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I compitini del dopo-COVID 19

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di Carlo Barbieri - Il COVID-19 ci sta dicendo che la sanità è la prima cosa di cui un governo si deve prendere cura, e che economizzare su quella non è solo da carogne, ma anche da stupidi (vedi danni all'economia). Ovvio.
Ci sta dicendo anche che l'Italia è capace di miracoli di volontà e umanità: non parlo solo dei nostri eroici sanitari (per i quali io, se fossi Mattarella, comincerei a preparare le medaglie al valor civile) ma di tutto un tessuto di gesti solidali di cui sappiamo poco. Due piccolissime testimonianze: tre suore che aiutano i più poveri del quartiere di Ballarò, a Palermo, mi dicevano dell'aiuto affettuoso che stanno ricevendo da parte di volontari (naturalmente autorizzati a spostarsi). E una mia amica sta usando il tempo a casa per preparare copertine per bambini indigenti da distribuire il prossimo inverno.
Ma il maledetto virus ci sta dicendo qualcos'altro.
Ci sta dimostrando come i paesi siano ormai interdipendenti, e quanto l'interdipendenza, se da una parte ne ha aumentato la competitività, dall'altra li ha resi fragili e persino ricattabili. Esempio numero uno: la Volkswagen, che  usa componenti che arrivano da altre parti del mondo, ha sospeso la produzione anche a causa  dell'interruzione della catena di approvvigionamenti. Esempio numero due:  l'Italia ordina alla turca Ege Maske qualche centinaio di migliaia di mascherine e le paga. L'azienda consegna, ma il governo turco le blocca in dogana. Non si capisce perché, visto che la Turchia ne produce 50 milioni a settimana. Naturalmente le malelingue dicono che la Turchia usa le mascherine come strumento di pressione politica nei confronti dell'Europa così come fa con i migranti. 
Dai due esempi, nasce il primo compitino per il dopo-COVID19: come mettere il nostro paese al riparo da pericolose interdipendenze in aree strategiche.
Ma c'è dell'altro: la Cina, e in qualche misura la Russia, approfittano dell'emergenza per scatenare "l'offensiva delle mani tese". Sabato scorso Xi-Jinping ha telefonato a Macron, a Re Felipe (pensa tu, un presidente comunista che chiama un re), al presidente serbo Vucic e alla Merkel a cui ha detto "Se la Germania ha bisogno, la Cina è pronta ad aiutare, le crisi sanitarie sono sfide comuni per l’umanità, unità e cooperazione sono l’arma più potente". Parole che ci saremmo aspettate da Trump, ma lui è troppo impegnato a rendere antipatica l'immagine del suo paese all'estero. L'Europa rischia di passare dalla "zona di influenza" americana a un'altra nuova di zecca?
E questo è il secondo compitino.
O forse i due compitini si riducono a uno solo, un tema di cui propongo il titolo: "Una vera Europa come risposta alle sfide emergenti". 


Carlo Barbieri è nato nel 1946 a Palermo. Ha vissuto nel capoluogo siciliano, a Catania, Teheran e Il Cairo, e adesso risiede a Roma. Ha pubblicato Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non, e i gialli La pietra al collo, Il morto con la zebiba (ripubblicato nella collana Noir Italia de IlSole24Ore), Il marchio sulle labbra, Assassinio alla Targa Florio e La difesa del bufalo, gli ultimi tre con Dario Flaccovio Editore. Con la stessa casa editrice ha pubblicato anche la raccolta di racconti Uno sì e uno no. Il suo ultimo libro, dedicato ai lettori più giovani, è Dieci piccoli gialli edito da EL/Einaudi Ragazzi. Barbieri è stato premiato, fra l’altro, al Giallo Garda, al Città di Cattolica, al Città di Sassari, all’Efesto-Città di Catania, allo Scerbanenco@Lignano e, per due volte, all’Umberto Domina. Cura una rubrica con Malgradotutto e collabora con diverse testate web fra le quali fattitaliani.it e MetroNews, il quotidiano delle metro di Roma, Milano e Torino.

Sesso, italiani amano l'aria aperta, i sex toy e sono i più traditori

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LELO ha fatto alcune domande molto personali a oltre 4000 intervistati in tutto il mondo. Gli italiani amano il sesso all’aria aperta e usare i sex toy in coppia ma sono anche i più traditori. 

Gli spagnoli sono amanti ardenti, i francesi sono molto sexy, gli italiani sono incredibilmente romantici: sono effettivamente veri tutti questi stereotipi?
LELObrand leader nel settore dei sex toy, ha condotto un sondaggio coinvolgendo oltre 4000 persone in Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Italia, Germania, Spagna e Francia per scoprire qualcosa in più sulla loro vita e abitudini sessuali.
Ecco i risultati! 
Sesso al primo appuntamento: SI o NO?
Oltre il 50% degli intervistati francesi ha risposto sì, mentre il 72% degli intervistati spagnoli ha risposto negativamente seguiti dalla Germania con il 70% e dagli Stati Uniti con il 60%.
Quanto spesso si pensa al sesso?
Alla domanda su quanto spesso si pensa al sesso, la risposta è stata unanime: la maggior parte di tutti gli intervistati (più del 60%) ha affermato più volte al giorno. Mentre ben il 35% degli spagnoli pensa al sesso una sola volta al giorno.
Chi comunica di più?
I tedeschi sono i più aperti nel comunicare le loro fantasie sessuali ai partner con l'82% che risponde positivamente a questa domanda seguiti dagli italiani (81%).
Chi finge gli orgasmi?
Quando si tratta di fingere orgasmi, siamo lieti di riferire che la maggior parte dei partecipanti, oltre il 77% per ogni paese, non finge. Se andiamo più a fondo e cerchiamo di separare le risposte per genere il 38% delle donne italiane ha dichiarato di aver finto almeno una volta l’orgasmo!
Sesso en plein air
Il sesso all'aperto è stata la più grande sorpresa del sondaggio: ci si aspettava che i canadesi avrebbero conquistato il primato, ma a quanto pare, il 69% degli italiani gode dei grandi spazi aperti, seguiti da Regno Unito e Canada.
Meglio da soli o in coppia?
Oltre l’87% degli inglesi guarda film porno, il 48% di loro lo fa insieme al partner.  Solo il 40% degli italiani intervistati invece ama guardare film porno con il proprio partner mentre ben il 70% degli italiani ama usare i sex toy in coppia!
Per finire, chi tradisce di più?
Il 40,6% degli italiani ha tradito il proprio partner mentre la percentuale più bassa si può trovare negli Stati Uniti e nel Regno Unito, entrambi con un 22%.
Come spesso accade, i numeri e il sesso sono una combinazione interessante, l’importante è sempre godersi il sesso, divertirsi, con rispetto e possibilmente senza fingere orgasmi.

CÉZANNE E IL MUSEO MARMOTTAN… E LA CIOCIARIA

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Sta avendo luogo a Parigi presso un piccolo ma significativo museo, il Museo Marmottan, di casa in una grande villa al limitare del Bois de Boulogne, una esposizione incentrata su Cézanne e gli artisti italiani a lui vicini.
Si ricordi che quella che è considerata la sua opera principale è il ritratto di un ciociarello di Atina ‘Le Garçon au gilet rouge’ ma prima di informare sulla iniziativa, ritengo doveroso illustrare brevemente  il piccolo museo  a favore di coloro che non lo conoscono ancora. Si trova in una grossa villa con più dipendenze  e i fratelli francesi per queste grosse abitazioni composte di più unità abitative ma a disposizione di un solo proprietario e inquilino, impiegano il termine prestigioso  di   hotel particulier. La villa fu costruita agli inizi del 1800  da un generale di Napoleone poi, verso la fine del secolo,  passata di mano  agli imprenditori collezionisti Marmottan e infine all’ultimo discendente, Paul Marmottan, studioso, critico d’arte e collezionista. Paul e il padre la ricolmarono di opere d’arte specialmente  di stile impero: entrando nel Museo si resta inebriati dalla bellezza e ricchezza degli arredamenti, ora frammisti ai numerosi dipinti. Paul, ultimo discendente, quando giunse la sua ora  negli anni ‘30 del Novecento, lasciò tutti i beni alla Accademia di Belle Arti di Parigi, da sempre specializzata nella promozione delle arti non solo attraverso l’insegnamento:  l’Accademia  da oltre un secolo organizzava annualmente i celebri Salon parigini. E apportati i necessari  lavori di ammodernamento e di adeguamento, dopo tre anni il Museo Marmottan aprì al pubblico. Una gestione professionale ed efficiente fu motivo di fiducia e di affidabilità per cui  poco a poco  nel corso degli anni, non pochi collezionisti d’arte si sentirono incoraggiati e gratificati a donare la loro o le loro opere d’arte al Museo che  di molto ha arricchito il proprio patrimonio d’arte. Tra le tante donazioni, che continuano normalmente anche oggi da parte dei collezionisti, mi piace evidenziarne al lettore in particolare tre: la donazione degli eredi Morisot che ha consentito al Museo di mettere a disposizione dei visitatori un raro complesso  di opere di Berthe Morisot, la prima donna pittrice impressionista, divenute un raro motivo di richiamo.  Altro motivo di attenzione sono le estremamente rare miniature medievali in numero di oltre trecento donate da uno dei grandi mercanti e collezionisti  francesi, Georges Wildenstein, fondatore della celebre dinastia di mercanti d’arte;  ma il fulcro più significativo, eccezionale,  fu  una quantità di opere di Monet che il figlio donò al Museo, fulcro tanto significativo  per qualità e quantità che oggi il Museo è divenuto il luogo dove sono presenti più opere dell’artista e tra queste  non manca  il quadro famoso esposto nel 1874 col titolo di Impressison Soleil Levant che diede il nome alla nuova corrente: Impressionismo. Tanto importante tale donazione che il Museo già da alcuni anni ha adeguato  la propria ragione sociale in: Musée Marmottan-Monet. E a proposito della collezione di opere di Claude Monet (1840-1926), una visita al Museo Marmottan-Monet  comporta  una esperienza veramente indimenticabile: in un locale interrato è stata ricavata una immensa sala di esposizione delle opere dell’artista: ebbene scendendo i pochi gradini e trovandosi di fronte alle  incredibili enormi  divine ‘Ninfee’, allora si capiscono tutti i sentimenti e le emozioni che tanti scrittori e poeti hanno descritto e descrivono al cospetto: è una sensazione mozzafiato,  da provare, all’occasione:  una esperienza unica e impareggiabile: le parole non sono sufficienti a descrivere l’emozione. Anche al Museo della Orangerie  in un locale interrato  composto di due sale  ovali con una serie di questi grandissimi quadri di ‘Ninfee’ (altezza 1,80 m, lunghezza minimo 4 m) tutto intorno, uno appresso all’altro,  la sensazione è anche qui inimmaginabile e da vivere, ma al Museo Marmottan è differente!
Avevo l’intenzione di illustrare una mostra che vi sta avendo luogo, le opere di Cézanne e i suoi rapporti con l’Italia. Ma sarà per un’altra volta. 
A proposito, è vero, non conta niente, ma conta: il direttore del Museo Marmottan è un francese ciociaro, Patrick de Carolis,  le cui ascendenze  provenivano da Roccasecca, patria di Severino Gazzelloni e di Tommaso d’Aquino. 
Michele Santulli

