Quantcast
Channel: Fattitaliani.it
Viewing all 38422 articles
Browse latest View live

Studenti lucani protagonisti al Cinecibo Festival di San Severino Lucano con Rosanna Lambertucci

$
0
0
Sta per essere ultimato il programma completo della sesta edizione di Cinecibo Festival, che si terrà dal 27 al 29 ottobre a San Severino Lucano, in provincia di Potenza: tre giornate ricche di grandi eventi e ospiti d’eccezione, per il Festival del Cinema Gastronomico più apprezzato da esperti e appassionati.
In questi giorni, gli organizzatori della kermesse stanno definendo gli ultimi dettagli per regalare al pubblico tante sorprese, che saranno presentate nelle prossime settimane. Gli studenti del Lagonegrese ospiti di CineCibo con Rosanna Lambertucci. Una delle grandi novità di quest’anno della kermesse ideata e diretta dal patron Donato Ciociola sarà la partecipazione al Festival di Cinecibo di numerosi studenti provenienti dalle scuole medie superiori del Lagonegrese, che sabato 28 prenderanno parte all’incontro con Rosanna Lambertucci moderato da Ettore De Lorenzo, in programma alle ore 11,00 presso il Polifunzionale di San Severino, dove avranno luogo tutte le iniziative previste dall’edizione 2017 della manifestazione cine-gastronomica. Sarà l’occasione per i ragazzi di interagire con la nota presentatrice tv di programmi su salute e alimentazione parlando di dieta mediterranea, con video e prodotti multimediali che supporteranno il dibattito, a margine di un progetto realizzato su questo tema dagli studenti stessi a scuola. I ragazzi saranno accompagnati dai docenti e dal dirigente scolastico Nicola Pongitore, a capo dell’Isis Ruggero di Lauria che raggruppa l’Ipsia Mat, l’Isars, l’Istituto Agrario di Lagonegro e l’Ipc di Viggianello. E, mentre si attendono le ultime, sensazionali novità in merito alla presenza al Festival di big e personaggi famosi del mondo del cinema, della tv e dello spettacolo, sono già arrivate le conferme dell’arrivo in Basilicata durante i giorni della kermesse del produttore cinematografico e televisivo Marco Belardi (Amore 14, Immaturi, Una famiglia perfetta, Tutta colpa di Freud, Italiano medio, La pazza gioia e perfetti sconosciuti tra i suoi lavori) e della regista di origini toscane Cinzia TH Torrini, che proprio nel 2017 ha girato a Matera la popolarissima serie televisiva Sorelle con Anna Valle, che ha riscosso un enorme successo in termini di ascolti e per gradimento di critica e spettatori, contribuendo a far conoscere al grande pubblico alcuni tra i luoghi più incantevoli della Basilicata, da sempre meta di registi e produzioni nazionali e internazionali che li sempre più li scelgono come st a cielo aperto per film e sceneggiati. Anche loro saranno tra gli ospiti della tre giorni di Cinecibo a San Severino Lucano, insieme con l’attore napoletano Alessandro Siani, la giornalista e conduttrice tv della Rai Valentina Bisti, il direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Alberto Barbera, l’attore Pino Calabrese, gli chef Federico Valicenti, Pino Golia e Paolo Infantino (detto Zolfanello) e tanti altri che, per ora, rimangono ancora una sorpresa. Ecco le dichiarazioni del patron Donato Ciociola: “Cinecibo è il festival del cinema gastronomico che si propone di valorizzare una corretta alimentazione ispirata ai principi della Dieta mediterranea e il cinema di qualità, attraverso una competizione tra opere audiovisive. Le prime cinque edizioni, svoltesi rispettivamente a Paestum, Castellabate, Eboli e Vallo della Lucania, Battipaglia hanno riscosso un notevole successo di critica e di pubblico. Il “Premio Cinecibo viene assegnato durante il festival ad attori, registi, sceneggiatori, produttori e altre personalità di prestigio del mondo cinematografico, che si sono distinti nella valorizzazione dell’arte culinaria, della territorialità e della tipicità enogastronomica locale, con particolare riguardo alla Dieta Mediterranea” ci racconta, orgoglioso, Donato Ciociola, ideatore e patron della manifestazione, che aggiunge: “Negli ultimi anni l’ambito riconoscimento  è stato assegnato, tra gli altri, a Giuseppe Tornatore, Ferzan Ozpetek, Luca Miniero, Enrico Vanzina, Carlo Verdone, Richy Tognazzi, Luca Argentero, Raoul Bova, Massimo Boldi, Ambra Angiolini, Lino Banfi. Il cibo, da sempre, ha ispirato registi e produttori; la cinematografia italiana sin dalle origini ha documentato la progressiva evoluzione della gastronomia italiana, mettendo innanzitutto a confronto la tavola della tradizione contadina con quella dell’aristocrazia benestante. Attraverso il rito alimentare si sono poste in evidenza le differenze culturali e sociali che animavano le lotte di classe e la progressiva standardizzazione dell’alimentazione italiana.  Da qui l’idea di utilizzare la cultura dell’immagine e della parola quale mezzo per offrire l’opportunità di discutere e confrontarsi sui prodotti cinematografici, già esistenti e da realizzare, e al contempo di alimentazione mediterranea dal punto di vista scientifico, salutistico ed enogastronomico”.


Les Dodi, Fattitaliani intervista Edoardo Menichelli: a Bruxelles mancava una vera gelateria artigianale

$
0
0
A Bruxelles la presenza degli italiani è sempre stata massiccia e la cucina nostrana è ovviamente sparsa in tutto il Belgio. Eppure, si è sempre alla ricerca minuziosa di posti e specialità che possano restituire l'essenza e il gusto dell'autentico prodotto made in Italy o comunque all'italiana, nel senso cioè di freschezza, genuinità e semplicità.

Fra i simboli del gusto italiano c'è senza dubbio il gelato e da qualche mese nella capitale europea si ha un'altra ghiotta opportunità di assaggiarne uno (anzi, tanti!) presso Les Dodi. Gelateria artigianale italiana.
Mi presento all'appuntamento con un quarto d'ora di anticipo e all'interno un giovane (l'orario di apertura è alle 12,30) è talmente concentrato sulla preparazione del gelato che quasi non si accorge di me.
Sono piacevolmente stupito che il giovane sia proprio il titolare, Edoardo Menichelli il cui spontaneo atteggiamento di accoglienza richiama una delle qualità universalmente riconosciuta alla maggioranza degli italiani.
«Ho 22anni, sono di Roma - confessa a Fattitaliani - e sono qui da circa un anno. A dire il vero conoscevo la città perché mio padre già ci aveva lavorato, dunque da piccolo venivo durante l'estate. Poi mio padre è tornato a lavorare qui e pure io per aprire questa gelateria artigianale. Quest'anno ho studiato il francese, sbrigato le faccende burocratiche e finalmente il 22 luglio ho aperto l'attività». L'intervista.
Perché hai deciso di aprire una gelateria?
Mi è sempre piaciuta la cucina e la ristorazione in generale, poi nello specifico il gelato è una mia passione: pensavo che una gelateria a Bruxelles fosse una bella idea, che mi ha conquistato sempre di più man mano che prendevo delle informazioni e mi è sembrata una scelta scontata.
Tu che studi hai fatto?
Ho fatto il liceo classico e poi ho lavorato in un paio di ristoranti sia come cameriere che come aiuto cuoco. In seguito, ho deciso di intraprendere questo braccio della ristorazione e ho fatto dei corsi a Roma e Bologna.
Prima di aprire la tua attività, ti sei informato sul mercato belga: che cosa offriva e che cosa mancava? Le gelaterie ci sono...
Sì, ma non una vera gelateria artigianale. Ci sono delle catene sia belghe che estere: non c'era una gelateria artigianale nel modo in cui la intendono gli italiani, nel fatto cioè di seguire la stagionalità, utilizzare le migliori materie prime possibili. Nel mondo del gelato la prima cosa che t'insegnano è distinguere il gelato (l'artigianale) e l'ice cream (quello industriale, confezionato): in Belgio c'era principalmente ice cream e anche quello che potesse somigliare a un gelato artigianale era come quello che fanno in Nord Europa, cioè molto freddo, pesante, con molti grassi; però, gli stessi belgi preferiscono il gelato come si mangia in Italia e allora fare un gelato come esattamente si fa in Italia e portarlo qui mi sembrava fosse una splendida idea. 
Viene apprezzata questa scelta?
La comunità italiana ha apprezzato moltissimo e tantissimi vengono, ma anche gli stessi belgi apprezzato tantissimo questo gelato e molti mi dicono che ci ritrovano lo stesso gusto di quello provato nelle loro vacanze italiane.
C'è una distinzione fra i gusti che prediligono gli italiani da quelli belgi?
Sì. Ho notato che i gusti alcolici, che in generale non vanno benissimo in Italia né all'estero, nonostante la grande tradizione della birra, neanche il Belgio li ama in modo particolare e si registrano gli stessi volumi di vendita che in Italia. Inoltre, i formaggi italiani (ricotta, mascarpone...) nel gelato non vengono particolarmente apprezzati dai belgi, mentre dagli italiani sì. Una cosa che accomuna sono i gusti dove c'è del croccante, un biscotto: i belgi apprezzano di più anche la frutta soprattutto pesche, albicocca, mango, frutto della passione... Prima o poi farò il gelato allo speculos.
Non ti hanno ancora chiesto il gelato alla birra?
No, io infatti avevo in mente di farlo, ma vedendo che i gelati alcolici non vanno molto...
Garantire l'artigianalità del prodotto comporta dei costi in più...
Certo. Quello che fa il prezzo del gelato è il sapore caratterizzante. Se si utilizza la vaniglia del Madagascar che è arrivata a 900€ al chilo, o il pistacchio dop di Bronte ha un costo differente o la nocciola e così via. Però il vantaggio di una gelateria artigianale è che se utilizzi materie di prima qualità, anche se non ti trovi in un posto di passaggio o al centro, le persone a quel punto tornano appunto per il gelato che non puoi trovare altrove e vengono apposta. 
Più richiesta la coppetta o il cono?
La coppetta.
E la brioche è richiesta?
Così così: più gli italiani che i belgi che non sono abituati.
L'attività sta andando bene?
Bisogna considerare che sono all'inizio, dunque va bene. La stragrande maggioranza delle persone tornano perché il gelato piace moltissimo: ho aperto tardi con la stagione praticamente finita e sono sicuro che la prossima stagione, continuando a tenere un livello alto di qualità, andrà ancora meglio.
Ultima domanda: perché "Les Dodi"?
Quando ero piccolo, mia sorella, più grande di due anni, non riusciva a pronunciare il mio nome e mi chiamava "Dodo". Poi, crescendo, io chiamavo lei "Dada" anziché Giordana. Insieme, quindi, ci chiamavano "i Dodi": il nome, semplicemente francesizzato, diventa "Les Dodi" il cui suono è bello all'orecchio.
Giovanni Zambito.

Informazioni:

LOVING VINCENT al cinema nei soli giorni 16- 17 e 18 ottobre

$
0
0
Ecco una nuova frontiera che la Grande Arte supera creando un incontro e mix tra arte e cinema con il primo lungometraggio proiettato al cinema “interamente dipinto su tela” che ci farà scorrere le opere e la vita di Vincent van Gogh.

Questo lungometraggio, scritto e diretto da Dorota Kobiela & Hugh Welchman, ha già vinto il Premio del Pubblico al Festival d’Annecy. Dopo il successo di “Van Gogh Alive - The Experience” (la mostra multimediale più visitata al mondo) senz’altro Vincent van Gogh, era l’artista olandese designato per attraversare questa nuova frontiera al cinema, nessuno come lui ha creato quell’allure leggendario sulla sua stessa vita controversa che lo connotato come martire, genio, folle.
L’avvio del lungometraggio è attraverso lo svelamento delle sue lettere ed il delicato rapporto epistolare che Vincente intratteneva con Théo van Gogh, fratello del pittore, attraverso le quali ci viene narrata un’immagine puntuale e restituita proprio attraverso i suoi dipinti.
Con questo lungometraggio si crea così un magnifico connubio tra arte e tecnologia con una modalità ancora più fruibile a chi ama l’arte
Migliaia di immagini delle opere dipinte su tela, rielaborazioni di questo magnifico pittori, realizzate da 125 artisti che per anni e con un certosino lavoro le hanno composte, donandoci un lavoro di fortissimo impatto e con una poetica composita simile eppur differente dalla pittura stessa, ma che come le forme di arte più tradizionali, ci regalano emozioni forti e rese fluide da questa modalità trasmissiva.
Non Vi sveliamo di più invitandovi a scoprirlo voi stesso nelle tantissime sale in tutta Italia in cui nei prossimi giorni del 16- 17 e 18 ottobre si potranno gustare visivamente.
Per info sulle sale ed altro cfr link: http://www.nexodigital.it/loving-vincent/
Ester Campese

Per un'hamburgheria top c’è…"Pub Stritt”

$
0
0
“Pub Stritt” è  nato da una semplice passione per il food tipico americano di Salvatore Pagano, diventato in soli tre anni, dal 2014 un punto di riferimento di Villa di  Briano, nell’agro aversano grazie all’ottima qualità delle carni scelte per i suoi mega Panini. La scelta è ampia ed offre alla clientela diverse tipologie di carni. Ed un pizzico di  fantasia e creatività nel miscelare gusto e sapori per la presentazione dei piatti.

E’ un locale  stile country inglese con arredamento in legno, con un ambiente caldo ed originale.  Il posto giusto per trascorrere una serata tra ottime birre del gruppo Eggenberg, Franziskaner, Lowenbrau e deliziosi panini con carne hight quality 100% italiana.  “ Pub Stritt” nel  suo ampio menù non si dimentica di soddisfare anche celiaci e vegani non togliendo mai la prelibatezza ed il gusto dei  suoi inconfondibili sapori.

Un’eccellenza del food campano e di grande qualità, frequentato abitualmente dagli amanti di sapori delicati e "saporiti" per un'hamburgheria top C'é Pub Stritt because it is good!

