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L’ultima punitrice¸ il romanzo di Maria Tronca: una storia antica, fatta di sapienza e di credenze popolari

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«Ci chiamavano Stecco e Palla. O Arancina con i piedi e Spiti­no, e anche Pacchione e Cosa sicca. Io, Ninfa, ero lo stecco, e avevo otto anni. Lui, Nino, la palla, e ne aveva appena com­piuti dieci quando ci siamo conosciuti». Così inizia il romanzo di Maria Tronca, L’ultima punitrice, edito da Les Flâneurs Edizioni, che ha come protagonista Ninfa, una ragazzina all’apparenza normale, ma dal destino del tutto insolito.
Il titolo ci suggerisce già qualcosa. La “punitrice” è, infatti, una figura tradizionale della cultura siciliana; è colei, che possedendo una conoscenza approfondita di erbe e unguenti, può aiutare chi ne chiede ausilio. Il racconto che Maria Tronca ci propone, ricopre un arco temporale abbastanza ampio, più di trent’anni in cui seguiamo Ninfa che da semplice bambina diviene una esperta punitrice. Ogni anno Ninfa si reca a casa dei nonni a Mondello per trascorrere i mesi estivi e proprio dalla nonna viene iniziata a questa antica arte. Dorina, questo è il nome della nonna di Ninfa, è molto conosciuta a Mondello per le sue doti di guaritrice, che ha ereditato dalle sue antenate e ben presto comprende che Ninfa sarà la sua discendente. Dorina, infatti, «era bravissima a preparare medicine con le erbe, sciroppi per la tosse, tavolette per il mal di testa, creme per i dolori reumatici. E poi riusciva a capire che cosa avesse una persona solo guardandola negli occhi». Ad sancire la discendenza è il contatto che Ninfa ha con una sua antenata, la Vecchia come viene chiamata nel romanzo, morta molto tempo prima per mano delle persone del paese che la ritenevano essere una strega. La morte improvvisa di Dorina non permette a Ninfa di completare il suo apprendistato, fondamentale perché capisca qual è il limite oltre il quale non deve andare. Infatti, Ninfa sente di non tendere solo al bene, ma che le sue doti possono essere anche strumento di malvagità. Come la nonna e chi l’ha preceduta, Ninfa è anche una “Punitrice”, così come può far bene, può anche fare male. Man mano che ci addentriamo nella lettura di questo romanzo, vediamo come Ninfa sia combattuta tra Bene e Male, come sia difficile ricacciare indietro certi impulsi, che le permettono di scagliare quelli che chiamano “atassi”, ovvero anatemi che possono anche portare lo sventurato, su cui l’anatema è lanciato, alla morte. Oltre alla scomparsa della nonna, Ninfa vivrà la perdita della sua illusione d’amore e questo la farà cadere ancora di più nella tentazione di approfondire il lato oscuro di quell’arte ancestrale di cui è ormai l’ultima discendente. 
Maria Tronca con questo romanzo ci racconta in primisuna storia antica, fatta di sapienza e di credenze popolari, ma anche di rabbia covata e di vendetta da portare a termine. La protagonista di questa storia appassionante dovrà combattere con sé stessa per poter pore fine ad un percorso dal quale forse non è più facile far ritorno.  

Titolo: L’ultima punitrice

Autore: Maria Tronca
Genere: Narrativa contemporanea
Casa Editrice: Les Flâneurs Edizioni
Collana: Bohemien
Pagine: 416
Prezzo: 20,00 
Codice ISBN: 978-88-313-14-329


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Milla, "La mia fortuna" il 1° singolo pop-dance della cantautrice romana

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Il brano “La mia fortuna”, caratterizzato da sonorità pop-dance, coinvolge l’ascoltatore e lo accompagna in un viaggio introspettivo che l’artista racconta così: “E’ un brano nato dall’esigenza di descrivere la continua lotta contro la paura, emozione, generata dalla mente, che troppo spesso ci impedisce di realizzare i nostri sogni e di iniziare nuove avventure.” - continua Milla - “Saper gestire la nostra mente significa cogliere la felicità, ritrovando così la forza nel vivere la vita a pieno.”

Il brano è stato prodotto dal Maestro Clemente Ferrari, noto nel circuito discografico per aver collaborazioni artistiche di rilievo come Max Gazzè e finalizzato al Bloom Recording Studio, studio di registrazione italiano dove sono stati registrati importanti dischi di artisti come Zucchero, Fabrizio Moro, Emma Marrone e molti altri.
Il singolo verrà accompagnato da un videoclip che sarà pubblicato prossimamente sul canale ufficiale dell’Artista.


BIOGRAFIA
Milla artista romana di nascita con la passione, fin da piccola, del canto e della recitazione.
Si laurea al DAMS di Roma e successivamente intraprende un percorso di perfezionamento artistico presso la Melody School di Roma,  studiando canto moderno e recitazione con il metodo Vms.
I molteplici viaggi la portano a calcare i palchi della nostra penisola e dell’estero, affinando tecnica e presenza scenica.
Attualmente impegnata nel suo primo progetto da solista con l’uscita del brano “La mia fortuna”, disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 12 giugno 2020.

NUCLEO OPERATIVO PROTEZIONE CIVILE LOGISTICA DEI TRAPIANTI, 60 MISSIONI SALVAVITA E 80.000 CHILOMETRI IN DUE MESI

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Il Nucleo Operativo di Protezione Civile Logistica dei Trapianti di Firenze durante questi mesi di pandemia haraddoppiato i suoi sforzi perché c'è una sanità delle urgenze che, nonostante l'emergenza sanitaria che ha coinvolto il nostro paese, doveva andare avanti. É quella delle urgenze inderogabili, degli interventi salvavita e dei trapianti.

Nel pieno dell'emergenza quest'eccellenza del volontariato fiorentino capitanata da Massimo Pieraccini Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana per meriti civili, non solo non si è fermata ma anzi ha aumentato i suoi sforzi portando in piena pandemia il midollo osseo salvavita non solo a 5 pazienti ricoverati a Firenze (due al Meyer e tre a Careggi).
Le missioni dei volontari del Nopc da quando è esplosa la pandemia sono aumentate perché i colleghi di altre nazioni a seguito delle leggi dei loro paesi non entravano sul suolo italiano.
In questi due mesi di emergenza sono stati portati a termine con successo dai volontari del Nopc oltre 60 viaggi per circa 80.000 km. sempre ritirando dall'unico hub italiano aperto a Fiumicino con destinazioni a tutto il nord Italia: Trieste, Udine, Venezia, Verona, Bolzano, Brescia, Piacenza, Milano, Firenze, Pisa, Siena, Bologna, Pavia, Cuneo, Torino, Alessandria, Napoli e Cagliari dove hanno ottenuto il permesso per entrare sull'isola in solo mezz'ora grazie alla disponibilità della Protezione Civile della Sardegna.
Durante l'emergenza causata dalla pandemia racconta Pieraccini “le nostre attività se da una parte sono rallentate per ovvi motivi a livello internazionale sono aumentate a livello nazionale a causa della chiusura delle frontiere che ci ha costretto a fare "da staffetta" per permettere alle donazioni che arrivavano dall'estero

di raggiungere l'ospedale di destinazione in Italia.
É stato necessario infatti continuare a garantire quelle attività di medicina d'urgenza salvavita che sono il nostro quotidiano. Difficile garantire la "normalità" alla sanità d'emergenza quando nei primi giorni di restrizioni siamo riusciti a far rientrare in Italia due volontari (uno dalla Turchia e uno dagli Stati Uniti) e completato nonostante il blocco alle frontiere missioni internazionali a Ulm e Francoforte (Germania) e ad Helsinki dove il nostro corriere è rimasto per 72 ore chiuso negli aeroporti senza mangiare, bere e dormire.
Del tutto eccezionale anche la missione transfrontaliera via terra resasi necessaria per salvare la vita a un paziente ricoverato ad Alessandria che doveva ricevere le cellule da un familiare residente in Austria operazione impossibile con le frontiere che con quel paese erano chiuse. Ma i corrieri del Nucleo, grazie alla collaborazione con la Polizia di frontiera italiana di Tarvisio, sono riusciti a ritirare le cellule provenienti dall'Austria ritirando il prodotto nella "terra di nessuno" della frontiera chiusa di Coccau (Tarvisio) dal collega tedesco.”
Sono state settimane di “straordinari” per gli uomini e le donne del Nucleo Operativo di Protezione Civile Logistica dei Trapianti nonostante i voli cancellati e le frontiere chiuse. “Riceviamo tanta gratitudine da parte dei medici e dall'intera rete del sistema trapianti in questo difficile momento – afferma Pieraccini che nei giorni scorsi è stato ospite d'onore al 30mo compleanno di Admo – e sappiamo che anche se non possono dimostrarcela la riceviamo anche da chi quel Dono lo aspettava con ansia.
Noi immaginiamo sempre la loro faccia, ora più che mai, quando il medico entra nella loro stanza e gli dice sono arrivati. Abbiamo deciso di andare avanti nonostante tutto perché c'è chi non può aspettare.” 

ADOLESCENTI E FASE DUE: FLESSIBILITÀ, ATTENZIONE AL GIUDIZIO, SOCIALITÀ E DIALOGO APERTO: 10 CONSIGLI

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La quarantena si sa, ha messo a dura prova l’equilibrio di famiglie e coppie, che mai in passato si erano ritrovate a gestire una situazione di convivenza forzata così rigida e prolungata. E le conseguenze si riflettono ora anche in fase due, poiché i ragazzi si trovano a dover pian piano riprendere confidenza con il mondo esterno e a dover fare i conti con nuove regole, nuove abitudini e tante limitazioni difficili da gestire.

In questo momento in cui i ragazzi possono finalmente tornare a vivere ma sono tenuti allo stesso tempo responsabilizzarsi e ad avere cura della propria salute e di quella del proprio entourage familiare, è più che mai essenziale il sostegno dei genitori, che dovrebbero essere percepiti come un riferimento ancor più solido”, spiega Nan Coosemansfamily coach che da vent’anni lavora nel mondo dello sviluppo personale a contatto con bambini e adolescenti, aiutandoli nel percorso di crescita personale, autrice del libro ‘Quello che i ragazzi non dicono’ (Sperling & Kupfer) nonché fondatrice di Younite, azienda di formazione per le famiglie e adolescenti, e di Yada, una scuola di formazione per chi desidera diventare Youth Trainer o Family Coach.
“Gli adolescenti sono per definizione portati a ribellarsi e questo comportamento si acuisce ancora di più di fronte ai divieti. ‘Come faccio a farmi ascoltare?’, ‘Perché non riusciamo a parlare senza litigare?` O ancora, ‘Perché faticano così tanto ad accettare le regole?’. Queste sono solo alcune delle obiezioni dei genitori che si ritrovano a gestire i figli dopo il lockdown, ma la verità è che i ragazzi sono realmente provati, spaesati, e spesso spaventati e tutto ciò, se trascurato, può portare a problemi di carattere profondo, nel lungo termine”, spiega Coosemans.
Ma esistono azioni concrete da mettere in campo con un figlio adolescente per incentivarlo realmente a riprendere a vivere senza che l’insofferenza dovuta alle restrizioni o le paure abbiano il sopravvento?
Ricorda prima di tutto il tuo ruolo di genitore. Tu sei l’esempio. Stai attento a come parli anche in questa circostanza così particolare: può suonare scontato ripeterlo, ma la verità è che i nostri figli sono come spugne, assorbono tutto e parleranno come noi. Spiega bene tutta la situazione e stai attento a non discriminare gli altri perché non fanno le cose come le fai tu, o osservano meno strettamente le regole”, sottolinea la Family Coach.

