Quantcast
Channel: Fattitaliani.it

ARTE SALVATA: L’IPPOCAMPO DI ANCILOTTO ALLA BIENNALE DELLA RIVIERA ROMANA

$
0
0

 


In esposizione la preziosa scultura in acciaio e foglia d’oro coinvolta nell’esplosione alla Belvedere Art Space di Beirut

Dal buio alla luce. È la stupefacente storia di una delle opere selezionate per la seconda edizione della Biennale Internazionale delle Riviera Romanadal 1 2 al 31 agosto, dislocata in diverse sedi tra Roma e il litorale laziale. Dopo il grande successo della prima edizione, che ha visto la partecipazione di numerosi artisti provenienti da tutto il mondo, quest’anno la manifestazione d’arte contemporanea si propone di celebrare lAnno Giubilare con un tema che invita alla riflessione spirituale e umana: Arte e Giubileo: Un Cammino di Speranza Verso la Luce.

L’opera scelta per la Biennale 2025 è una preziosa scultura dal titolo Ab Ovo - Ippocampo, realizzata in acciaio 316 lucidato a specchio e ottone a foglia oro 24 carati; la sua storia, che vale la pena tratteggiare a grandi linee, la rende una “sopravvissuta”.

“Il 3 settembre 2019 la Ab Ovo - Ippocampo viene consegnata alla Galleria Belvedere Art Space di Beirut per un breve periodo di esposizione” – racconta l’artista – “Meno di un anno dopo, il 4 agosto 2024, la Galleria resta coinvolta nella devastante esplosione che colpisce il porto della capitale libanese. Quando, nel settembre 2020, ho chiesto la restituzione della scultura, è iniziato un calvario durato sei anni, segnato dalla storia straordinaria di un’opera resiliente”. 

La scultura di Ancilotto sopravvive e attraversa gli anni del conflitto tra Libano (Hezbollah) e Israele, testimone silenziosa di un tempo drammatico, finché se ne perdono le tracce. Alle richieste insistenti dell’artista, il gallerista promette una rapida restituzione. Ma passano i mesi. E poi gli anni. Inizia così un lungo percorso di ricerche e contatti diplomatici. Nel maggio 2024, la Ancilotto si rivolge all’Ambasciatore italiano a Beirut, scoprendo che la Galleria Belvedere Art Space si è nel frattempo spostata a Dubai nel giugno 2024. Altro luogo, nuovo tentativo.

“Ho contattato il Consolato Generale d’Italia a Dubai e, con pazienza e tenacia” – ricorda l’artista – “l’opera viene trovata e restituita i primi mesi di quest’anno”.

Un ritorno celebrato con la vittoria per Camilla Ancilotto del Primo Premio alla  Biennale di Genova nella Sezione Scultura, dove l’Ippocampo ritrovato in tempi record viene esposto per la prima volta dopo il suo restauro.

L’opera di Ancilotto scelta per la Biennale è ispirata all’antico rompicapo cinese del Tangram. L’Ab Ovo – Ippocampo trova collocazione al piano nobile del Palazzo: in un raffinato gioco di riflessi e di rimandi visivi, la superficie perfettamente levigata dell’opera instaura un dialogo inedito e silenzioso con le raffinate decorazioni pittoriche del Settecento volute dal cardinale Giuseppe Spinelli per impreziosire l’ambiente. Ed ecco che le testimonianze pittoriche del passato tornano a vibrare con la luce della contemporaneità: ne nasce una tensione poetica tra permanenza e transitorietà, tra memoria e materia. E in questo riflesso continuo, l’arte si fa tempo che si piega, si rinnova, si ricrea.

Oggi il Palazzo ospita nel suo porticato un’esposizione permanente di statue antiche, da Afrodite-Arianna a Marco Aurelio, Caracalla e Pertinace e l’area archeologica delle Domus Romane, testimonianze straordinarie di un quartiere abitativo tardo-imperiale. In questo contesto, l’opera riflettente della Ancilotto diventa superficie viva, capace di assorbire e restituire visivamente secoli di storia e bellezza.


Museo di Roma, mostra "GEORGE HOYNINGEN HUENE. ART.FASHION.CINEMA" fino al 19 ottobre 2025

$
0
0



Il Museo di Roma a Palazzo Braschi ospita, dal 25 giugno al 19 ottobre 2025, la mostra “George Hoyningen-Huene. Art.Fashion.Cinema”.

L’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzata da CMS.Cultura, con il patrocinio del Ministero della Cultura e dell’Institut Français Italia, in collaborazione con l’Archivio George Hoyningen-Huene (Stoccolma, Svezia), celebra, a 125 anni dalla nascita, uno dei pionieri della fotografia di moda.

 

Curata da Susanna Brown, per oltre dodici anni curatrice del Victoria & Albert Museum di Londra, la mostra, una prima assoluta per Roma, dopo il successo a Palazzo Reale di Milano, presenta oltre 100 fotografie distribuite in 10 sezioni differenti, con stampe al platino che esaltano lo stile elegante e sobrio del fotografo, oltre a sottolineare il suo uso innovativo delle tecniche di stampa e le influenze artistiche che ne segnarono il lavoro.

 

L’esposizione ripercorre tematicamente la carriera di George Hoyningen-Huene (San Pietroburgo 1900 – Los Angeles 1968), figlio di un’altolocata americana e di un barone estone, che dopo la rivoluzione d’ottobre lascia la Russia e scappa con la famiglia prima a Londra, per poi trasferirsi nel 1920 a Parigi dove entra a far parte della cerchia ristretta di Man Ray, con il quale collabora attivamente, e frequenta gli artisti surrealisti come Salvador Dalì, Lee Miller, Pablo Picasso, Paul Eluard e Jean Cocteau, presenti in mostra in alcuni scatti senza tempo.

 

Definito da Richard Avedon “un genio, il maestro di tutti noi”, grazie ai ritratti e alle composizioni fotografiche – tra le più sorprendenti del ventesimo secolo – George Hoyningen-Huene è tra i primi negli anni Venti e Trenta a catturare lo stile delle case di moda haute couture di Parigi, tra cui Chanel, Balenciaga, Schiaparelli e il gioielliere Cartier. In particolare, come capo fotografo di Vogue Francia, carica che ricoprì dal 1926 al 1936, Huene si impose come uno degli autori di punta del panorama del tempo, realizzando con spirito innovativo servizi caratterizzati da un’estetica influenzata dall’arte classica e dal Surrealismo.

 

 

 

 

LE SEZIONI

La mostra prende avvio da una prima sala introduttiva, GEORGE HOYNINGEN-HUENE: VISIONI DI UN’EPOCA, che presenta fotografie con annotazioni a mano e dati per catalogazioni. Segue la sezione TRA JAZZ E BALLETS RUSSES: SOGNI DI BELLEZZA NELLA VILLE LUMIÈREintrodotta da un video che riporta il visitatore nell’atmosfera parigina del tempo. Le fotografie testimoniano il vivace contesto culturale dell’epoca, tra cui spiccano quelle scattate ai Ballets Russes di Diaghilev, a Serge Lifar e Olga Spessivtzeva che danzano con i costumi disegnati da Giorgio de Chirico, o a Josephine Baker e Jean Barry che ballano al ritmo del jazz.

LA MODA MARE E IL FASCINO DEL CORPO IDEALE raccoglie una serie di foto che raccontano la moda del tempo, come Divers, che immortala i fotografi Horst P. Horst e Lee Miller di spalle in uno dei più iconici scatti di moda del XX secolo, scelto da Anna Wintour tra i suoi cinque preferiti della lunga storia di Vogue.

Corpi avvolti da drappeggi e scolpiti dalla luce in pose quasi scultoree sono al centro di RIFLESSI DI ANTICHITÀ, sezione che testimonia la fascinazione del fotografo per la bellezza ideale e le proporzioni perfette dell’arte classica, che ripropone in scatti dove il gioco di chiaroscuri contribuisce alla creazione di un’atmosfera unica.

Una piccola e squisita sezione è dedicata ai viaggi, MIRAGGI DI LUCE: L’ODISSEA VISIVA DI HUENE, che Huene realizzò tra Tunisia, Algeria, Egitto e Grecia, in cui scattò le fotografie poi confluite in cinque suoi libri: African Mirage. The Record of a Journey (1938); Hellas (1943); Egitto (1943); Patrimonio messicano (1946) e Baalbek/Palmyra (1946).

SCULTURE DI LUCE: IL NUDO MASCHILE TRA CLASSICO E MODERNO, soggetto interpretato spesso attraverso un’illuminazione a luce diffusa e una cura esasperata della composizione, che facevano sembrare gli scatti in studio realizzati en plen air, è anche il titolo della sezione che segna il passaggio di testimone a Vogue tra lui e Horst, quando Huene nel 1936 si trasferisce a New York a capo della redazione di Harper’s Bazaar. Dieci anni dopo, nel 1946, è a Hollywood con il premio Oscar George Cukor, dove raggiunge gli amici Man Ray e Max Ernst e si afferma come ritrattista dei divi e consulente del colore per Cukor e altri grandi registi.  

