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Laura Benedetti, il nuovo romanzo "Secondo piano": una critica aperta al sistema di istruzione americano. La recensione

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di Amedeo Di Nicola - Un libro ci lascia sempre un segno, una morale, se vogliamo un’intuizione.
Nel secondo romanzo di Laura Benedetti, che arriva a due anni di distanza da “Un paese di carta”, pubblicato sempre da Pacini Editore, di segni ce ne sono diversi, da cogliere, da portare con sé per qualche giorno, dopo che le pagine si sono chiuse sulle storie e la mente ha elaborato quello che si è letto. È un romanzo complesso, scritto con un linguaggio volutamente semplice, che vuole essere compreso, che vuole riempire il tempo di chi legge e stimolare riflessioni, ma senza eccessivi manierismi, intellettuale si lo è. Come “Un paese di carta” appare diviso in due, secondo una sequenza temporale che si snoda tra le ore dell’ordinaria esistenza, la vita immobile per dirla con la Yourcenar e quello che ti accade, a volte, in uno dei giorni sempre uguali dello scorrere borghese del tempo.
L’inizio è per i cinefili: lento come una sceneggiatura di un film di Sergio Leone, in un lungo slow-motion, che ricorda non a caso una scena di “Match Point” di Woody Allen, palesa in una completa introspezione, quasi tutto quello che di Fede, il protagonista, dobbiamo sapere. Insegnante, emigrante, italiano istruito, cittadino del mondo, orgoglioso delle nobili origini della sua cultura, costretto quotidianamente a fuggire la vergogna degli stereotipi, alimentati dalla politica nostrana.
Poi l’oggetto reale della protesta, mai celato nelle pagine del libro, si mostra chiaramente, in una critica aperta al sistema di istruzione americano, da cui tanto e acriticamente anche il bel paese sta mutuando le proprie direttive scolastiche. Quindi in una piccola Università americana, gli alunni diventano clienti, gli insegnanti commessi, la cultura, o meglio il titolo accademico, merce: «Pur di cercare di attirare in qualche modo i clienti c’era chi faceva di tutto, prometteva corsi di cucina, inviti a cena, biscottini fatti in casa a ogni lezione e naturalmente comprensione illimitata e voti generosi. Internet aveva fatto il resto, con siti appositi che permettevano agli studenti, protetti dall’anonimato, di mettere alla gogna i professori. I più popolari, invariabilmente, erano quelli che, a detta degli stessi individui che compilavano i giudizi, elargivano voti altissimi, non assegnavano compiti o letture, somministravano solo test a risposta multipla, intrattenevano affabilmente. Gli studenti, prima di iscriversi a un corso, consultavano il sito per poi dirigersi in massa verso chi prometteva il massimo del risultato, il minimo dello sforzo e magari anche bella presenza e doti culinarie».
Accade poi, come le cose che accadono per caso, che in questo ambiente così già provato nei sentimenti e nelle relazioni vi sia una morte, improvvisa e misteriosa, pronta ad alimentare un vero e proprio giallo, dove solo chi è più puro cercherà la verità, imbattendosi di volta in volta in echi di Eco, da il Nome della Rosa, presente come un filo, dal nome di uno dei protagonisti, ad un “Finis Africae” poetico, che cela la risposta alle tante domande, che indica un colpevole tra i tanti sospetti.
Accade che un soggetto impensabile entri dal romanzo in un altro romanzo, nella casa di Raskolnikov, con una leggerezza unica, trascinante, inebriante, mentre il mondo al di fuori, compreso da pochi non riesce ad afferrare tanta profondità poetica, disprezzando anzi con la superficialità dell’ignoranza, quanti riescono ancora a perdersi tra le pagine di un libro.
Accade che ogni innovazione ti par vana, in ogni principio di rivolta si veda una restaurazione della peggior specie e non si riesca a coglierne il giusto (forse perché non vi è) sperando quasi di essere sottratti al tempo. Accade in fondo che pochi poeti, insegnanti, sognatori, si ergano a difensori culturali del rinascimento, viva barricata contro l’ingresso delle lezioni di cucina tra le arti del quadrivio, prima di comprendere che forse, ai tempi nuovi che incalzano occorre rispondere con metodi nuovi, perché è impossibile sottrarsi al tempo.
Tutto questo accade nel tempo di cento ottantanove pagine, troppo poche per potersi permettere di interrompere la lettura, una volta che si è iniziato a sfogliarle.
Per me è un’altra scoperta, un altro libro da non archiviare, da tenere vicino per rileggerne qualche passo quando la mente ne richiama il ricordo, è il libro che regalerò a Natale a tutti gli amici insegnanti, con viva raccomandazione di comprarne uno per i presidi e ai presidi di incartarne uno per i direttori scolastici, sperando che almeno una copia arrivi ai vertici del MIUR e venga compresa.

Titolo: Secondo Piano
Autore: Laura Benedetti
Editore: Pacini Editore
Collana: Narrativa
Data di Pubblicazione: Ottobre 2017
Prezzo: € 12.00
ISBN-10: 8869952630
ISBN-13: 9788869952630
Pagine: 189
Disponibile su: Sito dell’editore (Pacini), IBS, Amazon.
Laura Benedetti insegna letteratura italiana alla Georgetown University (Washington, D.C., U.S.A.). Tra i suoi lavori figurano La sconfitta di Diana. Un percorso per la «Gerusalemme liberata», la traduzione inglese di Esortazioni alle donne e agli altri di Lucrezia Marinella e The Tigress in the Snow. Motherhood and Literature in Twentieth-Century Italy, vincitore del Premio Flaiano per l’italianistica. Nel 2015 ha pubblicato per Pacini il suo primo romanzo, Un paese di carta.


Galleria Borghese, fino al 4 febbraio 2018 una stupenda mostra dedicata a Gian Lorenzo Bernini

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Inaugurata il primo novembre alla galleria Borghese una stupenda mostra dedicata a Gian Lorenzo Bernini per celebrare i vent’anni dalla riapertura della magnifico museo.
Le opere realizzate dal Bernini in un colloquio stretto con il padre Pietro partono dai restauri che a quei tempi erano reintegrazioni dei marmi antichi, come nel caso dell’ermafrodito che per l’occasione torna a casa, da Parigi, ed è visibile nell’omonima sala in cui c’è tutta la suggestiva storia di Salmace la ninfa naiade che rifiutò l'obbligo di verginità, proprio del culto di Diana, in favore dell’amore del giovane dio Ermafrodito. Con un dialogo inesauribile e il rispetto persino dei colori dei marmi a contorno, il risultato è un’incantevole valorizzazione delle opere visionabile che proseguendo nel percorso portano il visitatore ad ammirare anche le celebri sculture, conservate nel museo, come Enea, Anchise e Ascanio un gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini, eseguito tra il 1618 e il 1619.

Ad arricchire la mostra tanti preziosissimi prestiti come la testa di “Anima dannata” e un’incredibile galleria di busti in marmo e bronzo che ci riportano alla grandezza di ciò che fu il genio e talento esecutivo di questo grandissimo maestro.
La Villa Borghese, contiene il nucleo più importante e spettacolare di marmi berniniani, essendo così naturalmente la sede la e scena privilegiata per considerare l’insieme della produzione dell’artista con anche una messa a fuoco dello stretto rapporto pittura-scultura da cui, nel corso degli anni venti del seicento, si formulò il linguaggio Barocco.
Le singole sezioni della mostra, affidate a specialisti che da tempo si occupano del grande artista, sono Andrea Bacchi, Maria Giulia Barberini, Anna Coliva, Anne-Lise Desmas, Luigi Ficacci, Stefano Pierguidi.
La mostra è visitabile fino al 04 Febbraio 2018.

Ester campese

CAVEMAN. L’uomo delle caverne di Maurizio Colombi: il divertimento è esagerato. L'intervista di Fattitaliani

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Il 4 novembre, alla Sala Umberto di Roma “CAVEMAN. L’uomo delle caverne” interpretato da Maurizio Colombierede italiano del personaggio ideato da Rob Becker, autore del testo originale, frutto di attenti studi di sociologia, mitologia, antropologia e sociologia. Il pubblico sarà accolto dalla Cave Band, tastiera: Davide Magnabosco, basso: Angelo di Terlizzi, chitarra: Max Zaccaro, batteria: Americo Costantini, fiati: Marco Brioschi. 

Caveman è uno spettacolo sulla coppia che riesce a guardarsi con gli occhi degli altri. Cosa vede? 
Scopre delle cose che è difficile conoscere dall’interno. Le donne scoprono immediatamente delle risposte, gli uomini invece ci mettono un po’ e sono i miei preferiti come pubblico. In Caveman la scoperta di alcune dinamiche all’interno della coppia escono in maniera divertente, comica e c’è una differenza sostanziale su come reagiscano gli uomini e su come reagiscano le donne all’ironia. Il divertimento è esagerato, si ride subito dall’inizio alla fine, fino alle lacrime e mentre ridono, si rendono conto della realtà, scoprono alcune cose. Ci sono delle coppie che ormai mi scrivono da un po’ di anni come se io fossi un terapeuta di coppia e devo spiegare che sono solo un attore. Ho delle coppie che mi seguono da molti anni, tanto che a Milano, lo facciamo tra i corsi prematrimoniali. Un centinaio di coppie che vengono a chiedermi l’autografo, mi esternano i loro problemi ed io dico che non posso esprimermi da un punto di vista professionale. E’ uno spettacolo che non finisce mai, si è evoluto nel tempo. Ci sono coppie che l’hanno visto tantissime volte; altre che vengono con il fidanzato vecchio, poi con quello nuovo, poi con il marito, soprattutto al Nord. Dicono che il rapporto di coppia sia uguale dappertutto, invece trovo una grandissima differenza a seconda del posto dove lo faccio. Lo spettacolo è stato fatto da Lugano a Catania. L’unico posto dove non sono stato è la Calabria. 

