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"Best Workplaces 2017 Italia", Sodexo e Great Place To Work premiano le migliori aziende italiane per cui lavorare

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Una serata di gala per premiare le migliori aziende italiane in cui lavorare è davvero un evento unico. È questo il tema di “Best Workplaces 2017 Italia”, iniziativa in programma ieri sera a Milano presso l’UniCredit Pavilion di Piazza Gae Aulenti, durante la quale Great Place to Work® Italia ha premiato le aziende del Bel Paese che si sono contraddistinte per aver costruito un eccellente luogo in cui lavorare, quale strumento chiave del successo competitivo del business.

Un’attenzione particolare al benessere dell’individuo che accomuna l’azienda globale di ricerca, consulenza e formazione con sede a San Francisco presente in 50 paesi del mondo, alla multinazionale francese Sodexo Benefits & Rewards Services, tra i main sponsor dell’edizione italiana di “Best Workplaces 2017”.
“Per noi è fonte di soddisfazione e orgoglio essere partner di questo importante evento organizzato con Great Place to Work® - spiega Matteo Primus, Sales Director di Sodexo Benefits & Rewards Services - la mission di Great Place to Work® rispecchia infatti appieno i nostri valori ed è per questo che siamo qui per premiare le imprese che si sono contraddistinte per la promozione della qualità della vita dei propri dipendenti sul luogo di lavoro. Una mission che ci vede protagonisti in Italia e nel mondo sui temi legati al welfare da oltre 50 anni. Per noi questa sera poter premiare le migliori aziende che si sono contraddistinte su questi temi è la dimostrazione che la qualità della vita è un elemento chiave, trasversale, distintivo e competitivo, indipendentemente dalla dimensione aziendale”.
Tra le particolarità dell’edizione di quest’anno, verrà dato ampio spazio all'approfondimento del tema degli spazi di lavoro e del networking tra i presenti e non mancheranno i momenti di intrattenimento. Durante la cena di gala le aziende scopriranno in diretta il loro posizionamento nella lista, che verrà diffusa in contemporanea su media online e social network. Le aziende premiate da Sodexo saranno, in particolare imprese di medie dimensioni, caratteristiche del nostro tessuto imprenditoriale italiano.
Ma com’è possibile migliorare l’ambiente di lavoro delle persone? “Fare proprio il concetto della qualità della vita che per noi di Sodexo è una questione fondamentale – conclude Matteo Primus – l’expertise che nel corso dei decenni abbiamo sviluppato sul fronte del welfare aziendale, assieme all’introduzione delle recenti normative, ci consentono infatti di porci tra i più esperti interlocutori e di creare una cultura positiva sui temi legati al work life balance e conciliazione vita privata e lavoro, favorendone uno sviluppo sempre più accessibile. Siamo infatti costantemente alla ricerca di soluzioni innovative, sempre più digitali, volte ad arricchire la gamma dei servizi proposti ai dipendenti, per rispondere in modo mirato e personalizzato alle necessità di ciascun lavoratore. Al centro dell’offerta di Sodexo infatti ci sono il benessere e la soddisfazione degli individui, nell’ottica di dare sempre maggiore spazio ad una cultura di equilibrio tra welfare in azienda ed esigenze reali dei dipendenti”.

Vittoria Schisano, IL LIBRO “LA VITTORIA CHE NESSUNO SA” DIVENTA UN FILM di Pierluigi Di Lallo

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Il Regista Pierluigi Di Lallo (Ambo)  si è ispirato alla storia di Vittoria Schisano, ex transgender, adesso donna a tutti gli effetti per il suo prossimo film. Vittoria  ha appena pubblicato la sua storia dal titolo “La Vittoria che nessuno sa” scritto con Angela Iantosca e pubblicato da  Sperling e Kupfer. Il regista è già a lavoro sul progetto, ha dichiarato “ conoscevo la storia di Vittoria, ho letto in anteprima il suo libro e stiamo già lavorando ad una sceneggiatura dal titolo NATI DUE VOLTE.”

Giuseppe ama la sua famiglia e la sua terra, la Campania, ma ha due buone ragioni per abbandonarle: la passione per il teatro e un segreto che non può confessare neanche a se stesso. Così si trasferisce a Roma, dove inizia a studiare recitazione e ad ascoltare il suo corpo e la sua anima. Giuseppe ora crede di essere omosessuale, eppure non è quella la risposta alla sua inquietudine. Un lungo e tormentato percorso lo porta alla decisione di cambiare sesso. Nel novembre del 2013, dopo mesi di cure vissuti nell'ombra, nasce finalmente Vittoria, che in questo racconto-confessione svela i sogni e i timori infantili, le fughe, le lacrime, lo smarrimento di sentirsi donna mentre lo specchio riflette l'immagine di un uomo, la difficile scelta di abbandonare i compromessi e le ipocrisie per diventare ciò che è sempre stata: una donna bellissima. Un libro autentico e appassionato sulla fatica di vivere di chi nasce «diverso».

Biografia Vittoria Schisano

La vita di prima…

Giuseppe Schisano è il primo attore italiano ad aver intrapreso pubblicamente il lungo percorso di cambio di genere. Nasce 33 anni fa sotto il segno dello scorpione in un comune della provincia di Napoli, Pomigliano D'arco. Nonostante l'amore per la sua terra, nel '98  decide di trasferirsi a Roma per entrare in accademia e studiare recitazione. Nel 2005 esordisce come co-protagonista al fianco di Lando Buzzanca, in “Mio figlio”, per la regia di Luciano Odorisio. Tra gennaio e febbraio 2010 torna  in tv su Rai1 con “Io e mio figlio - nuove storie per il commissario Vivaldi", sempre per la regia di Luciano Odorisio. Nello stesso anno riceve in Campidoglio il premio come attore rivelazione. Seguono altre serie tv e il film   “Canepazzo”, regia di David Petrucci, con un ruolo da protagonista: interpreta infatti un giornalista ossessionato dalla ricerca di un serial killer. A questo punto capisce che non può più mentire a se stesso e decide di fare outing.

La vita di adesso…

Il 17 novembre 2011 Giuseppe Schisano appare con un'intervista esclusiva al Corriere della Sera dove dichiara pubblicamente di aver intrapreso il percorso per cambiare sesso, la notizia viene ripresa anche in parecchi paesi stranieri. Sarebbe diventato Vittoria. Sono seguite tantissime interviste sui principali e più importanti magazine e tante ospitate televisive, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla transizione da un sesso all’altro e per cercare di far capire quanto la sua fosse una decisione difficile, ma profondamente ponderata.

Nel 2012 Antonio Albanese la vuole nel suo film per il cinema “Tutto Tutto Niente Niente”  e nello stesso anno è in “Outing” con Massimo Ghini e Nicolas Vaporidis. Nel 2013 Vittoria è nel film “Take Five” di Guido Lombardi, pellicola in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma. Nell’Aprile 2014 diventa definitivamente donna in una clinica di Barcellona. La stampa italiana riporta ampiamente la notizia e Vanity Fair le dedica un secondo lunghissimo speciale. Viena chiamata come opinionista fissa nel talk politico di LA7  “AnnoUno”. Nel 2014 calca il red carpert della Mostra del Cinema di Venezia con il film  “La Vita Oscana” di Renato De Maria. Nel 2015 diventa testimonial dei brand moda “Gabriele Fiorucci” e “Paul Emilien Parfum”, sfilando anche per varie maison durante la settimana dell’alta moda romana e al Pitti. È la prima Playmate al mondo sulla cover di Playboy  ad aver effettuato il cambio di genere, sul numero di febbraio 2016. Recentemente su Canale5  nella serie “Il bello delle donne”.

Ester Vinci, new entry nella commedia teatrale "4 donne e una canaglia" di Pierre Chesnot

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L'attrice Ester Vinci, che abbiamo apprezzato al fianco di Giulio Berruti nell'ultima stagione della fiction di Canale 5 "Squadra Antimafia", è la new-entry della commedia teatrale "4 donne e una canaglia", diretta da Nicasio Anzelmo e prodotta da “Spettacoli Teatrali Produzioni”.
Nel cast, accanto alla Vinci, ci sono artisti del calibro di Gianfranco D'Angelo, Marisa Laurito, Corinne Clery, Barbara Bouchet e Nicola Paduano. "Mi sono ritrovata a sostituire, al volo, la collega Paola Caruso e devo ammettere che sin da subito sono stata accolta da tutti i miei straordinari colleghi con grande armonia e disponibilità. Dopo l'appagante avventura televisiva con 'Squadra Antimafia', sentivo l'esigenza di tornare a calcare il palcoscenico con una commedia brillante" racconta entusiasta Ester Vinci, aggiungendo :"Attualmente siamo in tournée, nei principali teatri d'Italia, e sono orgogliosa del successo che stiamo raccogliendo ovunque. Un positivo riscontro che mi sta regalando nuova energia e consapevolezza, in vista delle mie prossime sfide professionali".

Note sullo spettacolo: 
Questo divertentissimo testo di Pierre Chesnot, sapientemente adattato da Mario Scaletta per il pubblico italiano, ripercorre il mai risolto rapporto uomo/donna. La povera canaglia Walter (Gianfranco D’Angelo) riesce con grande maestria a gestire una moglie, un’ex moglie, una giovane amante e una (ormai) ex amante, in una divertentissima quanto surreale commedia, in cui l’amante abbandonata Kathrine (Corinne Clery) cerca conforto nella moglie Brigida (Marisa Laurito), provocando l’indignazione della prima moglie Barbara (Barbara Bouchet)…e tutto questo mentre “la canaglia” è pronto a rifarsi una nuova vita con la giovanissima Roberta (Ester Vinci). Una sorta di harem che Walter ha saputo gestire fino ad ora, tramite una montagna di bugie e di equivoci, che si sveleranno la sera del suo compleanno, in cui tutte le sue donne si troveranno per la prima volta insieme. Ma una simpatica canaglia come Walter, cosa potrà inventarsi questa volta per uscire dai guai? E poi: quattro donne saranno sufficienti per lui? Unica spalla amica per Walter è Nicola Paduano (che interpreta Paolo), scrittore di libri horror, in grave crisi per il suo difficile rapporto con la parola “sangue”.

KEVIN PECI IN CINA CON LO SPETTACOLO “NEW YORK NEW YORK” all'Harbin Opera House 11 e 12 marzo

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Kevin Peci giovane artista romano che qualche anno fa si è fatto conoscere dal grande pubblico grazie a “Io canto” e ai Gimme Five (band di cui faceva parte anche Alessandro Casillo) è tornato sulle scene e le novità sono tante.