Salvatore  Pagano – aggiunge – : “  Pensare che all’inizio sembrava quasi impossibile riempire un locale di soli 35 posti a sedere a Villa Briano, da qui nasce il nome del Pub “Stritt” e dal 2014 ad oggi abbiamo 110 posti, grazie alla nostra passione per questo lavoro e il food. Infatti mia madre Elena, toscana ha da sempre la passione per la cucina, mentre con i miei fratelli, Fabio e Salvatore  organizzavamo barbecue con gli amici,  mio padre Nicola che fa tutt’altro lavoro ci aiuta a selezionare le verdure e gli ortaggi  ed Angela la mia fidanzata, ostetrica professione si impegna ad accogliere i nostri clienti in modo cortese”.

Insomma,  un posto originale,  con un dietro le quinte niente male dove ci si da fare  per un solo obiettivo: garantire cibo genuino e  di qualità. Un’eccellenza del food campano,  non a caso tripadvisor lo certifica come eccellenza 2017   frequentato abitualmente dagli amanti di sapori delicati e "saporiti" per un'hamburgheria top C'é Pub Stritt because it is good!

Rai1, dal 16 ottobre Sotto copertura 2. Intervista a Erasmo Genzini: sono nato attore

$
0
0
A tu per tu con Erasmo Genzini, interprete di Sottocopertura2 nei panni di Nicola Sasso. La nuova stagione della serie sulla cattura di Zagaria, basata su una storia vera e con la regia di Giulio Manfredonia, vede nel cast personaggi del calibro di Claudio Gioè, Guido Caprino, Filippo Scicchitano, il bravissimo Gianfranco Gallo, Miriam Candurro, Alejandra Onieva, l’indimenticabile Soledad de “Il Segreto” e Giovanna Rei. La seconda stagione della serie in 4 episod, andrà in onda dal 16 ottobre 2017 su Rai1. L'intervista.

- Che ruolo interpreti in Sotto copertura 2?
Interpreto Nicola Sasso, una delle poche persone che fino alla fine è più vicina a Michele Zagaria. Un ragazzo intelligente e sensibile, sempre pronto all’azione per dimostrare il suo valore e in costante difesa del suo Clan.
- Ti sei trovato bene sul set ?
Ho avuto la fortuna di far parte di un team fantastico, un’armonia di quel genere è rara da trovare, soprattutto con i tempi veloci che richiede questo lavoro.
 - Quando hai deciso di fare l'attore?
Non c’è stato un momento preciso nella mia vita che mi abbia portato a scegliere di farlo, credo di esserci nato. Da ragazzino amavo trasformare ogni spazio in un set e forse mi succede ancora oggi. A volte reagisco alle situazioni che mi capitano  come se stessi recitando.
 - I tuoi genitori ti hanno sempre supportato?
Sempre. Mi reputo molto fortunato a riguardo, mi hanno sempre affiancato insegnandomi che i sogni vanno seguiti. Sin da bambino non c’è stato un solo provino a cui io abbia rinunciato ed economicamente questo vuol dire tanto, me l’hanno permesso nonostante i tanti sacrifici che normali famiglie come la mia sono costretti a fare pur di vedere i loro figli felici.
 - Hai modelli o idoli a cui ti ispiri come interprete?
Restando in ambito nazionale ritengo Pierfrancesco Favino uno dei più bravi attori italiani. Quello che amo di lui è la divina capacità di rendere estremamente naturale ogni personaggio che interpreta .
 - Con quale regista ti piacerebbe lavorare?
 Mi piacerebbe lavorare con Giulio Manfredonia, lo so, ho smesso da poco di lavorarci in Sotto Copertura 2 ma mi ha insegnato cosi tanto in tre mesi che non vedrei l’ora di lavorarci ancora. Ovviamente non mi precludo nulla, amo questa passione e amo conoscere le persone che ne fanno parte.
 - Come trascorri il tuo tempo libero?
Guardo film di ogni genere e ancora più volentieri in lingua straniera con sottotitoli in italiano  amo ascoltare le vere intenzioni che gli attori danno alle loro battute. Mi piace rubare da ognuno di loro qualcosa traendo esperienza da ogni film che guardo.
- Qual è il tuo sogno nel cassetto ?
Un po' scontato. Il mio sogno è quello di trasformare quante più volte possibili ogni pezzo di carta che abbia una storia, un personaggio e una vicenda in una persona vera e propria.
 - Come ti vedi tra 10 anni?
Seduto sul divano di casa insieme alla mia famiglia a guardare un mio film da protagonista.

Goffredo Palmerini a Ottawa, il 18 ottobre sarà a Casa Abruzzo

$
0
0
OTTAWA - Si aggiungono due tappe canadesi all’annuale missione di Goffredo Palmerini in Nordamerica.
Dopo la sua consueta visita a New York, dove sara' ambasciatore d'Abruzzo dal 5 al 15 ottobre, impegnato in diversi eventi culturali nel mese che New York dedica alla cultura italiana con un ricco calendario di appuntamenti e alle manifestazioni del Columbus Day piu' famoso d'America, Palmerini sara’ ospite della comunita’ abruzzese di Ottawa. Arrivera’ in Canada il 16 ottobre. Stara’ a Ottawa fino al 22, poi si recherà a Montreal, dove incontrera’ la comunita’ italiana in un evento organizzato dal Comites. Il 23 pomeriggio ripartira’ per New York e Roma.

Quest’anno siamo particolarmente privilegiati di poter annunciare che nella serata del 18 ottobre, dalle ore 19:00 in poi, Palmerini terra’ una conferenza sull'Abruzzo trattando le bellezze della nostra terra: storia, borghi, arte e ambiente, le eccellenze e singolarita’ di una regione ricca di straordinarie suggestioni.  Piu’ che una conferenza, la serata si propone come una conversazione tra amici che hanno sempre l’Italia nel cuore, per parafrasare se non citare il titolo dell’ultimo libro di Goffredo, L’Italia nel cuore, fresco di stampa. E’ un felice ritorno, quello di Palmerini, che e’ stato gia’ nella capitale canadese nel dicembre 2001, accompagnando in una entusiasmante tournée in Canada (Hamilton, St. Catharines, Welland, Toronto, Ottawa) il Coro della Portella dell’Aquila - egli era in rappresentanza della Municipalità della citta’ capoluogo d’Abruzzo -, e l’anno successivo in visita privata. 

Il 20 e 21, inoltre, Palmerini partecipera’ al convegno presso l’Universita’ di Ottawa sulle Culture del Mediterraneo. Un forum che come docente dell’ateneo ho organizzato anche in Italia, due anni fa a Sulmona. Il convegno sara’ aperto dalla relazione della prof. Graziella Parati (Dartmouth College, Usa), cui seguiranno gli interventi dei professori May Telmissany (University of Ottawa), Walid El Khachab (York University), Martino Lovato (Mount Holyoke College), Marie-Catherine Allard (Carleton University). Goffredo Palmerini sara’ Special Guest dell’evento. Nelle giornate precedenti avra’ diversi incontri con esponenti della comunita’ italiana e con la stampa.

In Canada Palmerini conta molte amicizie, nell’Ontario e nel Quebec. Sono particolarmente numerose a Ottawa, tra le quali spicca il forte rapporto con Nello Scipioni, presidente del Centro Abruzzese Canadese, eletto Uomo dell’Anno 2017 della capitale canadese. Con chi scrive la collaborazione e l’amicizia si rinnovano ogni anno in Abruzzo, in occasione delle mie visite e delle Summer School degli studenti della mia universita’, verso i quali Palmerini dedica particolare attenzione, guidandoli tra le meraviglie d’arte dell’Aquila e nelle prestigiose scuole e istituzioni di Cinema del capoluogo abruzzese. 
  
Franco Ricci 

Teatro Spazio 18b, domenica 15 ottobre TAMBURITANGO di Luca Milesi

$
0
0
Va in scena al Teatro Spazio 18b domenica 15 ottobre alle ore 18.15 il primo dei cinque episodi della Rassegna di Teatro civile TAMBURITANGO, ideata da Luca Milesi e Francesco Sotgiu.
Un tango a tre, fra un bambino, il pallone e il tamburo. Ricordi di calcio in cinque racconti per il teatro. Un'idea di Luca Milesi e Francesco Sotgiu. GLI ANNI ’80 A ROMA è il titolo del primo capitolo, voce recitante Luca Milesi, aiuto regia Maria Concetta Liotta, effetti Francesco Sotgiu.
“Lo sapete qual era il mio giocattolo preferito da bambino? Il pallone”. Il Campione confessa la sua intima verità mentre sta per spegnere la sua luce. E’ forse solo la sua? Il Campione è la sintesi della gente che ama il suo sport, perché nell’infanzia quella gente è impazzita dalla gioia correndo dietro ad una palla identica alla sua. Ma quanto era bello ballare quel Tango sognando che al posto della porta fatta con le borse della scuola ci fosse quella dello Stadio Olimpico. Tango…che non è solo un ballo…Tango…che non è solo il nome di un pallone…Tango e non solo, però…Tango & Tamburi…Tamburi & Tango…O meglio ancora Tamburitango come se fosse un solo nome.


TEATRO SPAZIO 18B
Via Rosa Raimondi Garibaldi 18b
Domenica 15 ottobre 2017
Ore 18.15
Biglietto intero euro 15-ridotto euro 12 +  tessera euro 3
info@spazio18b.com
info e prenotazioni 3474961673 - 0692594210

Coma_Cose, ecco "Inverno Ticinese" il nuovo EP tra rap e cantautorato urban

$
0
0
Inverno Ticinese è il titolo del nuovo EP del duo milanese Coma_Cose, dal 13 ottobre in streming negli store digitali.
Coma_Cose esistono da una manciata di mesi e fin'ora hanno pubblicato solo singoli, questo concept EP, invece, racchiude tre canzoni accomunate dalle stesse atmosfere. Tre brani e tre omonimi videoclip, pubblicati lo stesso giorno fuori da qualsiasi schema e strategia promozionale. Si percepisce distintamente come al centro del loro lavoro ci sia un forte immaginario, che brano dopo brano si fa sempre più nitido e riconoscibile.
Le tre canzoni parlano delle serate, delle chiacchiere fino all'alba, della vita di coppia, della malinconia e del fermarsi un secondo a riflettere. Sullo sfondo c'e' sempre Milano, il “Ticinese” del titolo è quello di Porta Ticinese, via storica della città, dove Fausto Lama e California lavoravano come commessi e da cui è partito un po' tutto. Inverno Ticinese nasce dalla voglia di raccontare il lato più intimo della band, quello che forse si era intravisto nel brano “Deserto” uscito in primavera. Coma_Cose sono due ragazzi del Giambellino, due come tanti sbarcati dalla provincia a Milano per cercare il loro posto nella città dove succedono le cose.
La natura del disco si riflette anche nella trilogia degli omonimi videoclip: una scelta minimale, dove attraverso dei piani sequenza, la band propone un playback scarno dei brani uno dopo l'altro nella stessa location. Niente montaggio e buona la prima. L'intenzione è di porre la musica al centro, così come i protagonisti al centro di uno stanzone bianco per far risaltare le parole e dare un volto alle immagini sonore. Già dai titoli dei brani è chiara la semantica dell'EP: basta spostare un accento e il significato delle parole assume tutto un altro senso. Rime, chiaroscuri, significati e significanti si rincorrono tra le produzioni dei Mamakass e il flow inconfondibile del duo. Coma_Cose pubblicano in esclusiva per la urban label milanese Asian Fake, già promotrice di artisti come Ketama126, Fuera e Pretty Solero.


PLAYER

VIDEO

Marco Martinelli, in radio il nuovo singolo “Condizionale Presente”

$
0
0
“Condizionale Presente” (Suoni dall’Italia) è il nuovo singolo di Marco Martinelli, in rotazione radiofonica e in digital download a partire da venerdì 13 Ottobre. 

L’idea e la scrittura di questo brano sono iniziate con una domanda che mi ha posto Mariella Nava: “Cosa faresti per migliorare il mondo o aiutare chi ami?” Io, da scienziato, studierei tutte le formule chimiche, la loro forma, funzione, azione, la biologia e le manipolazioni genetiche, la fisica e la scienza dei materiali.

La riflessione si evolve dalla chimica degli elementi alla chimica dell’anima perché i nostri sentimenti sono chimica e quella più grande, potente e dirompente è l’amore. L’amore sposta tutto dentro di noi, ci porta a cambiare le nostre priorità, ci rende migliori, ci stimola a fare del bene.

Il mio “Condizionale Presente”, è quello che farei per dare amore attraverso la scienza – racconta Marco Martinelli 
Insieme al singolo è in uscita il video della canzone girato nel laboratorio PlantLab della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove Marco realmente svolge attività di ricerca. Insieme a lui i colleghi dottorandi interpretano loro stessi durante le riprese tra i reagenti chimici e piante e macchinari.

Marco Martinelli è nato a Lucca 26 anni fa, laureato in Biotecnologie Agro-Industriali e un Master in Molecular And Industrial Biotechnology con lode presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove attualmente svolge attività di ricerca come dottorando; vincitore del prestigioso Concorso Nazionale “Ingegner Giuseppe Pedriali”, si divide nella vita tra arte, management e scienza. Già conosciuto al pubblico per aver preso parte a due programmi televisivi su reti nazionali:“The Apprentice”, SKY1 seconda edizione, dove ha messo in mostra le sue qualità creative e le sue attitudini manageriali e “Forte Forte Forte" (intervista di Fattitaliani), RAI1 dove Marco si è dimostrato un talento preparato, dotato di comunicativa e simpatia, oltre che di capacità canore e di performer a tutto tondo, classificandosi al terzo posto.

La sua ultima esperienza lo vede, nella scorsa stagione, come conduttore del programma di divulgazione scientifica “MEMEX-La Scienza in Gioco” su RAI Scuola e Rai 2 

Già presente sul mercato discografico digitale per la “Suoni dall’Italia” da poco più di un anno con cinque inediti, di cui tre accompagnati da video, e con la cover di “Amore bello”, di Claudio Baglioni e Antonio Coggio.

