connesso al Cinema e alla Fotografia; entrambi si esprimono attraverso le immagini. Secondo lei la Moda deve stabilire connessioni con altri linguaggi? In altre parole si può andare dal Cinema alla Letteratura e dalla fotografia all’illustrazione?
R. Molti anni fa mi divertii in una piccola polemica con un critico d’arte che aveva escluso che la parola Moda possa essere avvicinata alla parola Arte. A prescindere dal diritto di ciascuno ad avere le proprie opinioni, risposi che è possibile che uno stilista abbia qualche problema a confrontarsi con un Picasso, ma poi un critico d’arte saprebbe giudicare la perfezione di una giacca?
Nel lavoro prodotto primo della mente non possono esserci diaframmi non solo per un fatto di pretensione, ma perché l’immaginazione non ha confini e il confondersi delle idee è naturale, anzi proprio il loro mescolarsi concede che si passi attraverso un’espressione ad un’altra non staccando il filo dell’estetica. Quando si è capaci di controllarle. La fotografia che comanda incontrastata la possibilità della permanenza di un’Opera - d’arte o meno è un altro tema, è la madre del Cinema che della Moda e per la Moda vive; quante righe su un costume nella Letteratura, senza citare Proust o Flaubert, o un giallo nel quale le ricerche sul quale sono necessariamente dettagliate.
D. Il Made in Italy è Cultura, come si deve promuoverlo?
R. La domanda meriterebbe pagine che potrebbero costituire un volume o più. Per promuovere, come Lei stessa dice, di Cultura ce ne vuole tanta e non solo specifica della Moda ma della Storia, dei luoghi in cui è nata e nasce, degli ambienti in cui presentarla, dei modi di usare spazi che raccontino, raccolgano persone e cose cui riferirla. Ne faremo un trattato.
D. Ci dice il suo parere sulle condizioni di salute della Moda, oggi?
R. Il confluire di estreme necessità economiche perché le industrie sopravvivano all’invasiva produzione orientale, l’e-commerce che comincia a dominare i mercati, tutto contribuisce ad abbassare il livello non solo qualitativo dei prodotti.
Si aggiunge, poi, una tematica che fa necessariamente pensare al serpente che si morde la coda: la necessità di creare il nuovo costantemente non può che essere negativo e poi costringe ad inventare cose nelle quali il buon gusto è totalmente assente, ma la ricerca si dirige verso il colpire, il turbare, non più l’estetica. La parola Moda, nel senso che le abbiamo attribuito fino ad oggi, non appartiene più a questo mondo commerciale e può restare in bocca solo a pochi esegeti....
D. Cos’è l’eleganza per Bruno Piattelli?
R. La risposta è collegata con la precedente. Le posso ripetere lo slogan che ripeto da anni e che, appunto, completa il mio pensiero: la moda PUO’ essere elegante. L’eleganza è sempre di moda".
D. Secondo Lei la Moda è riuscita a regalare agli uomini la dolcezza e alle donne la forza che serviva per il loro ruolo sociale?
R. Purtroppo queste Sue considerazioni mi mandano il pensiero a Gabriele D’Annunzio; Lui, ma i tempi, Glielo permettevano, ha ben raccontato e l’una e l’altra cosa, ma oggi siamo fuori tempo.
D. Come evitare il ridicolo e il grottesco in un prodotto che ci deve rappresentare all’estero? Come vestono i giovani di oggi? C’è una grande omologazione che va a discapito dell’essere “personali”, dell’avere un proprio stile. E’ rappresentata, secondo lei, l’alta Moda in questa fascia generazionale?
R. Il caos del modo di vestire, a mio avviso, ai molti dei motivi che prima ho portato aggiunge queste altre problematiche tra le quali spicca questa contraddizione: i giovani, mentre cercano di distinguersi contemporaneamente si sentono a disagio se non hanno quello che ha il compagno, l’amico. Dico una banalità più che altro per quante volte ripetuta. Dove sono le famiglie? E l’educazione, che è la prima cultura?
Non è una stagione quieta a tutti gli effetti e, considerando, giusta la Sua domanda l’osceno che ne scaturisce ritengo che dovrebbe esserci una commissione che controllasse, per l’esportazione, prodotti carenti sotto qualunque aspetto. In alcuni Paesi esiste, ma cosa accadrebbe se fosse proposta? Subito i soloni direbbero “chi giudica i giudici ?” senza capir nulla del fine.
D. Come si dà o si deve dare supporto al talento dei giovani nelle famiglie dei Brand e delle Maison di moda?