La prima è che l'11 e il 12 marzo sarà nel nord della Cina uno spettacolo dal titolo “New York New York”, che andrà in scena presso l'Harbin Opera House situato nell'omonima città.
Intanto il cantante e ballerino si sta preaparando all'uscita di un singolo, che darà il via ufficialmente alla sua nuova carriera solista.
In questi Kevin non si è mai fermato tra live, ospitate tv (tra cui Verissimo e Domenica 5), lezioni di danza e la scuola, naturalmente. Infatti, non solo ha preso il diploma, ma ha deciso di concentrarsi sulla danza e si è da poco diplomato presso la scuola di Steve Lachance, ricevendo persino una borsa di studio presso la scuola “Balletto di Firenze Compagnia del Kaos”. In molti hanno già avuto il piacere di vederlo ballare ad eventi importanti come “Europa in Danza” presso l’Accademia Nazionale di Roma o sul set della serie tv “Non dirlo al mio capo” (uno dei più grandi successi di Raiuno, con protagonista Vanessa Incontrada).
Insomma, dai Gimme Five ad oggi di strada Kevin ne ha fatta parecchia e ora è pronto a tornare. Al momento non possiamo ancora svelarvi molto, se non che ci farà respirare atmosfere R&B, che si sposano alla perfezione con il suo particolare timbro vocale.

Kevin Peci: Nasce a Roma il 20/04/1995. Inizia a studiare canto all'età di 5 anni prendendo anche lezioni di danza. Nel 2009 esordisce in tv nel programma di Raiuno “I Raccomandati”, per poi approdare nel 2010 su Canale 5 al talent “Io Canto” (per due edizioni) dove ha l'opportunità di duettare con molti artisti tra i quali Francesco Renga, Raf, Max Pezzali, Pooh. Nel corso del programma si unisce ad alcuni suoi coetanei a formare il gruppo dei Gimme Five con i quali va in tour in tutta Italia con grandi riscontri. Continua poi ad esibirsi, sia con loro che da solo, in tour ma anche in tv, finché la boy-band non si scioglie e lui inizia a concentrarsi sulla sua carriera solista.

Teatro lo Spazio, dal 7 al 12 marzo DIMENTICANDO L'IMPERDONABILE e ASCOLTAMI regia Antonella Granata

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I ricordi di una donna tedesca sopravvissuta in un campo di concentramento in Germania. 

Dalla sua storia è nato il personaggio di Louise. Una giovane sostenitrice dell’antinazismo.          Si unisce all’associazione dei rivoluzionari artisti della Germania, un gruppo di persone il cui scopo era quello di usare l’arte come arma di rivoluzione. Denunciata e deportata insieme al marito.
L’incontro nel lager di personaggi che lei immortalerà nei suoi disegni. 
Un Commissario della Gestapo amante dell’arte che si lascia affascinare dal talento di Louise.
Nel Dicembre 1933 Louise viene graziata e liberata insieme ad altri prigionieri tedeschi.
I suoi disegni fatti durante la prigionia sono ancora intatti e saranno la cornice della piecè e la testimonianza di una pagina di storia, che anche se molto lontana non si dimenticherà mai.

Direzione artistica Francesco Verdinelli
Via Locri, 42 - 00183 Roma (San Giovanni, una traversa di Via Sannio)
 0677076486 - 0677204149 info@teatrolospazio.it
*****
7 MARZO
ore 20.30
DIMENTICANDO L'IMPERDONABILE
Scritto da
Ulrike Pusch
Tratto da una storia vera
Adattamento Teatrale e Regia
Antonella Granata
Movimenti coreografici
Manuel Paruccini
Musica e video
Piero Pizzul
Con
Francesco Sciacca, Manuel Paruccini, Paola Bellisari, Luca di Nicolantonio, Karen Fantasia, Stefania Biffani, Antonella Rebecchi, Viola Centi,Francesco Ciani, Kamila Bigos, Giulia Ceccarelli
e Martina Paruccini, Emma Bianchi e Annarita Chierici

Biglietto intero 12 euro
Biglietto ridotto 9 euro
Tessera semestrale 3 euro

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DALL'8 AL 12 MARZO
dal mercoledì al sabato ore 20.30
domenica ore 17.00
ASCOLTAMI
Scritto da Antonella Granata
Regia
Antonella Granata e Manuel Paruccini
Coreografie
Manuel Paruccini

Un percorso sulle emozioni, i sentimenti, le delusioni, le aspettative. Uomini che raccontano le donne...donne che si lasciano vivere....il tutto in uno scambio di voci e corpi in movimento.


TV8, “Italia’s Got Talent" CRESCE DEL 30%: OLTRE 2 MILIONI E UNA SHARE DEL 7,4%

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Crescono gli ascolti nella seconda puntata di “Italia’s Got Talent”: sono stati complessivamente 2 milioni 087 mila gli spettatori medi che hanno seguito ieri la puntata su TV8 (al tasto 8 del telecomando) e Sky Uno HD con una share complessiva del 7,4%.

Solo su TV8 si registra una crescita di quasi il 30% rispetto alla prima puntata con oltre 1 milione e 372mila spettatori e una share del 5,3%. Crescita anche su Sky Uno HD che con 714 mila spettatori segna un +20,4% con una share del 2,1%.

La seconda puntata ha visto l’assegnazione del primo Golden Buzzer della stagione: Elena e suo fratello Francesco hanno colpito il cuore di Luciana Littizzetto che si è commossa e non ha avuto dubbi a schiacciare il pulsante dorato al centro della scrivania. I due fratelli, uniti da una grande passione per la musica, conquistano così l’accesso diretto alla finale di Italia's Got Talent. Sul palco del Teatro Nuovo di Udine tra gli altri anche il giovane e scatenato batterista Edoardo di soli 7 anni che ha conquistato Claudio, Frank, Luciana e Nina all’unanimità. Quattro sì anche per l’ottantatreenne Vittorio Calogero che con la sua performance di yoga regala la bellezza e l’armonia di un affascinante amalgama di equilibrio fisico e mentale.

DISCOVERY ITALIA: OLTRE 2.000.000 DI TELESPETTATORI E IL 7,7% DI SHARE PER "FRATELLI DI CROZZA"

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Ieri, venerdì 3 marzo 2017, boom di ascolti in prima serata per il debutto di “Fratelli di Crozza”, che ha raggiunto 2.100.000 telespettatori totali in simulcast su NOVE, Real Time, Dmax, Focus e Giallo con una share del 7,7% sul pubblico totale (+6% rispetto all’esordio della primavera 2016).

Durante la messa in onda “FRATELLI DI CROZZA” è stato il 4° programma nazionale (dopo Rai1, Canale5 e Italia1) e il miglior risultato di sempre su un canale Discovery Italia.

Alessandro Araimo - General Manager Discovery Italia - “Questo è un risultato straordinario che conferma la bontà della scelta di aver investito su un grandissimo talento, Maurizio Crozza. Ed è un importante traguardo per le scelte editoriali che stiamo facendo su NOVE”.

Solo su NOVE, “Fratelli di Crozza” con 1.471.000 telespettatori e il 5,5% di share è stato  il miglior ascolto di sempre (7° canale nazionale sul pubblico totale).

Considerando la repeat, il programma ha raggiunto 2.800.000 telespettatori.

Grande partecipazione anche su Twitter: l’hashtag #FratellidiCrozza è entrato in 1^ posizione nei trending topic italiani.

Onda Distopica, il 17 marzo esce “Invisibili” primo album della rock band pugliese senza l’ausilio di una casa discografica

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Solitamente i processi innovativi si sviluppano principalmente nelle realtà metropolitane. Oggigiorno, però, internet apre le porte anche alle province. Basta un computer e un collegamento alla rete per poter partecipare alle innovazioni. È quello che è avvenuto a Carlantino, un piccolo paesino della provincia di Foggia, dove i membri degli “Onda Distopica” (giovane rock band locale) hanno deciso di incidere un album senza l’ausilio di una casa discografica. Ma cerchiamo di andare con ordine.

Molti considerano internet uno dei principali responsabili del decadimento musicale del nuovo millennio: la pirateria informatica affossa i guadagni delle case discografiche che, di conseguenza, non hanno risorse da investire su progetti musicali sperimentali. Dall’altro lato, però, la rete e la tecnologia informatica regalano delle grandissime opportunità alla musica indipendente. Avendo a disposizione un semplicissimo computer, una band emergente è in grado di registrare le proprie canzoni e di distribuirle online. E tutto questo può avvenire con un budget ridotto e senza firmare alcun contratto con le etichette discografiche.
Un esempio concreto? Prendiamo gli “Onda Distopica”. Poco meno di una dozzina di mesi fa, i quattro componenti del gruppo (Donatello, cantante e chitarrista; Giuliano, batterista; Luna, tastierista; Pietro, bassista) iniziano a condividere la scena sui palchi dell’entroterra foggiano e, contemporaneamente, danno il via a un progetto temerario: incidere un intero album tra le mura di casa con una strumentazione dal costo contenutissimo.
Il risultato finale si chiama “Invisibili”: album che, a partire dal 17 di marzo, sarà disponibile su Amazon e sarà distribuito sulle principali piattaforme online di streaming e di download (i Tunes, Google Play, Spotify e altri).
Avendo a disposizione una totale libertà creativa, gli “Onda Distopica” si sono permessi di affrontare tematiche di un certo peso nei loro brani: vale a dire la crisi politica, sociale ed economica della civiltà occidentale. Il tutto sorretto da un sound aggressivo, che si sposa con l’aura di protesta che avvolge le canzoni. In sostanza, l’intento principale di “Invisibili” vuole essere quello di denunciare tutto ciò che conduce la società moderna verso una deriva apocalittica.
L’intero album è un viaggio che parte dall’Altra Pelle, brano antirazzista per eccellenza, per passare poi a toccare temi come il terrorismo nel brano La dea della Morte, la mafia e la corruzione in Serpente Velenoso. Il brano Invisibili (da cui prende il nome l’album) racchiude in sé tutta l’essenza dell’album, dedicato proprio a tutte quelle persone che si sentono schiacciate da una società che non da loro spazio e valore. Il Vento e Generazione Inerte sono i due brani più spinti dal punto di vista ritmico: il primo racconta la voglia di non seguire il gregge, il secondo come sempre di più le nuove generazioni siano vittime della staticità e del disinteresse per quello che accade nel mondo, come se fosse qualcosa che non gli riguarda. Con un sound rock-blues abbiamo poi Paura, che parla dello sfruttamento nel mondo del lavoro e di come molta gente pur di essere stimata passi la sua intera vita a dedicarsi solo a quello. Chiude l’album l’apocalittico brano la Fine dei Tempi, che vede la rinascita di un mondo migliore a partire dalle ceneri che resteranno di questo mondo.

