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PASQUALE DI NUZZO, dopo il successo del film di “Violetta”, entra nel cast della serie “SOY LUNA”

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Da lunedì 24 ottobre, alle ore 20.10, stanno andando in onda su Disney Channel i nuovi episodi di "Soy Luna” con una new entry italiana: il giovane attore e ballerino Pasquale Di Nuzzo, ormai lanciato a livello internazionale dopo lo straordinario successo ottenuto con il film “Tini - La nuova vita di Violetta”.
Ne ha fatta di strada da quando, sin da piccolo, ha cominciato a muovere i suoi primi passi di danza in provincia di Caserta. Al grande pubblico italiano, però, è arrivato grazie alla partecipazione al talent-show “Amici di Maria De Filippi”. Da lì, il passaggio alla recitazione, è stato breve. Dopo tanta gavetta, sono arrivate le prime partecipazioni a fiction come “Che Dio ci aiuti” con Elena Sofia Ricci. Dopodiché è stata la volta del cinema, riuscendo a conquistare un ruolo nel film di Fausto Brizzi, “Forever Young”. In seguito, il suo percorso artistico incrocia la Disney, quando nel film internazionale Tini , la nuova vita di Violetta ottiene il ruolo di Stefano, accanto alla superstar mondiale Martina Stoessel.  Questa settimana, invece, stanno andando in onda su Disney Channel i suoi primi episodi della serie “Soy Luna”, in cui ha debuttato nel ruolo di Benicio, un ragazzo disposto a tutto per il successo, cinico, superbo e sicuro di sé, grazie al suo grande talento. Da diversi mesi, Pasquale di Nuzzo si trova in Argentina, sul set delle nuove puntate della serie e il suo personaggio regalerà al pubblico tante sorprese. “Ritornare a girare con la grande famiglia della Disney è stato per me un motivo di grande felicità- ha dichiarato di Nuzzo, aggiungendo- Dopo aver preso parte al film Violetta, ora  la serie Soy Luna mi riempie di orgoglio”.
Foto: Pirrone

Garbo, sabato 4 novembre concerto alla libreria Piola: ingresso gratuito

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Sabato 4 novembre, alle ore 19, Garbo, una delle figure cardine della new wave italiana, farà sosta alla libreria Piola di Bruxelles per un'incursione musicale.

Da "A Berlino ... Va bene" in poi (1981) GARBO si è affermato e confermato come un cantautore dall'animo sospeso tra pulp e glam rock, qualcuno che, lungo tutta la sua carriera, ha saputo mantenere viva una doppia linea musicale : da una parte la coerenza all'essenza più cruda della new wave, dall'altra un approccio stilistico fatto di contaminazioni fluide ma puntuali.
Una personalità singolare, oculata, in grado di destreggiarsi tra i sobborghi del cantautorato italiano rimanendo, al tempo stesso, capace di cambiare pelle, note e sonorità. Del resto, la classe non è acqua, e la new wave neppure.
Sabato 4 novembre, ingresso gratuito.

1976: In Italia il progressive stava per giungere al capolinea, imperava il cantautorato nazional popolare e impegnato e nessuno ancora usava il termine “new wave”. Nascono le prime radio libere, che a breve diffonderanno sul territorio Nazionale le nuove tendenze musicali: David Bowie, Velvet Underground, Roxy Music con o senza Brian Eno.

In questo contesto Garbo comincia a sperimentare insieme all'inseparabile registratore a quattro tracce e di lì a pochi mesi registra il primo provino di “A Berlino...Va Bene”.
1981/1982: Renato Abate, in arte Garbo, con il disco d’esordio disco “A Berlino… Va Bene” e con il successivo “Scortati” portò una ventata di innovazione senza compromessi, diventando nome di punta della nuova avanguardia musicale italiana e riscuotendo anche un buon successo commerciale.

L'attitudine dandy insieme a una nuova proposta musicale unica nella Penisola, permette a Garbo di proseguire un percorso di oltre quarant’anni durante il quale ha continuato a sperimentare producendo diciassette album di inediti.
2017: Dal 15 settembre quei primi due dischi, pionieri di una nuova proposta musicale che ha aperto la strada ed influenzato fra gli altri Subsonica, Bluvertigo, Delta V e Soerba, torneranno disponibili entrambi in doppio CD e doppio LP con grafiche e copertine rinnovate.
“È realmente un onore per me aver collaborato alla ripubblicazione in CD e - per la prima volta dopo 36 anni - in vinile dei miei due primi album. Dischi che mi hanno permesso di esordire e farmi conoscere a un vasto pubblico. Unitamente a questi due lavori rimasterizzati, ci saranno anche mie demo dell'epoca e basi musicali originali.” GARBO

MARTI, in radio il nuovo singolo “OFFER YOU A SECRET” da “King of the minibar”

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Il brano si ispira ad una frase tratta da un dialogo del film capolavoro “Love Streams” di John Cassavetes. “Chi ama deve offrire i propri segreti alla persona amata”.

Registrato tra Berlino, Londra e la Liguria per assecondare la natura e il suono internazionale del progetto e prodotto dal musicista James Cook, il disco conferma la ricchezza compositiva di Marti, progetto guidato da Andrea Bruschi, in cui la musica si nutre di influenze cinematografiche, letterarie ed artistiche a 360 gradi. Cover e artwork del disco sono firmati dal celebre fumettista Igort, non nuovo a usare le sue matite per raccontare la musica in immagini.
“King of the minibar”, il terzo album di Marti uscito nella primavera 2017, è un disco pensato come una graphic novel ambientata in un hotel di Berlino con dieci stanze, tutte con il loro minibar, ognuna con il proprio ospite e la sua storia da raccontare. Dieci avventure e dieci caratterizzazioni che costruiscono un fluido percorso musicale che include new wave e post-punk, il noir delle colonne sonore, la sperimentazione e il cabaret della scena tedesca, il cantautorato della tradizione italiana, l’amore incondizionato per David Bowie, Marc Almond e Depeche Mode e il gusto pop per il ritornello melodico.
Ispirato e dedicato a tutte le persone solo apparentemente ai margini della nostra prospettiva.
Etichetta: Cassavetes Connection

MARTI
Andrea Bruschi: vocals
Claudia Natili: double bass
Simone Maggi: accordion / piano / oboe / sax
CREDITS
All songs written by Andrea Bruschi
Produced, recorded, engineered and edited by James Cook at DeepSeeStudios, London Engineered by Nico Sannino at c27 Studio, Italy
Drums recorded by Ed East at Studio East, Berlin
Piano recorded at Orange Studio, Leivi
All string arrangements by Anne Marie Kirby\
Drums and drum editing by Tom Marsh
Mixed by James Cook, Milan Adamik and Nico Sannino at Masterworks Studio, London Mastered by Milan Adamik at Masterworks, London
BIO
Andrea Bruschi è fondatore e guida della forza creativa dei pionieri musicali Marti. Escludendo tranquilli percorsi a favore di un'eclettico e gratificante infuso di jazz, rock e avanguardia, la band di Genova è determinata a costruire un sound proprio e tracciare un sentiero caldo. La band trova la propria massima espressione nelle performance live, nei testi di Andrea e in un talento musicale istintivo, conquistando nuovi fans in tutta Europa. "In Marti," afferma Andrea, "sono l'autore, e la band mi aiuta a creare il mondo che ho nella mia mente. Non sarebbe possibile farlo da solo ". Con "Better mistakes", il secondo album di Marti, la band ha creato una confezione variegata di vignette evocative e spesso impegnative che si curvano amorevolmente nell'orecchio e non facilmente dimenticabili.

Sito Web www.martimusic.net
Facebook https://www.facebook.com/martimuzik/

Gemma Incorpora Murizzi, a 51 anni dalla morte il ricordo di una maestra nell’arte della terra e fotografa

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di Domenico Logozzo* - GIOIOSA JONICA - L’arte, la cultura, la creatività, la determinazione delle donne del profondo Sud, soprattutto negli anni difficili della prima metà del Novecento, meritano di essere conosciute a fondo e studiate nelle scuole.
Perché hanno effettivamente contribuito a porre con molto coraggio la questione della parità uomo-donna. Una questione che, ancora oggi, non ha trovato la soluzione giusta e definitiva. Ci sono stati notevoli passi in avanti. Le distanze da colmare sono tuttora rilevanti. Ma alle donne del primo Novecento va riconosciuto il merito di avere cominciato a demolire muri molto alti e resistenti. Tanto alti e resistenti che dopo oltre un secolo di lotte non sono stati abbattuti completamente. Le forti donne dell’inizio Novecento hanno dato le prime “picconate”. Provvidenziali picconate contro umilianti sottomissioni e contro i pesanti e ingiusti condizionamenti psicologici. Il secolare predominio del “troppo maschile”, favorito soprattutto dall’arretratezza culturale, veniva messo in discussione con le azioni positive, usando le formidabili armi dell’arte e della cultura, grazie alla intraprendenza di donne illuminate che hanno inciso sulla crescita civile, sociale e culturale. L’emancipazione femminile, da sogno impossibile cominciava ad essere possibile realtà. Hanno trovato la forza di andare avanti dopo le prime “sfide” vinte nonostante i mille ostacoli. Quando l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro era sbarrato. E l’accesso a certi mestieri e professioni era consentito solo agli uomini.

Storie esemplari. Da raccontare ed impedire che finiscano per scivolare nell’oblio, come purtroppo avviene in questa Italia senza memoria. Facciamo un tuffo nel lontano passato. Gioiosa Jonica, Calabria, 1902. Il “Diario” di donna Gemma Incorpora Murizzi, grande artista della creta e apprezzata fotografa del Novecento, racconta una delle storie che hanno segnato il cambiamento. L’inizio della svolta. “Tu figlia mia sei femminuccia, non puoi fare quello che fa Nicolino”, rispose il padre alla piccola Gemma che aveva 6 anni e gli aveva chiesto di lavorare la creta come il fratello. Non ne poteva più di vedere il padre scultore che insegnava l’arte al figlio maschio, mentre lei era invece “con la calza in mano perché mia mamma me la dava per lavorare”. Pianse, chiese insistentemente di essere messa alla prova. Il padre finì con l’accontentarla: “Prendi questo pezzo di creta e fai...”. Per Gemma l’occasione buona, da non sprecare. “Io mi sono sentita piena di forza e di arte sicura con quel pezzo di creta…”. E fece bene e stupì il padre. Gemma si era messa in gioco. Ed aveva vinto. Ci sapeva fare, aveva doti creative straordinarie. Il padre andò di corsa a mostrare il lavoro di Gemma alla moglie: “Guarda che bell’opera ha fatto. E’ brava. Le farò lavorare la creta come il fratello”. Differenza di genere superata. Parità conquistata dalla piccola con la forza della volontà e la bravura. Iniziava così il meraviglioso cammino di donna Gemma nel mondo artistico. Niente più lavori con la calza in mano. Mani invece impegnate a modellare magistralmente la creta. Una vita per il lavoro. Alcuni mesi prima della morte, avvenuta il 17 novembre 1966, aveva ottenuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.