Ogni spettatore si riconosce, si confronta, si diverte. In quale di questi aspetti si riconosce maggiormente? 
C’è un’identificazione massiccia, forte. E’ chiaro che è tutto paradossale nel momento in cui si ritrovano nelle abitudini dell’uomo e viceversa. Si ritrovano nell’insieme delle cose, nel finale dello spettacolo che è molto bello, alla fine c’è un messaggio pro - coppia. Parlo della famiglia, del mondo gay, degli ultimi uomini rimasti che sono out perché ormai il mondo è in mano alle donne ed ai gay e l’uomo è rimasto un po’ “Coglione” in mezzo, non ha un’identità ed ha difficoltà ad affrontare i problemi. 
Cosa ti raccontano le donne che vengono a trovarti in camerino? Di tutto di più, a volte rimango esterrefatto. Una coppia che aveva un’edicola è venuta a chiedermi come superare la difficoltà di stare insieme tutto il giorno. Mi hanno detto che avevano deciso di lasciarsi per un mese ma era impossibile visto che dividevano lo stesso ambiente di lavoro. Subito dopo hanno incominciato ad abbracciarsi, a baciarsi e a piangere.  Mi sentivo un cretino senza competenze per risolvere i loro problemi. 
Sei anche regista di Peter Pan e Rapunzel e tanti altri spettacoli. Qual è quello che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
Sicuramente Peter Pan è quello con cui ho vinto più premi, Il Premio Gassman, due Biglietti d’oro, il Riccio d’Argento. Penso che Rapunzel sia stato confezionato molto bene e mi sono auto censito perché la precisione non è il mio forte, sono molto più bravo nel lato organizzativo. Ma devo dire che è una macchina da guerra. Elisabetta Ruffolo.   


Teatro Lo Spazio, dal 7 al 12 novembre "Se ci sei batti un colpo" con Fabio Mascagni

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Un solo attore, molti personaggi, una storia surreale e tragicomica per indagare, attraverso la vita di un giovane uomo che ha tutto ciò che gli serve, tranne il cuore, un tema caro a chiunque abbia mai avuto il dubbio se davvero valga o no la pena vivere.
Ma la domanda del personaggio e la sua straordinaria esistenza di senza cuore sono anche una lente per osservare, con ironia politicamente scorretta e poesia, tutto ciò che fa della vita il regno della meraviglia e della noia, della normalità e della follia, del desiderio e dell'incomprensione: dalle relazioni famigliari a quelle sentimentali, dall'amicizia al lavoro, dalla visione spirituale a quella scientifica, dalle domande dei bambini ai dubbi degli adulti. A cosa serve vivere, se non hai il cuore?
DALL'7 AL 12 NOVEMBRE
Dal martedì al sabato ore 20.30
domenica ore 17.00
SE CI SEI BATTI UN COLPO
Di Letizia Russo, Regia Laura Curino
Con Fabio Mascagni
Biglietto intero 12 euro
Biglietto ridotto 9 euro
Tessera semestrale 3 euro

Teatro Lo Spazio, Via Locri, 42 Roma  0677076486  0677204149
info@teatrolospazio.it


WWW.TEATROLOSPAZIO.IT

Recital, Gianfranco Jannuzzo a Fattitaliani: dopo le stragi la Sicilia è cambiata. L'intervista

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Al Teatro Ghione fino al 5 novembre “Recital” di Gianfranco Jannuzzo e Renzino Barbera. Intervistare Gianfranco Jannuzzo è sempre un piacere, lo seguo da tempo ma ogni volta colgo sfumature diverse. Partendo da "Recital" la sua forma di spettacolo prediletta, abbiamo spaziato verso altri argomenti.

Orgoglioso di essersi “patentato” alla Scuola di Proietti che gli ha dato la possibilità di destreggiarsi tra vari generi, riuscendo sempre a catturare la complicità del pubblico. Lo fa anche in Recital in cui parla della sua infanzia, della sua Terra in cui ci sono lavori in corso da secoli, del mare che influenza l’umore e delle donne che sono Dio e Terra. Accompagna il Pubblico alla risata ma diventa serio quando parla della sua terra che è passata dallo Stupor Mundi di Federico II all’orrore delle stragi. Il pubblico ammutolisce e lo segue, il silenzio viene rotto da un applauso lunghissimo e Gianfranco ride perché ha piacere di accogliere l’abbraccio finale del pubblico.  
Recital, perché? 
È una forma di spettacolo che prediligo, ciclicamente ho bisogno di saggiare il mio pubblico da solo ed è una grandissima responsabilità perché stare da solo in scena per due ore, ininterrottamente, per il pubblico è faticoso ma se io interrompo diventa faticoso per entrambi. Per mia grande fortuna, mi sono formato alla Scuola di Proietti e ne sono orgoglioso perché mi ha consentito di visitare tutti i generi teatrali, il comico, il drammatico, la pochade, la commedia brillante, quella musicale, senza fare alcuna distinzione di sorta. La disciplina è unica, il rapporto che si crea con il pubblico è di grande complicità e non può che essere quello. Tanto è vero che quest’anno dopo il Recital, riprenderò “Il Berretto a Sonagli” di Pirandello e poi a dicembre, insieme a Deborah Caprioglio, “Alla faccia vostra” una commedia francese di Pierre Chesnot, molto divertente che sarà a Roma a marzo al Teatro Quirino. Recital è Un One Man Show prevalentemente comico anche se in mezzo ci sono dei brani di sapore teatrale, in cui si parla di sentimenti, pulsioni, esigenze, valori umani.  Se lo merito mi fa piacere avere l’abbraccio del pubblico. L’attore ha voglia di recitare e di comunicare e non c’è comunicazione migliore di quella immediata e straordinariamente efficace come quella che passa attraverso le tavole del palcoscenico. In questo spettacolo metto insieme, i miei cavalli di battaglia cioè pezzi rodati che ho già provato tante volte con il pubblico e molti dei quali sono già conosciuti e te li richiedono, con pezzi di sapore diverso, inediti che costituiscono una sorpresa per il pubblico. 

Tra i tuoi cavalli di battaglia quale ami di più e perché? 
Tra i pezzi più famosi che il pubblico mi richiede sempre, c’è “I tre camerieri” che è stato lo sketch con il quale mi sono fatto conoscere ed apprezzare. Sono molto legato ad esso perché siccome adoro i dialetti, in quel modo un po’ virtuosistico ma in realtà molto divertente, spiego la differenza tra i vari dialetti siciliani. La sera della Prima non c’era, l’ho inserito dopo perché molti amici mi avevano fatto i complimenti perché parlavo siciliano ed era facile essendo siciliano. Gli ho risposto che in Sicilia, esistono vari dialetti come in tutte le altre Regioni. Mi sono preso il compito di spiegare a questi amici, le varie differenze e sfumature, usando il dialetto palermitano, catanese e messinese. E’ un pezzo molto efficace e divertente, comico ma che riesce a mostrare un po’ di virtuosismo.
La Sicilia è la terra dello Stupor Mundi di Federico II° ma è anche la terra dell’orrore. Quanto è cambiata la Sicilia da quando eri bambino ad adesso? Ci sono stati cambiamenti epocali e fondamentali, purtroppo a causa di quel fenomeno terribile che ci affligge da sempre. Federico II° aveva lasciato una traccia indelebile per tutti i siciliani già dalla nascita ossia la capacità imprescindibile di vivere e condividere con culture diverse se non opposte alle nostre, a patto di rispettarle e di farle rispettare. A quei tempi, in Sicilia potevano convivere culture diverse come quella musulmana, araba. C’erano culture ebraiche importantissime già ad Agrigento, la mia città natia. Arabi, Greci, Normanni hanno lasciato anche monumenti straordinari come la Cattedrale di Palermo.  I Romani che hanno lasciato templi meravigliosi ed i più bei Teatri del mondo. Da queste Culture abbiamo preso il meglio e nel nostro animo abbiamo la capacità di vivere con gli altri che per noi sono fondamentalmente importanti. E’ dal confronto con gli altri che nasce la nostra complessità di siciliani che adopero come metafora, la complessità e ricchezza che siamo noi italiani e che agli occhi degli altri siamo interessanti proprio perché così diversi tra di noi. 
La Sicilia è cambiata molto perché a causa delle stragi così terribili, contro Falcone e Borsellino e le rispettive scorte, si è creata una linea di demarcazione molto netta tra il prima ed il dopo. Prima di allora, qualche siciliano a qualunque livello, girava la faccia per non ammettere. Dopo quelle stragi ci siamo riuniti, prendendoci per mano, per dire “adesso basta”. C’è stato un cambio anche nell’atteggiamento e nell’insegnamento ai giovani. Si cominciarono a diffondere notizie per dire che i mafiosi sono il male assoluto, sono dei vigliacchi, sparano alle spalle. Non sono uomini d’onore! Che onore c’è ad uccidere un bambino ed a scioglierlo nell’acido? Che onore c’è a chiedere il pizzo a qualcuno che lavora per portare a casa il pane ai propri figli? Che onore c’è ad uccidere un Carabiniere che stava facendo il suo lavoro per 1000 euro al mese? Sono dei disonorati, dei fetenti, escrementi umani ma non uomini d’onore. Per fortuna questa cosa ha attecchito nelle nuove generazioni ma anche in quelle vecchie che hanno sentito finalmente il dovere di insegnare queste cose. È cambiata eccome la Sicilia!