Nel 1930 Huene immortalò un giovane Jean Cocteau in un ritratto emblematico del fascino magnetico dell’artista, presente in mostra con il film IL SANGUE DI UN POETA. Protagonista della pellicola visionaria è Lee Miller, modella e fotografa che nella finzione interpreta una dea moderna, dal fascino mitologico, scolpita nel marmo dell’immaginazione, ma al tempo stesso costretta a un mutismo che insieme al trucco pesante sembra imprigionarne la figuraLEE MILLER è tra le protagoniste di questa esposizione: legata a Huene da una profonda amicizia e da una visione estetica raffinata, fu modella per Vogue e soggetto di alcuni dei suoi scatti più iconici. Da Huene e Man Ray apprese i segreti della fotografia, divenendo in seguito lei stessa una fotografa di talento e una reporter di guerra. Negli anni Trenta, i due condivisero un’intensa collaborazione artistica.

L’estratto del film di Cocteau introduce alla sezione L’ESSENZA DEL SOGNO: HUENE, CHANEL E L’INFLUENZA DEL SURREALISMO. Huene guardò infatti al Surrealismo tanto da trasportarne alcuni elementi nel suo lavoro, come le composizioni insolite, la manipolazione della realtà e le atmosfere sospese e oniriche, rendendo dei semplici ritratti di moda delle autentiche opere d'arte visiva. Un’integrazione raccontata nella sezione, soffermandosi in particolare sulla collaborazione con due case di moda, di cui riuscì a cogliere le anime contrastanti: da un lato l’audacia artistica e sperimentale di Schiaparelli, dall’altro la modernità sobria e rivoluzionaria di Coco Chanel.

MODELLE SENZA TEMPO: NUOVE ICONE DELLA MODERNITÀ raccoglie le opere che hanno consacrato l’autore tra i più importanti professionisti dell’epoca, quelle dedicate alle sue muse più celebri, come Agneta Fischer e Lee Miller in composizioni anche surrealiste. Celebre lo scatto per Vogue Francia in cui il volto di Lee Miller fluttua nello spazio su fondo nero mentre, come una chiromante, regge una sfera di cristallo in cui appare l’amica e modella Agneta Fisher. Nel 1942, Miller renderà omaggio al suo maestro Huene con una fotografia simile realizzata per British Vogue.

LA MODA DI HARPER’S BAZAAR, con fotografie e riviste d’archivio che testimoniano la rivoluzione che il lavoro del fotografo portò nel mondo della moda. Tra queste l’iconica Divers, Horst and Lee Miller, Swimwear by Izod, dove la modella posò di spalle insieme al fotografo Horst P. Horst, allievo e compagno di Hoyningen-Huene.

Ingrid Bergman, Charlie Chaplin, Greta Garbo, Ava Gardner, Katharine Hepburn sono solo alcune delle star, una volta negli Stati Uniti, che Huene ha immortalato e che in mostra sono raccolte nell’ultima sezione HOLLYWOOD E L’INCANTO DEL CINEMA. Dal 1954 al 1963 lavora come coordinatore del colore a Hollywood e affianca registi, costumisti, direttori della fotografia e scenografi. Una delle sue collaborazioni cinematografiche più importanti è quella con George Cukor. I due sono legati da una profonda e tenera amicizia. Huene progetta per lui una sezione del magnifico giardino della sua villa a Los Angeles: punto di riferimento e d’incontro per la comunità queer di Hollywood.

Huene attinge regolarmente alla propria conoscenza della storia dell’arte per trovare esempi delle combinazioni di colori che voleva ottenere sullo schermo. In una scena memorabile di Il diavolo in calzoncini rosa, il personaggio interpretato da Sophia Loren appare sulla soglia della sua camera da letto in una sinfonia di azzurri che trae ispirazione dal dipinto Nanà (1877) di Édouard Manet. Sarà poi il costumista dello sfarzoso film Olympia, sempre con Loren come protagonista. In mostra anche alcuni estratti video di questi film. Con la Divina Sophia instaura un legame duraturo di grande amicizia e si scambieranno affettuose lettere colme di stima reciproca. Sophia Loren nel 1961 gli scrive: “Spero che vedrai prestissimo il mio film italiano La ciociara, e apprezzerei molto se mi scrivessi il tuo parere personale perché ci tengo moltissimo”. 

Tra il 1946 e il 1950 realizza alcuni documentari in prima persona, tra cui The Garden of Hieronymus Bosch e Daphni: Virgin of the Golden Laurels. Nel 1968 aveva in programma un libro contenente i suoi scatti più belli e numerosi progetti fotografici, viene però colpito da un ictus e muore improvvisamente il 12 settembre dello stesso anno nella sua casa di Los Angeles. Cukor sarà il primo a sapere della sua morte.

Nel 2020 l’archivio Hoyningen-Huene viene acquisito da Tommy e Åsa Rönngren e spostato a Stoccolma, in SveziaIl George Hoyningen-Huene Estate si occupa dello studio, conservazione, valorizzazione e promozione delle opere di questo straordinario autore.

Audioguide gratuite in italiano e in inglese accompagnano il visitatore.

 

La mostra si arricchisce di un ampio catalogo edito da Moebius edizioni.

Radio Monte Carlo è radio ufficiale della mostra. Media partner: Sky Arte. 

PRIMI RISULTATI POSITIVI DELLE STRATEGIE CONTRO L’ANTIBIOTICO-RESISTENZA IN ITALIA

$
0
0

 


Il G7 del 2024 a guida italiana ha determinato una nuova consapevolezza nella lotta all’antimicrobico-resistenza.

 L’Italia, pur partendo da una situazione svantaggiata, ha intrapreso un percorso dinamico e una serie di attività di cui si fa portavoce la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali attraverso i suoi progetti “Resistimit” e “Insieme”. I progressi sono stati condivisi al Ministero della Salute nel terzo appuntamento della quarta edizione de “La Sanità che vorrei...”, la progettualità promossa dalla SIMIT, in collaborazione con altre società scientifiche (in questa occasione AMCLI, SIGOT, SIMG, SIMPIOS), associazioni di pazienti, rappresentanze della società civile e delle imprese (CARB-X, Federfarma, gli Istituti Zooprofilattici), decisori politici, istituzioni nazionali e internazionali.

L’APPROCCIO INTERNAZIONALE AL MINISTERO DELLA SALUTE - L’incontro “Antimicrobico-resistenza: una sfida sanitaria urgente e una responsabilità condivisa”, organizzato da Aristea International, si è tenuto al Ministero della Salute con la partecipazione di tutti gli stakeholder del settore, con anche rappresentanti di istituzioni internazionali. Maria Rosaria Campitiello Capo del Dipartimento prevenzione, ricerca ed emergenze sanitarie del Ministero della Salute, all’indomani degli Stati Generali di Napoli, ha sottolineato l’importanza della prevenzione, da estendere anche all’ambito della resistenza antimicrobica, definita come una delle principali minacce per la medicina moderna. Ha ricordato l’impegno del Ministero in questo settore, supportato da investimenti significativi. Il Prof. Francesco Saverio Mennini, Capo Dipartimento Programmazione, dispositivi medici, farmaco e politiche in favore del SSN, Ministero della Salute, ha richiamato gli sforzi compiuti negli ultimi anni, citando, tra gli esempi, l’istituzione in legge finanziaria di un fondo da 100 milioni di euro per gli antibiotici “reserve”: un passo avanti per garantire cure efficaci ai pazienti che ne hanno bisogno, ma anche un investimento strategico per il SSN.

 

L’ANTIBIOTICO-RESISTENZA COME MINACCIA GLOBALE – Antibiotico-resistenza e Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) sono fenomeni in crescita in tutta Europa, con l’Italia che è tra i Paesi con le peggiori performance. Lo hanno ribadito in apertura il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT nonché nuovo membro del Consiglio Superiore di Sanità, e il Prof. Claudio Mastroianni, Past President SIMIT.

Tra le cause di questo fenomeno vi sono l’eccessivo uso di antibiotici a livello umano e animale, la scarsa conoscenza del tema, la mancanza di buone pratiche come l’igiene delle mani – ha sottolineato il Prof. Massimo Andreoni – Occorrono strategie mirate per un uso corretto degli antibiotici (Antimicrobial Stewardship) e un efficace controllo (Infection control). Nel mondo si stimano 5 milioni di morti per antibiotico resistenza, di cui un milione 300mila direttamente attribuibili ad essa. In Italia si calcolano 11mila morti l’anno per infezioni ospedaliere, record in Europa, dove i decessi complessivi sono circa 33mila. Circa l’8% dei pazienti ricoverati contrae un’infezione correlata all’assistenza. Tuttavia, un diverso approccio permetterebbe di ridurre di almeno il 30% l’impatto di queste infezioni”.

 

IL CONTROLLO DELLE ICA NEL PROGETTO “INSIEME” – Il progetto “Insieme” è finalizzato a uniformare a livello nazionale le politiche di controllo delle infezioni ospedaliere all’insegna di principi come la formazione, l’organizzazione dei controlli e audit per comprendere le criticità.

In questi mesi abbiamo realizzato una survey sull’applicazione dei programmi di contrasto alle infezioni nosocomiali che è da poco stata accettata su “Scientific report”: emergono gli imponenti sforzi ancora da compiere, ma anche i significativi risultati raggiunti – spiega la Prof.ssa Cristina Mussini, Vicepresidente SIMIT – Nei 30 ospedali coinvolti, infatti, abbiamo potuto rilevare alcuni miglioramenti. Su tutti, l’incremento dal 40% al 70% all’adesione al lavaggio delle mani, che, come indicato dalle linee guida OMS, rappresenta una pratica fondamentale per prevenire la diffusione di germi, specialmente in ambito sanitario, dove le mani sono un veicolo comune di trasmissione di microrganismi. Migliorare la situazione dunque è possibile, basti pensare che l’applicazione di strategie adeguate può prevenire fino al 50% delle ICA. Servono un cambiamento culturale che generi consapevolezza e strategie operative capaci di garantire continuità”.