Il suo primo album, sia digitale che fisico, è in fase di registrazione ed uscirà nei prossimi mesi: sarà prodotto artisticamente da Antonio Coggio e i brani saranno firmati da autori come Mariella Nava, Carlo Mazzoni, Bruno Zambrini, Maurizio Fabrizio e tante altre firme interessanti tra cui Maurizio Bernacchia e Pautrizio Baù. 

Bruxelles, 16 ottobre incontro con il regista Marco Tullio Giordana e proiezione del suo film "Due Soldati"

$
0
0
Per la serata di apertura della XVIIa Settimana della lingua italiana nel mondo, l’Istituto Italiano di Bruxelles incontra Marco Tullio Giordana, regista italiano tra più celebri anche all’estero, per un dibattito sul cinema italiano in cui avrà come interlocutore Jean Gili - critico e storico del cinema e professore emerito all'Università Parigi 1 Panthéon-Sorbonne.

Al dibattito segue la proiezione del suo ultimo film Due soldati (2017), presentato al Festival di Locarno.
Marco Tullio Giordana Milanese, classe 1950, si è imposto negli anni come uno dei registi più attenti ed appassionati nell’affrontare periodi e accadimenti fra i più drammatici e inquietanti della storia recente del nostro Paese. Nel 1980 esordisce nella regia con Maledetti vi amerò, uno dei primi film sul terrorismo italiano, premiato con il Pardo d’oro al Festival di Locarno, seguito subito dopo da La caduta degli angeli ribelli (1981), con cui Alida Valli si aggiudica il Nastro d’Argento. Nel 2000 dirige I cento passi, film su Peppino Impastato, anarchico vittima della mafia. Nel 2003 realizza il film per la televisione La meglio gioventù che vince la sezione Un certain regard del Festival di Cannes e ottiene un grande successo anche all’estero. Ha girato inoltre: Pasolini un delitto italiano (1995), Quando sei nato non puoi più nasconderti (2005), Sanguepazzo (2008), Romanzo di una strage (2012).
Due soldati (2017)
Zona di Napoli. La gioventù è divisa a metà. Ci sono quelli come Salvatore, che s’inchinano al sistema e diventano delinquenti, e altri, come Enzo, che cercano un lavoro onesto e finiscono per entrare nell’esercito ed essere spediti in missione in un territorio ad alto rischio. E poi c’è Maria, che sta progettando il suo matrimonio con Enzo, il ragazzo che ama e che rappresenta per lei la possibilità di migliorare la propria vita. I tre rispondono diversamente agli stessi problemi di sopravvivenza, ognuno su un fronte diverso, dove ognuno è un soldato. Ma le cose cambiano quando il destino porta Maria e Salvatore ad incontrarsi…
94'; V.O. ITA.
In occasione della XVIIa Settimana della lingua italiana nel mondo – con tema: L'italiano al cinema, l'italiano nel cinema.
Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica. 
Prenotazione qui 

Londra, International Chocolate Awards: a Pietro Macellaro 2 medaglie d"oro e 2 d'argento. L'intervista di Fattitaliani: nei miei prodotti la mia identità

$
0
0
L'Italia del cibo genuino, caratterizzato da fantasia e ottime materie prime, non finisce di stupire il mondo e di farsi conoscere. Parliamo di cioccolato e parliamo di Pietro Macellaro, una vecchia conoscenza di Fattitaliani: torniamo a intervistarlo per un evento ben preciso. A Londra, alla Finale Mondiale dell'International Chocolate Awards, il Maestro Pasticciere di Valle dell'Angelo è stato premiato con due medaglie d'oro e due d'argento.

Per cominciare, raccontaci le sensazioni a caldo che hai provato alla fine della manifestazione?
Immagina il contesto... qualche centinaio di persone venute da tutto il mondo: io là in mezzo, piccolo, con la mia piccola storia da rappresentare, senti annunciare più volte il tuo nome per essere premiato: è una bella botta di emozioni. All'inizio riguardi di continuo i premi perché stenti a crederci.
Puoi dirci in dettaglio dei primi ricevuti e la motivazione? Sai, ancora oggi per molti il cioccolato è dappertutto uguale...
In una stessa categoria, quella del marzapane ricoperto in cioccolato, ho preso un oro ed argento, poi il mio strepitoso boero con un delizioso cognac francese. Ed un meraviglioso cioccolato del Perù ha preso una medaglia d'oro. Beh, chi crede che il cioccolato sia tutto uguale sbaglia di grosso. Certo, occorre un buon palato per distinguerne le particolarità: un po' come il vino.
Senti... dicevi della "tua piccola storia": nei tuoi prodotti in che maniera - se possibile - si può gustare e vedere quello che sei e da dove vieni?
Nei miei prodotti tutti c'è la mia identità, il mio stile, la mia storia, il mio luogo... non a caso utilizzo nelle mie creazioni prodotti spesso selvatici, diversi, ricercati vivendo in un contesto di montagna, lontano dai centri dove regna la biodiversità.
Possiamo dire con orgoglio che Fattitaliani è stato uno dei primi a mettere in risalto le tue qualità. Sono passati anni e adesso sei un personaggio popolare. La tentazione di cambiare rotta, di cedere a offerte allettanti magari un po' tradendo te stesso c'è stata?
Sì, Fattitaliani già da tempo, tra i primi venne a farmi visita. Tentazioni particolari di cambiare rotta direi di no! Io traggo ispirazione dal mio territorio o meglio lui comunica attraverso me col dolce. È un territorio grande: ancora poco conosciuto e dalle mille particolarità... perché dovrei cambiare? in fondo stiamo bene insieme....vero?
Hai detto delle cose proprio belle... forse noi italiani non saremo mai abbastanza fieri di noi stessi... (ride, ndr). Dietro al tuo lavoro e alle tue creazioni c'è la presenza essenziale e discreta di Raffaella... Quanto devi alla sua costanza nel credere nel tuo talento?
Tutto. Senza di lei non sarei nessuno. (sorride, ndr).
Grazie Pietro, contento di averti ritrovato e al prossimo successo!
Grazie a te Giovanni....un abbraccio e a presto. Giovanni Zambito.

A Fattitaliani Sara Tacchi, Influencer di fashion, d’arte, di stile: "prima di essere donna sono femmina... per me conta la classe". L'intervista

$
0
0
Sara Tacchi, Influencer di fashion, d’arte, di stile, ci parla di questa nuova figura che domina i social mondiali. Intervista di Andrea Giostra.

Sara Tacchi si forma con una preparazione accademica appartenente ad un mondo apparentemente lontano da quello che “abita” adesso. Due lauree, una in economia internazionale, l’altra in inglese. Avrebbe voluto intraprendere la carriera diplomatica. Fin da ragazzina ha sempre adorato la moda, l’arte, la scrittura. Erano i suoi più importanti hobby.
All’età di 32/35, il destino del fashion bussa alla sua porta. Durante una vacanza estiva, viene notata da un fotografo di Vogue, e lì inizia il suo primo contatto interessante e professionale, quale modella fotografica, con il mondo che conta della moda.
Da autodidatta, intanto, inizia a studiare il mondo del fashion, dell’alta moda, dalla fotografia artistica, per iniziare a costruirsi un bagaglio culturale che le sarebbe potuto servizi per navigare in quell’oceano spesso impetuoso che è il fashion e l’altra moda internazionale.
Inizia allora ad occuparsi di moda dal punto di vista di chi la osserva e vuole scoprirne i segreti e il fascino, e come un attore, prende in mano la “macchina da presa” per osservarla e comprenderla, utilizzando la scrittura e l’arte del narrare la moda e tutto quel mondo tanto ammirato. I suoi articoli e i suoi piccoli video, li pubblica nel suo blog e nelle sue pagine social, e da lì Sara ha iniziato a riscuotere un interessante successo social e virtuale, tanto che oggi è considerata unanimemente come una importante influencer del mondo del fashion nazionale, e per certi versi internazionale.

