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La mediocrità vs il genio artistico, ovvero, Murgia vs Battiato

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«I testi di Battiato? Minchiate assolute … citazioni senza significato!» - di Andrea Giostra
L'Orda degli pseudo intellettuali che a torto si definiscono di sinistra, la cui unica mission “artistico-letteraria”è l'esaltazione della propria imbarazzante mediocrità e l'alimentare bulimicamente il proprio patologico narcisismo, è ritornata alla riscossa con uno dei suoi esponenti di spicco, la “scrittrice” sarda Michela Murgia, che così parlò sul suo Canale YouTube di uno dei più grandi e indiscussi artisti contemporanei, il siciliano Franco Battiato: «Battiato è considerato un autore intellettuale e invece ti vai a fare l’analisi dei suoi testi e sono delle minchiate assolute. Citazioni su citazioni e nessun significato reale. Tolti due testi, forse!»

Ho letto in proposito l’interessante articolo di Ray Banhoff sul numero online del 5 aprile 2020 del prestigioso magazine Rolling Stone, e ne condivido totalmente i contenuti e il sarcastico “rispetto” nei confronti di un personaggio che da anni si agita nervosamente e freneticamente su piattaforme onlinee network di amici e conoscenti per lasciare una traccia letteraria di sé in questo Paese, ma tutti sanno, e lo scrive bene Ray Banhoff, che tra qualche anno il suo nome passerà nella camera dell’oblio permanente delle “comete”letterarie di questo paese e nessuno saprà chi è e chi fosse questa signora. Fermo restando il diritto sacrosanto, così come avviene in un paese democratico quale il nostro, che tutti possono dire tutto, ovvero, che la Murgia può pensare ed esprimere il suo pensiero e le sue “analisi letterarie” come meglio crede e come ha fatto in questo caso: “dire che Battiato ha scritto e scrive delle minchiate!” sul suo canale YouTube dove la Murgia tiene una rubrica colorita e disinibita dal titolo Buon vicinatonella quale si confronta con la scrittrice Chiara Valerio su temi di letteratura, musica e cultura. Sono delle chiacchierate tra amiche che si presentano e si auto-celebrano come persone colte e detentori di sapere letterario, nelle quali esprimono le proprie idee senza filtri inibitori! Ma il politicamente corretto? No, no… quello non appartiene a loro… solo agli “altri”… a tutti coloro che non la pensano come questi signori! Anche questa è un’altra storia…
Ma ritorniamo alla chiacchierata delle nostre signore su YouTube. Il passo che dovrebbe fare inorridire tutti coloro che amano davvero l’arte e la cultura è questo: «“Cuccurucucu Paloma”? Dov’è la pregnanza del testo? Anche Parco Sempione di Elio mi evoca un mondo però c’è anche un significato nel momento mi sta dicendo: il Parco Sempione è uno dei polmoni di Milano, non lo devi toccare. Con Cuccuruccucu Battiato cosa mi sta dicendo?». Qui la maschera è gettata, qui si disvela la vera natura di questi “artisti” che non hanno nulla a che fare con la cultura, con l’arte, con l’essere intellettuali come invece si auto-celebrano, se è vero come è vero che “l’arte non sta negli oggetti, né nelle persone, ma nell’incontro tra l’oggetto e la persona. Se quell’incontro crea emozioni allora è arte, se non crea emozioni allora non è arte”, Oscar Wildeavrebbe detto più o meno così. Nel caso della musica e degli scritti di Franco Battiato le emozioni che vengono generate dall’incontro tra la sua musica e chi l’ascolta, sono forti, traversali, transculturali, internazionali. Questo è un dato di fatto indiscusso!
Se invece, come sostengono arditamente questi personaggi, per essere arte l’oggetto (testo scritto, dipinto, scultura, musica, etc…) deve possedere una “pregnanza”, una “morale”, un “messaggio chiaro” che va dall’artista allo spettatore, codificato entro certi criteri definiti da coloro che ritengono di essere l’élite culturale di un Paese, i detentori dei “vincoli” entro i quali esiste la vera arte oppure non esiste, allora agli stessi personaggi ci permettiamo di consigliare di andare a leggere un po’ di classici, oppure, per fargliela breve e comoda, di andare a guardare il film di Peter Weir, con la sceneggiatura di Tom Schulman e un superbo Robin Williams, “L’attimo fuggente” , nel tratto in cui in classe si parla di cosa è poesia e di cosa non è poesia! Non ci avventuriamo a dare altri consigli perché siamo certi che mai li prenderebbero in considerazione!

Ma detto questo, il fatto è che in questo Paese ci sono dei piccoli club di personaggi che si auto-celebrano come unti del Signore di cultura intelligente, colta, raffinata, ma che in realtà (e questo fatto lo svela senza ricorrere a contraddittorio alcuno) sono tanto mediocri quanto imbarazzanti nelle loro risorse culturali ed esperienziali. La Murgia, insieme ad altri personaggi che i telespettatori delle TV pubbliche e in chiaro devono da anni sorbirsi, fa certamente parte di questo “esclusivo club”. Club di “artisti” che utilizzano una artigianale strategia di marketing finalizzata all’auto-celebrazione che risulta tanto efficace quanto se disvelata imbarazzante: “tu dici genio a me così poi io dico genio a te”ad libitum... con ossessività comunicativa… e purtroppo qualche volta la gente ci casca e scambia per cioccolata di qualità quello che cioccolata certamente non è…

Su questa vicenda non c'è altro da aggiungere se non che siffatti personaggi, pompati mediaticamente da anni da gruppi di potere che in Italia controllano buona parte della cultura, soffrono disperatamente di una terribile sindrome nevrotica che è quella che Sigmund Freud avrebbe a ragione definito di “Coloro che nella loro mediocrità soccombono al successo altrui”… ma questa ovviamente è un’altra storia, una storia di psicologia clinica, di psicopatologia, di psicoanalisi, per specialisti del settore che sarebbe improprio approfondire in queste pagine nelle quali vogliamo solo mettere in evidenza - come è già avvenuto in tutti i secoli della cultura Occidentale - che i veri geni, i grandissimi artisti, gli illuminati dell’arte, della cultura e delle scienze – come nel nostro caso Franco Battiato - sono sempre stati attaccati ignobilmente e spudoratamente dai mediocri del loro tempo, dagli stessi mediocri che sono passati alla storia solo e soltanto per aver agito violentemente e spudoratamente con le loro azioni contro i grandi del loro tempo. E quello che narriamo in queste pagine è l’ennesimo esempio, contemporaneo, di tutto ciò! Siamo però sicuri che in questo caso alla indiscussa grandezza artistica internazionale di Franco Battiat u’ pazzu, come lo chiamavano da giovane a Ionia (oggi Giarre) suo paese natio, corrisponda un altrettanto oblio della signora di cui abbiamo scritto e speriamo che mai i rispettivi nomi vengano associati nella storia che i posteri leggeranno della musica, della letteratura e dell’arte dei nostri tempi.

Andrea Giostra

Fonti:
Canale YouTube di Michela Murgia: “Il finto intellettualismo di Franco Battiato. Buon Vicinato di Michela Murgia”:

Rolling Stone: “«I testi di Battiato? Minchiate assolute». Che cosa non coglie Michela Murgia?”:




Per gli amanti del cioccolato le regole da seguire a casa per una perfetta degustazione con il tè

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Stare a casa, anche se non siamo più abituati, può diventare un momento di gusto. Grazie al Programma Perugina Nero #Iorestoacasa possiamo sperimentare una nuova Masterclass e vivere una food-experience originale e innovativa da condividere, anche se a distanza

Il fondente è il cioccolato ideale per la degustazione da solo o in abbinamentoÈ per questo che Perugina Nero, esperto del fondente, un cioccolato dal gusto puro e intenso, si fa promotore di una speciale Masterclass da sperimentare a casa. Non tutti i Tè sono uguali e neppure il cioccolato fondente: per entrambi, miscele, combinazioni e origini diverse. Perugina Nero ha coinvolto 2 grandi esperti dell’enogastronomia e della pasticceria italiana per sostenere l’hashtag #Iorestoacasa ed offrire agli italiani l’opportunità di non vivere lo stare a casa come un isolamento ma un momento in cui poter vivere un’esperienza di gusto da condividere a casa a distanza e con gli amici tramite i social. #Iorestoacasa è anche poter finalmente non correre dedicando alla degustazione di un buon tè con Perugina Nero tutto il tempo necessario per apprezzare le infinite sfumature sensoriali che delizieranno tutto il corpo.

Dal giusto abbinamento alla corretta degustazione, i due esperti ci spiegano come approcciarsi ai due preziosi prodotti. Il primo è il Maestro Cioccolatiere Alberto Farinelli, della Scuola del Cioccolato Perugina. Il secondo uno dei più grandi sommelier italiani, Giuseppe Vaccarini, autore tra l’altro del libro “Cioccolato Codex Nero Fondente” (Hoepli), la bibbia del cioccolato fondente dedicata agli amanti del cioccolato fondente.

1.      Scaldare il palato grazie al Tè rigorosamente caldo

Il cioccolato e il tè opportunamente caldo uniti possono offrire una grande food experience. Per favorire lo sviluppo del maggiore numero di percezioni è necessario prima sorseggiare il tè in modo da apprezzare tutte le sue note aromatiche e gustative, nonché scaldare il palato per favorire la fusione rapida e uniforme del cioccolato. Successivamente si prende un pezzetto di cioccolato, lo si mette in bocca e a mano a mano che si fonde occorre distribuirlo su tutta la superficie della bocca per poter godere appieno della fusione dei due sapori

2.      Il perfetto equilibrio è dato da concordanza e contrapposizione

Nell’accostare un cioccolato a una bevanda è fondamentale ricordare alcuni principi base: alcune sensazioni devono essere concordanti e altre in contrapposizione. Ad esempio: la dolcezza, l’ampiezza e la lunghezza delle percezioni così come le percezioni aromatiche e le note speziate devono essere presenti nel cioccolato e nella bevanda con uguale intensità, mentre la percezione dell’amarezza, l’acidità, la sapidità, la palatabilità e la succosità devono essere contrastate dalle sensazioni percepite nella bevanda.

La regola dunque, secondo cui il cioccolato e la bevanda riescono a convivere bene, è quella di trovare equilibrio senza prevaricazione o sbilanciamento dell’uno sull’altro. Nel cioccolato, in particolare nei cioccolati fondenti sono presenti sia percezioni olfattive morbide e dolci e sia percezioni gustative acide e amare. La grassezza che lascia normalmente in bocca il burro di cacao, inoltre, richiede una bevanda calda come il tè in grado di asciugare e ripulire la cavità orale.

3.      Il Tè Nero con il Fondente extra 95%

Gli abbinamenti con tè neri in purezza, il cui tempo di infusione è 3-4 minuti con la temperatura dell’acqua di 85-95 °C, generalmente di gusto armonico, dolce con una medio-bassa astinenza e con un intenso aroma fruttato, sono completati negli aromi e nei sapori dal cioccolato Perugina Nero Fondente Extra 95%, un cioccolato particolarmente ricco di aromi primari che lasciano, con il passare dei secondi, il passo a sentori secondari di tostato, tabacco, spezie e frutta secca.

4.      Il Tè verde ottimo con il Fondente extra al pistacchio

Un tè verde come il Sencha giapponese, il cui tempo di preparazione è 1-2 minuti con la temperatura dell’acqua di 70-75 °C, presenta un gusto armonioso, tra l’astringente e il dolce, è rinfrescante e si armonizza con il cioccolato Perugina Nero Extra al Pistacchio. In questo abbinamento è enfatizzato il sapore del cacao mentre è mitigata l’eccessiva amarezza. Questo cioccolato infatti, in bocca è moderatamente dolce, moderatamente amaro e moderatamente acido, percezioni che contrastano bene anche il leggero sapore di salato rilasciato dai granelli di pistacchio.

5.      Il Tè Matcha perfetto con Fondente Extra 85%

Il tè Matcha, prodotto in Giappone, viene ottenuto da foglie che vengono prima selezionate e poi macinate. Il colore della polvere ottenuta è verde-giada brillante, mentre l’infusione è verde-giada scuro. All’analisi gusto-olfattiva si deve percepire un aroma leggermente vegetale, erbaceo, con un sapore non troppo sbilanciato sull’amaro poiché può accompagnare Perugina Nero Fondente Extra 85%, un cioccolato dall’aroma intenso di cacao tostato a cui si uniscono le note di vaniglia, spezie e nocciolati.