I DATI DI RESISTIMIT PER DIAGNOSI TEMPESTIVE E RIDUZIONE DELLA MORTALITÀ – La piattaforma Resistimit è un registro nazionale dinamico che raccoglie e analizza in tempo reale i dati su infezioni gravi da batteri resistenti. Obiettivo è migliorare diagnosi, trattamento e prevenzione.

Il lavoro realizzato con Resistimit ha consentito di analizzare fin qui oltre 1400 pazienti in 40 ospedali italiani di tutto il territorio nazionale colpiti da infezione grave da batteri gram negativi – spiega il Prof. Marco Falcone, Consigliere SIMIT, responsabile progetto Resistimit – Sono emersi dati di mortalità rilevanti, specie per alcuni batteri come Klebsiella pneumoniae (22-23%), del 37% per Acinetobacter baumannii, mentre si arriva addirittura a una mortalità del 43% per Stenotrophomonas maltophilia. Stiamo identificando i pazienti più vulnerabili e le condizioni che li espongono maggiormente al rischio. L’analisi di questi dati permetterà di diagnosticare tempestivamente le infezioni e di ridurre la mortalità dovuta a questi germi resistenti. Il lavoro potrà avere dunque un’importante ricaduta pratica. Entro fine anno, quando avremo raggiunto i duemila pazienti analizzati, presenteremo un nuovo bilancio e i progressi ottenuti”.

TRA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E APPROCCI INTERNI - Nella tavola rotonda istituzionale “A un anno dal G7: il coordinamento per un’azione efficace contro l’antimicrobico-resistenza, moderata dal giornalista scientifico Daniel Della Setaè emersa la dimensione internazionale del fenomeno e la necessità di un ampio coordinamento. Lo hanno sottolineato l’eurodeputato On. Carlo Ciccioli e Silvia Bertagnolio, Head, AMR Unit, OMS. Bertagnolio ha ricordato la “health diplomacy” dell’OMS, che è impegnata a sviluppare analisi e a formulare raccomandazioni, senza però la possibilità di azioni dirette, che sono invece affidate ai singoli paesi. Da qui si è sviluppato il dibattito tra rappresentanti istituzionali e autorità sanitarie, con la partecipazione della Sen. Ylenia Zambito, Segretaria 10ª Commissione, Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale; dell’On. Ylenja Lucaselli, Membro V Commissione, Bilancio, Tesoro e Programmazione; il Prof. Rocco Bellantone, Presidente ISS; Michele Tancredi Loiudice, Dirigente medico, AGENAS; la Prof.ssa Anna Teresa Palamara, Direttrice Dipartimento di Malattie Infettive, ISS; il Prof. Giancarlo Ripabelli, Professore Ordinario di Igiene, Università degli Studi del Molise e Segretario SIMPIOS.

 

IL CONTRIBUTO DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA - La tavola rotonda scientifica “Il ruolo di Antimicrobial Stewardship e Infection Control tra innovazione e responsabilità in un approccio One Health” ha messo in luce il ruolo strategico dei geriatri con Moira Ceci, Tesoriere SIGOT, e dei Medici di Medicina Generale con Giulia Ciancarella, Collaboratrice Area Prevenzione SIMG; il Prof. Giovanni Rezza, Professore straordinario di Igiene, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha ribadito le dimensione del problema; il Prof. Maurizio Sanguinetti, Professore Ordinario di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma ha privilegiato l’importanza della diagnostica microbiologica come driver per instaurare una corretta terapia antimicrobica; Antonio Sorice, Presidente SIMeVeP, ha ricordato come l’abuso di antibiotici sia un fenomeno che coinvolga anche l’ambito veterinario. Gli infettivologi di SIMIT hanno presentato i progressi delle strategie messe in campo negli ultimi due anni.

 

L’APPROCCIO “ONE HEALTH” E LA CONSAPEVOLEZZA DELLA CITTADINANZA – Il bilancio della giornata è stato tracciato nel talk show “Approccio One Health, questo sconosciuto”. Damiano De Felice, Capo delle Relazioni Esterne di CARB-X, ha spiegato i progetti di questa realtà che nel G7 di Ancona ha rappresentato l’investimento di punta, con un finanziamento di 21 milioni di dollari nel prossimo triennio per una partnership globale senza scopo di lucro volta a sostenere lo sviluppo di nuovi antibiotici. Francesco Pomilio, Responsabile del Reparto di Igiene e tecnologia degli alimenti, Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise G. Caporale, ha analizzato gli sviluppi dell’approccio “One Health” e le implicazioni della questione a livello ambientale e animale. Alfredo Procaccini, Vice Presidente Vicario Federfarma si è soffermato sul ruolo delle farmacie.

Fondamentale è trasferire il messaggio di sensibilizzazione sul consumo prudente degli antibiotici e su buone pratiche come il lavaggio delle mani: il ruolo strategico della divulgazione scientifica è stato riportato nelle parole di Michele Mirabella, Giornalista e conduttore televisivo, volto storico di “Elisir” su Rai Tre.

 

Amore imperfetto e ribelle: arriva “MELA A METÀ”, il nuovo singolo di ROSSELLA

$
0
0

Da venerdì 27 giugno 2025 sarà in rotazione radiofonica “MELA A METÀ”, il nuovo singolo di ROSSELLA per FDAM/Altafonte disponibile dal 20 giugno.

 "MELA A METÀ"è un brano che sfida gli stereotipi dell'amore esplorando le tensioni tra desiderio e distanza, confusione e attrazione, con un sound energico e parole che sembrano collage emotivi tra pop surrealista e linguaggio da diario segreto. La canzone racconta un amore travolgente, viscerale e imperfetto, giocando con il classico "mito della mela" da una prospettiva diversa, più ironica e irriverente.

Il testo di "MELA A METÀ"è un manifesto dell'amore che non ha voglia di incasellarsi, che ama le stranezze e scavalca gli stereotipi. La "mela a metà" di cui canta ROSSELLA non descrive un incastro patinato tra metà perfette e complementari, ma piuttosto tra identità imperfette, incomplete e storte.

"MELA A METÀ"è un uptempo con un ritmo vivace dal sound shuffle, caratterizzato da sonorità pop rock surrealiste e viscerali e una scrittura cantautorale, schietta e poetica. Le chitarre acustiche ed elettriche sono le protagoniste assolute dell'arrangiamento, mescolate ad una ritmica sostenuta che regala al brano un'atmosfera a contrasto tra l'onirico e il sanguigno.

Spiega l’artista a proposito del brano:"Con questa canzone ho voluto raccontare un amore diverso, più divertito e ironico rispetto al mio debutto, un legame carnale e sentimentale che celebra l'imperfezione e la libertà di essere se stessi. L'ho scritta dopo aver fatto un sogno, e mi piaceva raccontare una storia che fosse un collage tra vita vissuta e immagini più surreali, esattamente come accade nei sogni. Ho immaginato un giro in moto sulla via lattea di due protagonisti quasi usciti dallo schermo di un cinema. Mi divertiva molto l’idea di ribaltare il mito della mezza mela, prenderlo un po’ in giro senza però rinunciare al romanticismo. Credo che la mia generazione abbia molto a cuore la crescita personale, che si riflette anche nel modo di vivere le relazioni. Non serve fare uno sforzo immane per completarsi a vicenda, anche perché è un’impresa impossibile, credo che sia più importante tenersi cara l’imperfezione che ci caratterizza, così come le nostre differenze che sono la cosa più bella che abbiamo in comune. Ho sempre avuto un debole per gli amori che escono fuori dagli schemi, quindi ho raccontato un incontro carico di passione, ma al contempo di emotività. Credo all’imprinting tra le persone e al fatto che ogni rapporto ci dia la possibilità di fare i conti con noi stessi, specie quando ci “riflette gli occhi”, poi sta a noi accettare la sfida o scappare via da ciò che l’altro ci risveglia. Mi sento molto vicina ai valori e alle tematiche della comunità LGBTQIA+ e mi interessava smontare un po’ le etichette e gli stereotipi legati al genere: credo nell’amore libero, in cui non esistono ruoli ma conta il sentire.”

Biografia

Rossella Perticone, in arte ROSSELLA, nasce nel 1996 in Ciociaria, immersa nel verde e nelle acque di Fiuggi. Sin da giovane, mostra una passione per la musica, esibendosi in spettacoli teatrali, serate pianobar e piazze cittadine. Durante l'adolescenza, comincia a scrivere canzoni, che diventano un bisogno irrinunciabile per comunicare sé stessa.

Dopo aver intrapreso un percorso universitario a Roma, ROSSELLA decide di dedicarsi totalmente al mondo musicale e attoriale. Le sue canzoni parlano di rapporti umani, crescita personale e importanza di seguire i sogni. Le sue influenze spaziano da Gianna Nannini a Lady Gaga, da Lucio Dalla a Roberto Vecchioni, creando un sound rock melodico che si fonde con la sua voce emotiva e vulnerabile.

