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Bruxelles, Filippo Marino a Fattitaliani: il vino racconta la storia di tutto un mondo. "WineTales Restaurant & Pintxos Bar"è il mio bambino. L'intervista

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Filippo Marino, italiano al 100% nato a Reggio Calabria 45 anni fa, Europatrotter: ha vissuto tanti anni all'estero, è un avvocato, vive e lavora a Bruxelles e gestisce il locale "Wine Tales Restaurant & Pintxos Bar" (Place de Londres 13) dove si può trovare e gustare l'autentica cucina basca, accompagnata da una grandissima scelta di vini.
Un personaggio sui generis, dalla formazione "variegata". Ho studiato a Roma - rivela a Fattitaliani - poi sono andato a vivere a Londra, ho lavorato a Dublino, ho fatto un master all'Unione Europea e poi a Bruxelles uno stage in Commissione, e mi sono fermato qui per fare il lobbista. Lavoraro nel settore degli affari europei e per divertirmi ho sempre organizzato eventi, anche ai tempi dell'università".
"Nel 2013 - continua - ho fatto il cammino di Santiago, un'esperienza bellissima che mi ha cambiato la vita e poi mi sono fermato in Spagna, a vivere in San Sebastian, una delle città più belle d'Europa, dove torno sempre. Avevo la passione del vino e ho preso due certificazioni di conoscenza del vino a livello internazionale, lavoravo coadiuvando delle cantine, poi per un anno a Bordeaux ho perfezionato la conoscenza del vino dal punto di vista del business, branding e marketing. Un amico mi ha prospettato l'idea di un bar da rilevare a Bruxelles: abbiamo fatto dei cambi completi e abbiamo aperto il 18 settembre 2017.
Filippo Marino
Ti riferisci al tuo socio?
Sì, si chiama Fred Soudain, è francese e ci siamo conosciuti a Bruxelles lavorando nel settore degli affari europei. Siamo complementari: io mi occupo di tutto ciò che riguarda il vino, li scelgo e vado nelle varie ferie. La visione è la stessa ma ognuno ha i suoi ruoli ben distinti: lui si occupa di finanza, dei rapporti con la banca e delle risorse umane. Io mi occupo di idee e creatività, del vino e degli eventi.
Su quali criteri ti basi per scegliere dei vini da proporre poi ai tuoi clienti?
I criteri sono sempre oggettivi.
Ma non è questione di gusti?
Sì, certo. Ma per scegliere i vini devi lasciare il tuo gusto da parte, perché sennò rimani sempre sulla stessa tipologia. A me piacciono tutti i vini: ci sono dei criteri oggettivi come il colore (se è limpido), il tipo di odore, di uva e territorio, la mineralità; se non ha difetti, un vino va bene. 
Quanti vini si possono trovare nel tuo locale?
Ci sono 205 referenze. 
Come faccio a scegliere...?
Ti consiglio dei vini in base ai tuoi gusti, non i miei. 
Ma se non sono un esperto di vino, come fai a regolarti?
Al bicchiere o in bottiglia abbiamo la stessa categorizzazione. Io non ho diviso i vini per Paesi: ho fatto una suddivisione per colore e all'interno del colore per aroma, leggero e fresco, fruttato e minerale, speziato e intenso, e poi un vino vellutato che definisco l'abbraccio in un bicchiere, e poi il top che costa anche di più. Nella stessa categoria magari metto differenti vini con distinta gradazione. Qui il 25/30% dei vini sono italiani, un 20% francese, un 20% spagnolo, poi vino portoghese, americano, australiano, sudafricano, greco, argentino... di tutto e... i Pintxos.
Cioè le tapas come vengono chiamate nel nord della Spagna: ce ne parli?
Ci sono due tipi di Pintxos: i freddi o Pintxos della barra e quelli "calienti", i Pintxos caldi che si cucinano al momento. Prima i Pintxos erano gli stecchini che si mettevano sul pane, ora può essere un pezzo di pane con qualsiasi cosa sopra, una empanada, tortilla, salmorejo, o il montadito. Puoi fare di tutto: la gastronomia basca è cambiata totalmente negli ultimi vent'anni grazie a un genio che si chiama Arzak, il cui ristorante è stato il primo in tutta la Spagna a ricevere le tre stelle Michelin e adesso il Pintxo può essere fatto pure col risotto o baccalà. Noi facciamo dei Pintxos tradizionali come il polipo grigliato con le patate oppure la carrillera cucinata col vino tinto per ore con le patate: la gastronomia basca non è ancora molto conosciuta.
Mai tentato ad offrire dei Pintxos all'italiana?
Ho deciso di aprire questo posto perché ci sono tanti posti all'italiana: volevo essere innovativo lanciando questo concetto che vogliamo allargare: sarà un brand che speriamo girerà. Tra i piatti da condividere c'è il tagliere spagnolo (Vuelta de Spagna) e quello italiano (Giro d'Italia) con salumi e formaggi italiani. Nei Pintxos, per esempio, c'è anche la mozzarella di bufala fritta con il basilico dentro... piano piano cominciamo.
Qual è l'atteggiamento dei clienti spagnoli verso un italiano che si occupa di gastronomia basca?
Molti spagnoli dicono che qui c'è la migliore tortilla di Bruxelles e che si mangia benissimo, d'altronde la cuoca è spagnola, tutti i prodotti sono spagnoli e italiani. Molti spagnoli sono contenti e dicono che ci voleva un italiano per aprire un bar basco che valesse la pena. Ci sono già bar spagnoli che fanno delle tapas, ma noi siamo di un livello un po' più elevato.
Perché il nome "Wine Tales"?
Significa "storie di vino": ogni vino ha la propria storia e questo l'ho pensato insieme a una carissima amica. Martin Lutero diceva: la birra è fatta dagli uomini, il vino è fatto dagli dei. Il vino non si può fare ovunque, ma solo in determinate zone e terroir. È espressione del territorio, di una cultura, di un clima, del lavoro della gente. Ecco perché racconta la storia di tutto un mondo: lo avevano capito i greci e i romani, che ovunque arrivavano piantavano vigne perché nella cultura romana tutti dovevano avere accesso al vino, schiavi compresi, e i legionari dovevano essere pagati anche in grano e vino. Era considerato un bene primario.
Come ti vedi adesso alla luce delle tue diverse esperienze?
Niente succede per caso. Ho avuto tre-diversi quattro percorsi e questo è l'inizio dell'ennesimo percorso, non certo la fine. Probabilmente però è la cosa che mi appartiene di più: è il mio progetto, il mio bambino e ci credo tanto.
Cosa proporresti a Puigdemont se venisse nel tuo locale per fargli cambiare idea o farlo rientrare nelle grazie della Spagna?
Non credo che gli piacerebbe bere un vino spagnolo: gli darei un vino catalano, un Perelada 5 Finques, un po' forte. Per farlo rilassare aggiungerei un Pintxo di tortilla o la paella che prepariamo il venerdì a pranzo.
E a Mariano Rajoy?
Una favada asturiana e un bel bicchiere di riserva.
Il personale com'è stato scelto?
Un amico-consigliere basco, Josè Hernandez Caldito, un genio, mi ha aiutato per la carta e anche a trovare il personale di cucina fra cui il suo ex secondo chef e una bravissima ragazza di Salamanca. Gli altri sono stati scelti in base alle capacità di servizio. Qui molti belgi non hanno questo savoir faire, infatti qui non c'è alcun belga. Il cliente è sempre il re: bisogna a volte capire cosa può volere, sorridergli. Noi facciamo una riunione di staff ogni mese per una sorta di bilancio umano.
Quando Filippo torna a casa e ha voglia di un piatto italiano, che cosa prepara?
La pasta, spaghetti alle vongole, pasta al forno, lasagne. Oppure delle linguine alla calabra con pesce spada, pomodoro, melanzane, capperi, olive.
Il miglior commento ricevuto dai clienti?
L'ho sentito io personalmente: "che posto della Madonna".
Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata

Foto di Hilde Lenaerts
Wine Tales Restaurant and Pintxos Bar
Place de Londres 13, 1050 Ixelles
Telefono : 02 502 21 37

TEATRO BELLI, DAL 16 FEBBRAIO AL 4 MARZO “ZOZÒS” DIVERTENTE E TRASGRESSIVA COMMEDIA DI GIUSEPPE MANFRIDI

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Dal 16 febbraio al 4 marzo 2018 Siddartha Prestinari, Riccardo Bàrbera  e Paolo Roca Rey sono i protagonisti dell’esilarante e trasgressiva commedia firmata da Giuseppe Manfridi “Zozòs”, in scena al Teatro Belli con la regia di Claudio Boccaccini.