L’esperta suggerisce poi alcune regole pratiche per genitori alle prese con l’ansia da fase 2:
1.     Definite regole da rispettare ma non esagerate con il cosa devono fare e cosa no.
È già non abbastanza difficile per i ragazzi vivere secondo le regole nella fase di adolescenza, ma se come genitore ne imponi ancora di più rispetto a quelle già vigenti sulla base delle tue ‘ansie da Covid’ esiste la concreta possibilità che andrai più in conflitto del solito”, chiarisce la coach. Per gli adolescenti è importante uscire, conoscere persone nuove e stare con gli amici. “Sii flessibile e saggio e allo stesso tempo abbi fiducia in loro, sono più responsabili di quello che spesso pensiamo e lo hanno dimostrato durante i mesi precedenti”.
2.     Cercate di fare sempre attenzione a come parlate degli altri. “Magari giudichiamo una persona che non porta la mascherina senza sapere che ha un forte problemi di asma, per fare un esempio banale”.
Indulgere nel giudizio sulle altre persone e su come scelgono di vivere questa fase due senza porre un dubbio può risultare pericoloso. “Meglio dimostrare interesse nelle motivazioni e cercare di indagare insieme sul perché le persone decidano di fare certe cose. In questo modo possiamo essere di grande esempio per i figli”.
3.     Lavorate sull’ansia dei ragazzi partendo dalla vostra.
Il fatto che tuo figlio adolescente voglia essere più indipendente e fare le sue scelte fa parte del naturale percorso di sviluppo cerebrale durante l’adolescenza. Questo non vuol dire che non ti osserva o non ti ascolta o che non cerchi di capire come gestisci certe situazioni - in particolare questa”.  La domanda da porsi è: come stai affrontando tu le tue emozioni, paure e ansie e in quale dei loro atteggiamenti riconosci quelle da te trasmesse?  
4.     Siate pronti a cambiare le vostre aspettative e ad accogliere i lati positivi di quanto accaduto per non creare loro confusione sul futuro. Gran parte dei ragazzi, soprattutto durante la quarantena, ha messo ancora più in dubbio il proprio futuro. Il tuo come reagisce di fonte al cambio di prospettive? Negativamente o positivamente? “Lo puoi accompagnare attraverso un dialogo costruttivo per capire insieme quali altre possibilità ci sono e indagare nuove opportunità mostrando loro un punto di vista diverso”, suggerisce la coach.
5.     Preparali per l’estate con strumenti utili, continuando a sottolineare l’importanza della routine quotidiana, fatta di sveglia, sport, qualche ora all’aria aperta, in modo che non perdano il ritmo biologico e non lascino spazio ad abitudini auto distruttive.
6.     Non trasmettere il messaggio che il cambiamento sarà per sempre ma spiega loro che è un periodo di trasformazione, utilizzando come parametro sentimenti di piacere e gioia sperimentati in passato, ma riferendoti al futuro. Progettate insieme cosa fare durante l’estate. È molto importante che tu ti mostri come il leader in questa situazione, nel tuo ruolo di genitore”.
7.     Continuate a parlare con altre persone. È fondamentale connettersi nonostante il distanziamento sociale, altrimenti c’è il rischio di sviluppare delle fobie poco costruttive. Gli adolescenti hanno bisogno di interagire con i propri pari: mantenere un certo livello di socialità è molto importante in questa fase del loro sviluppo e le fobie sociali possono crescere più velocemente se questa socializzazione viene a mancare”.
8.   Rimanete motivati nel trovare soluzioni per cercare di vivere serenamente nonostante le restrizioni. “Anche se siete i primi a trovarvi in una situazione difficile per via del lavoro o di altre difficoltà legate al momento, cercate di mantenere sempre un atteggiamento fiducioso sul fatto che una soluzione arriverà: i ragazzi hanno bisogno di percepire che la speranza è solida dentro di voi”.
9.   Continuate a rimanere genitori sempre anche se i ritmi e la routine sono diversi: “La coerenza e le regole sono imprescindibili”, ammonisce la coach. Questa regola vale anche quando, con la ‘scusa’ del virus tuo figlio adolescente sceglie di non uscire o di non fare delle cose (non ho voglia di farlo quindi uso il corona virus come scusa).
10.  Tenere il dialogo aperto con i figli evitando il giudizio per capire cosa pensano e come stanno vivendo questa fase, giorno per giorno. “Si tratta di un’esperienza nuova nella loro vita, tanto per noi quanto per loro: non negare le loro emozioni ma cerca modalità attive per tenere il dialogo aperto e costante”, conclude la coach. 

                                                             
Nan Coosemans, formatrice e mamma di due adolescenti, lavora da vent’anni nel campo della crescita personale. Nel 2010 ha fondato Younite®, un’organizzazione di formazione che opera a livello nazionale e interna­zionale sviluppando programmi scolastici, workshop e campus dedicati agli adolescenti e alle famiglie. È co-fondatrice di Youth Awareness Development Academy (YADA), un master in NLP, TLT, VT® e Family Therapy. Insieme alla squadra di Younite® ha lavorato con migliaia di ragazzi di età compresa fra i dieci e i vent’anni.
È autrice del libro “Quello che i ragazzi non dicono” (Sperling & Kupfer, 2018).
Ha appena pubblicato il libro Adolescenti e quarantena: sette passi per guidare tuo figlio durante e dopo questo periodo”, in vendita, anche in versione ebook, su Amazon

"ALLA RICERCA DEI DISPERSI IN GUERRA" DI VINCENZO DI MICHELE

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Un libro di testimonianze, ricordi e drammi dei nostri soldati nei vari fronti di guerra - diGoffredo Palmerini

L’AQUILA - Un’altra opera Vincenzo Di Michele aggiunge alla sua già ricca produzione, con questo ultimo libro Alla ricerca dei dispersi in guerra”, del quale è anche editore. Un volume intenso, di storie e testimonianze, ma anche di dolorosi ricordi di famiglie italia­ne che nell’immediato dopoguerra soffrirono l’angoscia per i propri cari, dispersi nei vari fronti bellici. Mogli, madri, padri, fratelli, figli talvolta in tenera età, che aspettarono invano il ritorno del loro familiare in armi alla fine del 2° conflitto mondiale, senza avere altre notizie se non l’ultima lettera ricevuta dal fronte. Vicende che, pur non riportate nei libri di storia, sono però incise nel cuore e nella memoria di chi altro non poté fare se non tramandare di padre in figlio il proprio dramma familiare.

Dalla campagna di Russia dell’Armir alla tragica ritirata dopo la battaglia di Nikolajewka, da Tobruk a El Alamein al fronte jugoslavo, fino all'eccidio di Cefalonia, nel volume vengono raccontate le vicende di famiglie rimaste per anni e anni ad aspettare il rientro dal fronte di guerra del loro caro o almeno qualche notizia sulla sua sorte. E ancora, Di Micheleriporta nel libro alcune testimonianze di reduci, le terribili sofferenze vissute dai prigionieri italiani nei lager sovietici e nei campi di concentramento di Suzdal, Tambov, Mičurinsk, Nekrilovo, Oranki e Krinovaja, fino ai campi di prigionia di Tashkente Pakta Aral nelle sperdute lande del Kazakistan e dell’Uzbekistan. Moltissimi non ce la fecero, pochi riuscirono a rientrare dopo la fine della guerra.

Interessante come gli altri, questo ulteriore lavoro di Vincenzo Di Micheleè ora anche in formato e-book. Dal fronte greco-albanese a quello settentrionale africano, fino al fronte russo sulle rive del Don, l’autore espone, attraverso la voce dei familiari, la sua ricerca sull’avventura bellica italiana durante la Seconda Guerra mondiale, decine di migliaia di giovani mandati a combattere una guerra finita in un disastro. In Russia, grazie a straordinari atti di eroismo - cito per tutti il Battaglione L’Aquila, del quale solo 165 dei 1856 alpini partiti si salvarono - i nostri reparti poterono ripiegare in una dolorosa ritirata, dove fame e freddo fecero altre migliaia di vittime tra i nostri soldati, dove alcuni si salvarono aiutati da pietose famiglie russe che condivisero il pane delle loro frugali mense.

Terribile anche la sorte di moltissimi prigionieri, morti per le privazioni o resi invalidi dal gelo, sopravvissuti a stento ai rigori dei cam­pi di concentramento. Ecco, di queste storie si racconta nel libro: 208 pagine e 24 capitoli, l’ultimo dei quali dedicato alla sofferta testimonianza dell’alpino Alfonso Di Michele, del Battaglione L’Aquila, abruzzese di Intermesoli(Teramo) e padre dell’autore, prigioniero dapprima nel campo di Tambov, poi nel lazzaretto di Pakta Aral. Alfonso alla fine ce la fece, rientrò in Italia nel dicembre 1945, raccontando poi la sua storia di prigioniero in Russia in un libro di Vincenzo Di Michele, venduto in oltre 50 mila copie.

(Alla ricerca dei dispersi in guerra, Vincenzo Di Michele, edito in proprio; € 12, formato 15x21, pagine 208 con illustrazioni)

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Vincenzo Di Michele è nato a Roma il 23 settembre 1962. Laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Roma “La Sapienza”, giornalista e scrittore, ha pubblicato i seguenti volumi: La famiglia di fatto (2006), un’analisi della convivenza more uxorio; Io prigioniero in Russia (2009), oltre 50.000 copie vendute, vincitore di premi alla memoria storica; Guidare oggi (2010), un manuale per le problematiche stradali; Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso (2011), una revisione storica sulla prigionia del Duce a Campo Imperatore; Pino Wilson, vero capitano d’altri tempi (2013), la biografia ufficiale dello storico calciatore della Lazio campione d’Italia nel 1974; Come sciogliere un matrimonio alla Sacra Rota (2014), un’inchiesta sull’iter di annullamento dei matrimoni innanzi ai Tribunali ecclesiastici; L’ultimo segreto di Mussolini (2015), quel patto sottobanco tra Badoglio e i tedeschi e i retroscena dell’operazione Quercia sulla liberazione di Mussolini, tradotto in inglese The Last secret of Mussolini, the undercounter pact between Badoglio and the Germans; Cefalonia. Io e la mia storia (2017), un racconto autobiografico sullo sfondo degli avvenimenti bellici dell’eccidio di Cefalonia del settembre 1943; Animali in guerra, vittime innocenti (2019), le barbare uccisioni nelle due Guerre mondiali di cani, cavalli, muli, piccioni e di tante altre bestie; Alla ricerca dei dispersi in guerra (2020), dal fronte greco a El Alamein fino alla Russia: i familiari dei caduti raccontano le loro storie. 