Il 28 marzo 2025 è uscito "SEMPRE", il primo singolo del suo progetto musicale, un brano che segna l'inizio di un viaggio artistico intimo e potente. ROSSELLA si è esibita con "SEMPRE" all'Auditorium Parco della Musica (Sala Petrassi) e ha partecipato a diverse trasmissioni radiofoniche e contest musicali, tra cui "Sogni di gloria" su Rai Radio 2 e la finalissima del contest "Un talento x il successo" presso il Teatro Comunale di Fiuggi.


Instagram | Facebook

 

Nando Uggeri si racconta a Fattitaliani: il 26 giugno esce il nuovo singolo ''Lasciatemi in pace''

$
0
0

 


Nando Uggeri, cantautore apprezzato della scena musicale italiana, torna con il nuovo singolo ‘’Lasciatemi in Pace’’, dal 26 giugno disponibile su tutte le piattaforme digitali su etichetta Musitalia. Il brano anticipa l’uscita del prossimo album d’inediti, che verrà rilasciato a settembre. Dopo la pubblicazioni di diversi brani, Nando presenta un brano che rispecchia l'attuale società che viviamo, tra l'essere dipendenti dal cellulare e a vivere più le nostre emozioni, senza freni. 

''Lasciatemi in pace'' cosa rappresenta nella sua carriera artistica? 
Lasciatemi in pace è un’ulteriore step di avvicinamento a quello che ritengo debba essere il ruolo di un cantautore moderno che però ha attraversato decenni di esperienze: osservare, descrivere e raccontare ciò’ che gli gira attorno, senza però lanciare messaggi. Poi è chiaro che il testo descrive gli orientamenti del pensiero dell’artista, ma questo rimane comunque un esercizio soggettivo che si limita a prendere atto di dove sta andando il mondo con le sue contraddizioni, che nessun cantante e nessuna canzonetta può modificare.

Raccontaci com'è nato.
E' nato da esperienze personali e comuni praticamente a tutti coloro che sono interconnessi per lavoro e altro. Ciò che riteniamo un dispositivo utile e ormai indispensabile, può trasformarsi in un oggetto di afflizione perché ogni giorno siamo al centro di ogni sorta di messaggi. Basta parlare di qualcosa e ti appare miracolosamente, sul telefono, la soluzione a qualcosa. E' una presa d’atto che ormai c’è poco da fare ed essere connessi col mondo ha i suoi tanti lati positivi e ognuno può manifestare la sua opinione con soddisfazione. C’è comunque ancora chi non si fa condizionare perché usa il telefono solo per la funzione per cui è nato: telefonare.

Come si è evoluto il suo modo di fare musica?
E' un percorso che prevede evoluzioni e involuzioni, fughe in avanti e ripensamenti. Intendo dire che quando a un certo momento ho sentito l’esigenza di proporre qualcosa che potesse piacere al pubblico, ho scoperto che non mi convinceva perché non era genuino; perciò scrivo e canto ciò che sento dentro e non mi occupo di lanciare messaggi. Comunque dalle mie opere traspare un senso di difficoltà di fronte ai temi sociali più inquietanti: la violenza in genere, la fame, le guerre e raccontare può servire ad esorcizzare e a sperare che le scelte di chi governa il mondo siano più assennate.


Uno sguardo all'attuale panorama musicale in Italia. Cosa le piace e cosa cambierebbe? 
Resistono i mostri sacri che continuano a riempire gli stadi, come una volta, e che riescono sempre a regalare nuove emozioni. Poi ci sono i giovanissimi che, come in passato, inseguono il momento: una volta era il punk, poi il metal e ora è la trap. Sono pur sempre mezzi di espressione delle inquietudini giovanili. Tra i giovani più promettenti ci sono Lucio Corsi, Achille Lauro, Francesca Michielin, ognuno con il suo stile che affonda pur sempre le radici nel passato. Mahmood ha, invece, qualcosa di interessante che lo contraddistingue perché esprime un sound che ha le radici in un’altra cultura.

Tra le tante esperienze artistiche, qual è quella che ricorda con piacere? 
Scrivere canzoni per la Rai mi ha emozionato molto, soprattutto su argomenti sociali relativi a talk show televisivi dove, alla fine del dibattito, arrivava la mia sigla che trattava del tema della settimana e che io interpretavo con entusiasmo in diretta televisiva. 

Fine dell’Illuminismo. Thiel, Harari e il ritorno del pensiero tragico

$
0
0

 


“Chi combatte con i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro.”  Friedrich Nietzsche

Peter Thiel, imprenditore, filosofo e stratega del potere americano, da tempo non crede più che democrazia e liberalismo siano compatibili. Il suo breve ma intenso saggio Il momento straussiano, oggi pubblicato in italiano da Liberilibri, è una dichiarazione filosofica che scava sotto le rovine della civiltà occidentale e ne denuncia la crisi: quella dell’Illuminismo, della fede nel progresso e nella bontà naturale dell’uomo.

Nel saggio – scritto nel 2007, in piena era Bush – Thiel invoca non tanto una restaurazione conservatrice, ma una rottura con l’ideologia del progresso. Nella sua visione, l’umanità non è naturalmente incline alla pace o alla cooperazione, ma è dominata dalla mimesi violenta teorizzata dal suo maestro René Girard: l’invidia competitiva, l’imitazione che conduce alla rivalità, all’escalation, alla guerra.

“L’uomo è il desiderio di un altro desiderio.” René Girard

Questa visione tragica e antropologica si oppone frontalmente all’ottimismo liberale: dove quest’ultimo vede lo sviluppo come emancipazione, Thiel vede l’accumulo di tensione e la necessità del conflitto. La violenza, scrive, non è un’eccezione alla politica, ma la sua condizione originaria. La sua riflessione è ancora più inquietante quando si spinge a immaginare uno scenario di proliferazione nucleare guidato dal desiderio mimetico di potenza: la Bomba non come deterrente, ma come oggetto di desiderio.

In questo senso, Thiel incarna un ritorno del pensiero tragico in politica, non dissimile da quello evocato da Carl Schmitt o Leo Strauss. La sua diagnosi si basa su una consapevolezza brutale: il conflitto è ineliminabile, e ogni tentativo di rimuoverlo — attraverso il diritto internazionale, la diplomazia, il multiculturalismo — è una forma di rimozione, se non di ipocrisia.

“I punti più alti della grande politica sono anche i momenti in cui il nemico viene visto, con concreta chiarezza, come nemico.”
— Carl Schmitt

Nel pensiero di Thiel, come in quello di Strauss, la modernità ha espulso la verità tragica della condizione umana: ha rimosso la religione, ignorato l’inimicizia, idolatrato la ragione e il consumo. Di qui il bisogno di riscoprire i fondamenti: non solo teologici, ma anche antropologici. Se l’Illuminismo ha voluto educare l’uomo, Thiel si domanda: e se l’uomo fosse indomabile? Se il male non fosse ignoranza, ma forza costitutiva?

“Il secolo del suicidio comincia con l’idea che Dio è morto.”  Albert Camus

Questa posizione non è nostalgia reazionaria, ma consapevolezza strategica. Thiel, come imprenditore e come pensatore, investe sulla convergenza tra tecnologia e sicurezza. Se il mondo è instabile e attraversato dalla violenza, allora chi controlla i dati controlla l’ordine. Il dominio sulle informazioni, sui big data, sul cyberspazio — come quello che esercita Palantir — non è una variante dell’utopia californiana, ma una risposta hobbesiana al caos. Non si tratta più di “libertà”, ma di controllo selettivo: uno stato d’eccezione tecnologico.

“Solo un dio ci può salvare.” Martin Heidegger

La democrazia, per Thiel, non è uno strumento universale, ma una forma storica esaurita. In The Diversity Myth (il suo attacco al multiculturalismo) e in questo saggio, egli denuncia l’illusione secondo cui l’uguaglianza e la diversità possano coesistere armoniosamente. La sua è una critica radicale all’ordine liberale, che parte da solide basi teoriche ma si traduce in strategie operative: investimenti, alleanze, scelte geopolitiche. Non è solo pensiero, è potere messo in atto.

“Coloro che promettono il paradiso in terra non hanno mai fatto altro che preparare l’inferno.”
— Karl Popper

In questo senso, Peter Thiel non è un pazzoide ossessionato dalla vita eterna o un freak della Silicon Valley. È una figura di confine tra filosofia e governo, tra teologia e tecnologia, tra strategia e catastrofe. La sua presenza dietro Trump, Vance e l’ideologia dell’“America forte” non è decorativa: è strutturale.

Non è detto che Thiel abbia ragione. Ma liquidarlo come provocatore reazionario significa non capire la posta in gioco. Il suo pensiero, per quanto oscuro e inquietante, è la testimonianza di un’epoca che ha smesso di credere nel futuro, e comincia a esplorare i suoi mostri.

“La civiltà si fonda sul sacrificio: non di uno solo, ma del molti per uno.”
— Tradizione tragica greca (rielaborazione girardiana)

Carlo Di Stanislao

Al Senato la Conferenza del Club della Colomba della Civiltà “Innovazione e Tradizione: Croce e Delizia del Made in Italy”

$
0
0

 


Si è tenuto lo scorso 23 giugno 2025, presso la prestigiosa sede del Senato - Sala degli atti Parlamentari - Biblioteca Giovanni Spadolini, la conferenza del Club della Colomba della Civiltà. Organizzata dalla Manager Sara Iannone, che ha introdotto il tema: “Innovazione e Tradizione: Croce e Delizia del Made In Italy".
 