Elisabetta Ruffolo  

THE BANKROBBER, “Closer” il nuovo singolo della giovane band trentina

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“Closer” è il nuovo singolo e videoclip della giovane band trentina The Bankrobber che anticipa l’attesissimo nuovo album “Missing” in uscita il 9 Febbraio 2018 per Vrec/Alka Record Label (Audioglobe distribuzione).
La band completa la svolta internazionale del proprio sound con forti richiami a Killers, Arctic Monkeys, Biffy Clyro e tutta la British New Wave del nuovo millennio passando definitivamente alla lingua inglese dopo gli esperimenti in italiano degli esordi. La doppia voce di Giacomo e Maddalena, fratello e sorella nella vita, arricchiscono il progetto. “Closer”, corredato da uno splendido videoclip realizzato da Jordi Penner che vede duettare sott'acqua due amanti, è un crescendo emozionale che esplode in un refrain coinvolgente. Un amore tanto forte quanto doloroso che porta ad una divisione necessaria: «Io sono umano, tu sei perfetta - canta Giacomo nel brano - ci siamo incontrati ma siamo distanti, mi dispiace che ci siamo avvicinati». La copertina del singolo, dal 26 ottobre disponibile in tutti gli store digitali e piattaforme streaming, è stata creata dall’artista Laurina Paperina, disegnatrice e pittrice di fama internazionale. “Closer” vede la produzione artistica di Massimiliano Lambertini e Michele Guberti (Argento, Balto, Angelucci, Animarma) nello studio Freedom Recording Studio a Ferrara. La band è attesa ad un tour internazionale che partirà a Febbraio e toccherà Italia, Francia, Spagna Portogallo.

The Bankrobber devono il loro nome all’omonima canzone dei Clash. La formazione attuale è composta da Giacomo Oberti (voce e chitarra) e Maddalena Oberti (voce e tastiere) e gli amici Andrea Villani (basso e cori) e Stefano Beretta (batteria e cori). Dopo la vittoria a Rock Targato Italia nel 2009 la band inizia a suonare in tutta la penisola con continuità. Nel 2012 entrano a far parte del disco  “Le Canzoni ai Testimoni” di Enrico Ruggeri con la loro versione del brano “Senorita” duettando con il celebre cantautore. Nel 2014 arriva l’esordio in italiano con l’album “Gazza Ladra”. 
Nel 2015 la band pubblica due singoli tra cui la cover di Elvis Presley “Always on my Mind” e “Good Road to Follow” mentre nel 2016 arriva il primo EP in inglese “The Land of Tales” da cui sono estratti i singoli “Childhood” e “Pier39” (segnalati da Mtv New Generation). A fine 2017 esce “Closer” primo singolo estratto da “Missing” in uscita a Febbraio 2018 per Vrec/Alka Record Label, prima coproduzione delle due etichette indipendenti (distribuzione Audioglobe). 

Management: Gun Club Management. 
Label /Promo: Vrec /davvero comunicazione David Bonato (Press) / Alka Record Label Massimiliano Lambertini (Radio)

Buy/Listen “Closer” The Bankrobber

HELIANA, in radio “SO DIFFERENT” singolo dal sound internazionale

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“So different” nasce sull’onda di un viaggio e raccoglie tutte le sfumature di una ragazza ferita dall’amore ma con tanta voglia di cambiare senza pensare al passato. La canzone esprime la voglia di percepire tutte le sfaccettature che la vita può donare, rendendo il domani migliore.

Il brano abbraccia sonorità soul e R&B dando importanza anche a suoni e arrangiamenti che strizzano l’occhio al pop internazionale contaminato d’elettronica.

Guarda qui il video su YouTube
Heliana entra a far parte della Stay Record nei primi del 2017 interpretando e pubblicando a maggio un EP dedicato a Beyonce, sua musa musicale. Attualmente sta lavorando ad un album di inediti.

Radiodate: venerdì 13 ottobre
Etichetta: Stay Record
BIO 
Eliana Toriello, in arte Heliana, figlia del  Maestro Gaetano Toriello, ha partecipato a vari festival della canzone locale e provinciale da quando aveva tre anni, riscuotendo ampi consensi da parte del pubblico e della critica. Ha iniziato a studiare tromba all’età di tre anni. Successivamente ha intrapreso lo studio del pianoforte i cui studi si sono protratti fino all’età di 12 anni.
In seguito ha deciso di dedicarsi al canto, cercando di perfezionarsi con lo studio corale sotto la guida di suo padre musicista compositore e direttore di coro, ha fatto parte di cori parrocchiali e tra le ultime esibizioni vi è quella, diretta da suo padre, al Quirinale in presenza del presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Nel 2009 ha vinto il primo posto al “Festival della canzone di Pietra Santa” in San Giovanni a Piro (SA).
Nel 2010 si è classificata al primo posto al “Festival Stella per una notte” in Sordina (SA) e l’anno successivo ha partecipato all’omonimo festival in Verona in qualità di ospite.
Ha partecipato ad uno stage di canto a Paestum (Sa) tenuto dal maestro Luca Jurman. Dall’agosto 2011 ha lavorato per la casa discografica PPD PRODUCTION.
Ha cantato in varie manifestazioni come ospite tra cui il Festival Internazionale canoro per diversamente abili, Ragazza cinema ok 2011/2012; Pub live Festival, Stelle emergenti, Note d’amore e d’infinito, Festival Lago d’Orta, Tour area Sanremo, Tour radio Italia.
Si è esibita a Casa Miss Italia 2012 accompagnata al pianoforte dal maestro Vince Tempera.
Nel mese di settembre 2011, presso il Casinò Campione d’Italia, ha presentato il suo primo singolo “Io vivo“. Ha cantato al Festival di Eboli 2012 “Un amore cosi grande “di C. Villa sotto la direzione del M ° Vince Tempera. Ha partecipato come ospite alla trasmissione televisiva Musicontheroad di Sky. E’ arrivata alle semifinali di Sanremo Social 2012 con il brano “Ho bisogno di te” di Mimmo Cavallo. Ha cantato in diretta nel 2012 per la redazione di Affari Italiani. Ha ricevuto il premio AFI giovani emergenti del 2012.
Ha partecipato come ospite a Channel tv nel 2012. Nel 2012 comincia la nuova collaborazione musicale con “L’augustea” con sede in Lugano, nella persona di Umberto Martinotti e anche dirigente della concessionaria di mediaset: “Publitalia”. In seguito, nel 2017, intraprende una nuova collaborazione con la “stay record “etichetta discografica milanese capitanata dal maestro Vincenzo Camporeale, esperto musicista e discografico con il quale sono state realizzate delle cover di Beyonce in uscita sui migliori digital store. 

Contatti e social
Instagram instagram/heliana_84

PFM, nuovo album "Emotional Tattoos" al 1° posto della classifica dei vinili più venduti

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“Emotional Tattoos” entra subito in vetta alla classifica dei vinili più venduti della settimana conquistando il primo posto; mentre entra al decimo posto della classifica dei dischi più venduti della settimana.

L’album (uscito il 27 ottobre, per InsideOutMusic/SonyMusic), è arrivato a 14 anni di distanza dall’ultimo album di inediti, PFM - Premiata Forneria Marconi torna sulle scene della musica mondiale con. L’album è pubblicato contemporaneamente in due versioni diverse tra loro (una italiana e una inglese).

Dopo “QUARTIERE GENERALE”, è in rotazione radiofonica “LA LEZIONE”, il secondo singolo estratto dall’album. «Imparare a credere in noi è la lezione più importante» racconta Pfm in questo brano che è stato scelto come brano di chiusura del film “Anima” (per la regia di Rosario Montesanti e Pino Amendola, in uscita in primavera).

“Emotional Tattoos” è disponibile in diverse edizioni per soddisfare tutte le esigenze di appassionati e non: Nero 2LP+2CD (Vinile versione inglese e doppio cd italiano e inglese), EDIZIONE LIMITATA (solo per l’Italia) Trasparente arancione 2LP+CD (vinile e cd versione italiana), edizione speciale 2CD Digipak (cd versione italiana e inglese / International version), 2CD Jewelcase (cd in versione italiana e inglese / US version), CD Jewelcase (cd in versione italiana / disponibile solo in Italia), Digital album (cd in versione italiana e inglese).

"Emotional Tattoos", è una album dalle sonorità internazionali che conferma, oggi più che mai, che la band non può essere racchiusa in vecchie e consumate etichette. "Emotional Tattoos", trova la sua ispirazione nella visione odierna del pianeta e nel rapporto musica-sogno. Esprime una energia consapevole, capace di abbracciare l’ascoltatore, stimolando nel profondo la sua immaginazione.
Non sono solo canzoni, sono tatuaggi emotivi che puoi sentire sulla pelle.