Ale Anguissola, uscito nuovo singolo del cantautore “Penso che ti penso” feat. Ana Flora

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È in radio e disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download “PENSO CHE TI PENSO” (Etichetta ed Edizioni Musicali Alessio Brocca, distribuzione Idm - Italy Digital Music) il nuovo singolo del cantautore Ale Anguissola, polistrumentista e artista poliedrico.
Il brano, prodotto da Gigi De Rienzo (già produttore artistico di Pino Daniele ed EdoardoBennato)è impreziosito dalla calda voce della cantante brasiliana Ana Flora.
Il brano vede la partecipazione di musicisti d’eccezione: Gigi De Rienzo (chitarre, tastiere), Piero De Asmundis (piano), Agostino Marangolo (batteria), Franco Giacoia(chitarre), Robertinho Bastos (percussioni, cori), Ana Flora (voce).
Online al seguente link youtu.be/otlQ3Y6bsBc il video del brano, che vede la regia di Alex Belli (AxB Production) e la partecipazione dell’attrice e modella venezuelana Delia Duran. Le immagini ci permettono di viaggiare tra Cuba e l’Italia, e sottolineano un dialogo intenso tra queste due anime.

«”Penso che ti penso” è una preghiera – racconta Ale Anguissolaun dialogo che avvicina due mondi. Due culture e due destini lontani ma vicini nel cuore. L’atmosfera è allo stesso tempo solare, ma con una leggera ombra di malinconia. Un po’ come in tutta la mia musica, dove convergono culture musicali differenti, che mi permettono di attraversare atmosfere molto lontane tra loro».

«La musica di Ale Anguissola è figlia di mondi diversi– spiega Gigi De Rienzo - da una parte la tradizione alta della canzone d’autore italiana, dall’altra l’incontro con le musiche del mondo, un insieme che continuamente si ricombina e si ricolora. Il lavoro dei bravissimi musicisti che hanno partecipato ha teso a far affiorare tutto questo. Perfettamente a suo agio in questo tessuto , Ale racconta di posti, di persone , di desideri, sempre con un mezzo sorriso, e non riesci a capire mai del tutto se sia meraviglia o disincanto».

Ale Anguissola (all’anagrafe Alessandro Anguissola d’Altoè) è nato a Cremona nel 1965 e si autodefinisce “un folle”! Ha seguito studi classici, poi una Laurea in economia in Italia e una Laurea in marketing in USA. Da sempre coltiva una passione profonda per la musica, suona il pianoforte, la chitarra e il sassofono. Ma la vita lo costringe a scelte diverse e per anni si dedica al lavoro, diventando CEO di varie società. Per lavoro e per passione viaggia in tutto il mondo, ma non smette mai di dedicarsi alla musica e continuare a studiare (attualmente sta studiando armonia). Fino ad oggi con la scelta di provare ad andare oltre, e condividere la musica che ha coltivato per tutta la vita con chiunque voglia ascoltarla!

facebook.com/AleAnguissola; instagram.com/aleanguissola

La ripartenza del Pastry Chef Pietro Macellaro: fiducioso e ottimista, punto sui prodotti da viaggio. L'intervista di Fattitaliani

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Pietro Macellaro, Pastry Chef presso l'omonima Pasticceria Agricola Cilentana, non si è mai fermato e continua a "sfornare" creazioni gastronomiche le cui confezioni, curate nel dettaglio e con gusto, sorprendono e invitano alla condivisione. Fattitaliani lo ha intervistato per vedere come sta vivendo e sta andando questa fase di riapertura seguita al lockdown.
Come sta andando la famosa "ripartenza"? come ti sei organizzato?
È da circa dieci giorni che siamo ripartiti. Ovviamente ci vorrà ancora del tempo affinché le persone tornino a muoversi come prima, ma resto fiducioso e ottimista. Per la "ripartenza" ho deciso di puntare su prodotti da viaggio, quelli che riesco a spedire tranquillamente a casa.
Quali timori accompagnano un professionista come te che ha fondato il mestiere sulla sua stessa vita e sulla sua stessa casa? in gioco c'è praticamente tutto...
In verità sono fiducioso e ottimista: intravedo una rapida normalità ormai non lontanissima, ma una eventuale seconda ondata del virus in autunno rappresenterebbe una situazione dalla quale difficilmente si verrebbe fuori.
Notevole il livello di packaging dei tuoi prodotti che sicuramente necessita parecchio tempo. Come fai a gestire e garantire la qualità dei prodotti e allo stesso tempo pensare accuratamente alla loro confezione?
Per noi il packaging è fondamentale: non riusciamo a immaginare un prodotto così senza la confezione appropriata. Abbiamo scelto una linea di immagine sobria, elegante ma allo stesso tempo molto rappresentativa. Ovunque sulle nostre confezioni troverete dei germogli stilizzati, che rappresentano il nostro percorso in questo territorio aspro, in genere poco incline alle innovazioni lavorative. I germogli rappresentano la nascita, la crescita di idee e percorsi di alta pasticceria supportati da continuo e costante impegno, professionalità e serietà aziendale.
Durante il confinamento, hai comunque "approfittato" del tempo in più per nuove creazioni e coltivazioni? 
Per quanto riguarda la parte agricola, ci siamo dedicati molto alla cura delle nostre coltivazioni in azienda. Questo confinamento mi ha insegnato quanto sia preziosa e importante la possibilità di avere e dedicarsi ad "un pezzo di terra" dove poter lavorare, stancarsi senza mai pensare troppo agli eventuali momenti difficili. Su questo mi ritengo molto fortunato. Invece, per quanto riguarda i prodotti, ho ideato, nella completa incertezza di una rapida riapertura del negozio, dessert da potere spedire direttamente a casa. Vedi Giovanni, un'altra lezione è stata quella di dover tassativamente migliorare il market online. E su questo stiamo già lavorando.


C'è un dolce che è proprio "figlio della pandemia"?
Ho messo a punto una tecnica secondo me molto intelligente... la vasocottura. Ovvero prodotti da forno (cake, torte da forno, babà, panettone) in vasocottura. Ti consente, considerando poi il periodo, di conservare senza alcun additivo i prodotti per un periodo di sei mesi circa e allo stesso tempo di spedirli ovunque senza alcuna complicazione. 
Com'è andata a livello di sussidi da parte dello Stato? C'è stata un'effettiva e pratica vicinanza delle istituzioni al tuo lavoro?
Ad oggi ho ricevuto i 600€ di marzo e aprile. Spero e sono fiducioso che lo Stato sia al nostro fianco in questo periodo difficile anche se...


Dopo questo brutto periodo che cosa ti auguri che gli italiani possano recuperare nel rapporto con la gastronomia?
La gastronomia italiana è tra le più importanti e imitate al mondo. Merita di ritornare al più presto ai primi posti. Tanti miei colleghi, anche all'estero, ci stanno alacremente lavorando come noi: incrociamo le dita! Giovanni Zambito.





GIALLO, "PROFILING" CONTINUA LA SERIE CAMPIONE DI ASCOLTI. DAL 14 GIUGNO ALLE 21:10

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Si apre un nuovo capitolo di storie e crimini da risolvere. Dopo il grande successo delle stagioni precedenti, l’appuntamento con l’amata serie crime francese “PROFILING” continua con i dieci episodi inediti dell’ottava stagione in prima tv free su GIALLO (canale 38 del Digitale Terrestre) dal 14 giugno ogni domenica alle ore 21:10.

La criminologa protagonista Adèle Delettre (Juliette Roudet) si ritrova a fare i conti con il lutto della gemella Camille assassinata da Argos (Thierry Gimenez), lo stesso criminale che, anni prima, aveva rapito e sequestrato entrambe le sorelle. A seguito della scomparsa di Camille, Adéle deve anche confrontarsi con un ruolo per lei inedito, quello di madre adottiva del piccolo nipote Ulisse. L’ottavo capitolo della serie racconta l’arco della storia tra Adele e Argos, mentre la criminologa si avvicina sempre più al detective Thomas Rocher (Philippe Bas), al comando del team investigativo.
Giallo è visibile al Canale 38 del Digitale Terrestre, su Sky canale 167, Tivùsat Canale 38. Le puntate saranno disponibili su dplay.com (scarica la App su App Store o Google Play o vai su www.dplay.com).

Il 66° TaorminaFilmFest ritorna in sala e debutta in streaming, 11-19 luglio

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Il TaorminaFilmFest si rinnova.
Nella veste, nella forma e nella destinazione. In un contesto globale eccezionale e imprevedibile, così incerto e delicato, l’evento – prodotto e organizzato da Videobank S.p.A. su concessione della Fondazione Taormina Arte Sicilia, sotto il patrocinio dell’Assessorato Regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo – ha deciso di non arrendersi e di rimanere al fianco del pubblico in un’estate quanto mai difficile per l’esperienza della sala e la filiera festivaliera. Con la ferma volontà di osservare le precauzioni previste dai protocolli, anteponendo l’incolumità di pubblico e ospiti, il festival debutterà in un’inedita edizione online, in streaming su MYmovies, dall’11 al 19 luglio prossimo.

Alla luce delle restrizioni imposte e dei recenti sviluppi internazionali, con senso di responsabilità e solidarietà nei confronti delle distribuzioni, l’iniziativa presenterà una selezione di oltre 40 anteprime, tra opere prime e seconde, produzioni indipendenti e documentari. Infatti, se la principale categoria competitiva sarà fruibile unicamente in sala presso il Palazzo dei Congressi di Taormina, la piattaforma offrirà un palinsesto alternativo realizzato in post-produzione, ricco di documenti video, immagini di archivio, suggestive riprese emozionali e interventi di ospiti, a parziale narrazione di un festival interamente virtuale. Le magnifiche immagini presentate nelle cartoline video della Sicilia e di Taormina, con il suo prestigioso festival cinematografico, saranno indiscusse protagoniste di un’innovativa operazione di promozione turistica e culturale che trasforma, adatta e ripensa – almeno in parte – l’audiovisivo e l’esperienza festivaliera alla grammatica e alle dinamiche della fruizione in streaming della sessantaseiesima edizione dell’evento.