Foto: P. Cezanne, Il ragazzo dal panciotto rosso, Zurigo, coll. part

Restare chiusi in casa è brutto

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Da un'idea di due grandi amici quali l'ex tronista ligure Alessio Lo Passo e Umberto Acerbi, uomo di grande cultura, l'idea di aprire una pagina Instagram controcorrente dove parlare ed esporre controcorrente per l'appunto i più sconvolgenti fatti di cronaca. Ecco un nuovo pezzo, tristemente attuale, che hanno appena scritto per noi di Fattitaliani.it.

Restare chiusi in casa è brutto. Soprattutto se qualcuno ci obbliga a farlo o se, semplicemente, chi ci obbliga è un senso di responsabilità nei confronti di noi stessi e degli altri.

Essere obbligati a “perdere tempo”, ad inventarsi qualcosa da fare, a domandarci come trascorreremo un’altra giornata in casa ci crea disagio, senso di impotenza, impazienza e chi più ne ha più ne metta.
Eppure quante volte avremmo voluto trascorrere qualche ora a “cazzeggiare”, avremmo voluto perdere un po’ di tempo tra un divano ed una poltrona o semplicemente avremmo voluto isolarci in casa per un po’ di tempo.
Il problema è che ora ci viene imposto o per lo meno vivamente consigliato e, quando si tratta di imposizioni, le nuove generazioni - e per nuove generazioni intendiamo le attuali fino ai 60 anni -  storcono il naso.
Non siamo propensi a fare o non fare ciò che ci viene ordinato: è nella nostra cultura, nel nostro DNA, nella nostra mentalità di piccoli ed innocui ribelli ma mai in grado di fare vere rivoluzioni.
Siamo sempre propensi a valutare il merito, l’importanza e l’opportunità di norme, regolamenti e ordinanze riservandoci la decisione se sia il caso o meno di rispettarli. Troppo spesso in base a ciò che ci conviene, che ci piace o che non ci pesa troppo.
Il risultato è che il nostro rispetto delle regole è divenuto, troppo spesso esclusivamente, proporzionale alle sanzioni in caso di sua trasgressione. Il potere dissuasivo della pena è l’unico mezzo per farci rispettare le regole.
Nessuno si è mai messo le cinture in macchina, nonostante una norma ne sancisse l’obbligo, perché non ne capivamo l’importanza, quindo lo infrangevamo,  finché il legislatore ne ha dovuto punire l’infrazione con la detrazione dei punti sulla patente. Ora le cinture le indossano quasi tutti per la paura di dover risostenere l’esame di guida.
La vendita delle sigarette ai minori è vietata da anni ma solo da poco viene punita con salatissime multe fino alla chiusura dell’esercizio. Risultato: solo dopo l’inasprimento della sanzione, ai minori non vengono più vendute sigarette.
E così adesso per non farci uscire di casa: inizialmente si è fatta leva sul buon senso, poi si è fatto un decreto, solo ora, che viene previsto il procedimento penale (ma soprattutto viene applicato) a carico di chi infrange la regola, gli italiani hanno pensato sia meglio restare a casa.
Ed ecco l’imposizione quella che noi, nuova generazione, proprio non sopportiamo.
Basterà fare un giro sui principali social per leggere il malessere, l’impazienza, il disagio di chi altro non deve fare che stare in casa.
Ci siamo imbattuti in post e cinguettii che sembravano scritti da carcerati, da malati terminali da chi non ha più nulla da chiedere se non un giro al pub o una cena al ristorante. Eppure abbiamo mezzi a sufficienza per rimanere in costante contatto con amici, parenti e conoscenti, mezzi che ci permettono di non perdere i contatti e trascorere del tempo
Il problema, però, è un altro. Fondamentalmente non stiamo così bene con noi stessi. Non vogliamo avere tempo di pensare, di riordinare le idee, di riflettere su noi e allora, se ci mancano le distrazioni di sempre, che sia una serata in discoteca o un corso di ballo, nasce un disagio al quale non siamo abituati.
Confrontarsi con se stessi. Non con un amico al pub dopo un paio di bevute o con chi ci fa i complimenti per la nostra nuova acconciatura o ancora con chi ci giudica magari per la bottiglia di vino che stappiamo al ristorante.
Confrontarsi con noi stessi, ora siamo obbligati a farlo, e quando si tratta di un obbligo noi, nuova generazione, storciamo sempre il naso.
Alessio Lo Passo
Umberto Acerbi


Coronavirus, morto impiegato italiano del Parlamento Ue. Aveva 40 anni

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Un impiegato del Parlamento europeo, 40 anni, è morto dopo aver contratto il coronavirus: è la prima persona a essere uccisa dalla pandemia all'interno delle istituzioni europee.
"Il Parlamento europeo si rammarica di confermare una morte" tra il suo "personale esterno", "dovuto, secondo le informazioni attuali, al coronavirus", ha annunciato un portavoce dell'istituzione. Secondo una fonte parlamentare, è un italiano che ha lavorato nel dipartimento IT.
Numerosi membri della Commissione, del Consiglio e del Parlamento, sono stati infettati, tra questi anche il capo negoziatore della Brexit dell'UE, Michel Barnier.