Rappresentata con grande successo in Italia, la prima volta nel 1997 con la regia dello stesso Boccaccini e con Riccardo Bàrbera tra gli interpreti,  “Zozòs”  ha calcato i palcoscenici italiani ed europei debuttando, tra l’altro, nel marzo 2000 al Gate Theatre di Londra con la regia di Peter Hall. Definita dal Daily Mirror  "la commedia più divertente e trasgressiva che abbia mai visto", dal Sunday Times "...la più raffinata, esilarante, destabilizzante, indecente commedia che abbia mai visto", “Zozòs”  ha avuto molti altri allestimenti all’estero (in Belgio, in Croazia, in Svizzera, in Canada, in Grecia, a Cipro). Tra questi vale la pena ricordare una prestigiosa ripresa dell’edizione inglese avvenuta nel 2002 al Barbican con attori della Royal Shakespeare Company. 
In Zozòs una piacente signora incontra in una palestra uno spaesato ed efebico giovanotto (Paolo Roca Rey) da cui viene imprevedibilmente turbata. Per ovvi motivi. Una volta in casa non c'è da aspettare molto... l'immacolata stanzetta post-adolescenziale del giovane Tito  si trasforma d'un lampo in una rovente alcova. Ma ecco che, all'acme della temperie erotica, accade il fattaccio. I due, trascinati da una libidine impetuosa, si trovano nell'impossibilità di disgiungersi l'un dall'altra. Alla coppia di amanti ben presto si aggiunge, ingarbugliando maggiormente la trama, l'eccitatissimo padre del ragazzo: Tobia (Riccardo Bàrbera). Ginecologo di vaglia e scienziato maldestro, nonché antico compagno di classe (e d'altro) di Bice (Siddartha Prestinari), la platinata signora concupiscente e concupita. Ma tutto ciò non è ancora la commedia: ne è solo la premessa. E la promessa. Di ciò che segue non diciamo, essendo l'intero plot costruito su una trafila di colpi di scena. Per chiarezza, il termine zozòs significa, nell'esclusivo idioma parigino, 'uccellini' nel senso malizioso che, pure in italiano, questa parola ha.


ZOZÒS
di Giuseppe Manfridi

Aiuto regia Eleonora Di Fortunato 
Assistente alla regia Ilaria Serantoni 
Musiche Massimiliano Pace
Tecnico audio e luci Francesco Barbera
Elementi scenici Giulia Colombo 
Grafica Giorgia Guarnieri 
Fotografie di scena Danny's Shutter

TEATRO BELLI
Piazza di Sant'Apollonia, 11 00153 Roma
Biglietteria:+39 06 589 4875
Fax: +39 06 58 97 094

Macerata è libera. Non violenta, antirazzista e antifascista: domenica 18 febbraio manifestazione cittadina

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Macerata è libera. La città riparte, dopo le tragiche vicende che ha vissuto nei giorni scorsi con la morte di Pamela Mastropietro prima e la sparatoria in cui sono rimasti feriti sei immigrati dopo, dalle parole che pronunciò il 30 giugno 1944 il partigiano Augusto Pantanetti liberando, con il gruppo delle Bande Nicolò, Macerata dal nazifascismo.
“Macerata è libera. Non violenta, antirazzista e antifascista” è infatti il titolo della manifestazione, promossa dall’Amministrazione comunale, condivisa sinergicamente da Enti e associazioni del territorio - per riflettere profondamente su quanto accaduto - che si svolgerà domenica 18 febbraio.
A presentarla questa mattina nel corso di una conferenza stampa il sindaco Romano Carancini e i firmatari del documento frutto dell’incontro di tutti gli attori della rete antifascista svoltasi il 9 febbraio scorso in Municipio. L’appuntamento è per tutti domenica mattina alle 9.30 in piazza della Libertà, da dove, dopo il saluto del primo cittadino, alle 10 partirà il corteo che sfilerà senza bandiere, ma con striscioni e cartelli che richiamano la Costituzione italiana. Il cammino proseguirà in corso Matteotti, via Tommaso Lauri, corso Garibaldi, corso Cavour per arrivare al Monumento ai Caduti in piazza della Vittoria, dove verranno dispiegati il Tricolore e tutti i vessilli, verranno letti i 12 principi fondamentali della Costituzione Italiana e verrà intonato l’Inno nazionale.

La manifestazione, come ha ribadito il sindaco Carancini, è per la vita, per la persona e per la libertà, frutto della necessità di una riflessione profonda e il bisogno di ricercare i perché di quanto accaduto a Macerata, sul come coniugare i valori indiscussi della comunità civile maceratese, fondata sulla Costituzione e in risposta alla necessità di rafforzare nella cittadinanza la coesione sociale fondata sui valori democratici. Una manifestazione per affrontare e respingere gli attacchi alla libertà della 
persona in tutte le sue forme, dalla violenza di genere alla discriminazione, al razzismo, alle forme di fascismo e intolleranza.

La manifestazione del 18 febbraio sarà solo la prima tappa di un percorso che passerà anche attraverso le scuole, i musei, le biblioteche, ha detto il sindaco: “Da qui nessuno si potrà sentire escluso da una responsabilità comune.” Carancini ha ricordato anche la manifestazione del prossimo 24 febbraio a Roma che Macerata vuole
condividere nel percorso di risalita che sta affrontando: “Un segno di ripresa – ha detto ancora – che vogliamo dare perché la città deve tornare a essere quello che è senza dimenticare”. Alla manifestazione di domenica 18 febbraio, a cui sono stati invitati i sindaci del territorio, hanno aderito Cgi, Cisl, Uil, Anpi, Unimc, Unicam, Officine Universitaria, Mondo Solidale, PD Macerata, Isrec, Refugees Welcome, Arci Macerata, Leu, Acli Macerata, Auser Macerata, Lega Coop Marche, Anolf, Anteas, Albero dei Cuori. Con il passare delle ore al Comune di Macerata stanno arrivando tante altre adesioni. (lb)

Nella foto: la conferenza stampa di presentazione della manifestazione “Macerata è libera. Non
violenta, antirazzista e antifascista”.

Ricchi e Poveri, Fabrizio De André ha creduto nelle nostre qualità e nelle nostre doti

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I Ricchi e Poveri fanno parte dell’Academy di Sanremo Young, il nuovo teen talent di Rai 1, in onda da domani 16 febbraio alle 20.30 per 5 puntate, in diretta dal Teatro Ariston di Sanremo.
Angelo Sotgiu e Angela Brambati, dopo il successo del tour internazionale estivo e del singolo dal sapore latino “Marikita”, tornano in tv con un progetto che si inserisce in un’ideale linea di continuità con la storia musicale del gruppo che, tra l’altro, proprio al  Festival di Sanremo del 1970 ottiene la popolarità, classificandosi secondo, cantando in coppia con Nicola Di Bari “La prima cosa bella”.
Sulla scena musicale da quasi cinquant’anni, con dodici partecipazioni al Festival della canzone italiana con grandi successi tra i quali “Che Sarà”, “Sarà perché ti amo”, “Come vorrei”, “Se m'innamoro” e “Canzone D’Amore”, il gruppo ha venduto più di venti milioni di dischi nel mondo.

Angela commenta così la sua partecipazione: “Sono molto entusiasta perché è un’esperienza nuova, spero che possiamo essere utili ai giovani.  Il primo insegnamento che vorrei trasmettere è che per imparare a essere vincitori bisogna saper perdere, com’è accaduto all’inizio nostra della carriera quando Fabrizio De André ha creduto nelle nostre qualità e nelle nostre doti, ci ha accompagnati a fare un provino a Milano in una casa discografica che, invece, non ha confermato la fiducia in noi. Non ci siamo rimasti male, è stato uno stimolo per migliorarci per metterci in discussione e capire cosa fare. Siamo felici di mettere la nostra esperienza al servizio dei ragazzi che vorrei imparassero a non temere nessuno, io ho sempre accettato il confronto, apprezzando chi era più bravo di me”. Prosegue Angelo: “Mi piace propormi in una veste nuova che mi dà l’opportunità di scoprire e conoscere qualche talento e magari aiutarlo, coinvolgendolo, perché no,  in qualche progetto lavorativo”.