6.      Il Tè Bianco con il Fondente Extra 70%

Il tè bianco deriva dalla prima fogliolina all’apice del fusto del tè, il suo raccolto avviene solo due giornate l’anno e due volte all’anno ed è da gustare caldo, senza latte o zucchero, per apprezzarne il gusto delicato (tempo di preparazione 6-7 minuti, temperatura dell’acqua 65-70 °C). Ideale per ogni momento della giornata accompagnato da un cioccolato delicato e che non lo sovrasti, come il cioccolato Perugina Nero Fondente Extra 70%, moderatamente dolce e armonico.

7.      L’Earl Grey con un Fondente Extra all’arancia intensa

Il tè aromatizzato al bergamotto, l’Earl Grey, un classico per i palati più esigenti, è ottenuto dalla miscela di alcune foglie di tè a cui viene aggiunto l’olio estratto dalle scorze del bergamotto. La morbidezza e l’aromaticità di questo tè valorizzano il sapore astringente amaro del cioccolato e la nota muscosa delle scorze di arancio presenti nel cioccolato Perugina Nero Fondente Extra Arancia intensa. Al palato questo cioccolato libera immediatamente aromi fruttati intensi di arancia. È dolce, con una moderata nota di amarezza. Durante la fusione impregna tutte le papille gustative con intensi sapori di cacao tostato, agrumi, zenzero e lievi ma persistenti sentori di vaniglia.

8.      Il Tè Olong con il Fondente Extra 70%

Infine, i tè Olong, provenienti dall’isola di Taiwan, così delicati, dal gusto dolce e soave che sa di orchidea, sono perfetti con il cioccolato Perugina Nero Fondente Extra 70%, mentre i tè affumicati, leggermente amari e balsamici, creano emozioni imperdibili se bevuti dopo cena accompagnati da cioccolato Perugina Nero Fondente Extra Cristalli allo Zenzero. Al palato è dolce, moderatamente amaro, ma soprattutto provoca un’elegante sensazione di pizzicore al palato dovuta alla presenza dello zenzero.

9.      Non aver paura di scoprire e ricercare

“Abbinare”, ovvero concordare un cibo con una bevanda, è un’operazione complessa e creativa che consente di apprezzare maggiormente sia il cibo che la bevanda. L’abbinamento è un gioco di percezioni, una continua ricerca che deve superare l’emozione iniziale ed è la capacità di costruire equilibri e armonie simili, complementari e diverse e anche contrastanti.

#Iorestoacasa è anche poter finalmente non correre

Allorché vorrete concedervi una tazza di tè con un buon cioccolato, accoccolatevi su di una poltrona e non abbiate fretta: dedicate alla degustazione-abbinamento tutto il tempo necessario per apprezzare le mille sfumature sensoriali che si avvicenderanno, amplificandosi, per apportare una piacevole sensazione al corpo.

QUALE PREVENZIONE? PREMESSE PER APPROFONDIMENTI E PROGETTI POST COVID-19

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Il Dottor Davide Pagnoncelli, psicologo e psicoterapeuta, ci spiega come agire affinché il futuro - quando accadrà - non ci prenda in contropiede ma ci trovi pronti con “progetti chiavi in mano”…

“Solo insieme possiamo raggiungere
ciò che ciascuno di noi cerca di raggiungere”.
 (Karl Jaspers, filosofo e psichiatra tedesco, 1883-1969)

“In tempi duri dobbiamo avere sogni duri, sogni reali,
quelli che, se ci daremo da fare, si avvereranno”.
(Clarissa Pinkola Estés, scrittrice, psicoanalista statunitense vivente)


Dopo un mio precedente articolo del 3 gennaio 2020 uscito su una testata dal titolo “Orfani del noi: perché dobbiamo ritrovare un sentimento sociale”, puntualizzo alcune premesse contestualizzandole nell’attuale situazione emergenziale.
Tutto ciò che non è “normale o usuale” spesso fa andare in crisi non poche persone, tutto ciò che non è perfetto ne irrita altre, tutto ciò che non funziona sempre e alla perfezione ne indispone tante altre, qualcun altro combatte ed espelle dalla propria esistenza tutto ciò che non va come vorrebbe.
Già prima della diffusione del coronavirus circolavano… strane malattie: per qualcuno la malattia della normalità automatizzata, fondata su ritmi frenetici; per altri la malattia della routine piatta e statica, interrotta da sporadici godimenti di qualche “ora di libertà”; per altri ancora la malattia del perfezionismo e del “tutto ottimo oppure niente”; per taluni la malattia di ritenersi vaccinati e, quindi, immunizzati dalla morte e dalla precarietà (non solo fisica).
Un evento estremamente negativo e drammaticamente spiacevole ci obbliga, invece, a ristabilire le nostre priorità. Nessuno escluso! Tranne chi soffre di rimozione perenne, di manie di immortalità o di narcisistica megalomania.
Un evento tragico per il mondo intero può diventare un’occasione per chiederci:
Cosa è davvero importante per me, per la società?
Cosa vale di più per la mia vita, la nostra vita comunitaria?
Quali sono le mie, le nostre priorità?
Cosa voglio davvero recuperare del periodo ante-coronavirus e dell’esperienza del blocco domestico a seguito dell’emergenza?
Cosa desidero davvero cominciare di nuovo, di creativo nel dopo-coronavirus?
Un fatto angosciante può stimolare ad aumentare il coraggio (da cuore, cuor-aggio) e ad aguzzare le possibilità per un’uscita evolutiva dall’emergenza, per una ristrutturazione e ridefinizione di stili di vita individuali e sociali. Un detto popolare acutamente recita: “San bisognino aguzza l’ingegnino”.
In una situazione di emergenza possiamo percepire nettamente cosa ci mancava di veramente essenziale e cosa avevamo di positivo nella nostra esistenza. È stato per me significativo vedere persone che dialogavano a distanza di sicurezza divisi dal confine della zona rossa: gente che lasciava cibo, una bevanda, una sigaretta, un libro, degli oggetti; gente che scambiava affetto visibile superando la sottile e invisibile linea rossa, stavolta senza l’intermediazione del cellulare.
Ho sentito, per esempio, vari insegnanti che hanno affermato: “Mi mancano i miei alunni!”; “Sono stanco di fare lezioni solo online”. Oppure ragazzi che mi hanno confessato, a denti stretti e in modo diverso, quasi con stupore: “La scuola era impegnativa, per certi versi una rottura, però ci manca”; “Ci mancano le vere relazioni”; “Ci mancano di brutto i compagni e pure i prof”; “La scuola dava un ritmo alle nostre giornate”; “La scuola dava un senso alla nostra esistenza”. Sì, la scuola dava senso e offriva un orizzonte di esperienze concrete e sensoriali per camminare verso orizzonti molto più lontani rispetto al proprio naso e alla propria città… Ovviamente per coloro che erano e sono motivati a cogliere le varie opportunità. Mi ricordo quanto ho sentito affermare da un ragazzino africano che non poteva frequentare una scuola: “Ho un sogno, poter andare a scuola!”
Tutto ciò già si ripeteva astrattamente in passato, però ora è stato supportato da un’esperienza intima in un contesto di emergenza.
Il distacco tra le persone ha fatto scoprire altre modalità comunicative, consentendo di non chiudersi nelle solite abitudini routinarie. Speriamo che queste “assenze sentite di cuore” facciano recuperare il valore di quanto si faceva, non raramente dato per scontato. Come spesso si può dare per scontato il fatto di esistere, il fatto che il nostro corpo normalmente funziona alla perfezione con delicati meccanismi omeostatici.
Si è anche esperito molto concretamente l’assioma, solitamente ripetuto meccanicamente, che tutti siamo connessi. Non c’è più niente che non possa riguardare tutti. Davvero tutti! Un evento negativo ci può stimolare... più spintaneamente che spontaneamente a vivere, lavorare, amare, giocare tentando anche di anticipare il futuro, cercando di desiderare e di immaginare un futuro diverso.
Cosa ci comunica il futuro, adesso? Cosa ci potrebbe preannunciare?
Non basta solo saper prevenire qualcosa di negativo! Non basta evitare che accada in futuro un evento drammatico!  È piuttosto miope progettare prevenzione focalizzandosi solo sul negativo o esclusivamente su polemiche scaricabarile alla caccia del colpevole. I soli pensieri negativi non hanno mai offerto soluzioni efficaci. D’altronde, fare e farsi la guerra ha portato solamente distruzioni, mai costruzioni. È preferibile, pertanto, anticipare il futuro. Far sì che il futuro -quando accadrà- non ci prenda in contropiede ma ci trovi pronti con “progetti chiavi in mano”… un po’ prima che arrivi.
Occorre, però, lavorare almeno per i prossimi 50 anni, per le generazioni dei nostri figli e dei figli dei nostri figli. Non possiamo limitarci a progettare solo per il prossimi mesi o per il prossimo anno! Servono progetti di lungo respiro, progettati da numerosi cervelli… larghi e da tanti cuori aperti!
Occorre che ci prefiggiamo degli obiettivi e dei compiti precisi per i prossimi decenni: questa è la nostra responsabilità di adulti! E la sola generica responsabilità è fuffa, è sterile petizione di principio, se non è accompagnata da compiti, da compiti specifici, sia personali che collettivi.I più importanti progressi dell’umanità sono stati prodotti dall’immaginazione e dalla creatività capaci di superare tante difficoltà, intralci e drammi e di oltrepassare un limite che pareva invalicabile. Ci siamo scoperti vulnerabili, ma non per questo dobbiamo sentirci impotenti.  Quando le difficoltà aumentano è il momento gettare il cuore al di là dell’ostacolo e di riappropriarci della nostra libertà creatrice, della nostra progettualità migliore. Quando qualcosa blocca può essere l’occasione per diventare più intimi con se stessi; spesso la propria intimità qualcuno la perde o la valorizza pochissimo. Ovviamente intimità non è assolutamente sinonimo di intimismo rinchiuso in se stesso.
Perciò non ci prefiggiamoci di ritornare alla normalità. Punto. Piuttosto di ritornare alla quotidianità con innesti insoliti di cambiamenti di talune abitudini e con inserti di nuove originalità.  Ovviamente senza fughe illusorie o ingenuamente buoniste, ma con realismo adeguato.  Vivere come se fossimo tutti separati ci rende tutti più deboli e rallentati. Il legame positivo con gli altri ci rende più efficaci, come nella scrittura in corsivo il legame tra le lettere rende la scrittura più veloce e fluida.
Più la situazione diventa complicata, più abbiamo bisogno -in modo gratuito- di atti di gentilezza e di positività, anche se minimi. Riporto un semplice esempio occorsomi poche settimane fa su un treno delle ferrovie dello stato: un cameriere del vagone ristorante, dopo una breve e piacevole conversazione, offre del Brut a una signora anziana e coinvolge anche me. La sconosciuta signora mi sussurra: “Non mi era mai capitato in tanti anni di viaggi, che bello!”. Lo spumante non era molto fresco, però l’ho gustato lo stesso con molto piacere: la gentilezza è scesa dentro di me freschissima!
Occorre andare al di là della sola prevenzione evitante, centrata prevalentemente o quasi sull’evitare il negativo, il peggio.  È necessaria una prevenzione positiva ed evolutiva che rafforzi determinati punti, caratteristiche e aspetti. Ma questo sarà materia di un prossimo articolo.

Susanna Vianello, RID 96.8 FM piange la scomparsa della sua STORICA speaker

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Tutto iniziò nei primi giorni di ottobre 2016 quando l'editrice Michelle Marie Castiello conobbe Susanna Vianello grazie a Jane Alexander, per proporle un programma fuori dalle righe che parlava di sesso.
Accettò con un battito di ciglia e fu proprio lei insieme alla sua amica a scegliere il nome del format: Io Susy, tu Jane! Da quel giorno entrò a far parte della famiglia di Radio Incontro Donna (ora Rid 96.8 FM).
Una collaborazione durata oltre 3 anni pieni di passione e amore per il progetto appena nato. La passione di Susy era infinita e abbracciava tra le altre cose la musica, la stima che l'editrice le riservava era immensa e così la mise anche al fianco di Tiziana Campanella nel programma Altrimenti in musica ora Altrimenti Indieland. Amicizia e passione si sono sempre fuse in casa Rid e per qualche mese anche Michela Bonafoni ha condiviso il microfono con Susy nel programma Mrs Rid da Mr Saggio in onda dal locale di Ponte Milvio. Ma non solo: Susanna ha comunicato con allegria al fianco di Hermes Greco prima, e Maria La Rosa poi, nel programma Love is love.
Alla richiesta di Susanna di avere uno spazio tutto suo il sabato mattina dalle 10:00 alle 13:00, Michelle disse subito sì e così nacque il programma Curiosando rimasto in onda sulle frequenze di Rid fino a giugno 2019.
Per tutta la famiglia di Rid 96.8 è una grandissima perdita, una passione per la radio così non si scorderà mai e restera unica. Grazie Susanna eri, sei e resterai per sempre un cuore fucsia in ognuno di noi... CI STRINGIAMO TUTTI ATTORNO ALLA SUA FAMIGLIA ED A SUO FIGLIO.