CORONAVIRUS, CARLO SANTUCCI: DA MEDICO PRECARIO SALVÒ DONNA SU TRENO, OGGI COMBATTE PER PAZIENTI IN VENETO

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PARLA CARLO SANTUCCI: QUI COSE FUNZIONANO, MA ITALIA HA MESSO SALUTE A ULTIMO POSTO
Roma - Il Veneto era nel suo destino. Finito alla ribalta la scorsa estate dopo essere stato protagonista, quando ancora era 'precario', di un salvataggio di una donna colpita da arresto cardiaco su un treno, mentre era in vacanza a Cortina d'Ampezzo, oggi e' tra i tanti camici bianchi che con coraggio e dedizione stanno fronteggiando in prima linea l'emergenza Coronavirus a Vo'. L'agenzia Dire ha raggiunto al telefono Carlo Santucci, il medico romano di 35 anni che ormai lavora con un contratto in Pronto soccorso, dopo aver partecipato ad un bando ma soprattutto dopo aver accettato l'invito del governatore Luca Zaia di andare a far parte della squadra dei camici bianchi veneti. Nel frattempo Santucci, per "l'altruismo e l'impegno profuso nel delicato intervento di primo soccorso nell'agosto 2019", lo scorso dicembre e' stato persino insignito dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, dell'onorificienza di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. "Come va? È da agosto che non tiro il fiato, sono sempre nell'onda del ciclone, non mi sono fermato mai", risponde Santucci. Che poi scherza: "Sono sempre dove succede qualcosa. Comincio a quasi a sentirmi un eletto...". Poi pero' si fa subito serio e racconta delle sue giornate "frenetiche" in Pronto soccorso, dove dall'inizio dell'emergenza e' stata messa in piedi "una nuova organizzazione" e i piani "sono stati scompaginati, anche se a differenza di quello che sento nelle altre regioni, noi in Veneto abbiamo tenuto bene". Per Santucci la sanita' veneta e'"molto forte e organizzata, con dei filtri sul territorio e dei buoni linfonodi che permettono una tracciabilita' dei pazienti molto prima che arrivino in ospedale". Seppure nella difficolta' del momento, il giovane medico romano dice di aver trovato in Veneto una realta' in cui "non soltanto tutto funziona perfettamente, ma si riesce a riconoscere dignita' ad ogni singolo paziente. E questa per me e' una cosa molto importante- sottolinea Santucci- non c'e' una catena di montaggio, ma un'elettivita' nella sensibilita' e nell'emotivita' del riconoscimento al paziente. Questo mi ha veramente stupito, cioe' fare grandi numeri, fare grande qualita', ma comunque riconoscere sempre l'identita' del paziente, che non e' un numero ma una persona, anche in una situazione difficile come quella del Coronavirus". Un argomento molto dibattuto in questi giorni, intanto, e' quello dell'assunzione dei giovani medici. "Il Veneto anche in questo e' assolutamente antesignano- risponde Santucci alla Dire- io faccio parte di quel famoso bando indetto a ferragosto da Zaia per 500 medici, per cui il governatore e' stato fortemente criticato e anche citato in Tribunale. In realta' tutto questo gli sta dando ragione, perche' c'e' un grande bisogno da parte delle Regioni di cominciare a fare formazione. Quelli che non vengono formati sono troppi, 10mila medici l'anno. Adesso vogliamo anestesisti che entrano subito in sala di rianimazione per risolvere i problemi- sottolinea- ma non funziona cosi'". Per Carlo Santucci e' mancata una progettualita' delle istituzioni, in questo senso, e "non si puo' pensare che un neolaureato guidi una Ferrari- prosegue- perche' una Ferrari la deve guidare un pilota che conosce perfettamente ogni curva. Un neolaureato, invece, e' utile come uno che regge i muri in una terapia intensiva, anzi a volte e' d'intralcio". Per cui quella che e' stata definita in questo momento di emergenza come "la chiamata alle armi dello Stato", per il medico romano ora in servizio a Vo' e' solo tanto "l'ennesima boutade di una classe politica che non si e' mai sporcata le mani con noi e che non ci conosce perche' ci lascia fuori da ogni formazione. Abbiamo messo la salute all'ultimo posto e solo ora abbiamo capito che senza la salute non c'e' niente. La salute e' il bene primario- incalza Santucci - Ora non c'e' la salute in Italia e si blocca tutto. Noi dobbiamo tornare ad un nuovo 'umanesimo della salute'. Noi medici vogliamo fare solo il nostro lavoro. Ma come e' possibile con tutti i tagli che sono stati fatti dallo Stato sulla sanita'?". Ma cambiera' qualcosa dopo che l'emergenza sara' finita? I politici e i cittadini si ricorderanno dell'importanza che ha la classe medica nel nostro Paese? "Deve cambiare, non e' una scelta- risponde Santucci- Il cambiamento ci sara' e ci sara' comunque. Sta a noi come affrontarlo. Non vogliamo essere definiti come gli 'angeli in missione', non vogliamo la retorica, noi vogliamo soltanto fare i medici e farlo nelle migliori condizioni possibili per i nostri pazienti". Quanto all'attuale situazione epidemiologica in Veneto, il medico romano trapiantato al nord commenta: "Siamo ancora con la guardia alta, non bisogna mollare assolutamente di un centimetro, ma attenersi alle indicazioni di Zaia, che ha parlato chiaro: potremo avere dei risultati soltanto se abbiamo una progettualita' a medio termine". Per Santucci sara' quindi ancora un periodo in trincea, ma "se iniziano ad arrivare dei risultati positivi, come ci aspettiamo a seguito di queste misure cautelative, penso che si iniziera' a lavorare anche con uno spirito diverso". Un'ultima domanda: hai paura Carlo? "Non ho paura- risponde alla Dire- anzi ho un'energia, una carica, una voglia di fare, di aiutare e di mettermi al servizio degli altri che e' fortissima. Ho studiato una vita per questi momenti, per rendermi utile dove c'e' una difficolta'. L'amore per questa professione supera qualunque timore. Ed io vivo di energie positive che mi trasmettono i miei pazienti. Voglio essere utile. Questo e' il motivo per cui ho scelto di fare il medico, altrimenti avrei fatto altro", conclude.

Tiziana Alesci e la poesia "Paura" per il contest "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"

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Tiziana Alesci, di Licata, ci ha inviato la poesia nell'ambito del contest "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus" organizzato da Kaos Festival, in collaborazione con Fattitaliani.it, l'Accademia BB. AA. “Michelangelo” di AG, Casa editrice Medinova e la Fondazione Teatro “L. Pirandello” di Agrigento. Tutti siamo invitati a raccontare questi giorni tramite versi, immagini, parole, mandando fino al 3 aprile il nostro contributo a premiokaos@gmail.com o tramite whatApp al numero +393284234076.
Ecco "Paura", il testo di Tiziana Alesci

Paura
Forse la parola più adatta
Di certo il sentimento più giusto!
Paura dell'ignoto
Paura delle distanze
Paura delle mancanze
Mancanze di abbracci
Mancanze di uomini, di donne
di figli e di madri
di fratelli,
di amici lontani ma vicini.
Con la mente, con il cuore
Con il ricordo di momenti felici.
Di fatica, di lotta, di lavoro, ma soprattutto di passione.
Passione per sé, per l'altro... per la vita.
Vita struggente
Vita nemica
Vita Complice
Vita dal profumo inebriante
Vita che ascolti i sussurri, le voci, le grida....
Vita che non hai mai tempo...
Quel tempo che ora sembra troppo
Quel tempo che ora non passa mai
Quel tempo che ti riporta indietro e ora ti conduce all'ignoto
L'ignoto di un presente che non sa se arriverà un futuro
Immaginalo questo futuro!
Caro compagno che da lontano
mi sei stato vicino.
Mi hai fatto sognare, volare sorridere
Non mi hai ingannata perché quel futuro arriverà .
Perché quel futuro
io noi
Lo vogliamo!
Tiziana Alesci

Dinastie, su Raidue documentari BBC Earth su 5 animali celebri e in via di estinzione

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Da oggi 24 marzo su Rai2 va in onda Dinastie, serie di documentari prodotti da BBC Earth.
Tutti i giorni, alle 15.30 dal lunedì al venerdì, fino al 30 marzo, le storie vere di cinque degli animali più celebri e in via di estinzione del mondo: pinguini, scimpanzé, leoni, licaoni e tigri. Ognuno in una lotta eroica contro i rivali e contro le forze della natura: famiglie che combattono per la propria sopravvivenza e per il futuro delle loro dinastie.

Nella prima puntata, in onda domani, le tigri: una cacciatrice esperta, la tigre Raj Bhera farà di tutto per mantenere in vita i suoi cuccioli. Vive a Bandhavgarh Tiger Reserve in India ed è una madre devota di quattro cuccioli, ma ha una relazione travagliata con una figlia maggiore Solo. Solo è un rivale pericoloso e sta cercando di invadere il territorio di Raj Bhera. Raj Bhera deve trascorrere il suo tempo in modo precario in equilibrio tra la caccia e i suoi cuccioli.

Voglio solo che ridi, pubblicato il nuovo singolo di Francesco Marzio

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Le persone che amiamo profondamente e che, a loro volta, ci amano non possono non cercarsi l’un l’altro ogni qualvolta si sente il bisogno di un abbraccio, di una carezza, di una parola di conforto. Questo è quello che ci lega costantemente a chi amiamo, e mai come ora che non possiamo farlo, ce ne rendiamo conto.
L'essenza di "Voglio solo che ridi" (Beat Factory/Believe), titolo del nuovo singolo di Francesco Marzio, è tutta racchiusa in questo concetto.

Scritto insieme a Luca Sala e al Produttore Filadelfo Castro, il brano ha il potere di trasportarti in un mondo parallelo, ideale, romantico e romanzato, con una composizione che fa emozionare e trasporta l’ascoltatore in una sorta di bolla emotiva, fatta di leggerezza, di legami autentici, di emozioni primordiali.
Nel brano, il cantautore riesce nell’intento di farci visualizzare queste emozioni che si ancorano a valori dal profumo nobile e antico, come le radici di una quercia secolare si ancorano alla terra; e il fil rouge della vita e della musica dell’artista è proprio la sua terra di origine, Ostuni, un piccolo comune in provincia di Brindisi in cui è nato e cresciuto e al quale è visceralmente attaccato, dove ha costruito la sua dimora, lontano dal caos, dalle grandi metropoli e che, a maggior ragione, rappresenta per lui, la casa, la famiglia, il rifugio, il ritrovo, la pace dei sensi, l’amore.

Perché ciò che conta davvero si trova a un passo da noi, tra le braccia dell’amore che, presi dai folli ritmi del quotidiano odierno, abbiamo allontanato senza neanche rendercene conto. Le famiglie si disgregano con una facilità disarmante, gli amori si riciclano, si consumano come si consumano i prodotti e diventano usa e getta, le anime ormai sono perse tra i semafori e il cemento e i figli ancora in fasce, messi davanti a uno smartphone che lì rende assenti e soli, ancor prima di sviluppare un senso estetico e propenso alla bellezza.
Francesco Marzio non può piegarsi a tutto questo, e proprio ora che il mondo ha dovuto inevitabilmente rallentare la sua corsalancia il suo messaggio di speranza; lui che è cresciuto in una famiglia paternale in cui l’obiettivo della giornata non era andare a lavorare per arricchirsi ma per sedersi a tavola tutti insieme la sera, senza tv, senza smartphone, senza distrazioni, solo per il piacere di condividere momenti preziosissimi di tempo, quel tempo che non ci restituisce nessuno e che caratterizza l’amore eterno.
Il videoclip del singolo, per la regia dello stesso Marzio e di Jacopo Andreoli, è cucito addosso all’artista come un abito su misura. Girato proprio ad Ostuni, la sua terra, accompagna con immagini semplici il brano: i tasti di una macchina da scrivere si mischiano a quelli di un pianoforte, una barchetta in riva al mare, pennelli su una tela che si tramutano in un volto di donna. Una favola moderna, oggi rara, rarissima che si sposa con gli intensi valori dell’artista e che, trasmigrata in queste immagini genuine, ci fa emozionare, viaggiare, cullare.  