“Il lavoro mi dava forza, coraggio e orgoglio”, scriveva nel “Diario” pubblicato postumo nel 2002 dal comune di Gioiosa Jonica. Il percorso descrittivo era stato curato del figlio Gaudio, mentre il prologo e l’epilogo erano stati curati dal nipote Giovanni Incorpora. Un “Diario” da ristampare, diffondere nelle scuole e spiegarlo ai giovani d’oggi. Che devono conoscere le persone che hanno agito per il bene della comunità locale. E non solo. Era un’artista che guardava davvero molto lontano. Come conferma il nipote Giovanni “in quegli anni di oscurantismo bellico, Gemma è luce non solo per la sua Gioiosa”. Donna Gemma aveva tutto il diritto di sentirsi orgogliosa per quello che aveva fatto. Era molto apprezzata dal mondo dell’arte e della cultura italiana. A partire da Corrado Alvaro, al quale aveva fatto pervenire alcune opere che lo scrittore di San Luca aveva tanto gradito ed elogiato. “Quanta festa abbiamo fatto al Suo presepe”, scrisse all’artista nel 1946. Festa fatta con i figli di donna Gemma che erano saliti dalla Calabria a Roma per consegnare la preziosa opera nelle mani di Alvaro. “La cura e l’amore che Ella ha messo fanno parte della Sua e nostra poesia della vita”, sottolineò Alvaro.

I doni di Donna Gemma li metteva bene in vista nel suo studio. Come evidenziava nel 1960 lo scrittore calabrese Domenico Zappone in un articolo pubblicato sul Giornale d’Italia. Descriveva la sala dedicata ad Alvaro nella Biblioteca di Reggio Calabria, con la ricostruzione dello studio “dove egli lavorava nella romantica casa, in via del Bottino, a Roma, presso Trinità dei Monti”. Sul tavolo di Alvaro notava “quella piccola testa in creta, raffigurante lo scrittore, di donna Gemma Incorpora da Gioiosa, colei che un giorno gli inviò a Roma pastori e maddamme perché gli parlassero della sua terra”. Donna Gemma, sì, è vero, faceva parlare le sue opere. Ed era per questo molto ammirata. Francesco Messina scrisse al figlio Salvatore Incopora qualche tempo dopo la morte: “Donna Gemma rappresenta un personaggio storico, tipico della Magna Grecia nella direzione Tanagra Gioiosa Ionica”. Ricordo molto significativo ed illuminante del critico d’arte Alfonso Frangipane: “Piccola, solitaria, nel segreto della sua vita, donna Gemma ebbe come i Grandi, una fede costante ed una dedizione d’amore per l’Idealità artistica. E sia benedetta - aggiungeva - per le sue ansie, per le sue opere raggiunte o non realizzate, ma sognate sempre nella luminosità della terra Jonica”. E sulla lapide posta dal comune di Gioiosa Jonica nella casa dell’artista nel centenario della nascita, si evidenzia la capacità che ha dimostrato di avere nell’ “eternare con la creta gli squarci luminosi della bellezza della vita”.

Grandissima e celebrata artista della creta, si era distinta anche come fotografa. Immagini che realizzava nell’ “ARTISTICO STUDIO FOTOGRAFICO AL MAGNESIO”, come si legge sul retro delle foto -“Cartoline Postali“ dell’epoca. Ricorda il nipote Giovanni Incorpora: “Con cinque figli da allevare, Gemma in aiuto economico al marito, impiegato delle poste, si mette anche a fare la fotografa. L’attrezzatura nella sua casa atelier è quella dei nostri più antichi ricordi di macchine a soffietto e il laboratorio di sviluppo e stampa con acidi per fissaggio delle lastre. Dai paesi vicini venivano a farsi fotografare”. Donna Gemma e il marito Giovanni erano molto legati. Sentendo che le forze le stavano venendo meno, qualche ora prima di morire predisse che un mese dopo la sua morte il marito l’avrebbe seguita. Così fu. Il cuore dell’amato Giovanni cessò di battere esattamente trenta giorni dopo. 51 anni fa abbiamo raccontato la loro storia d’amore sul quotidiano “La Tribuna del Mezzogiorno” di Messina. Una storia che appassionò i lettori del quotidiano, dopo avere commosso l’intera comunità di Gioiosa Jonica che aveva sempre voluto tanto bene alla magnifica coppia.

Abbiamo avuto la possibilità di ammirare alcune foto fatte in epoche diverse da donna Gemma. L’anno scorso l’amica Maria Casamassima di Gioiosa Jonica ci ha fatto vedere l’album di famiglia, che abbiamo sfogliato con la nuora Antonella Negri ed il simpaticissimo nipote Matteo. E tra le vecchie foto, c’era anche una realizzata da donna Gemma in occasione del Carnevale del 1929. Una testimonianza significativa di quando bastava poco per essere felici. E far felici anche gli altri. Che sia benedetta questa donna di grande fede, per la ricchezza dei valori storici, umani e culturali che ci ha lasciato in eredità. Sempre e ovunque ci metteva un tocco della sua creatività. Foto preziose, condivise con le persone care, per ricordare il giorno di gioia. “Al mio compare Antonio Alì, come ricordo della domenica di Carnevale dell’anno 1929”. Il papà dei bambini, Salvatore Murdocca, è stato un grande sarto di Gioiosa Jonica. I figli mascherati di Carnevale erano Tito e Francesco. Quest’ultimo è stato un luminare del foro di Messina. Questa estate un’altra cara amica, Edera Saggiorato, ci ha fatto conoscere altre significative foto realizzate da donna Gemma all’inizio degli Anni Quaranta. Amava tutto il bello che c’era. Amava la semplicità. E con estremo garbo costruiva le immagini. Sempre belle immagini. Se le mamme le chiedevano di fotografare le bambine senza vestitini, lei utilizzava una delle sue creazioni di creta “per non far vedere le parti intime”. Come nel caso della nostra amica, simpatica bimbetta di un anno e mezzo “coperta” da un gattino colorato. Giocattoli fai-da-te anche per mantenere …calme le bambine e realizzare ottimi scatti. La bimbetta è oggi una bella signora. Amica d’infanzia, la ricordiamo come una brillante e corteggiatissima ragazza. Edera, dopo il diploma di ragioniera, si è trasferita con i suoi a Torino. Ha perso il marito alcuni anni fa. Ora vive con il figlio in Sardegna. In estate ritorna in Calabria, a Gioiosa Jonica. E in occasione della sua ultima vacanza ci siamo visti più volte e abbiamo parlato a lungo del tempo passato. Abbiamo sfogliato i suoi album fotografici. Tanti bei ricordi. Ci siamo soffermati particolarmente sulle foto di donna Gemma. 

 “La prima foto che mi ha fatto, con il gattino che mi…copre. L’altra bella immagine della mia infanzia è quella con mia madre vestita da “maddamma”. Io avevo due anni e mezzo. Mia madre ci portava sempre da donna Gemma. Diceva che era molto brava, la migliore”. Erano rarissime le fotografe, ma bravissime. Ricordiamo donna Rosa Gallucci, fotografa di Mammola, un paese poco distante da Gioiosa Jonica. Presentando il catalogo di una mostra della Gallucci a L’Aquila nel 2004, Dacia Maraini scriveva: “Per una che ama la microstoria come me, queste fotografie sono davvero appassionanti. Mettono voglia di camminare per quei paesi. Di entrare in quelle case, conoscere meglio quelle famiglie, prendere dimestichezza con le storie di ciascuno di loro. E’ il miracolo che compie la migliore fotografia, mimando l’arte della pittura: introdurci, attraverso la combinazione delle luci e dei volumi, dentro mondi e storie lontane che ci seducono per via ottica. Siamo sorpresi e felici che l’archivio fotografico Gallucci si sia conservato, nonostante le guerre, le emigrazioni, i terremoti, per la gioia dei nostri occhi. Ringraziamo i fratelli fotografi, Nicodemo e Piero, ormai trasferitisi in un mondo migliore e poi Rosa, la coraggiosa professionista in epoche davvero ostili alle donne, per averci voluto dare questo ritratto complesso e intelligente di un piccolo paese della Calabria, Mammola. Il loro sguardo mai sentimentale né agiografico, ma anzi teso nell’ironia e nell’asciuttezza, ci suggerisce una grande tenerezza storica”. Donna Gemma aveva belle e forti radici artistiche, ereditate dal padre Rocco Murizzi, “scultore di statue realizzate in legno per le chiese del sud”. Con determinazione, intelligenza e fantasia aveva costruito il suo futuro. Sognava e realizzava. E ai figli Salvatore e Gaudio aveva trasmesso l’eredità artistica e culturale. Passione, studio e straordinarie capacità. Apprezzatissimi. Hanno ricevuto tanti e prestigiosi riconoscimenti. Con la mamma hanno dato lustro al Mezzogiorno, onorando le belle radici della Magna Grecia.
*già Caporedattore TGR Rai

Anversa, il 1° novembre Sei abbastanza perfetto? Incontro con l'autore Luigi Ballerini

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Non perdete l’opportunità unica di incontrare l’autore Luigi Ballerini! Nei suo romanzi per ragazzi Io sono Zero e Imperfetti Ballerini affronta temi molto attuali. Immaginate, per esempio, di essere cresciuti in un mondo virtuale, da cui non siete mai usciti e di non aver mai toccato un’altra persona: cosa succederebbe se improvvisamente veniste paracadutati nel mondo reale? O ancora, immaginate che venga lanciato un talent show per trovare la persone perfetta. Partecipereste?

Luigi Ballerini è uno scrittore e giornalista italiano. Da anni pubblica romanzi per bambini e ragazzi, e nel 2014 ha vinto il premio Andersen con La signorina Euforbia (2014, San Paolo). Tra i suoi romanzi citiamo inoltre: Io Supereroe (Giunti, 2009); Io sono zero (Il Castoro, 2015) e Imperfetti (Il Castoro, 2016). Come giornalista pubblicista collabora da anni, per le tematiche giovani-scuola-educazione, con Avvenire e IlSussidiario.net, mentre su IlSole24Ore si occupa di questioni di lavoro. E’ inoltre medico e psicoanalista, membro del Consiglio della società “Amici del Pensiero” alla cui Scuola si è formato.
Biglietti qui
Informazioni

Data: Mer 1 Nov 2017
Orario: Alle 15:00
Ingresso : Libero

Enologia, DOC ETNA E VITICOLTURA EROICA CON CANTINE DI NESSUNO

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"L'Etna è, per l'enologia,  l'unico grande territorio, l'unica grande novità a livello mondiale!"È con questa importante affermazione che Federico Latteri, giornalista esperto di Cronache di Gusto, ha aperto al Taormina Gourmet 2017 (Giardini Naxos) la masterclass del 23 ottobre sui "Vini imperdibili dell'Etna. Presentazione con degustazione della Guida ai Vini dell'Etna, edita da Cronache di Gusto".
Un vera e propria narrazione dei vini e del Vulcano attraverso un percorso differenziato per versanti -  Nord, Est, Sud-Est e Sud-Ovest - e per contrade, giacché ogni micro-area riserva specificità di un territorio dalle potenzialità ancora inesplorate.

Incluso nella rosa dei 18 migliori vini dell'Etna (su 76 cantine selezionate e quasi 300 vini assaggiati) anche NUDDU, DOC Etna rosso OCR 2011 di CANTINE DI NESSUNO, il cui vigneto si estende a circa 908 mslm. di altezza sul versante Sud-Est dell'Etna, su Monte Ilice, un cono vulcanico inattivo compreso nel territorio dei comuni di Trecastagni, Viagrande e Zafferana Etnea (CT). Luogo tra i più belli del parco dell'Etna, dal microclima particolarissimo, unico per l’elevato gradiente termico giorno-notte e per il terreno vulcanico sabbioso, particolarmente drenante e ricchissimo di minerali a reazione subacida.

Un "vino sorpresa - ha detto Federico Latteri NUDDU - dalle note sia di montagna sia mediterranee, dolci e di tabacco. Un vino talmente buono da volerne sapere tutto".
Un apprezzamento molto lusinghiero per il prodotto, in linea con la rapida affermazione e i riconoscimenti sempre più prestigiosi che l'azienda raccoglie dalla sua recente fondazione.