Ciao Sara e benvenuta per questa chiacchierata sul tuo lavoro e su questa nuova professione che ha preso il sopravvento nel mondo del web planetario. Per iniziare la nostra conversazione, vorrei ti presentassi ai nostri lettori. Chi è la Sara-Donna?
Sara è semplicemente quella che vedete nelle foto, nei servizi fotografici. Io non mi travesto. Sono nata così. Per me ciò che conta è la classe, avere uno stile unico. Mi rendo conto che non sono una donna omologabile, perché non è nella mia natura. Adoro sperimentare, osare. Questo da ragazza mi portava a sentirmi strana, diversa dalle mie coetanee. Non mi accettavo. Con la maturità ho capito che invece il fatto di non far parte di questa globalizzazione femminile è un pregio non un difetto. Io prima di essere donna sono femmina. Scandalo per molte donne. Ma la femminilità è il dono più prezioso che una donna possa avere e donare. Quando se ne è consapevoli da un potere assoluto se usata con classe, ironia e sensualità. Per certi aspetti sono una donna moderna ma per altri “vintage”. Per me un uomo e una donna devono avere ruoli distinti. Se confondiamo questi ruoli uccidiamo la sensualità, l’erotismo. Non amo le donne dominatrici. Ritengo che siano l’antitesi dell’essere femmine. Il fatto che una donna faccia il famoso “passo indietro” non denota debolezza, ma forza. Non sopporto l’aggressività, figuriamoci nelle donne. Questo concetto però è poco capito. L’aggressività non è sinonimo di forza ma di estrema debolezza e insicurezza. Io sono la donna che volevo essere e per esprimere le mie idee non ho bisogno d’aggredire. Ho un carattere forte, fragile, compassionevole, non giudico ma accolgo.
Invece chi è la Sara-Influencer conosciuta in tutto il mondo dell’alta moda internazionale?
Sara–Influencer. Io ho voluto dare una linea totalmente diversa dal concetto classico del termine influencer che ultimamente viene deriso a ragion veduta. Il termine influencer mi sta stretto, perché’ io non lo rappresento come viene utilizzato.
L’influencer classica cosa fa?
Ve lo dico io.
Scrive 4 righe, sempre che sappia scrivere, cosa rara, e poi pubblica 3000 fotografie. Cerca in qualsiasi modo di accattivarsi tutti con finti elogi e si sforza semplicemente di dire cosa si usa per quella determinata stagione. Il più delle volte veste in modo terrificante, quando invece dovrebbe rappresentare la classe, lo stile della moda e se mi permetti dato che siamo in Italia la moda italiana. Ma qualcuno di nome Coco Chanel dice “Puoi andare a scuola di buone maniere, di gusto ma non esiste alcuna scuola per la classe. Ci devi nascere”. Parole dure ma vere. L’influencer classica parla sempre e dico sempre dei soliti stilisti noti. Ma è possibile che un talento come Antonio Marras, per fare un esempio, non venga quasi mai menzionato.
Sara vuole raccontare alle persone di un mondo di talenti poco valutati non fermandosi a descrivere i capi ma raccontando le loro meravigliose storie. E ci metto sempre la faccia perché’ utilizzo sempre me stessa per indossare certi capi e far capire alle donne che devono osare. Invece vedo tante uniformi e poca sensualità. Io sono certa che le persone sono assetate di sapere queste vite avventurose, tragiche, emozionanti. Non m’interessa dire cosa si usa o meno in una determinata stagione. La moda la facciamo noi. Perché’ se dessimo retta a certi stilisti vestiremmo come dei pagliacci. Io voglio invece che le donne creassero il loro stile osservando tutto. ”Si ruba, non s’impara”.
Iris Apfel, icona della moda internazionale che sono convinta molte influencer nemmeno sanno chi sia, ha insegnato che bisogna mischiare capi importanti con capi comprati anche nei mercatini. Non è la marca prestigiosa ha fare di una donna una Signora di gran classe, ma è il portamento, come parla, come muove le mani, come ammalia, uno sguardo.
“Quando una donna di classe entra in una stanza non fa fischiare ma crea silenzio”.
Un’influencer deve essere pregna di cultura, arte, perché’ queste due parole esaltano la moda. Io non voglio parlare solo di vestiti. Noia totale. Voglio parlare, anzi scrivere di moda, arte. Far conoscere alle persone il mondo del fashion, dell’arte, della cultura per quanto posso a 360 gradi.
Puoi spiegarci Sara, in poche parole, chi è oggi quello che viene definito Influencer?
Ho già anticipato nella tua domanda precedente qualcosa. Nel termine classico l’influencer influenza la moda. Ma ormai questa figura è diventata quasi ridicola.
Per me un’influencer deve intanto avere una preparazione accademica. Deve saper parlare e scrivere. Parlare le lingue. Fondamentale sapere le lingue. Deve avere il coraggio di dire dei grandi no a sfilate indecenti. Deve aiutare le donne a non vergognarsi della loro femminilità. Deve saper ascoltare tutti e rispondere a tutti. Ma prima di elogiare un capo, un gioiello ecc.… deve averlo provato su sé stessa. Deve valutare non solo l’estetica del prodotto ma la manifattura, cosa dimenticata. Gli stilisti veri rimangono tutta la vita artigiani della moda. Deve influenzare anche nell’arte. Facendo conoscere artisti, scrittori ecc.…Deve aiutare gli artisti, diventare non solo colei che li vestirà ma il manager. Deve saper muoversi in ogni ambiente. Sembrerebbe tutto un deve, ma se c’è passione quel deve scompare e rimane questo fuoco sempre acceso.
Recentemente ho scritto un breve articolo sulla nuova figura professionale dell’Influencer del ventunesimo secolo che so che hai letto. Secondo me, l’aspetto più interessante e originale di questa nuova figura professionale è quello che ho descritto con queste parole:
«L’Influencer di successo, non si limita a scrivere e postare le sue foto e i suoi scritti. Intrattiene con i suoi follower un vero e proprio confronto virtuale fatto di consigli, di scambi di opinioni, di recensioni sul prodotto acquistato e provato, di tutti quelli che sono e sono stati i vantaggi e gli svantaggi dell’esperienza commerciale, professionale, amatoriale del prodotto acquistato o da acquistare (per prodotto si intende sia quello materiale che quello immateriale). Questo interessante elemento di confronto diretto, in realtà, è la componente che fa la differenza con la pubblicità tradizionale unidirezionale: “ti dico io cosa acquistare perché quello che promuovo è il meglio per te che esiste sul mercato!” Nell’incontro virtuale tra l’Influencer e il suo follower, il rapporto evolve in: “decidiamo insieme cosa devi acquistare in base ai tuoi peculiari bisogni perché quello di cui discuteremo alla fine sarà il meglio che potrai trovare sul mercato!”»
Qual è la tua posizione rispetto a quello che descrivo? Secondo te è così oppure la prospettiva è un’altra? Nel senso che il mio è un approccio da osservatore esterno e quindi assolutamente sindacabile. Il punto di vista di chi fa un’analisi parziale. La tua prospettiva è certamente più interessante perché è il tuo lavoro e lo conosci in tutti i suoi rivoli. Cosa mi dici in proposito?
La penso esattamente come te. L’influencer deve “sporcarsi le mani”. Come fai a consigliare se prima non hai provato? È fondamentale creare un rapporto con chi ti segue. Ascoltare le esigenze e anche le critiche. Interfacciarsi con il proprio “pubblico”. Alla fine si crea quasi un rapporto d’amicizia. Devi portare le persone a fidarsi di te e per farlo devi essere credibile. Per questo motivo io ho deciso di mettere per la maggior parte delle volte foto dove indosso io i capi anziché’ foto di riviste o sfilate.
È un rischio continuo ma “piccoli rischi piccoli successi, grandi rischi grandi successi”.
Anche per quanto riguarda l’arte io parlo di ciò che ho visto, letto. Quest’ultima parola “leggere”. Mai smettere. La gente non è stupida. Capisce subito se ciò di cui scrivi l’hai vissuto, sentito perché’ trasmetti passione. Devi invogliare, sedurre, ammaliare, incuriosire. E questo cos’è se non arte?
Ci racconti qualcuna delle tue esperienze di lavoro concreto perché il lettore capisca di cosa si tratta? Come funziona il lavoro e come si sviluppa?
Certamente. Intanto non pensate che sia un lavoro superficiale. Io mi preparo prima, mi documento, ho mille quadernetti dove scrivo tutto quello che mi passa per la testa altrimenti me lo dimenticherei e poi vado “a braccio”.
Quindi prima cosa preparazione.
Facciamo un esempio concreto. Evento. Intanto è una sfilata, una mostra ecc. … quindi voglio sapere vita morte e miracoli di queste persone, stilisti, artisti e preparo il mio Staff.
Studio il mio outfit e quello del mio Staff. Deve essere raffinato, mai volgare, ma adeguato.
Se è una sfilata classe, ricercatezza perché’ voglio rappresentare la moda italiana nel suo lato più glamour. Lo stesso pretendo da chi mi accompagna. Se fosse una Mostra uguale. Una Street Art aggiungo eccentricità, un’intervista sobria. Io studio tutto nei minimi particolari.
Dopodiché ormai chi mi conosce sa che quando varco il palcoscenico io parto. Il mio Staff mi rincorre, mi solleva da tante cose che non posso gestire. Non mi fermo, improvviso, non ho un copione. Le idee più geniali mi sono sempre arrivate sul campo. Oso e porto il mio Staff ad osare. Ma esigo un comportamento esemplare. Eleganza, educazione. C’è poi un confronto tra me e chi mi segue. Perché’ è fondamentale. Mi piace il lavoro di squadra. Coinvolgere le persone accanto a me. Io sono per il gioco di squadra. Voglio sentire anche con occhi diversi dai miei. Essere sempre un passo avanti.
Quindi dato che io non sono la classica influencer, arriva la parte solitaria del mio lavoro in cui devo stare isolata per scrivere il mio articolo.
Secondo te Sara, quali sono i punti di forza per avere successo nella professione di Influencer?
I punti di forza sono avere innanzitutto una forte preparazione.
Esempio: nel caso della moda, outfit, trucco, capelli, tutto. Circondarsi di persone qualificate che ti possano aiutare. Se vado ad una sfilata, con me c’è sempre la mia Stylist che mi spiega le parti più tecniche, le cuciture, i tessuti, ecc.…
Io vedo sempre arrivare influencer sole. Ma che ne sanno della costruzione di un vestito? Non siamo sarte.
Il mio vantaggio è che fin da piccola mia mamma mi vestiva in sartoria e così una preparazione basica l’ho assimilata, ma non mi basta.
Sapere le lingue.
Sapersi comportare in ogni circostanza e reagire immediatamente agl’imprevisti.
Garbo, gentilezza ma autorevolezza.
Riuscire a fare un gioco di squadra.
Io ho tante ragazze che dopo avermi vista al lavoro mi chiedono di poter fare uno stage con me. Sono gentile ma severa. Voglio disciplina. Non voglio vedere, come invece è purtroppo la prassi, influencer e Staff in giro a mangiare, bere senza interagire con gli altri.
Io sto lavorando, non sono ad un Party. Certo, poi tutti liberi, e la serata inizia. 
I punti di debolezza invece? 
I punti deboli.
Facile, poca preparazione. Non saper parlare e scrivere. Adottare dei look indecenti.
Non sapere le lingue. Noi siamo il nostro biglietto da visita. Le donne mi avvicinano perché’ sono attratte da come mi vesto, è semplice.
Ultima cosa, apparentemente superficiale, ma a questo dico un grande no! I biglietti da visita. Molte influencer non li hanno. Ormai in tutto il mondo ci si presenta con il proprio biglietto.
Com’è che hai iniziato a fare questo lavoro? Quando hai iniziato e come è scattata la molla? 
Io ho iniziato per gioco facendo vedere come è Sara in tutti i momenti della giornata. Scrivendo di quello che so. Non pensavo di essere seguita e cercata così. È nato tutto in modo naturale.
Però ricordo un complimento fattomi da una donna ... “Finalmente qualcuno che ha il coraggio di dire le cose come stanno. Grazie”. 
Oggi chi si rivolge all’Influencer? Chi sono i brand che reclutano Influencer? E quali i loro reali obiettivi? 
Io posso parlare solo per me.
Da me arrivano richieste di partecipazioni a sfilate per esprimere la mia opinione, Brand che mi chiedono consigli se quel prodotto potrebbe funzionare. Artisti che vogliono essere promossi da me partendo dall’outfit alla mostra fino alle vendite delle opere perché’ io nasco come imprenditrice in un settore prettamente maschile e ho esperienza nelle trattative.
I loro obiettivi sono sempre gli stessi, avere visibilità, successo. Per questo motivo io seleziono in base a miei criteri del tutto soggettivi. Non siamo tutti talenti e se non hai voglia di lavorare, di impegnarti, la cosa non fa per me. 
Chi sono invece le persone che chiedono agli Influencer consigli per le loro scelte? Dalla tua esperienza ovviamente.
Tutti. Persone di tutti i ceti sociali. Sarte, mamme, donne in carriera, ecc... Uomini che si lamentano giustamente di essere trascurati. Ma io amo la moda e quindi anche quella maschile e prometto di occuparmene di più. 
Sara, tu lavori nel mondo dell’Arte, del fashion, della moda da sempre praticamente. Se ti venisse chiesto di spiegare cos'è l'Arte a dei bambini di dieci anni, con parole semplici, cosa racconteresti loro? 
Se dovessi parlare d’arte a dei bambini, racconterei loro l’arte come una fiaba piena di colpi di scena. I bambini amano le avventure, la magia. Di certo non parlerei loro di date, concetti accademici. Sarebbe stupido e noioso. Perché’ dai bambini s’impara molto. Loro non sanno cos’è la noia. Parlerei normalmente e non come fanno troppi adulti che hanno inventato una lingua dove tutto finisce sempre per ino/e/i. Dove tutto è piccolo. Piattino, bicchierino … Si dice piatto, bicchiere … E li condurrei per mano in un racconto colmo di entusiasmo, suspense, pericolo.
Se dovessi raccontare di uno scrittore, pittore, cercherei le figure più interessanti e durante il racconto leggerei dei versi, delle poesie, farei vedere dei quadri spiegando a cosa si sono ispirati.
I bambini sono curiosi, in un secondo possono decidere di alzarsi e non ascoltarti più perché li annoi.
La voce da non sottovalutare. Niente timbro da professoressa di matematica, ma una voce accattivante, poi forte, poi silenzio, di nuovo forte. I bambini vanno ammaliati.
Se invece dovessi spiegare cos’è la Cultura e a cosa serve nel mondo dell’Arte? 
La cultura e l’arte per me sono due facce della stessa medaglia. Attraverso una strutturata preparazione culturale si ha un accesso principale nel mondo dell’arte. Mai smettere d’imparare, leggere. Ma anche questo se non è dettato dalla passione è solo fatica. E se è solo fatica, lasciate perdere. 
Se dovessi scegliere un colore tra il rosso e il blu, quale sceglieresti? E perché? 
Il rosso e il blu. Vorrei scegliere il blu, colore sinonimo di tranquillità, pace, silenzio, linearità nella vita.
Ma io devo seguire la mia natura Io sono rosso fuoco. Passione, movimento. La mia vita non è mai stata una linea retta ma sempre con alti e bassi, in salita.
Alterno momenti di fervore assoluto a momenti di totale solitudine per riprendere energia. Ho trovato dopo vari periodi di strade tortuose un mio equilibrio. Ma io non sono una donna statica. Avrò sempre voglia d’imparare, sperimentare, osare.
Se dovessi scegliere un fiore, quale sceglieresti? O meglio, se un ammiratore volesse regalarti un mazzo di fiori dopo una tua performance, che fiori ti piacerebbe ricevere?
Sembrerebbe una domanda indolore. E invece dice molto di una donna. Io adoro i tulipani dai mille colori. All’apparenza fiori semplici, non rose. È il contrario. I tulipani non sono i classici fiori scontati, non si trovano in tutte le stagioni quindi richiedono ricerca. E riempiono una stanza sempre di primavera anche se dentro di noi abbiamo l’inverno.
Le rose rosa piccole avvolte in un bouquet. Mi provocano una fitta al cuore perché me le regalava sempre un uomo che ho molto amato, mio fratello.
Infine un’unica rosa rossa a gambo lungo confezionata come usava in passato dentro una scatola di cartone.
Sara, per finire la nostra chiacchierata, mi piacerebbe che ci raccontassi qual è il tuo sogno nel cassetto che oggi vorresti realizzare e che ti porti dentro fin da bambina? 
Ho sempre avuto tanti sogni che cambiavano continuamente, ma tra questi io ho avuto sempre tre sogni costanti.
Volevo intraprendere una carriera diplomatica che mi permettesse di aiutare gli altri e viaggiare, scrivere, fare l’attrice.
Tre sogni così diversi, ma erano i miei. Il primo e il terzo chiaramente sono stati archiviati. Ma la scrittura no, mai. Poi in “tarda” età è arrivata la moda e anche qui vorrei essere riconosciuta. 
Grazie Sara, per averci spiegato la tua professione, e in bocca al lupo per tutto quello che fai e che farai nel tuo lavoro e nella tua vita. 
Grazie a te Andrea. Non so cosa accadrà nella mia vita, perché’ la vita è sempre un imprevisto. Professionalmente vorrei proseguire il mio cammino sia nella moda che nella scrittura. Scrivere finalmente qualcosa di mio.
Privatamente sarà banale, ma vorrei incontrare quella parola strana che si chiama amore.

Link per saperne di più su Sara Tacchi:

di ANDREA GIOSTRA

Segnalibro. Claudio Proietti a Fattitaliani: nella scrittura conta ciò che vogliamo esprimere. L'intervista

$
0
0
Su Fattitaliani "Segnalibro" una nuova rubrica dedicata agli scrittori. A inaugurarla il romano Claudio Proietti che due giorni fa con Verdechiaro Edizioni ha pubblicato il nuovo romanzo "Il Barbiere", un uomo che riesce a sciogliere il dolore, apparentemente nascosto, nell’anima delle persone mentre esercita semplicemente il proprio mestiere. Ad un anno esatto dall'uscita de "L'incredibile storia di Casiamù", la nuova storia di Proietti ha un messaggio chiaro: è possibile trasformare la propria vita sciogliendo i nodi emotivi grazie all’ascolto di noi stessi e all’assenza di giudizio. L'intervista.

Quali libri ci sono attualmente sul suo comodino?
“Le nostre anime di notte” di Kent Haruf e “Se vuoi essere contemporaneo leggi i classici” di Gabriele Lavia.
L'ultimo "grande" libro che ha letto?
In ogni libro che scelgo di leggere, fatalmente, ci trovo qualcosa di “grande”! O per dirla più semplicemente… Qualcosa che mi serviva sapere!
Chi o cosa influenza la sua decisione di leggere un libro? (passaparola, copertina, le recensioni, il consiglio di una persona fidata)
L’intuito. Mi lascio guidare da quello! Oppure dal consiglio di qualche persona fidatissima.
Quale classico della letteratura ha letto di recente per la prima volta?
I classici li ho letti tutti tra i venti e i trent’anni. Ora li rileggo. È inevitabile rileggerli. Non è possibile stare al mondo senza averli a portata di mano.
Secondo lei, che tipo di scrittura oggi dimostra una particolare vitalità? (narrativa, giornalismo, fumetti, saggistica...)
L’autore! Non il genere! Se un autore ha qualcosa da dire VERAMENTE lo farà in qualsiasi forma e maniera! Conta ciò che vogliamo esprimere. Il come è secondario.
Personalmente, quale genere di lettura le procura piacere ultimamente?
Come ho appena detto non mi interessa il genere. Provo piacere, o meglio, interesse per le idee. Per il cuore che sento in un’opera. Qualsiasi opera.
L'ultimo libro che l'ha fatta sorridere/ridere? 
“Baciami come uno sconosciuto” di Gene Wilder. Perché ha un’ironia che condivido e adoro.
L'ultimo libro che l'ha fatta commuovere/piangere? 
“Baciami come uno sconosciuto” di Gene Wilder. Perché racconta episodi della sua vita molto drammatici.
L'ultimo libro che l'ha fatta arrabbiare? 
Ancora non è successo.
Quale versione cinematografica di un libro l'ha soddisfatta e quale no?
“Il Signore degli Anelli” mi ha soddisfatto molto. Le versioni che non mi hanno soddisfatto le dimentico.
Quale libro sorprenderebbe i tuoi amici se lo trovassero nella sua biblioteca?
Ma chi si sorprende più?! Per un libro, poi… No. Anche perché c’è di tutto, da sempre, nella mia piccola libreria.
Qual è il suo protagonista preferito in assoluto? E l'antagonista?
L’alchimista, quel bellissimo personaggio creato da Paulo Coelho. Iago, tremenda figura immaginata da Shakespeare, invece, rimane l’antagonista finora imbattuto. 
Organizza una cena: quali scrittori, vivi o defunti, inviteresti?
Inviterei solo Dante Alighieri. Le domande da porgli sarebbero tantissime. Non toccherebbe cibo, poverino. Anzi, non tornerebbe più.
Ricordi l'ultimo libro che non è riuscito a finire? Perché?
Li finisco tutti. Anche quelli che mi deludono un po’, mentre li sfoglio. Faccio male, probabilmente.
Quale scrittore vorrebbe come autore della sua biografia?