VIDEOCLIP UFFICIALE

Dolci di Pasqua con Sal De Riso e Andrea Tortora su Sky Uno e NOW TV il 9 e il 10 aprile

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Sal De Riso e Andrea Tortora, tra i più autorevoli maestri pasticceri d'Italia, sono i protagonisti di due speciali inediti sulla Pasqua, in onda su Sky Uno e NOW TV il 9 e il 10 aprile, alle ore 19.50, e in replica su TV8 il 12 e 13 aprile, alle ore 12.00. I due episodi di Dolci di Pasqua raccontano un viaggio goloso alla scoperta dei dolci tipici pasquali italiani e delle interpretazioni creative e innovative dei due pasticceri.


Da una parte il rigore nordico di Andrea Tortora, dall'altra la passione mediterranea di Sal De Riso, i due ‘gemelli diversi’ del dolce, entrambi nell'Olimpo della pasticceria internazionale, si raccontano attraverso ricette, esperienze in Italia e all'estero e aneddoti, guidando il pubblico alla ricerca di nuovi profumi e sapori.
Interpreti di filosofie diverse, Sal De Riso si dedica ad abbinamenti esplosivi e alla fusione di ingredienti diversi con preferenza per le eccellenze del territorio campano, mentre Andrea Tortora, procede per sottrazione, nel rispetto della tradizione italiana, per puntare all’essenza più pura del gusto. 

I due episodi di Dolci di Pasqua saranno in onda il 9 e il 10 aprile alle ore 19.50 su Sky Uno (canale 108, digitale terrestre canale 455), sempre disponibile on demand, visibile su Sky Go, su smartphone, tablet e PC, anche in viaggio nei Paesi dell'Unione Europea, e in streaming su NOW TV, e poi in replica su TV8 il 12 e 13 aprile, alle ore 12.00.

Nell'episodio con Sal De Riso, il noto pasticcere guiderà il pubblico alla scoperta della Pastiera, il dolce napoletano pasquale per eccellenza, che Sal De Riso reinterpreta in varianti personali come il “Soffiato di Pastiera”.
La pasticceria di Sal De Riso è ricca e profumata come la sua terra, la Costiera Amalfitana, i cui prodotti sono alla base di quasi tutte le sue creazioni, a partire dal limone di Amalfi, la ricotta di Tramonti, le nocciole di Giffoni. Anche De Riso racconterà le sue ricette per le uova di cioccolato e le golosissime colombe di Pasqua, dalle farciture più sfiziose e glassature colorate.
Legatissimo al territorio ma sempre in viaggio per motivi di lavoro, Sal De Riso farà visita al collega Andrea Tortora, a cui è legato da un rapporto di amicizia oltre che di stima professionale.

Nell’episodio con Andrea Tortora, il pubblico è invitato ad entrare nel laboratorio dell’enfant prodige della pasticceria italiana. Andrea Tortora racconta di come il suo percorso di pastry chef stellato l'abbia condotto in giro per il mondo in prestigiose cucine. Il pubblico potrà seguire la preparazione della sua interpretazione della colomba pasquale, dal nome autoironico “Uovo di Tortora”, e quella dell’uovo di cioccolato, anch'esso originale e innovativo negli ingredienti e nelle decorazioni.
Gli spettatori potranno seguire il pasticcere in uno dei suoi viaggi alla ricerca di nuovi sapori e fonti di ispirazione, questa volta in Costiera Amalfitana, dove approderà nel laboratorio di Sal De Riso, a cui Tortora è legato da rapporto di stima e di amicizia. Qui i due maestri pasticceri, diversi per età, stile, immagine, linguaggio e carattere, si divertiranno a realizzare un dolce pasquale che gioca e si confronta con la tradizione in modo originale.

Prodotti da Level 33, gli speciali Dolci di Pasqua con Sal De Riso e Andrea Tortora, vedono il coinvolgimento di: Bravo Spa, che  produce macchine per gelateria, pasticceria e cioccolato; Cesarin Spa, azienda leader nella produzione di materie prime per la pasticceria, Hausbrandt Trieste 1892 S.p.A., che da oltre un secolo è sinonimo di caffè nel mondo ed esporta il gusto e la tradizione italiana in oltre 90 Paesi, Limone Costa D'Amalfi, Molino Colombo, la cui mission è coniugare i più alti valori dell’antica arte molitoria con l'innovazione di prodotto, Molino Pasini, azienda molitoria specializzata da ormai quattro generazioni nella produzione di farine artigianali di grano tenero di alta qualità, per professionisti esigenti che cercano la perfezione, Polin Spa dal 1929 leader nel mondo dell'Arte Bianca e realtà industriale italiana nella realizzazione di forni e di macchine per pane, pasticceria, biscotti pizza, e Salvia & Limoneliquore premium ispirato alla tradizione, prodotto da Compagnia dei Caraibi, perfetto per il fine pasto ed in abbinamento ai dolci.

Videolettera a Nonno Peppe da Enza e Giuseppe di Siculiana per "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"

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Un video commovente, una dedica e una videolettera indirizzata al nonno: è il contributo che pubblichiamo oggi per il contest "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"ideato da Kaos Festival e realizzato in collaborazione con Fattitaliani.it, l'Accademia BB. AA. “Michelangelo” di AG, Casa editrice Medinova e la Fondazione Teatro “L. Pirandello” di Agrigento.
Gli autori sono Giuseppe Saieva ed Enza Zambito (è sua la voce): in un'ideale corrispondenza con il nonno, gli parla dell'attuale situazione che anche nel paese Siculiana si sta vivendo per l'isolamento causato dal Coronavirus. Ecco il video.

Tutti siamo invitati a raccontare questi giorni tramite versi, immagini, parole, mandando fino al 3 aprile il nostro contributo a premiokaos@gmail.com o tramite whatApp al numero +393284234076.

Gabriella Waite scrive al nonno e al fratello: le lettere per "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"

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Direttamente sulla pagina di Fattitaliani.itè arrivato un altro contributo per il contest "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus": si tratta di due lettere che una bambina che abita a Bruxelles ha scritto rispettivamente al nonno e al fratello maggiore. 

Di seguito ecco le due lettere in inglese, cui segue la traduzione in italiano.

Lettera di Gabriella Waite al nonno:
Caro Nonno,
il Coronavirus potrebbe diffondersi in tutto il mondo! Quindi, voglio che tu stia tranquillo e sano fino a che il Coronavirus sarà finito!
Ma non preoccuparti: io so che tu starai bene.
Tutti stanno lavorando veramente tanto per fermare il virus, in modo che molti bambini (zii, zie, cugini ecc.) non muoiano.
Ti mando questa lettera solo per renderti felice.
Questo è tutto quello che posso dirti.
La lettera è firmata da Gabriella e dagli altri componenti della famiglia.


Lettera al fratello:
Caro Carlo (fratellone mio), Pistoia.
Spero che tu stia bene. Mi rattrista che stia accadendo tutto questo. Il Coronavirus si sta diffondendo in tutto il mondo! E spero che tu stia tranquillo e in salute! Quando tutto questo sarà finito, verrò a trovarti. La gente lì, sta male?
Tu e la tua famiglia state bene? Per piacere, mandami una lettera per farmi sapere.
Ti auguro tutto il meglio. La tua sorellona Gabby.

Mandate i vostri contributi a premiokaos@gmail.com o con whatsapp al numero +393284234076.
L'iniziativa ideata da Kaos Festival, è realizzata in collaborazione con Fattitaliani.it, l'Accademia BB. AA. “Michelangelo” di AG, Casa editrice Medinova e la Fondazione Teatro “L. Pirandello” di Agrigento.

Coronavirus, la pittrice Ester Campese: amo sognare, non posso farne a meno. L'intervista

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La pittrice Campey rivela come l’arte in questo periodo storico molto delicato per il nostro Paese le stia dando un’enorme sollievo. Campey, pseudonimo di Ester Campese, ci aiuta a comprendere che non possiamo permettere alla paura e all’isolamento di annientare i nostri sogni, e ci invita ad andare avanti coltivando le nostre passioni.