Queste le prossime tappe dell’”Emotional Tattoos Tour” (organizzato da D&D concerti): 14 Novembre a TORINO (Teatro Colosseo); 15 Novembre a GENOVA (Teatro Carlo Felice); 23 Novembre a TRENTO (Auditorium Santa Chiara); 25 Novembre a ZOETERMEER in Olanda (De Borderij); 1 Dicembre a PADOVA (Gran Teatro Geox); 2 Dicembre a VARESE (Teatro Openjobmetis); 29 Dicembre a BARI (Teatro Petruzzelli); 30 Dicembre a CASTROVILLARI (Teatro Sybaris). Poi approderanno In Giappone: 9 e 10 Gennaio a TOKYO (Billboard - Doppio concerto); 11 Gennaio a OSAKA (Billboard)- Doppio concerto; 31 Gennaio a BOLOGNA (Teatro Duse); 2 Marzo a MILANO (Teatro Dal Verme); 9 Marzo a BRESCIA (PalaBrescia); 11 Marzo a ASSISI-Santa Maria degli Angeli (Teatro Lyrick); 12 Marzo a ROMA (Teatro Olimpico); 13 Marzo a NAPOLI (Teatro Augusteo); 23 Marzo LA SPEZIA (Teatro Civico); 24 Marzo a MONTECATINI (Nuovo Teatro Verdi). Poi sarà la volta del Brasile: 20 Aprile a SAN PAOLO (Espaco das Amaericas); 21 Aprile a RIO DE JANEIRO (Vivo Rio); 22 Aprile a PORTO ALEGRE (Bourbon Country); 23 Aprile a BELO HORIZONTE (Teatro Palacio dad Artes); 25 Aprile in Chile CONCEPCION (Teatro de la Universidad de Concepcion); 26 Aprile in Chile SANTIAGO DEL CHILE (Teatro Oriente); 28 Aprile in Argentina a BUENOS AIRES (Teatro Coliseo); 30 Aprile in Perù a LIMA; 3 Maggio in Messico a CITTÀ DEL MESSICO (BlackBerry Hall); per poi trasferirsi negli Usa: 6 Maggio a GETTYSBURG – (Majestic Theater); 7 maggio a NEW YORK CITY (Highlineballroom); 8 maggio a CHICAGO (Reggies Live); 12 Maggio a LEGNANO - Teatro Galleria….tour sempre in aggiornamento!

PFM Premiata Forneria Marconi è un gruppo musicale molto eclettico ed esuberante, con uno stile distintivo che combina la potenza espressiva della musica rock, progressive e classica in un'unica entità affascinante. Nata discograficamente nel 1971, la band ha guadagnato rapidamente un posto di rilievo sulla scena internazionale, entrando nel 1973 nella classifica di Billboard (per “Photos Of Ghosts”) e vincendo un disco d'oro in Giappone. Continua fino ad oggi a rappresentare un punto di riferimento. Recentemente PFM è stata premiata con la posizione n. 50 nella "Royal Rock Hall of Fame" di 100 artisti più importanti del mondo.

twitter   @pfmufficiale

Teatro L'Aura, dall' 8 al 12 novembre con Gaia Contrafatto e Virginia Risso

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Dall'8 al 12 novembre il Teatro L'Aura ospita Manola. Lo spettacolo, tratto dal testo di Margaret Mazzantini vede in scena Gaia Contrafatto e Virginia Risso.

Ortensia, spettrale e nerovestita, e Anemone, raggiante e coloratissima: due gemelle talmente diverse da rappresentare gli opposti archetipi della femminilità. Introversione contro estroversione, profondità contro superficie, tanti problemi contro nessun problema. Con tutte le loro differenze, Ortensia e Anemone sono accomunate da un’esilarante capacità di raccontarsi, da una gustosissima rappresentazione-confessione della propria femminilità. E non solo. Nella roulotte della maga Manola, si scoprirà che i ruoli si possono benissimo invertire: che la donna nera e la donna variopinta non sono due entità distinte, due estranee sorelle, ma le due facce della luna.

MANOLA
Tratto dal testo di Margaret Mazzantini
con Gaia Contrafatto e Virginia Risso
Teatro L'aura
vicolo di Pietra Papa, 64
dall'8 al 12 novembre
dal mercoledì al sabato alle ore 21.00 domenica alle ore 18.00
Biglietti Intero 13.00 + 2.00 (tessera associativa)
Ridotto 10.00 + 2.00 (tessera associativa)
Info e prenotazioni 0683777148 - 346 470 3609
oppure nuovoteatrolaura@gmail.com

Milano, tecnologia all’avanguardia nello spettacolo “THE ART OF TECHNOLOGY"

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AVS Group, azienda con oltre venti anni di esperienza nel campo del service video-audio-luci, amplia la sua offerta e per l’apertura della nuova sede a Milano il 19 ottobre ha festeggiato con lo spettacolo inedito “The Art Of Technology” allo Spazio MIL (video).
“Stiamo investendo in attrezzature e nuove tecnologie da offrire sul mercato con i nostri servizi. A Milano, sottolinea Andrea Betti CEO AVS Group, nella città che nel 2016 ha ospitato 40mila eventi con 5 milioni di presenze, abbiamo deciso di aprire una seconda sede per portare direttamente nel nord Italia le nostre soluzioni all’avanguardia con macchine certificate rigorosamente CE, a garanzia della qualità dei servizi”. Così l’azienda romana sbarca nel capoluogo lombardo con i primi investimenti che entro l’anno porteranno ad avere più di 1500 mq di LED di proprietà, altri investimenti in corso e lo sguardo rivolto al futuro.

Durante la serata sono state mostrate alcune novità sceniche e l’integrazione tra tecnologia e arte per presentare le attrezzature certificate audio-video-luci messe a disposizione nella nuova sede direttamente nel nord Italia per la fornitura in fiere, convention, spettacoli (dalla televisione allo sport), eventi live e nel mondo dell’intrattenimento in genere. “The Art Of Technology” ha mostrato alcune tecnologie di ultima generazione che, insieme all’allestimento scenotecnico, possono rendere ancora più coinvolgente ed emozionale una performance all’interno di una vera e propria installazione interattiva. Si tratta di una tecnologia evoluta che dialoga con l’elemento umano e la creatività. Durante la serata, infatti, gli ospiti sono stati spettatori di un breve spettacolo con emozionanti performance, un’installazione di robot integrati alla regia grafica e coreografica, e la divertente presenza di Riccardo Rossi.

Sono state due le esibizioni di danza contemporanea, con coreografie realizzate da Macia Del Prete, per l’interazione ravvicinata con due robot che hanno accompagnato nella danza i movimenti dei ballerini, che esibivano body painting, su una scenografia spettacolare. 
“Abbiamo deciso di far interagire la tecnologia con l’emozione artistica” sottolinea Alberto Micheli (agenzia BC Today) che ha ideato tutti i contenuti grafici e le coreografie dei robot. Immagini vivide e scintillanti hanno avvolto la performance giocando su una grafica realizzata attraverso colori e una sorprendente riproduzione artistica. Sullo sfondo della scena un gigantesco led wall (10x5 mt) ha proposto in un intreccio grafico con i monitor su bracci robotici le immagini di riprese video di liquidi in movimento sulle quali i ballerini ballano tra i due monitor che ripropongono ancora altre grafiche. Seguita da una partita di pong realizzata direttamente dai due robot. Un esempio di integrazione scenica tra arte e tecnologie.

AVS Group si presenta nel capoluogo lombardo come una realtà già apprezzata nel settore dell’organizzazione fiere, eventi e per i servizi offerti, conosciuta in Italia e a livello internazionale. “Milano è cambiata e in meglio!” ha esordito durante la presentazione Riccardo Rossi, scherzando sulla storica contrapposizione tra romani e milanesi. È la città dove le cose funzionano, la città più europea d’Italia, dove la gente è civile e rispettosa delle regole. E alla romana AVS Milano piace e vuole assorbire la sua “cultura del lavoro” e arricchirsi con essa, affiancandola alla propria. Una condivisione di crescita dove proporre “tecnologie multimediali e capacità operative e realizzative a costi concorrenziali, con prodotti di alta qualità” - ha detto Alberto Balsamini direttore Corporate Service, durante la presentazione. Eccellenza tra le PMI italiane nel mondo delle fiere, degli eventi e dell’intrattenimento, il gruppo AVS può offrire un valore aggiunto alla città e a tutto il territorio: un know-how e competenze tecniche che ne fanno un’eccellenza italiana oggi tra le prime a investire anche nella robotica per l’intrattenimento. Alle attrezzature all’avanguardia AVS Group affianca anche la sperimentazione in robotica: è partner esclusivo di Kuka Roboter Italia per le applicazioni di entertainment supportate dai robot Kuka grazie allo sviluppo di nuovi applicativi, specifici per la gestione dell’automazione nel campo degli spettacoli dal vivo, realizzati dalla più giovane società del gruppo OSC Innovation, proponendo espansione nel settore dell’entertainment robotics. Hanno contribuito alla realizzazione dello spettacolo “The Art of Technology”: AVS Group, OSC Innovation, BC Today, Pinka Eventi. Foto di Stefano Lattanzio.