Per la prima volta in una veste del tutto nuova, nonostante le attuali circostanze, la maggior parte delle tradizionali Sezioni e tanti altri imperdibili contenuti si sposteranno quindi online, continuando ad offrire nelle sale virtuali la possibilità di approfondimento e di incontro al numeroso pubblico, che valuterà attivamente i titoli selezionati – presentati dagli autori e dagli interpreti – e attribuirà alcuni speciali premi del pubblico. Tutti i dettagli del nuovo palinsesto del TaorminaFilmFest e le relative modalità di partecipazione saranno prossimamente svelate.

EMERGENZA COVID-19: LA SCUOLA ITALIANA DI ASMARA CHIEDE GARANZIE

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In data 12.06.2020 una delegazione di docenti dell’IISO di Asmara è stata ricevuta dall’Ambasciatore d’Italia Stefano Moscatelli per chiedere chiarimenti in merito alle seguenti questioni:

- Rientro in Italia per ferie: allo stato attuale non ci sono previsioni certe di organizzazione di voli dall’Eritrea per l’Italia;
- Visti di uscita e di rientro: a fronte della decisione da parte del governo Eritreo di emettere solo il visto di uscita, il personale scolastico chiede un intervento per ottenere anche il visto di rientro come previsto prima dell’emergenza Covid 19;
- Ripresa delle attività didattiche: i docenti manifestano le loro preoccupazioni in merito alla mancanza di un protocollo preciso per la ripresa delle attività didattiche in sicurezza a partire dal mese di settembre 2020.
In attesa delle decisioni da parte delle autorità eritree sulle modalità di riapertura della scuola italiana e delle misure igienico-sanitarie anti Covid 19 che saranno adottate per l’avvio in sicurezza delle lezioni per il prossimo a.s. la Uil scuola Rua sollecita una soluzione sul piano politico- diplomatico condivisa dalle parti che possa garantire il futuro della scuola di Asmara.

Charles Michel: "Rafforzare l'Italia significa rafforzare anche l'Europa"

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Intervento del presidente Charles Michel agli "Stati generali dell'economia"

Desidero anzitutto ringraziare te, caro Giuseppe (Conte), in qualità di presidente del Consiglio, per avermi invitato alla sessione inaugurale di queste consultazioni nazionali. E mi congratulo con voi e, per vostro tramite, con tutti i leader e rappresentanti politici, nonché con gli attori economici e sociali, per questa mobilitazione senza precedenti volta a elaborare un piano di ripresa per il vostro paese: l'Italia.
Questa convergenza di forze rappresenta un momento cruciale per l'Italia, come del resto anche per l'Unione europea.

Prima di tutto, voglio rendere omaggio all'Italia, che, in questa fase della crisi senza precedenti che il mondo sta attraversando, indica la strada agli altri paesi europei, così come ha fatto all'inizio della pandemia. È vero che, per un momento, il resto dell'Europa ha guardato all'Italia e al propagarsi del virus con incredulità, forse persino con distacco.

Ma oggi sappiamo che sono state le autorità italiane a indicare la via da seguire, con misure successivamente replicate dagli altri governi. E sono stati soprattutto i cittadini italiani a dare agli altri europei l'esempio di una disciplina, di una resistenza e di un coraggio che hanno permesso di arrestare progressivamente la propagazione dell'epidemia. In questo senso, possiamo dire che gli altri europei sono stati tutti italiani.

Non tutti i paesi sono stati tanto colpiti quanto l'Italia. Tuttavia, se molti hanno retto meglio, è innanzitutto perché l'Italia è stata la prima a essere duramente colpita. Il dramma dell'Italia, e in seguito della Spagna, ha reso consapevole il resto dell'Europa spingendolo ad adottare più rapidamente misure drastiche. Non dovremo dimenticare che, probabilmente, il sacrificio dell'Italia ha salvato indirettamente vite umane nel resto d'Europa.

I cittadini si sono mostrati all'altezza della situazione. E ora spetta a noi leader politici mostrarci all'altezza della sfida rappresentata dalla ripresa. È quanto vi impegnate a fare nel quadro degli Stati generali. Ed è quello che, a livello europeo, devono fare ora i 27 capi di Stato o di governo: trovare un accordo sul piano europeo volto a stimolare le nostre economie, in base al progetto elaborato dalla Commissione europea su richiesta del Consiglio. Non mi dilungherò sul contenuto di questa proposta, che già conoscete e di cui Ursula von der Leyen vi ha illustrato i meccanismi. Ritengo tuttavia utile ricollocare tale progetto nel quadro dei nostri obiettivi globali, al fine di comprendere correttamente gli elementi che – lo spero – ne renderanno possibile la concretizzazione.

Questi obiettivi globali possono riassumersi in due parole: ricostruire e trasformare.

Ricostruire è ovviamente la necessità più urgente. Dobbiamo riavviare le nostre economie dopo che si sono praticamente fermate. L'integrità del mercato interno, ostacolata dal ripristino dei controlli alle frontiere interne, deve essere ristabilita. In questa occasione abbiamo riscoperto quanto sia essenziale, per la prosperità di tutta l'Europa, il tessuto economico che unisce tutti noi: le cosiddette catene del valore. Dobbiamo non solo rinsaldare il mercato unico, ma anche assicurarci che resista meglio agli shock futuri. Il ripristino della libera circolazione nello spazio Schengen, tanto cara ai nostri concittadini ma anche indispensabile per il corretto funzionamento del mercato unico, persegue lo stesso obiettivo.

Siamo tutti consapevoli che gli effetti negativi della pandemia e della cessazione dell'attività economica devono ancora manifestarsi. Per contenere o contrastare tali effetti, in particolare a livello sociale, e riavviare la macchina serviranno sforzi notevoli. L'Unione europea si è mobilitata proprio per questo obiettivo: trovare i mezzi per sostenere i paesi, le regioni e i settori più colpiti dalla crisi. Una necessità, questa, su cui nessuno nutre più dubbi.

Già nel programma strategico adottato dal Consiglio europeo nel 2019, avevamo fissato obiettivi ambiziosi per organizzare un profondo riorientamento dell'Unione europea, incentrato su tre assi portanti fondamentali: innanzitutto, conseguire un'economia più verde per rispondere alla sfida climatica; in seguito, acquisire un ruolo di leader nel settore digitale; infine, come terzo obiettivo, rafforzare il peso dell'Europa nel mondo.

All'inizio della pandemia ho sentito dire – sarà capitato anche voi – che l'Europa avrebbe messo temporaneamente da parte, se non addirittura abbandonato, simili ambizioni. Ve lo dico con piena convinzione: sarebbe una totale assurdità. La crisi Covid-19 ha invece messo in evidenza la necessità di riorientare le nostre economie e le nostre società. Dobbiamo rendere le nostre economie, i nostri sistemi sanitari e anche la capacità d'azione dei nostri Stati più resistenti agli shock. In particolare questo significa, per l'Europa, conseguire una maggiore autonomia strategica, soprattutto a livello industriale; ma vuol dire anche rafforzare la nostra influenza nel mondo, sia per difendere il multilateralismo fondato su regole, che è garanzia di cooperazione e di pace, sia per preservare gli interessi dei cittadini e delle imprese europei. Ovviamente questo obiettivo strategico è strettamente legato all'azione dell'Unione europea volta a contrastare le attività organizzate e sistematiche di propaganda e "fake news", i cui artefici non hanno esitato a sfruttare il terreno fertile offerto dalla pandemia.

Infine, care amiche e cari amici, ritengo che potremo cogliere la sfida della trasformazione solo se saremo anche in grado - cosa non facile - di reinventare noi stessi. Sono convinto che, dinanzi a una crisi di tale entità, abbiamo il dovere storico di impostare la nostra ambizione e i nostri progetti nella prospettiva di un nuovo orizzonte.

La pace e la prosperità sono e restano i nostri punti di riferimento. E sono convinto che sia ormai necessario mirare anche a un valore che riassuma e al contempo superi tali obiettivi. Un valore che abbiamo riscoperto nel nostro quotidiano con rinnovata e rafforzata chiarezza nel momento in cui è stato così tragicamente minacciato dal virus: mi riferisco al benessere personale e collettivo - economico, sociale, sanitario, culturale - che non si limita alla mera prosperità economica. Nel nuovo orizzonte si profila una società fondata sulla dignità e sulla benevolenza e il percorso per raggiungerla è delineato dagli obiettivi strategici dell'Unione già menzionati. L'Europa può - anzi, deve - farsene promotrice, tanto nella dimensione interna quanto in quella esterna.

Vorrei infine condividere alcune riflessioni di carattere forse più pragmatico su cui mi baserò per parlarvi del processo negoziale che sta per essere avviato. Spetta infatti al Consiglio europeo, ossia ai 27 Stati membri, trovare un accordo su un progetto comune. E dovrà prendere posizione anche il Parlamento europeo.

Come prima osservazione, vorrei mettere tutti in guardia dal sottovalutare la difficoltà dei negoziati che stanno per iniziare. Si tratta di una proposta sotto molti aspetti inedita per natura e portata. Ma c'è ancora strada da fare. Come sapete, su vari punti chiave del progetto esistono divergenze significative: sulla dotazione globale, sulla ripartizione tra prestiti e sovvenzioni, sui criteri di distribuzione delle risorse finanziarie, sulle condizioni di assegnazione dei fondi...

Ora più che mai, questi negoziati sono irti di difficoltà, poiché costringono tutti gli Stati membri a riconsiderare determinati principi cui sono fedeli da così lungo tempo. Per il buon esito di simili negoziati, tutti i partecipanti dovranno sforzarsi di guardare e comprendere le cose dal punto di vista degli altri, e quindi accettare di mettere in discussione i propri preconcetti. Non tutti condividono la stessa interpretazione di cosa sia nel concreto la solidarietà. Così come non tutti sono istintivamente d'accordo sulle implicazioni pratiche che derivano necessariamente dal principio di responsabilità. Potremo riuscire solo se sia gli uni che gli altri faranno lo sforzo di mettersi nei panni dei rispettivi interlocutori.

Il processo di allineamento verso un accordo è cominciato, ma la strada è ancora lunga e piena di ostacoli: questo deve essere chiaro a tutti.

Ed ecco la mia seconda osservazione: gli obiettivi che i 27 si sono prefissati e che ho menzionato poc'anzi sono obiettivi comuni. E oggi, molto più di due o tre mesi fa, penso che i 27 siano consapevoli del fatto che l'operazione di solidarietà finanziaria che tentiamo di realizzare non è questione di carità, ma rientra piuttosto nell'effettivo interesse di ciascuno di noi. Tutti noi condividiamo l'interesse vitale di ristabilire pienamente il nostro grande mercato interno, di preservare la stabilità della zona euro e di rafforzarla.