Ester in questo periodo avresti dovuto partecipare alla mostra a Roma di Via Margutta che poi era anche occasione per la selezione dei critici d’arte coinvolti nell’iniziativa, per accedere alla Triennale Cult of Art di Roma a cui fra l'altro già sei stata partecipe la scorsa edizione. Tutto questo ora è sospeso per via del coronavirus.
Siamo un Paese noto non solo per essere degli artisti, ma come stiamo dimostrando in questo periodo siamo un popolo anche molto solidale. Non dobbiamo dimenticare in questo momento le tematiche sociali, ed io lo faccio attraverso la mia pittura. E non solo, anche perché fondamentalmente da sempre affronto diverse tematiche dell’arte. Sono una sognatrice, un’idealista. Ho un rapporto molto intimo con i sogni e quando torno alla realtà, talvolta, mi sveglio un po’ bruscamente. Ma non demordo. Continuo a sognare. Amo farlo e guai se non avessi i sogni. Non posso prescindere da questa mia caratteristica. So che l’Italia può farcela.
Quando nasce la tua passione per l’arte?
Sono nata già a contatto con la pittura perché eredito questa passione da mio padre, ma è stato dopo un viaggio in Brasile che ho affinato il mio estro. In quell’occasione ho affiancato un maestro brasiliano che veicolava i suoi messaggi attraverso colori ed è stato proprio in quei momenti che ho capito di poter dialogare con gli altri utilizzando un altro piano. Ho dipinto inizialmente per esprimere le mie emozioni, ma capivo che chi vedeva i mie quadri comprendeva esattamente ciò che volevo dire anche attraverso delle semplici macchie di colore, poi man mano ho iniziato a dare una forma ben più precisa alla mia arte passando da una tecnica polimaterica (così sono stata definita nella mia prima critica) a una versione più formale.
Hai partecipato ad eventi, manifestazioni, concorsi, che ti hanno permesso di ricevere Premi e riconoscimenti a livello internazionale. Qual è l’ultimo ricevuto in ordine di tempo? 
Ho ricevuto il Premio Internazionale Città di New York dopo essere stata valutata da una giuria artistica abbastanza severa. Questo Premio si aggiunge a diversi altri Premi che mi confermano tutta la stima che gli addetti ai lavori nutrono nei miei riguardi, e ogni riconoscimento diventa per me un pretesto, uno stimolo a proseguire lungo questo percorso.
Qual è il tuo pensiero sull’essere donna oggi considerato che sei stata definita “la pittrice delle donne”? 
Amo le “donne femminili”, meno quelle donne che hanno perso questo tratto. Per me una donna intelligente, preparata, ha una sensibilità maggiore nel sapersi districare nella varie situazioni. Ho esplorato molto nei miei dipinti il soggetto femminile perché è un qualcosa che apprezzo e mi piace coglierne ogni aspetto. Vittorio Sgarbi, Paolo Levi, Lorenzo Canova, Elena Gollini hanno rilasciato delle significative critiche alla tua pittura durante il tuo percorso professionale.
Cosa si prova a catturare l’attenzione degli Esperti del settore? 
È come quando andavo a scuola. Da una parte la tensione dell’esame a cui si è sottoposti, dall’altra una soddisfazione estrema. Le persone menzionate mi conoscono anche come Ester e non solo come Campey, la pittrice. Di conseguenza apprezzano di me anche la mia personalità. Ad esempio Sgarbi nella sua critica disse che io esprimo nelle tele la mia gioia di vivere, per cui è un tratto caratteriale che ha riconosciuto in me.
Ritieni di essere soddisfatta degli obiettivi raggiunti?
Mi sento una donna abbastanza realizzata perché ho avuto la fortuna di raggiungere le mete che mi ero prefissata, ed ho avuto la tenacia per perseguire ogni mio obiettivo. Ma questo non inibisce al mia curiosità, e per tale ragione mantengo sempre il desiderio di scoprire il mondo con entusiasmo.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? 
Sto preparando una personale che volevo fare anche come breve retrospettiva considerati i venti anni di professionismo. So esattamente dove sono tutti i miei quadri, tranne uno che non so esattamente dove sta. L’ho donato in beneficenza per il Bambin Gesù, ma purtroppo ho perso i contatti con la signora alla quale l’ho consegnato e con la quale mi ero premurata di tenerlo con cura considerato che si tratta di un quadro inserito all’interno di un catalogo Mondadori, ed era stato esposto a Miami che è una piazza veramente importante per la pittura.

L'amore è... il racconto di Mario Narducci per "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"

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Pubblichiamo il racconto del giornalista Mario Narducci nell'ambito dell'iniziativa "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus".

RACCONTI IN QUARANTENA - L’AMORE È…
L'amore che aveva conosciuto fino a quel momento, era stato soltanto quello dei cioccolatini. Ne comperava a confezioni intere, di tutte le misure e di ogni foggia. A scatole rettangolari, a forma di cuore con il coperchio imbottito, a cilindro, chiusi dentro automobiline con le ruote fisse, custoditi in cestini di paglia poco più grandi di un ditale, tenuti da bambole di pezza. Ne acquistava per gola. Come dovesse saziare una fame di settimane e di mesi. E una volta giunto a casa, aperta la confezione, incominciava a scartarli con ritmo superiore al tempo che occorreva per mandarli giù.

La sua stanza emanava un forte odore di cioccolato. E questo odore se lo portava dietro anche quando usciva, così penetrante che la gente nella quale s'imbatteva lo scambiava per "burro cacao" quello che ci si dà sulle labbra screpolate per idratarle un po'. La frenesia che lo prendeva scartando i cioccolatini, in realtà coincideva con l'impazienza di leggere gli aforismi e le massime stampate sul fogliettino trasparente come carta oleata. "C'è tutta una vita in un'ora d'amore". Oppure: "L'amore porta tanta felicità, molto più di quanto struggersi per qualcuno porti dolore".

Lui la vita doveva ancora incominciarla, perché la felicità non sapeva cosa fosse, così come non aveva mai assaporato il dolore. Leggeva e gettava nel cestino. Gli aforismi soltanto, che gli restavano fissi nella mente. Degli autori non gli importava nulla. Ricordarne i nomi era per lui un di più. Anzi, ignorarli, era come illudersi che l'autore fosse lui stesso.

E intanto continuava a scartare. "L'unico vero amore è l'amore a prima vista; la seconda occhiata non è che una svista". E poi c'era il verso di Carducci del quale non avrebbe mai potuto appropriarsi: "Il vero immortale è l'amor". Ma lui ignorava ancora tutto dell'amore, sia la prima che la seconda occhiata, e soprattutto non conosceva nulla della sua eternità.
A volte, nel segreto della propria stanza, si chiedeva che cosa mai ci stesse a fare al mondo se l'amore ancora non gli aveva aperto la porta.

Lui pensava all'amore come al castello delle favole: era lì, sull'altura, ma il ponte levatoio era inesorabilmente alzato. Ogni tanto si abbassava per far passare qualcuno, ma quando lui se ne avvedeva e faceva per raggiungerlo, era sempre tardi e se lo vedeva riabbassare di colpo, come una beffa. Addirittura a volte gli era sembrato pure che qualcuno, dietro gli alberi che circondavano il maniero, lo deridesse. Ma poi, guardandosi bene intorno, non trovava anima viva e rientrando in sé si avvedeva che il beffardo era lui stesso.

Guardandosi meglio allo specchio, un giorno, si accorse d'essere ingrassato enormemente. “Tutti questi cioccolatini!” esclamò. “Bisogna che me ne privi”, continuò allarmato anche per l'affanno che l'opprimeva nel fare le poche scale che dal piano terra lo portavano alla sua cameretta. Ma le buone intenzioni naufragavano, come un gommone infilzato da un pesce spada, una volta raggiunta la sua stanza, in cui la bella pila di confezioni di cioccolatini era lì, invitante come mai. Allora apriva e incominciava a scartare.

E la nocciolina che stava sulla punta del cioccolatino gli faceva quasi l'occhiolino come una bella donna. Lui se la metteva in bocca, se la strofinava intorno al palato, se la portava tra i molari per ridurla in frammenti e solo allora, mandandola giù, godeva come tutti i golosi: godeva di quell'amore ineguagliabile e consolatorio che solo a pochi è dato provare, fino a farne una malattia, come quella descritta su un foglietto avuto tra mano: "L'amore è come le malattie contagiose: più le si temono e più vi si è soggetti".

Era dunque malato? Si chiese una sera prima di addormentarsi. Ma non fece in tempo a darsi una risposta perché il sonno lo colse improvviso. Al bar, la mattina, per la colazione, vide un volto nuovo e due occhi che lo fissavano con interesse nonostante il lardume che gli si era accumulato addosso. Uscì che quegli occhi gli rimasero in petto tra sentimenti di angoscia e di letizia. A casa non toccò nemmeno un cioccolatino. Sfogliava quegli occhi come si attende ad una rivelazione. Seppe, il giorno successivo, che la ragazza stava nella casa all’angolo di un quartiere cittadino, entro le mura, a fianco alla chiesetta gotica nella quale l’ultima volta che era entrato fu per la prima comunione.

Era anche il suo quartiere e gli fu più agevole incominciare gli appostamenti. “La fermo, mi presento e le dico che l’amo!” S’era detto in un fiato come se la ragazza gli stesse davanti. E invece non ne fu capace. Lei passava al mattino per recarsi al bar, e la sera per tornare a casa. Lui stava appostato all’angolo, ma ogni volta era come se restasse paralizzato. L’attesa, l’angoscia, l’amore incominciarono a roderlo dentro e a dimagrirlo fuori.

“Se continua così finisce che ne muoio”, si disse un giorno che aveva perduto ogni illusione.
Dall’angolo della Chiesa in cui stava appostato, si vedeva il sole declinare sulla collina arroventata. “Nulla da fare”, stava ripetendosi sconsolato, quando una mano, leggera, gli si posò sulla spalla facendolo voltare di scatto. “So tutto”, disse lei che gli stava accanto. “Eccomi, sono qui”. E aggiunse suadente: “non è l’amore che fa soffrire, ma la sua assenza”. Lui trasalì in un brivido. Aveva letto quella frase sul foglietto di un cioccolatino. Ma adesso era tutta un’altra cosa.
 