BIOGRAFIA
I Ricchi e Poveri sono un gruppo musicale italiano nato a Genova nel 1967, attualmente formato da Angela Brambati e Angelo Sotgiu.
Sulla scena musicale da quasi cinquant’anni, sono tra gli artisti italiani con il maggior numero di dischi venduti, più di venti milioni nel mondo. Negli anni settanta e ottanta alcuni dei loro singoli raggiungono la vetta delle classifiche italiane e internazionali. Partecipano a dodici edizioni del Festival di Sanremo, arrivando due volte al secondo posto e vincendo nel 1985 con “Se m’innamoro”. Tra i brani di maggior successo: “Che sarà”, “Mamma Maria”, “Sarà perché ti amo”, “Voulez vous danser”  e “La prima cosa bella”.  Alcune canzoni tra le quali “Come Vorrei”, “Piccolo Amore” e “Coriandoli su di noi” sono diventate le sigle di popolari trasmissioni televisive.


https://www.facebook.com/RicchiePoveriOfficial/ 
https://twitter.com/iRicchiePoveri 
https://plus.google.com/u/0/117418054267599431930
https://www.youtube.com/channel/UClRkb3W1CiDtx5M-3dN5pig

Claudio Martinelli, ecco come rimanere in forma con la danza. L'intervista

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Il fitness che va di moda ruba ritmi e movimenti alla danza. Allora perché non rimettersi in forma semplicemente… ballando? Abbiamo intervistato Claudio Martinelli, ballerino e coreografo di balli caraibici e di Modern jazz e Presidente e Direttore della scuola Danzerò di Prato, per capire quali sono le discipline di tendenza e i benefici che apporta la danza.

Claudio, quali sono le novità della prossima stagione? 
Parlare di novità è abbastanza difficile, anche se da qualche anno in Italia spopola la Kizomba. Si tratta di un ballo di origine angolana che sta avendo grande successo. Hanno sempre un buon riscontro la Salsa, la Bachata e il Raggaeton, così come anche il tango argentino e la danza del ventre, anche se sono meno diffusi. Tra i più giovani continuano a destare molta attenzione la danza classica e l’hip hop.
Ci sono tipologie di danza più adatte a determinate persone e sconsigliate per altre? Per quanto riguarda il ballo sociale non ci sono tipologie più o meno adatte, per quanto riguarda, invece, la danza sportiva o da show occorrono caratteristiche fisiche e mentali diverse. Tutti possono approcciarsi al mondo del ballo e, se seguiti nel modo giusto, possono ottenere ottimi risultati.
Che benefici apporta la danza? 
I maggiori benefici che si traggono dalla pratica del ballo e della danza sono senz’altro legati alla socializzazione, alla conoscenza di sé e all’equilibrio. Il valore aggiunto del ballo, che Curt Sahs definiva l’arte più completa in quanto si sviluppa nel tempo e nello spazio, è anche il fatto che oltre alla disciplina fisica implica l’ascolto e la comprensione della musica.
Che consiglio può dare agli aspiranti ballerini? 
Consiglio a chiunque si approcci a questo mondo di farlo con una scuola di ballo seria e strutturata, evitando quelle che sono le offerte da “villaggio turistico”. Il ballo è divertimento soltanto attraverso lo studio: anche se blando e basilare, serve per ottenere risultati che durano nel tempo. Ai giovani  che vogliono fare un percorso più impegnativo o addirittura professionale consiglio massima dedizione e massimo impegno, necessari per crearsi un mestiere che è tanto bello quanto duro.
Sonia Russo

LA MOSSA DEL CAVALLO, C'era una volta Vigata il 26 febbraio su Raiuno dal romanzo di Camilleri. Con Michele Riondino

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Siamo a Montelusa nel 1877. 
Il quarantenne Giovanni Bovara (Michele Riondino) è il nuovo ispettore capo ai mulini, incaricato di far rispettare l’invisa tassa sul macinato. Siciliano di nascita, è ormai ligure di adozione poiché da bambino si è trasferito con la sua famiglia a Genova. Ragiona e parla come un uomo del nord-Italia e non comprende le dinamiche mafiose e omertose che regolano la terra siciliana. La sua intransigenza gli procura subito diversi nemici.
Le sue indagini lo portano a scoprire prima un ingegnoso sistema con il quale i mugnai vengono lasciati liberi di evadere la tassa sul macinato e poi l’esistenza di un mulino clandestino nel terreno dell'uomo più potente della città. A poco a poco le spire del “sistema” gli si stringono intorno e quando sopraggiunge per caso sul luogo dell'omicidio del parroco della città, Bovara si ritrova suo malgrado invischiato in qualcosa molto più grande di lui. In un complicato sistema di depistaggi e giochi di potere, i suoi avversari cercheranno di eliminarlo e sarà solo entrando nella mentalità dei suoi aguzzini e ricorrendo alle loro stesse strategie che Bovara riuscirà a salvare la propria vita.
Ma la giustizia riuscirà a trionfare? 
LA MOSSA DEL CAVALLO
C'era una volta Vigata

con Michele Riondino,
 Ester Pantano, Cocò Gulotta, Antonio Pandolfo,
Giovanni Carta, Giancarlo Ratti, Maurizio Puglisi,
Filippo Luna, Maurizio Bologna, Domenico Centamore,
Giuseppe Schillaci, Daniele Pilli, Angelo Libri,
Roberto Salemi, Vincenzo Ferrera

regia di Gianluca Maria Tavarelli 

Tratto dal romanzo La mossa del cavallo di Andrea Camilleri 
edito da Sellerio Editore

Una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction  

Il film tv andrà in onda lunedì 26 febbraio in prima serata su Rai1

Théâtre des Martyrs, applauditissima Viviane De Muynck in "Gaz. Plaidoyer d'une mère damnée"

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Un monologo toccante, misurato eppure intenso quello di Viviane De Muyncknei panni di una madre il cui figlio si è da poco suicidato in una missione kamikaze. 

È "Gaz. Plaidoyer d'une mère damnée" in scena al Théâtre des Martyrs di Bruxelles fino al 23 febbraio 2018 con la regia di Piet Arfeuille: il testo è stato appositamente composto per l'attrice fiamminga da Tom Lanoye, poeta, scrittore e drammaturgo belga neerlandofono.
Sul palco "grigio come la pietra e piatto come un tavolo di autopsia", una donna si sposta e si dirige al pubblico e rievoca il ricordo del figlio: la sua giovinezza, la pubertà, la loro convivenza, di quando lui ha lasciato la casa materna e i rapporti si sono rallentati.
Il passaggio dalla rievocazione del parto al riconoscimento del cadavere sembra naturale e qui si fa lucido e forte il dramma, che Viviane De Muynck sa con maestria trasmettere. È la madre che piange disperatamente il figlio, che nel mondo è ritenuto responsabile di un attentato terroristico che provoca morti e feriti.
Vorrebbe far capire che al di là della denominazione comune con cui viene classificato "una belva", alla fin fine è suo figlio e che ogni cosa va guardata all'interno di un contesto e un punto di vista.
Il dolore materno si percepisce ancor di più perché lei non vuole giustificare l'atto ignobile del figlio: cerca solo di comprendere come affrontare la cosa e le ragioni per cui si possa intraprendere un tale percorso.

Gaz - Plaidoyer d’une mère damnée
Dates
20:15 jeudi 15 février
20:15 vendredi 16 février
19:00 samedi 17 février
16:00 dimanche 18 février
19:00 mardi 20 février
20:15 mercredi 21 février
20:15 jeudi 22 février
20:15 vendredi 23 février
COPRODUCTION
Théâtre de Namur / Theater Malpertuis
En co-présentation avec le Théâtre National

IL TEATRO DELLE MASCHERE E IL CARNEVALE DELLA VITA

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di Giuseppe Lalli - C'è una frase, in un celebre romanzo di Luigi Pirandello, che suona così: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. Nelle società moderne il Carnevale è la festa di tutto l'anno: indossiamo la maschera tutti i giorni. Ognuno ha la sua, anzi le sue, da quando inizia l'età della...ragione. La maschera non ce la togliamo nemmeno quando andiamo a letto. Mostriamo il volto nudo solo nel sogno; ma al mattino, insieme al vestito, prima di fare colazione, rimettiamo la maschera sul volto.