Topo Gigio torna dall'8 aprile con episodi inediti su Rai Play

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Per allietare questa Pasqua casalinga, arriva in anteprima esclusiva su RaiPlay una sorpresa per tutti i bambini e le loro famiglie: Topo Gigio, con avventure nuove di zecca.  I primi 13 episodi della nuovissima serie animata di Rai Ragazzi “Topo Gigio” saranno disponibili da mercoledì 8 aprile su RaiPlay e sull’app dedicata ai più piccini RaiPlay Yoyo.

La serie è formata da 52 episodi che andranno poi in onda su Rai Yoyo nel prossimo autunno. Ogni puntata è una storia a sé e quindi il pubblico potrà pienamente apprezzare questa esclusiva pasquale.
Capelli biondi, denti sporgenti, grandi orecchie rotonde e un’inconfondibile vocina con la quale pronuncia la sua frase preferita: «ma cosa mi dici mai?». Questo l’identikit di Topo Gigio, il pupazzo inventato da Maria Perego, che da 60 anni vive nell’immaginario collettivo degli italiani e non solo. Questa nuovissima serie, realizzata in animazione 2D fra Milano e Firenze, racconta le avventure quotidiane del primo topolino della tv che vive nel mondo degli umani. Per Topo Gigio ogni cosa è nuova ed interessante, anche una noiosa ricerca sui magneti o un semplice gioco in cortile con i suoi amici Zoe, Bike Bob e il GTeam. Topo Gigio può sembrare un topolino tranquillo, ma dietro a quell'aria dolce si nasconde un dinamico topo pieno d’idee. E’ tenero, simpatico e coccolone.
La serie animata, prodotta tutta in Italia da Topo Gigio Srl e Movimenti Production in collaborazione con Rai Ragazzi, è l’ultimo progetto a cui ha lavorato Maria Perego che ha partecipato all’ideazione e alla scrittura degli episodi.
«Topo Gigio non è una marionetta, né un burattino, ma un neologismo creato dal mio lavoro…ha l’innocenza, lo stupore, il senso di inadeguatezza dei bambini. Per questo tutti se ne innamorano» disse Maria Perego, la geniale autrice del personaggio, scomparsa lo scorso novembre all’età di 95 anni, che ha supervisionato fino all’ultimo la serie animata.
L’esordio di Topo Gigio coincide con quello della tv italiana in bianco e nero, che ne fa tuttora un personaggio amatissimo da chi all’epoca era un bambino, con un successo che prosegue fino ai nostri giorni anche al di fuori dei confini italiani.
L’inedita serie non è un’operazione amarcord, l’intento è quello di celebrare un’eccellenza italiana con nuovi talenti dell’animazione nazionale per offrire al pubblico di oggi un personaggio ancora attualissimo. Un grande regalo di Pasqua per tutte le famiglie italiane per sorridere insieme al celebre topolino che come tutti noi, in particolare in questo periodo, è desideroso di tenerezze.

Soggetto di Serie: Maria Perego, Davide Rosio, Giorgio Scorza, Fabrizio Margaria, Mike De Seve. Regia Davide Rosio, Giorgio Scorza

Alea a Fattitaliani: libera da vincoli, esprimo i miei pensieri musicali con le mie sole forze. L'intervista

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(video) È uscito il nuovo singolo della cantautrice milanese Alea. S'intitola "Dannata innamorata" e farà parte del quinto album dal titolo "Cambia direzione", interamente autoprodotto. Fattitaliani l'ha intervistata.
"Dannata innamorata"è un titolo forte: l'hai pensato subito oppure sei stata tentata da un titolo più soft? perché?
Ciao a tutti e grazie per lo spazio concesso! "Dannata innamorata"è il titolo del nuovo singolo che anticipa l'uscita del mio quinto album, che si chiamerà "Cambia direzione". È nato di getto, non ho dovuto pensare all'impatto che questo avrebbe avuto sul pubblico, perché è una sensazione nata dal profondo. Sicuramente è un titolo forte, come il messaggio che voglio lanciare con questa canzone. La visione può essere molteplice, tutto è racchiuso nell'antitesi del ritornello: "l'amore che brucia e la passione che mi allaga". Il fuoco e l'acqua, due forze distinte complementari, la sofferenza emotiva anteposta alla passione fisica, il potere del cuore di fronte alla fragilità del corpo. La lettura emblematica riguarda anche la storia raccontata nel video: una donna che ha subito ingiustizie da parte di un uomo infedele, e che cerca di riscattarsi con la propria forza interiore.
Il nuovo singolo quanto racconta di te, del tuo punto di vista sull'amore?
Ogni brano che scrivo nasce da un'esigenza di esprimere sensazioni di vissuto interiore, dirette o indirette, ovvero percepite da ciò che mi circonda. Ogni artista ha una sensibilità da cui trae la propria ispirazione per mettere in musica le proprie emozioni, sia che esse siano generate dall'interno, sia che queste siano suggerite da ciò che catturano gli occhi e il cuore. Questo singolo parla poco di me e tanto di ciò che succede nel mondo femminile, è una forma di sostegno per lottare contro la violenza sulle donne, oltre a descrivere un amore vissuto con intensità e che non può essere goduto fino in fondo.
Anticipa anche i contenuti dell'album che conterranno il brano?
Il prossimo album, il quinto, ha una valenza davvero significativa per me, e tratterà di vari temi che mi stanno a cuore. Il titolo "Cambia direzione" rappresenta una serie di contenuti che si scostano dalle solite composizioni del mio passato, forse più leggere e tradizionali. In questo album ho voluto metterci tutta la maturità che ho potuto accumulare in questi anni di silenzio dall'ultimo cd, periodo in cui mi sono dedicata molto all'attività live e meno a quella compositiva. Come le coltivazioni, anche la musica ha bisogno di respiro e di pause tra una semina e l'altra. Ho atteso di sentirmi pronta per lanciare nel mondo queste note. Il momento che stiamo vivendo suggerisce di cambiare direzione, sensazione che percepivo già da anni, cambiare punto di vista per trovare il giusto equilibrio. Approfitto dello stop degli eventi per dedicarmi all'ultimazione del mio lavoro, totalmente autoprodotto. Anche per questo motivo "cambia direzione": ho scelto di essere libera da vincoli e di esprimere i miei pensieri musicali con le mie sole forze.
Quali sono i riferimenti musicali con cui sei cresciuta e ti sei formata?
Ho iniziato fin da piccola ad avvicinarmi al cantautorato, soprattutto d'oltreoceano. Il mio primo amore musicale è stata la chitarra. Tutt'ora mi accompagna nei live e mi sostiene. Ho sentito poi forte l'esigenza di scrivere e di cantare. Sono cresciuta ascoltando musica pop rock, ma non ho un artista specifico in cui mi rispecchio, cerco più che altro le canzoni che mi lasciano un messaggio. Una musica mi deve colpire e lasciare un segno. La mia formazione artistica musicale è per lo più autodidatta, ma ho seguito corsi di perfezionamento per una corretta impostazione canora. Da qualche anno mi dedico allo studio più sistematico della musica, senza perdere la spontaneità che mi ha sempre contraddistinta.
Come vedi il prossimo futuro della musica e della discografia?
Il mondo musicale è in continua evoluzione ed è molto diverso da qualche anno fa, dove le etichette discografiche avevano ancora un ruolo basilare. Al momento noto che le trasmissioni di Talent vanno per la maggiore. La musica è diventata un prodotto di uso comune, viene utilizzata ovunque, dal supermercato, al sottofondo nelle sale di attesa, fino ai classici concerti, dai pub alle piazze, ecc. Ormai la musica è ovunque. Potrebbe sembrare una miglioria, ma in realtà è una lama a doppio taglio. Una canzone è un prodotto da consumare veloce, come nei fast food. La sua vita è breve e subito c'è necessità di sfornarne un'altra, e un'altra ancora. L'importanza di sedersi e ascoltare un brano è diventata rarità. Siamo sommersi da musiche che fanno da contorno, ma non ci nutriamo più di note di eccellenza, ascoltate e capite perché le abbiamo desiderate. In futuro probabilmente si tornerà ad un ascolto selettivo, la musica diventerà d'élite. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe, trasformarsi in un surplus non indispensabile, mentre per me la musica è vita.
Quali esperienze ti hanno maggiormente segnata nel tuo percorso musicale?
Il mio percorso musicale è sempre stato affiancato ad un'altra attività lavorativa. Ho sempre vissuto la musica come una passione, ma ad un certo punto è diventato necessario fare delle scelte. Non è stato facile, perché sappiamo bene che al giorno d'oggi vivere di musica è difficoltoso, soprattutto perché la professione è sconsiderata da molti, i quali non perdono occasione per chiedere che tipo di lavoro fai, a parte suonare. La fatica di lottare contro i pregiudizi è minima, se si pensa anche al problema di distribuzione veloce di cui parlavamo prima, ovvero alla fruibilità di durata breve dei brani. Se dovessi pensare ad un momento positivo che mi ha segnata, direi ogni volta che posso pubblicare una canzone che ho composto, perché per me ogni brano è come un figlio, l'ho cullato e cresciuto dentro di me prima di darlo alla luce. Se non lottiamo per qualcosa in cui crediamo, per cosa dovremmo vivere? Giovanni Zambito.

INFO: www.alealive.com

Alberto Farinelli e l'uovo di Pasqua speciale ripieno di Tiramisù

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(ricetta) Il Maestro della Scuola del Cioccolato Perugina Alberto Farinelli ci svela come preparare a casa un uovo di Pasqua speciale ripieno di Tiramisù.

Si avvicina la Pasqua e, in un momento in cui le famiglie italiane si ritrovano riunite in casa, si riscoprono le ricette di dolci tradizionali di tutta Italia. Dalla pastiera alla cassata, passando per la colomba, è sicuramente l’Uovo di Pasqua uno dei simboli più rappresentativi di questa ricorrenza. Per omaggiare la tradizione pasquale e la cultura dolciaria italiana, quest’anno il Maestro della Scuola del Cioccolato Perugina Alberto Farinelli ha deciso di realizzare un Uovo di Pasqua ripieno di Tiramisù, uno dei dolci italiani più conosciuti anche nel resto del mondo. La golosità e croccantezza dell’Uovo di Pasqua Perugina Fondente Luisa, uniti alla cremosità del Tiramisù, realizzato con un mascarpone al cioccolato e decorato con lamponi e fiocchi al cioccolato, creano un connubio perfetto di sapori tutti appartenenti alle nostre tradizioni e un’esplosione di gusto che si moltiplica al palato.
Le uova di cioccolato non possono mancare a Pasqua, ma non è sempre stato così.Infatti, già 5.000 anni fa durante il periodo primaverile si scambiavano le uova di gallina come simbolo di rinascita e buon auspicio. Tuttavia, sembrerebbe che il primo a realizzare le uova al cioccolato fosse stato Luigi XIV nel 1700 commissionando al suo cioccolatiere personale David Chaillou delle uova a base di cioccolato da regalare a Pasqua. Insomma, l’uovo di cioccolato è ormai diventato fra le tradizioni più irrinunciabili del giorno di Pasqua, gradito da grandi e piccini, anche per l’usanza di nascondere al suo interno una simpatica sorpresa. E questo Alberto Farinelli lo sa bene. Proprio per questo motivo ha deciso di inserire all’interno della sua creazione un goloso Tiramisù come sorpresa per deliziare gli italiani. Una sorpresa da godere con gli occhi ma soprattutto col palato: basterà affondare il cucchiaio nel cremoso ripieno per gustare quel sapore così familiare di savoiardi inzuppati nel caffè e soffice mascarpone al cioccolato.
Il Tiramisù è infatti il dolce più rappresentativo della tradizione pasticcera italiana, un dessert conosciuto ed apprezzato in tutta la nostra nazione da Nord a Sud senza distinzioni. Per riempire l’uovo, il Maestro realizza un tiramisù con del mascarpone al cioccolato. Dopo aver fuso il cioccolato Perugina GranBlocco Fondente Extra 50%, montato a neve i tuorli delle uova, si mescola dolcemente il tutto insieme al mascarpone, senza dimenticare di aggiungere la panna montata al composto morbido e cremoso che si è creato. Il tutto verrà racchiuso, insieme ai savoiardi inzuppati nel caffè, all’interno di un croccante uovo al cioccolato tagliato e rifinito con maestria ed estrema precisione dal Maestro della Scuola del Cioccolato Alberto Farinelli. Per creare i fiocchi al cioccolato della decorazione Alberto Farinelli consiglia di sciogliere il cioccolato Perugina Fondente Extra 50% e, attraverso delle strisce di acetato, modellarle a forma di goccia e lasciarle raffreddare in frigorifero. Una volta terminati tutti i passaggi, basta rifinire l’uovo ripieno di tiramisù con i fiocchi di cioccolato, dei lamponi e dei ciuffetti di mascarpone sulla cornice dell’uovo. Connubio di sapori che crea un vero e proprio viaggio nel gusto: la dolcezza del mascarpone al cioccolato, il gusto intenso del caffè e il sapore dolcemente aspro dei lamponi creano un’armonia che si sposa alle diverse consistenze della creazione: dentro, la morbidezza del Tiramisù e fuori, la croccantezza dell’Uovo di Pasqua Perugina Fondente Luisa, l’uovo della tradizione realizzato con il cioccolato fondente Perugina per eccellenza. Non solo ricette, Perugina infatti non smette di sorprendere con i suoi prodotti dedicati anche alle Feste, tra questi le uova di Pasqua tradizionali in tanti golosi gusti, con un inconfondibile incarto elegante e una preziosa sorpresa 100% made in Italy. Il Maestro Farinelli utilizza l’Uovo di Pasqua Fondente Luisa, ma per chi volesse sperimentare, consiglia anche le varianti della gamma; l’Uovo Perugina Fondente Extra 70% per chi ama il gusto intenso e puro del cioccolato extra fondente o l’Uovo Perugina Latte Finissimo, per chi apprezza i gusti morbidi e delicati.