  
Mario Narducci è nato nel 1938 all'Aquila. Giornalista professionista, ha lavorato per Il Resto del Carlino, La Gazzetta del Popolo, Avvenire e Il Popolo, seguendo per quest'ultimo, come vaticanista, i viaggi apostolici di Paolo VI nell'ultimo scorcio del pontificato e, per dieci anni, quelli di Giovanni Paolo II, poi raccontati nel volume, esaurito, Le ragioni dell'anima (Calderini, Bologna, 1989). Ha fondato e dirige Novanta9, periodico di lettere, arti e presenza culturale. E' presidente dell'Istituto di Abruzzesistica e Dialettologia e promotore del Premio L'Aquila intitolato ad Angelo Narducci, direttore storico del quotidiano Avvenire. E' componente di numerosi Premi letterari. Ha pubblicato tra l'altro i seguenti testi di poesia: La Ragazza di un mese (Ceti, Teramo), Se insiste la speranza (Cannarsa, Lanciano), Il deserto e i giorni (IAED, L'Aquila) con un contributo critico di Alda Merini, Le offese stagioni (Confronto, Fondi), Tempo di Passione (IAED, L'Aquila).  

Le Fasi presentano "Edèra": tutto l'album rispecchia le nostre vite. L'intervista di Fattitaliani

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Anticipato dal singolo “Via Roma” (video), è uscito in cd e in digitale, il 20 marzo 2020, il nuovo ed atteso album “Edèra” della band partenopea Le FasiGenny Arienzo (Voce e piano), Ernesto Borruto (chitarra e cori), Enzo Servo (batteria) e Antonello Amoroso (basso). La produzione artistica è di Michele Guberti di Massaga Produzioni, distribuito da Alka Record Label.

Durante la composizione di "Edèra", la band ha sperimentato generi e parole nuove, spesso accompagnati da un disagio tipico di chi sta cambiando pelle. Il nome nasce dalla tenacia che, proprio come la pianta rampicante, cresce su muri, rocce, nei boschi senza curarsi di "dove" ma di "come" e soprattutto restando sempre verde. Fattitaliani li ha intervistati.
Quanta emozione, quanti timori hanno accompagnato l'uscita del disco?
Non è quantificabile l'emozione con la quale attendevamo questo momento. Come ogni cosa nuova, il timore era quello di spiazzare i nostri fan visto che Edèra ci forgia di una nuova veste, insolita, che ha un occhio rivolto verso il nostro passato musicale e l'altro proiettato verso il futuro.
Quanto racconta di voi come persone e come musicisti?
Come ogni nostra canzone, tutto l'album rispecchia le nostre vite che non possono essere scisse in quanto accomunate da emozioni e sensazioni che sono il nostro riflesso fatto di tanti frammenti che convergono in un'unica parola, famiglia, perché noi ci definiamo tali, sia a livello umano che musicale!
Quale Napoli racconta?
Racconta la nostra vera magica e, allo stesso tempo, “maledetta" Napoli. Fuori da ogni cliché, anzi ci serviamo dei cliché per trarne fuori ciò che realmente è vero! Esempio su tutti, la maschera di Pulcinella, emblema del nostro territorio nel mondo, diventa “l'altra faccia della medaglia"; resta il suo sorriso ironico-sarcastico ma rispecchia, con tagliente lucidità, l'aspetto più amaro di Napoli!
Perché l'accento su "Edèra"è spostato di una sillaba?
Volevamo sottolineare l'anfibologia che deriva da tale gioco semantico. L'edera è una pianta sempreverde che ricopre ogni cosa e noi vorremmo che la nostra musica possa ricoprire il cuore di ogni persona che ci ascolta, ancora di più adesso che stiamo vivendo un periodo così difficile. E l'accento divide la stessa parola in Ed era, per sottolineare, appunto, una sorta di continuità con la nostra produzione precedente che ha lasciato spazio ad una sonorità più matura e consapevole della nostra impronta partenopea.
Avete dei riferimenti musicali precisi che è possibile ritrovare in un certo qual modo nell'album?
Ognuno di noi è cresciuto con dei “mostri sacri della musica" ai quali ispirarci e nell'album ci sono i nostri gusti ed emerge quella che è stata la nostra formazione musicale.
Che cosa vi augurate che arrivi agli ascoltatori attraverso "Edèra"?
Ci auguriamo che possano ritrovare la loro vita, perché la musica serve proprio a questo, ad identificarsi con degli spazi che sono propri ma che ognuno interiorizza a modo suo. Raccontiamo la nostra realtà e chiunque può scovare la sua verità nei nostri testi. In una frase può vederci tante cose, penso, ad esempio, ad una strofa di Centro Commerciale:“buste della spesa cadute a terra, precarie"… Ognuno di noi può cogliere la valenza simbolica di quell'oggetto banale, di uso quotidiano che racchiude la stessa precarietà dei giovani d'oggi! Giovanni Zambito.

Tracklist: 01 Camelia, 02 Via Roma, 03 Dint e man, 04 Ibrido, 05 Nient a' perdere, 06 Solo, 07 Centro commerciale, 08 O stupure du munno, 09 Connola senza mamma.
Le Fasi sono un gruppo pop rock formatosi nel giugno 2012 a Napoli. Nella primavera del 2013 pubblicano il singolo d'esordio "Ricordi Di Un'Estate", che apre le porte del circuito alternativo campano portando alla pubblicazione dell'EP "LE FASI 1.0".
Dal 2013 al 2016 partecipano a numerosi festival nazionali tra cui Meeting del Mare, PummarockFest,  vincitori del Festival di Napoli con il brano "O Stupure do Munno" e finalisti all'Hit Week Music Contest.
Nell'autunno 2015, grazie alla partecipazione al programma televisivo Amici di Maria De Filippi, conoscono Fabrizio Moro. L'artista permette al gruppo di aprire i suoi concerti. 
Nel Dicembre 2016 pubblicano l'album “Lucida Follia”, 9 inediti che anticipano 2 tour nazionali e svariati opening act  di concerti, tra cui i Rio,  Clementino, Foja, Almamegretta ed Arisa (in collaborazione con Radio Marte, presentata dai The Jackal).
Il 18 gennaio 2019 esce “Ultima pagina”, bonus track dell’album “Lucida follia” che chiude l’omonimo ciclo per affacciarsi ad una sperimentazione di generi e parole totalmente differente.

Produzione artistica: Michele Guberti per Massaga Produzioni
Registrato e mixato: da Federico Viola e Michele Guberti presso Animal House Studio di Ferrara 
Distribuzione: Alka Record Label
Promozione/ufficio stampa: Alka Record Label e Rossella Vetrano
Edizioni a cura di Materiali Musicali


Coronavirus e sport: come allenarsi a casa e ritrovare la forma con i consigli di Daniele Tarozzi

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Con le ultime disposizioni del governo per arginare la propagazione del virus, molte Regioni hanno vietato anche l’attività fisica all’aperto. Niente panico. Se l’obiettivo è tornare in forma, bisogna ottimizzare questo difficile momento e portare la palestra tra le mura domestiche.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) raccomanda 30 minuti di esercizio fisico al giorno per gli adulti e un’ora per i bambini. Allora allenati a casa con Daniele Tarozzi, Lifestyle e Trainer Coach, ideatore del programma Be perfect Lifestyle, dedicato alle donne, specie a quelle in pre menopausa e menopausa.

Trasforma il momento in un’opportunità
Sfrutta questo periodo per fare qualcosa per te stessa e trasformalo da fonte di ansie e di paure in un’opportunità. Inizia col chiederti: “Come vorrò essere quando sarà terminata l’emergenza?” Sia da un punto di vista fisico che mentale. Stabilito questo, devi far leva sulla tua parte emotiva, attingendo alle tue migliori risorse. Allontana la paura, un’emozione depotenziante, che ti mette in una condizione di sfiducia, mancanza di speranza, preoccupazione. Il modo migliore per ridurre il rischio del contagio è migliorare la forma fisica e di conseguenza le difese immunitarie. Non ultimo, in questo modo riuscirai anche a dormire meglio.
Coltiva emozioni potenzianti
Hai bisogno di sapere che puoi farcela. Coltiva fiducia, gratitudine ed emozioni potenzianti. Se ti lasci travolgere dall’ansia del momento perderai il focus. Perciò impara ad utilizzare bene i media, magari scegliendo di guardare le news solo una volta al giorno. Non ti serve il bollettino medico in tempo reale. Non è colpa delle allnews né dei social: ognuno fa il suo lavoro. Il punto sei tu se ti lasci agganciare. Inoltre, evita di usare questo periodo per mangiare male, adottando con il cibo un rapporto compensativo. La buona notizia è che puoi lavorare su te stessa. Occorre focalizzazione, disciplina, tenacia. Inizia ad allenarti, anche solo 20 minuti al giorno, produrrai endorfine, gli ormoni del benessere, e sprigionerai una serie di emozioni positive che sono proprie di una corretta attività fisica, senza eccessi ma ben mirata.
Entra nella community delle Guerriere
Be Perfect Lifestyle è molto più di un portentoso piano di allenamento, è un programma strutturato, nato da anni di esperienza di Daniele Tarozzi, che si focalizza su 4 pilastri: idratazione, alimentazione, allenamento e motivazione. Un metodo interattivo con webinar settimanali, una chat di gruppo su WhatsApp, “Le Guerriere”, un gruppo Facebook e in più dei videocorsi da seguire quando ti è più comodo, restando al sicuro a casa tua. Una vera e propria community con cui interagire, condividere esperienze e da cui attingere forza e motivazione. Un universo fatto di sostegno e supporto. Non sarai mai sola in questo percorso, ti sentirai sempre seguita e monitorata a distanza, come se un personal trainer fosse accanto a te. Otterrai il massimo contatto con le persone, ma senza pericolo di contagio. E in 8 settimane i risultati saranno visibili e misurabili, senza scorciatoie.
Pianifica
Se superati i 40 anni l’obiettivo è quello di tornare in forma, occorre programmare bene ogni mossa, con un planning che non lascia nulla al caso. Quando gli anni passano, bisogna essere più precise ed efficaci. “Less is more”: dobbiamo andare sull’essenza delle cose ed ottenere il massimo risultato col minimo sforzo. Molto spesso, infatti, la differenza tra il raggiungere o meno il proprio obiettivo di benessere sta nella pianificazione.