Ecco, per questa domanda mi prendo un po’ di tempo. Te lo dirò la prossima volta. Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Uscito il 12 ottobre il nuovo libro di Claudio Proietti: Il Barbiere, ad un anno dalla pubblicazione de “L'incredibile storia di Casiamù” un testo che sta ancora riscuotendo notevole successo. La nuova storia nata dalla penna di Proietti è portatrice di messaggio chiaro: è possibile trasformare la propria vita sciogliendo i nodi emotivi grazie all’ascolto di noi stessi e all’assenza di giudizio.
Un forestiero arriva su un’isola. Non proferisce parola, si esprime magnificamente, ed esclusivamente, attraverso le sue mani. Il forestiero è il nuovo BARBIERE.Gli isolani gli si accostano con grande diffidenza. In quel posto c’è stata sempre e solo una dinastia di barbieri. L’ultimo di quella stirpe, però, non ha eredi. La vecchia bottega rientra in funzione. Ma la gente è ancora diffidente. Toccherà proprio ad Orazio (il vecchio barbiere) fare la prima mossa. Orazio, sotto le mani dell’uomo, inizia a parlare. A vuotare il sacco. Tira fuori tutto quello che aveva seppellito in fondo al cuore per anni. Cose mai raccontate neanche a se stesso. Una liberazione. Una vera rinascita! Gli isolani prendono coraggio e si fanno avanti. Ognuno di loro racconta ciò che appesantisce la propria vita da sempre. Ognuno di loro, uscito dalla bottega, è un’altra persona. Questa storia semplice e avvincente parla alla parte più profonda di noi, invitandoci a lasciare andare ciò che appesantisce il nostro slancio e a proiettarci verso qualcosa di migliore: la nostra vera vita.
“Quel barbiere ha un potere grandissimo nelle mani: guarisce l’anima! Mentre taglia i capelli, o rade la barba, la gente parla… parla… parla! Tira fuori quello che non ha mai tirato fuori in tutta vita. L’inconscio viene liberato. Si esce da quella bottega nuovi! Fuori e dentro!” spiega l'autore. La nuova storia, sviluppata da un cortometraggio di dieci pagine, scritto sempre da Claudio Proietti quasi vent’anni fa, e che ben si presta ad un monologo teatrale e a un film dal sapore internazionale, ha un obietto: far uscire il lettore dalla propria zona di comfort! Spingerlo a vivere sul serio!

Claudio Proietti
Claudio Proietti è nato a Roma nel 1973. E’ stato allievo dello sceneggiatore Leo Benvenuti (Amici miei –di Mario Monicelli-, C’era una volta in America-di Sergio Leone-, Compagni di scuola-di Carlo Verdone-). E’ autore di diverse commedie teatrali: E tu sei bellissima, Meglio zitelle!, Da domani ti amo, Tutto per tutti, Tre anime in sala d’attesa, Papà povero papà! (premio miglior attore protagonista, come opera fuori concorso a Roberto Nisivoccia, alla I^ Rassegna di Drammaturgia emergente promossa dall'Associazione Culturale Marte 2010, avente come presidente di giuria Aldo Nicolaj). E’ stato produttore, regista e autore di cortometraggi tra cui: “VIA” (premio per il miglior film ex-aequo Nuove immagini al Salento Finibus Terrae edizione 2005) Trasmesso sull'emittente televisiva "la 7, nell'ambito del concorso di cortometraggi indetto da "la 25^ ora il cinema espanso" di Steve Della Casa. (inserito nella sezione "Confini" fuori concorso a ISCHIA FILM FESTIVAL 2005 e proiettato a Villa Colombaia di Luchino Visconti). Ha collaborato con il freepress Metro, creando Metro Story. Ha lavorato per la televisione e la radio.
Ha pubblicato i libri : "Ho due storie per te" (Armando Curcio Editore) e "L'incredibile storia di Casiamù" (Edizioni Progetto Cultura) libro per ragazzi adottato da tantissime scuole.
Foto dell'autore: Marco Barretta
Il Barbiere di Claudio Proietti
edito da Verdechiaro Edizioni
pag. 112 - 14€



Cinema, Fattitaliani segnala “A Hologram for the King - Aspettando il Re” di Tom Tykwer. La recensione

$
0
0
“A Hologram for the King - Aspettando il Re” (2016), di Tom Tykwer. Recensione di Andrea Giostra.

Interrogativi dell’uomo occidentale figlio della radicata cultura commerciale, d’affari, del business ad ogni costo, del risultato da raggiungere per rimanere sulla cresta dell’onda, delle domande dirompenti vissute nella solitudine degli alberghi a cinque stelle lusso dei cosiddetti uomini d’affari, vittime impietose della loro stesse ambizioni e del mantenimento del loro status sociale:
Per cosa sto lottando quotidianamente?
Posso rinunciare a tutti i beni di comodità e di lusso che ho accumulato col mio lavoro?
Posso rinunciare alla mia bellissima moglie?
Posso ritrovare me stesso in un'altra parte del mondo?
Posso ritrovare me stesso utilizzando le nuove tecnologie informatiche?
Posso ritrovare, io spettatore, me stesso immedesimandomi empaticamente nel personaggio di Tom Hanks?
Domande che nell’incipit musical del film, ricalcano l’inquietante e bellissima canzone “Once In A Lifetime” cantata da David Byrne dei Talking Heads, che nella parte introduttiva recita così: «And you may find yourself living in a shotgun shack / And you may find yourself in another part of the world / And you may find yourself behind the wheel of a large automobile / And you may find yourself in a beautiful house, with a beautiful wife / And you may ask yourself – Well ...How did I get here?» (E potresti ritrovarti a vivere in una capanna che ti dà riparo / E potresti ritrovarti nell'altra parte del mondo / E potresti ritrovarti dietro il volante di una enorme automobile / E potresti ritrovarti in una bella casa, con una bella moglie / E potresti chiedere a te stesso: "beh, come sono arrivato a tutto questo?").
Domande che da subito lo spettare farà sue e che per tutto il film, come piccoli e instancabili tarli, cercheranno risposte nella sua mente!

La sceneggiatura non originale di Tom Tykwer è tratta dal romando di Dave Eggers, quarantenne scrittore bostoniano di successo, che nel 2012 pubblica negli Stati Uniti “A Hologram for the King”. Il romanzo nello stesso anno si piazza tra i finalisti del prestigiosissimo National Book Award, e nel 2016 Tom Hanks e Sarita Choudhury decidono di farne un film, affidando la sceneggiatura e la regia al tedesco Tykwer divenuto famoso in tutto il mondo cinematografico per la sceneggiatura e la regista della magnifica e destrutturante produzione tedesco-americana “Cloud Atlas” del 2012.

Alan Clay (Tom Hanks) deve giocare la sua ultima carta per mantenere il suo ruolo all’interno di una grande multinazionale americana quale hustler d'affari. Ha perso la moglie, la sua bella casa, la sua macchina, e non può pagare gli studi universitari alla figlia, unico e irrinunciabile vero amore della sua vita. Un’ultima chance gli viene offerta dal suo boss, vendere la futuristica applicazione di teleconferenza in ologramma al Re d’Arabia Saudita.
Qui inizia l’avventura medio-orientale del più occidentale dei personaggi impersonati da Hanks. Ed è quindi un susseguirsi di confronti e di scontri tra culture distanti tra loro, di modi di pensare e di vivere la quotidianità, di costruire nuove relazioni e nuovi amori, di veder sbocciare amicizie e sentimenti perduti … di ritrovarsi in un’altra parte del mondo?
Il nostro protagonista Hanks si porrà delle domande per intraprendere delle scelte di vita irreversibili.
Quali saranno?
E quali le risposte?
Oppure «Same as it ever was... Same as it ever was...» come canta David Byrne nel suo ritornello?
Tutto questo, è ovvio, lo scoprirà lo spettatore al cinema.

Scheda:
Titolo originale: “A Hologram for the King
Regia di Tom Tykwer
Produzione Stefan Arndt, Gary Goetzman, Arcadiy Golubovich, Tom Hanks, Tim O'Hair, Uwe Schott
Distribuzione Lucky Red
Sceneggiatura di Tom Tykwer
Musiche di Johnny Klimek
Con Tom Hanks, Sarita Choudhury, Tom Skerritt, Tracey Fairaway, Jay Abdo, Jane Perry, Megan Maczko, Dhaffer L'Abidine, Omar Elba, Janis Ahern, Khalid Laith, David Menkin, Jon Donahue, Christy Meyer, Waleed Elgadi
Talking Heads-"Once In A Lifetime": https://www.youtube.com/watch?v=I1wg1DNHbNU

ANDREA GIOSTRA

IX Galà del Cinema e della Fiction in Campania, premio carriera a Claudia Cardinale

$
0
0
Conclusa con grandissimo successo, ieri, la IX edizione del Galà del Cinema e della Fiction in Campania, ideato da Valeria Della Rocca, diretto da Marco Spagnoli in collaborazione con Film Commission Regione Campania.

Il Galà è diventato, anno dopo anno, un appuntamento ormai immancabile che celebra e premia non solo le produzioni televisive e cinematografiche che raccontano Napoli e la Campania – sempre più alla ribalta nel panorama dell’audiovisivo internazionale – ma anche molte eccellenze dello spettacolo italiano.
A fare gli onori di casa, nella splendida cornice del Castello Medioevale di Castellammare di Stabia, Maurizio Casagrande affiancatod alla madrina dell’evento Sarah Felberbaum premiata anche con Il Premio Speciale Cinema e Moda da Eles Couture  ed un gioiello disegnato ad hoc da  Eres Design.  Molte le star del cinema made in Italy che si sono avvicendate sul palco per ritirare i numerosi premi. Prima fra tutte la grande Claudia Cardinale (Premio Speciale alla Carriera) e ancora Pif, (Premio Speciale Impegno Civile), Donatella Finocchiaro (Donne per l’Audiovisivo), Edoardo Leo (Attore dell’anno), Vincenzo Marra (Premio Speciale alla Regia), Paola Saluzzi (Giornalista dell’anno), Stella Egitto (Rising Star), Christiane Filangeri (Premio Banca Stabiese Eccellenza Artistica), Francesco Frigeri (Premio Speciale Pecorella Marmi -Scenografia ), Alessandro D’Alatri  (Premio Speciale della Giuria Regista Impegno in Campania), Pina Turco (Premio Speciale della Giuria Attrice Rivelazione), “Gatta Cenerentola “ di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone ( Premio Speciale della Giuria) Dolce &Gabbana  (Premio Speciale Cineturismo).
Nel corso del Gala sono stati assegnati anche i riconoscimenti per le opere in concorso. A giudicarli, un’autorevole giuria composta da  i giornalisti Valerio Caprara, Enrico Magrelli, Tonino Pinto, Alessandro Barbano, gli attori Fioretta Mari, Caterina Murino, Marco Bonini, i registi Cinzia TH Torrini e Riccardo Grandi, il produttore Enzo Sisti e Corrado Matera, Assessore al Turismo Regione Campania.

Ecco tutti i vincitori del Concorso:
1.          Miglior Film Drammatico– L’INTRUSA di Leonardo Di Costanzo
2.         Migliore Attore di Film Drammatico – MICHELE RIONDINO(Falchi di Toni D’Angelo)
3.         Migliore Attrice di Film Drammatico– LUISA RANIERI (Veleno di Diego Olivares)
4.         Miglior Film Commedia– AMMORE E MALAVITA dei Fratelli Manetti
5.         Migliore Attore di Film Commedia – CARLO BUCCIROSSO per Ammore e Malavita
6.         Migliore Attrice di Film Commedia – MIRIAM CANDURRO per Vieni a Vivere a Napoli
7.         Miglior Fiction– I BASTARDI DI PIZZOFALCONE di Carlo Carlei
8.         Migliore Attrice di Fiction – ALESSANDRO GASSMAN (I Bastardi di Pizzofalcone)
9.         Migliore Attore di Fiction – CAROLINA CRESCENTINI(I Bastardi di Pizzofalcone)
10.        Miglior Spot– THE ONE -  DOLCE E GABBANA regia di Matteo Garrone

Il Galà del Cinema e della Fiction in Campania nasce dall’idea di Valeria Della Rocca, amministratore della Solaria Service Event Organizer, di puntare l’attenzione sul fenomeno del “cineturismo” quale prezioso indotto di incremento economico della Regione Campania.

Il vettore ufficiale della manifestazione è Trenitalia. 

Realizzato anche grazie agli sponsor UniPegaso, Banca Stabiese, Pecorella Marmi, In Tavola, Sire ricevimenti, Galà Eventi, Il Castello Medievale di Castellammare di Stabia, Hotel Santa Lucia e Towers di Castellammare di Stabia.