Di maschere, per la verità, ne abbiamo a disposizione più di una, come i vestiti e le scarpe. Abbiamo la maschera per i colleghi di lavoro, quella per i conoscenti, quella per gli amici, e perfino quella per i familiari... Spesso sbagliamo maschera o dimentichiamo di indossarne una, e allora le persone che credevano di conoscerci ci dicono: “Ma che ti è successo? Non ti riconosco.” E invece era uno dei rari momenti in cui eravamo noi stessi... Ognuno crede di recitare la sua parte nel ruolo che si è ricavato, salvo, ogni tanto, cambiare ruolo e cambiare parte.
E' una legge, e una tentazione, questa del Carnevale permanente, alla quale pare che nessuno possa sfuggire nelle nostre società evolute. Non vi sfuggiva nemmeno Pirandello, che pure pretendeva di farci la morale. Infatti, c'è da chiedersi: qual era il vero volto di Pirandello? Quello dell'esploratore spregiudicato dell'anima umana, o quello dell'intellettuale conformista fedele al regime? Quello del compassato e serioso accademico vincitore del premio Nobel, o quello dell'attempato maestro che perde la testa per la prima attrice del suo teatro e le scrive centinaia di lettere appassionate? La vita sociale è il grande teatro dell'ipocrisia, che va in onda sul proscenio. Dietro le quinte, c'è il vero teatro: quello dell'invidia e dell'orgoglio. Ogni tanto si sente qualcuno che grida, perché non riesce più a reggere la parte.

Per avere un'idea di quanto rarefatti siano i nostri rapporti sociali, basta riflettere su quella convezione sociale che è il saluto. Nel salutarci, quando ci conosciamo poco, assumiamo sempre un atteggiamento...commisurante. Ciascuno, rispetto all'altro, si chiede: “che ruolo svolge?”; “Quanto mi può essere utile?”; “E' più, o meno, importante di me?”. E una volta stabilite le misure, ci regoliamo. Siamo disposti a salutare noi per primi solo le persone che reputiamo molto più importanti di noi. E se qualcuno con il quale avevamo stabilito un saluto reciproco, una mattina, magari perché distratto, ci toglie il saluto, apriti cielo! Subito pensiamo: “e chi si crede di essere? Facciamo un lavoro simile...abbiamo la stessa cilindrata di macchina”...e ce ne facciamo una malattia.
Nel grande teatro delle maschere, “gli altri” finiscono per essere per noi un piccolo inferno, come ci ricorda Jean Paul Sartre in una sua celebre commedia. “Gli altri” ci giudicano, e spesso ci feriscono con il solo sguardo. Abbiamo voglia a dire: “Io sono sempre me stesso”. Senza volerlo ammettere, quasi sempre siamo quello che vogliamo che “gli altri” credano che siamo. Ci facciamo amici importanti affinché “gli altri” credano che anche noi siamo importanti. Mentiamo continuamente a noi stessi. Indossiamo gli occhiali da sole anche quando non c'è il sole: li usiamo come una maschera, per poter guardare “gli altri” senza essere visti. Gli attori li indossano nei funerali, forse per non guardare in faccia la morte, con la quale non si può recitare. Parliamo senza comunicare: sguazziamo sempre alla superficie del nostro “io”, dove ristagnano poltiglia e rottami dell'anima.

D'altra parte, “degli altri” non possiamo fare a meno, perché, per quanto possiamo coltivare un sogno di autosufficienza, siamo per costituzione degli animali sociali. Lo sapevano bene gli eremiti del passato, che più si ritiravano in solitudine, più “gli altri” li cercavano. Capita però spesso che, quando accantoniamo la maschera, ci rendiamo conto che al fondo del nostro essere coltiviamo un desiderio metafisico, che non vogliamo confessare a noi stessi: dare un senso alla vita, una volta che abbiamo mangiato e bevuto. I cattivi maestri della modernità, nel decretare la morte di Dio, ci hanno voluto far credere che ciascuno di noi può essere Dio per gli altri. Ma, per poco che rientriamo in noi stessi, ci accorgiamo di quanto grande sia questa menzogna.
In questo modo, il desiderio metafisico, che non possiamo sopprimere, diventa un piccolo inferno, che però dobbiamo nascondere “agli altri”, i quali devono continuare a vederci come tanti “Dio”. Da qui la fiera dello snobismo. Ma è proprio in questa mancanza di comunione, in questa forzata solitudine, che consiste il nostro piccolo inferno. Ma quello che Pirandello e Sartre non sapevano, o forse non ricordavano, è che dopo il Carnevale viene la Quaresima. 

Ho sempre sospettato che i cristiani debbano conoscere la medicina per questo male metafisico. Dovrebbero averla appresa dal loro Maestro, il quale si ritirò per quaranta giorni nel deserto per meditare sul senso profondo della sua missione, e alla fine respinse tutte le maschere che un grande esperto di menzogne gli offriva: il potere sugli uomini e sulla natura. Solo una maschera accettò, non dal padre della menzogna, ma da suo Padre: quella del dolore e della compassione, come unica via di accesso alla vita vera. Ecco: i cristiani dovrebbero conoscere la medicina. Solo che il più delle volte non sanno comunicarla... “agli altri”, non sanno rinunciare, nemmeno loro, alla maschera. I veri cristiani sanno che Dio non si dimostra: si mostra...

La storia di Google. Due studenti e un professore alla conquista del web. Al Teatro Marconi il 19 febbraio

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“Qualsiasi progetto che si riesce ad immaginare probabilmente è possibile realizzarlo. Devi solo lavorarci”. È da questa idea di Larry Page che nasce il progetto di storytelling di Companies Talks per capire i grandi fenomeni imprenditoriali delle aziende dot-com come  Google, Facebook, Amazon e Airbnb. Strumenti che sono entrati a far parte della nostra vita quotidiana. Ma quanti di noi conoscono la storia di queste aziende?

In collaborazione con il Teatro Marconi, da febbraio in poi, un team di attori  metterà in scena quattro monologhi di “Business Entertainment” per raccontare la  storia, la Vision ed il modello business di queste quattro realtà famose in tutto il mondo.
Attraverso una ricostruzione degli eventi, delle condizioni e delle scelte che hanno portato questi progetti "start-up" a diventare i player di riferimento del web, il pubblico conoscerà il coraggio di chi ha creduto nelle proprie idee, alimentando lo spirito d'impresa dei giovani.
Si parte il 19 febbraio alle ore 10.00 con La storia di Google - Due studenti e un professore alla conquista del web. A raccontare la storia del motore di ricerca più famoso al mondo sarà Tiziana Sensi che ne cura anche la regia.
Chi fattura 90 Miliardi di dollari all'anno? La risposta è su Google… ed è Google.  Un monologo che accompagna per mano lo spettatore dalla nascita del colosso dei motori di ricerca fino al suo utilizzo in più ambiti (mail, mappe, Youtube, drive...). Sarà un viaggio all’insegna della tecnologia e dell’organizzazione. Intuizioni geniali si alterneranno a scelte molto pratiche. Verrà analizzata la Vision di chi ha pensato tutto questo, svelando il segreto di un successo planetario. Capiremo perché una semplice schermata bianca con un logo colorato è diventata l’oracolo dei giorni nostri.

Teatro Marconi

viale Guglielmo Marconi 698 e

tel. 065943554 – info@teatromarconi.it

Biglietto 8€

LO SCARPONE D'ORO, TUTTO PRONTO PER LA PRIMA EDIZIONE dell'evento di beneficenza

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Un grande evento di beneficenza, spettacolo, sport e tanto altro ancora, che si terrà lunedì prossimo, alle ore 21, nell'incantevole cornice del Teatro Parioli di Roma.

Ideato dal Rotary e-club Italia Amatrice, lo Scarpone d'Oro sarà condotto da uno dei volti più amati della TV di Stato, Roberta Gangeri (intervista di Fattitaliani), a cui è stata affidata anche l'organizzazione artistica. Ogni edizione avrà una causa sempre diversa da sostenere. Quest'anno il 50% dell'intero incasso verrà devoluto al Telefono Azzurro, che sta operando ancora su Accumoli e Amatrice e il restante 50%  andrà all’End Polio Now per comprare i vaccini anti polio, gestita dal Rotary E-Club Italia Amatrice. L'identità del vincitore dello Scarpone d'Oro, individuato all'interno di una rosa di persone che nel corso dell'anno si sono distinte per coraggio, caparbietà e generosità, verrà rivelata nel corso della serata. Non solo: verranno consegnati anche dieci Scarponi d'Argento ad altrettanti ambasciatori di altruismo e disponibilità. Persone comuni o beniamini del pubblico che gratuitamente hanno messo a disposizione la propria professionalità, brillando negli aiuti di soccorso, recupero e ricostruzione o nelle raccolte fondi. Tra i premianti ci saranno personaggi del mondo dello spettacolo, attualmente sul piccolo e grande schermo, che stanno ottenendo grande stima e successo di pubblico. Sul palco si alterneranno numerosi artisti professionisti, da sempre legati al mondo della solidarietà, a cui spetterà il compito di scandire le varie fasi della serata. Gran finale all'insegna delle eccellenze enogastronomiche del territorio omaggiato.