La Madonna e la peste

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di Giuseppe Lalli - Un tempo nelle vie e nelle piazzette dei nostri villaggi erano presenti immagini ed edicole dedicate alla Madonna. Alcune sono ancora visibili, nonostante l’incuria e l’azione del tempo. La pietà popolare esprimeva in questo modo il proprio affettuoso legame con la mamma celeste, che era così chiamata a vegliare sui propri figli.

Ad Assergi, antico borgo abruzzese nel versante meridionale del Gran Sasso, della presenza di Maria vi è traccia in molti luoghi dell’abitato e della campagna. Ve n’è una, molto bella ed evocativa, in uno dei quartieri più suggestivi del villaggio, all’interno delle mura di cinta del borgo antico, bellamente restaurate negli ultimi anni, in quel centro storico che oggi è deserto e dove fino ad una cinquantina di anni fa viveva la maggior parte della popolazione.

   Si tratta di una piccola edicola conosciuta con il nome di “La pistérola” o “La pistérvola”. I vecchi la chiamavano anche “La Madonna alla Bùscia” (la Madonna alla buca), ad indicare una porta vicina ricavata agli inizi del secolo scorso per consentire agli abitanti e alle bestie da soma di defluire più agevolmente in direzione delle stalle e della campagna. Il nome, “pistérvola”, stava a significare, nell’intenzione degli assergesi che costruirono il piccolo monumento, che in quel preciso punto dell’abitato il contagio si era arrestato, la peste se n’era andata, era volata via, per intercessione della Madonna, a cui si esprimeva perenne gratitudine.

   Il terribile flagello, una delle tante pestilenze che funestarono la nostra penisola e il nostro continente nelle passate stagioni della storia (viva memoria si è conservata della “peste nera”, diffusasi in Europa tra il 1346 e il 1353 e di quella “manzoniana”, che colpì l’Italia settentrionale e in particolare il milanese nel 1630), accadde nel 1656, proveniente dall’allora capitale, Napoli, dove, su una popolazione di 450.000 abitanti, si contarono non meno di 200.000 vittime. Il contagio raggiunse la provincia dell’Aquila a metà luglio e il capoluogo a fine agosto. Durò molti mesi e fece un grandissimo numero di morti.

   Il grande storico aquilano Anton Ludovico Antinori (1704-1778) ne scrive a tinte fosche. Verso la metà di agosto fu anche la volta di Assergi, al tempo feudo dei duchi Caffarelli (l’illustre casato romano aveva acquistato il castello ai primi del ‘600). Il morbo crudele infierì tremendamente sulla popolazione. Nicola Tomei (1718-1792), cui si deve la prima ricerca storica organica sul paese, di cui fu preposto dal 1742 al 1764, riferisce che morì anche il parroco, Don Giovanni Spacone. Il suo successore, Don Giovanni Cipicchia, racconta in un suo manoscritto che in soli tre mesi perirono più di trecento persone e molte famiglie abbandonarono il villaggio per non farne più ritorno.

   Una voce, forse proveniente da una triste memoria tramandata attraverso i secoli, vuole che molti cadaveri siano stati seppelliti nella scarpata esterna delle mura del Castello, nei pressi della Porta del Colle. Di sicuro molte vittime furono sepolte in cinque tombe ricavate sotto il pavimento della chiesa parrocchiale, in corrispondenza dell’attuale cappella di San Franco. Molti altri cadaveri trovarono posto sotto il pavimento della chiesa di Santa Maria in Valle, che sorgeva nei pressi dell’attuale sede del Parco Nazionale del Gran Sasso. Questo spiega anche l’attaccamento degli assergesi a quella piccola chiesa amministrata dai Frati Minori Osservanti, la cui demolizione, avvenuta nei primi anni ‘30 per far posto alla strada di collegamento con la costruenda Funivia del Gran Sasso, incontrò viva opposizione in gran parte della popolazione.

     Ma torniamo all’edicola della “Pisterola”. È lecito supporre che al fondo di essa, in origine, fosse dipinta una Madonna con Bambino, poi corrosa dal tempo e sostituita da un’analoga composizione in tela stampata che risultava del tutto scolorita agli inizi degli anni ‘70. Per interessamento di DonDemetrio Gianfrancesco (1922-2004),zelante e compianto parroco nonché storiografo rigoroso, nel 1976 vi fu collocato «un pannello di maioliche riproducente una Madonna col Bambino addormentato in braccio» (D. Gianfrancesco, Assergi e S. Franco; Roma 1980, p. 73).

   Si tratta di un particolare d’un dipinto, Riposo nella fuga in Egitto, realizzato nel 1673 dal pittore genovese Giovanni Battista Gaulli, detto Baciccio o Baciccia. Il celebre artista era nato a Genova nel 1639 e era morto nel 1709 a Roma, dove si era trasferito in seguito alla morte di tutti i suoi familiari a causa di quella stessa peste che un anno dopo, nel 1657, aveva funestato la città ligure. L’immagine fu scelta e riprodotta da Evelina Pogliani, una signora nata a Pola e sposata all’Aquila al marchese FabrizioPica Alfieri, donna di rara sensibilità artistica ed umana che lo scrivente, tanti anni fa, poco prima che venisse a mancare, ha avuto il piacere di conoscere. La scelta del soggetto risultò quanto mai appropriata. Fin qui la storia.

   C’è da rimanere stupiti nello scoprire come in un angolo sperduto di un piccolo borgo possano essersi incrociati tanti destini e tanti sentimenti. Sullo sfondo della piccola nicchia, l’immagine riprodotta nel pannello è quella di una Maria che, con posa del tutto naturale, getta uno sguardo sereno su un Bambino Gesù dolcemente assopito tra le sue braccia: una sorta di graziosa e poetica variante della “Pietà”. Non c’è nessuna solennità: solo una mamma e un figlio.

    In questi giorni di quarantene e di Quaresima, in questo nostro tempo che pareva avesse confinato nei «secoli bui» le pesti e i contagi insieme alle preghiere e alle benedizioni, ho rivisto con gli occhi del cuore questa piccola edicola mariana, semplice ed elegante, espressione di una pietà popolare che il tempo sembra non aver scalfito. Tre secoli non sono poi così tanti per chi non si lascia ingannare dai sensi: tre battiti delle ciglia di Dio, un’eternità che si bagna nella storia degli uomini. E quella donna che porta sul grembo prima il bambino che dorme, dopo il figlio ucciso, ci ricorda che la gioia, finché camminiamo sulla terra, ha sempre le radici a forma di croce.




Pranzo di Pasqua senza eccessi? Si può! Le dritte di Gianluca Mech

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Anche se sarà una Pasqua e un Lunedì dell'Angelo vissuti tra le mura domestiche a causa dell'emergenza Coronavirus, non mancherà tutto il buon cibo che tradizionalmente accompagna queste feste. Il rischio di abbuffarci, però, è dietro l’angolo: un pericolo che andrebbe limitato dato che durante questo periodo di isolamento forzato in pochi hanno la possibilità di fare esercizio fisico.

Come limitare i danni? A darci alcune dritte ci pensa Gianluca Mech, l’imprenditore e guru di Tisanoreica, che svela come mantenere un’alimentazione sana anche a Pasqua senza rinunciare alla tradizione.

Il mio consiglio è quello di cercare di seguire i principi della nostra dieta mediterranea anche durante il pranzo pasquale, indiscutibilmente l’alimentazione più sana ed equilibrata nelle quantità dei nutrienti: assumere quindi cereali, verdura, pesce o carne bianca, frutta e legumi” dichiara Mech, che aggiunge: “Abbiamo la fortuna di vivere in un Paese che vanta fra i migliori prodotti al mondo, originali e di qualità: non rinunciamo, quindi, a portare sulla nostra tavola certe materie prime genuine e prelibatezze Made in Italy”.

Mech, che presto tornerà sul set del programma di Rete4 “Ricette all'italiana” con Davide Mengacci e Anna Moroni, è da sempre convinto che la qualità sia meglio della quantità: “Fare attenzione alla grandezza delle porzioni, cercando di mantenerle piccole e ricordandosi di mangiare lentamente e in modo rilassato: un trucco per sentirsi più sazi e riuscire a gustare maggiormente tutto”. “Ricordiamoci poi di bere una tisana calda dopo il pranzo – aggiunge Mech – Ci aiuterà a stimolare le funzioni digestive e metaboliche, depurando il fegato e l’intestino”. Per quanto riguarda i dolci, che non possono mancare sulla tavola pasquale: “Limitarsi con la colomba e, per quanto riguarda il cioccolato, preferire il fondente: consumato con moderazione, fornisce nutrimento e agisce sull’umore, e può anche essere considerato come parte di una alimentazione equilibrata”.

Per depurarsi e ritrovare la forma fisica dopo gli eccessi a tavola, la nuova linea Tisanoreica, potenziata e perfezionata, contiene un gran numero di prodotti che aiutano in tal senso” dichiara Mech “E’ possibile individuare quello più adatto alle proprie esigenze sul mio sito web www.gianlucamech.com dove, oltre a tutti i servizi offerti, il nostro Centro Studi offre un servizio di consulenza medica gratuita h24.”

Il mio augurio - conclude Gianluca Mech - è che sia una serena Pasqua per tutti: sicuramente differente dalle altre ma vissuta in maniera più profonda”.


Covid-19, la poesia di Virginia Mulè per "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"

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Oggi pubblichiamo una poesia scritta da Virginia Mulè di Siculiana: il titolo non lascia spazi a dubbi "Covid-19". 

In questo nuovo anno
un virus nuovo è nato
Sta  dominando indomito con la corona il mondo.
Ormai è diventato  una triste pandemia
ci toglie libertà e anche l'armonia
Sta sterminando cinico una gran popolazione
non si riesce in fretta a trovar una soluzione.
A noi tutti ha tolto financo la libertà
rinchiusi siamo a casa e  quando si uscirà?
Spero finisca presto questa immane pandemia,
per riveder parenti e amici e stare in compagnia.
Corona virus si  chiama
ha scritto un'altra storia
di cui si avrà memoria
e nessuno facilmente dimenticar potrà
intanto stiamo a casa
domani si vedrà.

L'iniziativa  "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus" è stata ideata da Kaos Festival e realizzata in collaborazione con Fattitaliani.it, l'Accademia BB. AA. “Michelangelo” di AG, Casa editrice Medinova e la Fondazione Teatro “L. Pirandello” di Agrigento. Mandate le vostre riflessioni e componimenti (versi, immagini, parole) a premiokaos@gmail.com o tramite whatsapp al numero +393284234076.

Libri, Gianluca Stival parla di "Scriverò di te": dentro c’è tutta la storia di mio nonno. L'intervista

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di Francesca Ghezzani"Scriverò di te"è un'opera composta da decine di racconti di varia lunghezza che vedono come protagonista principale Mario, il nonno paterno di Gianluca Stival, l'autore: ognuna di queste testimonianze narra un episodio della sua vita, partendo dagli aneddoti di bambino che ha vissuto la seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri in cui appaiono anche delle riflessioni su argomenti di attualità. L'intervista.