Definisci l’obiettivo
Bisogna partire sempre dall’obiettivo. Deve essere definito bene e misurabile, perché ciò che si può misurare si può anche migliorare. C’è bisogno di numeri, come circonferenze e dati forniti dalla bilancia impedenziomentrica per capire l’efficacia del percorso che stiamo percorrendo. Mai demandare agli altri il controllo, ognuno deve prendersi la ownership della propria condizione fisica. Senza dimenticare che il corpo non mente mai!

Antonella Rizzato (Grande Impero): “Uniti ce la faremo: acquistiamo solo prodotti alimentari italiani”

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La general manager di Grande Impero, uno dei marchi più conosciuti nel settore della panificazione, lancia un appello a sostegno del ‘made in Italy’.

La difficile prova che stiamo affrontando in questo periodo storico a causa dell’emergenza Coronavirus è duplice. In primo luogo sanitaria e vede in prima linea l’esemplare professionalità del nostro sistema sanitario nazionale; in secondo luogo economica, visto che l’espansione del Covid-19 sta provocando gravi difficoltà produttive e logistiche. Una progressiva paralisi del mercato nazionale, che le principali organizzazioni di categoria stanno portando all’attenzione in questi giorni con campagne come “#MangiaItaliano” (Coldiretti) e “Io resto in campagna per voi” (Cia – Agricoltori italiani).

A loro si unisce l’appello di Antonella Rizzato, General Manager di Grande Impero, azienda leader nella produzione del pane artigianale e a lievitazione naturale. Una grande e affermata realtà del food italiano – attestata da un bollino che certifica l’utilizzo della sola pasta madre e 30 ore di lievitazione naturale e che lo distingue da tutti gli altri pani a lievitazione naturale –, portata avanti con la tenacia tutta femminile della Rizzato, che si lascia alle spalle un anno di grande crescita nonostante la crisi dei consumi: basti pensare che dal 2016 al 2019 Grande Impero registra ogni anno un incremento medio di volumi pari al 30%.

Grande Impero – che da sempre dà voce ai produttori e trasformatori di materie agroalimentari troppo spesso non ascoltati, tanto da ottenere lo scorso anno un’audizione al Senato per difendere il pane artigianale a lievitazione naturale – si fa portavoce di un messaggio forte e chiaro: acquistare solo prodotti alimentari italiani per combattere speculazioni e creare un mercato forte.

“L’Italia è la nazione che da sempre ha saputo rialzarsi, perché è il paese che più di tutti gli altri paesi al mondo ha professionalità, competenze, creatività, tradizione, spirito forte e determinato e soprattutto grandi valori” dichiara Antonella Rizzato, che aggiunge: “Il messaggio che voglio lanciare alle associazioni di categoria, alle imprese, ai consumatori, alle istituzioni, all’Italia è questo: uniti ce la faremo, le grandi crisi e i grandi traumi sono sempre stati un’opportunità la storia ne è piena e noi come italiani lo sappiamo bene. Mi riferisco al mercato agroalimentare, di cui facciamo parte e di cui vorremmo essere portavoce e riferimento”.

“Sono oltre 3 milioni gli italiani che, anche in questi giorni così difficili, continuano a lavorare nella filiera agroalimentare, dalle campagne fino al punto vendita, quotidianamente impegnati per garantire cibo e bevande ai consumatori – continua Rizzato – Per questo chiedo ai supermercati, ipermercati e discount di scegliere per gli approvvigionamenti alimentari solo prodotti italiani. In questo momento di difficoltà è fondamentale fare squadra, dal produttore al consumatore per garantire la stabilità dei prezzi lungo tutta la filiera. Noi di Grande Impero abbiamo bloccato i listini di vendita e pertanto chiedo che ogni speculazione ci venga segnalata immediatamente: per noi è imprescindibile l’impegno a tutela del consumatore”.

Un’iniziativa lodevole che si aggiunge ad un’altra battaglia portata avanti da Grande Impero: consci che l’imprenditoria debba fare la propria parte, con l’obiettivo di innescare un vero e proprio cambiamento culturale, dove le aziende si impegnino nella creazione di un modello di crescita sostenibile, da sempre l’azienda chiede a gran voce alle istituzioni di indicare le pratiche da adottare per donare il pane invenduto, affinché siano rispettate le norme igienico-sanitarie e fiscali. “Nel frattempo stiamo donando il pane Grande Impero che resta invenduto a sei parrocchie nel territorio di Roma Capitale, che ricevono periodicamente il pane, servito durante i pasti offerti ai più bisognosi”, conclude Rizzato.

UNO SCRITTORE AI DOMICILIARI

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di Niky Marcelli - Clausura fin che s’apra, silentium finché parli!

Questo motto è inciso, al Vittoriale, sullo stipite della porta d’ingresso dello studio di Gabriele d’Annunzio, il quale, quando scriveva, si isolava dal mondo per inseguire le sue Muse.
Atteggiamento, per altro, comune alla maggior parte degli scrittori, compositori e artisti in genere che, nella fase creativa, hanno bisogno isolarsi nella loro turris eburnea in compagnia unicamente di Madonna Solitudine e Madama Concentrazione.
Una clausura “obbligata”, quindi, potrebbe essere anche considerata una manna dal cielo per chi – come nel mio caso – sta faticosamente cercando di scrivere un libro e, oltretutto, soffre di una grave forma di ispirazione ballerina. Finalmente ha il tempo per poter stare “al chiodo”, poiché gli è inibita qualsiasi altra distrazione ad eccezione della lettura o delle resistibili tentazioni di Sky Netflix.
Infatti, alla notizia che avrei potuto assentarmi dal lavoro fino al termine dell’epidemia, per dedicarmi anche alle “belle lettere”, ho fatto i salti di gioia. Avevo giustappunto un problemino con uno snodo e non riuscivo a trovare la concentrazione per superare l’impasse in maniera quantomeno decorosa. 
Eppure, per i primi dieci giorni sono rimasto completamente “spiaggiato” sul divano, infilando un film dopo l’altro e con quel vago senso di colpa che ti prende quando sai benissimo che dovresti fare qualcosa ma la pigrizia è soverchiante. 
Situazione che lo stesso D’Annunzio conosceva bene, dato che uno dei suoi motti più celebri è senz’altro Voglia di lavorar saltami addosso, ma tu pigrizia non mi abbandonare. Ne sapeva qualcosa il povero Arnoldo Mondadori che attese invano, ad esempio, il più volte annunciato manoscritto di Amaranta, per il quale aveva versato fior di anticipi ma di cui il Vate non scrisse mai nemmeno il frontespizio.
La verità è che, nonostante la mia spiccata vena satirica e ironica, condita con abbondante dosi di irriverenza, mi abbia messo nel novero di quelli che si prendono gioco del virus e rilanciano sui social non le poesiole strappacuore (e strappa maroni) o le novene alla Madonna, ma tutti i meme e i video demenziali sull’argomento, non riesco a non essere preoccupato.
Per me stesso, anche se sono praticamente “Highlander” - a differenza di Hemingway, infatti non bevo e non fumo; contrariamente a Verlaine o Hugo non faccio né uso né abuso di farmaci o sostanze psicotrope e per converso faccio molto esercizio fisico (invero cedo ai peccati di gola che poi sconto in palestra!) - ma soprattutto – come, immagino, la maggior parte di noi – per i miei cari, la cui concentrazione nel nord Italia è oltretutto allarmante.
Quindi, possiamo dire che tutta la prima settimana l’ho passata a preoccuparmi, a seguire l’evoluzione dell’epidemia, a sentire le persone che amo, in una situazione – pur restando apparentemente calmo – di ansia e di stress che ha convinto la mia Musa ad infilarsi la mascherina e mettersi in quarantena a sua volta, seguita a ruota da Madama Concentrazione. Accanto a me era rimasta solo Madonna Solitudine, che tossiva in maniera inquietante e si provava la febbre tre volte al giorno.
È andata decisamente meglio nei giorni successivi, la voglia di lavorare mi cingeva d’assedio ma la pigrizia, all’interno delle mura, non si era fatta trovare impreparata, a differenza del sistema sanitario italiano ed europeo.
Infatti, mentre giravo intorno al computer in cerchi sempre più stretti, come uno squalo che abbia puntato la preda, la perfida mi soffiava nell’orecchio per ricordarmi che sono un tipo “all’antica”. Ovvero incapace di correggere sulla pagina word. Ogni volta che termino il lavoro della giornata, ho la necessità di stamparlo e riguardarlo (ovviamente con la penna rossa!) per poi ribatterlo il giorno dopo prima di proseguire. Dov’è il problema? Non possiedo una stampante.
Negli ultimi dieci anni, in preda forse ad un bizzarro snobismo, non ho ritenuto necessario sostituire quella che si era rotta e mi sono sempre appoggiato alla copisteria sotto casa. Che, con il decreto “Cura Italia - #iorestoacasa” è ovviamente chiusa. È restato a casa anche il titolare!
Ho provato a scrivere qualche riga, rendendomi subito conto che stavo producendo letame. La pigrizia – bastarda! – si fregava le mani. 
Ma la voglia di lavorare continuava a dare l’assalto al fortino e la Musa sembrava voler rientrare dalla quarantena. Infatti mi ha mandato l’agognata ispirazione: quella di girare l’angolo, entrare nel negozio di computer – per fortuna aperto – e comprare una piccola stampante.
Miracolo! La solitudine ha sfebbrato, è tornata anche la concentrazione e ho ricominciato a scrivere (e a correggere)! 
La Musa si è saldamente accoccolata sulle mie ginocchia e il libro, lentamente, si è rimesso in moto.
Adesso, almeno dentro casa, sembra tornato tutto alla normalità e fuori dalla finestra splende un piacevole sole che contribuisce a darmi la carica insieme al bar all’angolo che, pur restando chiuso al pubblico, tutte le mattine mi manda a casa un cappuccino e un cornetto, irrinunciabili generi di conforto per uno scrittore ai domiciliari.