AVS Group è una realtà italiana consolidata con vocazione allo sviluppo e all’investimento tecnologico. Attenzione e cura contraddistinguono un’offerta che guarda alla qualità, sostenibilità e concorrenzialità dei servizi tecnologici come service audio-video-luci tra i più innovatori d’Italia.
Sedi AVS Group Il quartier generale a Palestrina (Roma), ufficio e magazzino. La nuova sede a Milano, ufficio e magazzino. Sede a Sofia e lo spin off a Dubai
Qualità certificata AVS Group è certificata ISO 9001:2008 a garanzia della qualità dei servizi offerti con materiale rigorosamente CE
Collaborazione e condivisione di progettualità Per assicurare ai propri clienti la massima copertura di servizi AVS Group con la società partecipata OSC Innovation
Sostenibilità e attenzione all’ambiente AVS Group è da sempre sensibile alle problematiche ambientali e dal 2012 si è dotata di un proprio impianto fotovoltaico che genera l’intero fabbisogno energetico della sede di Palestrina, contribuendo ad un modello di sviluppo sostenibile.
www.avsgroup.it

Teatro Abarico, fino al 5 novembre "SONO COSE CHE SUCCEDONO" scritto e diretto da Simone Tromboni

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Sarà in scena al Teatro Abarico dal 3 al 5 novembre lo spettacolo SONO COSE CHE SUCCEDONO, scritto e diretto da Simone Tromboni. In scena: Andrea Puglisi, Tommaso Lipari, Simone Tromboni, Benedetta Nicoletti; con la partecipazione di Tommaso Sassi.

Lo spettacolo è una produzione di FONDAMENTA TEATRO E TEATRI, il progetto della Scuola dell’Attore Fondamenta, che consente il naturale e necessario inserimento professionale dei suoi allievi.

Tre amici vivono insieme da diversi anni in un appartamento nel centro di Roma. Un aspirante attore, uno scrittore di poco successo e un frontman disoccupato di una band demenziale. In una giornata qualunque, durante uno dei tanti momenti di svago, Andrea confessa agli amici un episodio tragico: poche ore prima ha investito accidentalmente il padrone di casa, scappando in seguito dalla scena del crimine.
Dallo stupore generale, misto al nervosismo dei due coinquilini, i tre passano ad uno stato di tensione ed ansia che li porterà a barricarsi in casa. L’unica fonte di informazione è il profilo Facebook del figlio del padrone di casa, che aggiorna continuamente il suo status con minacce violente nei confronti degli ignoti autori dell’incidente.  Ma quando Chiara, vecchia fiamma di uno dei tre, busserà alla porta con una proposta inaspettata, tutti gli equilibri all’interno della casa crolleranno, facendo divenire la situazione incontrollabile.

Note di Regia
Questo testo nasce con l’esigenza di raccontare, in una chiave comica e velatamente cinica, una realtà, verosimile, dei nostri giorni. Una realtà a noi molto vicina, perché parla di coinquilini, in un’epoca in cui comprare casa è divenuta un’utopia. Una realtà che parla delle difficoltà nel mondo del lavoro, ed in particolar modo nel campo artistico (non a caso i protagonisti sono un attore, un cantante ed uno scrittore). Una realtà che ci porta, ogni giorno, a fare i conti con la nostra assuefazione da social network. Una realtà che, solo se pubblicata  su Facebook, è vera ma che aldilà dello schermo del pc e dello smartphone è finzione e che, una volta scoperta, farà crollare il muro di ipocrisia e bugie che i protagonisti si sono costruiti attorno. Tre “amici” che scopriranno di essere stati traditi e di aver tradito. Tradimenti, in certi casi, anche inconsapevoli, generati dalle distrazioni della vita frenetica, e priva di valori e scrupoli, dei nostri giorni. Squarciato il velo delle menzogne e della finzione si rivelerà loro una nuova realtà, questa volta “vera”, che gli donerà un’amara consapevolezza, che li porterà ad abbandonare le relazioni che si erano create e che sarà fatale per i più fragili. Questo il tema centrale della commedia, che porta i protagonisti a confrontarsi con i loro scheletri nell’armadio, con il significato di amicizia, amore, e con ciò che, ad oggi, può considerarsi vero o finzione. 
Simone Tromboni


Lo spettacolo nasce nell’ambito del progetto Fondamenta, Teatro e Teatri. La scuola di recitazione Fondamenta dall’estate 2015 ha dato vita a Fondamenta. Teatro e Teatri. una struttura produttiva –con la direzione organizzativa di Fulvio Ardone- ideata per consentire il naturale e necessario inserimento professionale dei suoi allievi. Un perfetto connubio tra scuola e scena, tra formazione e tirocinio, tra ricerca e mestiere. Fondamenta, Teatro e Teatri è diretta da Giancarlo Sammartano.

Una produzione FONDAMENTA TEATRO E TEATRI presenta
Teatro Abarico
3-4-5 novembre 2017
SONO COSE CHE SUCCEDONO
Scritto e diretto da Simone Tromboni
Cast  in ordine di apparizione Andrea Puglisi, Tommaso Lipari, Simone Tromboni, Benedetta Nicoletti  
con la partecipazione di Tommaso Sassi.
Aiuto regia Nicole Petruzza
Disegno luci  Tommaso Sassi e Nicole Petruzza
Tecnico audio e luci Simone Caredda

Teatro Abarico - Via dei Sabelli, 116, 00185 Roma RM
BIGLIETTO € 15,00 (ridotto € 12,00) 
per info e prenotazioni: +39 06.98932488 - info@abarico.it.
Orario spettacolo venerdì e sabato ore 20,45 - domenica ore 18
Metro Policlinico 
Tram 3,19  
Bus 71, 492, 163, 93, 448

RIDUZIONI PER I LETTORI DI MEDIA&SIPARIO e SALTINARIA 

Teatro Augusteo di Napoli, dal 10 al 19 novembre Giuseppe Zeno in scena con “Il Sorpasso”

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Al Teatro Augusteo di Napoli, da venerdì 10 fino a domenica 19 novembre, Giuseppe Zeno sarà in scena con “Il Sorpasso”. 

“Il Sorpasso” di Dino Risi è uno dei grandi capolavori della commedia italiana. 

A più di cinquant’anni dall’uscita del film, per la prima volta la celebre sceneggiatura, scritta dallo stesso Risi insieme con Ettore Scola e Ruggero Maccari, approda a teatro con la regia di Guglielmo Ferro e l’adattamento di Micaela Miano. 

Manifesto dell’Italia del ‘boom’ economico, “Il Sorpasso” è anche un grande road movie psicologico che lo rende un testo senza tempo. Spogliato della connotazione storico-sociale, il film è costruito su una drammaturgia destrutturata, scatola aperta ideale per una riscrittura teatrale focalizzata sui personaggi. In questa dinamica la trasposizione teatrale mette al centro della vicenda i due protagonisti, e il loro incontro/scontro come puro conflitto caratteriale e psicologico.

Nei panni di Bruno, magistralmente interpretato sul grande schermo da Vittorio Gassman, c’è l’attore Giuseppe Zeno; mentre a vestire i panni del suo contraltare, Roberto, la giovane promessa Luca Di Giovanni. La pièce vede anche la partecipazione di Cristiana Vaccaro, che incarna l’immaginario femminile nel doppio ruolo della moglie di Bruno e della zia di Roberto. Fanno parte del cast anche Marco Prosperini, Simone Pieroni, Pietro Casella, Francesco Lattarulo e Marial Bajma Riva.

Le musiche originali sono di Massimiliano Pace, le scenografie di Alessandro Chiti, i costumi di Françoise Raybaud.

E’ una produzione Bananas srl con ABC Produzioni, Teatro  Arte e Marche Teatro.



Sinossi

Tra Bruno e Roberto si stabilisce sin dalle prime scene un giocoforza di prevaricazione, rivendicazione, ambizioni, fughe, rinascite, silenzi e violenza. Il loro sarà un viaggio jarmuschano all’interno delle bolle conflittuali che ognuno ha provato a cancellare, a nascondere, allontanandosene fisicamente il più possibile, e che solo in compagnia dell’altro, estraneo e non giudicante, pensa di poter affrontare e risolvere. 


Giorni e orari spettacoli

Venerdì 10 novembre alle ore 21:00

Sabato 11 novembre alle ore 21:00

Domenica 12 novembre alle ore 18:00

Martedì 14 novembre alle ore 21:00

Mercoledì 15 novembre alle ore 18:00

Giovedì 16 novembre alle ore 21:00

Venerdì 17 novembre alle ore 21:00

Sabato 18 novembre alle ore 21:00

Domenica 19 novembre alle ore 18:00



Prezzi

Poltrona di platea € 35,00

Poltroncina di galleria € 25,00

Informazioni sono disponibili al sito www.teatroaugusteo.it o telefonando al botteghino: 081414243 - 405660, dal lunedì al sabato tra le ore 10:30 e le ore 19:30. La domenica dalle ore 10:30 alle ore 13:30. 

Teatro Nino Manfredi, Cambiamo il mondo dal 7 al 19 novembre: regia di Claudio Boccaccini

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Torna al Teatro Nino Manfredi una regia di Claudio Boccaccini. Dal 7 al 19 novembre è in scena Cambiamo il mondo, un testo di di Rosa Menduni e Roberto De Giorgi con Felice Della Corte, Stefano Ambrogi, Riccardo Barbera, Pierre Bresolin e Francesca Bellucci

Una vacanza tra amici? Un rapimento? Una vendetta? Una goliardata?
Niente è quello che sembra in questa commedia ricca di capovolgimenti di fronte e di colpi di scena, di dramma e di divertimento. Ma è sufficiente credersi eroi per non apparire stupidi? O sentirsi stupidi rende necessario morire da eroi?
Di sicuro c’è solo che ridere avvicina alla verità.
Bastano pochi eroi senza paura per cambiare il mondo? Tre amici con gli stessi antichi ideali sono decisi finalmente a provarci, realizzando un eclatante rapimento. Ma le cose stanno proprio così? Tra un colpo di scena e l’altro, tra dramma e divertimento la verità si nasconde sempre più sfuggente e alla fine i nostri eroi impareranno che per cambiare il mondo è necessario prima cambiare qualcos'altro.