L’imbottigliamento di un Etna Rosso DOC delle vecchie annate ereditate (2011 - 2012 - 2013) rappresenta un’impostazione più classica nel rispetto di chi le ha prodotte (OCR - Old Collection Reserve). NUDDU è, tuttavia, "solo" l’etichetta-scommessa, simbolo dell’evoluzione di un metodo cui CANTINE DI NESSUNO ha voluto assegnare un percorso ardito.

A partire dalla Vendemmia 2016, affiancata da Nicola Centonze, affermato e stimato enologo che risponde all’innovazione ricercata, l'azienda lavora alla realizzazione di vini di maggiore eleganza, senza stravolgere la loro natura, in una visione stilistica più attuale. Accanto a NUDDU (Etna Rosso DOC), così anche  NEROSA, un rosato derivato dagli stessi vitigni, NENTI, Etna bianco da uve di caricante e catarratto, e APUM, Etna DOC Spumante Brut Metodo classico da nerello mascalese vinificato in bianco.  

CANTINE DI NESSUNO, altresì parte di un progetto di più ampio respiro che lega il mondo del vino a quello del food e dell’ospitalità, è stata recentemente selezionata anche dalla guida del TCI ViniBuoni d'Italia 2018 per ETNA DOC ROSATO NEROSA 2016 (3 STELLE), ETNA DOC ROSSO NUDDU 2011 (3 STELLE), ETNA DOC ROSSO NUDDU 2012 (3 STELLE).VALUTAZIONE MASSIMA 4 STELLE. 

Il 19 e il 20 novembre p.v., l'azienda si pregerà di partecipare a Vini da Terre Estreme, a Villa Braida - Mogliano, punto di incontro privilegiato per professionisti ed appassionati attorno alla migliore produzione di oltre 60 cantine e 240 etichette.

CANTINE DI NESSUNO s.r.l.
Sede legale Via Raffineria, 52 
  95100 Catania
C.F. e P.IVA 05373550879
cantinedinessuno@pec.it
www.cantinedinessuno.it
info@cantinedinessuno.it


Bruxelles, Le “perle gastronomiche” dell'Umbria e le loro storie il 22 novembre: ingresso libero

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Il 22 novembre 2017 l’Umbria sarà protagonista della serata con le sue “perle gastronomiche” raccontate attraverso una performance culinaria seguita da una degustazione di prodotti tipici.

Brevi cooking show mostreranno il metodo di lavorazione tradizionale di alcune specialità gastronomiche. Sul palco del teatro si alterneranno il casaro che lavorerà il latte crudo e realizzerà ricotta e primo sale, il norcino che produrrà la salsiccia fresca ed il fornaio che preparerà la torta al testo.
Appuntamento all'istituto italiano di cultura il 22 novembre alle 19.00.
Ingresso libero, prenotazione obbligatoria: https://perlegastronomiche.eventbrite.com

Catania, la mostra "Vivian Maier. Una fotografa ritrovata" dal 27 ottobre 2017 al 18 febbraio 2018

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"Una Fotografa Ritrovata”, questo il titolo della succulenta mostra fotografica che si inaugura il 27 ottobre a Catania presso la fondazione Puglisi Cosentino e presentata da Arthemisia.

Più di 120 scatti in bianco e nero con foto ritratte tra gli anni Cinquanta e Sessanta, oltre a immagini a colori scattate negli anni Settanta e filmati in super 8.
Vivian Maier, paragonabile ad una moderna Emily Dickinson, come lei restia a diffondere quanto aveva realizzato, nacque a New York nel 1926 ed è stata una fotografa vissuta nell’anonimato fino a che John Maloof acquistò all'asta, quasi per caso, i suoi rullini divenendo il mecenate della stessa. John Maloof, anche lui americano, nel 2007, volendo fare una ricerca sulla città di Chicago, decise di comprare in blocco il contenuto di un box zeppo degli oggetti più disparati, espropriati per legge ad una donna che aveva smesso di pagare i canoni di affitto. Mettendo ordine tra le varie cianfrusaglie reperì una cassa contenente centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare e scoprì così una fotografa del quotidiano che in silenzio immortalò scene ritratte dalla strada o architetture o ancora ritratti o qualunque cosa che comunque catturava il suo interesse.

Il suo motto: la fotografia deve essere prima di tutto un bisogno, un modo di esprimere se stessi e il proprio modo di vedere il mondo, documentando ciò che si vede e trasformandolo in arte. Vivian Maier infatti non era una professionista, ma fotografava per passione e perché amava farlo.

La mostra sarà visitabile dalle ore 10 alle ore 20 fino al 18 febbraio.
Ester Campese

Con il patrocinio del Comune di Catania, la mostra è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia, Contrasto e di Chroma Photography ed è curata da e curata da Anne Morin e Alessandra Mauro.

Vivian Maier. Una fotografa ritrovata presenta al pubblico l’enigma di un’artista che in vita realizzò un enorme numero di immagini senza mai mostrarle a nessuno e che ha tentato di conservare come il bene più prezioso.

L’evento è consigliato da Sky Arte HD.
Il catalogo è edito da Contrasto.




Internet Haters: chi sono e perché odiano online senza apparente motivo? Introduzione e commento al docu-film “The Internet Warriors”

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Internet Haters: chi sono e perché odiano online senza apparente motivo? Introduzione e commento al docu-film “The Internet Warriors” (2017) di Kyrre Lien. di Andrea Giostra.

Con il temine anglosassone Internet Haters (I.H.), gli esperti di comunicazione e la comunità scientifica internazionale definiscono persone che dietro un alias virtuale o reale, utilizzano le varie piattaforme internet per esprimere il loro odio verso altre persone, verso alcune specifiche categorie di soggetti, verso un’idea, vero un oggetto. In italiano si potrebbe tradurre con “quelli che odiano su internet”.
Quello che proveremo a fare con questo breve scritto è dare delle motivazioni sociali e culturali, che facciano comprendere perché queste persone esprimono il loro odio via internet, e al contempo, proveremo ad identificare alcune categorie di soggetti che possano dare delle spiegazioni, non esaustive, a questo fenomeno in forte crescita internautica.

Gli Internet Haters, di fatto, sono tutte quelle persone che usualmente utilizzano i sociale le varie piattaforme internet, per “eruttare” il loro odio nei confronti di un’altra persone persona, nei confronti di un luogo, un film, un libro, uno spettacolo, un artista, un’idea, etc... I nicknameche queste persone utilizzano, qualche volta sono reali, nel senso che utilizzano il loro vero nome, molto più spesso sono nomi inventati per non essere riconoscibili e rintracciabili.
Gli I.H. non sono persone che possono essere classificate all’interno di un’unica specifica categoria di soggetti. Recenti studi e ricerche sociologiche realizzate da diverse università, sia italiane che straniere, hanno portato alla conclusione che gli I.H. rappresentano tutti gli strati sociali, culturali, professionali, politici, religiosi, etnici, etc… Questo per dire che gli I.H. non si possono etichettare in un’unica categoria socio-culturale, né si possono classificare all’interno di una specifica patologia psichiatrica, qualora si volesse definirli clinicamente.

Altri esperti di comunicazione internautica e di psicologia sociale, definiscono gli Internet Haters come utenti web che esprimono odio e insulti ogni volta che non sono d’accordo con qualcosa o qualcuno. Attraverso le loro azioni web e i loro commenti postati nei vari portali social, cercano di diffondere opinioni negative e di attaccare violentemente una persona, un’idea, un oggetto. Gli I.H. possono anche vestire i panni dei cosiddetti “Tròll”: utenti internet che con le loro azioni web intervengono all’interno di determinate comunità virtuali in modo provocatorio, offensivo, insensato, senza argomenti credibili o convincenti, al solo scopo di delegittimare qualcuno o qualcosa, disturbare le normali comunicazioni e interazioni tra gli utenti di quella determinata piattaforma o gruppo di discussione virtuale, provando a creare scompiglio, confusione, delegittimazione, disorientamento.
Sia gli Internet Haters che i Tròll, vengono definiti come soggetti bigotti, razzisti, pusillanimi, con un livello culturale basso o bassissimo (anche se in possesso di diploma di laurea o di titoli di studio!), insicuri, con una struttura di personalità fragile e adolescenziale, con una scarsissima autostima, con una identità personale debole, che godono nel gettare veleno, delegittimazione e scompiglio sul popolo di Internet.

Un’altra variante degli Internet Haters è rappresentata da coloro che nei portali socialsegnalano anonimamente al gestore del portale (Facebook tra tutti) come spam o come post violenti, illegali o impropri, quei post che non condividono e verso i quali hanno totale dissenso. È un modo questo estremamente pusillanime di colpire indirettamente determinati post attraverso un’azione di segnalazione falsa, per fare in modo che il loro “utente-bersaglio” venga bloccato o limitato, nelle azioni di utilizzo della sua pagina web, dai gestori del portale (tra tutti, per esempio, Facebook).

Gli Internet Haters sono persone che odiano e aggrediscono proprio perché non hanno argomenti per contrastare dialetticamente e culturalmente l’oggetto che scatena in loro paura e timore. Non hanno argomenti e quindi odiano offendendo e cercando di distruggere virtualmente l’oggetto del loro odio. Questo aspetto comportamentale, che si manifesta con delle azioni virtuali (post, messaggi, tentativi di bloccare quello specifico profilo, etc…), in un certo qual modo, per gli I.H., rappresenta una sorta di regressione ancestrale all’“uomo delle caverne”, ai trogloditi dell’età della pietra per intenderci, dove si presume che i contrasti e le diatribe tra membri della stessa tribù, venissero decise a favore di chi urlava maggiormente e/o di chi faceva baccano in modo più fragoroso. Nell’età della pietra, sostengono alcuni esperti del settore, non contavano nulla le reali ragioni dell’uno o dell’altro, ma l’aveva vinta semplicemente chi urlava nella faccia dell’altro in modo più poderoso e assordante. Ecco, da questo punto di vista, l’I.H. è colui che inconsciamente ragiona proprio come un troglodita: «il mio odio nei tuoi confronti lo esprimo gridando virtualmente offese e calunnie, per dimostrare a tutto il popolo web che rispetto alla tua idea e alla tua persona, io ho “ragione” e tu “torto”!»

Quello che i recenti studi di questo fenomeno hanno rilevato è che tutti gli Internet Haters sono accomunati dallo scarso livello di tolleranza per tutto ciò che è diverso da loro, per tutto ciò che non conoscono, per tutto ciò che immaginano minaccioso nei loro confronti, nei confronti degli individui della loro stessa categoria sociale e culturale, e, per certi versi, per tutto ciò che immaginano minaccioso nei confronti della loro famiglia e dei loro cari. Questa è la motivazione principale che fa scaturire in questi soggetti l’odio che li porta ad utilizzare internet per cercare di distruggere virtualmente quanto risulta loro una potenziale e pericolosa minaccia.
In sintesi, seguendo questo ragionamento, l’Internet Hater è mosso dalla “paura”.