Brescia, dal 7 marzo la mostra "Psychedelic Breakfast" di Camilla Filippi

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Grande attesa per il ritorno della mostra più surrealista degli ultimi anni:

Sarà Brescia, la città Natale di Camilla Filippi ad ospitare Psychedelic Breakfast: Torna a distanza di due anni una nuova selezione di cinquanta opere, tra cui spicca Maternity in cui Camilla Filippi si ritrae esprimendo emozioni e stati d’animo impersonando celebri icone del mondo del cinema, politica, musica, sport e non solo.
"Sono emozionata per questa mostra e per il contesto in cui sarà presentata perché il mio lavoro è una sorta di diario emotivo, intimo e personale e mostrarlo nella mia città Natale gli conferisce una maggior profondità” racconta Camilla Fillippi e prosegue “Credo oltretutto che in questi ultimi anni Brescia stia vivendo una rinascita culturale forte, abbia capito in quale direzione andare per contrastare in parte questa crisi economica, valorizzando il nostro territorio, le nostre risorse culturali e le varie identità che la animano, ed essere parte di questo cambiamento mi riempie di gioia e orgoglio."
Contestualmente a questo progetto Camilla Filippi continua la sua carriera di attrice.
L’8 marzo sarà presentato a Bologna Paura non abbiamo per la regia di Andrea Bacci, documentario in cui Camilla è la voce narrante racconta l’Italia degli Cinquanta attraverso le lotte per i diritti delle donne e del lavoro. Prossimamente la vedremo nella seconda serie di Tutto può succedere2 remake di Parenthood per la regia di Lucio Pellegrini e Alessandro Angelini prodotto da Cattleya per Raiuno.
CAMILLA FILIPPI
Psychedelic Breakfast

a cura di Renato Corsini
La mostra è inserita nel programma ufficiale del BRESCIA PHOTO FILM FESTIVAL
VERNISSAGE: MA.CO. martedì 7 marzo 2017 h. 20.30
La mostra prosegue fino a domenica 4 giugno

Nastri d'Argento, "NAPLES ’44" di Francesco Patierno miglior documentario nella sezione Docufilm

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Sono stati annunciati i vincitori dei Nastri D’Argento per i Documentari, assegnati dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Italiani, e NAPLES ’44 di Francesco Patierno è il vincitore del Nastro d’Argento per il miglior documentario nella sezione Docufilm.

Naples ’44, scritto e diretto da Francesco Patierno, è prodotto da Dazzle Communication con Rai Cinema, ed è stato distribuito in sala da Istituto Luce Cinecittà.

Così il regista Francesco Patierno, ha commentato il premio:
"Sono particolarmente felice di aggiungere il mio nome, ma soprattutto quello di Naples '44, ad un premio così antico e prestigioso. Condivido la mia gioia con quella dei produttori Davide Azzolini e Francesca Barra. Oggi è una bella giornata"
 

Davide Azzolini, produttore per Dazzle Communication continua:  “Siamo molto felici di ricevere questo premio per NAPLES ’44 che è il risultato di un lavoro complesso e appassionato durato quasi tre anni. Voglio condividere questo riconoscimento con tutti coloro che hanno creduto nel nostro film ed hanno contribuito alla sua realizzazione.”

Il documentario, tratto dall’omonimo romanzo di Norman Lewis (Adelphi Edizioni), immagina l’ufficiale inglese, divenuto dopo la guerra un affermato scrittore, tornare molti anni dopo nella città che lo sedusse e lo conquistò per rivivere un visionario amarcord fatto di continui flashback tra i luoghi del presente, che Lewis ripercorre dopo tanto tempo, e le storie del passato di cui questi luoghi sono stati protagonisti. E così, tra signore in cappello piumato che mungono capre tra le macerie, statue di santi preposti da una folla in deliquio a fermare l’eruzione e professionisti in miseria che sopravvivono impersonando ai funerali un ricco e aristocratico zio di Roma, vedremo sfilare negli ottanta minuti di cui è composto il film un’eccitante e imprevedibile sequenza di storie e personaggi assolutamente indimenticabili.
 
scritto e diretto da
 FRANCESCO PATIERNO


una produzione Dazzle Communication con Rai Cinema
produttore associato IN BETWEEN ART FILM
in associazione con ISTITUTO LUCE CINECITTÀ


con il sostegno di BPM BANCA POPOLARE DI MILANO
in associazione con E. MARINELLA - ai sensi delle norme sul tax credit
in associazione con MANCIO - ai sensi delle  norme sul tax credit

film riconosciuto di Interesse Culturale realizzato con il contributo economico del
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO  - DIREZIONE GENERALE PER IL CINEMA 

Durata 84 minuti
Distribuito da

Amatrice, uscito "PICCOLA" il nuovo tormentone dance realizzato a sostegno della ludoteca

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(video) Chi è Piccola? Piccola è Pascoli e Peter Pan, è Stand by Me e Senti chi Parla, è il Pulcino Pio e Found Love. Ma non solo. Piccola è una bambina di 4 anni, reale ed in carne ed ossa con un talento sconfinato che le permette di sentire una qualsiasi canzone e reinterpretarla al piano, in qualsiasi lingua.

Parole semplicissime, dirette e chiarissime, che tirano fuori il fanciullo che c'è in ognuno di noi: “Voglio ballare con mio Papà” è il ritornello diventato ormai virale.
Grazie all’entusiasmo mostrato dal Sindaco Sergio Pirozzi di Amatrice, comune più colpito dal sisma dell’estate 2016, una parte degli utili ricavati dalla vendita del singolo su iTunes verrà devoluta alla costruzione e al mantenimento della ludoteca “Piccola”.
Piccola nasce una sera qualsiasi dando ad una cantilena nata per caso un senso metrico. Si è deciso di non girare un video “serio” ma di pubblicare un Official Fan Video, un numero zero composto da riprese amatoriali di gente comune rimasta stregata dal ritornello. A questo clip ne seguiranno poi altri caratterizzati dal materiale che continua ad arrivare giorno dopo giorno, proprio per mantenere il carattere viral del progetto.
Anche le mosse del balletto sono semplici e rimangono fisse in mente dopo la prima visione, soprattutto se come tutor d'eccezione a spiegarcele sono Lorella Cuccarini, Matteo Viviani de Le Iene e Giovanni Vernia.

Piccola scalpita, canta e balla come una matta, non vede l'ora di esibirsi live con il “The Piccola Show” (thepiccolashow.com), una performance che ha trovato l'entusiasmo di Top Dj's, Stefano Fisico, Dj Jurij, Kuerty Uyop, che saliranno sul palco assieme a 4 ballerine e 2 ballerini, che eseguiranno la coreografia assieme alla Piccola protagonista.


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Carrozzerie n.o.t.,dal 16 al 18 marzo "ALKESTIS 2.1" scritto e diretto da Johannes Bramante

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Debutterà in prima nazionale a Carrozzerie n.o.t. – dal 16 al 18 marzo 2017 - ALKESTIS 2.1 scritto e diretto da Johannes Bramante. Protagonisti: Lucia Bianchi, Alessandro Lussiana, Francesca Accardi. Uno spettacolo che si ispira ad un mito che nella sua eternità resta vivo in noi. Un testo ambientato ai giorni nostri, in cui la dimensione tragica e mitologica è interiore ai protagonisti, i quali dimostrano come l’universalità del mito sia insita nell’uomo.

Un fotografo e una giovane modella. Lui tormentato da una vita senza grandi successi, lei al limite estremo dell'ultima speranza. L'incontro non è dei più felici, la rassegnazione del primo e la poca esperienza della seconda non sembrano inizialmente favorire una feconda collaborazione. Soltanto un gesto estremo e umiliante da parte di lei convincerà, alla fine del loro primo incontro, il fotografo a tentare qualche scatto. Il successo è immediato. Tuttavia come si presentano i primi traguardi, che i due taglieranno con facilità, così si presenta nella mente del fotografo una vecchia idea, un demone nascosto da anni di insuccessi: è la fotografia perfetta, quello scatto che trascenderà le copertine dei giornali e regalerà, a chi l'ha fatto, la gloria del grande artista. Il fantasma dell' ipotetica fotografia è seducente.  Molto.  Troppo.  Con il passare degli shooting fotografici, il corpo e la mente della giovane ambiziosa diventano per l'artista ossessivo sempre più una materia da modificare; carne e forma, nulla di più, nulla di meno. E lei accetta. È la fame di fama, l'immediato e volubile potere del denaro a facilitare alla ragazza un'umiliazione della propria persona a favore della gloria della fotografia, di se stessa. Gli scatti diventano torture. I corpi meri mezzi per uno scopo virtuale. Le parole si fanno più rade. Parla il flsh della macchina fotografica. Agisce il bisturi. Si consumano in una simbiosi malvoluta i due cercatori di fama. La mortificazione dei loro corpi soltanto alla fine si risolverà in una visione più profonda della loro condizione eternamente umana, eternamente anelante, ma sarà troppo tardi e il prezzo sarà già pagato. Non è con occhi umani che si può contemplare il proprio trasumanare.

Note di regia
Lo conosciamo, il mito. Quello della pia donna d'un remotissimo non-tempo che, per strappare il pusillanime coniuge da morte certa, si sacrifica al posto del marito. Conosciamo la tragedia. Conosciamo la commedia. Conosciamo il dibattito sulla tragedia che-non-è-una-tragedia. Insomma, conosciamo Alcesti. L'abbiamo incontrata tra i banchi d'un liceo, nel polverone d'un teatro all'aperto, nelle riflessioni di qualche filosofo nichilista. Ne conosciamo anche un altro, di mito. Siamo stati tutti sedotti dai pochi versi che Ovidio dedica alla bramosia d'amore – o d'amor di se, chi lo sa! - del giovane artista Pigmalione. L'abbiamo anche invidiato un pochino, lui che con tecnica e martello si costruisce la donna ideale e che resterà vinto dal fascino della sua stessa creazione. Questo Dorian Grey altruista della Grecia antica! Sì, in una sempre più sbiadita memoria collettiva d'un occidente colto e appassionato queste figure esistono. Vagano. Afferrano. Ogni tanto si smarriscono. Ma sempre tornano. E allora – nella tragica comicità del quotidiano – si compone la mirabile visione: personaggi e situazioni senza apparente incisività risvegliano il Mito dal suo torpore secolare. Ci troviamo nello studio di un fotografo, condannato dalla sua ambizione a una ricerca del bello e del vero solo a servizio del proprio piacere. Vediamo allora proporsi come modella una delle – tante, tantissime, infinite – fanciulle alla ricerca del sacrificio che le immolerà all'eterna bellezza sulla copertina d'un giornale. Il patto è già fatto prima che i due pallidi riflessi dei rispettivi miti suggellino qualsiasi carta. Il Fotografo-Pigmalione opererà sulla Modella-Alcesti con minuzia chirurgica per ottenere il suo premio: la fotografi perfetta, il dono degli dei che lo renderà mito immortale. D'altro canto la Modella-Alcesti lascerà frugare il proprio corpo dal Fotografo-Pigmalione per divenire la donna velata che sfida – e vince! - la morte di un corpo corruttibile per restare, velata dal proprio giovane e seducente ritratto, impressa nella memoria degli altri, poveri mortali. I personaggi non cercano il mito, è il mito a trovare i personaggi. Nel corso di un anno, a cominciare dai primi brevi e intensi incontri fio a perdersi nel vortice d'una mendace gloria, il fotografo e la modella si sfidano a vicenda. Si studiano. Si torturano. Di carne fanno marmo. Di ambizione fanno religiosa visione. Tormentati entrambi da quella “Fotografi di Alcesti” che vive soltanto nella mente del fotografo e nella speranza della modella finiranno per giungere a una conclusione molto più tremenda di qualsiasi bramosia di fama. Tremenda perché inconciliabile con qualsiasi piano o strategia elaborata da mente umana. Incontreranno, senza volerlo, una visione eterna della bellezza, un senso reale e pacifico della loro piccola esistenza quotidiana; la incontreranno però dopo aver versato sangue a favore delle Divinità del Successo e del Danaro, dopo aver modificato e mortificato violentemente il proprio corpo e il proprio cuore. E allora, senza saperlo, saranno diventati miti. Così come tutti noi da sempre non siamo altro che il pallido riflesso di una storia già raccontata migliaia di anni fa.
Johannes Bramante
16 | 17 | 18 marzo 2017
Compagnia Coturno 15 presenta
ALKESTIS 2.1
scritto e diretto da Johannes Bramante 
Con Lucia Bianchi, Alessandro Lussiana, Francesca Accardi
Luci Mauro Buoninfante 