In tempi non sospetti, quando ancora tutto proseguiva nella normalità, è uscito il tuo nuovo libro dal titolo “Scriverò di te”. Vuoi parlarcene?
“Scriverò di te” nacque quasi due anni fa durante un pranzo in cui un amico di mio nonno paterno chiese: “Mario, perché non raccogli le avventure più belle della tua vita in un libro?”. Quello fu il momento in cui tutto iniziò e mio nonno mi chiese se avessi voglia di cimentarmi in questo esperimento: iniziai a registrarlo, raccolsi i suoi appunti scritti a mano e mi misi a trovare foto dei suoi viaggi e di quando era giovane. Dopo alcuni mesi di registrazioni, iniziai a trascrivere i suoi appunti e a “sbobinare” le ore in cui mi raccontava del suo lavoro, degli indimenticabili amori in gioventù e del grande amore per la vita. Lì dentro c’è tutta la storia di un uomo che ha sempre lavorato tanto e non si è mai tirato indietro quando si trattava di aiutare il prossimo. 
Gianluca, come sta vivendo un giovane della tua età questo momento così particolare dettato dalla pandemia?
Personalmente all’inizio di tutto mi sentivo a terra, speravo con tutto me stesso che ognuno di noi iniziasse sin da subito a rispettare le regole e che si preoccupasse per la propria salute e per quella degli altri. Io ho reagito abbastanza male, lo ammetto. Allo stesso tempo, però, il desiderio di tornare a stare bene mi ha dato la spinta per crearmi tanti piccoli appoggi per non pensare: ho continuato a scrivere, ad ascoltare musica, ho visto alcuni film e letto libri che avevo tralasciato da parecchio tempo. Purtroppo gli strascichi del dolore che ci viene proiettato in tv e sui giornali se li porta dentro ognuno di noi, ma dobbiamo cercare di proiettarci in una dimensione positiva, è fondamentale per la nostra lucidità mentale. 
Questo momento è per te uno stimolo alla riflessione e alla scrittura o conduce a troppa confusione mentale per mettere nero su bianco i pensieri che affollano la testa?
Per me questo periodo è fonte di ispirazione, anche se alcune volte è utile ripulire la mente da tutte le informazioni da cui siamo bombardati, perché è vero che la creatività si manifesta con una forte passione per qualcosa, ma bisogna saper scindere ciò che è sano per noi e ciò che inquina i pensieri (come le fake news o l’allarmismo). 
Che scenario futuro intravedi per l’editoria e, visto il tuo impegno universitario, per l’istruzione e l’occupazione giovanile?
Questo è un momento delicato su ognuno di questi fronti, soprattutto per l’editoria e l’occupazione. Le case editrici hanno cambiato il loro piano editoriale e i posti di lavoro tendono a scendere drasticamente (soprattutto per il settore artistico-culturale) spostandosi verso un ambiente smart. Rialzarsi non sarà affatto facile, questo lo sappiamo tutti, ma potrebbe essere meno faticoso semplificando e moderando la burocrazia.
Tra i tanti racconti di tuo nonno emergono testimonianze preziose, aneddoti di bambino che ha vissuto la seconda guerra mondiale, riflessioni su argomenti di attualità. Forse ora occorrerebbe aggiungere qualche pagina al tuo libro… come raccontereste insieme questo drammatico periodo?
Sicuramente le nuove pagine riguarderebbero il cambiamento di noi stessi: il lato negativo di questo momento storico è che sembra condurci verso una nuova forma di isolamento dagli altri. Con tutte le immagini forti che ci arrivavano dalla Cina e che arrivano ora dai nostri ospedali, è sempre più robusta l’intenzione di chiudere ulteriormente i propri spazi di “azione”, sia per la paura di contagio, che per la comodità di fare “tutto online”, che rischia di trasformarsi in una vera propria asocialità collettiva. Non a caso, qualcuno parla di effetto dis-umano, non post-umano. 
Infine, abbiamo ricevuto alcuni giorni fa la benedizione speciale del Papa Urbi et Orbi… tra le considerazioni sulla società odierna presenti nel tuo libro “Scriverò di te” parli dell’allontanamento dei giovani dalla Chiesa. Credi che sia ancora così dopo i fatti degli ultimi tempi?
L’allontanamento dalla Chiesa è un argomento molto critico e sicuramente gli eventi di questi giorni hanno svegliato qualcosa in ognuno di noi. Parlando anche con alcuni miei coetanei, ciò che è emerso è che non è facile, per una generazione come la nostra, sentirsi coinvolti dai messaggi della Chiesa. Ci si imbatte spesso tra la morale cattolica e quella politica quando vengono affrontati temi come l’interruzione di gravidanza, l’eutanasia o l’omosessualità e il ruolo della Chiesa è molto difficile perché deve mostrarci la vita in modo semplice, distaccato e senza pregiudizi ideologici.

La Pinacoteca di Brera e Haltadefinizione insieme per la cultura: La collezione vicina come non è mai stata vista

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Nell'ambito della campagna promossa dal MIBACT #laculturanonsiferma, la Pinacoteca di Brera e Haltadefinizione, hanno messo a disposizione della collettività le immagini in altissima definizione delle opere più importanti della collezione del museo: sul sito internet della Pinacoteca si potrà infatti accedere a una sezione speciale dedicata alla visione “ravvicinata” dei grandi capolavori presenti nella raccolta milanese, tra cui Lo sposalizio della Vergine di Raffaello, Il bacio di Hayez e l’Adorazione dei Magi di Correggio.

Un’operazione straordinaria che garantisce l’accesso “virtuale” alle opere e fornisce, allo stesso tempo, strumenti innovativi per le attività di didattica a distanza delle scuole.

“In questo momento in cui nessuno può godere del capolavoro di Raffaello di persona, renderlo accessibile in alta risoluzione, permettere a tutti di esplorarlo, è una espressione perfetta del potere dell’arte e dei valori della Pinacoteca” dice James Bradburne direttore della Pinacoteca di Brera e della biblioteca Braidense.

I visori multimediali presenti sul sito consentono infatti di “entrare” nei dipinti e vedere anche ciò che a volte, di fronte alle opere originali, l’occhio non riesce ad apprezzare. Il grado di risoluzione delle immagini è tale da innescare un approccio completamente nuovo ai dipinti, si possono individuare i più piccoli dettagli, si percepiscono gli aspetti tecnici, le sottigliezze dei pigmenti, le tracce del disegno, quasi arrivando al cuore e al sentimento degli artisti.

L’iniziativa è stata realizzata in breve tempo grazie al supporto di Haltadefinizione, tech-company specializzata nella digitalizzazione di beni culturali e in attività di promozione e divulgazione, che ha messo a disposizione la propria Image Bank in altissima definizione insieme alla piattaforma digitale per la distribuzione dei contenuti.

“Le immagini in altissima definizione (o Gigapixel)” afferma Luca Ponzio, founder di Haltadefinizione, “sono una straordinaria occasione per favorire l’approccio digitale e immersivo alle collezioni museali. L’esplorazione dell'immagine di un’opera d’arte in rete, in tempo reale e con possibilità di ingrandimento fino a 40x, apre a nuove stimolanti opportunità creative sia per la valorizzazione sia per la conservazione e lo studio. Come funziona il processo di creazione di una fotografia Gigapixel? Macchine speciali realizzano centinaia, a volte migliaia, di macro fotografie dei dettagli di un’opera e poi le mettono insieme, come fosse un mosaico, per comporre un’unica grande immagine”.

Il Gigapixel supporta nuove modalità di visione digitale che vanno oltre l’immaginazione, in linea con l'esperienza di un museo vivo e vicino ai propri visitatori anche in questo momento storico particolare.

Le opere si possono ammirare direttamente dal sito della Pinacoteca.

Bambini e quarantena: come utilizzare lo smartphone in casa in modo intelligente e creativo? i consigli di Wiko e tre mamme blogger

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Se non smetti di fare i capricci, ti tolgo il cellulare!” o anche “quando hai finito i compiti, puoi usare il mio smartphone”. Sono tanti gli esempi che in questi giorni, costretti in casa, ci possiamo trovare a sentire. Eppure, lo smartphone non è né un oggetto da demonizzare in sé, né un premio o una coccola per i più piccoli.

Wiko, il marchio franco-cinese di telefonia che sostiene un utilizzo consapevole e responsabile dello smartphone, ha voluto interpellare tre mamme blogger italiane, tre voci influenti della Rete, per avere dei pratici consigli su come usare il cellulare in casa con i bambini in modo intelligente.

Vediamo di seguito quali sono i principali spunti per un utilizzo “family friendly” dello smartphone.

La lettura – “Oltre i compiti quotidiani, ci tengo particolarmente a tenere allenate le capacità di lettura del mio bambino” – sostiene Valentina, blogger autrice de Il profumo di te, mamma, appassionata di cucina, su Instagram presente come @Valentinadellerose. Fumetti, romanzi, c’è di tutto per imparare ad amare la lettura ed evadere con la fantasia.

Imparare l’inglese – “Leone ha imparato numeri, colori e nomi di diversi animali con estrema naturalezza” – ammette Ilaria, mamma, blogger, esperta di buone maniere e nota su Instagram come @Nonsidicepiacere. Lo smartphone è utilissimo per rintracciare contenuti come canzoncine, ritornelli e cartoni in inglese: l’apprendimento della nuova lingua sarà semplice come un gioco, intrattenendo il bambino.

Cucinare assieme – “Mi piace cucinare, anzi adoro cucinare, ma non mi sento Antonella Clerici e negli ultimi tempi mi manca proprio l'ispirazione”, confessa Federica, mamma e autrice di Taste of style, blog di lifestyle, rintracciabile su Instagram come @TasteofStyle. Con il suo bimbo ha scoperto un mondo di app appositamente studiate per cucinare con i più piccoli. Un modo perfetto per seguire, passo dopo passo, con smartphone alla mano, ricette diverse per variare i menu in quarantena.
Attività di mindfulness – L’isolamento e la vita tra le mura domestiche possono avere effetti anche sulla stabilità psicologica dei bambini. Ecco perché Valentina non rinuncia allo smartphone come sostegno anche nella gestione emotiva dei bimbi. “La Rete è colma di contenuti e attività di mindfulness. Ci aiutano a tenere a bada le emozioni negative, abituando i bambini già da piccoli a semplici pratiche posturali capaci di incidere positivamente sulla quotidianità. Ovviamente da fare rigorosamente insieme”.
Attivare il contapassi dello smartphone – Messe in stand-by tutte le attività sportive dei bambini, si può sempre ripiegare su una passeggiata. Federica, ad esempio, avvia sempre il contapassi sul suo cellulare durante le passeggiate in giardino. In questo modo, facendo avanti e indietro, i bambini possono sfogare la loro naturale necessità di movimento. Chi non ha la fortuna di avere un giardino o un ampio terrazzo, può sempre organizzare in casa dei piccoli percorsi di slalom per non rinunciare a un po’ di attività fisica quotidiana.
Le videochiamate ai nonni e agli amichetti – Il momento speciale della giornata? La videochiamata ai nonni! Ilaria, Valentina e Federica apprezzano tutte questo piccolo rituale. “La videochiamata è il momento più atteso della giornata”, dichiara Ilaria. Lo smartphone, così come altri dispositivi hi-tech, consente di mantenere il legame con gli affetti più cari nonostante la distanza. Importante è non forzare i piccoli, ma rispettare le loro esigenze e volontà di contatto senza stabilire dei ritmi troppo serrati, qualora non fossero graditi.
Questi sono solo alcuni degli spunti per passare il tempo in casa con i più piccoli, tra esigenze di studio dei bimbi e necessità di smart working degli adulti. Quello che Wiko ribadisce è un utilizzo misurato dello smartphone, con giudizio e con pieno presidio del mezzo, senza elevarlo a moderna “tata digitale”.

MilBrut SRL: la passione di famiglia fa proseguire il sogno. L'intervista di Fattitaliani

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La MilBrut SRL, azienda di Naro (Ag) a conduzione familiare, produce prodotti finiti e semilavorati per pasticcerie e simili seguendo ricette custodite gelosamente da più di quattro generazioni. Giorni fa si è contraddistinta anche per un gesto di solidarietà donando delle colombe agli ospedali di Agrigento e Canicattì. Fattitaliani ha intervistato Alessio Milazzo, Amministratore Unico, che si occupa di Marketing e Amministrazione.