DICHIARAZIONE DI ROBERTA GANGERI, conduttrice e organizzatrice artistica
"Molte persone credono che chi lavora nel mondo dello spettacolo sia molto superficiale, invece non sanno che spesso molti artisti e giornalisti, mettendo a disposizione la propria arte e professionalità, oltre a comunicare qualità ed impegno, possono aiutare sul serio chi è veramente in difficoltà. Lo Scarpone d'Oro, in tal senso, è una mia scommessa di testa, cuore e passione! Seguite la prima edizione e non perderete tutte le altre!".


DICHIARAZIONE DI LUCA DELLA VOLTA, presidente Rotary Italia
"Quando i soci del Rotary E–Club Amatrice Italia hanno pensato di istituire il premio Scarpone d’Oro hanno progettato un simbolo di rinascita e di ricostruzione, un punto di partenza per agire uniti alle persone di buona volontà che amano la terra di Accumoli ed Amatrice. Agire uniti, ben lontani dagli egoismi personali, per il rilancio di un territorio che per troppi lunghi anni, ancor prima dei devastanti terremoti che l’hanno colpito, è stato trascurato ed abbandonato a se stesso. Sono luoghi meravigliosi ricchi di storia e di natura con paesaggi mozzafiato inseriti nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Luoghi in cui la gente di montagna vive una quotidianità agricola in simbiosi con la terra e gli animali da cui non si è voluta né potuta separare nemmeno nei giorni più bui" - racconta il Presidente del Rotary Luca Della Volta, che aggiunge commoventi particolari legati alla sua esperienza personale: "La morte mi è entrata dentro. I miei polmoni hanno respirato polvere di terra. I miei piedi hanno camminato fra i detriti. Le mie mani hanno toccato quella pietra che improvvisamente si è mossa travolgendo sogni e speranze. Ho camminato a stento dove qualche giorno prima correvano sorridenti i bambini accompagnati dai loro nonni, trascorrendo le loro vacanze estive nel paese dove erano cresciuti i loro genitori prima di trasferirsi altrove per farsi una famiglia. I visi delle persone ancor oggi sono segnati dal dolore e sulla pelle è scolpita la devastazione. Gli occhi vagano liberi in cerca di serenità mentale ma i pensieri restano lì, ancorati a chi non c’è più. Voglio dire grazie agli amici Rotariani di tutto il mondo che con il loro sostegno ci hanno aiutato e continuano ad aiutarci. Siamo uomini e donne del fare e con il Rotary ogni missione è possibile, anche la più disperata e siamo qui per fare la differenza perché sappiamo andare oltre l’impossibile perché siamo al servizio dell’Umanità, da sempre e per sempre. Qui, dove ancora trema la terra, dobbiamo pensare al domani. Usiamo le nostre competenze e le nostre professionalità per aiutare a ricostruire il futuro di queste popolazioni perché siamo capaci di dar loro non solo la speranza, ma la certezza che nessuno sarà lasciato solo e che abbiamo preso per mano chi ne ha bisogno e lo accompagneremo verso il futuro.Resteremo presenti e impegnati sul territorio perché, piuttosto che come membri di una meritevole organizzazione di beneficenza, agiamo secondo la nostra vera natura di Rotariani: con le nostre mani, con il cuore, con la passione e l’ amore. Ed allora, dallo Scarpone d’Oro, parte una nuova vita insieme a tanti progetti, tanti programmi e innumerevoli azioni di servizio per il bene delle comunità di Accumoli ed Amatrice".

Torrevecchia Teatina, le lettere d’amore fanno spettacolo

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CHIETI - Nella sala convegni del Museo della Lettera d’Amore di Torrevecchia Teatina, in provincia di Chieti, davanti a un folto pubblico, la Scuola di recitazione del Teatro Marrucino e Il Paese dei Teatri diretti da Giuliana Antenucci hanno tenuto uno spettacolo: “Lettere dalla storia”, che ha riscosso un successo straordinario, con numerose chiamate per gli attori. 

Gli interpreti Rosanna Avolio, Adelina D’Ovidio, Ivana De Leonardis, Graziana Di Florio, Valentina Fiore, Antonia Forte, Angela Galuppi Tambelli, Lucrezia Macchia, Annalisa Mincone, Giovanna De Crecchio, Rosalinda Di Luzio, Francesca Di Salvatore, Sabina Ferri, Iolanda Giuggia, Diletta Graziosi, Erminia Longo, Lorenzo Pelaccia, Anna Santeramo, Maria Cristina Stumpo, Benedetta Trivelli e la stessa Giuliana Antenucci si sono alternati in letture sorprendenti, avvincenti, appassionate, commoventi di parole scaturite da amori immortali, lasciati a noi come un tesoro da scrittori e personalità della storia. 

Chi non ha mai ceduto alla passione dell’amore? Perfino Napoleone ha scritto lettere d’amore indimenticabili. Splendidi i costumi indossati grazie all’opera della magnifica Mariella Artizzu, costumista del Teatro Marrucino. Gli attori hanno poi donato uno scrigno contenente le lettere scritte su carta pergamena facenti parte dello spettacolo, ricevendo in cambio omaggi da parte del Museo. Una serata indimenticabile, tanto che il pubblico ha richiesto che venga effettuata una replica dello spettacolo nell’ambito del programma previsto dal Museo per l’anno in corso.

Hellybook, nuovo disco di Brent Steed, progetto del polistrumentista veneto Federico Sadocco

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Da ieri, giovedì 15 febbraio, è disponibile in digital download e su tutte le piattaforme streaming “Hellybook” (Cd baby), il nuovo disco di Brent Steed, progetto del polistrumentista veneto Federico Sadocco. Otto brani di hard rock cantati in inglese nei quali il musicista racconta la sua visione del mondo e che arriva dopo la pubblicazione del singolo title-track “Hellybook”.

<<"Hellybook"è un disco autobiografico. - Racconta Brent Steed ­­- I brani riassumono il mio pensiero su varie tematiche, da quando ero adolescente fino ad oggi. Alcune canzoni sono state scritte intorno ai miei 18 anni mentre altre sono decisamente più recenti. La mia idea sulle cose è maturata, da una visione pessimistica della vita a una decisamente diversa, più luminosa. Musicalmente, il disco riassume tutto quello che ho ascoltato da quando ho memoria fino ad oggi: da Michael Jackson e Prince all'hard rock di Guns N' Roses e Motley Crue; dal pop-rock un po' oscuro di Billy Idol al grunge e alternative di Alice In Chains e Hammerbox. Tutte influenze che poi condensano e diventano lo stile di Brent Steed, un "UFO space rock" che richiama molto l'idea della musica di fine anni '70, anni '80 e primi '90.>>

“Hellybook” è stato interamente scritto e composto da Brent Steed, che ne ha anche curato la registrazione pressoLemon Crush Studio di Padova, ad esclusione delle parti di batteria, registrate presso Studio 2 di Padova, dove è stato curato anche il mix. Il mastering è stato affidato a Francesco Brini.

Hanno suonato: Brent Steed (voci, chitarra, basso, tastiere), Alessandro Favero (batteria).

L’artwork è opera dell’artista Elisabetta Guarino e del grafico Jack Taffarello.


BIO
Federico Sadocco - meglio conosciuto nel panorama fantasy musicale come Brent Steed - nasce a Padova il 6 febbraio 1984. Negli anni dell'infanzia e dell’adolescenza impara a suonare pianoforte e chitarra e inizia a comporre le prime canzoni. Il 21 dicembre 2012 esce il suo primo disco ufficiale, il concept album "Horror Avenue N. 7" (Cd Baby), definito dallo stesso autore "UFO Space Rock. Una miscela di hard rock, pop e una spruzzata di elettronica trainata dall'ironia pungente dei testi che si districano tra temi sociali, incontri ufologici, spiritualità e parapsicologia.” L'album è autoprodotto, scritto, suonato, cantato e mixato dallo stesso Steed, affidando il mastering al noto sound engineer Cj Jacobson e l'artwork alla pittrice veneziana Elisabetta Guarino. Il 7 dicembre 2017, dopo cinque anni di silenzio, Brent Steed torna con il singolo dal sapore natalizio "Christmas Home" e, a gennaio 2018, presenta il brano “Hellybook”title-track delnuovo disco, in uscita a febbraio.
                                                                                                                                      
CONTATTI E SOCIAL
Info e Booking infobrentsteed@gmail.com

Le canzoni di Sanremo 2018 sono brutte, la recensione canzonata

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Mi piace riascoltare le canzoni di Sanremo a Festival concluso senza il clamore di pronostici, classifiche e premi vari. L'anno scorso mi ha sorpreso piacevolmente la qualità di parecchie canzoni che sono rimaste nella mia personale playlist più mesi.