Ma cos’è la paura?
Treccani ci spiega che la «Pauraè uno stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso; più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa o comunque appaia imminente.»
Ebbene, la definizione di Treccani ci aiuta ad inquadrare gli I.H. all’interno di una macro categoria di persone che è quella di “coloro che hanno paura e per ciò odiano”.
Gli Internet Haters, da questa prospettiva, sono tutte persone che certamente hanno paura (inconsciamente o consciamente) di qualcosa. L’odio in questi soggetti nasce dalla paura nei confronti della categoria di persone, dell’oggetto, dell’idea che temono, e proprio perché temuto va prima odiato, poi attaccato e infine distrutto virtualmente con tutti i mezzi di cui dispongono; nello specifico, l’attacco e il tentativo di distruzione di chi si ha paura, viene messo in atto attraverso i mezzi di comunicazione delle nuove tecnologie informatiche che comportano uno scarso rischio di essere individuati e di essere a loro volta attaccati. Un’azione, questa, mossa da soggetti codardi in quanto l’attacco messo in atto non prevede un contradditorio e un uscire allo scoperto manifestando le proprie ragioni rispetto al tentativo di distruggere chi si odia o di motivare da cosa nasce l’odio; bensì, è un attacco mancino e clandestino di chi non vuole mettere a repentaglio la propria persona e la propria identità: “lancio la pietra per colpirti nascondendo virtualmente subito dopo la mia mano”.

Uno degli interessanti risvolti di questo fenomeno è quello politico. Alcuni soggetti che vogliono accelerare la loro carriera politica, infatti, sapendo ben cogliere la frustrazione e l’odio di centinaia di migliaia di persone verso una specifica categoria di soggetti, ovvero, verso un determinato soggetto pubblico, diventano e vestono i panni del “paladino demolitore” di questi “pubblici bersagli”, ritrovando l’immediato consenso e sostegno virtuale di tutti coloro che la pensano come lui.
Classici esempi riportati dalla letteratura del settore, sono le azioni di odio razziste e xenofobe.
Per continuare il nostro ragionamento, è opportuno richiamare qui le definizioni di razzismo e di xenofobia, facendoci aiutare ancora una volta da Treccani.
«Razzismo. Ideologia, teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente «superiori», destinate al comando, e di altre «inferiori», destinate alla sottomissione, e intesa, con discriminazioni e persecuzioni contro di queste, e persino con il genocidio, a conservare la «purezza» e ad assicurare il predominio assoluto della pretesa razza superiore: il razzismo nazista, la dottrina e la prassi della superiorità razziale ariana e in particolare germanica, elaborata in funzione prevalentemente antisemita; il razzismo della Repubblica Sudafricana, basato sulla discriminazione razziale sancita a livello legislativo e istituzionale (v. apartheid); il razzismo statunitense, riguardo a gruppi etnici di colore, o anche a minoranze diverse dalla maggioranza egemone. Più genericamente, complesso di manifestazioni o atteggiamenti di intolleranza originati da profondi e radicati pregiudizî sociali ed espressi attraverso forme di disprezzo ed emarginazione nei confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e culturali diverse, spesso ritenute inferiori: episodî di razzismo contro gli extracomunitari.»
«Xenofobia. Sentimento di avversione generica e indiscriminata per gli stranieri e per ciò che è straniero, che si manifesta in atteggiamenti e azioni d’insofferenza e ostilità verso le usanze, la cultura e gli abitanti stessi di altri paesi, senza peraltro comportare necessariamente una valutazione positiva della propria cultura, com’è invece proprio dell’etnocentrismo; si accompagna spesso a un atteggiamento di tipo nazionalistico, con la funzione di rafforzare il consenso verso i modelli sociali, politici e culturali del proprio paese attraverso il disprezzo per quelli di altri, ed è perciò incoraggiata soprattutto dai regimi totalitari.»
Non occorre approfondire molto questa parte del ragionamento – la letteratura è strapiena di saggi e di scritti sui temi del razzismo e della xenofobia utilizzati cinicamente per fini politici - perché tutti quanto sappiamo bene, dalla storia e dalla politica recente e passata, che molti partiti politici, di oggi e di ieri, sono nati e nascono proprio da sentimenti di incontrollato e viscerale razzismo e/o xenofobia.
L’elemento che ci interessa qui è invece quello della “paura”. Anche in questi casi, nei casi di odio internautico mossi dal razzismo e dalla xenofobia, quello che muove l’azione dell’I.H. è la paura.
Per coloro che sono mossi da sentimenti razzisti, la paura nei confronti di una presunta “razza inferiore” che possa prendere il sopravvento e inquinare la presunta “razza pura” – della quale l’I.H. ritiene di far parte! - alla quale assicurare, con le loro azioni sul web, il “predominio”.
Per coloro che sono mossi da sentimenti xenofobi, la paura nei confronti dello “straniero” e di tutto ciò in cui i nostri Internet Haters non si riconoscono dal punto di vista della cultura, dei costumi, delle usanze, della politica, della religione, etc….

È, in estrema sintesi, la “paura” che domina gli Internet Haters. La loro paura nei confronti di qualcosa che immaginano – in una sorta di persecuzione allucinatoria – minaccioso e pericoloso. La paura in qualcosa che possa accadere imminentemente, e per questo la loro re-azione deve essere tempestiva e violenta proprio perché possa frenare, arrestare e distruggere l’“oggetto” della loro paura. Un oggetto che, come abbiamo visto, può assumere “connotati” e caratteristiche diversi: un “popolo”; una “razza”; una “cultura”; un’idea; un personaggio; un evento; etc…. Gli I.H. sono soggetti nei quali la “paura” germoglia dall’evidente ignoranza, dalla scarsa cultura, dalla scarsa tolleranza, dall’insicurezza, da una personalità facilmente vulnerabile, da una identità personale rimasta infantile o adolescenziale, da torti reali o presunti subiti in passato e mai metabolizzati.
Gli Internet Haters, in sostanza, sono soggetti vittime della loro stessa paura, della loro scarsa cultura ed esperienza di vita, della loro personalità incompiuta e facilmente vulnerabile.
È proprio questo il motivo per il quale molti degli Internet Haters si identificano, per compensare la loro identità fragile e vulnerabile, con determinati gruppi sociali o con determinate ideologie: con la propria squadra sportiva, con un gruppo ideologico estremista, con una nazione, con un gruppo sociale, con un partito politico, con un gruppo religioso, etc…. Rinunciano pertanto alla loro identità incompiuta, per sostituirla integralmente con quella del gruppo o dell’ideologia che hanno scelto e con il quale si identificano totalmente vestendone pubblicamente, per esempio, anche i caratteri identificatori: la maglia di quella squadra sportiva, abiti che richiamano vistosamente la bandiera della propria nazione, accessori che portano il simbolo di quel gruppo ideologico, simboli e gadget che richiamano il gruppo religioso o politico, tatuaggi simboli e rappresentativi di quella specifica identità ideologica, etc….

È molto interessante il docu-film The Internet Warriors” (pubblicato nel marzo 2017 su YouTube, il cui link troverete alla fine di questo scritto) ideato e realizzato dal regista svedese Kyrre Lienche nel Natale del 2014, un po’ per curiosità, un po’ per gioco, iniziò a ricercare su internet i commenti che esprimevano odio e intolleranza. Lien racconta di essere rimasto affascinato dai tantissimi commenti che esprimevano odio, ma che esprimevano anche tanta ignoranza da parte di questi Internet Haters. Ignoranza perché leggendo i loro commenti, Lien si accorse che queste persone conoscevano poco quello che attaccavano. L’azione di odio espressa attraverso i social e internet era mossa da pregiudizi, da pre-concetti, da stereotipi mai messi in discussione e mai sindacati da parte di questi I.H.. L’“assioma” che evidenziò Lien fu quello di un forte pregiudizio nei confronti di una categoria, di un soggetto, di un oggetto, di un’idea; pregiudizio dal quale scaturivano tutte le azioni di odio e di intolleranza internautica espressa attraverso decine o centinaia di commenti distruttivi e di odio feroce.
Per realizzare il suo documentario, Lien iniziò a guardare i profili Facebook di questi I.H., e si accorse che erano persone apparentemente normali, che avevano una famiglia, un lavoro, una casa, ma che online si trasformavano in terribili e spietati Internet Haters. Iniziò così la sua ricerca in questo mondo. Lavorò per ben tre anni all’interno di questo universo, e alla fine realizzò un interessante documentario che prevede l’intervista dal vivo di queste persone, anche per vedere se intervistate dal vivo e offline, avrebbero espresso lo stesso odio e la stessa intolleranza nei confronti di quello che normalmente attaccavano con i loro commenti online. Lien individuò i commentatori più estremisti e che frequentavano internet più assiduamente; iniziò a contattare diverse di queste persone che per ben tre anni aveva seguito online. La maggior parte di loro, però, non fu disposta a farsi intervistare dal vivo e con una telecamera. Già questo dato è interessante proprio perché: l’elemento del rimanere anonimi, in una posizione da pavidi, viene confermata dai contatti e delle risposte che Lien ebbe via internet da queste persone.
Solo pochi di loro si resero disponibili per essere intervistati e ripresi da Lien con una telecamera, e sono per lo più quegli I.H. che hanno delle apparenti “ragioni” di odio verso determinate categorie di persone o di classi sociali. In sintesi, le “ragioni” di queste persone che hanno accettato di essere intervistate, appartengono alle categorie che abbiamo definito con motivazioni razziste o xenofobe.
Lien, dopo aver conosciuto personalmente gli I.H. che si sono resi disponibili per il suo documentario, dopo essere stato nelle loro case, dopo aver parlato con loro ed essersi confrontato rispetto ai temi di odio, dopo aver girato le riprese, ha fatto alcune interessanti considerazioni su queste persone conosciute realmente: «Moltissime di queste persone vivono nella solitudine, sono consapevoli che la società li ha traditi e lasciati ai margini. Molte di queste persone sono state vittime di bullismo. Alla fine– continua Lien - ho imparato che queste persone sono in grado di cambiare se noi li aiutiamo a cambiare. Non possiamo chiudere gli occhi e pretendere che queste persone non esistano se vogliamo cambiare il modo di discutere e di comunicare online. È importante ascoltare queste voci, adesso.»
Credo che le parole di Lien, dette in modo spontaneo e senza sovrastrutture culturali interpretative di stampo sociologico o clinico, siano le migliori per chiudere questo breve articolo sugli Internet Haters, che lascia chiaramente tanti punti di domanda e tante questioni aperte per ulteriori confronti e discussioni che spero vengano ripresi e stimolati dai lettori con i loro commenti su questo articolo, ma anche da altri studiosi e ricercatori.

Post Scriptum:
Una breve scheda che sintetizzi questo articolo, con le “caratteristiche” e le “azioni” che identificano gli Internet Haters, credo a questo punto sia necessaria:
Alcune delle caratteristiche
comportamentali e di personalità
Azioni virtuali messe in atto
Soggetti bigotti, cocciuti, testardi
Postare continue offese non motivate.
Razzisti
Post di odio e di intolleranza.
Xenofobi
Postare commenti senza senso per delegittimare qualcuno o qualcosa.
Pusillanimi, vigliacchi.
Postare continui attacchi virtuali senza adeguati argomenti e/o contenuti a sostegno delle loro posizioni che siano un minimo attendibili e culturalmente condivisibili.
Livello culturale basso o bassissimo (anche se in possesso di diploma di laurea o di titoli di studio superiori).
Azioni virtuali di segnalazione ai gestori del portale (per esempio Facebook) che quel post o quel commento è spam o illegale.
Struttura di personalità fragile e adolescenziale.
Continui tentativi per bloccare il loro “utente-bersaglio” segnalandolo al gestore del portale.
Scarsa autostima.
Inviare contini messaggi privati di delegittimazione agli amici virtuali del loro “utente-bersaglio”.
Identità personale debole; Struttura di personalità incompiuta; Struttura di personalità infantile o adolescenziale.
Inviare messaggi a tutto il popolo web che il loro “utente-bersaglio” è un hacker per bloccargli il profilo.
Godono nel gettare veleno e nel delegittimare il prossimo.
Postare anonimamente nel profilo del loro “utente-bersaglio” contenuti e post illegali o volgari.
Vittime delle loro paure; Insicuri; Fragili e vulnerabili interiormente.
Postare commenti nel profilo del loro “utente-bersaglio” che questi è un soggetto pericoloso e da evitare.
Non hanno mai una sufficiente conoscenza dell’oggetto del loro odio.
Postare dei commenti nella pagina del loro “utente-bersaglio” con i quali sostenere di conoscere quella persona e di sapere che ha problemi psichiatrici o è una persona malata.
Mossi da pregiudizi, preconcetti, stereotipi.
Postare dei commenti nella pagina del loro “utente-bersaglio” con i quali sostenere di conoscere quella persona e di sapere che ha problemi giudiziari o è un delinquente.
Persone che soccombono al successo altrui; Soffrono nell’apprendere che loro simili hanno successo; Invidiosi del benessere e della felicità altrui.
Postare commenti diffamatori e negativi contro tutti coloro che hanno successo; Successo che ritengono non sia meritato ma solo frutto di raccomandazioni e/o di fortuna sfacciata.