Il Club della Colomba della Civiltà è un progetto dell’associazione culturale “L’Alba del Terzo Millennio”, presieduta da Sara Iannone, legato al Premio “Le Ragioni della Nuova Politica”, ideato e fondato dalla stessa Presidente nel 1996, il cui Comitato d’Onore è presieduto da Gianni Letta. Da tale progetto sono nate “Le conferenze del Club della Colomba della Civiltà”, pensate come momenti di approfondimento dedicati ad argomenti di particolare rilevanza e attualità.
 
Nel corso della conferenza sono intervenuti personalità di altissimo spessore culturale e civile. L’evento è stato moderato dal Vice Direttore Ansa Stefano Polli. Nel suo intervento, anche in qualità di esperto di geopolitica, ha rammentato come la situazione attuale avrà inevitabilmente conseguenze dirette nell’import-export e nel made in Italy. E’ quindi necessario un “sistema Paese”, che aiuti le imprese italiane nell’export e nella penetrazione di nuovi mercati.
 
Tra i relatori il Sen. Bartolomeo Amidei, che ha anche portato i saluti del Sottosegretario MIMIT (Ministero delle imprese e del made in Italy) Fausta Bergamotto. Il Senatore Amidei ha sottolineato come il Made in Italy sia un brand riconosciuto in tutto il mondo. Non da meno la valenza dei nostri prodotti in particolare nei settori chiave dell'industria manifatturiera che ha ricordato essere l’abbigliamento, l’arredamento, l’alimentare, l’automazione e meccanica. Questi settori sono considerati i pilastri del Made in Italy e contribuiscono in modo significativo alla nostra economia. Ciò in particolar modo nel contesto delle esportazioni e del commercio internazionale. Il Made in Italy rappresenta anche tanti primati con ca 60 Siti UNESCO e primi per il patrimonio artistico.
 
E’ seguito poi l’intervento del Prof. Beniamino Quintieri, già Commissario Generale del Governo per l'Esposizione Universale di Shanghai 2010; Presidente dell'ICE (Istituto del Commercio Estero); Presidente di SACE; Preside della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Direttore del CEIS (Centre for Economic and International Studies). Quintieri ha rammentato come la manifattura italiana sia importante anche in termini numerici e che nella parte produttiva l’Italia con il brand “Made in Italy” sia la seconda esportatrice, dopo la Germania, mantenendo un livello crescente di occupazione anche se più contenuto rispetto al passato. Ciò in virtù di standard qualitativi dei nostri prodotti che ne fanno una eccellenza internazionale. Siamo tra il quinto e settimo paese al mondo per export superando il Giappone.
 
Le imprese italiane hanno saputo trarre vantaggio dall’apertura dei mercati come il Mercato Unico Europeo che rappresenta più del 50% del nostro export, ma anche dall’espansione dei mercati mondiali. L’Italia li ha saputo penetrare al meglio anche per la capacità della diversificazione produttiva. I prodotti che ci connotano infatti, come abbigliamento, agroalimentare, arredamento, rappresentano nell’insieme il 20% dell’export, ma i nuovi settori che stanno perfomando bene nei mercati nuovi sono anche farmaceutica, chimica oltre alla meccanica. Il tutto in uno scenario fortemente in evoluzione anche per l’AI già presente nelle nostre vite.
 
La Senatrice Lavinia Mennuni ha ricordato come il “Made in Italy” sia un tema profondamente attuale anche in riferimento agli accadimenti geopolitici correnti che avranno ricadute su tutte le economie. Un anno, quello trascorso, complicato per negoziati anche per la governance economica europea e le nuove regole del patto di stabilità. Un debito pubblico che divora le risorse, e nonostante ciò, sono stati mantenuti in ordine i conti e inalterate le spese di alcuni settori delicati come quello della sanità. In questo scenario complesso si devono trovare anche equilibri per le risorse, come quella del 5% da destinare alla difesa europea. In questi parametri macro economici il governo ha cercato di mantenere alta la spesa interna, salvaguardando i ceti più deboli, ed incrementato i posti di lavoro. La Senatrice Mennuni ha anche rammentato come stia lavorando, con uno sguardo attento al futuro, per le giovani menti per regolamentare l’uso dei social media per i minori. In un cambio epocale con trasformazioni profonde non meno complesso è il confronto tra economie differenti anche in termini di concorrenza e di tutela dei lavoratori, profondamente diverse da quella italiana.
 
Il Prof. Fabio Verna, economista e già docente di Finanza aziendale ed analisi finanziaria, ha sottolineato come il 65% delle imprese italiane siano PMI e quindi più in difficoltà rispetto alle Multinazionali sia sui mercati che nella concorrenza. Ha quindi rammentato gli strumenti messi a disposizione in tal senso dal governo tra cui anche Cassa Depositi e prestiti. Certamente, dice, il momento di transizione è straordinario, con la tecnologia dell’AI, ma anche sullo sfondo dei conflitti in atto. Attraverso lo stretto di Hormuz, rammenta il Prof. Verna, transitano il 25% del greggio mondiale e 30% del Gas congelato. Se fosse chiuso lo stretto si avrebbe evidentemente l’impennata dei prezzi delle risorse energetiche, che comprometterebbe però anche una contrazione delle vendite mondiali. Siamo quindi di fronte ad un bivio strategico.
 
Le testimonianze degli imprenditori di Savino Morelli e di Simon Marco Longato e gli interventi di alcuni ospiti hanno dunque concluso l’interessantissimo incontro.
 
Credito Ph Mario Giannini

“Datemi un funky” è il nuovo brano di Luca Ghioldi, un invito a non arrendersi mai

$
0
0

Dal 27 giugno 2025 sarà disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale e in rotazione radiofonica “Datemi un funky”, il nuovo singolo di Luca Ghioldi.

“Datemi un funky” è un brano che racconta la storia di come come le persone tendano a rifugiarsi nella via più semplice di fronte ai primi accenni di un problema, senza neanche prendersi il tempo di valutare accuratamente la situazione. Tuttavia, l'autore suggerisce che è possibile trovare la forza e la motivazione per affrontare le sfide quotidiane attraverso la musica funky, che rappresenta un mezzo per ridare energia e voglia di vivere.

Il brano invita a non arrendersi di fronte alle difficoltà, ma a cercare dentro di sé le risorse per superare gli ostacoli e trovare una soluzione. La musica diventa così un potente strumento per affrontare le sfide quotidiane e trovare la motivazione per andare avanti.

Commenta l’artista a proposito del brano: “L'idea per il brano è nata in una domenica di primavera, quando sentivo il bisogno di staccare da un periodo di stress e avevo voglia di fare una passeggiata al lago. Nonostante l'invito a degli amici non fosse stato accolto positivamente, ho deciso di andare al lago da solo, portando con me la chitarra. Fu lì che nacque 'Datemi Un Funky', un brano che rappresenta la musica in grado di risollevare il morale e dare energia per affrontare le situazioni difficili.”

Biografia

Luca Ghioldi nasce a Milano nel 1982 e inizia a studiare chitarra all'età di 17 anni come autodidatta. I suoi primi riferimenti musicali includono artisti punk, rock e metal come Bryan Adams, Bon Jovi e Iron Maiden, nonché cantautori italiani come Fabrizio De André e Lucio Dalla.

Dopo aver approfondito lo studio della chitarra con maestri come Beppe Pini e Claudio Bazzari, Luca Ghioldi frequenta masterclass sulle tecniche chitarristiche con artisti come Andy Timmons, Paul Gilbert. Parallelamente, partecipa a masterclass sul canto, songwriting, espressività con L’Aura, Moreno Delsignore e altri professionisti.

Luca Ghioldi si diploma in Musicoterapia e si laurea in Scienze dell'educazione. Frequenta inoltre il corso in Tecniche di insegnamento musicale alla Nam di Milano e lavora come formatore musicale presso il Teatro Sociale di Como.

Luca Ghioldi ha avuto l'opportunità di suonare dal vivo in diverse situazioni e contesti, dalle strade ai teatri, con una grande varietà di stili musicali. Nel 2021, suona l'ukulele nel brano "Catching Rainbow" prodotto da suo fratello Giovanni (che ha curato la produzione e gli arrangiamenti dell’intero album), che viene selezionato per una pubblicità di Scavolini.


Instagram | Facebook

 


Scenari 2025 a Modica dal 27 giugno al 27 luglio, tra gli ospiti: Erri De Luca, Geppi Cucciari, Jeffery Deaver, Roberto Saviano

$
0
0

 


In arrivo Scenari. Invito allo stupore, il festival letterario della città di Modica (RG), che giunge alla sua IV edizione.

La manifestazione è organizzata dalla Fondazione Teatro Garibaldi e dal sovrintendente Tonino Cannata, insieme alla Mondadori Bookstore di Piera Ficili e a Babel Agency. Da venerdì 27 giugno a domenica 27 luglio, per cinque weekend consecutivi, le più belle piazze, i palazzi, ma anche i vicoli e gli scorci più suggestivi della città, già patrimonio Unesco, diventeranno il palcoscenico di incontri pubblici e interessanti dibattiti a carattere letterario e culturale.