R. Scuole ce ne sono molte,ma,frequentandole, ho dedotto: pochissimi, e d’altro canto è normale, hanno il sacro fuoco, come per qualunque professione. Soprattutto che sappiano ciò che vogliono e pronti ai sacrifici relativi. I molti, nella migliore delle ipotesi, pensano che andando alla scuola di costume si impari a disegnare o a come si delinea un‘idea di costume, la coerenza degli accessori etc., nello stesso modo in cui impari una poesia di Pascoli o di Carducci.
Loro, ragazze e ragazzi, sentono parlare e sparlare, di moda, di indossatrici e di successi, ma mancano d’informazione e di cultura di base e, mi ripeto, anche qui manca la Famiglia che assista, consigli. Ma già, qui le prime colpevoli sono proprio le madri e sappiamo perché.
D. Tutto ciò che riguarda la sua attività personale possiamo definirlo patrimonio storico della moda. Qual’è l’iter che lei osserva, quali sono i vari step di una sua creazione che nasce a Roma, ma poi viene esportata in tutto il mondo?
R. Non sorrida. Ho una formula che applico senza pensarci, ma nella realtà è vera: “La Moda è una formula matematica che si sviluppa all’infinito": niente di più normale. Mentre si sviluppa l‘idea di una collezione già, se sei attento, germina l’idea della prossima. C’è sempre una ragione. Anche se per condizioni naturali, e con fortuna, ho partecipato a formulare idee di corrente di Moda, la parola Moda è male usata perché la corretta è “Costume" che comprende tutte le attività del genere umano in un certo periodo della sua storia, compresa la moda, ho sempre cercato l’eleganza, e, devo dire, qui sta il difficile: imbrigliarla mentre cambiano modi di vita, materiali da usare, l’occhio del destinatario abbacinato da tante tentazioni!
D. Lei fu un pioniere nell’apertura della moda italiana alla Cina, è stato un precursore dei tempi. Cosa fece scattare nella sua mente una così indovinata premonizione?
R. Fui interpellato da un emissario del Governo Cinese perché mi interessassi di tutto il contesto tessile del Paese. Ne scaturì poi una collaborazione per costruire una fabbrica che producesse abiti “a livello europeo". Esperienza eccezionale con persone estremamente intelligenti e con capacità manuali eccezionali. Il bello deve ancora arrivare.
D. Quali personaggi di oggi o di ieri si possono considerare veramente eleganti? Ci dice qualche nome?
R. Il Cinema ha alterato la possibilità di un giudizio oggettivo anche se sommario. E’ elegante l’Attrice o la Donna, così per l’uomo? Non ci sono più i personaggi che per l’estetica e dell’estetica vivevano. I Byron o i Wilde o la Principessa Eugenia non ci sono più. Neanche la televisione, e non solo del nostro Paese, ha dato un personaggio contrassegnato dall’eleganza, solo il Cinema domina; poi, nel privato …
D.“L’eleganza deve essere la giusta combinazione di distinzione, naturalezza, cura e semplicità. Fuori da questo, credetemi, non c’è eleganza.Solo.pretesa”. Lei condivide questo pensiero di Christian Dior?
R. Condivido pienamente il pensiero di Christian Dior.
D. Ha ancora un sogno da realizzare? A proposito, un amico che la stima tanto, Stefano Panaro, dice che lei è un realizzatore di sogni, è vero?
R. Sono nato in una generazione che ha convissuto tutta la vita con guerre e distruzioni. Il sogno che ho sempre avuto, ma a questo punto e considerata la situazione generale tale rimarrà, è che l’umanità possa vivere e lavorare in pace. Per il mondo che ho incontrato e conosciuto, in ogni continente, questo è l’unico desiderio, in assoluto, che ho sentito esprimere da tutte le persone, donne e uomini, senza altra accezione. Per il banale del quotidiano posso dire che sono soddisfatto quando chi è “oggetto" del mio lavoro è soddisfatto, e chi lavora con me lo è altrettanto.
D. Lei ha vestito, a livello mondiale la bellezza, la celebrità, il teatro, il cinema, la televisione, in una parola ha vestito la “Storia”. Come ha fatto a rimanere se stesso?
R. Quando rispetti gli uomini per quello che pensano e per le loro cose non hai problemi a restare sempre te stesso perché sei inesorabilmente eguale a chi hai davanti.
La ringraziamo per averci regalato un po' del suo prezioso tempo, ma soprattutto, per avere esportato in tutto il mondo il buon gusto e il talento italiano, in un campo che molti considerano effimero, ma che così non è. Sovente, l'eleganza viene confusa con la superficialità, la moda, una certa mancanza di interiorità. Si tratta di un grave errore: l'essere umano ha bisogno di eleganza  perché questa parola è sinonimo di buon gusto, amabilità, equilibrio e armonia.