Link:
“The Internet Warriors”: https://www.youtube.com/watch?v=8JyTW4Rg2tE

ANDREA GIOSTRA
https://andreagiostrafilm.blogspot.it
https://business.facebook.com/AndreaGiostraFilm/
https://www.facebook.com/andrea.giostra.37
https://www.facebook.com/andrea.giostra.31

https://plus.google.com/u/0/114620232579950145227 

Seconda Vita, dal 27 ottobre in radio, su Youtube e nei webstore il singolo “Scusa se sono un poeta"

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(video) Il singolo “Scusa se sono un poeta” del duo Seconda Vita sarà in rotazione radiofonica e disponibile nei webstore a partire dal 27 ottobre, in contemporanea alla pubblicazione del videoclip su Youtube. 

“Scusa se sono un poeta” è un brano che propone una linea melodica orecchiabile d’immediato effetto, con una dolce vena malinconica, attraverso un testo in cui le parole si armonizzano perfettamente con la breve storia che racconta, quella del poeta che sa volare con la fantasia ma non camminare nella realtà. 
Allo stesso modo il protagonista è capace, meravigliosamente di parlare d’ amore eppure...non sa amare.

Il videoclip di “Scusa se sono un poeta” è stato girato nella penombra di un teatro vuoto, dove emerge il contrasto con immagini più luminose che compaiono sullo schermo solo per brevi istanti. Il video, con i suoi giochi di luce e la sua armonia, è in perfetta sintonia con il testo di questo brano melodico e immediato che narra le vicende del poeta, il quale si innamora dell’amore ma in realtà, irrimediabilmente solo, si accorge di sapere amare soltanto la sua poesia.

Singolo e videoclip anticipano l’uscita dell’album dal titolo omonimo “Scusa se sono un poeta” prevista per il 7 novembre e in preorder dal 27 ottobre. 

Il disco, pubblicato dall’etichetta Saar Records, contiene otto brani inediti e originali da “cantautore”, ricchi di poetiche atmosfere: quindi con qualcosa di musicalmente molto diverso da ciò che oggi è il “solito”.

In questa società dove l’esistenza si allunga e si può continuare a creare e a inventarsi nuovi obiettivi a qualsiasi età, il nome della band chiamata “Seconda Vita” è quanto mai emblematico. In effetti i due componenti, Umberto Longoni e Tony Dresti stanno cogliendo un’altra occasione nella musica (ecco perché “Seconda Vita”). Infatti dopo lontani trascorsi discografici oggi si ripropongono con il loro album “Scusa se sono un poeta” della storica etichetta Saar Records (la stessa che fu di Luigi Tenco, Adriano Celentano, Fausto Leali, Enzo Jannacci, Tony Dallara e tanti “big”) e grazie al suo direttore artistico Roby Matano, figura “mitica” della musica italiana, noto per essere stato artefice, o per aver collaborato, al lancio discografico di Luigi Tenco, Gino Paoli, Lucio Battisti, Paolo Conte e molti altri.

I protagonisti del progetto musicale “Seconda Vita” sono Umberto Longoni e Tony Dresti.  Il primo, voce e chitarra, oltre che autore della maggior parte dei pezzi della band, da giovanissimo ha realizzato varie cose interessanti in ambito musicale, collaborando a lungo con Daniele Pace (noto per avere firmato con Panzeri e Pilat innumerevoli brani in cima alle classifiche). Inoltre ha scritto una canzone di Gigliola Cinquetti (“Artista e vagabondo”) che ha girato il mondo. Oggi è psicologo e scrittore. Il secondo, Antonio Dresti, ex bassista live di Battiato, eseguì le parti di “L’era del cinghiale bianco”, “Patriots to arms” e “La voce del padrone”. Con l’orchestra di Rinaldo Prandoni ha inciso il 45 giri “Il cuore brucia” oltre ad avere avuto molte altre esperienze artistiche di alto livello.

Nel web:
https://www.facebook.com/Seconda-VITA-Umberto-Longoni-e-Tony-Dresti-1794092597483556/

Italia e Malta uniti nella Mostra annuale FAA - Rediscovered Treasures, dal 31 ottobre

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Un evento che ancora una volta vede uniti Italia e Malta, due realtà culturali vicine sia storicamente che geograficamente, attraverso la stretta collaborazione in campo artistico e culturale tra l’Ambasciata d’Italia, l’Istituto Italiano di Cultura e Flimkien għal Ambjent Aħjar.
Nella mostra di quest’anno, intitolata “Rediscovered Treasures”, verranno esposti lavori di artisti famosi maltesi, fra i quali troviamo Robert Caruana Dingli, Joe Bellia ed Emvin Cremona.
La mostra verrà inaugurata da S.E. l’Ambasciatore d’Italia Mario Sammartino il 31 ottobre 2017, ore 19:00, presso il Salone dell’Istituto Italiano di Cultura. L’ingresso all’inaugurazione è ad inviti.
La mostra sarà aperta al pubblico dall’1 al 10 novembre durante i seguenti orari di apertura:
lunedì, martedì e mercoledì : 09.30 - 13.00 e 14.30 - 16.30
giovedì: 09.30 - 13.00 e 14.30 - 18.30
venerdì: 09.30 - 13.30
INGRESSO LIBERO
Informazioni

Data: da Mer 1 Nov 2017 a Ven 10 Nov 2017
Orario: Alle 09:30
Organizzato da : Flimkien għal Ambjent Aħjar
In collaborazione con : Ambasciata d'Italia and Istituto Italiano di Cultura
Ingresso : Libero

Londra, 27 ottobre La Giovane Scuola: Protagonists & Antagonists - Puccini: Rondine & Butterfly

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The Italian Cultural Institute in London is proud to feature a series of five musical episodes, to show the multifaceted complexity of the Italian operatic scene in the period comprising the last decades of the nineteenth century and the initial ones of the twentieth.

The first four events are focused on the most prominent representatives of the Giovane Scuola (Young School), to allow a deeper understanding of how these composers variously attempted to renew the narrative and musical language of Italian Romantic melodrama, without rejecting its sound basic pattern, which alternates theatrical dynamism and static lyricism.
The last event is aimed at giving an insight on a personality who brought this pattern into question consciously and radically not only by carrying out a rigorous meditation about the aesthetics and social role of theatre in the Classical Antiquity, but also by writing and composing his innovative operatic dramas in accordance with such a meditation.

THE PROGRAMME OF THE SERIES
27 October 2017
Giacomo Puccini: La Rondine & Madama Butterfly
20 November 2017
Umberto Giordano: Andrea Chénier
20 December 2017
Pietro Mascagni: Cavalleria Rusticana
Ruggero Leoncavallo: Zazà
22 January 2018
Giacomo Puccini: Tosca
12 February 2018
Ildebrando Pizzetti: Assassinio nella Cattedrale

PRACTICAL INFORMATION
Every Episode consists of two moments.
15:00-18:00
Masterclass. A three-hour learning opportunity tailored especially for a public of music students and opera enthusiasts.
19:00
Concert. An event open to a general public eager to appreciate exquisite excerpts from some outstanding Italian operatic masterpieces.
Please, note!
Between the Masterclass and the Concert, there is a break (18:00-19:00), during which you can either stay at the Italian Cultural Institute and enjoy the other ongoing activities or leave the Institute and come back in time for the Concert from 18:40.
You must book for the whole individual Episode (i.e. Masterclass & Concert); but, if you are interested only in the Concert, you can arrive at the Institute from 18:40.

*** * ***

FIRST EPISODE
GIACOMO PUCCINI: LA RONDINE & MADAMA BUTTERFLY
A cycle concerning the Giovane Scuola, could only have opened with an event on its brightest star.
In this episode, one of the Tuscan Maestro’s undisputed masterpieces is explored once again and compared with a sophisticated work of his maturity, to examine the elements of continuity and discontinuity in Puccini’s indefatigable and scrupulous quest for an ever new balance between innovation and tradition, between audacity and conformity, between the unrestful imagination of a rebel artist and the lazy taste of his bourgeois public.
By presenting "La rondine" to a British audience, the Italian Cultural Institute intends also to celebrate the centenary of its premiere (Monte Carlo, 1917).
Programme & Performers
The episode will feature select pieces from "La rondine" and "Madama Butterfly".
Rita Siley, soprano
Alessandro Zuppardo, piano

For more information please click here
Book here 

IL KIMONO "IL BEL MOTIVO"

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Il Kimono  (letteralmente dal giapponese "cosa da indossare" e quindi "abito") ha una lunga tradizione giapponese.

Nasce durante la dinastia cinese TANG. È una veste a forma di T dalle linee dritte. Abito di pregio. L'utilizzo vero e proprio inizia nel IV secolo. È però nell'VIII secolo che questo costume diventa popolare in Giappone diventando più avanti molto simile a quello attuale.
Ed è d'obbligo indossarlo secondo la tradizione KAIZASHI letteralmente capelli perfettamente  raccolti e ornati con come unico gioiello degli orecchini.
Esistono tante tipologie di Kimono da donna:
KUROTOMESADE kimono nero dipinto dalla vita in giù indossato solo per occasioni formali esclusivamente da donne sposate.
FUROSADE si traduce "maniche svolazzanti". Poteva essere indossato solo da donne nubili. 
IROTOMESADE in tinta unita ad esclusione del nero, indossato da donne sposate parenti stretti degli sposi ai matrimoni.
HÕMOGI "abito da visita" caratterizzato da decorazioni oltre le spalle. 
TSUKESAGE simile al precedente ma con decorazioni meno estese. 
IROMUJI kimono in tinta unita ad esclusione del nero e avorio considerati dalla tradizione giapponese come non colori e destinati solo ad occasioni speciali. Era il tipico kimono obbligatoriamente da indossare  in occasione delle cerimonie del tè.
KOMON letteralmente "bel motivo" con decorazioni su tutto il capo. 
EDO KOMON differente dall'altro per la tecnica di tintura nata all'interno della classe sociale dei samurai.
YUKATA kimono estremamente informale.