Cambiamo il mondo
di Rosa Menduni e Roberto De Giorgi
con Felice Della Corte, Stefano Ambrogi, Riccardo Barbera, Pierre Bresolin e Francesca Bellucci
Regia Claudio Boccaccini

Teatro Nino Manfredi
via dei Pallottini 10 – Ostia Lido
dal 7 al 19 novembre
7, 8, 9, 10, 11, 14, 16, 17 novembre ore 21.00
12, 15, 19 novembre ore 17.30
18 novembre ore 17.30 e 21.00
www.teatroninomanfredi.it
Per info e prenotazioni: 06 56 32 48 49
Biglietti:
Platea: Intero 26.00, Ridotto 22.00
Galleria: Intero 22.00; Ridotto 20.00

"I, Tonya" superfavorito al festival del cinema di Roma tra le preferenze del pubblico

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Di solito nel mondo di Hollywood, c’è un attore o un attrice che è sulla bocca di tutti, una star che si è fatta notare,  che ha riscosso grandi successi, e che è pronta a tentare la scalata all’ ambita statuetta con un ruolo che metta in discussione quanto già visto fin ora (si ricordino le vicende filmiche di una Amy Adams o, più clamorose, di Eddie Redmayne).
Per Margot Robbie sembra essere  decisamente arrivato quel fatidico momento: dopo l’exploit  di The Wolf of Wall Street, e il disastroso (ma non al botteghino) Suicide Squad, in cui tuttavia la sua Harley Quinn rimane tramandata ai posteri, la Robbie cambia le carte in tavola. Sotto la guida del versatile Craig Gillsespie (lars e una ragazza tutta sua, L’ultima tempesta) si fa cucire addosso (anche in veste di produttrice) un ruolo che, se non porterà alla statuetta, la lancerà sicuramente dritta tra le favorite.
Il plot prende le mosse da una delle più discusse e controverse vicende sportive (e di cronaca) degli anni ’90, che coinvolse la pattinatrice Tonya Harding che, nel ’94 fini sulle pagine dei giornali di tutto il mondo per l’accusa di essere direttamente responsabile dell’aggressione a Nancy Carrigan, sua rivale in una competizione che avrebbe garantito ad una delle due, l’entrata nella squadra olimpica per le olimpiadi invernali di Lillyhammer. Tramite il sistema della falsa inchiesta , e quindi con una serie di flashback e flashforward, entreremo nella vita di Tonya: il rapporto conflittuale con una madre iper-competitiva (una strepitosa Allison Janney), la relazione violenta con il suo compagno Jeff Gillooly, il classismo della Federazione del Pattinaggio degli Stati Uniti.
I, Tonya è la più classica delle parabole sul grande Sogno Americano, e sull’impossibilità della sua realizzazione. Tonya appartiene alla classe proletaria, viene definita come trash: cafona. Veste in maniera trasandata e dozzinale (anche nelle esibizioni), pattina al ritmo degli ZZ Top. Viene spinta e pressata fino all’inverosimile da una madre mostruosa ed anaffettiva, che non le riconosce mai un merito, perché è cosi che vanno le cose per quelli come loro, e si rivelerà tragicamente vero quando, dopo l’ennesima gara in cui i giudici non le accordano il punteggio meritato (pur avendo fatto cose che mai nessun’altra è riuscita a fare), le verrà amaramente confessato che lei “ha talento, ma non è quella l’America che la federazione vuole rappresentare”. 

Venezia, al Peggy Guggenheim in mostra il “Simbolismo mistico. Il Salon de da Rose+Croix a Parigi 1892–1897”

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Al Peggy Guggenheim, uno dei più importanti musei in Italia per l'arte europea ed americana del XX secolo con sede a Venezia, ecco la prima mostra museale mai realizzata dedicata all'arte rivelatrice dei Salon de la Rose+Croix, realizzata da Vivien Greene già curatore di Guggenheim dal 1993 e specializzata nell'arte europea del XIX e nell'inizio del XX secolo, con particolare attenzione alle correnti internazionali in arte e cultura del secolo scorso.

Sono una quarantina le opere esposte in questa occasione legate alle tematiche del mistero e mitologia, attinte spesso dalla letteratura e centrali nell'arte dei sei Salon organizzati, tra il 1892 e il 1897, a Parigi.  Fu il critico ed estroso autore Joséphin Péladan nel 1892, che inaugurò la prima esposizione “Salon de la Rose+Croix” intuendo che, per estensione della confraternita segreta Rose+Croix, attraverso questo ordine esoterico, anche l’arte fosse un mezzo per comprendere le verità universali e raggiungere l’illuminazione.

Péladan portò così in scena il Simbolismo mistico dominante a fine ottocento con una connotazione ermetica e spirituale con radici nel misticismo e nei riti arcani.

Diversi gli artisti internazionali, più o meno noti, presenti in tale circostanza alla Peggy Guggenheim Collection con le loro opere disposte in un percorso espositivo che si snoda nei diversi salon e che nell'intento della curatrice, vuole portare un nuovo sguardo su questa corrente artistica attraverso immagini sia di “ femme fatale” ma anche fragilissime donne, o ancora figure tratte da incubi o chimere, o sinuose figure stilizzate in contrasto ad altre androgine.

Con pazienza quindi sono stati rintracciati i lavori esposti originariamente nei diversi Salon ritrovabili in mostra con dipinti, opere su carta e sculture di artisti provenienti dal Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Olanda, Spagna e Svizzera come Antoine Bourdelle, Rogelio de Egusquiza, Jean Delville, Charles Filiger, Fernand Khnopff, Charles Maurin, Alphonse Osbert, Armand Point, Georges Rouault, Carlos Schwabe, Alexandre Séon, Jan Toorop, Ville Vallgren e Félix Vallotton.

La mostra è visitabile fino al 7 gennaio 2018 

Link: http://www.guggenheim-venice.it

Ester campese

“Cabros de Mierda” del regista cileno Gonzalo Justiniano alla Festa del Cinema di Roma

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Il regista cileno Gonzalo Justiniano presenta il suo film “Cabros de Mierda” alla Festa del Cinema di Roma.

Justiniano ha presentato alla Festa del Cinema di Roma un film forte che è un messaggio per non dimenticare gli orrori del passato non lontano della dittatura di Pinochet. Lo fa raccontando una storia intensa con due protagonisti presenti con lui alla conferenza stampa, Nathalia Argonese (Gladys) e Daniel Contesse (Samuel). Il regista racconta alla stampa di aver voluto raccontare questa storia perché non vuole che si dimentichi il ricordo di quello che è successo nel suo paese. Aveva già portato questo tema sulla televisione francese ma adesso ha voluto di nuovo raccontare questo dramma soprattutto dopo aver vissuto sulla sua pelle gli orrori di quegli anni. I suoi ricordi sono stati la traccia su cui hanno lavorato i giovani interpreti.
Un film forte emozionale con due giovani attori molto nella parte e tante belle facce prese dalla strada.
Lo dice Nathalia Argonese in sala stampa commentando la pellicola. La sua figura non voleva essere un archetipo, ma una persona normale del popolo che lotta senza voler essere un’eroina. E’ molto interessante il contributo di Daniel Contesse, che racconta come la sua stessa famiglia fosse metà di destra e metà di sinistra, esattamente come il popolo cileno. Suo nonno è stato ucciso negli anni della dittatura. Il suo personaggio, ricordiamo, è un osservatore nei panni di un sacerdote che resta coinvolto nella vita e nella lotta di questa strana famiglia matriarcale rappresentata da Gladys.
Si tratta di un film emozionale, ha raccontato il regista, che ha voluto rappresentare con pochi tocchi personali il clima di paura che si respirava in quegli anni. Mancava alla conferenza stampa il piccolo Elias Collado (Vladi nel film), uno dei personaggi più riusciti. Gonzalo lo ha incontrato insieme a tutti gli altri attori presi dalla strada. E il piccolo ha voluto a tutti i costi essere nel cast, lasciando anche lui un segno tangibile. 

Roma, lo scrittore cult Chuck Palahniuk alla Festa del Cinema: in un romanzo io posso formare il mio lettore

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Lo scrittore cult Chuck Palahniuk, autore, tra gli altri, di ‘Fight Club’, trasposto da David Fincher in un film culto, protagonista alla Festa del Cinema di un Incontro Ravvicinato dal titolo “American Gothic”. L’autore parla al pubblico dei film dell’orrore che lo hanno maggiormente entusiasmato e inquietato, ma anche del suo lavoro e del suo modo di vedere il mondo del tutto personale e peculiare.