Caterina Guttadauro La Brasca

Libri, Fattitaliani consiglia “I Figli del Sogno” di Anacleto Bottoni: una bella storia di ieri che appartiene al presente

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Anacleto Bottoni, “I Figli del Sogno”, Bibliotheka Ed., Roma, 2016. Recensione di Andrea Giostra.

Sembrerebbe che quest’anno, per i giovani adolescenti italiani, quelli nati nel XXI secolo, sia un periodo culturale in cui rivalutare e fare sfoggio di oggetti Vintage che chiedono alle mamme e ai papà con curiosità ed interesse. Periodicamente il Vintage ritorna di moda. Periodicamente si sfoggiano oggetti e simboli di un periodo, visto dagli occhi del passato, più felice di quello attuale, più ricco di bei sogni e di speranze di quello dei giorni nostri, di oggi, forse il peggior periodo della storia del nostro Paese dal dopoguerra in poi, di cui narra Anacleto Bottoni. Un periodo nel quale, a differenza di quel passato di cui si narra ne “I Figli del Sogno”, devastato dal fascismo e dalle macerie umane e architettoniche dell’ultima grande guerra, manca la speranza e la fiducia nel futuro. Soprattutto nelle giovani generazioni, soprattutto negli adolescenti, soprattutto in chi dovrebbero avere in eredità il nostro Paese. Nei giovani professionisti che vedono nella fuga dall’Italia l’unica possibilità di affermarsi professionalmente e umanamente.
Il vero dramma oggi è questo: la mancanza di prospettiva futura e la mancanza di speranza.
Il nostro, oggi, è un Paese devastato nell’anima, soprattutto di quelli che adesso sono solo ragazzi pieni di vitale energia e che dovrebbero prenderlo in mano per condurlo alla conquista cultura ed economica del mondo intero. Tutto questo non c’è.
E allora, da questa prospettiva socio-culturale, l’interessante libro di Anacleto Bottoni, diventa come un prezioso cimelio vintage che i giovani di oggi dovrebbero prendere in mano e leggere tutto d’un fiato. Per conoscere, per sapere, per vedere dove non hanno visto e dove i loro genitori non gli hanno permesso di guardare. Per sapere che sono figli di quel passato duro e sofferto, che ha prodotto macerie e dolore, ma che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la successiva fine della Grande Guerra nei primi del mese di maggio del 1945, ha generato speranza e voglia di riscatto di un intero Paese, di un’intera classe di giovani menti e di forti braccia. Così come narra Bottoni nella sua storia di famiglia, del nonno Cesare orafo, del padre falegname raffinato, di lui, Anacleto, artigiano orafo, figlio di quelle speranze post-belliche. Orafo appassionato del suo lavoro e delle sue tradizioni artistiche prese in eredità dal nonno.

Il sottotitolo de “I Figli del sogno” è “Storia di un orafo romano del XX sec. tra arte, artigianato, gioiello contemporaneo, collezionismo e peste italiana”. Un orafo, Anacleto, che recuperò le orme del nonno Cesare che da piazza Navona, negli anni ’20, si trasferì a Sora nella provincia di Frosinone, a 115 chilometri dalle vecchie e storiche radici romane della propria famiglia, per ritornare, alla fine degli anni ’90, da giovane orafo affermato, che aveva girato il Portogallo e la Spagna, all’emozionante e folle Porta Portese. E qui inizia la storia narrata da Bottoni, fatta di ricordi belli e appassionanti, dolorosi e gioiosi, di fiducia e di speranza, di sofferenza e di delusione. Una storia di vita romana, di vita italiana, di vita di orafo romano, di vita d’artigiani amanti del bello che appartiene alle nostre più antiche radici italiche.

È vero quello che scrive Bottoni, noi siamo figli del secolo scorso, del ‘900, con tutto quello che il ‘900 italiano ha significato e significa tutt’oggi. Con tutto quello che ha lasciato in un Paese dove la memoria non esiste e non esisterà mai. Perché dimenticare e meno doloroso che ricordare per sapere chi siamo e da dove veniamo. Per sapere cosa ci hanno lasciato i nostri padri e i nostri nonni. Per essere consapevoli di quello di cui disponiamo per affrontare le nostre battaglie quotidiane di vita e di relazione, di professione e di conoscenza.
Anche da questo punto di vista “I figli del Sogno” è una preziosa pietra miliare che fissa la memoria per recuperarla, per consegnarla a chi vorrà sapere, conoscere, guardare con occhi prospettici qual è stato il suo passato, quello dei suoi genitori, quello dei suoi nonni, quello del sangue che gli scorre nelle vene oggi, ai nati del XXI secolo che oggi abbelliscono le loro giornate con piccoli oggetti Vintage, come potrebbero abbellire le loro letture con un racconto autobiografico, quello di un raffinato orafo romano, che mi permetto di definire, oggi più che mai, “racconto Vintage”, e quindi assolutamente al passo coi nostri tempi.