Nel sito della vostra pagina descrivete l'attuale stop dovuto al Coronavirus. Come state vivendo la situazione come impresa?
Sì, il primo messaggio che compare sul nostro sito è dovuto allo stop della nostra attività. Pur non avendo avuto inizialmente l’obbligo di chiusura, è stato nostro dovere civico prendere un'importante decisione del genere, in quanto teniamo alla salute del nostro staff e non abbiamo voluto correre rischi, a priori, per la nostra azienda.
Possediamo dei certificati di qualità che attestano il nostro corretto svolgimento della filiera produttiva e che rispettano a pieno le norme igienico sanitarie;
Questi due sono stati i motivi principali della scelta.
Come piccola impresa viviamo questo momento di “Lockdown” in piena ansia poiché ciò che è incerto allo stato attuale è il futuro (per quanto riguarda il nostro caso) di molteplici sacrifici fatti dalla nostra famiglia per arrivare ad oggi a tirare su un’azienda artigianale che conta circa 15 lavoratori.
Siete d'accordo con le misure prese dal Governo finora?
Sì, siamo d’accordo e le stiamo osservando scrupolosamente sia come azienda sia come persone.
Rispetto ai motti "#restiamoacasa #andràtuttobene", siete ottimisti o pessimisti?
Il nostro slogan è “Passione di Famiglia” e la passione di famiglia è quella che ti fa proseguire il tuo sogno. Siamo in pausa ma speriamo presto di riprendere più forti di prima.
Ci parlate del codice promozionale molto esplicitamente denominato "FuckCovid"?
FUCKCOVID è sia il codice promozionale sia un augurio perché è proprio quello che ci auguriamo.
Chi compone "MilBrut"? chi sono le persone che compaiono nella foto di gruppo del sito?
MilBrutè l’unione di due cognomi. L’azienda come dicevo prima è a conduzione familiare. È composta da me, il mio fratello maggiore Calogero e il mio fratello minore Valerio insieme nel marchio rappresentiamo il MIL di Milazzo, il nostro cognome.
BRUT invece deriva da Brutto, un altro cognome: nello specifico sono i nostri Zii Tito e Franco che hanno creduto principalmente in noi e alla nostra passione, e insieme ci hanno dato la possibilità di diventare “PIÙ GRANDI”.
Nella foto è presente tutta la mia famiglia, passato presente e futuro.
La presenza più imponente è quella di mia nonna Vincenza: è stata lei l’inventrice del nostro prodotto di punta “la raviolina”.
Quella foto è stata scattata in occasione della nostra inaugurazione, l’azienda apre ad agosto del 2014 ma l’esperienza agroalimentare è datata 1910.
In quella foto manca una persona fisicamente ma che è presente con noi ogni giorno: è la mente della Milbrut e l’ideatore di questa realtà, mio Papà; Noi abbiamo ereditato il compito di portare avanti un nostro e un suo sogno.
Come conciliare la grande produzione con il proposito di mettere a disposizione prodotti rigorosamente fatti a mano?
Noi non siamo un'industria ma siamo un “Laboratorio Artigianale”, abbiamo uno staff con la quale siamo cresciuti tutti insieme. 
La nostra più grande ambizione non è fare grossi numeri ma rimanere quelli che siamo portando avanti sempre e costantemente qualità e artigianalità.
Sono proprio questi gli elementi che ci distinguono e sono gli stessi che da più di 100 anni differenziano il nostro marchio.
Questo ha dei pro e dei contro. Un pro è sicuramente quello di avere un prodotto unico “come un opera d’arte”; i contro per la nostra filosofia aziendale... Beh, non riesco a vederne!
In che cosa si riconosce e su che si basa il vostro Made in Sicily?
Il nostro Made in Sicily sicuramente si riconosce nell’imperfezione di un prodotto, ma in quella stessa imperfezione si evince l’unicità e la qualità dello stesso.
Siamo un'azienda che primeggia materiali di prima qualità e locali.
Infine siamo molto attenti ai dettagli, alla cura delle confezioni: il tutto ha come risultato un Made in Sicily rivolto ai palati piu sopraffini!
Costruire un'impresa a Naro è stato facile? il territorio si mostra aperto a nuove iniziative imprenditoriali?
Quando nasci in un posto è quel posto che chiami casa e credo che avere un'impresa a Naro nello stesso paese in cui vivi è una fortuna di non poco conto. Inoltre, sì, il territorio è proprio a favore di quelle aziende che tengono alto il territorio stesso.
Com'è nata l'idea di regalare le colombe pasquali agli ospedali di Canicattì e Agrigento?
Siamo una start-up, una piccola impresa, di conseguenza non abbiamo a disposizione dei mezzi che ci consentono di dare un contributo sostanzioso agli ospedali delle nostre zone, sprovvisti di tante cose per poter far fronte ad una pandemia del genere, avremmo voluto fare tanto anche per quei medici che sono costretti a lavorare nelle condizioni che tutti sappiamo: a Naro si usa dire “i stigli fannu u mastru” che vuol dire "gli strumenti fanno il lavoratore".
Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto in segno di riconoscimento e profonda stima per chi con tanto coraggio e passione che magari è la stessa nostra passione che mettiamo nel nostro lavoro, stanno combattendo anche per noi.
Augurandoci che il governo non ci abbandoni, che prenda in considerazione che perdite del genere per le piccole imprese potrebbero risultare fatali! Che dopo domata l’emergenza dia una mano consistente a quelle stesse aziende che alimentano le casse delle stato e che sono le stesse che possono, un domani, diventare grandi e aiutare chi ne ha bisogno.
Le nostre sono state piccole donazioni: la colomba è simbolo di pace e di rinascita. Giovanni Zambito.

Allenamenti al tempo del Coronavirus, è boom di "Home Workout"

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L’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus ha costretto milioni di persone alla quarantena forzata, modificando in maniera radicale le abitudini di allenamento tradizionale. Basti pensare che in queste settimane è esplosa la mania degli “home workout”, menzionati su Instagram in oltre 3 milioni di post.
Un metodo alternativo per rimanere in forma e ottenere benefici a livello fisico e mentale, come rivelato da una ricerca condotta dalla National Health Association e pubblicata su USA Today. Pratica amata e condivisa anche dalle stelle dello spettacolo, che creano delle sessioni interattive per i follower: da Jessica Alba a Kate Upton, da Britney Spears a Kaley Cuoco, fino ad arrivare a Robbie Williams e Justin Bieber. Ma gli allenamenti domestici, soprattutto per i neofiti, rappresentano una delle principali cause di infortuni, come spiegato da un’indagine del New York Times. Quali sono i consigli degli esperti per affrontarli al meglio? La prevenzione inizia a tavola con un’alimentazione sana e corretta, ricca di proteine e verdure, e continua con la giusta periodicizzazione degli esercizi in base al carico di lavoro. Ma non è tutto, perché è fondamentale ripristinare l’equilibrio sonno-veglia, eseguire esercizi finalizzati al rinforzo dei distretti muscolari e detossificarsi con l’ausilio di piante. Per garantire il recupero funzionale e biologico dagli infortuni, infine, gli esperti consigliano l’utilizzo della Theal Therapy, terapia laser made in Italy creata da Mectronic che grazie al mix perfetto di diverse lunghezze d’onda accelera la rivascolarizzazione delle varie muscolature.

“Allenarsi a casa in questo periodo di quarantena è indispensabile per preservare la propria salute fisica e mentale, alleviando i livelli di stress e ansia legati all’epidemia, ma occorre farlo nella giusta misura. Muoversi è importante per combattere le contratture muscolari e le acutizzazioni di problemi di artrosi, che vengono accentuati con l’immobilizzazione - spiega il dott. Paolo Tenconi, medico e preparatore atletico professionista - Per questo motivo consiglio di dividere i giorni della settimana in base al carico di lavoro e procedere in maniera graduale, riconoscendo i propri limiti. Compiere movimenti sbagliati porta molto spesso a tendinopatie a livello inguinale, soprattutto per coloro che non sono abituati a correre sul posto, e a contratture muscolari. Bisogna dare priorità allo stretching, compiere esercizi mirati al rinforzo dei distretti muscolari e idratarsi. Allenarsi adesso è fondamentale per arrivare in forma alla fine dell’epidemia. E in quel caso per recuperare dagli infortuni viene in aiuto la Theal Therapy, che grazie al mix di lunghezze d’onda favorisce la rivascolarizzazione dei muscoli, e consente di riossigenare e capillare i tessuti”.

Ma quali sono gli infortuni più frequenti legati agli allenamenti domestici? Secondo una ricerca americana della National Athletic Trainer’s Association e pubblicata sul portale Health, le parti più vulnerabili restano gli arti inferiori, soggetti a tendinopatie e contratture, soprattutto per i neofiti che non sono abituati a correre sul posto per via della mancanza della spinta del suolo. Ma non è tutto, perché in caso di movimenti scorretti durante l’esecuzione degli addominali si può incappare anche in cervicalgie miotensive, che provocano dolori alla zona cervicale. Da non sottovalutare anche contratture e stiramenti causati da piegamenti e alzate laterali con peso eccessivo. In questi casi è fondamentale lavorare sulle distanze per la parte metabolica e non sottovalutare la respirazione.

Ecco infine il decalogo degli esperti per prevenire gli infortuni più comuni in caso di Home Workout”:

  1. Periodicizzare il proprio calendario di allenamenti: dividere i giorni della settimana in base ai diversi carichi di lavoro, prediligendo circuiti a bassa o alta intensità a seconda delle proprie capacità.
  2. Seguire un’alimentazione sana e bilanciata: la prevenzione inizia a tavola con una dieta possibilmente ricca di proteine, frutta e verdura. Spazio anche ai carboidrati, ma con moderazione.
  3. Eseguire esercizi finalizzati al rinforzo dei distretti muscolari: lavorare sui pettorali con i piegamenti, sulle spalle con alzate laterali e frontali e sugli addominali con gli squat.
  4. Ristabilire l’equilibrio sonno-veglia: le giuste ore di riposo sono fondamentali per il recupero delle facoltà cerebrali e per iniziare al meglio gli allenamenti.
  5. Non sottovalutare l’importanza dello stretching: al termine di ogni sessione è importante allungare la propria muscolatura con esercizi mirati per garantire la corretta circolazione sanguigna ed evitare la stasi.
  6. Idratarsi prima, durante e dopo il workout: reintegrare le scorte idriche bevendo almeno due litri d’acqua al giorno aiuta a migliorare l’efficacia degli allenamenti.
  7. Controllare l’ambiente circostante: è importante allenarsi in spazi domestici puliti e privi di oggetti che possano causare cadute accidentali.
  8. Riconoscere i propri limiti: ascoltare i segnali del proprio corpo e non eccedere con il carico di lavoro, procedendo in maniera graduale.
  9. Detossificarsi con l’ausilio di erbe e piante: magnesio e rosmarino sono utili per eliminare le tossine in eccesso, mentre ortica e pungitopo aiutano a combattere l’insufficienza renosa.
  10. Per recuperare dagli infortuni utilizzare la laserterapia: una volta tornati attivi all’aria aperta, al termine dell’epidemia, la Theal Therapy è ideale per rivascolarizzare le varie muscolature e riossigenare i tessuti.

PASQUA, 7 ITALIANI SU 10 NON VOGLIONO RINUNCIARE ALLE CELEBRAZIONI

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Lo studio è a supporto della campagna istituzionale di Baci Perugina "Le emozioni sono più forti delle distanze" https://www.youtube.com/watch?v=TIdVA3Zxvv8&feature=youtu.be

Quest’anno sarà una Pasqua un po’ diversa dal solito. Con alcuni figli costretti a rimanere in un’altra città, per studio o per lavoro, ed i genitori anziani nelle loro abitazioni, c’è ancora più bisogno di affetto e di condivisione in un periodo in cui tutti si sentono più soli.
È proprio per questo motivo che sempre più italiani non vogliono rinunciare a festeggiare la Pasqua, con tutti i rituali che ne derivano. Sette su 10 (72%), infatti, dichiarano di non voler rinunciare alla tradizione e si attrezzeranno, dato il momento, organizzando videochiamate (68%) per salutare e scambiare gli auguri con i parenti più stretti e gli amici. Oltre a mandarsi baci e abbracci virtuali (61%), gli italiani non rinunciano a scartare il tradizionale uovo di Pasqua (52%), seppur a distanza.

È quanto emerge da uno studio di Baci Perugina, condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su un campione di 2000 italiani attraverso un monitoraggio dei principali social network, forum, blog e community lifestyle internazionali ed un pool di 30 esperti specializzati in psicologia e linguaggio del corpo per sondare come gli italiani festeggeranno la Pasqua. Lo studio è a supporto della campagna digital del brand, “Le emozioni sono più forti delle distanze”, che invita le persone a vivere le proprie emozioni e a condividerle anche in questo momento, caratterizzato dal diffondersi dell'epidemia del Coronavirus, che ci costringe a restare a casa lontano da amici e persone care Un messaggio di vicinanza e di affetto tradotto in un video emozionale visibile proprio attraverso i canali social.

La Pasqua ha da sempre diversi significati, sia religiosi che non, ma che cosa rappresenta in generale? 7 italiani su 10 (73%) dichiarano che si tratta di un’occasione per ricongiungersi con la famiglia e con gli amici di sempre. Il 68% del campione intervistato, invece, sostiene che sia un momento per staccare dai propri impegni, approfittando del periodo compreso tra il Giovedì Santo e la Pasquetta godendosi qualche giorno di vacanza. Il 53%, invece, vede la Pasqua nella sua accezione cattolica, vivendo il periodo secondo la  tradizione cristiana.