L'obiettivo è dunque comune. Ma spetterà a ciascuno di noi decidere quale strada imboccare e come conseguire gli obiettivi. Il piano europeo di ripresa a cui stiamo lavorando non sostituirà i piani nazionali, tutt'altro: li dovrà rafforzare. Per questo motivo - caro Giuseppe, care amiche e cari amici - il lavoro che avviate qui è fondamentale.

E lo è doppiamente. Soprattutto e innanzitutto, perché è evidente che costituisce un'urgenza per gli italiani, che si aspettano delle soluzioni. In qualità di ex primo ministro belga, so che non è facile realizzare riforme e trasformazioni. È necessario avere una volontà di ferro, incrollabile, e coinvolgere costantemente i cittadini nei nostri processi democratici.

Ma questo piano europeo di ampio respiro che - ne sono convinto - dobbiamo mettere in atto può anche rappresentare un'occasione unica per l'Italia: l'occasione di realizzare le trasformazioni indispensabili per un avvenire più stabile, in Italia e in Europa. Diamo tutti prova di coraggio e responsabilità. In quest'impresa di solidarietà a 27, più saremo ambiziosi e coraggiosi a livello nazionale, maggiore sarà la forza che imprimeremo al progetto europeo. La solidarietà non è una strada a senso unico: da una parte, presuppone la mobilitazione di risorse per sostenere le regioni e i settori maggiormente colpiti; dall'altra, significa anche realizzare le trasformazioni indispensabili per rafforzare ciascuno Stato membro, e quindi l'Unione europea nel suo complesso. Rafforzare l'Italia significa rafforzare anche l'Europa. Caro Giuseppe, care ministre e cari ministri, vi ringrazio e vi auguro un proficuo lavoro.

Racconti in quarantena: IL PRIMO MARE NON SI SCORDA MAI

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di Mario Narducci - L’AQUILA - La prima volta che vidi il mare fu uno stordimento.
Sensazione analoga avevo provato solo con le influenze stagionali che mi coglievano, con febbri altissime, all’improvviso, così come all’improvviso sparivano lasciandomi in uno stato di deliquio estatico, una sorta di euforia sottile, lo sguardo fisso al soffitto bianco che s’animava di ronzii come un alveare e di immagini fatte di segmenti e macchie che diventavano volti d’uomini e di animali e paesaggi sconosciuti.
Avevo sentito nominare il mare da mia madre, che lo attraversò per un mese a dieci anni, di ritorno dall’America, dove era nata insieme ad altri quattro fratelli da genitori emigrati. Ma quello era un oceano, vasto da paura, le onde altissime sollevate da raffiche di vento poderose che s’acquietavano al ritorno della bonaccia. Sole da fornace in coperta dove stavano ammassati come chicchi di melagrana, ma senza il colore dell’ottimismo perché il ritorno, per molti, altro non era che una denuncia di fallimento.

Avevo otto anni, forse nove ma non di più. Allora s’andava al mare con le colonie della POA, la pontificia opera di assistenza che subito dopo la guerra soccorreva i meno abbienti e organizzava colonie marine perché il sole rincorasse anche i bambini gracili e il respiro dello iodio alleviasse l’asma incipiente. La rivelazione mi colpì a Francavilla a mare. Stordimento come da febbre alta. Il fruscio dell’acqua che giungeva a riva e se ne tornava via con la risacca. 

Io me ne stavo ritto sulla sabbia a contemplare l’immenso, là fino a dove la linea d’orizzonte del mare si congiungeva con quella del cielo, in un subisso di sole accecante che mi riportò il ronzio di un alveare nella testa, tra piccole vele lontane, opposte alle instabili telature della colonia che ci facevano da riparo nell’ora della più forte calura, sulla spiaggia libera. “Noce di cocco, cocco fresco” si udì, sottile come bisbiglio, una voce lontana, sempre più robusta mano a mano che ci veniva incontro. 

“Cocco fresco”, ripeté invitante e forte l’omino che ci si parò davanti, con un secchio d’acqua in una mano ricolmo di liste di cocco, e noci intere di riserva in un borsone. Era l'unico venditore di allora quando erano lontanissimi i tempi dei "vu cumbrà" carichi di accendini, pareo e bigiotteria. Qualche spicciolo lo avevamo un po’ tutti. “Non si sa mai, potrebbero servire”, m’aveva detto mio padre alla partenza facendomi scivolare in tasca poche lire. 

Lo sguardo accondiscendente delle giovani assistenti ci permise gli arditi acquisti, anche se ci fu possibile gustare ogni cosa solo dopo il bagno che, dentro un costumino di lana che appena in acqua si sbrillentava tutto, poteva aver luogo nelle ore rituali, prima della merendina delle undici: pane e formaggino di rigore, un profumo ed un desiderio che ancora mi porto dentro al punto da gustarne ancora quando voglio reimmergermi con voluttà nel sole dell’infanzia. 

Con l’omino del cocco un giorno passò sulla spiaggia anche un piccolo coro folcloristico diffondendo una canzone che ancora mi porto dentro: “E’ Francavilla le più belle site”. E' Francavilla il posto più bello del mondo. E per noi lo era davvero, anche se non si alloggiava in un villaggio turistico, ma in una chiesa sconsacrata dove erano state disposte brandine militari per la notte e tavoli con sedie per la refezione. Tra le attese del bagno che avveniva sotto l’occhio vigile delle assistenti, canti e giochi di gruppo per occupare il tempo. Gli animatori dei villaggi turistici sono stati un’invenzione successiva perché il mestiere lo avevano già creato le giovani assistenti di allora. 

Seppi anni dopo l’importanza della cittadina che ci aveva accolto, del Conventino di Michetti, pittore e fotografo, grande amico di D’Annunzio, dove si riunivano in cenacolo i più bei nomi della cultura dell’epoca, da Francesco Paolo Tosti a Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao. Non si tratta di soli ricordi, per quanto profondi possano essere e per quanto terreno abbiano dato ai miei sogni. Si tratta di molto di più, di uno spazio immenso che si apriva nella mente di un ragazzo pronto a cogliere gli stupori della vita e a lasciarsene trasportare, come vela bianca da vento leggero sulla calma piatta di acque insondabili. 

Verranno altre spiagge e verranno anche gli oceani, non più solcati da bastimenti come quello che riportò in patria mia madre, ma sorvolati in poche ore, il tempo di un pasto e di un film, nella frenesia di un mestiere che ha avuto la ventura di farmi stringere il mondo tra le mani. 

Ma il primo mare non si scorda mai e ne sento le onde nell’anima, oggi, solo a riascoltare un cammeo poetico e musicale come quello di Tosti e D’Annunzio nella dolcissima “A vucchella”, che per me, decenni più tardi, prese volto d'amore: “Sì, comm'a nu sciorillo/ Tu tiene na vucchella/ Nu poco pocorillo appassuliatella./ Dammillo e pigliatillo/ Nu vaso piccerillo/ Comm'a chesta vucchella/ Che pare na rusella/ Nu poco pocorillo appassuliatella”.

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La foto: Mario Narducci, al mare

IL GRAND TOUR E… IL GRAND TOUR DI RITORNO!

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All’apparenza un giuoco di parole, al contrario una affermazione  meritevole di attenzione.
Il Grand Tourè una pagina celebre della Storia Europea e vuole ricordare quel periodo  consolidatosi  con certe finalità ed obiettivi  iniziato verso la prima metà del 1700 e, solo in parte, interrotto con l’avvento di Napoleone:  al principio fu  il ceto abbiente e colto inglese e poi gradualmente si allargò a tutta la cultura e nobiltà d’Europa: sorse quasi  una esigenza, quella della avventura e della visita dei luoghi storici europei e mediterranei non tanto per ‘turismo’ -da qui nacque la parola- bensì  per cultura e conoscenza e acquisizione di esperienze nuove e perciò  le mete furono le città e luoghi storicamente e artisticamente appetibili  in Europa e il paese ambito per eccellenza era l’Italia grazie ai suoi  beni architettonici e archeologici e artistici e paesaggistici:  in tale lunga peregrinazione che durava mesi, le destinazioni per eccellenza erano Venezia, Firenze, Roma e Napoli: e Roma, la città dei Papi, era il luogo più agognato non solo per i tesori d’arte e di antichità   ma anche perché vi si assaporavano e gustavano e sperimentavano, senza limiti e senza impedimenti, sensazioni e esperienze  anche le più audaci, mai vissute.A ulteriore eccezionale motivo di acculturamento e di godimento a quell’epoca a Roma si aprì al forestiero transalpino un nuovo incredibile mondo e cioè lo spettacolo  delle scoperte archeologiche e dei reperti romani e greci che affioravano dalle viscere della terra. Affianco alla comunità straniera  più sopra descritta, a Roma, già dal 1500,  vivevano artisti europei  ad apprendere e  conoscere le antiche vestigia e a  fine 1700-inizi 1800  le cronache registrano che ogni giorno dell’anno ne fossero presenti almeno cinquecento, in prevalenza pittori e anche scultori.  Ed è in questo momento della storia che abbraccia le ultime decadi del 1700 e le prime  del 1900,  che il visitatore a Roma si imbatté in un secondo inaspettato e altrettanto eccezionale motivo di richiamo: il brigante, il pifferaro, lo zampognaro, il ciociaro, la ciociara nelle loro sgargianti vestiture e con quei calzari così strani eppure così classici ai piedi. E si visse una esperienza originale e unica: il soggetto della pittura dei giovani artisti transalpini a Roma in quegli anni, divennero il brigante, il contadino, il pifferaro, la ciociara: mai si era visto nella pittura che gli ultimi della società, i braccianti, i girovaghi, i fuorilegge, divenissero i protagonisti in un quadro! Fu un capovolgimento nell’arte. E così avvenne e nacque un nuovo genere pittorico, la pittura di genere all’italiana,  di successo planetario. 
E non fu una bolla di sapone passeggera  bensì un movimento europeo che durò quasi centocinquantanni, nella gratificazione dei collezionisti ed amatori e nella soddisfazione continua da parte della maggioranza  degli artisti. Oggi la situazione è tale che in ogni museo o galleria del pianeta  si è sicuri di rinvenire un dipinto o una scultura che illustra un personaggio ciociaro o una modella ciociara: non esiste un altro soggetto  nell’arte occidentale dell’epoca che abbia vissuto una tale fortunae che abbia goduto di  certe firme quali quelle di Manet, Corot, Degas,  Rodin, Cézanne, Matisse, Sargent, Leighton, Whistler, Thornycroft, Van Gogh, Braque, Picasso…,. Una autentica apoteosi, sola ed unica del personaggio in costume ciociaro: nessun soggetto vanta tali pittori e scultori. E avviene che ogni giorno milioni di visitatori di musei e di gallerie  hanno sotto gli occhi ovunque nel mondo un quadro o una scultura con questa umanità.
Ed  ecco il Grand Tour di Ritorno: che cosa può mai accadere se  in Ciociaria, cioè nella patria delle creature che gli artisti europei tra i quali i sommi hanno contribuito a rendere letteralmente  immortali, si realizzasse, finalmente, una pinacoteca del costume ciociaro di afflato artistico europeo? A parte la cancellazione  di una vergognosa  lacuna e di una  imperdonabile macchia ai danni della collettività e della civiltà, si metterebbe  a disposizione di un  pubblico internazionale che da sempre conosce e ama  queste immagini, un luogo dove di tali opere non ve ne sarebbe una o due o tre ma qualche centinaio da ammirare e da studiare. Inimmaginabile il successo di una tale iniziativa realizzata e gestita con criterio e chiarezza di idee e principi: non solo il quadro di per sé motivo di richiamo ma altresì, ad esame più attento, anche la ricerca dei luoghi di origine di queste creature, il loro nome, la loro storia, il loro folklore…e non solo da parte dei cultori e studiosi internazionali ma anche da parte dei figli e nipoti degli emigrati ciociari sparsi per il mondo…Una inimmaginabile fonte di attività e di iniziative. Ecco dunque il Grand Tour… di Ritorno, dall’Europa essenzialmente, da dove è partito, e di Ritorno verso i luoghi dove più che altrove i ‘touristi’ hanno rinvenuto e goduto il distillato artistico e umano delle esperienze vissute; e se si ricorda che il costume ciociaro a suo tempo era  la lingua franca dell’arte europea, oggi  la pinacoteca  potrebbe diventare o diventerebbe  la meta ricercata e ambita  dei nuovi viaggiatori.
E senza parlare deiciociari stessi, specie quelli della provincia di Frosinone, ai quali non è stata data mai la possibilità e la gratificazione di ammirare di  osservare di apprezzare uno di questi quadri, totalmente assenti nelle istituzioni, pubbliche e private!
                                                                                                          Michele Santulli