Quest'anno mi cadono davvero le braccia. E Adesso? Mi sto rivolgendo a gloriosi successi del passato perché avere rispetto dei propri gusti e della propria sensibilità uditiva fa parte del percorso che conduce una persona a Imparare ad amarsi.
Senza appartenere a quella fascia di pubblico che Eterno e immobile rimane cinque sere a guardare il festival mentre si sta a tavola e ci si scambia le solite frasi come Passami er sale, nell'attesa che finisca ogni puntata e di trovare dentro di sé Il coraggio di ogni giorno per poter continuare la visione il dì seguente, posso affermare con assoluta convinzione che non trovo Così sbagliato il modo in cui Baglioni ha messo su la manifestazione.
L'ho detto prima dell'inizio a mia moglie che era scettica sulla direzione artistica: - Frida, mai mai mai giudicare un programma prima ancora di vederlo. Non è equo. 
Lei, però, risentita, era dubbiosa su alcuni titoli di canzoni in gara e mi rispose: 
- io non capisco. È vero che Ognuno ha il suo racconto ma portare a Sanremo La leggenda di Cristalda e Pizzomunno mi sembra davvero troppo.
- che c'è di male?
- trovo che bisogna Custodire il valore di certe storie all'interno dei libri o nella trasmissione orale.
- mi sembri esagerata. Dai, siediti e resisti fino all'ultimo cantante in gara.
- no, vado a dormire.
- Almeno pensami prima di addormentarti.
- Buonanotte.
E così son rimasto solo tutte le sere davanti al televisore, perfino durante la finale. Sono seccato perché i miei sforzi non sono stati compensati da una buona qualità dei brani anche dopo reiterati ascolti. Per questo voglio parlare direttamente agli artisti:
Cari vincitori Ermal Meta e Fabrizio Moro, la verità? la vostra canzone sarà piena di riferimenti azzeccati agli attentati, ma non mi avete toccato, convinto, emozionato, insomma Non mi avete fatto niente
Ragazzi de Lo Stato Sociale, invece di passare Una vita in vacanza potreste concentrarvi e sforzarvi di più mettendovi seriemente al lavoro e componendo una canzone più convincente, senza l'apparente originalità.
Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, mi pare proprio che Il segreto del tempo vi sia sfuggito questa volta.
Mario Biondi, Rivederti così è stato parecchio deludente.
Carissima e brava Annalisa, la tua canzone è davvero gradevole però Il mondo prima di te e della tua esibizione era tale e quale.
Noemi, Non smettere mai di cercarmi sembra essere un'invocazione ricorrente che ti rivolge l'autore della canzone giusta: prima o poi lo troverai.
Decibel, sicuri di aver ricevuto una Lettera dal Duca? ho i miei dubbi.
Elio e le storie tese... Arrivedorci a mai più.



Due preti di troppo di Antonio Grosso, Regia Paolo Triestino dal 22 febbraio al 4 marzo al Teatro Marconi

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Torna al Teatro Marconi un testo di Antonio Grosso. Dal 22 febbraio al 4 marzo è in scena Due preti di troppo che vede sul palco lo stesso autore con Antonello Pascale, Andrea Vellotti, Carmen di Marzo, Filippo Tirabassi, Ariele Vincenti diretti da Paolo Triestino.

Due Preti di troppo, è la storia di due sacerdoti mandati in un quartiere disastrato, nel napoletano, a recuperare una Chiesa abbandonata non solo dalla comunità ma anche da Dio.
Don Ezio e Don Sabatino sono i sacerdoti eroi che, grazie alla loro ironia e soprattutto forza di volontà, cercheranno di recuperare il quartiere e i suoi abitanti. Come? Con tanti escamotage, uno dei quali trasformare le canzoni liturgiche in canzoni neo melodiche che tanto piacciono agli abitanti del quartiere.
Dopo il successo di Minchia Signor Tenente, Antonio Grosso porta in scena un altro divertentissimo ma riflessivo testo che lascia riflettere il pubblico su problematiche attuali

Due preti di troppo
di Antonio Grosso
con Antonio Grosso, Antonello Pascale, Andrea Vellotti, Carmen di Marzo, Filippo Tirabassi, Ariele Vincenti
regia Paolo Triestino
voci Gianfelice Imparato e Ciro Scalera
aiuto regia Francesco Stella
tecnici Antonio Panico e Paolo Antoniello
service Colpo di Scena
foto Matteo Casilli
grafica Marco Animobono
organizzazione Alessandra Cotogno
Ufficio stampa compagnia Daniela Bendoni
Ufficio stampa del Teatro Marconi Rocchina Ceglia
Produzione La Bilancia

Teatro Marconi
viale Guglielmo Marconi 698e
dal 22 febbraio al 4 marzo
dal giovedì al sabato ore 21 la domenica ore 17.30
tel 065943554
info@teatromarconi.it
Biglietto Intero 24€ - Ridotto 20€

TOZ ANTONIO PIRETTI, uscito “QUELLA SCHEDA ERA LA MIA” il brano anti-astensionismo del cantautore italo-canadese

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Il singolo (video), in maniera pungente ed ironica, evidenza l'abitudine italiana nel lamentarsi dei politici senza però darsi mai alcuna responsabilità:

«Non siamo contenti, ma la colpa è sempre degli altri. Si mette in evidenza, quindi, come sia fondamentale prestare attenzione al momento del voto, alla scheda elettorale, esprimendo la propria scelta con cognizione, sapendo realmente ciò che si sta facendo e dando quindi il proprio contributo al futuro dell'Italia. La canzone fu scritta il giorno dopo che non si raggiunse il quorum sulle piattaforme petrolifere, nel 2016, ennesimo esempio di non curanza etica da parte del popolo italiano. Sembra evidente che serva un cambiamento, sia nella classe politica, ma soprattutto anche nel popolo italiano stesso che resta costantemente spettatore “complice”, in quanto non reagisce, di tutto ciò che sta avvenendo all’Italia. Ho cercato con questo brano di stimolare gli italiani a chiedersi come mai quei politici sono sempre lì, le cose continuano a non andare e noi continuiamo a lamentarci...cioè il tutto si ripete uguale.
Ma il momento per far cambiare le cose è proprio nelle elezioni, usando la scheda elettorale. Se i politici sono al governo è perché il popolo li ha eletti, quindi il popolo faccia anche autocritica ed esprima con maggiore cognizione e concretezza le proprie scelte. È il popolo che deve, tramite il voto, cambiare questa situazione, disarmante, e far capire ai quei “bebè” che la devono smettere di curare solo i loro interessi privati e non quelli della nazione. Se poi si immagina il tutto visto dagli occhi di un emigrato italiano in Canada, il quadro può far ancor più male... in quanto quando ci si allontana, si avverte maggiormente la mancanza di ciò che si ama, la Patria, e vederla bistrattata in un modo indecente è tanto indecoroso quanto doloroso». Toz Antonio Piretti

Il brano è stato registrato presso “Boat Studio” di Bologna, masterizzato da Marco Borsatti (presso lo studio di Celso Valli) ed è estratto dall’album #STRONGER pubblicato a gennaio 2018. 
Sette canzoni registrate in studio con la band al completo, 5 in inglese e 2 in italiano.

Stile cantautorale, dove le canzoni sono messaggi per comunicare reali esperienze di vita e pensieri, seguendo le passioni la musica è condivisione di emozioni.

Contatti e social

FURIA, “GIULIETTA” il singolo della cantautrice milanese con la partecipazione straordinaria dell’attrice Lella Costa

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“Giulietta” (video) una storia reale ma purtroppo drammatica: 

«La storia di Giulia, un mistero. Ritrovata morta dopo un volo giù da un cavalcavia. Suicidio o omicidio? Ancora non si sa. Ho immaginato una versione dell’accaduto. Un amore impossibile, come la Giulietta di Shakespeare. Una ballata di cui sono onorata di aver come ospite la voce della famosa attrice Lella Costa». Furia 
Il video è la libera interpretazione della storia cantata. Ambientato nelle campagne piemontesi e da giovani del luogo. Giulietta è innamorata di un ragazzo già impegnato. La prima delusione d’amore e il primo smarrimento emotivo. Una ballata che Furia ha immaginato con un finale triste. Il soggetto è di Luigi Albertelli. La regia è curata da Davide Bonaldo.