Fino ad arrivare ad oggi e reintrodotto prepotentemente nella moda con sostanziali variazioni.
Questo capo è estremamente prezioso ed allo stesso tempo versatile.
È il must di questa stagione che sicuramente proseguirà per l'estate prossima.
Come ogni novità particolare che si discosta dal classico concetto di eleganza ma anche probabilità  non è ancora stato compreso.
Non ho mai capito come non si riesca a traghettare le persone verso un nuovo concetto  di eleganza. Occorre indirizzare le persone a capire,  guardare e soprattutto osare versi altri modi per esprimere classe, stile, ricercatezza. Anche il kimono sta incontrando i primi ostacoli.
O piace o non piace.
Intanto partiamo dal presupposto che ne esistono diverse varianti tutte sfoderate. 
Senza maniche  con grandi spacchi laterali.
Larghi e molto lunghi o medi con cintura da indossare come abiti con solo un intimo. Come capispalla originalissimi.  
Quello che ho deciso d'indossare è il kimono stretto simile al KOMON della tradizione giapponese. Capo creato da una Stilista tutta italiana che veste molte attrici di Hollywood. 
Nell' ultima campagna pubblicitaria del profumo Dior, l'attrice Natalie Portman indossa i suoi abiti.
Ha uno sfondo nero ed un ricamo che ricopre l'intero abito. La manifattura è eccellente. L'interno è talmente perfetto, pieno di colori con righe orizzontali precise da sembrare un altro ricamo e quindi può diventare un capo reversibile.
Quando s'indossa un capo così sofisticato bisogna renderlo protagonista assoluto.
In questo caso indosso sotto al Kimono un Total black. Camicia in chiffon con fiori in chiffon cuciti a mano sia sul decoltè che sul tetro.
Forse dalle immagini non si nota. Ma proprio dietro la nuca è stato cucito un fiore che accarezza il collo rendendo questa parte del corpo molto sensuale. 
Ho voluto riprendere la tradizione giapponese KAIZASHI. Ho raccolto i capelli ed ho indossato degli orecchini dal disegno orientale  lunghi, lavorati con una lunga goccia che incornicia il viso.
Jeans very slim ed un solo gioiello, un anello molto particolare per rendere il kimono moderno.
La scarpa in questo contesto è fondamentale. Lo è sempre per valorizzare un abito. Sbagliate scarpa e demolite l'outfit.
Tronchetti tacco a spillo 12 in pitone metallizzato fucsia. Borsa nera con chiusura vintage.
Vedete come si può essere raffinate mischiando capi preziosi con capi da "mercatino" (jeans). È una regola di Iris Apfel icona della moda. 
Una grande mantella esageratamente ampia sempre Total black con lunghe frange in pelle in caso abbiate freddo.
L'alternativa per quando sarà primavera o per le più coraggiose è indossarlo  come abito chiudendolo a portafoglio con una lunghissima ed alta cintura in pelle nera per poter avvolgere con giri perfetti la vita.

Sara Tacchi

Bruxelles, La Truffe Noire compie 30 anni. Luigi Ciciriello a Fattitaliani: da noi buon cibo e calore umano. L'intervista

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Un'esperienza di gusto, raffinatezza, eleganza: un'immersione speciale quella che offre il ristorante "La Truffe Noire" di Bruxelles. È stata da sempre questa l'intenzione del suo creatore, il pugliese Luigi Ciciriello che si appresta a festeggiare il trentesimo compleanno del locale, sito in Boulevard de la Cambre, 12. "Stiamo preparando il nostro 30° compleanno che sarà nel mese di Febbraio, afferma a Fattitaliani che è tornato a intervistarlo.

In che modo vi state preparando per l'evento?
Per l'occasione abbiamo voluto dare un look tutto nuovo al ristorante, cambiando il tappeto, le sedie e i colori e soprattutto con un'artista, F.man, che conosco da tantissimo tempo, abbiamo avuto insieme l'idea di creare una nuova collezione di quadri che cambiano di colore in relazione alla luminosità, un plus per le persone che vengono a mangiare. L'idea è che di sera al ristorante a un certo momento si spengono le luci e si vive un effetto che non si trova in nessun altro ristorante. I quadri creano un'atmosfera veramente unica al mondo: può piacere o no, ma la gente è sempre sbalordita da questi elementi in più. 
Apportare dei cambiamenti a una tradizione non potrebbe essere un po' pericoloso?
Assolutamente no, perché questo non tocca per niente il nostro modo di fare. Non si va al ristorante solo per mangiare, ma soprattutto per stare bene, vivere un'esperienza, fare foto: dunque, avere un'atmosfera come questa rappresenta una cosa unica che non si potrebbe trovare in nessun altro posto al mondo, realizzata per la nostra clientela.



Perché si è indirizzato nel tempo verso questo tipo di ristorazione?
È un fatto astrologico: non ho fatto niente di particolare. Faccio il mio mestiere da quando avevo nove anni, mi piaceva preparare da mangiare e stare al servizio della gente; poi, intorno ai 33 anni sono stato "illuminato" dal tartufo che non conoscevo neanche. Ho avuto un maestro che lavorava col tartufo e voilà... ho deciso che il mio ristorante si sarebbe chiamato "La Truffe Noire": il primo anno abbiamo fatto 18 kg di tartufo, adesso ne facciamo 300 all'anno. Sono cose che arrivano così, in modo naturale.



Diceva delle richieste dei clienti: ma qui che cosa esattamente vengono a cercare?
Da quando abbiamo aperto abbiamo sempre avuto una reputazione di "calore": la gente qui trova gentilezza, gentilezza, gentilezza e una cucina un po' particolare. I tre ingredienti importanti per il successo di un ristorante sono: la gentilezza, la gentilezza e la gentilezza. La cucina deve essere buona, i vini devono essere buoni, però l'accoglienza e il calore umano è l'elemento più importante e il mio personale riflette perfettamente tutte queste cose. Noi siamo i più forti perché diamo un po' di cuore in più al buon cibo.

Il menù specifico per l'autunno-inverno denota un'attenzione particolare ai prodotti...
Facciamo come le collezioni: abbiamo autunno-inverno, la primavera e primavera-estate. Abbiamo tre carte diverse che cambiano in relazione alla stagione ma anche al rapporto col tartufo: c'è il tartufo autunnale (bianco), quello invernale (nero) e quello estivo. Anche il mio guardaroba cambia tre volte l'anno perché mi piace vestirmi ed essere elegante come il ristorante. In modo naturale ogni elemento richiama l'altro, tutto qui. Giovanni Zambito.

Carpaccio de Bleue des Prés®
À la façon de Luigi

Fattitaliani intervista Filippo Dini: "Il borghese gentiluomo" rappresenta l’uomo dei nostri giorni

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Alla Sala Umberto fino al 29 ottobre “Il Borghese Gentiluomo” di Molière. 
Traduzione di Cesare Garboli. Regia Filippo Dini. Produzione FONDAZIONE TEATRO DUE PARMA. TEATRO STABILE DI GENOVA. Con: Filippo Dini, Valeria Angelozzi, Sara Bertelà, Ilaria Falini, Davide Lorino, Orietta Notari, Roberto Serpi, Marco Zanutto, Ivan Zerbinati.

Nella vita di Molière il successo sulla scena teatrale andò di pari passo con una vita privata travagliata tanto che Moliere fu uno dei primi clown tristi che costella la storia artistica. Questo paradosso si stempera se si guarda alla varietà della sua produzione, dove accanto alle farse ridicole ed alle commedie balletto che rivelano un Moliere uomo di Corte, si trovano le grandi commedie che più che il riso, provocano nello spettatore un sorriso amaro e rivelano che dietro al volto comico c’è quello malinconico che nasce dalla constatazione dei vizi e dei difetti dell’umanità. In questo, Moliere riprende la missione più tradizionale della Commedia, quella di denunciare i vizi e di cercare di correggerli in modo che la comicità assurge a valore morale: castigat ridendo mores!     

Chi è Monsieur Jourdain? È un uomo del nostro contemporaneo e come tutti i personaggi di Moliere vive una doppia natura, una estremamente negativa che lo mette a confronto con tutti i personaggi che popolano il nostro quotidiano, in televisione come nella politica. È sicuramente un uomo che ha raggiunto un’agiatezza economica così elevata da pensare di potersi permettere di acquistare l’impossibile ossia la nobiltà o comunque uno stato più elevato di quello in cui si trova. In questo senso vengono in mente tantissimi personaggi del quotidiano che non paghi della loro raggiunta agiatezza economica, vogliono ambire ad avere riconosciuto qualcosa di superiore, come intellettuali, pensatori, filosofi. Da un altro punto di vista che è quello più poetico, Monsieur Jourdain è un uomo che ambisce a qualcosa di superiore e riesce ad includere in sé, sia l’arroganza dell’arrivista che vuole diventare nobile e sia il candore del bambino che vuole aspirare a diventare grande o qualcosa di migliore dello stato in cui si trova. 
Quanto i vizi di Jourdain sono connaturati alla natura umana? Moltissimo perché ognuno di noi ha questa fortissima spinta tanto più nell’epoca in cui viviamo. Ho avuto la fortuna di metterlo in scena ed in un certo senso mi sento un privilegiato a farlo nella nostra epoca. Quante affinità ci sono tra Monsieur Jourdain e tutti i personaggi che lo circondano con quelli della nostra epoca, estremamente corrotti dal potere dell’economia e del denaro! Un’epoca in cui si crede di poter acquistare tutto.
La Commedia nacque da uno sberleffo razzista, commissionata dal fratello di re Luigi XIV in risposta ad una indelicatezza commessa da un ambasciatore turco. Quanto è attuale ancora questo tema? Il problema del razzismo è gigantesco ed all’ordine del giorno, l’intolleranza si accresce ogni giorno perché c’è una difficoltà di comprendere il diverso e che nasce dentro ognuno di noi. Si ha difficoltà a comprendere l’evoluzione, il cambiamento ma soprattutto l’altrui identità nella propria coscienza. E’ un’epoca strana ed estremamente difficile da comprendere sia per un artista ma anche per uno storico o un sociologo. E’ il terrore di qualcosa che non conosciamo che genera il razzismo, poi è chiaro che è alimentato da tutti quelli che dal razzismo ne ricavano quattrini e onori e tendono a creare un clima di terrore. La Commedia prende spunto da questo, poi per carità era solo uno sberleffo per quanto riguarda il Re Sole ed ancor più Moliere.  Era solo l’occasione per farsi quattro risate alle spalle dei turchi, prendendoli in giro in una buffonata alla turca che viene organizzata ai danni di Monsieur Jourdain alla fine dello spettacolo.
Perché l’intento di Moliere è quello di ridere non solo di Monsieur Jourdain ma anche di noi spettatori? 
Molière ha sempre avuto un sacco di guai rispetto alle proprie commedie. Essendo protetto dal Re si pensa che abbia avuto una vita felice ed agiata ma invece era tutt’altro. Pur avendo l’appoggio del Re, non lo rendeva Primo Ministro. Aveva solo la possibilità di realizzare i suoi spettacoli. In realtà lui ha avuto un sacco di guai su ogni Commedia che ha messo in scena, proprio perché la sua vena drammaturgica, poetica, era critica verso la società ed in particolare verso i nobili e i politici. La sua scrittura era estremamente fedele a questo o a quel personaggio che in quel momento era più in vista. I suoi personaggi nascono dalla realtà e lui è estremamente feroce. I due testi che gli hanno causato maggiori guai sono stati “Tartufo” e “Don Giovanni”. Ogni volta doveva barcamenarsi per trovare il modo di andare in scena. La questione della comicità e del divertimento nasce da due fattori, lui prima di tutto era un attore comico ma anche essendo così feroce ed acuta la sua critica verso il contemporaneo, doveva necessariamente inserire ogni sua commedia, all’interno di una cornice comica. Ha dovuto sempre mascherare questa sua nevrastenia nei confronti del contemporaneo, con la maschera del buffone per poterla rappresentare. Altrimenti il suo Teatro sarebbe fallito perché non era completamente sotto l’ala del re. In questo senso, il suo sorriso nei confronti della società e degli spettatori, è sempre estremamente critico. E’ il sorriso non di qualcuno che giudica ma ci costringe ad indagare dentro di noi. Ci costringe a guardarci ed a comprendere i nostri difetti.
Dopo Don Giovanni è il secondo personaggio di Molière che porti in scena. Quali sono le differenze e quali le similitudini? Le differenze sono enormi. Don Giovanni all’epoca era una commedia conosciuta e molto apprezzata dal pubblico. Lui ne ha fatto la peggiore critica della società di allora.  Don Giovanni è un uomo che sfida se stesso, il mondo, gli spettatori e per ultimo Dio. La sua è una continua provocazione nei confronti dell’altro, è un ruolo estremamente complesso e terribile. Monsieur Jourdain è invece un grande divertimento. Don Giovanni è un grande Uomo, Monsieur Jourdain è un piccolo uomo che cerca di elevare la propria condizione sociale ed in qualche modo conserva una tenerezza che mi è sicuramente più vicina e più familiare. Don Giovanni è un archetipo come Amleto, un qualcosa che risiede nel nostro inconscio da sempre!  E’ una figura umana che arriva a sfidare Dio. Monsieur Jourdain è volgarmente impiastricciato di natura umana, rappresenta meglio l’uomo dei nostri giorni.