IVAN COTTINI: LA MALATTIA SI CURA, LA DISABILITÀ SI EDUCA. L'INTERVISTA DI FATTITALIANI

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di Caterina Guttadauro La Brasca - Ivan Cottiniè nato nel 1987 in terra marchigiana. Ha 32 anni, ma nel corso del 2020 ne compie 33 anni. È stato fotomodello e ballerino, fino alla sua partecipazione ad “Amici” di Maria De Filippi

Nel 2013 scopre di avere la sclerosi multipla; la rivelazione avvenne durante una puntata di “Verissimo” condotta da Silvia Toffanin: "Non ci vedevo più a un occhio. Una brutta diplopia seguita da gravi difficoltà a deglutire, masticare e perfino parlare". La sua vita - non senza difficoltà - inizia a cambiare, ad assumere 14 farmaci al giorno e a fare sedute di fisioterapia per bloccare l'avanzamento della malattia.
Ogni 3 ore, un giovanetra i 20 e i 40 anni ricevecome Ivan una diagnosi di sclerosi multipla che cambia la sua vita, con ripercussioni su lavoro e affetti. Solo in Italia, ogni anno i nuovi casi sono oltre 2.000: un dato su cui riflettere, soprattutto se pensiamo che la sclerosi multipla è la causa principale di disabilità fra i giovani, dopo gli incidenti stradali.
Si considera diversamente abile chi non riesce più a svolgere attività e comportamenti che fanno parte della vita quotidiana;
Si considera handicappata la persona che si trova in una condizione di svantaggio sociale a causa di una menomazione o disabilità. In presenza di handicap significa, quindi, parlare di qualcosa che si allontana dalla norma.
D. Lei in quale delle due definizioni si riconosce?
Mi riconosco più come disabile, però dico che la disabilità non esiste. Non esiste nulla di tutto ciò. Perché la disabilità è solo nella nostra testa ed è una scelta, se mettersela o meno. Non esistono disabili o normodotati. Siamo tutti uguali. È la società che fa queste "selezioni" e finché ci saranno, si sceglierà sempre secondo criteri. Ed è proprio qui che si deve lavorare. Abbattere questi muri e criteri imposti. L'esempio lampante l'abbiamo avuto in questo periodo di lockdown. Lì eravamo tutti disabili allo stesso modo! E quindi ecco. Siamo tutti uguali! I limiti sono solo nella nostra testolina. Non vuol dire che sei normodotato allora puoi tutto. Tutti possono tutto, se lo si vuole!
D. Quanto dolore e fatica ci sono da vivere per affrontare ciò che per gli altri è normale e per lei è una sfida?
Io penso che siamo tutti in sfida, soprattutto con noi stessi. Per quanto mi riguarda non è stata di certo la malattia a fermare tutto ciò che volevo e voglio fare. L'unico dolore, se vogliamo chiamarlo così nel senso proprio della parola, ce l'ho durante il post esibizione. Tante volte mi sono fratturato il polso, le ossa della mano, schiacciato le vertebre e lì mia mamma cura le mie ferite. Ma la soddisfazione delle persone che con me rinascono, ripaga di tutto!
D. Mi scusi la domanda ma si è sentito mai compatito, evitato?
Più che altro mi sono sentito solo! Quando tutto andava bene ero circondato di amici e persone, poi con la diagnosi della malattia sono scomparsi tutti ed i miei amici avevano paura persino di stringermi la mano pensando si trasmettesse così. Ora gli amici, quelli veri, si contano sulle dita di una mano. A me la compassione non piace proprio! Io voglio infondere forza e speranza!
D. Se le dico VIOLA, cosa mi risponde, averla messa al mondo le ha fatto fare pace con la Vita?
Viola è la mia vita! Lei è la mia cura. Ho sempre avuto il desiderio di diventare padre e con la malattia e con il mix di farmaci non riuscivo ad adempiere ai doveri di maschio, così ho sospeso di mia iniziativa i farmaci, con un aggravio ed accelerazione della malattia, ed ecco che è arrivata Viola. Per molti è stata una scelta superficiale la mia, il dover sospendere i farmaci all'insaputa di tutti pur di avere mia figlia, ma è stata la scelta più bella che potessi fare e che rifarei altre infinite volte! Io con lei sono guarito. Sono tornato a camminare. Tanto che, in ospedale, subito dopo la sua nascita, ho fatto una mini sfilata sorretto da due miei amici. Se non ci fosse Viola, oggi non sarei felice! Quando era piccola e mi gattonava, riuscivo a starle dietro, magari le tiravo una stampella per fermarla, ora invece che ha 4 anni, non riesco più a starle dietro, e forse adesso è proprio qui che mi fa sbattere il muso con la malattia. Così la conquisto e mi concentro su quei giochi da seduti. Lei mi trucca, mi mette lo smalto, mi pettina! Mi fa bello! Soprattutto quando sa che devo esibirmi o andare in tv. Sin da piccolina sapeva che se io dovevo arrivare da lei, avevo bisogno delle stampelle o della sedia, quindi arrivava lei direttamente da me con ciò che mi serviva per muovermi.
D. È pronto alle domande che Viola le farà?
Viola già sa tutto. Ovviamente le spiegherò più avanti. Ho più paura delle domande e di ciò che le diranno gli altri bambini. Ma la mia Viola sa come difendersi! 
D. Per cosa vorrebbe essere sempre nella mente e nel cuore di sua figlia?
Vorrei esserle di esempio. Perché nella vita, se vuoi, puoi tutto. Ed io sono l'esempio di tutto questo!
D. Lei prima era un Modello con un futuro promettente, oggi cosa pensa se guarda al futuro?
L'unica cosa che desidero nel mio futuro è stare il più possibile con mia figlia e vederla crescere, e chissà magari riuscire a portarla all'altare!
D. Si è mai chiesto perché a me?
Ho sempre pensato che forse io ero quello che riusciva a reagire a tutto questo e ripartire più forte di prima! Non ho mai accettato di star fermo, seduto, sentirmi malato ed aspettare. Io ho fatto, forse la scelta più difficile, quella di rimboccarmi le maniche e ricominciare a vivere!
D. Il suo rapporto con Dio, in che termini sta?
Sinceramente non ho mai avuto questo grande rapporto, però c'è stato un fatto. Quando ho saputo che sarei stato ricevuto dal Papa, lì c'è stata una forte emozione. Quella mattina, eravamo già dalle 7 in Piazza del Vaticano, in posizione, pronti per essere ricevuti e benedetti. Dietro di me sentivo un calore ed una emozione indescrivibili di tutta la folla che avrebbe fatto carte false per essere al mio posto, anche solo per stringergli la mano. Io ho avuto questa fortuna. Di esser benedetto e di far benedire mia figlia! Quello è stato un momento unico che porterò sempre nel cuore.
D. Un libro sul suo comodino c’è?
C'è il libro che voglio scrivere. La mia fiaba. È in fase di scrittura, in cui racconterò la mia vita, anche con cose inedite mai svelate!

“La mancanza di salute e la disabilità non sono mai una buona ragione per escludere o, peggio, per eliminare una persona.
La più grave privazione che le persone anziane subiscono non è l’indebolimento dell’organismo e la disabilità che ne può conseguire, ma l’abbandono, l’esclusione, la privazione di amore.
In tal senso è allora possibile, plausibile e anzi auspicabile intendere la diversità non più come un limite e un ostacolo, quanto piuttosto come un valore aggiunto, una risorsa in termini di crescita individuale e sociale e di arricchimento interiore.
Grazie Ivan, Buona Vita!
Caterina Guttadauro La Brasca

IIC Bruxelles, 15 giugno Proiezione online del film "ll sindaco del Rione Sanità" di Mario Martone

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Prenota qui. Finalista nella sessione miglior regista ai Nastri d'Argento 2020

Antonio Barracano, “uomo d’onore” che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, è “Il Sindaco” del rione Sanità. Con la sua influenza e l'aiuto dell'amico medico amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Chi “tiene santi” va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio, questa è la regola. Quando gli si presenta disperato Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Il Sindaco decide di intervenire per riconciliare padre e figlio e salvarli entrambi.

(IT, 2019, 107’, V.O. IT, ST. EN)

Numero di posti limitato, prenotazione obbligatoria.

Il link alla piattaforma e il codice per poter guardare il film nella nostra sala virtuale saranno inviati a seguito della prenotazione.

Data: Lun 15 Giu 2020
Orario: Dalle 18:00 alle 21:00
Organizzato da : Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles
In collaborazione con : Truecolours
Ingresso : Libero

IIC Bruxelles: Giusy Caruso, Concerto in diretta "Artbreak. Omaggio all'Italia e a Beethoven"

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L'ultimo appuntamento online dell'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles prima della pausa estiva si terrà il 29 giugno alle ore 19 in diretta!