Janet De Nardis al termine della gravidanza: "Joy ti aspettiamo”

$
0
0
Janet De Nardis alla 39esima settimana, è giunta ormai al termine della sua gravidanza.
Tra pochi giorni darà alla luce la piccola Joy. Attesa e desiderata, il nome scelto rappresenta infatti la grandissima gioia dei "neo genitori". Nei giorni scorsi ha festeggiato a Roma con le sue amiche, tra biberon e festoni il suo baby shower. Al “party in rosa” hanno partecipato diversi personaggi del mondo dello spettacolo, tra loro: Donatella Pompadour, Sofia Bruscoli, Annalisa Aglioti, Vania Della Bidia, Martina Mercedes Corradetti, Giada Desideri, Elisa Silvestrin, Manuela D'Alterio, Roberta Beta, Sara Galimberti, Barbara Molinario, Vanessa Jay. Nonostante i pochissimi giorni che la separano dal dolce evento, Janet continua con la preparazione della quinta edizione del Roma Web Fest, il cui media partner sarà anche quest'anno Sky e  dove tra i molti bandi troveremo Movieland ( promosso da Roma a lazio Film Commission) e il workshop sostenuto dalla SIAE, in collaborazione con i 100Autori.  Il luogo dell’appuntamento anche quest’anno sarà la suggestiva location del Maxxi - Museo delle Arti del XXI Secolo. 
La possiamo ascoltare tutti i martedì e i mercoledì su Radio Incontro Donna (RID 96.8) dove nel suo programma Incidentalis Arte intervista i protagonisti dello spettacolo e del web all’insegna della risata. Janet De Nardis ha sostenuto in questi mesi il progetto Chicco di Felicità, il prodotto ha la finalità di sostenere l’Associazione CAF - Centro di Aiuto ai Minori e alla Famiglia in crisi supportando un programma di sostegno alle famiglie fragili e sostenendo l’accoglienza e la cura di bambini allontanati dalle proprie famiglie perché in gravi difficoltà

Sarah Biacchi si racconta a Fattitaliani: la cultura è la capacità di comprendere il bello. L'intervista

$
0
0
Sarah Biacchi, soprano, regista, attrice, artista completa, si racconta e ci racconta d’arte. Intervista di Andrea Giostra.


Sarah Biacchi è attrice, regista e cantante lirica italiana. L'unica artista italiana in carriera contemporaneamente su queste due professioni e queste due arti.
Nel suo curriculum vanta diversi riconoscimenti internazionali. Vince il Concorso Tis Belli di Spoleto nel 2003 e artisticamente inizia un percorso professionale con diversi importanti artisti quali A.Nizza, R. Orlandi Malaspina, D. D'Annunzio Lombardi, S. Carroli, M. Parutto, B. Baglioni, Laura Bulian. Ha interpretato diversi ruoli lirici quali Cherubino, Manon Lescaut, Lady Macbeth, Elisabetta di Valois, Mimi, Tosca, Leonora (Trovatore), Maddalena (Andrea Chenier), La Contessa (Le nozze di Figaro), Susanna (Le nozze di Figaro). Nell'edizione del Progetto URT interpreta più di 150 Mirandoline. E ancora, è Sacha in Ivanov di Checov e Lady Pliant ne "L'alchimista" di Ben Johnson, per lo Stabile di Genova. La sua carriera continua con altre esperienze quali quella di recitare a fianco di Marco Sciaccaluga, Eros Pagni, Sara Bertelà. E prima attrice,dal 2004 al 2007, di Unità di Ricerca Teatrale diretta da Jurij Ferrini, con cui affronta Lady Anna in "Riccardo III", Chiara di Assisi in "A Francesco", Ornella ne "La figlia di Iorio". Per Gabriele Vacis è Juliet nel "Romeo e Giulietta" del Teatro Stabile di Torino. Emanuela Giordano la ingaggia quale coprotagonista di "La leggenda di Orlando" con Isabella Ragonese. Insieme a Tiziana Sensi è testimonial dello stalking di "1522",spettacolo denuncia della violenza sulle donne promosso e finanziato dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca). Negli ultimi dieci anni ha diviso il palco con Gianrico Tedeschi, Mascia Musy, Luca Zingaretti, Margherita Buy e molti altri artisti di fama internazionale. Nel 2013 con TAODUE è nella serie "Il XIII apostolo- la rivelazione", con la regia di Alexis Sweet. Ha interpretato la grande Piaf in "Edith - il passerotto di Francia" e Zoe in "Brechtskabaret", opere scritte e dirette da Davide Strava. È Jessie in "Buonanotte, mamma" del premio Pulitzer di Marsha Norman, con la regia di Ciro Scalera. Nel 2015 recita a fianco di Viola Graziosi in "Sorelle", produzione Nuovo Orizzonte Spettacolo, scritto e diretto da Davide Strava. Nel 2016 al Teatro Biondo Stabile di Palermo,è coprotagonista nel Kean di Michele Perriera, e a gennaio 2017 è tornata al Biondo col progetto " Lady Macbeth Show", diretta da Chiara Maione. Sempre nel 2016,al Piccolo di Milano,è formatrice vocale per l'allestimento di Federico Tiezzi: Questa sera si recita a soggetto di L. Pirandello, mentre nel 2017 dirige il primo studio su "Hamletas", il primo Amleto di Shakespeare interamente interpretato da attrici donne. A settembre 2017 canta Lady Macbeth di Verdi all'Auditorium - Parco della Musica di Roma accanto a Mascia Musy in "Callas Masterclass". E tante altre cose ancora delle quali Sarah ci parlerà in questa intervista.

Benvenuta Sarah e grazie per aver accettato questa chiacchierata sulla tua professione. Dopo questa presentazione sulla tua attività artistica, della quale avremo modo di parlare, ti pongo la prima domanda: Come vuoi presentarti ai nostri lettori quale Sarah-Donna?
Mi sento una donna molto tranquilla, anche se vivo la condizione privilegiata di essere felice lavorando. Questo significa purtroppo che quando lavoro tanto sono molto stanca e molto felice e quando lavoro meno sono un po'annoiata e un po'infelice, e allora partorisco nuove idee e il ciclo riparte. Sono una moglie classica, di fede, tengo molto alla mia famiglia e a trascorrere più tempo possibile tutti insieme. Mi piacerebbe creare una carovana dove genitori, marito e figli stessimo in un grande gruppo a costruire arte, come le famiglie circensi. Chissà. Per ora accade, ed è una soddisfazione infinita. Il problema del nostro lavoro è spesso la solitudine, io viaggio con genitori e marito e ho amici un po' dovunque, quindi i momenti di vita sono "pieni", e fa la differenza.

Su questa hai perfettamente ragione Sarah. Il tuo lavoro è sempre stato da girovaghi, dalle più antiche tradizioni greche o romane. E lo è tutt’oggi. Non è un caso infatti che tutti i più grandi divi hollywoodiani amino dire “o fai l’artista o scegli l’amore”. Dal loro punto di vista, se vuoi fare questa professione ad altissimi livelli, le due cose non sono conciliabili. Ma questo aspetto lo vedremo più avanti nella nostra chiacchierata.
Cosa diresti invece della Sarah-Attrice-Voce lirica?

La Sarah attrice è la vera Sarah, quella che è ciò che desidera essere. Interpretare un personaggio a teatro è in assoluto la realizzazione dei miei sogni. Bisbigliare, urlare, sudare, ridere, commuoversi in scena, picchiare, esistere. Essere altro eppure sempre me. Ma la Sarah attrice è diventata una regista, un'autrice, una porta aperta ai colleghi e ai personaggi. Dopo quasi cinquanta spettacoli all'attivo ho voglia di grandi contesti produttivi, di bei ruoli, di un po'di vita facile. Il teatro purtroppo sta soffrendo molto. La Sarah voce lirica è la Sarah atleta. Quella che non può bere vino, mangiare pesante, strillare, arrabbiarsi, prendere freddo, che fa ginnastica e tiene la voce come un muscolo oliato e competitivo. È anche la Sarah scienziata che si entusiasma per l'uso dei muscoli della maschera e per i filati morbidi della laringe. È infine la Sarah pedagoga che si emoziona quando cantano le colleghe e le allieve sui suoi insegnamenti. Un po' la parte dionisiaca e quella apollinea che convivono.

Sarah, ti ricordi quando hai deciso di fare l'Artista? Che età avevi? Cosa pensavi allora, da ragazzina sognatrice, del mondo del Teatro, del Cinema, dello Spettacolo, della TV, dell'Arte in generale?

Ho deciso di fare arte al Conservatorio di Musica, iniziando a capire che il pianoforte mi serviva per accompagnare la voce e non come strumento principale. Canto da quando ho 13 anni pop. A 19 anni ho fatto per gioco l'esame in Conservatorio di ammissione a Canto Lirico a Parma. Venni presa subito. A 20 anni misi piede su un palco, non volevo più scendere, ero finalmente a casa. A 21 anni sono entrata in Accademia a Bologna alla "Galante Garrone" e poi ho lavorato subito col Teatro Stabile di Genova. Mi ha fatto innamorare il monologo di Nina del "Gabbiano" di Céchov e il duetto del III atto del Trovatore fra Leonora e il Conte di Luna. Sapevo che portare avanti due arti sarebbe stata una sfida incredibile. Dopo più di dieci anni si vedono i frutti.

Sarah, in una tua intervista di qualche tempo fa, leggo questo incipit “Il canto e la recitazione i punti fermi della vita”. Vorresti spiegare queste bellissime parole ai nostri lettori? Da dove vengono e dove portano, nel senso della prospettiva esperienziale della tua arte?

Voglio raccontare la verità. Io ho provato talvolta a cambiare lavoro, a cercare maggiore stabilità e ad uscire da meccanismi politici o produttivi in cui non mi riconoscevo, ma devo dire che tutte le volte che tentavo seriamente di cambiare vita la mia carriera arrivava e mi riacciuffava per l'orlo della gonna. E allora ho smesso di lottare e mi sono tuffata con ancora maggiore profondità nel chiedermi "cosa" volevo dire alla gente, perché essere particolari, in cosa diventare necessari. E si è aperta la scatola della ricerca infinita fra polivocalità, canto lirico e recitazione. Da allora il punto fermo della mia vita è la mia voce, come mi scrisse un giorno la grande attrice Patrizia Zappa Mulas sul frontespizio del mio "Amleto": la tua voce ti salverà. E sinora ha avuto ragione.

« … è stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere! E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato» (15 settembre 1984, Taormina). Ascoltando queste parole dell’immenso Eduardo de Filippo che disse nel suo ultimo discorso pubblico tenuto a Taormina, cosa ti viene in mente, cosa pensi della figura dell’Artista da questa prospettiva defilippiana, se vogliamo?

Il teatro è una prostituta, ti attrae ad ogni provino e ti abbandona dopo l'ultima replica, ma quando sei fra le sue braccia il mondo si ferma e la tua vita diventa un'immensa ebbrezza artistica che abbraccia i colleghi e il pubblico, l'Italia, le città, gli amici che non vedi da anni. E poi lo spettacolo. L'incanto di essere davvero quelle parole, di vivere davvero quell'emozione, di vibrare in una corda di silenzio, in un respiro, in una lacrima che ti scende silenziosa sulla guancia mentre il sorriso si espande. Al teatro perdoni tutto, anche l'abbandono della fine delle repliche. Ma poi torna un nuovo progetto, ed un nuovo amante, e il cuore ricomincia a battere durante il provino, come ad un primo appuntamento. Come si fa a rinunciarci?

«Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un'opera di teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca priva di applausi.» È stato Charlie Chaplin (1889-1977) a dire queste parole. La tua ricca esperienza di Donna e di Artista come ti fa leggere queste splendide parole di Chaplin?

Ma certo! È impossibile piacere a tutti, davvero. Anzi, se si piace a TUTTI si corre il rischio di essere una suprema banalità. Io per anni e anni mi sentivo dire dai cantanti di fare l'attrice e dagli attori di fare la cantante. Tenere duro è stato difficilissimo. Tuttavia quello che cerco di trasmettere ai miei allievi è sempre la stessa domanda: qual è il tuo desiderio? Che cosa vuoi per te? Come vedi il tuo futuro? Ci sono sulle nostre strade migliaia di inciampi derivati da genitori ostili, maestri frustrati, rapporti di coppia che si mettono in mezzo. La verità è che prima o poi qualcuno ci riconoscerà e ci vedrà, e allora, e solo allora, sentiremo una connessione che ha senso proteggere. Delle critiche non bisogna certo preoccuparsi: vanno ascoltate quelle di cui ci si fida e da cui si ha da imparare e vanno ignorate quelle di chi dice la sua solo per ferire o, peggio, per ignoranza.

«Aldo Fabrizi è stato un grandissimo attore comico. Ma i soliti snob lo trascurano, lo confondono con le sue macchiette e le sue ricette di pastasciutte. Purtroppo, succederà a Fabrizi quello che è capitato a Totò: verrà beatificato solo dopo la morte. Lontana sia. Questo è un Paese dove i critici si commuovono solo sui marmi dei sarcofagi.»Chi disse queste parole fu un grandissimo attore romano, Alberto Sordi (1920-2003). Anche questa una grande verità. Oggi il mondo dell’Arte è invaso da tantissimi “critici-professionisti” che a mio modo di vedere spessissimo sono delle persone che non capiscono nulla e che sono mossi da una sorta di “movente” quale quello che descrive benissimo Sigmund Freud nel suo saggio «Coloro che soccombono al successo(1916) … altrui» aggiungo io. Tu, Sarah, cosa pensi di questa sorta di irrispettoso “vizio” del mondo dell’Arte di affidare a personaggi spesso rancorosi, che vedono l'Arte a compartimenti stagni, ma non ne comprendono la vera essenza?

È un'ottima prosecuzione della domanda precedente. I critici in questo paese possono crearti o distruggerti, hanno amicizie e predilezioni. La sofferenza vera è quanto i critici possano snobbare certi artisti senza mai andare a vedere un loro spettacolo nonostante inviti, dialogo aperto e gentili approcci. Esiste proprio questo concetto di "paria" dove, come si dice a Roma, "manco se presentano". Questa cosa è davvero brutta e procura sofferenza. Poi quando un colpo di mano ti rende improvvisamente "di moda ", ecco che tutto si capovolge e ti ritrovi la rassegna stampa coperta di articoli di chi sino al giorno primo ti ignorava. Basta sorridere, ed essere diversi. Dentro. Dopodiché il livello di ignoranza e di assenza di turn over nel nostro paese è amorale. Amorale. Ma cosa ci aspettiamo da un paese che ha la percentuale di PIL più bassa di tutta l'Europa destinata alla cultura? Troppe amicizie. Troppa assenza di meritocrazia. Purtroppo il nostro lavoro si basa sulla nostra lingua e non possiamo andare all'estero come fanno gli altri giovani.