Quest’anno sarà una Pasqua diversa dal solito. Che cosa mancherà di più? Quasi un italiano su 2 (47%) ammette che rimpiangerà lo stare assieme ai parenti. Fra questi al 26% mancherà “il sedersi a tavola per il pranzo di Pasqua”, mentre al 21% dispiacerà “non preparare i piatti della tradizione assieme alle mamme e nonne”. Il 32%, invece, sentirà la nostalgia della tradizionale gita fuori porta. Più di un intervistato su 5 (21%), infine, confessa il suo dispiacere per non partecipare o assistere ai riti della Settimana Santa previsti nella sua città.

“La Pasqua – spiega Ezio Benelli, psicologo psicoterapeuta e presidente dell’International Foundation ‘Erich Fromm’ – è il simbolo della rinascita interiore. In questo particolare momento rappresenta una ricorrenza ed un messaggio di vita e, quindi, deve essere festeggiata a prescindere. Scambiarsi un gesto di pace? Assolutamente sì, perché la Pasqua è un messaggio cristiano e religioso. Ben venga quindi scartare il tradizionale uovo di Pasqua, ma anche scambiarsi un gesto di amore e di pace, come può essere un abbraccio virtuale o un bacio”.

La Pasqua va festeggiata ancora di più che negli scorsi anni, perché c’è bisogno di affetto e di condivisione, in un momento in cui ci si sente soli. Come si stanno preparando, quindi, gli italiani? 7 su 10 (72%) sostengono che “malgrado sia una Pasqua ‘diversa’ dal solito, non vogliono rinunciare alle tradizioni ad essa legate, come per esempio il classico dono e apertura dell’uovo pasquale. Il 68% degli italiani, invece, si sta organizzando “programmando delle videochiamate, la domenica mattina, per salutare e scambiare gli auguri con i parenti più stretti e gli amici”. Quasi 3 italiani su 10 (28%) confessano di rispettare comunque il rituale e preparare i propri piatti regionali della tradizione. Poco più di uno su 5 (51%), infine, non rinuncerà a foto e biglietti digitali di auguri che si trovano in rete da inviare ad amici e parenti. Baci Perugina, ad esempio, simbolo ed emblema di amore ed affetto, ha trasformato i suoi storici cartigli in biglietti digitali, permettendo agli utenti di personalizzarli con le loro frasi d’auguri, ritrovandosi autori del mitico bigliettino d’amore da condividere.

Proprio le videochiamate, assieme a delle dirette sui social o semplici selfie, sono i “nuovi” modi per scambiarsi gli auguri di Pasqua. Un italiano su 2 (49%) rispetta la tradizione e quest’anno, al posto che consegnarlo a mano, spedirà l’uovo di Pasqua alle persone più care, un modo per far vedere che, pur essendo lontani, si è vicini con il cuore.

Diversi i riti e le gestualità che si faranno durante le videochiamate in programma la domenica di Pasqua. Più di un italiano su 2 (52%), infatti, dichiara di scartare l’uovo di Pasqua assieme ai propri parenti o amici. Sei intervistati su 10 (61%), invece, si scambiano piccoli gesti d’amore e di affetto come baci ed abbracci che “anche se sono a distanza, è ciò che ci unisce”. Quest’anno a Pasqua, quindi, ci si abbraccerà con lo sguardo, in attesa di poter tornare a riabbracciarsi veramente, in modo più sentito rispetto a prima.

“Viviamo in un mondo iper-tecnologico – continua il Dottor Ezio Benelli – le persone  utilizzano le videochiamate per sentire i propri parenti ed amici. Dato il non facile momento che stiamo attraversando, sentiamo profondamente i gesti, anche se non li possiamo ‘vivere’ direttamente sulla nostra pelle. Fare questo, infatti, significa interiorizzare un momento di affetto, di compagnia.”.

Gli italiani vorrebbero qualcuno con cui condividere questo momento particolare che si rinnova ogni anno, per cercare di sentirsi un po’ meno soli. Chi sceglierebbero? Il 38% dichiara di voler il proprio partner, mentre più di 3 intervistati su 10 (34%) la famiglia. Il restante 28%, invece, dice “gli amici, tramite delle videochiamate che organizzo spesso”.

“I piccoli gesti d’amore e d’affetto – conclude lo psicologo e psicoterapeuta Ezio Benelli – sono dei momenti positivi, di cui tutti ora hanno bisogno. Siccome l’individuo sta vivendo un momento depressivo, sente l’esigenza di ricompensarsi e vivere questi gesti d’affetto che, pur essendo virtuali, sono vitaliIl linguaggio del corpo, infine, soprattutto quello faccialecomunica tantissimo. Il sorriso, come anche il gesto mimato del bacio arriva profondamente a tutti: è un ‘segno’ che riconosciamo altamente. Da non dimenticare, infine, la parte legata agli occhi. Anche loro possono comunicare molto”.

Yulla, esce l'autobiografia OLVIDAR “Dimenticare”, esordio letterario della cantante e produttrice

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Da oggi, giovedì 9 aprile, è acquistabile online in formato ebook e cartaceo, OLVIDAR “Dimenticare”, l'autobiografia che segna l’esordio letterario di YULLA, una donna dalle mille sfaccettature, volto già noto nel panorama musicale, pronta a donare al suo pubblico una parte di sé fino ad ora celata.

In questo libro colmo di vita, emozioni e dolorel’autrice rivela ai suoi lettori, attraverso stralci di diario, ricordi e riflessioni, la sua complessa convivenza con la sfera del paranormale e del mistero. Fin da bambina, Yulla, si accorge di possedere delle doti molto particolari: veri e propri doni “scomodi” contro i quali ha combattuto una guerra vana, poiché essi hanno sempre avuto la meglio su di lei. La convivenza forzata con l’aldilà, la sua capacità di vedere “oltre” e gli anni di lunghissimi studi e ricerche nel settore, l’hanno resa, ben presto, una potente sensitiva e medium. Questa biografia sfaterà il mito basato su streghe e fattucchiere rintanate in casa con cappelli a punta calcati in testa e nasi aquilini; ciò che viene descritto è soltanto la vita, difficile, stancante e a volte eccessiva di una donna, di una madre e di una professionista “normale”.
Ma OLVIDAR “Dimenticare” è anche un progetto musicale a cui YULLA sta lavorando da più di due anni. Un album che sarà disponibile non appena si sarà conclusa l'emergenza sanitaria che stiamo vivendo e che racchiuderà la sua carriera, le evoluzioni, i cambiamenti, la crescita in ambito musicale e personale. Gli studi, le contaminazioni e le passioni.

A questo proposito l’artista ha affermato: «Come mi è capitato di dichiarare in più occasioni la data di uscita dell’album e del manoscritto era prevista per i primi mesi del 2020. Purtroppo il periodo di profonda crisi e preoccupazione che ci ha invaso ha messo un freno alle attività prefissate spostando, a data da definirsi, il lancio e la promozione del mio album e ritardando di qualche mese l’uscita del libro. Malgrado tutto, conscia della possibile perdita di visibilità, ho deciso di autorizzare ugualmente il lancio del manoscritto. Quando ho scelto di “mettermi a nudo” e di regalare una parte così profonda di me al mio pubblico l’ho fatto, anche, con la speranza che il mio vissuto potesse essere di aiuto a chi, come me, come molti, ha o ha avuto una vita “scomoda”. Per questo motivo voglio che il mio libro esca ora, in un momento così buio per tutti, perché ci sono moltissime persone chiuse in casa, sole, con problemi, vite complicate, situazioni indescrivibili e spero, ora più che mai, che le mie parole possano essere un supporto positivo, almeno per qualcuno dei miei lettori. E proprio oggi, nel giorno della nascita di Baudelaire mi aggancio alle sue parole "Ubriacatevi. Di vino, di poesia, di libertà, di ciò che volete, ma ubriacatevi". Questo è il mio augurio».



Biografia
Yulla è un’artista autodidatta e anticonvenzionale. Comincia il suo percorso artistico come autrice e compositrice prima per sé, poi per importanti esponenti del panorama musicale italiano. Dopo aver prodotto il suo primo singolo dal titolo “Ce l’ho qua”, decide di intraprendere la carriera manageriale, senza mai tralasciare la passione per la musica e per la sua attività di batterista. Dal 1997 al 2007 produce ben sette singoli e un album dal titolo “Nella fretta dimentico” per Federico Poggipollini, chitarrista di Luciano Ligabue, che accompagna come batterista in occasione dei tour promozionali in tutta Italia, come il Coca Cola Live e l’MTV Day. Negli stessi anni collabora editorialmente con la Warner Chappel Music Italia, ampliando la propria visibilità all’interno del mercato musicale. Si occupa della co-produzione e della produzione rispettivamente per i cantautori Fabrizio Consoli e Luca Bui, nonché della promozione e distribuzione dell’album Anima Revuelta degli EL V & TheGardenHouse. Produce e promuove Salvo Veneziano e Lucio Calligarich del Grande Fratello. Nel 2007 scrive e interpreta insieme a Luca Anceschi e ai giocatori della squadra di calcio della Reggiana l’inno “Dai Reggiana!”. Nel 2009 comincia la sua collaborazione con il team dei “No es lo mismo”, con cui rivoluziona il tradizionale spettacolo live e da intrattenimento tramite l’inserimento di balli di gruppo. Nel 2012 il team decide di dare vita a un proprio progetto latino dance dal titolo “Me Gusta il Pelo” che lei stessa scrive e interpreta. Nell’estate dello stesso anno lavora al suo progetto tecnologik dance. A novembre del 2012 esce il primo singolo dal titolo “Narcotizzata” che ha ottenuto moltissimo riscontro da parte del pubblico e degli addetti ai lavori. Nell’aprile del 2013 esce il singolo provocatorio “I’m a Cougar” di cui hanno parlato numerose testate giornalistiche. A maggio 2015, Yulla, continua il suo progetto dance dando vita al singolo “Sono Single” che ottiene ampio riscontro web e moltiplica i suoi seguaci. Nello stesso anno inizia una stretta collaborazione con “il Pancio”, comico e webstar, che la vede protagonista di numerosi video per il web con milioni di visualizzazioni che le fanno conquistare l’affetto di sempre più persone. Il 3 ottobre 2016 esce il suo nuovo album "Voglio", un featuring con El Gato DJ e Ge Morales. In questo singolo Yulla, che parte da un'anima profondamente rock, va alla ricerca di nuovi stili come il Latin e il Rap, da mescolare al carattere Dance del progetto a cui si aggiungono contaminazioni di derivazione pop, tecnologik. dance e hip house. A Novembre 2018 esce "No te amo”, un reggaeton lento, sensuale e intenso cantato in lingua spagnola.  Insieme a Yulla gli interpreti del brano sono Kiki Aguero, ballerino e coreografo cubano e Moreno, uno dei più innovativi rapper del panorama musicale italiano. Il videoclip vanta la partecipazione dell'influencer Mattia Marciano in veste di attore protagonista. Dal 10 maggio 2019 è in radio il nuovo singolo “Ziki Zaka”, seguito dal singolo “Modela” (18 novembre). Dal 9 aprile 2020 è disponibile il suo primo libro OLVIDAR “Dimenticare”, un’autobiografia che anticipa il suo nuovo album omonimo.