Protagonista sarà Giusy Caruso, pianista italiana residente a Bruxelles in una lezione-concerto eccezionale, trasmessa in live streaming, senza pubblico, nel rispetto delle restrizioni e precauzioni imposte a causa dell’emergenza della diffusione del COVID-19.
Il concerto potrà esser seguito sulla pagina Facebook dell’IIC e condiviso in maniera interattiva partecipando in dialogo con l’artista attraverso commenti, domande e curiosità.
Il concerto è dedicato all’Italia e al compositore Ludwig van Beethoven (Bonn, 1770-Vienna, 1827) nel 250simo anniversario della sua nascita.

Programma di sala
Tarantella per pianoforte del compositore calabrese Alfonso Rendano (Carolei, 1853-Roma, 1931)

Studio per pianoforte S.140 No.3 in sol diesis minore di Franz Liszt (Raiding, 1811- Bayreuth, 1886), sul celeberrimo tema La Campanella del grande violinista e compositore italiano Niccolò Paganini (Genova, 1782 – Nizza, 1840)

Sonata in do maggiore op.2 n.3 - suddivisa in quattro movimenti: Allegro con brioAdagioScherzo: AllegroAllegro assai di Ludwig van Beethoven (Bonn, 1770-Vienna, 1827)
Giusy Caruso è pianista concertista, artista ricercatore e musicologa italiana residente a Bruxelles. Rinomata interprete del repertorio musicale contemporaneo, di cui ha eseguito molte anteprime mondiali di opere spesso a lei dedicate, ha inciso CD per le etichette discografiche Sipario Dischi, Tactus, Centaur Records e Da Vinci Classics, che hanno ricevuto consensi di critica in tutto il mondo, come la sua interpretazione dei 72 Etudes Karnatiques del compositore francese Jacques Charpentier (1933-2017). Premiata da importanti istituzioni, Giusy Caruso è impegnata in una intensa attività concertistica che la vede protagonista di esibizioni in Europa, Asia, Russia e America, partecipando anche a programmi radiofonici e televisivi. Ricercatore post-doc affiliato all'Istituto di psicoacustica e musica elettronica (IPEM) dell'Università di Gand, Caruso è regolarmente invitata come docente ospite in Università, Conservatori e Istituzioni che si occupano di ricerca artistica.

Informazioni

Data: Lun 29 Giu 2020
Orario: Dalle 19:00 alle 21:00
Organizzato da : Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles
Ingresso : Libero

LA VOLTA BUONA? LA QUESTIONE LAVORO PER GIOVANI E DONNE. L’INVITO DELL’EUROPA

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di Mira Carpineta - Non è il coronavirus la sola pandemia che affligge il Bel Paese.
Da molti anni ormai, complice una politica miope, una crisi economica cronicizzata, aggravata dall’epidemia in atto, la mancanza di lavoro, in Italia, riguarda soprattutto due fasce sociali: i giovani e le donne. “l’Italia non è un Paese per giovani” è lo stigma che ha spinto tanti, troppi ragazzi a lasciare le proprie famiglie per trovare altrove, nel mondo, le opportunità che questo Stato non riesce a creare per loro.
Il lockdown ha ulteriormente aggravato la situazione facendo registrare l’ennesimo record negativo sulla disoccupazione giovanile e femminile. 
Secondo l’Istat“Nel primo trimestre 2020, l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, registra una forte diminuzione sia rispetto al trimestre precedente (-7,5%), sia rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (-7,7%). Tali dinamiche risultano coerenti con la fase di eccezionale caduta dell’attività economica che, nell’ultimo trimestre, ha risentito degli effetti della crisi sanitaria, con una flessione del Pil pari a -5,3% in termini congiunturali.” 
Mentre Eurostat descrive alcuni gruppi specifici, già svantaggiati, in netto peggioramento,  ovvero giovani, donne, autonomi e precari, stranieri e meridionali,  che hanno visto ridurre o perdere del tutto il proprio reddito e quindi impoverirsi.
Nonostante le “poderose” azioni legislative messe in campo dal Governo per fronteggiare la crisi economica conseguente all’emergenza sanitaria, la questione lavoro, soprattutto per giovani e donne, non ha mai trovato spazio nei numerosi decreti. 
La Politica italiana (non solo adesso) non riesce proprio ad affrontare questi argomenti con soluzioni efficaci. Ne è la prova il fallimento delle misure promosse dal M5S come il reddito di cittadinanza con i suoi fantomatici “navigator” mai entrati in azione.
 Nessun  Governo finora è mai intervenuto veramente sulla disoccupazione giovanile e/o femminile con il conseguente aumento del gap generazionale che ha spaccato letteralmente in due il mondo del lavoro. 
Da un lato importanti cambiamenti tecnologici che impongono competenze e velocità diverse a gestire un mondo diverso. Dall’altra una legislazione che impone la permanenza in occupazione di una generazione non abbastanza anziana per poter andare in pensione ma troppo vecchia per capire e gestire le nuove dinamiche lavorative. 
Un paradosso che vede giovani iperpreparati, ipercompetenti, plurilaureati  ma  inattivi, e  eultracinquantenni obbligati a lavorare in modo inefficiente per i nuovi standard. 
Per le donne la situazione è ancora più grave. La pandemia le ha costrette a scegliere tra il lavoro e la permanenza a casa con i bambini in didattica a distanza (e con disabili senza più assistenza). Poche le fortunate a poter accedere al telelavoro o smartworking, che comunque hanno visto triplicare il loro carico quotidiano.
Che la politica italiana continui a rimandare il confronto su questi temi è un dato di fatto rilevato persino dalla Presidente del Parlamento europeo, Von der Leyen. Significativo il suo intervento agli Stati generali attualmente in corso: “Mentre investiamo per dare forma all'economia del futuro, dobbiamo anche fare riforme ambiziose", che "porteranno alla ripresa.- ha dichiarato-  Next Generation EU può affrontare le sfide che da tempo pesano sull'economia italiana, e spianerà la strada ad una ripresa economia duratura. Ora sta a voi farlo succedere". Speriamo sia la volta buona.

Mira Carpineta

IL MADE IN ITALY CI SALVERÀ, Milano Digital Fashion Week 14/17 luglio

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La vetrina  per la presentazione delle collezioni SS 2021 trasformata dalla tecnologia in contenuti fotografici e video che saranno proposti su una piattaforma digitale nella settimana della moda, anticipata a luglio a causa della pandemia che ha duramente colpito il capoluogo lombardo.

Interviste e backstage dei momenti creativi dei brand su piattaforma digitale, l’idea di Carlo Capasa, Presidente Camera della Moda, per le iniziative attuate dal un format sul modello di quello adottato a febbraio, quando gli addetti ai lavori cinesi, impossibilitati a venire a Milano, sono stati raggiunti attraverso il live streaming del progetto  “China we are with you” con un'audience di 25 milioni di persone.
Si prevede, per luglio, il coinvolgimento di 40/50 Aziende per l'universo fashion italiano riorganizzato in virtuale, incentrato sull'immagine, sui contenuti multimediali e su contributi  webinar e workshop, mentre per settembre la speranza è che si ritorni alle classiche sfilate oltre al  digitale.
Fra le Aziende presenti  il giovane Brand Hanna Moore Milano, supportato da designer italiani per un total look che presenta la sua collezione SS 2021  “BE UP TOMORROW IS NOW”, un mix di contributi fashion Made in Italy abbinati al sogno del glamour del Sistema Moda.
Una sfida interessante che mi incuriosisce – come dichiara l’imprenditore Gianfranco Unione  – una kermesse digitale per un modo di presentare la moda diversamente, una opportunità anche per la filiera del prodotto finito, dai designer ai produttori dei tessuti – come Blu on Blues di Mario Cozzolino -  prezioso partner del mio progetto fashion Hanna Moore Milano.
Linea di abiti e beachwear, calzature, accessori, fragranze per la casa e la  persona, ma anche una linea di  prodotti di bellezza, preziosi in questo momento post lock-down, come Hanna Moore Milano Make Up che ha per testimonial la bella Miriam Carino (nella foto).
«Credo sia un'opportunità per trovare un linguaggio nuovo per ripartire dai veri valori italiani come la bellezza, l'artigianalità, la qualità dei prodotti. 
Una fra le cose che è più mancata agli italiani, durante la quarantena, è il prendersi cura di se, ma la graduale apertura delle attività ha dato modo alle persone di riprendere in mano le redini del loro benessere per ritrovare la giusta forma e salute.  Il prendersi in generale cura di se stessi,  infatti, è una delle cose di cui hanno sentito più la mancanza con il desiderio di recuperare un aspetto fresco e luminoso, investendo nella cura di sé.
Il beauty – come dichiara la testimonial Miriam Carino – è in continua evoluzione, prodotti diventati green e packaging attenti alla salvaguardia dell'ambiente. Si tratta di una nuova era del beauty che guarda sia al design che al lusso, dato che lusso oggi significa anche vivere in un ambiente pulito, infatti dal primo gennaio 2020 la legge vieta la commercializzazione in Italia di prodotti contenenti microplastiche.
Questa è una linea che propone una vasta gamma di prodotti naturali per la cura della pelle del viso in quanto la pelle del volto ha bisogno di essere quotidianamente detersa, idratata, nutrita e protetta.  Purtroppo lo stress di questi mesi, gli sbalzi climatici, l’aria condizionata e lo smog hanno alterato il naturale film idrolipidico accellerando  l’invecchiamento. Sono felice di presentare la linea Hanna Moore Milano Make Up  nell’ambito della Milano Digital Fashion Week perché questa linea di prodotti beauty è ottima, totalmente made in Italy, sorprendente per il suo legame al naturale, alla terra, un messaggio positivo in attesa della ripartenza di tutto il sistema”.
www.hannamoore.it
https://www.facebook.com/HannaMooreMilano/

Liselotte Parisi presenta il suo 1° romanzo "Petali nel fango". L'intervista

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Assistente, direttrice al doppiaggio, scrittrice ci presenta il suo romanzo breve d’esordio, Petali nel fango. Intervista di Andrea Giostra.