Scrive nel suo incipit Bottoni: «Chi sono i figli del sogno? Tutti coloro che nacquero dopo la drammatica parentesi della II Guerra Mondiale, i frutti di quelle donne che, finalmente libere di votare democraticamente e consce dei loro diritti riversarono sui loro figli tutti i sogni rimasti chiusi nell’ermetico cassetto della dittatura fascista. Anacleto Bottoni è uno di quei figli. Con questo romanzo ci racconta la sua vita, la passione per il lavoro di orafo che gli ha dato tante soddisfazioni (e tanti grattacapi), i suoi amori, le sue “incazzature” verso il sistema, i suoi incontri con volti, sguardi e persone, disseminati di ironia, spleen, amarezza e rimpianto, slanci vitali e furore. I figli del sogno, però, è anche un atto d’amore di un uomo verso il suo lavoro (che lo ha portato a definirsi “artigiano con le ali”), è la storia personale che si fonde con quella universale, è la memoria di un tempo passato, presente e futuro che riesce a far ridere e commuovere, a far pensare e indignare, a farci ricordare quanto l’oggi sia ancorato ad un passato indelebile. Ne fuoriesce un quadro disincantato della storia del nostro Paese che, partendo dagli anni bui del fascismo e dall’ancor più difficile ricostruzione postbellica, attraversa i tumultuosi giorni del ‘68, la controcultura degli anni ’70, l’edonismo degli ’80 e il ripiegamento interiore dell’ultimo trentennio. L’autore ci accompagna in questa cavalcata travasando il particolare nell’universale, immortalando una Roma in cui borgate e centro storico, burini e snob, artisti e venditori ambulanti si rincorrono senza continuità e ci ricorda quanto vivere significhi sopravvivere e quanto ogni anelito di libertà debba fare i conti con una burocrazia che azzera la libera iniziativa e il desiderio di sognare. Ecco allora che i figli del sogno di ieri, di cui Anacleto Bottoni è parte integrante, con la loro forza d’animo e il loro ottimismo, potranno essere gli unici a guardare al futuro con un sorriso capace di allontanare le nuvole all’orizzonte.»

Insomma, una bella storia di ieri che arriva ai giorni nostri, che appartiene al presente, da leggere e da scoprire, oggi più che mai.

Link:






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Kaos 2017: De Marco, Graceffa e Miccichè finalisti nella sezione Racconti. Le interviste di Fattitaliani

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Kaos 2017, il festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana avrà luogo il 9 e il 10 dicembre prossimi nei locali dell'Accademia Michelangelo di Agrigento. Tre scrittori si contenderanno il premio per il migliore racconto: Maria Concetta De Marco con Blanco, Giuseppe Graceffa con Il giusto compenso, Maria Carmela Miccichè con Il pezzetto d'America sotto il cuscino. Fattitaliani li ha intervistati.