Carrozzerie n.o.t
Via Panfilo Castaldi 28/a (Ponte Testaccio)
(+39) 347 189 1714 | www.carrozzerienot.com | carrozzerienot@gmail.com
Orario spettacoli: ore 21,00
Biglietti: intero: 12 Euro - Tessera Obbligatoria 3 Euro 
Consigliata Prenotazione Telefonica - Ingresso Riservato ai Soci

Teatro Biondo di Palermo, dal 7 al 12 marzo “Il Casellante” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale

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PALERMO - Un tradimento che giura amore eterno. Perché il transfer che avviene dal racconto alla sceneggiatura teatrale, dalle pagine di un libro al palcoscenico, mutua l’opera ma non la snatura; altera le forme ma senza annacquare i contenuti.
Si colora con la voce e i volti degli attori, ma preservando rigorosamente la narrazione e custodendone i sospiri poetici. È questo il dinamismo professionale che contraddistingue il regista Giuseppe Dipasquale, allievo di quel Camilleri che racconta l’altra Sicilia, «quella lunga quasi un secolo, che ha finalmente elaborato il lutto e ha finito di fare geremiadi pur senza sottacerne le incognite», come sottolinea lo stesso regista. Un incessante esercizio di stile per far schizzare l’inchiostro nella partitura scenica e disegnare l’espressione corporea dei personaggi che nascono dal genio creativo del Maestro. Un rapporto simbiotico, quello tra i due, che vive di ricordi avvolti da quella dolce vita d’Accademia che trascinava i cantastorie della contemporaneità verso la rivoluzione delle visioni.

Tutto questo (e molto altro) è l’anima de “Il Casellante”, che dal 7 al 12 marzo andrà in scena al Biondo di Palermo. Dopo un tour che ha toccato diverse città italiane, lo spettacolo approda finalmente in Sicilia, terra di contraddizioni che passa dal tubo catodico attraverso Montalbano e si riversa nel presente vivendo le passioni dei teatranti e del Teatro. Quello con la maiuscola, quello vivo, fatto per le persone e con le persone. «Portare Camilleri a teatro è come traghettare un’emozione tra prosa e poesia – spiega il regista siciliano Dipasquale – e questo è stato possibile anche grazie alla musica, che accompagna un linguaggio personale, originale com’è quello di Camilleri; e che ritma una divertita sinfonia di parlate fatta di neologismi, di sintassi travestita. Il Casellante è rimasto integro, ha una stabilità narrativa che è stata calata di peso nella solidità drammaturgica, questo anche perché ha la forza mitologica che l’autore ha voluto dare alla storia». Un amore artistico, quello tra Camilleri e Dipasquale, che ha segnato un passaggio di consegne: l’arte di Camilleri a teatro, con quella forza che dalle parole arriva all’azione, coinvolgendo il pubblico attraverso il sentimento. 

«Mentre scrivevo Il Casellante – spiega Andrea Camilleri - mi sono abbandonato a una sorta di tentativo di poesia in prosa: anche la scrittura è diversa, pur mantenendo il suo rigoroso vigatese. È più fantasiosa, più libera, più ariosa, vira e volteggia intorno alla fabula. Se il regista avesse ipotizzato una scenografica chiusa, blindando lo spazio scenico, avrebbe commesso un errore. Invece ha usato il palcoscenico come spazio aperto, come spazio della fantasia assoluta, dove il racconto ha trovato con semplicità la sua sede naturale, utilizzando pochissimi mezzi scenici e affidando tutto il resto al canto e parola. Giuseppe ha fatto quello a cui narrativamente tendevo: una melopea teatrale, o meglio, un cunto siciliano, in cui la musica ha una valenza drammaturgica preminente che centra lo spirito motore col quale ho scritto questo lavoro. Ma questo per me è il teatro – continua lo scrittore, maestro del corso di Regia all’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico” nel 1985, quando avvenne il primo incontro tra i due - la libertà di distaccarsi dal testo pur fornendo la stessa chiave di lettura e rimanendo a fuoco sul tema, con l’obiettivo di lasciare immaginare il pubblico, trascinarlo verso la scoperta di se stesso ma attraverso un’altra dimensione». Quella profonda del teatro, dove l’azione è affidata alla parola. E viceversa.

Dal 7 al 12 marzo | Teatro Biondo | Palermo
IL CASELLANTE
di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
dal romanzo di Andrea Camilleri (Sellerio Editore, Palermo)
regia Giuseppe Dipasquale

con Moni Ovadia, Valeria Contadino, Mario Incudine
e con Sergio Seminara, Giampaolo Romania

musiche dal vivo con Antonio Vasta, Antonio Putzu
musiche originali di Mario Incudine con la collaborazione di Antonio Vasta
scene Giuseppe Dipasquale
costumi Elisa Savi
luci Gianni Grasso
la canzone La crapa avi li corna è di Antonio Vasta

produzione
Promo Music - Corvino Produzioni
Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano
Comune di Caltanissetta
Foto di Antonio Parrinello

DISCOVERY CHANNEL, stasera IN PRIMA TV GLOBALE IL DOCUMENTARIO "L'ESERCITO DELLE SCIMMIE" ORE 21

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In occasione dell’uscita nelle sale cinematografiche del film “Kong, Skull Island”, Discovery trasmette in prima tv globale la storia dell’affascinante evoluzione delle scimmie guerriere di Ngogo, in Uganda: “L’ESERCITO DELLE SCIMMIE” in onda domenica 5 marzo alle ore 21:00, su Discovery Channel (Sky canale 401 in HD e su Discovery Channel+1 canale 402).

Gli scimpanzé di Ngogo, noti come il più grande branco di scimmie che sia mai stato scoperto, da oltre vent’anni vivono in tribù nemiche in costante guerra tra loro e nel tempo hanno sviluppato una serie di strategie di guerra molto simili a quelle umane; dominano un vasto impero attraverso la tecnica della paura, difendono il loro territorio con guerre e alleanze strategiche e vanno in cerca dei loro nemici per ucciderli.

“L’ESERCITO DELLE SCIMMIE” è stato realizzato per raccontare straordinarie storie vissute nell’arco di 20 anni; i ricercatori che per primi hanno studiato e filmato queste creature nel 1993 hanno cercato di capire come siano riuscite a formare questa forte unità, mai osservata prima in natura. La loro dedizione, la straordinaria capacità come narratori e il notevole materiale d’archivio, insieme a nuovi filmati, rivela una rivoluzionaria analisi del comportamento animale e forse persino dell’evoluzione umana.

“L’ESERCITO DELLE SCIMMIE” (1 episodio da 120 minuti)

Corea del Sud, sci: bis di Sofia Goggia, vince il supergigante, dopo la discesa libera di sabato

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A Joengseon, in Corea del Sud, vince ancora Sofia Goggia: l'atleta bergamasca si aggiudica il SuperG di Jeongseon, in Corea del Sud, e bissa il successo ottenuto in discesa libera ottenuto ieri. Una gara splendida, in cui ha preceduto di 4 centesimi Lindsay Vonn. Terzo gradino del podio per la slovena Ilka Stuhec. Quarta l'altra italiana Federica Brignone. Sofia Goggia, dopo ben 9 podi stagionali, con il 10/o di ieri ha superato il record di Deborah Compagnoni e ha battuto per soli 7 centesimi la statunitense Lindsey Vonn; 3/a la slovacca Ilka Stuhec, a 0"23.

    "Non mi aspettavo di vincere - ha detto Goggia - In prova avevo sempre saltato una porta, nel passaggio dopo il secondo salto, e Vonn si era dimostrata superiore. Ora è bello essere davanti per 7 centesimi, che poi sono quelli che lei ha dato a me a St. Moritz. "Sono molto felice per questa vittoria, la dedico -ha aggiunto l'atleta - a tutte le persone che hanno lavorato con me per il raggiungimento di questo risultato, a partire dallo staff tecnico, al preparatore, all'osteopata e via dicendo: tutti quelli che hanno contribuito al raggiungimento di tutti i podi e della medaglia".

Anci Nazionale di Roma, il 6 marzo convegno “La valigia di salvataggio” contro il femminicidio

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Il 6 marzo dalle 15.00 alle 18.00 nella Sala della Conferenze della sede Anci Nazionale di Roma (Via dei Prefetti 46) si terrà “La valigia di salvataggio”, evento promosso dalla Consulta delle Donne Amministratrici ANCI Lazio per dare visibilità alla tematica delle donne vittime di violenza.

Al centro del convegno la presentazione del lavoro svolto dall'Associazione "Salvamamme", alla quale la Consulta ha deciso di concedere il patrocino, che si pone come obiettivo principale quello di fornire una "valigia di salvataggio" contenente beni di prima necessità indispensabili nella fase di abbandono del domicilio coniugale. L'incontro si prefissa di rendere sempre più nota la problematica della violenza di genere ed illustrare le misure utili al suo contrasto, unitamente ai temi riguardanti le difficoltà ad essa correlate, come l'occupazione femminile, le complicazioni nella crescita dei propri figli in autonomia e la reintegrazione delle vittime nella società civile.
Dopo i saluti di Fausto Servadio, Presidente ANCI Lazio, di Maria  Grazia Passeri, Presidente dell'Associazione "Salvamamme", di Ginevra Bianchini, Coordinatrice Consulta Donne  Amministratrici e di Eleonora Mattia, Vice Coordinatrice Consulta Donne ANCI, interverranno all’incontro, moderato da Carmela Cassetta, membro del direttivo ANCI Lazio, Barbara De Rossi Presidente Onoraria Associazione “Salvamamme", Katia Pacelli psicologa, Tommasina Raponi, Psicologa, Gabriella Salvatori, Criminologa, Flavia Manni, Penalista, Edoardo  Marcelli, Vice Questore  di Roma. Conclusioni di Rita Visini,Assessore alle Politiche Sociali della Regione  Lazio.