«Ho deciso di rendere pubblica questa storia proprio con l’intento di far sapere che nonostante la vita sia a volte difficile, dura, ingiusta, con la caparbietà, con l’amore per sé stessi e per il prossimo, la vita si può e si deve affrontare a testa alta e si possono affrontare ostacoli che sembra impossibile superare»
Ciao Liselotte, benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? 
Grazie a voi per l’opportunità di far conoscere la mia storia. Dirò poco perché tutto è scritto nel mio romanzo breve. Nasco in Calabria da una famiglia molto agiata, ma a 18 anni mi trovo da sola ad affrontare una vita che fino ad allora era per me abbastanza serena e sarebbe continuata così, credo, per sempre se non fosse capitato qualcosa che avrebbe cambiato tutto. Ho subìto violenze e ingiustizie ma ce l’ho fatta a ottenere con fatica, comunque, una certa serenità. Ho una bellissima famiglia, un marito premuroso e due figli meravigliosi. Lavoro in un mondo che se fosse stato vivo mio padre non avrei mai potuto avvicinare e che invece ha contribuito alla mia rinascita. 
Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai iniziato e quando hai capito che amavi scrivere? 
Mi sono avvicinata molto per caso, in questi anni mi è capitato spesso di parlare della mia vita passata e delle situazioni che mi sono trovata a dover affrontare e molti mi dicevano “dovresti  scrivere un libro”. Un giorno in cui ero particolarmente triste per l’ennesima delusione da parte di una persona che io ritenevo amica, mi sono trovata a scrivere, a mettere nero su bianco i miei sentimenti, cercando di capire perché mi succedessero queste cose, scrivendo è come se avessi voluto conoscermi meglio, buttare fuori tutto, per poi poterlo rileggere come se fossi un’estranea, e vedere che effetto mi avrebbe fatto, è per questo che ho cambiato il nome della protagonista, per potermi sentire ancora più libera nel parlare di cose, situazioni che mi hanno ferito molto. 
È stato appena pubblicato il tuo romanzo breve d’esordio letterario dal titolo Petali nel fango. Ci racconti come nasce questo libro, qual è l’ispirazione che lo ha generato, dove è ambientato e di cosa narra? 
Io non sono una scrittrice, non mi sono mai sentita tale, ma l’ispirazione è stata, come sempre succede nella mia vita, il bisogno di capire, di capirmi. È ambientato nella prima parte in Calabria, mia regione natale, e poi a Roma, città che mi ha accolto dandomi l’opportunità di riscattarmi. Il libro parla di una ragazza che sin da bambina, nonostante una famiglia agiata alle spalle, ha dovuto affrontare situazioni molto difficili. 
Cosa devono aspettarsi i lettori che leggeranno il tuo libro e qual è il messaggio che vuoi lanciare loro con questo tuo romanzo? 
Devo dire che questo romanzo nasce come un diario, ed è rivolto alle numerose ragazze e donne che subiscono o hanno subito soprusi e violenze. 
Una domanda difficile Liselotte, perché i nostri lettori dovrebbero acquistare Petali nel fango? 
Non è una domanda difficile perché ho deciso di renderlo pubblico proprio con l’intento di far sapere che nonostante la vita sia a volte difficile, dura, ingiusta, con la caparbietà, con l’amore per sé stessi e per il prossimo, la vita si può e si deve affrontare a testa alta e si possono affrontare ostacoli che sembra impossibile superare. 
C’è qualcuno che vuoi ringraziare per la realizzazione di quest’opera? Se sì, chi sono queste persone e perché ti senti di ringraziarle pubblicamente? 
Ci sono persone che voglio ringraziare e che ho citato alla fine del libro. Vorrei rimanesse una sorpresa per loro. 
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori? 
Ripeto, io non sono una scrittrice ma nel periodo appena trascorso di quarantena, mi sono trovata a pensare di scrivere altro, mi sono resa conto che leggere e scrivere mi rilassa moltissimo. E sto scrivendo un’altra storia che mi sta appassionando molto. Spero di potervela far leggere al più presto. 
Se dovessi consigliare ai nostri lettori tre film da vedere e tre libri da leggere assolutamente, quali consiglieresti e perché?
Nei giorni di quarantena ho visto e rivisto vari film che mi hanno dato molto, uno è Albert Nobbs con Glenn Close in un ruolo davvero inaspettato, Il Velo dipinto con Edward Norton e Naomi Watts un film molto intenso, ambientato in un villaggio in Cina durante il colera negli anni ’20; e poi Colazione da Tiffany film che non ha bisogno di presentazioni ma che mi entusiasma e commuove sempre. Per quanta riguarda i libri ho riletto da poco Anna Karenina di Lev Tolstoj un classico, impegnativo ma che non dovrebbe mancare nelle nostre case. Poi amo le biografie delle regine e tra le tante biografie mi sento di consigliare L’ultima zarina, ho letto il libro di Greg King e infine I leoni di Sicilia di Stefania Auci, la saga di una famiglia siciliana alla fine del ’700, ambiziosa che vuole arrivare a farsi conoscere nel mondo, in quel periodo molto difficile, scritto per me molto bene, in cui le descrizioni dei posti, dei profumi, dei colori ti immergono totalmente in quell’atmosfera. 
Come vuoi concludere questa chiacchierata e come vuoi lasciare i lettori che leggeranno questa intervista? 
Vorrei ancora una volta ringraziare voi per l’opportunità di farmi conoscere dai vostri lettori. Spero che questo diario, diventato un romanzo, possa piacere a tutti, è una storia che parte dai primi anni ’60 fino agli anni ’80. Vent’anni durante i quali si attraversano molte situazioni e stati d’animo, ricordi di una bambina entusiasta per una gita al mare, i profumi delle paste comprate la domenica per il pranzo, gite in montagna, odori, sapori che non dimenticherò mai e che spero di far ritornare in mente ai lettori, per poi arrivare a una realtà, a momenti brutti ma ad altri bellissimi, che mi hanno aiutata ad andare avanti e spero mi aiutino ancora.

Liselotte Parisi

Petali nel fango
https://www.pandilettere.com/inostrilibri/petalinelfango

Andrea Giostra

Oltre 100 MILA utenti di Facebook hanno visto il videoclip dell’Origano siciliano di Mastro Saro e Mastro Pino

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Oltre 100 MILA utenti di Facebook hanno visto il post dell’“Origano siciliano di Mastro Saro e Mastro Pino” che con un brevissimo videoclip racconta della raccolta di uno degli aromi naturali più profumati e preziosi delle campagne e delle colline di Sicilia.
Il videoclip è stato girato il 4 giugno 2020 con un semplice Smartphone nella villetta di uno dei protagonisti, che si trova nella tenuta dei “Parrini” a Partinico (PA), e in 10 giorni ha riscosso un imprevedibile successo di utenti Facebook: oltre 100 MILA persone hanno visto il post del videoclip che ha già avuto oltre 50 MILA visualizzazioni! (vedi foto)
Il videoclip si può vedere dal Canale Watch di Facebook ma anche da YouTube. Questi a seguire i link:
L'origano siciliano di Mastro Saro e Mastro Pino | Feudo dei Parrini (Partinico-Sicilia) | giovedì 4 giugno 2020 ore 10:00

L’origano siciliano è ben noto per il suo profumo inconfondibile e la sua fragranza, oltre che per le sue tante proprietà. Viene impiegato largamente in cucina e rappresenta uno degli aromi più preziosi alla cucina popolare siciliana. Dalla carne al pesce, dalle pizze alle focacce, ne basta un pizzico per conferire subito ai piatti un sapore delizioso. Un abbinamento eccellente con l’olio extravergine d’oliva.
Proprietà dell’origano siciliano
Il gusto dell’origano siciliano è un po’ amaro e leggermente piccante, unico nel suo genere. A fare la differenza è proprio il territorio. Sono le colline siciliane, dell'entroterra in particolare, ad attribuirgli quel sapore unico e inconfondibile. In passato le proprietà antinfiammatorie dell’origano erano ben note alle nostre nonne. Le sommità fiorite contengono un olio essenziale con diverse sostanze aromatiche, che sviluppano un sapore forte e penetrante. Le sostanze aromatiche favoriscono la digestione, aiutano a combattere il meteorismo, sono toniche per il sistema nervose. Liberano anche le vie respiratorie ed esercitano una blanda azione disinfettante. L’origano cresce spontaneamente in Italia, in gran parte dell'Europa e dell'Asia Occidentale. Quello che cresce in Sicilia ha un aroma decisamente più intenso. L’origano siciliano è una specie autoctona, inserita nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.). Il nome dell’origano deriva dal greco Origanos, composto da “oros”, cioè “montagna”, e “ganos”, cioè “bellezza, gioia”. Il significato, dunque, è bellezza di montagna. Gli Egizi se ne servivano per la conservazione delle mummie e lo utilizzavano per massaggiare il corpo dopo il bagno, così come per preparare unguenti.
Romani lo usavano in cucina, ma anche in alcune ricette medicali. Nel Medioevo gli uomini calvi si frizionavano il cuoio capelluto con l’olio di origano, poiché speravano facesse ricrescere i capelli. Nell’epoca moderna la pianta era anche lodata come antidepressivo: in alcuni vecchi detti tedeschi si fa riferimento a essa come “erba del buonumore”.

Tenuta dei “Parrini”:
La tenuta dei “Parrini” è nota perché c'è un bellissimo borgo contadino, che prende il nome di quella che anticamente era una grande tenuta agricola che produceva ortaggi e frutta di altissima qualità che venivano distribuiti in tutto il mercato ortofrutticolo siciliano e nazionale. Oggi i “Parrini” sono diventati un punto di riferimento eno-gastronomico grazie ad alcuni panifici, ristoranti e pizzerie di alta qualità, che lavorano con prodotti locali naturali e genuini, e che attraggono gente dei paesi vicini ma anche tantissimi turisti che si recano in questo borgo per gustare la cucina e i prodotti delle terre siciliane. Una delle caratteristiche recenti di questo borgo è che gli abitanti hanno reso le loro case molto gradevoli curandone l’aspetto con mosaici in ceramica e colori vivi e piacevoli.
Cenni storici dei “Parrini”:

Il Borgo Parrini è ubicato in una contrada già denominata “Parrini” nelle mappe del catasto borbonico, origina agli inizi del ‘600, quando i Padri Gesuiti del Noviziato di Palermo (“I Parrini”, appunto) acquistarono delle terre in alcuni feudi delle zone a nord est del territorio di Partinico. Agli inizi del ‘700, per esercitare più da vicino il controllo sull’attività agricola dei coloni e dei contadini (basata essenzialmente sulla coltivazione delle terre a vigneti ed agrumi), i gesuiti vi fecero costruire una Chiesetta dedicata a Maria SS. Del Rosario attorno alla quale si sviluppò un vero e proprio villaggio, vennero edificati magazzini, abitazioni per i coloni, torri, piccoli bagli, mulini e canneti, che però già a metà del 1800, dopo che si interruppe la direzione e l’amministrazione di quelle terre da parte dei Gesuiti, caddero in uno stato di abbandono. Nel 1959 la vecchia cappella dei Parrini era ormai inagibile e venne costruita l’attuale nuova Chiesa che conserva ancora un dipinto ad olio raffigurante la Madonna risalente al ‘600, probabilmente proveniente dalla vecchia Chiesetta. Parrini, oggi contrada (frazione o località), fa parte del comune di Partinico, in provincia di Palermo, e dista 3,54 chilometri dal medesimo comune di Partinico di cui fa parte. Nella borgo dei Parrini risiedono 18 abitanti.
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