Come nasce il suo racconto? 
Maria Concetta De Marco: Il mio racconto BLANCO nasce da un cane di grossa taglia, a pelo lungo, folto e bianco che tempo fa spesso vedevo sul ciglio della strada mentre tornavo a casa. Se ne stava in piedi a guardare le macchine che gli passavano davanti e sembrava aspettare qualcosa o meglio, qualcuno. Ho immaginato quale potesse essere la sua storia...
Giuseppe Graceffa: Il mio nuovo progetto editoriale, un libro dal titolo “Mala Terra” che è in uscita proprio in questi giorni, è una raccolta di racconti ambientati nella Sicilia del recente passato, tratti da storie vere e fatti realmente accaduti che ho raccolto dalle persone più anziane, fedeli testimoni di un tempo che non c’è più e di una Sicilia ormai scomparsa. “Il giusto compenso” rientra in questo filone, una straordinaria storia che non è stata inserita nel mio nuovo libro. Una storia che è  realmente accaduta, che mi è stata tramandata oralmente e che ho pensato potesse essere perfetta per il Premio Kaos.
Maria Carmela Miccichè: Dunque, sono nata in una casa piena di nonni, zii e racconti, ho sempre amato ascoltare e fare delle immagini di quei racconti, immagini che raccoglievo e custodivo con cura. nei miei scritti metto spesso queste immagini o, a volte, come è successo per "Il pezzetto d'America sotto al cuscino" parto da un'immagine e poi la storia prende il suo ritmo, i suoi profumi. "Il pezzetto d'America sotto al cuscino"è nato dall'immagine di un mio bisnonno e di questo suo amore impossibile, il resto è tutta fantasia.
Quanto c'è della sua vita in ciò che scrive? 
Maria Concetta De Marco: Nei miei racconti credo ci sia moltissimo di me, l'amore per la maternità, la dolcezza, la tenerezza, la speranza,  l'ottimismo, e poi il mio sentire, le mie emozioni ma anche le mie paure...la paura della solitudine, la paura dell'abbandono. Secondo me sono paure molto diffuse e con i miei scritti cerco di esorcizzarle.
Giuseppe Graceffa: Praticamente nulla se non la mia personale sensibilità nell’affrontare una storia, qualunque essa sia. Le mie storie prescindono da me stesso, hanno una vita propria e generalmente tengo distinte la mia vita e le mie esperienze da ciò che metto su carta e trasmetto ai lettori. Ritengo infatti che i lettori quando leggono non vogliano leggere me o una parte di me, ma solamente le mie storie e le emozioni che esse trasmettono.
Maria Carmela Miccichè: Credo che sia importante raccontare ciò che si conosce, anche se si usano spesso metafore, chi legge sa se si parla "a vento" o se chi scrive porge sentimenti e sensazioni di prima mano. ovviamente io non scrivo sempre di me, della mia vita, anzi, a essere sincera, quasi mai ma amo osservare, raccogliere sfumature di vita, gesti, espressioni, incrinature di voce e poi raccontarle.
Ha dei modelli letterari di riferimento?
Maria Concetta De Marco: Io adoro leggere e amo sia autori italiani che stranieri. Il mio autore preferito è Oscar Wilde: trovo che IL RITRATTO DI DORIAN GRAY e THE CANTERVILLE GHOST siano due capolavori che vanno ben oltre la loro apparente semplice storia. Ma nella mia vita ho letto anche i classici come I PROMESSI SPOSI, IL GATTOPARDO, I VICERE', ROBINSON CRUSOE, OLIVER TWIST, GULLIVER'S TRAVELS,  ANNA KARENINA. Ho letto molto di Isabelle Allende, Sveva Casati Modignani, Giuseppina Torregrossa, Simonetta Agnello Hornby, Andrea Camilleri, Dan Brown,  Giorgio Faletti e tanti altri. Di recente ho finito di leggere l'ultimo romanzo di una scrittrice irlandese, Lucinda Riley, che apprezzo moltissimo. Mi piace davvero tanto il suo modo di scrivere. Come si vede, sono letture molto diverse tra loro ma, e  del resto lo specifico in un mio racconto, penso che ogni libro lasci sempre un segno dentro di noi. E poi, mi piace conoscere "il fenomeno", cioè ad esempio perché un libro arriva ad essere il primo in classifica tra i più venduti; per questo in passato ho letto persino la trilogia delle famose "CINQUANTA SFUMATURE DI..."...perlomeno ho capito perché sono stati al top per mesi. 
Giuseppe Graceffa: Assolutamente no. Ho naturalmente degli autori che mi piacciono particolarmente e che adoro leggere ma non ho mai preso nessuno di essi a riferimento. Quantomeno volontario. Sicuramente qualcuno di loro ha influito sulla mia formazione, ma con il tempo ho cercato di sviluppare un mio stile personale che non si ispira a nessuno, se non a me stesso.
Maria Carmela Miccichè: Ho sempre amato leggere, ho sempre avuto attorno a me libri e ho letto avidamente il percorso che da Salgari alla Alcott, alla Brontè, a Dumas mi ha poi portato ad Agatha Christie che rimane il mio grande amore letterario e poi il grande Pirandello che sta sempre sul comodino a portata di mano e tanti altri. sono convinta che ogni cosa che leggiamo lascia dentro di noi una traccia che sarà utile quando ne avremo bisogno, così gli autori che amo diventano non solo il mio riferimento ma fonte di spunti. Giovanni Zambito.

Milano, in mostra la Pala “Sacra Conversazione 1520” del Tiziano a Palazzo Marino, dal 5 dicembre

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A Palazzo Marino, Milano, l’imponente pala d’altare “Sacra conversazione 1520 (Pala Gozzi)”, capolavoro di Tiziano, è in mostra a partire dal 5 dicembre prossimo e fino al 14 gennaio 2018 con ingresso gratuito. La meravigliosa Pala proviene dalla dalla Pinacoteca Civica “Francesco Podesti” di Ancona, dove normalmente è custodita.