“In verità - racconta - ‘Fight Club’ fu inizialmente un flop. Sulle prime, il libro non vendette più di cinquemila copie. Ma anche il successo del film fu molto tardivo. Erano stati spesi cento milioni di dollari per promuoverlo e il film non incassava e raccoglieva solo recensioni pessime. I produttori erano in lacrime e uno perse anche il lavoro in Fox. E’ stato un autentico disastro. Dicevano che avrebbe trovato pubblico solo all’Inferno. Dopo un anno o due venne fatto un investimento importante per la distribuzione in dvd, ed è stato solo a quel punto che ha cominciato a guadagnarsi un po’ di favori”.
Di Fight Club, tra l’altro, è uscito da poco un sequel a fumetti: “Mi sono reso conto - dice Palahniuk - che nessun seguito cinematografico o letterario avrebbe potuto reggere al confronto con l’originale. Ho deciso di farlo esplorando un nuovo media. Del resto, quando io scrivo i libri non penso mai che debbano essere trasposti al cinema. Anzi, io voglio parlare di tutta una serie di cose che al cinema non possono passare, argomenti scomodi, impegnativi, difficili, offensivi, senza l’ansia di dover piacere al pubblico per il ritorno economico. 
In un romanzo io posso formare il mio lettore e prepararlo a quello che va a consumare, tutto il contrario di quello che succede al cinema. Poi a ciascuno il suo media. Ci sono fan del film di David che non userebbero il mio libro nemmeno per pulirsi il sedere e viceversa. Credo che la pellicola di Fincher sia stata rivoluzionaria: insieme a Matrix, sono film che mettono in discussione il nostro modo di percepire il mondo. Prima di loro non esistevano nemmeno le parole per spiegarlo. Con Fincher sono sempre andato d’accordo e ho supportato le sue scelte. Ad esempio Courtney Love, che ai tempi viveva con Edward Norton, voleva assolutamente il ruolo di Marla, ma Fincher la trovava una scelta troppo scontata, e scelse Helena Bonham Carter. La immaginava come se fosse Judy Garland da morta, e aveva ragione. Così come Norton faceva di tutto per rendere il personaggio simpatico al pubblico, mentre David lo considerava una persona orribile. Voleva creare conflitto, e si scontravano spesso per questo”.
Certo è che le opere dello scrittore non sono di facile fruizione. Qualcuno addirittura accusa malori nel leggerle, tanto sono violente e disturbanti: “Qualche volta sviene qualcuno – ammette – ad esempio a Milano, mentre leggevo il mio racconto ‘Budella’ (tratto da ‘Cavie’), si sono sentite male tre persone. Uno si mise a urlare: ‘Lo hai scritto solo per umiliarmi, per farmi svenire qui davanti a tutti!’. Io ero a disagio e cercavo di spiegare: ‘ma no, è come se vi dovessi descrivere i calamari, non vi verrebbe mai voglia di mangiarli’. Un altro rispose ‘vacci piano coi calamari, amico. Io li vendo per vivere’. E’ un po’ il compito dello scrittore. Il mio modello è Shirley Jackson, che scrisse La lotteria e L’incubo di Hill House, da cui poi venne tratto il film The Haunting con Catherine Zeta Jones. La lotteria venne pubblicato sul New Yorker e tanto fu lo shock che molti lettori annullarono l’abbonamento. Ebbene, io mi sono sempre chiesto come si faccia a scrivere un racconto che possa far infuriare i lettori così tanto. E’ il potere della scrittura, senza immagini, senza musica. Trovo che non ci sia niente di male, è quello che lo scrittore deve fare, come quando scandalizzai le mie compagne del corso di scrittura, tutte signore carine tra i quaranta e i sessanta che scrivevano solo gialli, con un racconto su un bambino e una bambola gonfiabile per usi sessuali. Io devo entrare in contatto con il pubblico e la violenza, il sesso, la malattia e le droghe sono argomenti che gli fanno provare sensazioni fisiche, scuotendolo anche intellettualmente. Crea empatia. Tutta la mia generazione ha sempre cercato di evitare la violenza, lo scontro e il conflitto, così quando scrivo invece la inserisco perché la contestualizzo. Solitamente nelle mie storie, vedi ‘Fight Club’, è una violenza consensuale, come in un gioco. Infatti ci sono le regole. Il concetto era capire quanta violenza siamo in grado di sopportare, più che quanta ne sappiamo infliggere. Emanuela Del Zompo.

Film, “The Assignment - Nemesi” di Walter Hill un inquietante Action-Crime-Thriller. La recensione di fattitaliani

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“The Assignment - Nemesi” (2016), di Walter Hill. Recensione di Andrea Giostra.
Inquietante Action-Crime-Thriller di produzione Franco-Canadese-USA. Walter Hill è un regista veterano che ha scritto e diretto importanti film, e con “The Assignment” conferma la sua natura sensazionalista, di chi in un certo qual modo vuole sorprendere e innescare nello spettatore domande perturbanti: cosa succede se per punire un sicario per i delitti commessi, forzatamente gli si cambia il sesso con un intervento chirurgico?
Da qui si sviluppa la narrazione filmica, con una sceneggiatura scritta da Hill in collaborazione con il giornalista Denis Hamill, segnata da una infinita e quasi ossessiva successione di racconti/confessioni e di flashback onirici che si susseguono e si sovrappongono.
La citazione a “La Piel que Habito – La Pelle che Abito” (2011) di Almodovar non è inopportuna, e lo spettatore se ne renderà conto durante la visione del film.

Frank Kitchen (Michelle Rodriguez) è uno spietato sicario professionista, assunto dalle più potenti organizzazioni mafiose per eliminare i loro nemici.
La dottoressa Rachel Kay (Sigourney Weaver) è un geniale chirurgo, espulso dall’ordine dei medici, che con i bisturi e con le tecniche di chirurgia plastica, come un grande artista, clandestinamente sa trasformare il corpo di qualsiasi uomo o donna.
John Hartunian (Anthony La Paglia) è il capo mafia che si presta alla vendetta della dottoressa Kay alla quale Frank, su commissione, ha ucciso il fratello.
Tutto il resto è da vedere al cinema, anche perché la storia riserva un finale sorprendente e inaspettato, e per gli appassionati del genere Action-Crime-Thriller si rivelerà una prelibatezza.

Post Scriptum:
Il titolo originale del film è “The Assignment” che tradotto letteralmente significa “L’Incarico”, “Il Compito”.
La distribuzione italiana ha dato al film il titolo “Nemesi” che Treccani ci dice significa: «Personificazione della giustizia distributiva, punitrice di quanto, eccedendo la misura, turba l’ordine dell’universo.»
Ma che c’azzecca il titolo dato dalla distribuzione italiana con il titolo originale e, se proprio vogliamo, con la sceneggiatura del film?

Scheda:
Titolo originale: “The Assignment”
Regia di Walter Hill
Produzione SBS Films
Distribuzione Lionsgate
Sceneggiatura di Walter Hill, Denis Hamill
Musiche di Giorgio Moroder, Ry Cooder, Raney Shockne
Con Sigourney Weaver, Michelle Rodriguez, Tony Shalhoub, Anthony LaPaglia, Terry Chen, Ken Kirzinger, Paul McGillion, Caitlin Gerard, Hugo Ateo, Paul Lazenby

ANDREA GIOSTRA

Libri, Papa Luciani. Cronaca di una morte. L'autrice Stefania Falasca: era necessario uno scavo archivistico sulle fonti

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“Una ricostruzione effettuata secondo una modalità di ricerca storica rigorosa, sulla base di documentazione d’eccezione, fino a oggi inedita”.
Così il cardinale Pietro Parolin definisce il libro su Papa Luciani, Cronaca di una morte, scritto da Stefania Falasca, giornalista di Avvenire e vicepostulatrice della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Giovanni Paolo I. Nella prefazione al volume, edito da Piemme e in uscita il 7 novembre, il segretario di Stato Vaticano sottolinea che la “repentina scomparsa” di Albino Luciani “ha dato il via lungo i decenni” a “una miriade di teorie, sospetti, supposizioni”.
Il lavoro di ricerca della Falasca, rileva dunque il porporato, ha il merito di essere “una riconsegna doverosa alla memoria di Giovanni Paolo I affinché la sua valenza storica possa essere restituita appieno con la correttezza e la serietà che gli si deve, consentendo di aprire nuove prospettive di studio sulla sua opera”. Con questo libro, evidenzia ancora il cardinale Parolin, viene fatta luce, “attraverso il riscontro documentale e il confronto asciutto e puntuale delle prove testimoniali”, sull’epilogo della vita di Papa Luciani e “vengono finalmente chiariti quei punti rimasti nel limbo, amplificati e travisati nelle ricostruzioni noir”. Il breve pontificato di Giovanni Paolo I, osserva ancora il segretario di Stato vaticano, “non è stato il passaggio di una meteora, che si spegne dopo breve tragitto”. Papa Luciani, conclude, ha rafforzato “il disegno di una Chiesa conciliare vicina al dolore delle genti e alla loro sete di carità”.
Sul significato di questa ricerca, frutto di un lavoro durato molti anni, abbiamo intervistato proprio l’autrice del volume, Stefania Falasca:
R. – Per me si è trattato di un lavoro prettamente processuale. Si trattava di vedere, anche negli ultimi istanti della morte del Papa, quello che è l’epilogo della sua vita. Quindi, nell’ambito di un processo, questo si fa e si fa con metodo storico-critico, con la ricerca, sulla base del reperimento e dell’acquisizione delle fonti. Questo è dirimente: le fonti, i testi e i documenti. Questo è quello che interessa la storia e che ci interessa capire.
D. – Quali sono gli elementi più forti che emergono?
R. – Abbiamo attraversato anche l’ora ultima, estrema, che vede Giovanni Paolo I in quel breve colloquio che fa con la suora: quella che poi lo rinvenne l’indomani. Si tratta di documenti che sono fonti orali per un processo; questo praticamente è stato vagliato con la documentazione medica e clinica. Qui abbiamo quella che io chiamerei – ed è stato così riportato – una “definizione chiara”, intorno alla quale ritengo non si possano fare altre supposizioni. Come è morto Luciani: dalla documentazione clinica – e abbiamo riportato anche la cartella clinica e la diagnosi fatta al momento della morte dal medico Buzzonetti, che corrisponde anche ad altra documentazione sempre medica che è stata rinvenuta – si può dire che Luciani sia morto per un fatto ischemico che ha provocato un infarto. Questa è la nuda e cruda verità.
D. – Il cardinale Parolin scrive nella prefazione che si tratta di una “riconsegna doverosa alla memoria di Giovanni Paolo I affinché la sua valenza storica possa essere restituita a pieno con la correttezza e la serietà che gli si deve”…
R. – Sì, penso che la Causa abbia avuto proprio questo merito. Questo era un lavoro necessario e doveroso. Sulle virtù e sulla santità non credo che ci siano dubbi possibili, perché Giovanni Paolo I è una figura limpidissima da questo punto di vista. Quello che era necessario per Luciani era uno scavo archivistico sulle fonti, perché così si possa parlare di lui davvero in termini scientifici. E quindi penso che la Causa possa essere da base, in questo senso, a tutta un’altra stagione che recuperi la dimensione e la valenza del suo Magistero nelle circostanze della Chiesa attraversate in quel momento. Alessandro Gisotti, Radio Vaticana, Radiogiornale del 4 novembre 2017.