Sarah, sai bene che in qualsiasi professione non basta il talento, ma per diventare veri professionisti serve apprendere le tecniche di lavoro e tanta disciplina nell’imparare ad utilizzare i “ferri del mestiere”, un po’ come si faceva nel Rinascimento italiano con i cosiddetti Maestri d'Arte. Qual è stato il tuo percorso formativo, professionale e artistico da questo punto di vista?

Dopo il Conservatorio di Musica e l'Accademia d'Arte Drammatica "Galante Garrone" il percorso era solo iniziato, non finito. Mi sono laureata in Lettere per avere un pensiero autorale forte, ma il lavoro ha affinato l'esperienza, come in una bottega. Il canto lirico in particolare è veramente un'arte simile al cesello, un continuum di studio quotidiano che si basa sull'ascolto, sulla riflessione, sull'imitazione, sul respiro. Ho continuato a frequentare (e tuttora studio) lezioni di lirica, e ho progressivamente sviluppato un metodo di studio a 360 gradi che mi ha reso una formatrice vocale per attori e cantanti. Devo dire che è veramente la sensazione infinita di un'arte viva, liquida, fornita di un proprio essere. La recitazione invece si è evoluta grazie al lavoro con gruppi teatrali di alta qualità e da singoli incontri con Maestri come Eimuntas Nekrosius o Renata Palminiello. Cose speciali, persone speciali.

Chi sono stati i tuoi Maestri d'Arte che ami ricordare?

Senza difficoltà nomino il mio primo marito, Jurij Ferrini, che mi ha insegnato cos'è il teatro, Francesca Della Monica, la mia maestra di pedagogia vocale, che mi ha insegnato cos'è la voce e l'esempio di Maria Callas per il canto lirico, che è una lezione, qualsiasi cosa ci abbia lasciato come testimonianza. Poi devo ringraziare molti maestri di Canto che negli anni mi hanno aiutato nel mio percorso: loro sanno chi sono, e io lo so e li porto tutti con me in ogni suono.

Chi sono stati,e chi sono,i tuoi modelli di Artista ai quali ti ispiri? Se ci sono, quali e perché?

Un'attrice che per me è un autentico modello è la bravissima Meryl Streep, capace di passare attraverso qualsiasi registro interpretativo con capacità di incanto e di sottigliezza ignote a noi attori italiani. È certamente un grande esempio, come il bravissimo Philip Seymour Hoffman, che purtroppo se ne è andato troppo presto. Vocalmente invece apprezzo moltissimo Anita Cerquetti per la vocalità e Maria Callas per la capacità di penetrare nel personaggio. Ma, ovviamente, parliamo di Olimpo.

A cosa stai lavorando adesso, Sarah? Vuoi raccontarci qualcosa in anteprima delle tue prossime Opere e dei tuoi spettacoli? Dove potranno vederti i tuoi tantissimi follower e i nostri lettori?

In questo momento ho appena finito di montare il trailer della mia regia, "Hamletas", un lavoro che mi ha preso tutta l'estate e che spero sarà una grande innovazione per il teatro italiano. Il primo Amleto interamente interpretato da attrici, con le bravissime Francesca Ciocchetti, Mascia Musy e Ludovica Modugno, tanto per citare le principali attrici del cast. Poi sto iniziando un progetto su "Traviata" fra recitazione e canto che ho in serbo dal 2009 e che vorrei rendere stabile su Roma. Dopodiché ho molto lavoro da fare per dedicarmi alla lirica a tempo pieno. Almeno sinché non partono le produzioni per il 2018.

Se dovessi raccontare cos'è l'Arte a due bambini di dieci anni, con parole semplici e comprensibili a qualsiasi bambino di quell'età, cosa diresti loro per far capire questo mondo duro, difficile, ma al contempo incantato se visto dall’esterno da spettatori e da appassionati d’Arte?

Direi loro: "Cari bambini, vi diranno presto che le favole non esistono. Non è vero. Le favole sono tutto ciò che vi riempie dentro, che vi fa sentire felici e stupiti, che vi fa nascere un sorriso, un sfarfallio, che vi fa allungare il braccio e dire: "Anche io voglio essere così". Quando sentite una musica, o guardate un cielo, o vedete un ritratto antico, o entrate in un castello vero, o indossate un vestito di un'altra epoca, o imparate delle parole da principi e principesse, o suonate un antico strumento a tasti bianchi e neri o a corde, o indossate un tutù da ballerina e diventate un cigno. Le favole esistono, ed esisteranno sempre. Solo che noi grandi le chiamiamo Arte".

WOW Sarah, poetica questa definizione. Veramente bellissima. Credo che te la ruberò per qualcuno dei miei scritti (sorrido!).
Se invece ti venisse chiesto di spiegare cos’è la cultura cosa diresti? Oggi questo termine è molto abusato, spesso impropriamente e con molta leggerezza, allora ho pensato che chi fa arte, che dal mio punto di vista crea cultura e crea bellezza, è la persona più adatta per darne una spiegazione frutto della sua esperienza professionale e umana insieme. Tu come lo spiegheresti questo concetto così importante?

La cultura è la capacità di comprendere il bello. Il bello ha molte forme: la musica, la pittura, la scultura, la fotografia, la moda. La bellezza stessa. La cultura è la capacità di apprezzare un vino pregiato, di rifiutare le finestre con gli infissi di acciaio anodizzato, di commuoversi a leggere una poesia, di saper ascoltare un gioco di parole e divertirsi. Di abbandonare uno strumento elettronico e scrivere un biglietto su un foglio di carta, con competenza, pensandoci, per comunicare veramente. La cultura è aprire una porta a una signora e parlarle di una parte della propria anima, e saperla davvero esprimere. Non servono lauree e basta, serve empatia ed umiltà per avere cultura.

Vuoi dirci, Sarah, qual è il tuo fiore preferito, quello che ami ricevere da un Uomo che volesse farti la corte oppure da un Uomo che volesse omaggiarti con un bellissimo mazzo di fiori dopo aver assistito ad un Tuo spettacolo? E perché proprio quel fiore?

Sono semplicissima. Da un uomo rose rosse. Tante, tantissime. La rosa singola mi mette un po' tristezza. Le rose si regalano a mazzi, e più sono grandi e meglio è. Dopodiché amo dalle altre persone i fiori romantici, rosa, bianchi, lilla. Mi piacciono moltissimo i mughetti, l'edera, la lavanda, come le campagne inglesi. Ma a teatro rose rosse e basta. E tante, ripeto.

Se dovessi scegliere un colore tra il rosso e il blu, quale sceglieresti? E perché?

Sceglierei il rosso in questo momento della mia vita perché ho voglia di passione e perché mi sto avvicinando al linguaggio di Marylin Monroe. E poi perché sento ardere forte il fuoco e circolare veloce il sangue. Sì, è certamente un momento rosso.

Adesso, Sarah, per finire la nostra bellissima chiacchierata voglio farti una domanda che io amo molto: qual è il Tuo sogno nel cassetto che fin da bambina ti porti dentro e che oggi vorresti realizzare?

Il mio sogno nel cassetto è vincere un premio nazionale cinetelevisivo, in modo da avere una tranquillità produttiva autonoma e duratura. Come si dice in gergo: "essere un nome". Di quelli veri, che dormono la notte tranquilli con la tournée sul comodino e i copioni nella posta da scegliere. Non mi serve altro.

Grazie Sarah per essere stata con me, e averci raccontato la tua bellissima storia di Donna e di Artista. Non mi resta che darti il mio … MERDAAAA! … come dite voi attori di teatro!

Per chi volesse sapere di più su Sarah Biacchi, ecco alcuni link:

di ANDREA GIOSTRA




Cagliari, DANIELA PES L'ASSO PIGLIA TUTTO DEL 10° PREMIO ANDREA PARODI

$
0
0
Daniela Pes è stata l'asso piglia tutto del Premio Andrea Parodi 2017, l'unico contest italiano dedicato alla world music, in scena al Teatro Auditorium Comunale di Cagliari da giovedì a sabato con la direzione artistica di Elena Ledda. Alla giovane cantante sarda sono andati entrambi i riconoscimenti principali: il premio assoluto e quello della critica. Ma non solo: a lei anche il premio della giuria internazionale, la menzione per la miglior musica, quella per il miglior arrangiamento ed il premio dei ragazzi in sala.

La menzione per il miglior testo è andata invece ai Rebis e quella per la migliore interpretazione a Giuditta Scorcelletti. Il riconoscimento per la migliore renterpretazione di un brano di Andrea Parodi (eseguito venerdì da tutti i concorrenti) se lo sono aggiudicati i Musaica, che hanno anche portato a casa la menzione dei concorrenti a pari merito con Aksak Project e Rebis. I premi sono realizzati dall'artista orafa Maria Conte.
Durante la serata finale la portoghese Daniella Firpo ha ricevuto il Premio Bianca d’Aponte International, assegnato scegliendo una artista straniera fra tutte le iscritte al Parodi grazie al gemellaggio fra i due contest. Come già annunciato, il Premio Albo d'oro è andato invece al regista Gianfranco Cabiddu.
Daniela Pes è nata a Tempio Pausania nel 1992. Nonostante la giovane età ha collaborato con gli artisti più in vista del panorama del jazz sardo. Recentemente ha allargato il suo approccio stilistico alla musica elettronica e alla world music. Ha portato in gara il brano con “Ca Milla Dia Dì” (tratto da una poesia in gallurese di Don Baignu Pes). Con lei si sono esibiti Christian Marras al chapman stick e alla direzione artistica, Roberto Schirru alla batteria e programmazioni, Andrea Pica alla chitarra elettrica.
Gli altri finalisti erano gli Aksak Project con “Agouamala” (cantata in sabir), Davide Campisi con “Piglialu” (in siciliano), Daniella Firpo con “Destino” (in portoghese), i Musaica con “Inferno V”, (in calabrese), Frida Neri con “Aida” (in italiano), Daniela Pes con “Ca Milla Dia Dì” (in gallurese), i Rebis con “Cercami nel mare ابحثي عني في البحر” (in arabo), Il Santo con “Magarìa” (in calabrese), Giuditta Scorcelletti con “Se tu sapessi...” (in italiano e toscano). I turchi Entu non hanno potuto invece partecipare per un inconvenente alle serate finali.
Il Premio Andrea Parodi ha toccato quest'anno il traguardo della decima edizione. Nella serata finale insieme ai finalisti si sono avvicendati sul palco tre ospiti di rilievo che hanno dato vita ad esibizioni emozionanti: l'interprete bosniaca Amira Medunjanin (accompagnata dal chitarrista Ante Gelo), i Tenores Di Bitti "Remunnu 'e locu" e Luisa Cottifogli in duo col violoncellista Enrico Guerzoni. La cantante romagnola in apertura e chiusura di serata ha anche avuto modo di duettare con Elena Ledda. Hanno presentato la serata Ottavio Nieddu con Gianmaurizio Foderaro.
La manifestazione intende ricordare Andrea Parodi, passato dal pop d'autore con i Tazenda a un percorso solistico di grande valore e di rielaborazione delle radici, grazie al quale è diventato un riferimento internazionale della world music, collaborando fra l'altro con artisti come Al Di Meola e Noa.
La vincitrice ha diritto ad un premio particolarmente consistente: un tour di otto concerti realizzato grazie ai fondi dell’art.7 L. 93/92 del bando del NUOVOIMAIE. Il premio si aggiunge a una somma in denaro erogata a copertura di tutti i costi di master class, eventuale acquisto o noleggio di strumenti musicali, corsi e quant’altro il vincitore sceglierà per la propria crescita artistica e musicale, per un importo massimo di 2.500 euro. Inoltre, gli verrà offerta l’opportunità di esibirsi alle edizioni 2018 del Premio Andrea Parodi, dell“European jazz expo” in Sardegna, di Folkest in Friuli, del Negro Festival di Pertosa (SA) e in altri eventi che saranno man mano annunciati.
Come vincitrice del Premio della critica, Daniela Pes avrà anche la possibilità di realizzare un videoclip del brano in concorso, offerto dalla Federazione degli Autori.

Partner del Premio Parodi sono: European Jazz Expo (Sardegna), Premio Bianca d’Aponte (Campania), Negro Festival (Campania, Grotte Di Pertosa), Folkest (Spilimbergo, Friuli), Mare e Miniere (Sardegna), Consorzio Cagliari Centro Storico, Jazzino di Cagliari, Dal Maso musica, Boxoffice Sardegna, Labimus - Laboratorio Interdisciplinare sulla Musica dell’Università degli Studi di Cagliari, Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio, Fondazione Barumini – Sistema Cultura, Peugeot di Mario Seruis, S.C.S. di Ottavio Nieddu.
Media partner sono Rai Radio Tutta Italiana, Rai Radio Live, Rai Sardegna, Radio Popolare, Radio Sintony, Unica Radio, Sardegna 1 Tv, Tiscali, Il Giornale della musica, Blogfoolk, Mundofonias (Spagna), Doruzka (Rep. Ceca), Concertzender (Olanda).
Il Premio Andrea Parodi è realizzato dall'omonima Fondazione grazie a: Regione autonoma della Sardegna (Fondatore), Assessorato della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport e Assessorato del turismo, artigianato e commercio; Fondazione di Sardegna, Comune di Cagliari (patrocinio e contributo), NUOVOIMAIE, SIAE - Società Italiana degli Autori ed Editori, Federazione degli Autori.
Per maggiori informazioni:
www.fondazioneandreaparodi.it
fondazione.andreaparodi@gmail.com

2000 anni dalla morte di Ovidio: LA DONNA, IERI E OGGI

$
0
0
Ovidio, nato a Sulmona nel 43 a.C,,  è un “cittadino del mondo” nel senso che ha rappresentato l’umanità nei suoi vari aspetti, pur accentuandone la dimensione “amorosa”. Per questo, come lui stesso si definisce, è il “magister amoris”.