La Pala "Sacra conversazione 1520"è del 1520, e rappresenta il primo dipinto firmato e datato di Tiziano a noi noto e realizzato ai suo trentanni, per Luigi Gozzi, mercante di Dubrovnik, destinato all'altare principale della chiesa di San Francesco ad Alto ad Ancona. La mostra promossa dal Comune di Milano, con Intesa Sanpaolo ed il sostegno della Rinascente è curata da Stefano Zuffi e si avvale anche dell’ausilio di storici dell’arte, coordinati da Civita, che a gruppi accoglieranno i visitatori guidandoli nel percorso espositivo.
L’imponente progetto allestito e curato anche dall'architetto Corrado Anselmi, consentirà ai visitatori di godere dell’esposizione anche del retro della tavola in cui visionare schizzi a matita, in parte ombreggiati e disegnati dallo stesso Tiziano con la riproduzione di diverse teste, una delle quali potrebbe essere la prima stesura in bozza del Bambino dipinto. Consente tra l’altro di scoprire la modalità in cui venivano realizzate nel cinquecento queste opere.
L’opera rientra nella forma iconografica tradizionale con la rappresentazione della Madonna con il Bambino posti sopra un cielo di nuvole. Più in basso si scorge San Francesco, a cui era dedicata la chiesa che ospitava la pala, e San Biagio protettore della città dalmata.
Ester Campese

Non ti pago di Eduardo De Filippo al Teatro Ambra Jovinelli di Roma dal 7 al 17 dicembre

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Non ti pago è l’ultimo capolavoro eduardiano diretto da Luca De Filippo. Alla sua terza stagione di repliche, proposto con successo nei teatri di tutta Italia, lo spettacolo è nuovamente a Roma, al Teatro Ambra Jovinelli dove, tra il 7 ed il 17 dicembre, festeggerà le sue prime 240 recite.
La Elledieffe, oggi diretta da Carolina Rosi, prosegue così nel rigoroso segno di Luca, portando avanti i suoi progetti, rappresentando e proteggendo l’immenso patrimonio culturale di una delle più antiche famiglie della tradizione teatrale italiana. “Luca ci manca sulla scena – sottolinea Carolina Rosi – ma il suo lavoro resta. Ci ha lasciato una precisa ed accurata regia, fedele ai tempi e alla scrittura di suo padre con una modalità tutta sua di dare continuità alla tradizione senza rinunciare a una propria identità”. Continuando il lavoro di approfondimento sulla drammaturgia del padre, Luca De Filippo era tornato dopo oltre 25 anni da un suo precedente allestimento del 1989, a confrontarsi con Non ti pago, commedia del 1940, tra le più brillanti del repertorio di Eduardo. La stessa che il grande Autore definì “una commedia molto comica, che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto”.
Dal debutto, l'8 dicembre del 1940 al Teatro Quirino di Roma, con Eduardo nella parte di Ferdinando Quagliuolo, di Titina nel ruolo della moglie Concetta e di Peppino in quello dell'antagonista Mario Bertolini, il successo ed il gradimento del pubblico verso questo testo è giunto intatto ai giorni nostri, consolidandosi anzi nel tempo attraverso innumerevoli allestimenti, in Italia e non solo. Un perfetto meccanismo, che mescola genialmente il riso, l’inquietudine, la riflessione, il ritmo dell’azione a quello del pensiero, nella complessità, tipica delle commedie eduardiane, che sotto un’apparente leggerezza sono, in realtà, specchio ferocemente ironico e inquieto della nostra società. Una commedia che parla di sogni, vincite al lotto, superstizioni e credenze popolari di un’umanità dolente e sfaccendata, che nella cruda realtà quotidiana fatta di paure, angosce e miseria non rinuncia però alla speranza, all’illusione, all’ingenua attesa di un colpo di fortuna, di un futuro migliore. 
Il protagonista Ferdinando Quagliuolo è personaggio ambiguo e surreale, che vive tra sogno e realtà. Gestore di un botteghino del lotto a Napoli è un giocatore tanto accanito quanto sfortunato. Al contrario, il suo impiegato Mario Bertolini, suo futuro genero, interpretando i sogni, colleziona vincite su vincite e addirittura un giorno gli capita di vincere una ricca quaterna da 4 milioni delle vecchie lire, datagli in sogno proprio dal defunto padre del suo datore di lavoro.  Accecato da una feroce invidia, Don Ferdinando si rifiuta di pagargli la vincita e rivendica il diritto di incassare la somma per sé. Sostiene che lo spirito di suo padre avrebbe commesso un involontario scambio di persona recandosi per errore nella vecchia abitazione della famiglia Quagliuolo dove ora vive il giovane Bertolini.
Come lo stesso Luca aveva stabilito a sostituirlo in scena è stato chiamato Gianfelice Imparato, un attore che si è formato con Eduardo e che si è dimostrato pienamente all’altezza del non facile compito mostrando di essere perfettamente a suo agio nei panni di Ferdinando Quagliuolo. Insieme a lui, nelcast che unisce attori di diverse generazioni, ci sono Carolina Rosi (nel ruolo di  Concetta, moglie di Ferdinando), Nicola Di Pinto (Aglietiello), Massimo De Matteo (Mario Bertolini), Gianni Cannavacciuolo (padre Raffaele), Giovanni Allocca (l’avvocato Strummillo) e Paola Fulciniti (Erminia e Carmela); accanto a loro i giovanissimi Carmen Annibale, Viola Forestiero, Federica Altamura, Andrea Cioffi.  La scenografia è di Gianmaurizio Fercioni, i costumi di Silvia Polidori, le musiche di Nicola Piovani, le luci di Stefano Stacchini.
Teatro Ambra Jovinelli di Roma, da giovedì 7 a domenica 17 dicembre 2017
“Non ti pago” di Eduardo De Filippo
Regia di Luca De Filippo, con Carolina Rosi e Gianfelice Imparato