Elisabetta Ruffolo


Giovanni Scotti, dopo il successo della serie TV “Sirene” sbarca ad Hollywood

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Prosegue l’ascesa dell’attore Giovanni Scotti, che stiamo vedendo su RaiUno nella fiction “Sirene”, nei panni di Nicola, giocatore della squadra di pallavolo del liceo allenata dal professore di educazione fisica, Salvatore Gargiulo, interpretato da Luca Argentero, a cui cerca di ispirarsi. Oltre alle grandi soddisfazioni sul piccolo schermo, ne sta ottenendo altrettante legate al cinema.
È stato scelto da Rupert Everett per il suo ultimo film, “The Happy Prince”: un biopic su Oscar Wilde la cui uscita nelle sale è programmata per il 2018. Inoltre, ha ottenuto un ruolo nella nuova e attesa serie TV “The Alienist”, che vanta un cast d’eccezione composto, tra gli altri, da Dakota Fanning, Luke Evans e Daniel Brühl,la cui uscita è prevista sempre per il 2018. Dulcis in fundo, Scotti è anche nel cast della serie TV svizzera "Tilt", per la regia di Marek Beles, girata a Matera.

Biografia
Giovanni Scotti nasce  a Napoli e inizia lo studio del pianoforte a soli 6 anni. Presto, però, affianca allo studio della musica, che prosegue entrando in conservatorio, la passione per la recitazione. Dopo aver frequentato i primi corsi per diventare attore, durante il periodo delle scuole medie e superiori, decide caparbiamente, nonostante la giovane età, di affiancare al liceo classico e al conservatorio, di iscriversi a un laboratorio teatrale professionale di Nando Paone a Pozzuoli, in provincia di Napoli. In questi anni dedicati alla formazione, oltre a frequentare stabilmente vari laboratori di recitazione, prende parte a diversi stage e workshop di vario genere (commedia dell’arte, mimo corporeo, dizione e recitazione cinematografica) e partecipa agli allestimenti teatrali di vari registi, tra i quali: Nando Paone, Giancarlo Cosentino, Massimo Maraviglia e Roberto Andò. Nel 2016 viene scelto per la serie tv “Sirene” (scritta da Ivan Cotroneo e Monica Rametta, diretta da Davide Marengo) e da allora non si è più fermato, raccogliendo enormi gratificazioni ben oltre i confini nazionali.


LUCA CESA, debutto al cinema per l'attore 22enne diretto dai fratelli Taviani: "un onore immenso"

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Luca Cesa 22 anni "romano".

Ragazzino tranquillo ma determinato, prima di affacciarsi al mondo della recitazione si appassiona al tennis. Introdotto dal nonno, grande maestro, inizia la sua carriera tennistica  all'età di 6 anni e a 12 vince parecchi tornei a livello agonistico. La sua promettente carriera viene bruscamente interrotta per un grave infortunio alla spalla. Frequenta il liceo classico e durante l'ultimo anno, partecipando ad un laboratorio teatrale, viene catturato dalla passione per la recitazione. Si diploma al "Centro studi Acting" diretto da Lucilla Lupaioli e affina la sua formazione con diversi stage con Stefania De Santis, Barbara Giordani e Micheal Marotta.
Nel 2014 partecipa alla fiction "Il bosco" diretta da Eros Puglielli, in onda su Canale 5.
Prende parte a numerosi cortometraggi tra cui "Mai una gioia", di Alessandro Guida e "La cosa giusta" di Sara Polverino.
Nel 2015 è tra i protagonisti del videoclip di Emma Marrone "Arriverà l'amore".
Nello stesso anno debutta con l'opera prima di Ludovico Fremont, "The answer: la risposta sei tu", presentato al "Festival di Roma" nella sezione "Alice nella città " del 2015. Il film è stato prodotto dalla Fondazione il Sangue di Milano, come strumento di lavoro nelle scuole per la prevenzione del tabagismo, in occasione del tredicesimo anniversario della promulgazione della legge 16 gennaio 2003 n. 3, articolo 51 per la tutela dei non fumatori dal fumo passivo ("legge Sirchia").
È tra gli interpreti del film " Una questione privata" diretto dai F.lli Taviani con protagonista Luca Marinelli, nell' edizione in corso della "Festa del cinema di Roma".

“Un onore immenso aver fatto parte di un film del genere, diretto da due mostri sacri del cinema italiano e non. A 22 anni mi ritengo fortunato per questo. Recitare, poi, accanto a Luca Marinelli è stato magnifico , lo ritengo un genio e un maestro nel campo!
‪Posso dire di aver messo un importante mattoncino alla mia giovanissima carriera! “

Foto: Pirrone

Bellezza, per 8 donne su 10 gli inestetismi della pelle creano disagio e insicurezza

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Dalle macchie solari alle lesioni senili, oggi gli inestetismi della pelle preoccupano ben 8 donne su 10 (81%) e provocano in molti casi disagio (76%) e insicurezza (72%). 
La loro comparsa può assumere un’importanza cruciale, soprattutto se si tratta di manifestazioni vistose (65%), estese (58%) o in aree del corpo spesso scoperte (55%). Infatti l’impatto emozionale legato ai problemi della pelle, in passato è stato oggetto di studi da parte dell’American Academy of Dermatology: gli esiti di questa indagine hanno confermato che le persone con imperfezioni cutanee hanno sviluppato nel corso del tempo maggiori problemi psicologici rispetto a chi non le aveva. Ma se fino a pochi anni fa l’unico modo per celare gli inestetismi era il “Camouflage”, ovvero la tecnica che permette di “nascondere” le lesioni della pelle attraverso l’utilizzo del make- up, oggi le donne vanno alla ricerca di metodi più efficaci come i trattamenti laser.
É quanto emerge da uno studio condotto da Renaissance Lab, l’osservatorio sulle tendenze legate al mondo della medicina estetica, effettuato con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su circa 2.500 donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni e su un panel di 40 esperti di medicina estetica, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community dedicate per capire che effetto hanno gli inestetismi sulla psiche delle donne.
“Le lesioni pigmentate si distinguono una dall’altra in base ad un esame ben specifico – afferma il dott. Gioacchino Listro, Direttore Sanitario del Centro Dermatologico Listro di Palermo. Le lesioni che trattiamo di più sono le lentigo solari, ovvero le macchie causate dall’esposizione al sole, che si sviluppano in particolare nelle zone foto-esposte come viso, collo, décolleté e sulle mani. É importante sapere che il primo segno di invecchiamento di una persona è proprio il colore della pelle e soprattutto la sua uniformità. Dal momento che associamo le pigmentazioni delle mani e del viso alla vecchiaia, questo può portare ad avere dei problemi psicologici, in particolare nelle donne che sono più attente all’aspetto esteriore. Le lentigo solari vengono trattate con delle tecniche laseristiche molto specifiche, che danno un risultato eccellente anche in un'unica seduta. Uno dei sistemi più all’avanguardia è il laser Discovery Pico, che genera una distruzione del pigmento che viene eliminato da una microesfoliazione della pelle.  Questo sistema laser produce, tramite la propria tecnologia, un effetto fotoacustico e fototermico, che ha praticamente azzerato gli effetti collaterali di questo tipo di trattamento”.

Psiche e dermatologia si uniscono così sotto un’unica disciplina, la Psicodermatologia, che all’estero rappresenta una realtà clinica consolidata da anni, capace di unire insieme le competenze delle due discipline. E quindi, come i segnali di stress psicologico ed emotivo portano a reazioni della pelle, così anche gli inestetismi spesso portano a disturbi psicologici. Ma quali sono le parti del corpo che preoccupano di più le donne quando compaiono degli inestetismi? Il viso (72%) è in assoluto la zona più delicata secondo il gentil sesso. Lo stesso discorso vale per il collo (67%), altra zona molto sensibile, insieme alle mani (58%) e alle braccia (51%).
Secondo il dott. Ted Grossbart, professore della Harvard Medical School e autore del libro “Skin Deep”, l’immagine del corpo rappresenta circa un terzo della propria autostima, che ha una grande influenza sulla salute psicologica generale. Per questo motivo, quando compare una macchia cutanea, la conseguenza principale è quella di abbattere la considerazione che una persona ha di se stessa (42%). Questo provoca un effetto a catena, che spinge soprattutto le donne a compromettere i rapporti sociali (39%), per nascondere un problema di per sé risolvibile, ma che viene vissuto come una piccola tragedia. Questo le porta in parte a non accettare il proprio aspetto fisico (35%) e vivere con distacco le relazioni sociali.

Il disagio psicologico legato a queste problematiche è una cosa naturale secondo il professor Grossbart, soprattutto nella nostra società. Gli americani, ad esempio, già da diversi anni tendono a curare molto l’aspetto estetico, a volte più delle relazioni personali. Secondo gli esperti, l’importante è non sottovalutare gli effetti negativi che possono dare gli inestetismi, curandoli non solo per un fine estetico, ma anche mentale. Come viene affrontata la problematica delle lesioni pigmentate da parte delle donne? Se un tempo l’unica soluzione era il make up (52%), oggi il gentil sesso si rivolge sempre più alla tecnologia, scegliendo in particolare i trattamenti laser (34%), ritenuti una delle soluzioni più innovative ed efficaci.
“Oggi anche gli uomini entrano sempre di più nei nostri studi, perché hanno iniziato a dare maggiore attenzione al proprio aspetto estetico – continua il dott. Listro -. Infatti i trattamenti effettuati con le ultime tecnologie laser hanno tempi di recupero molto brevi e permettono di continuare le proprie attività quotidiane. Il vero successo di questi trattamenti sta nel fatto che scegliendo un trattamento laser, il paziente non nasconde il problema, ma desidera rimuoverlo. E così non subisce alcuna ripercussione psicologica visto che il problema non c’è più”. 
Infatti se il make up rappresenta ancora oggi la soluzione ideale per “coprire” un difetto momentaneo della cute, la tecnologia diventa essenziale nel risolvere problemi ben più rilevanti. Secondo gli esperti, il risultato degli interventi dipende dall’età, dalla profondità e dalla tipologia della lesione pigmentata, anche se in generale questi trattamenti raccolgono ottimi riscontri da parte dei pazienti.  