“Ego sum praeceptor amoris”  afferma nell’ “Ars Amatoria”. Le celebrazioni del bimillenario della sua morte offrono l’occasione per riflettere e ripensare il ruolo della donna. Donna, spesso condannata all’annichilamento della propria natura, della propria essenza, a causa dei travisamenti delle diverse culture, diverse religioni. Se il Cristianesimo evangelico ha liberato la donna, la chiesa-istituzione ha tentato, in un passato non troppo remoto, di schiavizzarla. Ridotta a “merce”, tanto da prescrivere nel matrimonio il “debitum coniugale” (debito coniugale) per la moglie e lo “jus in corpus” (diritto sul corpo)  per il marito. In realtà solo diritti per gli uomini e solo doveri per le donne. Una morale lontana dagli insegnamenti e dagli atteggiamenti di Gesù. Ma, in altre forme religiose, la sessualità della donna viene negata, cancellata, eliminata fisicamente. Si pensi alle Mutilazioni Genitali Femminili, contro le quali, proprio cinque anni fa, il 14 giugno 2012, fu approvata una risoluzione congiunta del Parlamento Europeo per porne la fine (END FGM). Mutilazioni addirittura diversificate nei minimi particolari fisici come circoncisione, escissione, infibulazione, cauterizzazione. 
La storia della Donna è una storia di ingratitudini, repressioni, violenze. La donna come oggetto, come strumento, come schiava.  
Ovidio è stato certamente un interprete della natura umana sotto la dimensione amorosa.  Nulla a che fare con le tecniche o con le aberrazioni erotiche, ma con un solo scopo preciso e dichiarato dall’inizio “…ut longo tempore duret amor” (I,38), perché l’amore duri a lungo. Nel periodo dell’esilio, anche se di fatto è un “relegatus non exul” (Tristia II,2), sembra pentirsi di aver scritto tanto sull’amore, essendone uscito con una “ricompensa funesta” (pretium triste) e perfino esecrando il giorno della sua nascita: 
“Ecce supervacuus - quid enim fuit utile gigni? - 
Ecco l’inutile giorno della mia nascita; che mi è servito infatti essere nato?” (Tristia III, 13).
Un uomo umano, troppo umano. Ed è questo che ce lo rende profondamente vicino. Come se volesse condividere ciò che tanti altri letterati di ogni tempo hanno sottolineato: “Homo sum: humani nihil a me alienum puto” (Terenzio), o “Nel mondo dell'uomo tutto è umano” (J.P. Sartre).
Ci sono quattro versi negli “Amores” di Ovidio che sembrano ridurre l’amore al numero di amplessi con le donne. Addirittura di coiti in una notte con la stessa donna, Corinna. Nove volte. Un numero che sfinirebbe qualsiasi maschio. Forse, oggi, perfino un cosiddetto“giovane stallone” dei siti dating-online americani. 

At nuper bis flava Chlide, ter candida Pitho,
Ter Libas officio continuata meo est;
Exigere a nobis angusta nocte Corinnam ,
Me memini numeros sustinuisse novem. 

(“Di recente ebbero di seguito il mio ufficio 
Due volte la bionda Chlide, tre la candida Pitho, 
Tre Libas; in una breve notte Corinna, 
ricordo, pretese nove volte e riuscii”)

Questi versi non sono la dimostrazione che Ovidio sia un don Giovanni. Nell’opera di Mozart, su testo di Lorenzo da Ponte, Leporello fa l’elenco delle donne del padrone: “Madamina, il catalogo è questo delle belle che amò il padron mio: in Alemagna 231, 200 in Francia, in Turchia 91 in Ispagna sono già 1003…” Kierkegaard, nel “Don Giovanni”, si sofferma proprio sul numero 1003: “Voglio solo lodare il numero 1003, che è dispari e casuale; la cosa ha la sua importanza, perché dà l’impressione che la lista non sia ancora finita…”
Se il rapporto uomo/donna assume aspetti statistici si entra nel calcolo matematico che nulla ha a che fare con l’amore. Che, per sua stessa natura, non è quantificabile.  Un simile argomento, anche se da postribolo, apre una delle pagine più tristi e drammatiche della storia della donna nei secoli e millenni. La donna è compartecipe, nel rapporto amoroso. Ma la sua dignità di persona umana è stata sempre sminuita, negata. Una non-persona. 
Solo con la Rivoluzione Francese, nel 1792 uscì un libro dal titolo “Rivendicazione dei diritti della donna” di Mary Wollstonecraft. Ma è con Freud e la psicanalisi che si cercherà di scoprire il “continente nero”, come Freud definisce la donna, l’impossibile comprensione per un uomo di conoscere la complessità della sessualità femminile. E sorge il dibattito sull’orgasmo femminile clitorideo e vaginale. Per Freud la donna che rifiuta l’orgasmo vaginale è una donna “non cresciuta”. Ma alla tesi di Freud risponde una donna con un libro dal titolo “Il mito dell’orgasmo vaginale” (1941) di Anne Koedt, una femminista, che contesta la tesi di Freud. Carla Lonzi pubblica nel 1971 il libro “La donna clitoridea e la donna vaginale”, in cui sostiene che l’uomo, per motivi di dominio, “ha imposto il modello di piacere vaginale”.
La rivoluzione femminista del ‘900 ha cercato di affermare il ruolo e la dignità  della donna-libera.  Una rivoluzione che non ha conseguito risultati definitivi, ancora in fase di acquisizione.  Si sono verificati anche gesti di esasperazione, come quello di Valerie Solanas, amica di Andy Warhol, col libro dal titolo: “S.C.U.M., manifesto per l’eliminazione dei maschi”. D’altronde la donna non sembra tollerare le mezze misure, perché non cerca la comprensione, ma l’uguaglianza, non l’indulgenza ma il rispetto, non la concessione ma il diritto.  Basterà ricordare le molte opere scritte dalle femministe. 
Dalla metà degli anni ’80 del secolo appena trascorso sembra “difficile parlare di femminismo al singolare visto il precisarsi e consolidarsi di posizioni teoriche assai differenti tra loro. […] Alcune femministe storiche… prendono posizione contro gli sviluppi che considerano negativi del femminismo degli ultimi anni” (Franco Restaino e Adriana Cavarero, Le filosofie femministe). 
Il femminismo non più come rivendicazione di genere, ma come affermazione della natura umana in quanto tale. 
La grande sfida dell’umanizzazione, con la pari dignità tra sessi,  sarà vinta solo quando l’atto più nobile, più amorevole, più razionale, donato all’Uomo per ri-creare la vita, non sarà più sottoposto alla deplorevole irrazionalità disumana, causa di efferate violenze sul corpo indifeso della donna. Luce Irigaray, famosa scrittrice che ha affrontato le tematiche femminili, sottolinea come la differenza tra uomo e donna  non è stata mai superata e che resta ancora autentico il mito della caverna di Platone: la donna prigioniera nella caverna  e l’uomo libero fuori dalla caverna. Come nel mito, è la donna stessa a spezzare le catene per uscire dalla caverna e conquistare la libertà. 
Teilhard de Chardin, filosofo e paleontologo, nelle sue opere non fa che presentare una società in cammino verso la  planetizzazione umana, in cui “la pace si avvererà di sicuro; per una fatalità che è solo suprema libertà” e che “bisognerà decidersi a riconoscere nell’amore l’energia fondamentale della vita”. 
Mario Setta 

CENTENARIO DI AUGUSTE RODIN E I SUOI MODELLI

$
0
0
Anche quest’anno si è presentata la buona occasione per richiamare alla memoria e magari costituirne fonte di ammaestramento o di apprendimento, certi fatti storici di notevole significato: cinquecento anni fa, il 31 di ottobre, la pubblicazione delle famose ‘tesi’ di Martin Lutero in Germania, cento anni dallo sconvolgimento unico nella storia umana della Rivoluzione Russa entro questo mese, cento anni dalla pubblicazione della prima parte del Capitale di Karl  Marx a settembre  scorso, cento anni dalla nascita dell’eccezionale regista di ‘Riso amaro’ e di ‘Non c’è pace tra gli ulivi’ Gius. De Santis da Fondi, cento anni anche da Ernesto Biondi e da Alberto Morrocco, anniversari anche di Charles Forte, di Ettore Marchiafava, di Evan Gorga, di Maria Antonietta Macciocchi, di Tina Lattanzi….
E cento anni anche dalla  morte di Auguste Rodin e di Edgar Degas, anche questi due giganti dell’arte europea entrambi in qualche modo legati al costume ciociaro, chi più chi meno. Qui vogliamo cogliere l’occasione dei cento anni dalla sua dipartita e unirci al coro delle celebrazioni e rievocazioni  che sono state, e ancora lo sono, dedicate alla memoria di Rodin considerato il massimo scultore dell’Otto/Novecento. I ciociari hanno particolari motivi di partecipazione a farlo in quanto una delle pagine fondamentali, se non la sola veramente fondamentale, della sua vita artistica è quella collegata alla presenza dei modelli  ciociari  sulla pedana davanti a lui. E siffatti due concetti di ‘ciociari’ e di ‘modelle e modelli’ sono per l’artista  -impiego un termine forte-  consustanziali in quanto l’artista non poteva esprimersi e lavorare senza il modello davanti ai suoi occhi e, allo stesso tempo, i modelli e le modelle delle sue opere più note e celebrate furono solo ciociari.
Il primo fu Cesidio Pignatelli, arrivato a Parigi dalla Valcomino spingendo una carretta con moglie e quattro figli, dopo un viaggio di tre mesi: a quell’epoca  -arrivò nel 1879-  a Parigi confluivano letteralmente gli artisti da tutto il mondo e vi era perciò enorme domanda di modelli. Appena Pignatelli, barba lunga, sporco, puzzolente, bussò alla porta dello studio di Rodin, l’artista -sono le sue parole-  restò come fulminato alla apparizione: aveva trovato il suo San Giovanni Battista al quale pensava da parecchio tempo! E così fu. E grazie a Rodin l’umile creatura della Valcomino è oggi ancora una delle icone sacre dei cultori d’arte: tutti ne conoscono e riconoscono la immagine anche se pochi ne conoscono il nome; infatti nella storia dell’arte i modelli hanno la stessa considerazione  dei pennelli o dei tubetti dei colori o dello scalpello. Pignatelli posò per altre opere incredibili di Rodin, L’uomo che cammina, il Pensatore, il Bacio, Ugolino…  Posò anche per altri sommi artisti quali Matisse e Moreau. Lo stesso anno di Pignatelli, forse presentata da lui stesso in quanto abitavano nella medesima viuzza di Montparnasse, fece l’ingresso nello studio dello scultore una ragazza di 17-18 anni nel fiore dunque della gioventù e del fascino: è incredibile costatare come potesse essere stato possibile che da certe località sperdute della Valcomino, da contesti sociali di miseria, di fame, di degrado, potessero sbocciare certi fiori: si direbbe che la natura abbia voluto vendicarsi e allo stesso tempo compensare e indennizzare queste creature conferendo loro perfezione fisica e bellezza: e sono non pochi grandi artisti  che hanno evidenziato queste rare prerogative.
Detta ragazza si chiamava Maria Antonia Amelia,  ricordata da Rodin nelle sue memorie  con parole indescrivibili: basti rammentare che Maria Antonia ha posato per alcune delle poche opere veramente memorabili dell’artista, anche queste autentiche icone dei cultori d’arte di tutto il mondo: per  la cosiddetta prima Eva, la cui visione sia per la assoluta perfezione del corpo nudo della modella e sia per la posizione delle braccia e del volto lascia semplicemente sbalorditi  e incantati; posò per un’altra miracolosa opera, anche essa presente nelle sue varie riduzioni e ingrandimenti, in tutti i musei, la Donna Accovacciata. Da tale opera  ci rendiamo consapevoli del significato di certe parole dell’artista: “una pantera…il corpo felino e selvaggio…la morbidezza e la grazia”. Maria Antonia frequentò lo studio per almeno quattro anni e posò per altre opere, tra le quali il celebre ‘Torso’, certamente anche per il Bacio con Pignatelli. La carriera di Maria Antonia durò pochi anni, fino all’età di 22 anni circa, perché poi il destino anche ora fu generoso con lei: divenne addirittura ‘baronessa’: infatti un giovane scultore dell’antica nobiltà  scozzese che frequentava lo studio di Rodin se ne invaghì, la sposò e la condusse nella propria immensa  residenza  persa nel verde della Scozia dove Maria Antonia visse la sua vita felice coi figli fino al 1938. 
Altre due modelle che pure ebbero un ruolo fondamentale nella produzione artistica di Rodin furono le due sorelle Adele e Anna Apruzzese: i loro corpi e sembianti sono per sempre eternati nel marmo o nel bronzo dell’Iris incredibile, di Cibele, della Faunessa, di Danae, della Toletta di Venere ma soprattutto sono le due sorelle che risvegliarono nell’artista  la sua passione e il suo interesse per il disegno anzi per le ‘istantanee’ cioè le riprese pittoriche  delle modelle che si muovevano e dondolavano liberamente davanti a lui. I modelli ciociari annotati nella sua agenda personale erano parecchie decine. 
Un altro modello che ha lasciato traccia indelebile ed eterna lo si ammira all’incrocio cruciale a Parigi tra Boulevard du  Montparnasse e Boulevard Raspail: la scultura in bronzo alta 2,70 m su un piedistallo di due metri circa, sempre di Rodin, forse la sua opera più significativa, che illustra Balzac, con le chiome al vento, le occhiaie profonde , lo sguardo rivolto lontano, il volto scavato dalla vita: il  modello anzi il  ritratto, fu Celestino Pesce, un povero contadino anche lui  della Valcomino, emigrato a Parigi con tutta la famiglia. Per saperne di più su questa affascinante pagina della storia dell’arte dei modelli ciociari raccomando  altamente la lettura di: “MODELLE E MODELLI CIOCIARI A ROMA, PARIGI, LONDRA NEL 1800-1900”
Michele Santulli

Viewing all 38422 articles
Browse latest View live


<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>