Scheda dello spettacolo
Elledieffe - La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo  
Non ti pago
di Eduardo De Filippo
regia Luca De Filippo
Personaggi ed Interpreti:
Ferdinando Quagliuolo  Gianfelice Imparato
Concetta, sua moglie  Carolina Rosi
Stella, loro figlia  Carmen Annibale
Aglietiello, uomo di fatica in casa Quagliuolo  Nicola Di Pinto
Margherita, cameriera  Viola Forestiero
 Mario Bertolini  Massimo De Matteo
Erminia, sua zia  Paola Fulciniti
Vittorio Frungillo  Federica Altamura
Luigi Frungillo  Andrea Cioffi
Carmela, popolana  Paola Fulciniti
Don Raffaele Console  Gianni Cannavacciuolo
Lorenzo Strummillo, avvocato  Giovanni Allocca

scene Gianmaurizio Fercioni
costumi Silvia Polidori
musiche Nicola Piovani
luci Stefano Stacchini
aiuto regia Norma Martelli aiuto scene Olivia Fercioni aiuto costumi Pina Sorrentino
direttore di scena Ivan De Paola macchinistaFrancesco Scognamiglio
datore luci Danilo Cencelli  sarta Pina Sorrentino
scene ScenUP costumi Sartoria Farani parruccheRocchetti & Rocchetti
materiale elettrico Ifet trasporti Move & ShowService Futura progetto web Angelo Cannatà
segreteria di produzione Deborah Frateproduzione e amministrazione Alessandro Mattias  
ufficio stampa Studio Tema /Napoli  consulente per l'organizzazione Natalia Di Iorio

durata spettacolo: 2 ore (intervallo compreso)
                                                 
TEATRO AMBRA JOVINELLI
Via Guglielmo Pepe, 43 /47 Roma 00185
Orari spettacolo: dal martedì al sabato ore 21:00 - domenica ore 17:00 - sabato 9 dicembre doppia replica ore 16:30 e ore 21:00
Info 06 83082620 – 06 83082884
Biglietti (compresa prevendita): da euro 33,00 a euro 17,00   
Convenzioni parcheggio in orario spettacolo:
• Garage Esquilino – via G. Giolitti, 27/A - dal martedì al sabato  euro 1,50 l’ora
• Parcheggio ES Giolitti Park – via G. Giolitti 267 - tutti i giorni euro 1,00 l’ora
Ufficio promozione tel. 06 88816460
Ufficio stampa: Benedetta Cappon 3475878846 – benedettacappon@gmail.com