Bruxelles e la pasta fresca, il sogno di Jonathan Cardelli: voglio invitare il Re! L'intervista di Fattitaliani

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Bruxelles è una città bella e brutta insieme, internazionale e provinciale, speciale e ordinaria, facile e difficile. I giudizi sono contraddittori: c'è chi se ne innamora, c'è, invece, chi la considera un passaggio obbligatorio, chi vi fissa la propria dimora, chi la lascia alla prima occasione. Il giovane ristoratore abruzzese Jonathan Cardelli vi ha trovato la sua giusta dimensione, il posto dove realizzare il suo sogno aprendo "L'Atelier des Pâtes" in Rue Namur n° 4: venerdì 10 novembre si festeggerà il primo anniversario. Ne parla a Fattitaliani.
Sono venuto a Bruxelles - ci dice - per finire i miei studi e poi sono rimasto in città, perché me ne sono innamorato. È abbastanza a misura d'uomo, c'è abbastanza verde.
La prima cosa che ti ha colpito?
È multicentrica, non ha un centro storico e basta. C'è anche il quartiere europeo, Ixelles, Flagey, Atomium, ogni comune ha la sua particolarità: una città dai mille volti.
Che studi hai fatto?
Ho preso la laurea in Scienze diplomatiche in Italia a indirizzo Unione Europeo e poi ho pensato che un master a Bruxelles fosse quasi un must,  ho studiato altri due anni qui: sono rimasto e ho lavorato per la prima banca del Paese, la BNP Paribas Fortis. 
E che c'entra dunque l'Atelier des Pâtes?
È un sogno di vecchia data: nella vita concreta dovevo comunque trovare un lavoro e per circa nove anni ho lavorato nell'ambito del marketing, però la prima cosa che mi è mancata da quando sono arrivato a Bruxelles undici anni fa è stata la pasta fresca, non la pasta in generale, ma la pasta fresca. Undici anni fa non era così facile trovarla, oggi è più semplice. Non trovavo all'inizio la piccola bottega della pasta fresca, all'uovo, che pure in Italia - nelle città - va scomparendo. L'idea iniziale era di avere un laboratorio di pasta fresca ma poi ho combinato la produzione di pasta fresca con il ristorante: abbiamo una cucina con macchine italiane per produrre pasta fresca e la facciamo gustare con ricette classiche o leggermente rivisitate, ma puramente italiane.
L'Atelier des Pâtes esisteva già da prima?
No, è stato concepito dal nulla.
Anche il nome l'hai pensato direttamente in francese o sei stato tentato di tenere "pasta" in italiano?
No, perché sarebbe stato uno dei tanti posti italiani. Volevo proprio andare a toccare il pubblico di Bruxelles, volevo un nome che già richiamasse la manualità, dunque Atelier ... ma con "pasta" mi sembrava un'accozzaglia, mentre "des Pâtes" mi suonava molto più scorrevole.
Hai fatto tutto da solo?
No, devo ringraziare mio cugino Marco e il nostro amico Mariano per aver creduto nel progetto e avermi aiutato a realizzarlo. Con loro condivido le gioie e i dolori quotidiani dell'essere imprenditori alle prime armi.
Atelier richiama l'artigianalità ma anche la moda, l'arte (ospite al momento una mostra di quadri di Claudio Cangialosi), l'idea del laboratorio: che cosa metti di artistico nella preparazione della pasta?
A livello strutturale tutto quello che c'è nel ristorante come mobilio è stato fatto a mano da me, mio padre e mio fratello: tavoli, il bancone e le mensole in legno, luci, attaccapanni, lampadari. Inoltre, tutta la maestria dello chef Antonio produce le nostre paste e inventa le sue ricette per farle degustare
C'è una ricetta tradizionale che hai uniformato al gusto belga?
Nessuna, né panna né salse: ogni tre mesi cambiamo menù, secondo la stagione. Ci sono dei piatti fissi e altri che cambiano ogni tre mesi. Qualche ricetta è stata modificata, ma con gusto italiano: ad esempio, la nostra carbonara è una carbonara scomposta con 'nduja; rivisitiamo, quindi, i piatti da italiani, non al gusto belga.
E i belgi che cosa apprezzano di più?
Penso questa autenticità non dispiaccia perché chi viene qui prova piatti che non trova altrove. Una delle nostre specialità sono i ravioli farciti, presenti anche nel logo del ristorante.
E gli italiani?
Penso che vengano più per curiosità per provare l'ennesimo italiano che ha aperto. Poi vedono che il ristorante è abbastanza gastronomico, quindi tornano: vi trovano gusti autentici che richiamano la tradizione.
Per esempio?
Ci sono due piatti dedicati alle mie due nonne. Uno è la "Chitarra alla Teramana con Pallottine di Carne" tipica ricetta di Teramo: uno spaghetto quadrato il cui ragù è fatto con piccole pallottine di carne. Un'altra sono i ravioli col tartufo della mia zona, il teramano. Questi piatti vanno quasi per la maggiore: anche il fatto di chiamare i piatti "Nonna Mentina" e "Nonna Amelia" attira molto.
Evidentemente hai trasmesso il contenuto affettivo...
Penso di sì: questo elemento rende di più l'autenticità e piace ai clienti.
I prodotti?
Vengono dall'Italia: abbiamo dei fornitori con cui lavoriamo. Fra gli antipasti abbiamo le olive all'ascolana che arrivano dalle Marche. Abbiamo inventato i tartufini, olive all'ascolana nera perché c'è il tartufo, che arrivano dal mio paese ogni due settimane.
Ma l'Italia ti manca?
Più che altro gli affetti. Tutta la mia famiglia è lì: una nipotina nata da poco, per esempio. L'Italia in sé per adesso non mi manca. Mi trovo bene qui e a livello lavorativo avrei avuto meno possibilità di carriera rispetto al Belgio: posso parlare con tutta l'umiltà della situazione di meritocrazia perché non conoscevo nessuno e non ho fatto scalate sociali in base a raccomandazioni; ho dovuto lavorare per arrivare dove sono, però ci sono. In Italia sarebbe stato un po' più difficile senza le spalle coperte.
In base alla tua esperienza, noi italiani continuiamo a essere un po' piagnoni?
Sì, ci lamentiamo dei trasporti, il tempo e se stiamo in Italia diciamo le stesse cose. Non siamo tutti così ovviamente.
Un'esperienza come l'Atelier des Pâtes sarebbe esportabile in Italia? Sembra un paradosso...
Non lo so. Come chiedere a un cinese se aprire un ristorante a Shanghai o a Bruxelles sarebbe la stessa cosa... non sarebbe un ristorante cinese, ma un ristorante. Per l'Atelier des Pâtes bisognerebbe andare a cercare un mercato molto specifico dove qualcosa del genere potrebbe mancare: nelle grandi città non so quanto, a meno che non si crei qualcosa di tendenza.
C'è qualche personaggio famoso, qualche politico che è passato da qui?
Penso di sì, ma non lo sappiamo. Ci troviamo in una buona posizione: vicino c'è la Corte dei Conti, il Ministero degli Esteri, la Fondazione Roi Baudoin, è venuto il Cabinet di Rudi Vervoort, Ministro-Presidente di Bruxelles... Ho un mezzo pensiero da quando ho aperto: siamo l'unico ristorante la cui parete confina col Palazzo Reale e ho avuto sempre l'idea di invitare il Re a mangiare...
Perché no?
Perché un mese dopo l'apertura è uscito un articolo su Le Soir in cui si diceva che il Re mangiava senza glutine, e quindi con la pasta non va proprio bene. Chissà, però, possiamo invitare Paola e Alberto.
Qui oltre alla pasta si possono gustare antipasti e dolci. Prezzo medio?
Pasto completo: fra i 25 e i 35€. Son voluto rimanere sui prezzi standard. Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata
Informazioni:
Atelier des Pâtes
Rue de Namur, 4
1000 Bruxelles
02/540.82.58
info@atelierdespates.be
Horaires d’ouverture :
Lundi et Mardi 12h00-14h30
Mercredi et Jeudi 12h00-14h30 / 18h30-22h00
Vendredi 12h00-14h30 / 18h30-22h30
Samedi 12h30-15h00 / 19h00-22h30
Come arrivare:
Arrêts de métro : Porte de Namur/Naamsepoort (lignes 2 et 6), Parc/Park (lignes 1 et 5)
Arrêts de bus/tram : Royale/Koning
Parking : au long de la Rue de Namur ou Interparking “2 Portes” (Boulevard de Waterloo 2, 1000 Bruxelles)

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