CORONAVIRUS. TRACCIAMENTO E PRIVACY, ALBERTO GAMBINO: STRUMENTI EFFICACI SOLO SE RIGUARDANO TUTTA LA POPOLAZIONE

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L'emergenza sanitaria in corso ha portato tutti i Paesi coinvolti a prendere drastiche misure per limitare la diffusione del virus, alla ricerca di una soluzione per frenare i contagi.
Dalla Cina agli Stati Uniti, sono piu' di 20 i governi che hanno cercato un aiuto nella tecnologia, tracciando gli spostamenti delle persone per limitare cosi' la crescita dei soggetti positivi. Un fenomeno che ci pone pero' davanti al rischio di un uso improprio dei nostri dati sensibili. Ne abbiamo parlato con l'avvocato Alberto Gambino, Prorettore dell'università Europea di Roma, esperto di tematiche legate alla privacy e presidente dell'Italian Academy of the Internet Code (IAIC). -
Professore, in Italia che tipo di tecnologia si sta studiando? 
"Si tratta un'applicazione che consentirebbe al cittadino di monitorare la mappa della sua citta' per capire in quali zone avrebbe piu' o meno probabilita' di essere contagiato, in base al monitoraggio dei soggetti positivi e di chi li ha frequentati. Ovviamente questi dati verrebbero raccolti da un ente individuato dallo Stato, che sia un operatore sanitario, la protezione civile o il ministero dell'Interno. Ma il rischio e' che quei dati finiscano nelle mani sbagliate. E a quel punto avremmo disseminato centinaia di migliaia di dati sanitari dal valore economico considerevole. Anche se anonimi, infatti, per le societa' che lavorano con i big data sarebbe semplice risalire al profilo di un soggetto. Ad esempio, un ragazzo giovane risultato positivo al coronavirus, potrebbe non essere assunto da un'azienda perche' ritenuto piu' vulnerabile. Per questo, se si dovesse sceglie di seguire questa strada, dovra' anche essere anche prevista una sanzione esemplare per chi dovesse fare un uso improprio di quei dati. Penso all'articolo 601bis del codice penale, che si riferisce alla tratta delle parti del corpo degli esseri umani, perche' il dato sanitario e' considerato un pezzo del corpo umano". - 
La crisi sanitaria Covid-19 ci pone quindi davanti nuove problematiche. Quale e' il bene da tutelare, il diritto alla privacy o l'interesse diffuso della societa'? 
"È l'interesse diffuso della societa' a rendere piu' sicura, in questa fase straordinaria, la salute di tutti. Ma bisogna stabilire da subito le regole da attuare quando sara' terminata questa emergenza. Io sono favorevole al tracciamento, ma proprio perche' teniamo alla salute di tutti, e' necessario che nella fase successiva i dati raccolti vengano subito cancellati. Le sanzioni del GDPR (il regolamento dell'Unione europea in materia di trattamento dei dati personali e di privacy) oggi sono deboli e intervengono sempre ex post e su violazioni massive. Invece occorre evitare questo rischio e tenere presente che anche la violazione relativa ad un solo soggetto diventerebbe un fatto gravissimo tanto da distruggere un'esistenza umana. Ed e' per questo che devono essere previste sanzioni molto dure per chi si appropria di quei dati. Nel momento di emergenza e' opportuno far prevalere l'interesse della collettivita' e quindi sospendere la democrazia, ma quando termina l'emergenza tutte le liberta' devono tornare a regime democratico". - 
Noi siamo gia' abituati a cedere i nostri dati ai grandi gestori di piattaforme, in questo caso quale sarebbe la differenza? 
"I nostri dati sono gia' oggetto di marketing, ma qui si sta parlando di tracciare le nostre condizioni di salute, e per di piu' in modo massivo. Oggi nessuno ha a disposizione tutti i nostri dati sanitari, e anche quei pochi che concediamo alle piattaforme sono sempre raccolti con il nostro consenso. In questo caso, invece, o si utilizzano tutti i dati a disposizione dell'autorita' pubblica, oppure non ha senso. Questi strumenti, per funzionare davvero, devono tracciare tutta la popolazione: quelli che hanno contratto il virus e tutti coloro con cui sono stati a contatto". - 
Secondo il suo parere queste tecnologie sarebbero efficaci? Antonello Soro, il garante per la protezione dei dati personali, ha detto che questi sistemi di sorveglianza sarebbero inutili se non accompagnati da test diagnostici. 
"Certo, il tema di fondo non e' solo tracciare le patologie conclamate, ma anche tutti gli altri fenomeni come i soggetti positivi non sintomatici che sono fortemente contagiosi. Noi abbiamo norme che ci consentono di farlo, perché l'articolo 9 del GDPR prevede che, proprio in casi di necessita', i dati sanitari possano essere utilizzati. Ma deve esserci una base normativa, un provvedimento specifico che si occupi non solo dell'emergenza ma anche di quello che succedera' dopo. Altrimenti tra qualche anno ci ritroveremo ad avere cittadini di 'Serie A' e 'Serie B', cioe' quelli che non hanno uno stato di salute ineccepibile e a cui tante banche o aziende non concederanno prestiti o assicurazioni. Oggi questo gia' succede con singoli dati raccolti in maniera furtiva, immaginiamo cosa potrebbe capitare se la violazione avvenisse con la raccolta di una mole immensa di dati immessi in un unico sistema. Ricordiamoci che il dato piu' sensibile che abbiamo e' proprio quello sanitario. Qui si tratta di tutelare la sicurezza di informazioni che rappresentano l'identita' piu' profonda di ciascuno di noi". (Adi/Dire)

Claudio Barzetti presenta "Carbonara" e il nuovo ep a Fattitaliani. L'intervista

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Carbonara, il nuovo singolo di Claudio Barzetti, uscito in concomitanza con la Giornata Internazionale della pasta, arriva in un momento transitorio in cui il cantautore lombardo/emiliano rispolvera parte delle sue origini più rock, sempre declinandole in un sound molto più moderno, essenziale, dal profumo indie pop. Il singolo anticipa Era Satomi A Scrivere I Pezzi, il nuovo disco del in prossima uscita, un ep composto da cinque brani, di cui il cantautore parla a Fattitaliani. L'intervista.
Domanda scontata: per festeggiare l'uscita del singolo e la Giornata internazionale della Carbonara, te lo sei preparato e gustato un bel piatto di pasta?
Chiaro che sì! A pranzo. Al di là del brano, resta uno dei miei primi piatti preferiti. Però ammetto che a volte uso la pancetta quando non ho il guanciale, chiedo venia.
Che rapporto hai con la cucina e la tradizione culinaria in generale? 
Mi piace tantissimo cucinare, più di mangiare. Amo cucinare i primi piatti, contorni, pizza e pasta fresca. Inoltre adoro preparare le tigelle, essendo io per metà emiliano.
Quanto incidono sulla tua personalità e la tua musica il gusto e l'olfatto? Meno dell'udito, certo...
Mmm.. sulla mia personalità non credo molto. Sulla musica forse di più, solitamente quando scrivo ho sempre una tazza di thé di fianco a me.

L'album che pubblicherai prossimamente s'intitola "Era Satomi A Scrivere I Pezzi": da dove nasce un titolo così?
Da un commento che lasciai ad un post di un amico sui social, anche se non ricordo di preciso di cosa trattasse il post. La scrissi come una battuta qualsiasi, ma mi piacque l'effetto e il significato che portava con sé.

"Carbonara" e le altre canzoni che lo comporranno quanto ti assomigliano? quanto hanno in comune rispetto alle tue precedenti incisioni?
Le canzoni mi assomigliano parecchio. Sono scarne e dirette. Ognuna arrangiata in maniera diversa rispetto alle altre. 
Rispetto alle precedenti produzioni, nella nuova ci sono brani come Antonello da Milano e La Segreteria che si distaccano molto con quello che era Partenze (mio primo Album). L'utilizzo dei synth è aumentato e per la prima volta ho scritto l'intero lavoro al piano, solo dopo alcuni brani sono stati arrangiati con uno stile più rock. Era Satomi a scrivere i pezzi lo considero quindi il riassunto di un periodo di transizione della mia musica.

Ci dici qualcosa di più sul video di "Carbonara"? com'è stata concepita, sviluppata e realizzata l'idea di fondo?
L'idea è nata abbastanza casualmente, era un periodo in cui non avevo intenzione di fare il solito videoclip con attori, una storia, playback o altro. Di conseguenza, io e Silvio Gelmi, il regista nonché motion designer del videoclip, abbiamo unito le idee e le forze. Abbiamo voluto rappresentare un preciso momento: quello in cui ci si perde in uno sguardo nuovo e inaspettato. Poi la tecnica del collage ci ha permesso di svariare con la selezione di location e immagini. È stato un bel lavoro di ricerca immagini, ma credo ne sia proprio valsa la pena.
In che situazioni hai realizzato di avere il "Cuore sbattuto"?
Neeext..

Hai mai vissuto un "Rapporto affumicato"?
Ne ho una cantina piena mi scapperebbe da dire.. In realtà credo che alcuni rapporti possa averli considerati affumicati al tempo, ma ora tendo a ricordare solo le parti migliori dei rapporti avuti e anche dei ricordi peggiori e/o affumicati cerco di cogliere i lati positivi. Anche se pensandoci bene, non sono uno che si trascina le cose se le considera affumicate; così nell'amore come negli altri campi della vita. Giovanni Zambito.
"Carbonara".
Ascolta&Scarica qui.
Guarda il video qui.


Racconti in quarantena: RIZIERO

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di Mario Narducci - Era fragile come un filo d’erba delle sue montagne e candido come un bambino.
Tutto il contrario del nome che gli era stato imposto al battesimo e che nell’originale nordico lo indicava come “potente in battaglia”. Rizierotoccava sì e no il metro e venti di altezza. Girava per la città come una nuvola bianca e ballerina, un camice da dottore stretto in vita da uno spago, coppola lisa in testa e ampi occhiali da presbite sul minuscolo naso, che gli gonfiavano gli zigomi come una lente d’ingrandimento.

Una voce potente e stridula lo annunciava da lontano, e appariva come portato dal vento, non si sa da quale direzione, per le vie del centro, una radiolina a transistor incollata all’orecchio destro ad ascoltare musiche raschiate. La gente gli faceva largo oramai distrattamente, abituata com’era a quella presenza usuale. Solo i ragazzini gli si facevano attorno per giocare con lui, che riconoscevano dalla purità dell’anima che somigliava alla loro, e dalla semplicità dei gesti, più innocenti dei loro. Scherzavano insieme come fossero a cerchio sopra l’erba di un prato anche se stavano ai Quattro Cantoni, e le risate si spargevano come onde morbide al soffio di vento di ponente.

Lo vedevano da anni, ma sapevano poco di lui, che era sempre uguale a se stesso ad ogni cambio di generazione. Veniva da un paesino del circondario, dove non tornava più dalla prima giovinezza e da dove lo avevano tratto per internarlo nel manicomio del Capoluogo. In quegli anni Collemaggio, più che la Basilica di Papa Celestino e della Perdonanza, stava ad indicare la casa della follia, dove non solo i “matti” erano rinchiusi, ma anche coloro dei quali ci si voleva sbarazzare, fosse solo per una bocca in meno da sfamare. Forse quest’ultimo fu proprio il caso di Riziero, che da quel momento in poi altra casa non ebbe, nemmeno quando la legge Basaglia svuotò i manicomi, gettando a volte gli ospiti per strada.

Riziero era nato nel 1915. Era l’anno di inizio della Grande Guerra. Ma era anche l’anno del terremoto della Marsica con i suoi trentamila morti. E aveva tre anni soltanto quando incominciò a diffondersi l’epidemia Spagnola che costò tra i cinquanta e i cento milioni di morti nel mondo su una popolazione di circa due miliardi: più della peste nera del quattordicesimo secolo che ispirò il Decamerone a Boccaccio.

Non era nato sotto una buona stella, Riziero. Che attraversò indenne tutte le tragedie dell’epoca, curvo sulla colonna della iattura ad assorbire sulla schiena, che mai ebbe refrigerio, i colpi del flagello di una vita. Che in realtà era un eletto da Dio, come lo sono i matti per taluni popoli, perché preservato da tutte le brutture del mondo.

Ma lui, tutte queste cose non le sapeva. Sanno forse gli innocenti del male che li circonda e che li graffia? E riconosce forse il vento, i volti che accarezza o gli alberi che scuote? Riziero era insieme vento e volto, ed era pianta, alfine sradicata per legge da quell’asilo di malati di mente cui in realtà non era mai appartenuto ma al quale si era affezionato, perché l’unico che lo aveva custodito come in grembo materno.

La Città divenne la sua casa nuova. Con le sue piazze dove sostava in festa in cerchi improvvisati di ragazzi, con le sue vie che percorreva con la radiolina a transistor sempre più gracidante, con i suoi portici dove levava la voce alta e stridula al canto, con la sua cerchia di monti dove invano gettava lo sguardo miope, con la felicità inconsapevole del candore mai perso.

Egli appariva e spariva come una nuvola. Era vento che giungeva da ogni direzione e per ogni direzione si disperdeva. Era voce che stava su tutto e che taceva a notte, per risorgere al mattino con il primo sole. Era risata che navigava nell’aria come un aquilone, che non si perdeva nel cielo perché voleva restare sulla terra, retto da un filo invisibile. Era un’anima persa ma mai sparita in una città che lo teneva nelle mani a coppa dove, minuscolo, lui si dissetava, riempiendola, grato, delle sue risa infantili.

Era novembre quando a notte alta, in una desolata periferia, un’auto lo colse nell’attraversamento improvviso della strada, scaraventando lontano la radiolina a transistor che in un singulto si spense per sempre. “Sono un ciuccio, disse un famoso professore ai funerali, ho imparato ben poco da Riziero. Altrimenti avrei dovuto trasformare profondamente la mia vita”. Cosa impossibile, se non si diventa nuvola, se non si diventa vento.

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