THE CEREBROS: "Papà voglio tornare a casa", la nuova clip con Stefano Ambrogi

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(video) La quarantena da COVID-19 gioca brutti scherzi ai giovani fuorisede costretti a stare rinchiusi tra le mura domestiche, lontani dalle proprie famiglie: la nostalgia. Questa volta, però, la reazione dei genitori non è per niente entusiasta e, all’idea di tornare da loro, l’irresponsabile “prediletto di casa” (Berardino Iacovone) viene quasi insultato dal padre (Stefano Ambrogi).

Autori della “parodia clip” sull’amuchina per la serie originale “Covmorra”, diventata virale in poche ore e di successo anche in TV, THE CEREBROS propongono ora un nuovo, esilarante video, per sensibilizzare il mondo social sull’attuale emergenza sanitaria e, soprattutto, sulle rischiose uscite di molti ragazzi.
Assieme a Berardino Iacovone, attore e creator dei The Cerebros, protagonista d’eccezione l’attore romano Stefano Ambrogi (caratterista che ha lavorato in film come “Gallo Cedrone”, “Notte prima degli esami – oggi”, “Lo chiamavano Jeeg Robot”, solo per citarne alcuni). L’intervento musicale è del cantautore Marco Rò.
Un monito per i giovani a curare sé stessi e i loro “diversamente giovani”, strappando un sorriso sull’importanza degli affetti: in questi giorni di #quarantena i genitori e i nonni a casa hanno riscoperto un vero “focolaio”, ma di sana e buona passione l’uno per l’altra!
Un appello alla sensibilità e al senso civico di tutti: insieme possiamo fare la differenza, perché “se volemo più bene se stamo lontani”, come recita il Papà della clip.
The CereBros è una Social Factory che si occupa di ideare, produrre e distribuire contenuti video sui principali social network e piattaforme multimediali. Il progetto nasce nel 2017 e dopo un esordio di fuoco con un video da oltre 4 milioni di visualizzazioni, comincia a inanellare un successo dopo l'altro. Ad oggi, l'attività produttiva nel suo complesso ha generato sui social oltre 50 milioni di views. Un successo inarrestabile!
I The CereBros si occupano sia di produzione video digital che di formazione. Nel 2019 hanno lanciato "Accademia Creators", unica accademia in Italia che forma i creativi del web. L’idea è non solo quella di insegnare il mestiere del “creator”, ma anche quella di creare una vera e propria fucina di talenti che possa essere un punto di riferimento per tutti, soprattutto per le aziende che necessitano di creativi e di contenuti di qualità. Grazie alle competenze del direttore didattico Berardino Iacovone e del CEO Stefano Bacchiocchi, agli aspiranti creators viene offerto un percorso formativo di livello che consente loro di partire da zero oppure migliorare e ottimizzare quello già avviato. Altro focus dell'accademia è quello di sensibilizzare all'uso responsabile dei Social Network, attraverso tour e seminari anche nelle scuole.

“La Vita non si ferma. È!” il racconto di Annamaria per "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"

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Ecco un altro contributo inviato da Annamaria Milano per il contest  "#andràtuttobene C’è poesia, oltre il virus"organizzato da Kaos Festival e realizzato in collaborazione con Fattitaliani.it, l'Accademia BB. AA. “Michelangelo” di AG, Casa editrice Medinova e la Fondazione Teatro “L. Pirandello” di Agrigento. Il racconto s'intitola “La Vita non si ferma. È!.

☀️Vacanze, passeggeri rimpatriati, turisti non accolti. Figli lontani per motivi di studio e lavoro all’estero. 
In una sola parola: CORONAVIRUS. 
Identificato come COVID 19, quest’influenza perniciosa ad elevato potenziale di contagiosità, sconvolge le nostre vite. La Vita...🤔ed allora mi sono chiesta: “cosa avremo fatto mai di così grave per meritare ciò? Quale DANNO. Oppure RESA?
L’UNIVERSO: “verso uno”. Ed allora l’essere contagioso è l’essere uno? Sì! La chiave di lettura pragmatica e, per nulla filosofica come i più pensano, è essere Uno. È confortare, accogliere, aiutare, supportare, sostenere i meno fortunati. Così è! Rispetto di sé e dall’altro da sé.
Amor proprio nell’essere prudenti, cauti. Attenti. Consapevoli e coscienti. 
E se la “dose fa il veleno” che sia l’Amore ad essere il veleno. Veleno? Da 🌟Venus-Venere: il secondo pianeta (per distanza) del Sistema Solare. Il secondo dopo il Sole. Ed anche, Venere, la Dea dell’Amore e della Bellezza. 
L’universo ci parla? Nel codice dei segni? 
L’Amore crea bellezza. 
Ed in nome dell’Amore ❤️materno, infinito, unico, universale ho lasciato che mia figlia resti lì, dove è. Perché confezionarle Amore è essere terapia d’urto, elisir di bellezza. E tra i mille solchi del mio sentire mi sovviene un’intuizione. Chi siamo davvero ?... e la risposta è nella citazione seguente di un anonimo che così scrive:
“L’intuizione che ha attraversato i secoli l’abbiamo ereditata dai greci che in ogni essere vedevano sempre presenti tre caratteristiche trascendentali: unum, verum et bonum. In seguito altri maestri pensatori hanno aggiunto il "pulchrum", e San Francesco, “il Bellissimo nel bello delle creature”. Uno dei grandi estimatori della bellezza è stato Fiodor Dostoevskij, tanto che una volta all’anno rimaneva in contemplazione davanti alla Madonna Sixtina di Raffaello, inserita nei suoi romanzi, “I Demoni, Delitto e castigo e L’adolescente”. Ne “L’idiota” appare la famosa frase: "La bellezza salverà il mondo".       
☘️Andrà tutto bene🌈🌈🌈🌈
La sensazione è surreale. 
In farmacia, i dottori sembrano marziani. Non oso immaginare negli ospedali come sia. 
Le strade vuote. Silenzio assordante e atmosfera lunare. 
Ma siamo sulla Terra. Siamo in Sicilia. Siamo la terra del Sole caldo. Anzi cocente e torrido: è quel calore che ci toglie il respiro. Solo quello e soltanto d’estate. Perciò, non sarai tu, virus coronato, a toglierci la voglia di vivere. Andrà tutto bene e torneremo a farlo con la solarità dei nostri sorrisi pieni di vita. Tra incantato fatalismo e coraggiosa impostura, è la Vita di Madre Terra che esplode a Primavera. Sempre!
Ed avremo tempo. PRESENTE, dono e, tempo, in un'unica parola. Tanto tempo da trascorrere a casa. Da genitori, uomini e donne, sedetevi ad un metro dai vs figli. State con loro. Fatelo. È il “compito” più facile da svolgere che ci sia. Approfittate di questo momento per nutrirvi del conforto e dell’affetto dei vostri figli. Perché quando non avranno più quattro, sette e diciotto anni ma tanti di più, sarete lì a cercarli. Li aspetterete invano. Sarete desiderosi, più della vostra vita, che ci siano con voi. Presenti. Non a tutti è concesso, adesso, di essere con i propri figli lontani da casa per motivi di studio e di lavoro. Godeteveli. Passerà la pandemia e porterà via questo tempo di affetti familiari che diverranno il vostro indimenticabile lessico familiare. Per sempre❤️
Annamaria Milano.
C'è tempo fino al 3 aprile per inviare versi, immagini, parole a premiokaos@gmail.com o tramite whatApp al numero +393284234076.
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