Teatro Vascello di Roma, la compagnia dei Motus contro il femminicidio il 6 Marzo con "Dimmi che mi ami”

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La “danza scomoda” dei MOTUS è di nuovo impegnata in una battaglia nazionale per denunciare quella che può essere definita una vera e propria strage. Con “Dimmi che mi ami”, in scena al Teatro Vascello di Roma il 6 Marzo 2017 ale ore 21, la Compagnia lancia un grido d’allarme contro il femminicidio, fenomeno in aumento che registra in Italia una vittima ogni due giorni e mezzo e che, nella maggioranza dei casi, è perpetrato da un familiare o da una persona con cui la vittima ha avuto una relazione. 

Addentrandosi nelle cause e nei meccanismi psicologici che conducono gli uomini ad arrogarsi diritto di vita o di morte sulle loro compagne, MOTUS analizza la diminuzione della percezione di realtà che viene dall'attutirsi del sentire e dall'incapacità di avvertire il valore delle cose, tipiche del mondo contemporaneo in disgregazione. In un contesto affettivamente precario, la ricerca di amore assume la connotazione di un affannoso e spasmodico inseguimento per raggiungere il possesso dell'altro, come unico sbocco possibile ai propri conflitti interiori. E la violenza contro le donne diviene "uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini" come sancisce l’Assemblea Generale Onu.
I comportamenti amorosi ambientati in questa cornice sgangherata, sono fotografati da MOTUS come surrogato di certezze che non ci sono, in grado di sopperire a bisogni esistenziali che altrove non possono essere soddisfatti. E allora sulla scena si alternano varie solitudini, dal bisogno di tenerezza all’esibizionismo, dalla ricerca spasmodica del partner, alla violenza del tutti-contro-tutti. Ma più di tutte domina la solitudine delle donne che subiscono violenza (6 milioni e 788 mila, solo in Italia, secondo i dati Istat 2015) spesso incapaci di denunciare i propri carnefici e non sufficientemente tutelate anche quando trovano il coraggio di denunciarli. La stessa solitudine di Giordana Di Stefano, danzatrice appena ventenne, accoltellata e uccisa a Nicolosi il 7 Ottobre 2015 dall’ex fidanzato che aveva denunciato per stalking, alla quale MOTUS dedica lo spettacolo. 
Interpretato da Veronica Abate, Martina Agricoli, Andrè Alma, Maurizio Cannalire, Simona Gori, su coreografie di Simona Cieri e regia di Rosanna e Simona Cieri, lo spettacolo è frutto della collaborazione con il compositore napoletano Daniele Sepe, uno degli autori più interessanti e prestigiosi del panorama nazionale, che firma le musiche originali.

STAGIONE TEATRALE 2016-2017
Teatro Vascello 
Direzione Artistica Manuela Kustermann
6  marzo 2017 h 21                                   Danza

DIMMI CHE MI AMI
coreografia Simona Cieri
soggetto rosanna Cieri
musiche originali Daniele Sepe
disegno luci Rosanna Cieri
costumi Marco Caboni
danzatori Veronica Abate, Martina Agricoli, Andrè Alma
Maurizio Cannalire, Simona Gori
regia Rosanna e Simona Cieri
produzione  Motus Danza

MOTUS anticipa la Festa della Donna
“DIMMI CHE MI AMI” DI MOTUS UN GRIDO D’ALLARME CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE

INFORMAZIONI E BOTTEGHINO
Abbonamenti: 10 spettacoli a scelta 100,00 euro tra prosa, danza, musica 
5 spettacoli a scelta 60,00 euro tra prosa, danza, musica 
3 spettacoli a scelta 30,00 euro tra prosa, danza, musica 
Biglietteria:
Intero Danza 15,00 €
Ridotto Danza over 65 e studenti 12,00 euro 
Servizio di prenotazione 1,00 € a biglietto
TEATRO VASCELLO
via Giacinto Carini, 78 – 00152 Roma
Tel. 06.5881021/06.5898031
www.teatrovascello.it promozione@teatrovascello.it
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#Prosa #Danza #Musica #TeatroDanza #Performance #Readingletterari #Clownerie #Circo #Concerti #SpettacoliperBambini #FestivaL #Eventi #Laboratori

TEATRO VASCELLO
via Giacinto Carini n.78- info: 065881021 -065898031 

IL Teatro Vascello si trova nello splendido quartiere di Monteverde vicino al Gianicolo sopra a Trastevere a Roma, con i suoi 350 posti, la platea a gradinata e il palcoscenico alla greca permette un'ottima visibilità da ogni postazione.
Il Teatro Vascello propone spettacoli di Prosa, Spettacoli per Bambini, Danza, Drammaturgia Contemporanea, Eventi, FestivaL, Rassegne, Concerti, Laboratori

Come raggiungerci con mezzi privati: Parcheggio per automobili lungo Via delle Mura Gianicolensi, a circa 100 metri dal Teatro. Parcheggi a pagamento vicini al Teatro Vascello: Via Giacinto Carini, 43, Roma; Via Francesco Saverio Sprovieri, 10, Roma tel 06 58122552; Via Maurizio Quadrio, 22, 00152 Roma, Via R. Giovagnoli, 20,00152 Roma 
Con mezzi pubblici: autobus 75 ferma davanti al teatro Vascello che si può prendere da stazione Termini, Colosseo, Piramide, oppure: 44, 710, 870, 871. Treno Metropolitano: da Ostiense fermata Stazione Quattro Venti a due passi dal Teatro Vascello

San Longino, il libro fa luce sul Santo della lancia, il centurione che squarciò il costato di Cristo sulla Croce

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Era il soldato che con un colpo di lancia squarciò il costato di Cristo sulla Croce? Il centurione che, commosso dalla morte di Gesù, ne affermò la divinità? O piuttosto il capo del picchetto di militari messo a guardia del sepolcro? Tante le identità che, nel tempo e nei vari scritti, sono state attribuite a San Longino, una figura che resta ancora avvolta in un alone di mistero, cui contribuisce a far luce il libro “Longino, il Santo della lancia” uscito in questi giorni, edito da Graphe.it. Ce ne parla Roberta Barbi: 

“Gesù, emesso un grande grido, spirò. Allora il velo del tempio si squarciò in due dall’alto fino al basso. E il centurione, vistolo spirare gridando a quel modo, esclamò: ‘Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!’”.
Da queste poche parole del Vangelo di Marco, ma che si ritrovano con qualche differenza di particolari in quelli di Luca, di Matteo e di Giovanni, deriva il culto di San Longino, forse uno dei Santi militari ancora oggi meno studiati. Che fosse il soldato che con la lancia ferì il costato di Gesù da cui sgorgarono sangue e acqua oppure il centurione romano convertito ai piedi della Croce oppure il militare a capo delle guardie del Santo Sepolcro? A rispondere, dopo un lungo studio dei testi, alcuni dei quali mai tradotti in italiano, è il prof. Gianluca Orsola, docente di Lingua latina alla Pontificia Università Lateranense di Roma:

“Longino è un’unione di tutti questi, perché comunque sono varie sovrapposizioni nei secoli. Si parte appunto da questo personaggio che era alla base della Croce: la lancia λόνγχη – dal nome 'lancia', poi 'longino'– perché ovviamente nei Vangeli apocrifi si cercava di dare un nome ai vari personaggi che poi rimanevano anonimi nei Vangeli canonici. Questi personaggi sono tutti un po’ fusi insieme e, quindi, hanno dato luogo a questo Longino, ma effettivamente non potrei dire se fosse uno o l’altro”.

Sappiamo che in seguito Longino abbandonò la milizia, venne istruito nella fede dagli Apostoli e se ne andò a Cesarea di Cappadocia, della quale divenne il principale evangelizzatore, conducendo laggiù una vita di santità che si concluse con il martirio, come spiega ancora il prof. Orsola:

“Longino suggella la sua vita con il martirio, prima della pace costantiniana il martirio era un po’ il coronamento: l’eroicità delle virtù, l’eroe delle virtù era il martire. E quindi il martire, addirittura come eroe, paragonato a chi vinceva le gare nei circhi, l’esempio per chi voleva aspirare alla beatitudine eterna. Il primo martire è Gesù. Longino, temporalmente parlando, è molto vicino al martirio di Gesù”.

Longino e la sua lancia, comunque, furono immortalati da diversi artisti: è del Bernini stesso la statua alla base di uno dei quattro piloni che sorreggono la cupola di San Pietro, ma anche la città di Lanciano pare derivi il suo nome latino da quello più antico di “Anxanum”, legato alla prodigiosa lancia di Longino. Gli imperatori del Sacro Romano Impero avevano tra le proprie insegne la “sacra lancia”: una punta di questa è ancora oggi custodita a Vienna; un’altra reliquia fu invece conservata a Parigi prima di andare dispersa nella Rivoluzione francese. Perché tutta questa importanza attribuita alla lancia di Longino e qual è quella vera?

“Ce ne sono diverse parti, anche perché era stata divisa in piccole parti, ecco perché esistono vari luoghi che rivendicano di avere la lancia. Il fatto, invece, interessante è che la lancia è un’arma a punta e i talismani con la punta erano considerati più potenti. E in più questo è un talismano che ha toccato il Cristo, come elemento di forza e potenza per chi lo possedesse”.

I martiri, per la Chiesa, sono sempre esempi di virtù. Papa Francesco, all’Angelus del 26 dicembre 2016, in occasione della solennità di Santo Stefano, ha detto che ci sono più martiri oggi che nella Chiesa dei primi secoli. Cosa racconta un martire come San Longino all’uomo di oggi?

“Longino è un esempio: ha voluto dichiarare che Gesù è il Cristo fino alla fine. Longino che, secondo una tradizione si convertì ai piedi della Croce, secondo un’altra tradizione medievale addirittura riacquistò la vista con il fiotto di sangue che sgorgò dal costato di Cristo, ha sempre dichiarato che Gesù era il Cristo: la coerenza e l’eroicità delle virtù”. Roberta Barbi, Radio Vaticana, Radiogiornale del 5 marzo 2017.