IL PROGRAMMA
Il Festival Scenari si aprirà con la presentazione de Il Dio dei nostri padri (HarperCollins) di Aldo Cazzullo, un viaggio nel tempo attraverso uno dei più grandi romanzi mai scritti, seguita da Erri De Luca con L'età sperimentale (Feltrinelli), un romanzo che fa scoprire le possibilità della terza età. La rassegna proseguirà con Concita De Gregorio e il suo Di madre in figlia (Feltrinelli), dove racconta l’eredità femminile di tre generazioni, e un'analisi politica con Monica Maggioni a partire da The Presidents (Rai Libri) insieme con Paolo MagriRomano Prodi rifletterà sull'Europa a partire dal libro scritto con Massimo Giannini, Il dovere della speranza (Rizzoli). Il programma vedrà anche Geppi Cucciari in un vivace dialogo con Salvatore CannataUno spettacolo di vita, e Roberto Saviano che presenterà L'amore mio non muore (Einaudi). Il thriller sarà protagonista con Uccidi i ricchi (Rizzoli) di Sandrone Dazieri, mentre Alberto Matano proporrà il suo romanzo Vitamia (Mondadori). Stefano Massini offrirà un affresco critico su Donald Trump a partire dal suo libro Donald (Einaudi) e Mario Giordano indagherà le dinastie del potere italiano con Dynasty (Rizzoli). Il maestro del thriller Jeffery Deaver porterà invece la nuova avventura di Colter Shaw con Più in là del nulla (Rizzoli). Melania G. Mazzucco traccerà il ritratto di una diva del cinema muto in Silenzio: le sette vite di Diana Karenne (Einaudi), e Nadia Terranova chiuderà il festival con il suo romanzo Quello che so di te (Guanda). 

L’ILLUSTRAZIONE

Quest’anno il festival si avvale di un’illustrazione creata appositamente da Giovanni Robustelli, artista figurativo che concentra il suo lavoro sulla grammatica del segno.

LA RICERCA: ITALIANI VICINI E SENSIBILI VERSO CHI NON VEDE E NON SENTE

$
0
0

 


Tra gli italiani vi è una conoscenza non del tutto appropriata sulle persone con sordocecità e pluridisabilità psicosensoriale, che sono oltre 360mila in Italia[1] (lo 0,7% della popolazione); ma è in aumento la sensibilità sul tema e cresce il numero di chi sceglie di sostenere gli Enti che si occupano di "assistenza alle persone con disabilità motorie, cognitive e sensoriali”. Sono alcune delle evidenze che emergono dalla ricerca condotta a giugno 2025 da AstraRicerche per la Lega del Filo d'Oro, su un campione di oltre mille italiani tra i 18 e i 75 anni.

In occasione della Giornata Internazionale della Sordocecità (27 giugno), la Fondazione Lega del Filo d'Oro ETS – Ente Filantropico, da 60 anni punto di riferimento in Italia per la sordocecità e la pluridisabilità psicosensoriale, riaccende l'attenzione su questa disabilità unica e specifica, per dare voce alle istanze di chi non vede e non sente e delle tante famiglie che chiedono soluzioni concrete per il futuro dei propri figli, che rappresentano una fascia non trascurabile di popolazione, spesso invisibile, che rischia di essere confinata nell'isolamento imposto dalla propria disabilità a causa delle barriere e delle disuguaglianze che è costretta ad affrontare, anche nelle attività quotidiane e più importanti. Una persona con sordocecità, ad esempio, non può andare in ospedale senza essere accompagnata da un interprete, bambini e ragazzi non possono frequentare la scuola senza programmi adeguati, gli adulti non possono accedere al mondo del lavoro, senza politiche realmente inclusive.

SORDOCECITÀ: UNA CONOSCENZA ANCORA PARZIALE, MA LA SENSIBILITÀ È IN AUMENTO
Sulla sordocecità gli italiani hanno un livello di informazione solo discreto: sanno che è una condizione che si può presentare già dalla nascita, congenita, legata a infezioni durante la gravidanza, a nascita prematura, a rare malattie genetiche (70.4%) e – meno – che è una condizione che si può acquisire nel corso della vita, a seguito di traumi, gravi malattie, etc. (58.9%)[2]. Un quinto (19.7%) è erroneamente convinto che la sordocecità sia una disabilità rara, con pochissimi casi in Italia, e un sesto (16.9%) non è a conoscenza delle possibilità per comunicare con il mondo ("la persona sordocieca dalla nascita non ha alcun modo di comunicare con il mondo esterno”).        

Nonostante una conoscenza ancora parziale, la sensibilità rispetto a questi temi è in crescita: se negli ultimi 10 anni molte 'buone cause', aree di intervento degli Enti del Terzo Settore, hanno visto una diminuzione del numero di sostenitori tramite donazione, la più rilevante eccezione è costituita dall'"assistenza alle persone con disabilità motorie, cognitive e sensoriali”, passata dal 9.4% del 2016 al 16.4% del 2025[3]. E dal 2016 al 2025 la parte degli italiani che dichiarano di conoscere la Lega del Filo d'Oro non solo di nome ma, in modo qualificato, è passata dal 31.0% al 46.2%.

UN MANIFESTO PER I DIRITTI DELLE PERSONE SORDOCIECHE

Al fine di porre l'attenzione su alcuni temi centrali per promuovere un reale cambiamento, la Lega del Filo d'Oro ha presentato nel marzo del 2024, alla Camera dei deputati, il Manifesto delle Persone Sordociecheun documento in dieci punti in cui si chiede alle Istituzioni un maggior impegno affinché ogni persona sordocieca venga riconosciuta e sostenuta, ovunque e sempre, con accesso a cure, interpreti e strumenti che possano davvero fare la differenza nella vita di tutti i giorni. Perché l'inclusione scolastica, la mobilità autonoma, l'accessibilità dei luoghi di sport e cultura, la possibilità di lavorare e abitare in spazi pensati per le esigenze specifiche di chi non vede e non sente non sono solo diritti, ma passi fondamentali verso una società in cui nessuno venga lasciato indietro

"Da 60 anni il lavoro della Lega del Filo d'Oro è animato dalla passione e, soprattutto, dal coraggio di vedere e ascoltare "oltre” ciò che è possibile, per dare voce ai bisogni delle persone sordocieche e delle loro famiglie, costruendo un futuro in cui ognuno possa autodeterminarsi e vivere una vita dignitosa e autonoma - dichiara Rossano BartoliPresidente della Fondazione Lega del Filo d'Oro – Questa Giornata rappresenta un'occasione preziosa per fare il punto su quanto è stato fatto negli anni, ma soprattutto su quanto resta ancora da fare per garantire la piena inclusione di chi non vede e non sente, a partire dal pieno riconoscimento da parte delle Istituzioni della sordocecità come disabilità specifica. La Lega del Filo d'Oro crede fermamente che con il sostegno di tutti si possano superare le sfide attuali per creare una società più equa e accessibile, capace di riconoscere il potenziale delle persone sordocieche come una risorsa preziosa per l'intera collettività”. 

IL QUADRO NORMATIVO E L'IMPEGNO PER LA PIENA ATTUAZIONE DELLA L. 107/2010     
Da sessant'anni, la Lega del Filo d'Oro è impegnata in prima linea nel portare all'attenzione delle Istituzioni politiche e dell'opinione pubblica le istanze delle persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale e delle loro famiglie, promuovendo l'autonomia, l'inclusione sociale e il pieno riconoscimento dei loro diritti. In particolare, molti sforzi sono stati condotti affinché non fosse fermato l'iter per la revisione e la piena applicazione della Legge 107/2010 sul riconoscimento della sordocecità come disabilità unica e specifica. A tal proposito, nel marzo dello scorso anno il Consiglio dei Ministri ha approvato un importantissimo disegno di legge (il cosiddetto semplificazioni-bis) volto a garantire il riconoscimento della sordocecità a tutte le persone che manifestano compromissioni totali o parziali combinate della vista e dell'udito, congenite o acquisite, a prescindere dall'età di insorgenza. Tale misura si inserisce nel più ampio disegno di riforma avviato con la Legge Delega per la Disabilità (Legge 22 dicembre 2021, n. 227), che accompagnerà l'aggiornamento della definizione di sordocecità a una semplificazione dei criteri e delle modalità di accertamento.

La nuova definizione di sordocecità – che si auspica possa essere approvata anche dal Parlamento – segna un cambio di passo fondamentale per le persone sordocieche. Avere una definizione che finalmente riconosca la sordocecità, indipendentemente dall'età, è di cruciale importanza per garantire pienamente il diritto alla salute e all'assistenza, nonché per promuovere una reale autodeterminazione. La sfida del pieno riconoscimento della sordocecità come disabilità specifica non deve, pertanto, esaurirsi in un – auspicato e necessario – miglioramento della presa in carico sanitaria e sociosanitaria, ma consiste nel tradurre le politiche di inclusione in diritti pienamente esigibili.