Elledieffe - La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo  
Entro in scena con grandissima emozione.
La ripresa di Non ti pago non è per me solo il modo per ricordare Luca, rendergli onore, offrirgli ancora il lungo applauso del suo pubblico. E’ qualcosa di più: è l’esperienza di una vita, sintesi di amore, passione, felicità, condivisione, è il mio “essere”.
C’è un cuore che lotta tra i ricordi personali, intimi, e la fierezza nella continuazione di un percorso costruito in tanti anni con lui e con gli straordinari compagni di viaggio uniti nella nostra Compagnia.
Carolina Rosi
Non ti pago – sinossi
Il protagonista Ferdinando Quagliuolo, è personaggio ambiguo e surreale, che vive tra sogno e realtà. Gestore di un botteghino del lotto a Napoli è un accanito giocatore, eccezionalmente sfortunato. Al contrario un suo impiegato Mario Bertolini, suo futuro genero, interpretando i sogni, colleziona vincite su vincite. Un giorno gli capita di vincere quattro milioni delle vecchie lire con una quaterna datagli in sogno proprio dal defunto padre del suo datore di lavoro. Accecato da una feroce invidia Don Ferdinando si rifiuta di pagargli la vincita e rivendica il diritto di incassare la somma per sé. Egli sostiene che lo spirito di suo padre avrebbe commesso un involontario scambio di persona recandosi per errore nella vecchia abitazione della famiglia Quagliuolo dove ora risiede il giovane Bertolini. La commedia si sviluppa intorno ai vari tentativi di Ferdinando di appropriarsi del biglietto vincente con esasperate contese, dispute surreali e grottesche maledizioni.

Non ti pago - note
Eduardo così la definì: una commedia molto comica che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto. Non ti pago è una commedia in tre atti messa in scena per la prima volta dalla compagnia Teatro Umoristico I De Filippo, l'8 dicembre del 1940, al Teatro Quirino di Roma, con Eduardo nella parte di Ferdinando Quagliuolo e il fratello Peppino nel ruolo dell'antagonista Mario Bertolini (nelle prime versioni si chiamava Procopio). Fu un successo di pubblico -  le straordinarie capacità di attori dei fratelli De Filippo erano ben note - e di critica che, per la prima volta, manifestò apertamente apprezzamenti molto positivi, talvolta addirittura lusinghieri, nel valutarne anche qualità di scrittura ed arte drammaturgica. Rimarchevole, a tal proposito, il giudizio di Ennio Flaiano che ebbe ad affermare: “Senza esagerare ci si accorge che sono più vicini loro alla letteratura di quanto non lo siano molti autori d'oggi al teatro”.
Nel 1942 Carlo Ludovico Bragaglia ne realizza un film, interpretato da Eduardo, Peppino e Titina. E’ in questa circostanza che il copione si arricchisce del famoso “anatema”, assente nella prima edizione della commedia, che lo sfortunato Ferdinando lancia all’odiato Bertolini. In seguito Non ti pago fu registrata per la televisione, il 13 gennaio 1956 in diretta dal Teatro Odeon di Milano, con interpreti, tra gli altri, Dolores Palumbo, Isa Danieli, Ugo D'Alessio, Luisa Conte e Rino Gioielli accanto allo stesso Eduardo e, successivamente, nel 1964, Eduardo ne diresse per RAI 2, nell’ambito del secondo ciclo de “Il teatro di Eduardo”, un allestimento in studio. Tra le tante messe in scena, non solo in Italia, si ricordano quelle di Luca De Filippo, nel novembre del 1989 al Salone Pier Lombardo di Milano e nell’ottobre del 2015, in anteprima al Comunale di Caserta e in prima nazionale all’Augusteo di Napoli.



A Emanuela Ponzano il Premio Vincenzo Crocitti come Attrice in Carriera Internazionale

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Emanuela Ponzano è stato insignita del prestigioso Premio Vincenzo Crocitti - Primo Lustro - come Attrice in Carriera Internazionale (Sezione Donna).
A consegnarglielo il direttore della fotografia Sergio D'Offizi, nel corso della cerimonia che si è tenuta a Roma sabato 2 dicembre.
Istituito nel 2013 in memoria del celebre attore scomparso nel 2010, questo premio ha l'obiettivo di valorizzare in modo meritocratico i giovani artisti del mondo dello spettacolo, cinema, tv, teatro, radio, sport, web, e più in generale premiare e promuovere la cultura e l’arte
Oltre alle nuove leve viene assegnato ad artisti e professionisti “in carriera”,che si distinguono nel panorama nazionale ed internazionale con la loro professionalità, arte e doti di sensibilità umana.
Un riconoscimento prestigioso per un'artista che si è sempre distinta per una carriera senza confini geografici e creativi. Una carriera che l'ha portata di recente sul set londinese del film “Thessalus & Medea” di Jan Hendrik Verstraten (dove interpreta Medea) e che, come regista, la vede qualificata agli Oscar 2018 con il suo splendido cortometraggio “La Slitta” (già selezionato in 110 festival internazionali e vincitore di circa una quarantina di premi).

Nel 2013 Emanuela Ponzano ha partecipato anche alla 70a Mostra del Cinema di Venezia in quanto nel cast de “La Jalousie” di Philippe Garrel, al fianco di Louis Garrel e Anna Mouglalis.
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