MENÙ DI HALLOWEEN, PER 8 ESPERTI SU 10 TRIONFANO ZUCCA E CARCIOFI

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Non solo i classici dolcetti a forma di teschio o le torte ripiene, quello del 2017 secondo gli esperti sarà un Halloween all’insegna degli ingredienti della dieta mediterranea riadattata al tema della celebre festività anglosassone.
L’81% degli chef stellati e dei food blogger ne è convinto, ad imporsi quest’anno saranno i primi piatti con la zucca, le verdure e gli ortaggi di stagione come grandi protagonisti. Gli italiani sembrano aver riscoperto il gusto e il desiderio di essere creativi a tavola, dilettandosi in ricette sempre nuove e dal gusto tipicamente classico. Mai come quest’anno infatti prodotti come i carciofi (59%), le carote (57%), i peperoni (46%), e i pomodori (38%) si riveleranno perfetti per creare ricette colorate e sfiziose perfettamente in tema con la festività. Dalla pasta (66%) al riso (62%), dalla carne rossa (33%) al pesce (29%), il menù di Halloween si baserà sui principi della dieta mediterranea riadattati in chiave sfiziosa ed originale.

É quanto emerge da uno studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’Osservatorio sulle tendenze alimentari dell’omonima azienda toscana, condotto mediante metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su circa 80 esperti tra chef stellati e food blogger attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community per capire quale sarà la tendenza per il menù del prossimo Halloween.

“Il menù per Halloween non può che prevedere prodotti ‘ad hoc’, primo fra tutti la zucca- afferma Matteo Torretta, chef stellato del ristorante Asola di Milano-. É una festa che deve essere variopinta e variegata con la prevalenza di colori scuri, cupi e fumé e di sfumature di rosso e arancione. Il menù per questa festività deve comprendere portate tutte differenti fra di loro che offrano dei sapori dolci e decisi. Per Halloween è questa la mia proposta di menù: come antipasto una crema di zucca con capesante scottate e dei carciofi ripieni di foie gras, come primo un risotto con crema di barbabietola e delle pelli di tonno secche che con il calore del piatto sembrano quasi muoversi, come secondo una carne rossa come il manzo o il cervo molto al sangue con attorno della polvere di olive caramellate guarnite con delle erbe e con una vinaigrette di lampone, infine come dolce un soufflé marshmallow”.

Il 63% degli italiani preferisce preparare primi piatti ad Halloween perché sono molto più veloci e permettono di utilizzare in tutte le loro declinazioni le verdure e gli ortaggi di stagione

Ma perché i primi piatti sono i più scelti ad Halloween? Generalmente perché si tratta di pietanze veloci (63%), pratiche (56%) e che permettono di essere molto creativi (52%). É molto facile infatti realizzare un primo piatto semplicemente utilizzando pochi ingredienti e facendo dei passaggi semplici. Non solo questo, un altro fattore importante è la ricerca della convivialità (45%). Grazie al loro sapore unico e alla ricercatezza degli ingredienti, questi piatti sono in grado di far assaporare la classica atmosfera festiva quando ci si trova sia fra parenti che con gli amici, utilizzando ingredienti tipici della tradizione del Belpaese (38%) e evitando prodotti di dubbia provenienza. In questo modo risulta anche semplice accontentare i gusti di tutti (31%), potendo realizzare diversi tipi di ricette o trovare un ottimo compromesso.

Esistono degli ingredienti imprescindibili quando si parla di menù di Halloween. Primo fra tutti la zucca (87%), alimento fondamentale per quasi la totalità dei piatti creati per questa festività, sempre in grado di sposarsi alla perfezione sia con i primi che con i secondi. Appena dietro troviamo la pasta (66%) e il riso (62%): prodotti perfetti per creare piatti tipici della dieta mediterranea ma anche specialità festive. Ideali per la serata di Halloween sono gli spaghetti al nero di seppia e il riso venere perché con il loro colore danno un tocco di mistero a qualsiasi ricetta. Grande spazio si ritagliano anche le verdure come i carciofi (59%) e gli ortaggi come le carote (57%), i peperoni (46%), e i pomodori (38%). Si tratta infatti di alimenti che, oltre a poter essere considerati un piatto a sé, sono in grado di valorizzare e dare un tocco di colore importante a qualsiasi tipo di piatto. A chiudere la classifica la carne rossa (33%) e il pesce (29%), materie prime di base quando si parla di secondi piatti. In particolare la carne rossa, lasciata molto al sangue, diventa una portata perfetta per celebrare questa festività.

Come piatto forte del “menù di Halloween” la food blogger Patrizia Ave propone una quiche alla zucca, feta e quinoa. “La preparazione è davvero molto semplice e può essere tranquillamente fatta a casa ritagliandosi solamente un paio di ore. Per la pasta brisé bastano: 250g di farina 180w, 125g burro freddo, 63g acqua fredda e 7g di sale. Per il ripieno: 200g di zucca già cotta, 2 uova piccole, 100g ricotta di pecora, 50g parmigiano, 120g feta, 150g quinoa già cotta, sale, pepe e noce moscata. Il procedimento è questo: impastare nella planetaria con il gancio a foglia la farina con il burro freddo tagliato a cubetti. Quando il composto risulta sabbioso aggiungere l'acqua fredda con il sale, impastare fino a formare una palla, schiacciarla avvolgendola nella pellicola e lasciarla riposare in frigo per un'oretta. Stendere la pasta brisè, foderare una tortiera di diametro 20 cm, riempire con il composto di zucca e infornare. Cuocere in una pentola la zucca tagliata a cubetti con un filo di olio, salare, pepare e aggiungere un pizzico di noce moscata. Schiacciare con una forchetta la zucca, aggiungere le uova, la ricotta, il parmigiano ,la quinoa cotta e la feta tagliata a cubetti. Mescolare bene e versare il tutto nel guscio di pasta brisè. Decorare la quiche a ragnatela con la restante pasta brisè avanzata e infornare a 180°C con forno ventilato per 45 minuti”.

7 italiani su 10 scelgono gli spaghetti quando preparano il menù di Halloween

Ma quali sono i piatti che non mancheranno sulle tavole ad Halloween? Parlando di antipasti ad imporsi saranno le crostatine (57%) e gli sformati di zucca (48%), le bruschette con crema di zucca e noci (42%), le torte salate (34%) e le pizzette (29%). Dai teschi ai ragni passando per le mummie e le dita mozzate, con questi piatti è facile dare libero sfogo alla fantasia e creare pietanze dai richiami lugubri e terrificanti. Per quanto riguarda i primi piatti invece a farla da padrone saranno gli spaghetti (68%)  e il riso  venere (55%), con una varietà di ricette davvero ampia. Fra quelle più gettonate spiccano gli spaghetti al nero di seppia accompagnati da pesto di carote o crema di zucca, le penne e le lasagne con la zucca, gli gnocchi di carote, il riso di zucca e gorgonzola, il riso venere con crema di zucca e funghi. Anche in tema di secondi non mancano gli spunti interessanti con il manzo (62%), merluzzo (56%) e il nasello (47%) in prima fila. Dalle polpette di zucca ai filetti di merluzzo in salsa, dagli sformati alle frittate, ma anche parmigiane, timballi e soufflé di zucca. Per quanto riguarda i dolci invece è possibile davvero sbizzarrirsi, passando dai tortini (64%) ai cupcake (55%), dalle crostate (48%) ai biscotti (43%).

Mika, torna dal 31 ottobre col suo one man show "Stasera CasaMika". L'intervista

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(intervista) Mika, la star internazionale della musica, aprirà nuovamente le porte della sua casa speciale a partire da martedì 31 ottobre alle 21.20 su Rai2, per quattro prime serate del suo One Man Show Stasera CasaMika

La trasmissione evento dello scorso anno rinnova ancora la magia dei grandi varietà italiani e internazionali, esplorando ancor  più  da vicino l’Italia,  che Mika osserva col suo sguardo non convenzionale. Sarà l’occasione per divertirsi e far divertire senza filtri, con un racconto che accompagnerà i telespettatori in un viaggio fatto di musica,  divertimento, grandi artisti nazionali ed internazionali, e storie molto speciali.
Compagna di viaggio di questa nuova edizione sarà Luciana Littizzetto, che arriverà a CasaMika con la sua travolgente energia. L’incontro inedito tra queste due grandi personalità dello spettacolo consentirà di mettere a confronto i loro mondi ed esperienze. In ogni puntata è prevista anche la straordinaria partecipazione di Gregory,  attore teatrale inglese, amico di infanzia di Mika. Melachi e Amira, le due amatissime golden retriever dello showman, saranno spettatrici privilegiate delle serate, comodamente adagiate sul divano di casa.

Lo spazio e il tempo non saranno più un limite a Stasera CasaMika: una magica porta girevole, nuovo simbolo dello show, consentirà a Mika di viaggiare in Italia e nel mondo, ma anche nel tempo, dando vita alla fiction "Il Ragazzo Che Viene Dal Futuro", un progetto originale nato da un’idea di Mika e Ivan Cotroneo, che racchiude un’inedita commistione di generi narrativi che si integra perfettamente nell'andamento dello show.

Mika percorrerà ancora il nostro Paese,  come un viaggiatore che osserva con occhi abituati al mondo, ma che sanno cogliere l’incanto e lo stupore che nasce dall’incontro con le persone comuni e la loro quotidianità, semplice e straordinaria. Nella prima puntata  sarà in Sardegna, a Gergei (CA), per trascorrere un’intera giornata con un pastore, condividendo con lui il lavoro, il sacrificio e la poesia di un mestiere “antico” come il mondo. Al volante del suo taxi, Mika si divertirà a stimolare le reazioni degli abitanti e dei turisti di Napoli, Firenze, Milano e Bari, conducendoli in giro per la città e facendosi raccontare le loro storie.


Ogni puntata sarà aperta da It’s My House, l'inedito scritto e composto da Mika con Jonathan Quarmby e FionaBevan appositamente per lo show. Ne è appena stato pubblicato il singolo digitale, già tra i più scaricati online, mentre un nuovo album di Mika è previsto per il prossimo anno. Nel corso delle quattro serate non mancheranno le altre hit di Mika e le interpretazioni di grandi successi della storia della canzone italiana e internazionale.

Ogni settimana Mika accoglierà nel suo show grandi artisti, amici speciali con cui dialogare, cantare, ragionare, pensare e divertirsi insieme al pubblico. Prima ospite internazionale della nuova edizione di Stasera CasaMika sarà Dita Von Teese, la  Regina del Burlesque e icona di stile mondiale. Nel corso della prima puntata, arriveranno anche gli attori Luca Argentero, Valentina Bellè e Riccardo Scamarcio. Infine, la musica diElisa e Rita Pavone, con esclusive performance accompagnate dalla resident band diretta da Valeriano Chiaravalle.

La seconda stagione dello show, che si è aggiudicato a Berlino il prestigioso Rose D’Or Award come miglior programma europeo di intrattenimento del 2016, si preannuncia dunque un grande evento, sempre all’insegna dell’originalità, della creatività e della follia, ingredienti fondamentali per sorprendere e per creare uno show di successo.

Stasera CasaMika è ‎un format originale di Mika, Ivan Cotroneo, Tiziana Martinengo e Giulio Mazzoleni, scritto con Martino Clericetti, Francesco d’Ambrosio e Carlo G Gabardini, prodotto da Rai2 in collaborazione con Ballandi Multimedia. La regia è a cura di Sergio Colabona. La scenografia è stata realizzata da  Riccardo  Bocchini. La realizzazione degli arredi è a cura dello Studio Job, designer di fama internazionale. Mika indosserà abiti esclusivamente disegnati per lui da Pierpaolo Piccioli, Direttore Creativo della Maison Valentino.

Stasera CasaMika
da martedì 31 ottobre in prima serata su Rai2
#CasaMika
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