LEGA DEL FILO D'ORO - Oggi la Lega del Filo d'Oro è presente in undici regioni e segue oltre 1.250 utenti provenienti da tutta Italia svolgendo le sue attività di assistenza, educazione e riabilitazione delle persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale nei Centri e Servizi Territoriali di Osimo (AN), Sede principale dell'Ente, Lesmo (MB), Modena, Molfetta (BA) e Termini Imerese (PA) e nelle Sedi Territoriali di Novara, Padova, Pisa, Roma, San Benedetto dei Marsi (AQ) e Napoli. Per maggiori informazioni visita: www.legadelfilodoro.it



[1] "Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità”, realizzato dall'ISTAT, in collaborazione della Fondazione Lega del Filo d'Oro E.T.S. – Ente Filantropico, 2023

[2] Indagine AstraRicerche per Fondazione Lega del Filo d'Oro, condotta su un campione rappresentativo di 1.014 persone di età compresa fra i 18 e i 75 anni residenti in Italia.         

[3] Il confronto è stato effettuato con i dati dell'indagine realizzata nel 2016 dall'Istituto AstraRicerche per Fondazione Lega del Filo d'Oro, su un campione rappresentativo di 1.000 persone di età compresa fra i 18 e i 75 anni residenti in Italia.   

Palazzo Venezia, mostra “Città aperta 2025. Roma nell’anno del Giubileo”

$
0
0

 


Il VIVE-Vittoriano e Palazzo Venezia, diretto da Edith Gabrielli, inaugura la mostraCittà aperta 2025. Roma nell’anno del Giubileoin corso fino al prossimo 28 settembre presso la Sala Zanardelli del Vittoriano.

Al centro del progetto espositivo l’anno giubilare 2025, caratterizzato da eventi inaspettati e di epocale rilievo, raccontato da tre diversi autori, Diana Bagnoli, Alex Majoli e Paolo Pellegrin che affidano al proprio sguardo sensibile la possibilità di ascoltare Roma e il suo battito cogliendone lo spirito di accoglienza, la necessità di innovazione ed apertura in un momento solenne della storia mondiale.

Ideata dalla Direttrice Edith Gabrielli e curata da Roberto Koch ed Alessandra Mauro con Suleima Autore,“Città aperta 2025” rappresenta un invito a vedere la realtà che ci circonda, a prenderne coscienza e a cogliere, attraverso gli occhi dei tre fotografi, il visibile e l’invisibile della città di Roma, ciò che appare e ciò che sfugge. Un’iniziativa che rafforza la sensibilità e l’impegno del VIVE nei confronti del contemporaneo, proiettando l’Istituto, in misura ancora maggiore, nei tempi in cui viviamo interpretandone i cambiamenti culturali e sociali.

Mai come in questi mesi Roma è stata il centro del mondo, con la ricorrenza unica del Giubileo, la morte di papa Francesco durante le celebrazioni pasquali e l’annuncio del nuovo pontefice, Leone XIV, dopo un breve conclave. Ogni fase di questo delicato
momento storico ha mostrato la forza di una ritualità antica e affascinante e, insieme, la sua straordinaria, coinvolgente attualità.

In linea con la propria sensibilità, Diana Bagnoli, Alex Majoli e Paolo Pellegrin hanno documentato l’atmosfera di questo periodo e la sua eccezionalità storica

con sguardo concentrato e profondo. Le immagini in mostra - oltre 200 e di diverso formato tra bianco e nero e colore - costituiscono, dunque, documenti collettivi legati ad un momento straordinario e, allo stesso tempo, testimonianze del vissuto quotidiano, della vita che scorre, dei silenzi e del fascino indiscusso della Città Eterna.

“’Città aperta 2025’ è un progetto espositivo inedito e dal forte valore contemporaneo. L’idea alla sua base è semplice: chiedere a tre fotografi di straordinaria sensibilità, quali Diana Bagnoli, Alex Majoli e Paolo Pellegrin, di osservare Roma nel tempo del Giubileo, non da cronisti bensì da artisti. L’arte ha infatti un ruolo potente: illumina l’ovvio e restituisce spessore a ciò che ci circonda. Il lavoro dei tre autori, in mostra nella Sala Zanardelli del Vittoriano, risponde con forza a questo impulso. A testimonianza del valore di questo progetto il VIVE ha acquisito due opere di ciascun fotografo nella propria collezione permanente. Un’iniziativa che riconosce a questi sguardi un posto duraturo nella memoria visiva della città di Roma”, afferma Edith Gabrielli, Direttrice del VIVE-Vittoriano e Palazzo Venezia.

Un racconto per immagini coinvolgente ed evocativo di Roma nel tempo del Giubileo, in cui convivono spiritualità e traffico, solennità e confusione quotidiana. L’anno giubilare 2025 rappresenta per i tre fotografi una sfida e una verifica: la possibilità di registrare come, in occasione di un evento che la contraddistingue e la rende unica al mondo, Roma abbia mostrato una ritualità antica e affascinante e, insieme, la sua straordinaria, coinvolgente attualità.

Così introducono la mostra i curatori Roberto Koch e Alessandra Mauro: “La città è un corpo che si muove e muta nel tempo e nello spazio. E Roma, Urbs per eccellenza, ne è un esempio perfetto: osservarla vuol dire verificare, in una città da sempre ritratta,

fotografata, rappresentata ed evocata, quali possano essere i confini reali e immaginari del suo spazio urbano in continuo cambiamento”.

Diana Bagnoli propone le sue visioni a colori di un misticismo diffuso, mobile, itinerante, in sintonia con lo spirito del Giubileo. Protagonisti del suo lavoro sono i pellegrini, provenienti da ogni parte del mondo ma accomunati dal senso del viaggio e dalla loro fede. Bagnoli si concentra sulle numerose comunità cattoliche multietniche di Roma, animate da uno sostegno reciproco e di assistenza sociale. Come dichiara l’autrice “Mi ha colpito vedere come ci siano tante comunità diverse che convivono in una sola città. A Roma si passa dalla magnificenza del Vaticano a un contesto di migranti vivace, ricco ma a volte anche molto povero. Questo contrasto mi ha riempito occhi e cuore”.

Le immagini di Alex Majoli sono invece dedicate in modo specifico alla “scena drammaturgica” del Giubileo, osservata e composta come se fosse il teatro di una rappresentazione antica ma ancora palpitante e vera: quella della storia che si sta compiendo. “Ho fotografato Roma realizzando un ritratto della società contemporanea”, afferma Majoli.“Del resto, per me il senso della fotografia è portare nuove immagini, e nuovi stimoli visivi, nella nostra società”.

Paolo Pellegrin cattura i volti dei fedeli cercando di instaurare con loro un dialogo. Un viaggio personalissimo, un percorso in apparenza senza meta ma costruito
lungo un periplo preciso che non esclude nulla: dalla monumentalità classica all’abbandono, dalle grandi arterie viarie agli edifici umbertini, dall’Eur metafisico alle incongruenze di Cinecittà, per fermarsi su quelle che un tempo si chiamavano periferie,

e ora sono a tutti gli effetti parti vitali di un grande agglomerato urbano, fino alle statue, ai loro silenzi, e agli incredibili pini di Roma. Dichiara Pellegrin “Roma è piena di porte spaziotemporali. Tu varchi una soglia ed entri in un altro mondo. La città è come un grande palcoscenico; un grande teatro”.

Il percorso espositivo, articolato sui due piani della Sala Zanardelli, alterna in modo dinamico immagini e stili di Bagnoli, Majoli e Pellegrin componendo un racconto unico e polifonico della città. Ad introdurre la mostra tre video, ciascuno su ogni autore, realizzati dal videomaker e regista Paolo Freschi - da anni attivo nel documentario d’autore - che ha seguito il lavoro dei fotografi come presenza discreta e “in ascolto” raccontando il processo creativo in diretta.

Accanto alle immagini scorre in mostra, su un grande ledwall, un testo inedito di Valerio Magrelli, poeta, saggista e intellettuale tra i più lucidi della scena contemporanea.

Anche il giardino di Palazzo Venezia diviene, per l’occasione, spazio espositivo; qui una serie di totem con le foto dei tre autori richiamano la mostra al Vittoriano legando le due sedi in un unico fil rouge narrativo.

A corredo dell’esposizione un ricco catalogo edito da Contrasto con un’introduzione a cura della Direttrice del VIVE Edith Gabrielli, un contributo testuale di Valerio Magrelli e un testo a firma di Alessandra Mauro e Roberto Koch, rispettivamente Direttrice editoriale e Direttore di Contrasto.

GLI AUTORI

Diana Bagnoli 

Nata nel 1982 a Torino, Diana a Bagnoli ha studiato fotografia a Barcellona, dove ha iniziato a concentrarsi sul ritratto e il reportage, spinta dal suo interesse per le questioni sociali e ambientali. 

Nel 2009 è stata nominata fotografa dell'anno ai FIOF Photography Awards. Da allora ha lavorato come storyteller, dando voce a contesti emarginati e a storie di vita rilevanti. Nel corso della sua carriera, Diana ha indagato in modo approfondito le relazioni personali e la loro ripercussione sul sociale. Tra il 2015 e il 2019, in particolar modo, ha esplorato il mondo del misticismo,
documentando le culture indigene di cinque nazioni e diverse credenze. Nel 2020 ha ricevuto il Fondo di Emergenza COVID-19 dalla National Geographic Society per documentare la brigata medica cubana in Italia e successivamente a Cuba. Questo lavoro è culminato nel libro Juntos ed

è stato incluso nel volume collettivo Inside the Curve, Stories from the Pandemic, pubblicato dalla National Geographic Society. 