Caterina Guttadauro La Brasca, scrittrice, autrice, appassionata d’Arte e di Letteratura, si racconta a Fattitaliani. L'intervista: alla base di tutto l'Amore

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Ho incontrato Caterina Guttadauro La Brasca a Palermo, nella mia splendida città, che è anche la sua. Anche se da anni vive a Bologna che l’ha adottata e coccolata come artista, come scrittrice, come autrice, e soprattutto come Donna impegnata in svariate attività culturali e sociali delle quali ci parlerà nella nostra chiacchierata. Ci siamo incontrati al Teatro Massimo di Palermo, che adesso ha un bellissimo bar a piano terra dove si possono apprezzare le buon letture e si può stare comodamente seduti nella terrazza esterna a bere qualcosa di buono e a chiacchierare avvolti dolcemente da una nuvola di grande ed intensa storia artistica siciliana, ammirando uno scenario incantevole che è quello di piazza Verdi, al centro della quale si erge imperioso il Teatro, sovrastati entrambi da un’Opera architettonica tra le più belle e affascinanti del mondo.

Ciao Caterina, Benvenuta e Ti ringrazio onorato per avermi concesso questa intervista. Ho fatto una breve presentazione perché vorrei che durante la nostra chiacchierata fossi Tu a presentarti artisticamente e professionalmente. Ma come faccio spesso, vorrei iniziare questa conversazione chiedendoti di commentare una citazione di un grandissimo scrittore statunitense che per certi versi rivoluzionò vigorosamente il modo di scrivere degli anni ’80-‘90. La frase è questa: «La mia croce è capire come amare il lettore senza credere che la mia arte o il mio valore dipendano esclusivamente dal suo amore per me. In astratto è semplicissimo. Nella pratica è una cazzo di guerra quotidiana.» David Foster Wallace, in “Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi”, biografia di T.D. Max (Giulio Einaudi Ed., Collana “Stile Libero Extra”, 2013). C’è davvero, Caterina, questa sorta di disorientamento dell’artista, e dello scrittore in particolare, che per certi versi è costretto ad una sorta di scissione-psicotica tra quello che è nella sua natura di artista, che dovrebbe vivere esclusivamente della sua arte e della possibilità di esprimerla, e insieme il bisogno narcisistico, ma al contempo intellettualmente rassicurante, che in effetti quello che crea è Arte perché trova un riscontro nei lettori, nel pubblico e negli appassionati che amano quella particolare forma artistica che di fatto dànno la vera “identità-sociale” dello scrittore. In fondo scrivere solo per sé stessi non è Arte. Così come scrivere senza essere apprezzati non può dare quella carica intellettuale e narcisistica che di fatto alimenta l’artista nella sua quotidianità. Ecco, Caterina, Tu che mi dici, cosa pensi di questa piccola introduzione che ho fatto alla nostra conversazione, che sarà certamente interessantissima?
Iniziare con riferimento a David Foster Wallace potrebbe far pensare ad una intervista rivoluzionaria, fuori dal coro. Sappiamo di parlare di un Genio statunitense che si è impiccato a 46 anni. Tu mi chiede cosa penso di una delle sue frasi più rivelatrici del suo modo di essere, della sua mania del controllo, delle sue dipendenze. Io penso che sia inesatta la frase che spesso si dice: Ognuno scrive per sé stesso. L’Artista non ha certezze assolute, si alimenta di dubbi, di sogni, di nodi esistenziali irrisolti che, fine a sé stessi, non possono chiamarsi Arte. Wallace non voleva essere un mito ma essere, semplicemente, letto. In questo suo desiderio c’è la certezza che si ha bisogno di conferme, di consenso, di critica e anche di contraddizioni perché possa essere sancita l’identità dell’Artista, che si nutre di queste per alimentare la sua carica intellettuale e affettiva. Quindi non scissione, ma Dualismo Compensativo. Nello scambio tra chi scrive e chi c’è sempre una storia d’Amore……una storia di fantasmi….
Anche la tua, Caterina, è una prospettiva molto interessante, e per certi versi originale. Ma non credo, sinceramente, che David Foster Wallace in quello che ha detto avesse torto. Mi capita con moltissimi artisti che intervisto. Probabilmente la maturità artistica, che si conquista dopo tanti anni di successi e di Opere di spessore, consentono di andare oltre e vedere l’Arte da una prospettiva più introspettiva che socialmente condivisa di chi deve, o dovrebbe, apprezzarti per le Opere che realizzi al di là di tutto … ma solo in quanto Artista che ha la capacità, non tanto di creare, quanto a mio avviso di “posizionarti” in una prospettiva nuova per farti vedere il mondo e i suoi accadimenti emozionali da un punto di vista diverso da quello abituale che il lettore sperimenta quotidianamente nella sua vita quotidiana.
Caterina, adesso passiamo a Te. Se ti dovessi presentare ai nostri lettori come Donna, cosa diresti loro di Te?
Caterina bambina era vivace ma responsabile; Caterina adolescente era amante dello studio e di tutto ciò che arricchiva la mente; Caterina giovane donna costretta a subire delle imposizioni dettate da una Società quasi totalmente maschilista. Quindi con un vissuto di resistenze interne, con la speranza vitale di poter un giorno decidere per sé, tentare di tenere accesi i sogni non ascoltando, ma soprattutto non credendo alla famosa frase che dice: «I sogni muoiono all’alba.» Tutto esplode per amore, e Caterina fugge lasciando una Famiglia e una Sicilia che ama. La Caterina di oggi è la somma delle precedenti, certamente più ricca e consapevole della vita, con qualche rimpianto per essersi talvolta arresa … ma mai spenta!
Caterina, comprendo benissimo quello che dici. Hai vissuto la tua infanzia e la tua adolescenza in una terra, la Sicilia, allora ancora eccessivamente contaminata ed inquinata da una cultura cattolico-ortodossa, che spesso eufemisticamente chiamiamo “maschilista”! Ma quello è stato il passato. Oggi sei una Donna che esprime con brillantezza tutto quello che hai dovuto contenere con tutte le tue forze dentro la profondità più oscura della tua anima. Credo che la tua grade forza di scrittrice e di artista quale sei oggi, risieda proprio in quel nucleo inconscio non-risolto, ma che si manifesta con l’Arte e con l’espressione narrativa che ti contraddistinguono come Vera Artista. Chi non ha vissuto non può avere nulla da raccontare! Chi non ha sofferto non può avere nulla da dire! Chi possiede solo tracce di benessere e di protezione-ovattata, non sarà mai una vera Donna, non sarà mai un vero Uomo. Questo per dirti che credo che la sorgente artistica della Donna-Caterina-Scrittrice risieda proprio in quella profondità della tua anima che prende forma nell’Opera che realizzi, ed al contempo ha una forte azione catartica che ti ha reso la Donna sicura e determinata quale sei indiscutibilmente oggi.
L’Artista-Autrice-Caterina chi è? Come la presenteresti ai nostri lettori? Come e quando è sbocciato questo amore profondo ed intenso per la letteratura e per l’Arte in genere?
Caterina è una donna di oggi, perché, per non essere dei disadattati, dobbiamo vivere il nostro tempo, con scelte conquistate, talvolta con sofferenza, e consolidate. Oggi so cos’è il valore della libertà di decidere, cosa vuol dire mettersi in gioco sapendo di poter perdere, godere appieno dei regali e dei valori primari, come la salute, la famiglia, la maternità. So che si possono vivere giorni, anni di sofferenza, di crisi, ma fanno parte del gioco. Oggi mi ritengo una donna matura che si è realizzata grazie a tutte le esperienze vissute, forse soprattutto a quelle negative.
Caterina, avrai sicuramente letto qualcuna delle mie interviste e saprai che sono un appassionato di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, che secondo me è il più grande scrittore del profondo dell'animo umano della storia dell'Uomo. In uno dei suo romanzi più noti, “Memorie dal sottosuolo”, pubblicato in Russia nel 1864, ad un certo punto del racconto scrive della “Teoria dell'Umiliazione”. Negli anni ‘90 alcuni ricercatori americani che si occupano di comportamento umano e di psiche, ne prendono spunto per elaborare una teoria psico-dinamica che sinteticamente possiamo tradurre così: «Sono più le umiliazioni che subiamo nella nostra vita a farci crescere umanamente e spiritualmente e a farci vivere meglio. Sono le umiliazioni che subiamo che ci insegnano a sbagliare sempre meno. Si impara dalla propria esperienza di vita e dai propri errori, soprattutto quando sono gli altri a farceli notare e magari ridono apertamente di noi!».
Ogni uomo e ogni donna, nella sua crescita di vita e nella sua carriera professionale, subisce certamente delle umiliazioni che lasciano sempre un segno soggettivo, profondo ed importante al contempo per diventare più forti e più consapevoli delle proprie qualità e dei propri limiti. Nella tua carriera artistica, Caterina, le tue “umiliazioni professionali” - se così possiamo definirle! - soprattutto quelle giovanili, Ti hanno lasciato dei segni che ti hanno dato più forza e più determinazione per proseguire il tuo percorso professionale e per farti diventare quell'Artista che sei oggi con le tue certezze e con la tua indiscussa maturità, preparazione e competenza esperienziale? Cosa vuoi dire ai nostri lettori in proposito?
La parola “umiliazione” la ritengo plurima nel suo significato e credo che ciascuno di noi l’abbia incontrata. Sul piano professionale può essere scaturita da critiche inesatte, da uno scopo non raggiunto per prevaricazioni, per giudizi gratuiti. Sul piano affettivo, per non essere stati amati come si voleva, per avere addirittura visto calpestare l‘amore che si offriva senza nulla chiedere. Io provengo da una nobile famiglia siciliana che, come dico nel mio primo libro, mi ha dato tanto, ma mi ha tolto molto. Non ho potuto vivere i miei anni, le mie voglie, il mio crescere senza confronti. C’era un mondo che remava contro, in una parola “la gente”. Ho combattuto per poter studiare, non ascoltando chi diceva che bastava saper ricamare, suonare il piano per essere una brava moglie e una buona madre. Ho studiato in Collegio dove non c’erano ragazzi e questo, negli anni adolescenziali, mi ha impedito di scoprire l’altro sesso, di confrontarmi, di capire psicologicamente il maschio. Mi iscrissi all’Università a Palermo, facoltà di Storia e Filosofia, ma la mia bellezza, che allora ho maledetto, mi ricondusse a casa con una frase per spiegazione: «Noi abbiamo fiducia in te, ma non ne abbiamo negli altri.» Ecco in quel momento mi sono sentita umiliata.
Caterina, quando hai deciso di fare l'Artista e di dedicare tutta la tua vita all'Arte, e ne hai parlato ai tuoi genitori, cosa ti hanno detto? Sono stati tuoi alleati oppure hanno cercato in tutti i modi di dissuaderti perché avevano per te altri progetti, come spesso avviene in questi casi?
Voglio subito dirti che “è quasi normale” - nel senso che lo fanno in moltissimi - che i genitori abbiano in testa il futuro dei loro figli, non tenendo in nessun conto quelle che possono essere le loro passioni e i loro desideri professionali o, nella fattispecie, artistici. Basti ricordare lo straordinario Film di Peter Weir del 1989, “Dead Poets Society”, tradotto in italiano con “L’Attimo Fuggente”, che vide uno straordinario Robin Williams protagonista di una delle storie più belle del cinema di tutti i tempi, premiato con quattro premi Oscar!
Ecco Caterina, cosa mi dici in proposito?
Purtroppo i miei genitori non c’erano più quando ho iniziato a scrivere in età avanzata. Sicuramente non l’avrebbero gradito perché avrebbero pensato al successo come un motivo di allontanamento da quelle che allora dovevano essere le ambizioni principali di una donna: la casa e i figli. Vedevano invece adatto a me l’insegnamento che per alcuni anni praticai privatamente. Le tentazioni si dovevano allontanare, l’educazione morale era quella dei padri e non poteva essere sovvertita.
Caterina, sai molto bene, perché lo dimostra inequivocabilmente la tua carriera e i tuoi successi letterari, che il talento senza lo studio duro ed intenso, senza la formazione appassionata e costante, senza l'esperienza sudata sul campo ed in prima linea, non vale nulla! Tu hai frequentato delle Scuole, hai fatto degli studi di perfezionamento alla scrittura? Se sì, perché? E quali sono state queste esperienze formativo-esperienziali? E perché hai scelto proprio quelle?
Io, come dicevo, ho iniziato a scrivere tardi e sono convinta che come dice il Libro dei Libri, per ogni cosa ci sia una stagione. Sono stata per alcuni anni praticante in un’Associazione che si chiamava “Lo Specchio d’Alice”. Abbiamo fatto romanzi di scrittura collettiva. Erano arricchenti come esperienze perché ognuno era parte integrante della storia e ogni volta si sottoponevano i brani all’attenzione di tutti. Ho fatto tesoro di questo, poi la vita, la mia curiosità intellettuale, ha fatto il resto.
Anche questa è un’esperienza formativa molto arricchente e al contempo destrutturante proprio per il motivo che ti ha messo dentro una sorta di “gabbia-intellettuale” dove il confronto non poteva essere negato, e quindi ti ha costretto a vedere prospettive narrative diverse dalle tue che certamente ti avranno arricchita. Ma raccontata questa bellissima esperienza, Caterina, chi sono quelli che tu ritieni i tuoi “Maestri d’Arte”, se vogliamo definirli come nel Rinascimento italiano, che ti hanno trasmesso passione, tecnica, tenacia, perseveranza? Vuoi dirci chi sono e perché hai scelto loro per forgiarti quale Artista?
Alla base di Caterina-Scrittrice ci sono i suoi studi classici, le letture che cambiavano in rapporto al periodo evolutivo che attraversava. I miei Amori Letterari erano GiacomoLeopardi, Giovanni Vergae Luigi Pirandello.
Leopardi perché ritrovavo in me il suo tormento, il suo pessimismo e nonostante tutto il suo amore per la vita.
Verga perché tutto ciò che ha scritto è “linfa di Sicilia”, la Cultura della “Roba”, il suo Verismo.
Pirandello perché con le parole ha dipinto il carattere, la vita della sua terra nella sua quotidianità, l’umorismo, in una parola “la Sicilia”.
Ha scelto dei Maestri di immenso valore letterario ed artistico … e non credo sia stato un caso!
Oggi, Caterina, chi sono i tuoi modelli di Artista, quelli ai quali ti ispiri e a cui vorresti “rubare” qualcosa del loro modo di fare Arte, del loro modo di scrivere, di essere degli importanti autori di storie che affascinano lo spettatore ed il lettore?