Furia è una moderna cantastorie che supporta le sue parole e la sua musica con narrazioni visive che sono spaccati di realtà in cui lei è la voce narrante, un Io che osserva da vicino l’accaduto, restituendoci una cronaca poetica dei fatti, delle gesta e dei sentimenti della generazione di oggi e del passato.
La possibilità di creare un messaggio di speranza è rappresentata dalla presenza a fianco di Furia, del Maestro Luigi Albertelli in veste di produttore e manager, che vuole gettare un seme di speranza nella produzione musicale italiana ed internazionale. Una condivisione e un incontro tra la giovane cantautrice e il paroliere di lungo corso, con storie nuove, per raccontare che sull’autostrada dell’omologazione c’è sempre un’uscita in direzione della libertà. 

Contatti e social

MARLON, "I’m still breathing" nuovo singolo del progetto New Folk milanese

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Disponibile in digital download, sulle piattaforme streaming e in radio “I’m still breathing” (RecLab Studios), nuovo singolo di MARLON, band capitanata da Marlon Bergamini, giovane cantautore milanese. Il brano, una ballad ispirata al folk americano, è il secondo di una serie di dodici singoli che usciranno nel 2018.

<<“I’m still breathing” è il brano più profondo che abbia scritto fino ad ora. - Racconta Marlon - E’ un grido d’aiuto, un piccolo pezzo del mio cuore. Quando ho scritto questo brano mi sentivo come se fossi sepolto vivo, per questo ho scelto come titolo “I’m still breathing”, perché nonostante quella sensazione di oppressione sono vivo e sto ancora respirando.>>
“I’m still breathing” è stata scritta e composta da Marlon Bergamini e prodotta da Larsen Premoli di RecLab Studios.
Hanno suonato: Marlon Bergamini (voce e chitarra acustica), Emanuele Nanti (chitarre elettriche e voce), Jody Brioschi (batteria e voce), Andrea Dominoni (basso e voce), Martino Pellegrini (violini, viole e violoncelli), Larsen Premoli (piano, percussioni e steel guitar), Stefano Iasco Iascone (flicorno).
MARLON sono: Marlon Bergamini (voce e chitarra acustica), Emanuele Nanti (chitarre elettriche e voce), Jody Brioschi (batteria e voce), Andrea Dominoni (basso e voce).

MARLON dal vivo:
21 Marzo - Show per i detenuti del carcere di Bollate in diretta su Radio Popolare – Bollate, MI 
29 Marzo -  Feltrinelli di Viale Pasubio – Milano 
14 Aprile - Il Rava – Ornago, MB
28 Aprile - The Boss - Milano

MARLON è un progetto New-Folk che nasce dall’incontro fra il giovane cantautore milanese Marlon Bergamini (’97) e il produttore Larsen Premoli nella primavera 2017. La band si forma nel Maggio 2017 con il chitarrista Emanuele Nanti (’97), il batterista Jody Brioschi (’98) e il bassista Andrea Dominoni (’92) e inizia un lavoro di arrangiamento e pre-produzione presso i RecLab Studios di Milano durante tutta l’estate. Il sound di tipico stampo folk-blues statunitense, dove la voce e la chitarra acustica del frontman sono le fondamenta di ogni brano, è rivisto in una nuova chiave con soluzioni stilistiche che vanno dal southern-rock al vintage-blues, con intromissioni del pop-rock britannico, l’utilizzo di strumenti vintage e arrangiamenti vocali a quattro voci. Numerose apparizioni live nell’ultimo quadrimestre del 2017 portano la band a toccare i live-club di diverse regioni del centro e nord d’Italia. Durante queste performance l’incontro con Giulia Osservati, front-girl degli Electric Ballroom, con cui nasce subito voglia di collaborare: viene così inaugurato al solstizio d’inverno - 21 dicembre 2017 - il canale YouTube di MARLON con una cover di “I Got You” del celebre cantautore statunitense The White Buffalo. Con l’inizio del 2018, MARLON annuncia un progetto di publishing personale e innovativo, le Postcard Songs: ogni brano della band viene pubblicato in formato cartolina contenente un QR-Code con cui effettuare il download del brano nei formati più classici mp3 e ITunes, ma anche in formati ad alta definizione e qualità. Attraverso una formula pre-order la band rende già disponibile un pacchetto di dodici postcard-songs le cui relative dodici canzoni saranno pubblicate nel corso di tutto il 2018, e rese disponibili ai possessori delle cartoline con 48 ore di anticipo rispetto ai canali streaming e digital-store tradizionali. Il 18 gennaio esce “Help Me” il primo singolo di MARLON, seguito dal secondo singolo “I’m still breathing”, pubblicato il 14 febbraio.

SupErba, uscito “Splendido” 2° singolo della rock band vicentina dal nuovo album “Non Seguo La Cura”

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Uscito il secondo singolo “Splendido” dei SupErbestratto dal nuovo album “Non Seguo La Cura”, distribuito e promosso da Alka Record Label.
“Splendido" non a caso esce il 14 febbraio, in occasione della festa dedicata agli innamorati. Questa canzone parla infatti di una storia d'amore sospesa tra ricordi che riscaldano il cuore e promesse non mantenute che lasciano l'amaro in bocca...ed è proprio questo contrasto di emozioni a creare la poesia.

supErba sono una rock band nata a Vicenza nel 2001 e riformatasi nel 2015. È composta da Keti Pertegato (voce), Riccardo Bittante (chitarra), Matteo Piccolo (basso) e Stefano Urbani (batteria). "Looking for...supErba" è l'album interamente autoprodotto che nel 2006 segna una tappa importante del loro progetto musicale ma é grazie alla collaborazione con l'etichetta ferrarese Alka Record Label che la band si arricchisce di nuovi stimoli e si chiude nuovamente in studio con grande determinazione.
Il 10 novembre 2017 esce l'album "Non seguo la cura", anticipato dal singolo “Anestesia” distribuito e promosso da Alka Record Label, frutto di un intenso lavoro di gruppo, di sinergia e passione che dimostra la vera pasta dei supErba e che rappresenta allo stesso tempo una nuova maturità musicale.

Registrato da Michele Guberti presso il Freedom Recording Studio
Prodotto da Massimiliano Lambertini, Michele Guberti e supErba
Mixato da Federico Viola, Michele Guberti e supErba presso l’Animal House Studio
Post-Produzione e Mastering di Luca Pernici
Video e grafica a cura di Produzioni Fantasma in collaborazione con Bastard-Art
Regia Luca Sammartin – Montaggio Velentina Sicco


Hairspray Il Musical, al Teatro Brancaccio dal 20 febbraio al 4 marzo con Giampiero Ingrassia. Regia Claudio Insegno

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Dopo aver trionfato a Broadway, il musical HAIRSPRAY torna in Italia con una nuova produzione firmata TEATRO NUOVO di Milano.
Con oltre 2.500 repliche a New York, i suoi 8 Tony Awards, ed il suo adattamento cinematografico con Zac Efron, John Travolta, Michelle Pfeiffer e Christopher Walken, HAIRSPRAY è pronto a conquistare tutta Italia nella stagione teatrale 2017/2018, dopo un primo passaggio al Teatro Nuovo di Milano, con musica dal vivo.
Lo spettacolo sarà in scena dal 20 febbraio al 4 marzo al Teatro Brancaccio di Roma. Sul palco Giampiero Ingrassia, diretto da Claudio Insegno, insieme a lui un cast di bravissimi performer.

HAIRSPRAY ci porta a Baltimora nei primi anni '60, nel bel mezzo del conflitto tra conservatori e progressisti, in lotta per l’integrazione delle persone di colore. Con questo Musical la musica e la danza diventano il mezzo migliore per esprimere lo spirito di ribellione e permettono di comunicare i valori che sono i pilastri essenziali di ogni democrazia.

La giovane e solare Tracy Turnblad, interpretata da Mary La Targia, nonostante qualche chilo di troppo, è un’ottima ballerina. Il suo sogno è quello di partecipare, con la sua amica Penny, allo show televisivo più visto per i giovani: il Corny Collins Show. Quando una delle protagoniste decide di lasciare il programma, la produzione va alla ricerca di un nuovo volto da lanciare. Tracy, grazie al suo talento, elimina tutta la concorrenza tra cui Amber Von Tussle, la giovane stella sostenuta dalla madre, che farà di tutto per eliminare dal programma la giovane Tracy additandola per la sua obesità e perché amica di persone di colore. Tracy però riuscirà ad ottenere il successo in Tv e conquisterà l’amore e si batterà per i ragazzi di colore, costretti a ballare in una zona separata del programma, perché abbiano libero accesso allo show televisivo.