Mi piacciono Isabel Allende, Pablo Neruda(molti mi dicono che il mio modo di scrivere si avvicini al suo) Gabriel Garcia Marquez. Autori che scrivono molto sulle relazioni familiari e sociali, ma penso che ogni artista deve assomigliare solo a sé stesso.
Sono d’accordo con te Caterina. L’Arte è una sorta di espressione intima di quello che ognuno di noi detiene dentro la propria anima, dentro la propria storia di vita fatta di successi e di fallimenti, di amore e di dolore, di fiducia e di tradimenti. Ed è vero quello che scriveva Sigmund Freud che forse l’espressione artistica è il modo migliore per conoscere il profondo dell’animo umano di un Uomo, di una Donna.
Caterina, saprai meglio di me che per un'Artista che vuole affermarsi, un'Artista di successo, che dedica la maggior parte del suo tempo con passione, dedizione e determinazione alla sua Arte, è molto difficile gestire la propria vita privata con quella professionale. Tu come riesci a gestire la tua vita affettivo/sentimentale con il lavoro che fai? Hai avuto in passato o anche di recente delle esperienze che ti hanno creato delle difficoltà?
Conciliare la vita artistica con quella familiare non è facile, e questo, talvolta, impone delle rinunce. Io non so se riesco a farle bene entrambe, ma ci provo. Spreco molte energie perché dentro di me c’è un Egomolto severo con me stessa che mi impone di fare al meglio tutto. La Caterina-Autrice si rifugia negli spazi notturni, nei rari momenti di solitudine, quando riesco a diventare cittadina di un mondo solo mio dove poter vivere e dare voce a ciò che sono e a ciò che sento.
I grandissimi artisti statunitensi vincitori di Premi Pulitzer, di Golden Globe o di Premi Oscar, amano dire: “to become a great artist you have to choose: either work or love” (“per diventare un grandissimo artista devi scegliere: o il lavoro o l'amore”).
Tu, Caterina, cosa ci dici dalla prospettiva della tua esperienza, ascoltando queste parole?
Alla base di tutto ciò che si fa deve esserci Amore per avere salde radici e rappresentarci al meglio. Non trovo sia giusto annullarsi per uno di questi due immensi valori. Talvolta, scendere a qualche compromesso con noi stessi può farci avere una buona qualità di vita, vivere l’Amore della vita e lavorare per ciò che si ama.
Caterina, se adesso, mentre stiamo parlando in questa splendida caffetteria resa magica da questo splendido sole di marzo palermitano, si avvicinassero due bambini di dieci anni e ti chiedessero con la semplicità e l’innocenza che caratterizza - almeno ai nostri occhi di adulti! - i bambini: «Caterina, ci spieghi cos'è l'Arte per Te?». Cosa diresti loro?
Direi: tutto ciò che gli altri non vedono ed è forse il meglio di voi, fatelo emergere attraverso ciò che vi piace fare: la scuola, lo sport, l’arte. Fatelo al meglio, non permettete a nessuno di distruggere i vostri sogni perché, credendoci, si avverano. Oggi proprio i giovani tendono a rimanere alla superficie delle cose, perdono così la capacità di fare introspezione, di comunicare la profondità di un pensiero, di fare scaturire emozioni. Oggi non siamo più liberi, viviamo in una società dove tutto è codificato e questo ci allontana dall’Arte che è libertà e trascendenza. Un consiglio con le parole di Albert Einstein: “Non cercare di diventare un uomo di successo ma piuttosto un uomo di valore”.
Albert Einstein, non è stato solo il più grandi dei fisici della storia della scienza moderna, ma anche un grandissimo filosofo … ed io sposo in pieno la citazione che hai fatto!
Adesso, Caterina, un’altra delle mie domande ricorrenti, che faccio sempre, così come quella tratta dal Romanzo breve di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. È una domanda che prende spunto dalla mia città, Palermo, che tu conosci bene perché è anche la Tua città. E guarda caso riguarda proprio il Teatro dove siamo adesso (sorrido!). Saprai di certo che nel grande Frontale del Teatro Massimo di Palermo, famoso perché costruito da due dei più grandi architetti del XIX secolo, Giovan Battista Filippo Basile e il figlio Ernesto Basile, è incisa questa frase, voluta dal suo mecenate e mentore Camillo Finocchiaro Aprile, allora Ministro della Giustizia e delle Poste del Regno d’Italia. La frase è questa: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire».
Tu, Caterina, quando hai letto questa frase per la prima volta nella tua vita, perché certamente l’avrai letta tanto tempo fa, cosa hai pensato che vuoi condividere con me e con i nostri lettori?
Ancor prima di leggerla l’ho sentita da papà ed ero piccola. Quando venivamo a Palermo era d’obbligo passare davanti al Massimo e la rileggevo sempre. Da grande mi sono data questa spiegazione: l’Arte è linfa vitale per un popolo, perché lo rinnova senza esaltarlo, lo prepara alla vita e ne dimostra la capacità e la libertà. L’Arte non ha barriere di nessun genere, anzi con il suo messaggio affratella i popoli. Quando l’Arte trionfa, per un attimo siamo tutti fratelli uniti dallo stesso dolore e da una nuova gioia per il recupero delle cose semplici, piccole, per le cose che durano.
Caterina, quali sono le Opere che hai realizzato e alle quali sei particolarmente legata affettivamente e professionalmente? So che hai vinto tantissimi premi. Vuoi raccontarci quali sono e per quali tue opere? E, infine, quali sono state le emozioni che hai provato allora? Ed oggi, a distanza di tempo, cosa ti hanno lasciato questi importanti riconoscimenti letterari ed artistici, e il pathosche hai provato nell’essere riconosciuta un’Artista Vera?
Non scrivo da moltissimo, in 6 anni ho scritto 4 libri. Nel mio primo libro è esplicitata la ragione di aver dato libero sfogo al bisogno di raccontarmi. I libri si intitolano: La Barriera invisibile(2016); La voglio gassata (2015);La vita appesa ai muri (2013); Silenzi d’Amore(2011).
Il primo parla tantissimo di Sicilia, di questa terra generosa e unica, ricca di passione e generosità, dove ogni sasso è un’opera d’arte. Racconta la mia vita pre e post Sicilia.
Il secondo è un libro diverso perché metto la mia penna e la mia voce al servizio di una storia vera, narrando un bel vissuto con due incidenti di percorso affrontati con coraggio e brillantemente superati.
Il terzo raccoglie cinque storie, spaccati di vita raccontati dai protagonisti e non. Spiega come anche le cose hanno un’anima e che ciò che ci fugge è dovuto alla nostra mancanza di capacità di entrare in empatia con ciò che ci raccontano.
Il quarto parla dei silenzi delle donne. Tutti, da sempre, attribuiscono le nostre conquiste all’arte oratoria ma non è così. Le donne sono capaci di tenere in fondo all’anima verità grandi e lo fanno quasi sempre a scopo protettivo. Questo Romanzo l’ho presentato al “Salone Interinazione del Libro di Torino” 2012; e alla “Fiera del Libro” di Roma “Più libri più libri” del 2012.
Sono stati tutti pluripremiati, ma, il vero premio è riuscire ad emozionare chi legge. Inutile dire che vedere riconosciuto il tuo sforzo e quello che racconti fa piacere, ma non l’ho mai considerato un punto d’arrivo, perché quando si arriva il viaggio è finito.
Cito solamente alcuni dei Premi che ho ricevuto per non annoiare il lettore:
“Silenzi d’amore” (2011), Premio Letterario Internazionale Montefiore 2011, II Edizione, Premio per la Sezione “Pianeta Donna”, Montefiore Conca (RN), 24 agosto 2012;
La vita appesa ai muri” (2013), Concorso di letteratura a carattere internazionale, III Edizione 2014, “Premio della Giuria Narrativa Edita”, Città di Pontremoli (MS), 11 maggio 2014;
La vita appesa ai muri” (2013), Concorso Letterario “La Città del Tricolore” bandito dall’“Associazione Reggiana Neuro-Oncologica”, Premiato tra i primi cinque e unici vincitori per la narrativa, Città di Reggio Emilia, 10 ottobre 2014;
La voglia gassata” (2016), Premio Nazionale “Histonium” Poesia-Narrativa, XXXI dizione 2016, Primo Premio Assoluto Sezione “E”, Città di Vasto (CH), 24 settembre 2016.
Si dice infatti che «Più dell’arrivare è il viaggiare pieno di speranza!» Non è certo una frase casuale e racchiude tutte le verità che hai appena detto, Caterina!
A cosa stai lavorando in questi ultimi mesi, Caterina? In queste ultime settimane? Cosa e quando potranno leggerti i tuoi fan, i tuoi follower, i tuoi ammiratori? Puoi dirci qualcosa in anteprima.
Ho parecchi impegni letterari, Andrea, ma ho iniziato un libro che sarà un misto di narrativa e saggistica. È una storia vera di una famiglia siciliana, i cui componenti furono travolti dai eventi storici del periodo in cui vissero. È un po’ la storia di tante famiglie siciliane del periodo bellico e postbellico che si inventavano la vita, che cercarono altri mondi per garantire la sopravvivenza delle loro famiglie.
E allora in bocca al lupo per questo Romanzo che certamente sarà interessante ed intrigante, e per il quale mi prenoto per leggerlo e recensirlo! (sorrido!).
Caterina, saprai meglio di me che uno dei tabù nel mondo dell’Arte in genere, è la vecchiaia e la morte. Luca Goldoni in una delle sue famosissime citazioni, disse: «Si dice che i vecchi sono stanchi e aspettano quel momento. Io credo che non si è stanchi mai di vivere, forse la stanchezza proviene solo da una sterminata malinconia.». Tu, Caterina, sei una donna con una energia incredibile e una forza intellettuale e creativa devastanti, oltre ad essere un’Artista affermata e di successo, ma come commenteresti questa bellissima frase di Luca Goldoni (1928), giornalista e scrittore ancora in vita, ma che possiamo ritenere uno dei più grandi autori italiani del XX secolo?
Malinconia che ancor più chiamerei nostalgia, perché soffrono il perdersi delle cose di una volta. Ti rispondo con una frase di Albert Camus: “Non essere più ascoltati, questa è la cosa terribile quando si diventa vecchi”.
Ed anche questa, Caterina, è una grandissima verità occidentale! In pochi centinaia di anni, siamo riusciti a distruggere una cultura millenaria che nasce con la Grande e Antica Grecia; e guarda caso la Sicilia era proprio il cuore di quella che allora veniva chiamata la “Magna Grecia”! Mi chiedo spesso come sia stato possibile che tutto ciò sia accaduto. Certamente ho le mie risposte … ma ci porterebbero molto lontano dalla nostra chiacchierata e quindi passiamo ad altro, in attesa, magari, nella prossima intervista, di confrontarci rispetto a questa interessantissima questione dell’Anzianità che ha perso il suo potere di Saggezza e di Autorevolezza indiscutibili e insindacabili a quel tempo!
Adesso Caterina, qualche domanda apparentemente superficiale, ma che nella realtà non è così! Qual è il tuo fiore preferito, quello che ami ricevere da un Uomo che volesse farti la corte, oppure, da un Uomo che volesse omaggiarti con un bellissimo mazzo di fiori dopo aver letto un tuo Romanzo o aver assistito ad un Tuo Seminario o ad una Tua presentazione, per il tuo talento e per la qualità emozionale che esprimi con la Tua Arte, così come si faceva all’inizio del ‘900 quando gli ammiratori si precipitavano nei camerini delle Attrici per coprirle di mazzi di fiori bellissimi? E poi perché ami proprio quel fiore?
Accetto qualunque fiore se donato con Amore ma, se dovessi scegliere, non ho dubbi: il gelsomino notturno. Mi ricorda la nostra terra, m’inebria del suo profumo delicato ma persistente. Quei piccoli fiori bianchi mi piacciono perché si aprono al calar della sera, quando il nostro pensiero si rivolge a chi ci è caro o a chi non c’è più. Come dice Pascoli nella sua poesia … al sopraggiungere dell’alba, si chiudono i petali e il fiore “cova” nell’urna molle e segreta, un non so che di felicità nuova.
Se dovessi scegliere un colore tra il rosso e il blu, quale sceglieresti?
Nessuno dei due ma, costretta, sceglierei il blu, è discreto, mi ricorda la notte.
Un'ultima domanda Caterina, che io amo molto e che faccio sempre a tutti gli artisti con cui converso e mi intrattengo in queste chiacchierate per me risultano sempre estremamente interessanti. È una domanda che ci porta d'embléea quando eravamo bambini, pieni di sogni e di belle speranze: qual è il tuo sogno nel cassetto che fin da bambina ti porti dentro e che oggi vorresti realizzare?
Il mio sogno, Andrea, non è legato ad una persona o ad un oggetto, è legato al mondo emozionale. Vorrei vivere bene il mio tempo, lasciare a mia figlia e a mia nipote un ricordo indelebile, vedere da spettatrice una delle mie opere che meglio mi rappresenta.
Grazie Caterina per essere stata con me per questa bella intervista all’interno di questo “tempio della cultura palermitana”!
Sono molto compiaciuto e onorato per questa intrigante conversazione avuta con Te. Non mi resta che farti il mio in bocca al lupo per la tua carriera e ci vedremmo presto – almeno spero! – per un’altra interessante chiacchierata. Grazie e alla prossima allora...
Mi ha fatto piacere, Andrea, sottopormi a questa intervista, che trovo riduttivo definire così. Mi sono sentita scrutata dentro e capita, non per ciò che sembro ma per ciò che sono. Sono stata messa a mio agio e sono stata sincera. Grazie Andrea per non usare violenza verbale nelle tue interviste, per la tua capacità di sondare anche psicologicamente i tuoi ospiti. Grazie al Magazine Fattitaliani e al suo Direttore, Giovanni Zambito, per avermi accolto nella sua Redazione. Spero di meritarmi la sua fiducia. Grazie a chi mi leggerà, dedicandomi il suo tempo e la sua attenzione. A loro, soprattutto alle Donne, soggetti privilegiati dei miei libri, dico: «Non donate tutto di voi, lasciate alla voglia degli altri di scoprirvi.»
Scriveva il grande Gesualdo Bufalino: «Resta dubbio, dopo tanto discorrere, se le donne preferiscano essere prese, comprese o sorprese.»
Andrea Giostra
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Per chi volesse conoscere più da vicino Caterina Guttadauro La Brasca, ecco alcuni link da consultare per conoscere la sua bellissima Arte:
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Indirizzi mail per chi dei lettori volesse contattare l’Artista:
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Official Web-Site:
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Personal Facebook Page:
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I lettori che volessero conoscere l'autore dell'intervista, Andrea Giostra, potranno consultare la sua Official Facebook Page e alcuni link:
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La storia di Franck Tayodjo, da giornalista in Camerun a rifugiato in Italia