HAIRSPRAY
Libretto: Mark O'Donnel, Thomas Meehan
Musiche: Marc Shaiman
Testi: Scott Whittman, Marc Shaiman

GIAMPIERO INGRASSIA - Edna Turnblad

MARY LA TARGIA - Tracy Turnblad

FLORIANA MONICI - Velma Von Tussle

GIANLUCA STICOTTI - Corny Collins

BEATRICE BALDACCINI - Amber Von Tussle

RICCARDO SINISI - Link Larkin

CLAUDIA CAMPOLONGO - Prudy Pingleton

GIULIA SOL - Penny Pingleton

ROBERTO COLOMBO - Wilbur Turnblad

ELDER DIAS - Seaweed J. Stubbs

LUCA SPADARO - Mr. Pinky/Harriman F.Spritzer

CRISTINA BENEDETTI -Little Insez/Dynamites

FRANCESCA PIERSANTE - The Dynamites

STEPHANIE DANSOU - The Dynamites

HELEN TESFAZGHI - Motormouth Maybelle

E con FABIO GENTILE – FEDERICA NICOLO'– MONICA RUGGERI - MARTINA LUNGHI – GIUSEPPE BRANCATO – MAX FRANCESE -ROBERT EDIOGU


L'Orchestra

Tastiera 2 Stefano Damiano - Chitarre Luca Bettolini e Marco Tersigni -
Basso Daniele Catalucci - Batteria Marco Campagna – Reed 1 Ezio Allevi – Reed 2 Alessio Zanovello - Tromba Marcello Ronchi – Trombone Pietro Spina – Violini Carmelo Emanuele Patti e Chiara Tofani


Disegno Luci - Alin Teodor Pop

Disegno Audio - Simone Della Scala

Riadattamento Scene - Roberto e Andrea Comotti

Costumi ripresi da Alessia Donnini

Trucco – Chiara Mastellaro

Foto - Luca Vantusso/Angela Bartolo LKV Photo Agency

Direzione Musicale/Tastiera 1 – M° Angelo Racz

Coreografie - Valeriano Longoni


REGIA CLAUDIO INSEGNO

TEATRO BRANCACCIO
Dal 20 febbraio al 4 marzo 2018
Orari: dal martedì al venerdì ore 21, sabato ore 17 e 21, domenica ore 17
Prezzi da 23 a 55 euro

"La Signora delle camelie" con Marianella Bargilli Ruben Rigillo Silvia Siravo Carlo Greco regia Matteo Tarasco dal 27 febbraio al Teatro Quirino

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Margherita Gautier è la più bella cortigiana della città conosciuta come 'la signora delle camelie'. Questi sono i fiori che lei teneva con sé quando si recava al teatro. Il personaggio è ispirato a Marie Duplessis, celebre cortigiana parigina divenuta contessa di Perrégaux.

Sono tutti ciechi, perché non sanno amare
Note per la messa in scena de LA SIGNORA DELLE CAMELIE
Il romanzo di Dumas Fils è un viaggio nel profondo dell’animo umano, ove le contraddizioni più aspre si fondono, per restituire un’immagine del mondo vividamente controversa. 
Mettere in scena LA SIGNORA DELLE CAMELIE, capolavoro della letteratura francese dell’Ottocento, che alla sua prima apparizione sconvolse l’immaginario collettivo, vuole essere un tentativo di riacquistare, attraverso la fascinazione del palcoscenico, i valori della parola poetica, che crediamo oggi debba imporsi su altri linguaggi che dicono e spiegano, ma non insegnano il senso. Mettere in scena LA SIGNORA DELLE CAMELIE significa essere appassionati; per mettere in scena LA SIGNORA DELLE CAMELIE dobbiamo essere fisici. Ma dobbiamo anche ricordare che le parole bruciano, che le parole si fanno carne mentre noi parliamo e quindi anche parlare, anche raccontare una storia è un gesto fisico. Oggi la lingua non è più del cuore, come diceva Paracelso, ma della mente. La parola soccombe nelle paralizzanti spire dell’ossessione comunicativa, stritolata da un’angoscia semantica. Per mettere in scena LA SIGNORA DELLE CAMELIE noi dobbiamo avere il coraggio di essere nuovamente eloquenti. Dobbiamo ricordare che le parole sono potenze che esercitano su di noi un potere invisibile, le parole hanno effetti blasfemi, creativi, annientanti, ma anche protettivi, persuasivi, le parole possono cauterizzare le ferite del cuore. Dumas Fils crede alla sottomissione della psicologia alla fisiologia, le istanze di Physis, del corpo, orientano le esigenze di Psyche, dell’anima. Ha scelto di raccontare le storie di personaggi completamente sopraffatti dai nervi e dal sangue, spinti ad agire nella vita dalla fatalità della carne. 
LA SIGNORA DELLE CAMELIE è una storia cupa e disperata, che oscilla pericolosamente nell’incerto territorio in cui danzano avvinghiati Eros e Thanatos. È una storia assoluta, spietata, estrema, senza margini di riscatto, senza limiti. 
Attraverso l’azione drammatica del cerchio fatale della Nemesi, che avvinghia ineludibilmente i personaggi della storia, s’intravede un altro indissolubile legame, quello economico, che costringe i personaggi a condividere un unico spazio vitale. Davanti al minimo segno di benessere materiale, l’essere umano è pronto a tutto, in questo mondo il denaro trasforma la fedeltà in infedeltà, l’amore in odio, la virtù in vizio, il vizio in virtù, il servo in padrone, l’insensatezza in giudizio e il giudizio in insensatezza. Poiché il denaro, in quanto valore astratto, mescola e scambia tutte le cose, il denaro è in generale una mescolanza.
In questa storia ci sono soltanto colpevoli e ognuno porta con sé la propria condanna, in un mondo che costringe le persone a rapporti mostruosi e selvaggi, li condanna a vivere nel circolo vizioso di viltà e vigliaccheria. Bestie umane si agitano sulla scena del mondo borghese. 
Il sentimento stilistico della regia incarnerà l’infausta fissità delle maschere tragiche e la minuta quotidianità della vita quotidiana di tardo ottocento. Questo conflitto tra grandiose passioni e l’implacabilità del destino deve essere mostrato con la chiarezza e la severità compositiva di una fotografia ingiallita di Eugène Atget; con la radicalità espressionista di un autoritratto di Edward Munch; con la tendenza all’unità emozionale di un’opera di Verdi. 
La storia va immersa nell’atmosfera stantia e decadente del tetro locale notturno ove esercita come anima morta, Margherita, un regno di tenebra, dove raramente filtra un raggio di sole.
“Bisognerebbe poter mostrare i quadri che sono sotto i quadri”, diceva Pablo Picasso. Mettendo in scena LA SIGNORA DELLE CAMELIE ci proveremo, consapevoli che sul palcoscenico, come nella vita, noi vediamo “persone”, non vediamo “storie”, e tanto meno sentiamo “pensieri”. Ciò che si svolge davanti ai nostri occhi sul palcoscenico non è una storia: uno spettatore vede semplicemente persone, attori che mimano, vari stati di calma, di eccitazione, persone che mangiano, che parlano, che ridono. Le scene che lo spettatore vede sono in relazione ad altre scene, che in sequenza, forse, possono suggerire una storia. La storia, se c’è una storia, deve essere dedotta dalle loro espressioni, dalle loro parole, dalle loro azioni. La storia risiede dentro le persone, motiva i loro comportamenti, ma certamente non è visibile. La vita non ci racconta storie. Ogni storia è frutto della fantasia, dell’immaginazione, ogni storia è ciò che vediamo con l’occhio del cuore.  Matteo Tarasco
27 febbraio 11 marzo
Gitiesse Artisti Riuniti
MARIANELLA BARGILLI
 RUBEN RIGILLO   SILVIA SIRAVO
con CARLO GRECO
LA SIGNORA DELLE CAMELIE
da Alexander Dumas fils
costumi Accademia Costume&Moda, Roma - 1964
diretta da Andrea Viotti
musiche Mario Incudine
luci Gigi Ascione

adattamento, scene e regia MATTEO TARASCO

personaggi e interpreti
Margherita Gautier Marianella Bargilli
Armando Duval Ruben Rigillo
Monsieur Duval Carlo Greco
Prudance Silvia Siravo


Lo spettacolo ha una durata di 1 ora e 30 minuti, atto unico
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