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In Italia sono oltre 70 mila le domande presentate dai richiedenti asilo. Per molti di loro questa è l'unica strada, seppur lunga e difficile, che possa offrire la possibilità di ricominciare a vivere una nuova esistenza, dignitosa e sicura. E' ciò che è successo a Franck Tayodjo, giornalista camerunense, arrivato in Italia dopo la fuga da un carcere del suo Paese nel quale ha subito brutali violenze fisiche e psicologiche. Ascoltiamo la sua storia nel servizio di Marina Tomarro: 

Essere costretti a scappare dal proprio Paese per non avere più paura di non riuscire a tornare a casa dopo il lavoro o di non trovare la propria famiglia in buona salute o per il terrore di venire arrestati durante la notte: è stata questa la vita del giornalista Franck Tayodjo, fuggito dal Camerun dopo essere stato vittima, in prigione, di violenze di ogni genere, come ci racconta nella sua testimonianza:

R - Non ho avuto il tempo di mettere qualcosa dentro una valigia, non ho potuto prendere nulla. Ho lasciato tanto. Penso soltanto a tutto quello che ho dovuto lasciare: i famigliari, gli amici, i parenti … Essere obbligato a partire, non parti perché scegli di farlo. Torno a casa, racconto a mia moglie la giornata e le dico che un tale che lei conosce è sparito durante la notte, un giornalista che conosci non c’è più, non si sa dove sia andato. E raccontavo questo a mia moglie con un distacco, come se la cosa non mi riguardasse. Questo fino a quel giorno, quando sono venuti a bussare alla mia porta. La prima cosa che pensi è nasconderti, sperare che il tuo nascondiglio sia un posto dove nessuno ti possa trovare. Però quando senti le grida di tua moglie, di tuo figlio, sei costretto a consegnarti. Anche il più terribile degli uomini non lascerebbe piangere la sua famiglia per colpa sua. È un passaggio che ogni volta cerco di dimenticare oppure di raccontare con un certo distacco. Questa cosa ormai mi ha segnato per la vita. Quando mia moglie è arrivata qui, mi ha detto: “Tu sei cambiato”, ed io: ”Perché tu, no?”. Andare via, partire per poi ritornare, è sempre un po’ morire.

E Franck, dopo essere riuscito a fuggire, riesce ad arrivare a Roma dalla Nigeria, nascosto nella stiva di un aereo, Gli inizi sono molto difficili ma grazie all’aiuto del Centro Astalli, la sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, riesce ad ottenere lo status di rifugiato politico e a fare il ricongiungimento familiare con la moglie. E oggi la sua nuova vita è ancora tutta da costruire:

R - Non faccio previsioni. Vivo la quotidianità. E ogni cosa che accade in quella quotidianità, cerco di prenderla con due mani, cerco di vedere qualcosa di positivo in quello che arriva in quel giorno, in quel momento: se mi danno un piccolo spazio o qualcosa da mangiare, dico: “Grazie”. Quando incontro un amico o una persona che viene dal Camerun a trovarmi e mi lascia qualcosa dico: “Grazie”; quando mi chiamano per un lavoro dico: “Grazie”. Quindi non ho un progetto definito, so soltanto che non devo mettere limiti alla Provvidenza. Marina Tomarro, Radio Vaticana, Radiogiornale del 5 marzo 2017.
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