Il suo lavoro è stato pubblicato su testate come The GuardianThe Washington PostGEO MagazineNational Geographic ed Elle. Ha inoltre collaborato con diverse ONG, tra cui Amref

Health Africa e NPH ad Haiti. Le sue fotografie sono state esposte in diversi paesi, tra cui la
Francia in occasione di Visa Pour L'Image 2020, l’India durante l'Indian Photo Festival di New Delhi e Italia, a Lodi per il Festival della Fotografia Etica nel 2019.

Alex Majoli

Nato a Ravenna nel 1971, Alex Majoli ha frequentato l'Istituto d'Arte della sua città. L’interessa verso la fotografia comincia molto presto e, da sempre, il suo lavoro si concentra sulla condizione umana e sul cosiddetto” teatro” della vita quotidiana. Majoli ha lavorato a lungo come fotoreporter. La sua carriera conosce un primo, importante momento quando fotografa la chiusura del manicomio dell'isola di Leros, in Grecia. Da quel lavoro nasce la sua prima monografia, Leros

Negli anni, seguendo l’attualità internazionale e, contemporaneamente, sviluppando un originale percorso autoriale, l'esperienza di fotografare persone in ogni tipo di circostanza lo ha portato a esplorare l'idea che “ognuno è un attore della propria vita”. Majoli ha così cominciato un lungo progetto visivo, ancora in corso, dal titolo Scene in cui, in complesse immagini in grande formato, come altrettanti tableaux vivants, si condensa una storia, una vicenda piccola o grande che sia, una drammaturgia significativa del nostro tempo. La sottile linea che separa fatti e finzione, documentario e arte, comportamento umano e recitazione, rappresenta la sfida che lo spinge a tornare, e a lavorare, nei luoghi in cui la condizione umana viene messa in discussione

Alex Majoli vive in Sicilia. È entrato a far parte di Magnum Photos nel 1996, diventando membro effettivo nel 2001.e immagini nella nostra società, domandarsi delle cose, creare un dialogo. Creare immagini nuove da immettere in questa agorà; altrimenti siamo passivi. 

Paolo Pellegrin

Nato nel 1964 a Roma, Paolo Pellegrin è uno dei fotografi di maggior interesse e successo internazionale di questi anni. Dopo gli studi in Architettura all'Università La Sapienza ha seguito i corsi di fotografia all'Istituto Italiano di Fotografia di Roma. Negli anni Novanta ha cominciato una la sua carriera fotografica occupandosi dell’attualità internazionale (Kosovo, Cambogia, Palestina…). 

Nel 2001 ha iniziato un’intensa collaborazione con Magnum Photos, diventandone membro effettivo nel 2005. Per molti anni ha documentato l’attualità per le maggiori testate internazionali, tra cui Newsweek e New York Times Magazine.

Pellegrin ha vinto moltissimi premi, tra cui dieci World Press Photo, vari premi come Fotografo dell'Anno, la Leica Medal of Excellence, l’Olivier Rebbot Award, l'Hansel-Mieth-Preis e il Robert Capa Gold Medal Award. Nel 2006 gli è stato assegnato il prestigiosissimo W. Eugene Smith Fund Grant. Il suo lavoro è stato presentato in importanti mostre e numerosi libri, tra cui Kosovo, 1999-2000: The Flight of Reason (2002), As I Was Dying (2007), Double Blind (2007), Dies Irae (2011), Heart of Darkness (2015), Paolo Pellegrin.Un’Antologia (2018. A cura di Germano Celant). Nel 2022, alle Gallerie d'Italia di Torino, Pellegrin ha esposto un ampio progetto sul cambiamento climatico, con lavori provenienti da tutto il mondo. 

SCHEDA INFORMATIVA

Titolo

Città aperta 2025. Roma nell’anno del Giubileo

Periodo

26 giugno 2025 – 28 settembre 2025 

Sede

Vittoriano, Sala Zanardelli

Ideazione e progetto

Edith Gabrielli

A cura di

Roberto Koch e Alessandra Mauro

Con Suleima Autore 

In collaborazione con

Studio Paolo Pellegrin

Alessio Cupelli

Annalisa D’Angelo

Francesco Marchini

Produzione e organizzazione

Vive – Vittoriano e Palazzo Venezia 

Coordinamento della mostra e del catalogo

Contrasto

Info mostra

https://vive.cultura.gov.it/it/citta-aperta-2025-roma-nellanno-del-giubileo

Orari

Dalle ore 9.30 alle 19.30, con ultimo ingresso alle 18.45

Ogni venerdì dalle 9.30 alle 23.30, con ultimo ingresso alle 22.45

Biglietti

https://vive.eventim-inhouse.de/webshop/webticket/timeslot


“La canzone che nessuno canterà” è il nuovo singolo di Valerio Martino che anticipa l'uscita dell'album “Amatoriale”

$
0
0

Dal 27 giugno 2025 sarà in rotazione radiofonica “LA CANZONE CHE NESSUNO CANTERÀ”, il singolo di Valerio Martino che anticipa l'uscita del nuovo album “Amatoriale” per Blackcandy Produzioni prevista per il 4 luglio.

"La canzone che nessuno canterà"è il secondo capitolo di una storia d'amore, dopo "Non siamo Jedi". La canzone racconta la storia travagliata di due persone che trovano il loro percorso di guarigione in un rapporto apparentemente burrascoso e fragile. Valerio Martino esalta la normalità e la crudezza della realtà attraverso un arrangiamento street-pop, con suoni semplici e crudi, ma scelti con cura, sottolineando come la felicità possa risiedere nelle cose che non si possono raccontare all'esterno.

Commenta l'artista a proposito del brano: “Ho scritto questa canzone il giorno in cui sono entrato nella casa in cui iniziavo a convivere con la mia ragazza. La sera, lei è andata a dormire e io sentivo il bisogno di esprimere la mia gratitudine nei confronti della nostra storia e del nostro percorso insieme. Durante la registrazione abbiamo cercato, come in tutto il disco, di avere suoni veri, caldi e anche un po’ sporchi, proprio come una storia d’amore.”

Per il videoclip di "La canzone che nessuno canterà"è stato organizzato un evento di presentazione e pre-ascolto del singolo, con un set minimale composto da un divano e cuffie. Gli invitati sono stati ripresi mentre ascoltavano il brano, catturando le loro reazioni ed espressioni genuine. Il montaggio del video è stato realizzato a partire da queste riprese, creando un risultato spontaneo e non scriptato. Il concept del video, ideato da Valerio Martino, è stato realizzato da Samuele Cangi presso il Blue Moon Rec Studio, con l'obiettivo di mettere in primo piano gli ascoltatori e le loro emozioni.

“Amatoriale”, il nuovo disco di Valerio Martino, è un progetto che riflette la sua versatilità artistica, unendo diverse anime musicali come punk, brit-rock e pop acustico. L'approccio "amatoriale" adottato dall'artista è caratterizzato da una profonda passione e libertà creativa, con l'obiettivo di catturare l'essenza della musica senza vincoli logici. Registrato in varie sessioni con amici, il disco mantiene un'atmosfera spontanea e autentica, con piccoli errori e imperfezioni che aggiungono carattere ai brani. Il risultato è un lavoro che esprime la vera essenza della musica come forma d'arte libera e istintiva.

Spiega l'artista sul nuovo album: Amatoriale è il mio esordio da solista, perciò ho voluto che fosse davvero sincero, scarno anche negli arrangiamenti, e molto diretto. L’ho suonato con i miei amici perché volevo che rimanesse il ricordo di una bella esperienza, e anche che ci fosse la possibilità di sperimentare, giocare e scherzare. Ho preferito che rimanessero le sfumature, gli errori, i timbri originali degli strumenti suonati, senza autotune, suoni finti, batterie simulate, e tutte le robe artificiali di cui ci stiamo riempiendo le orecchie.”

Biografia

Dall’incontro inconsueto tra indie-punk, cantautorato acustico e una lunga psicoterapia nasce il progetto solista di Valerio Martino. Già voce e chitarra degli Street Clerks (Dopofestival di Sanremo, E poi c’è Cattelan, X Factor), Valerio porta avanti una scrittura sincera e disincantata, capace di raccontare la vita reale nella sua imperfezione. Nelle sue canzoni celebra i dettagli contraddittori dell’esistenza, alternando sonorità morbide e acustiche a trame più grezze e taglienti.



 



“Ti vengo a prendere” è il nuovo singolo di Gemini. Online il video

$
0
0

Gemini - Photo by Fabio Viti

Da venerdì 27 giugno 2025 sarà in rotazione radiofonica “TI VENGO A PRENDERE”, il nuovo singolo di GEMINI, già disponibile sulle piattaforme digitali dal 20 giugno.

“Ti vengo a prendere” è un brano dal beat coinvolgente, con cori che restano in testa e un testo immediato che racconta la determinazione di chi non si arrende all’incertezza, ma sceglie di mettersi in gioco. Nessuna nostalgia, solo voglia di esserci – adesso. Una dichiarazione chiara: quando una connessione conta davvero, non si scappa, ci si corre incontro. La canzone è la colonna sonora perfetta per chi vive le emozioni a mille, con il sole addosso e il cuore in prima linea. Un’esplosione di energia pop pensata per accendere l’estate.

Spiega l’artista a proposito del brano:“La musica di questo brano è nata in Calabria, in una stanza d’albergo, durante uno dei momenti più intensi della mia carriera: ero lì per il Premio Mia Martini, che poi ho avuto la fortuna e l’onore di vincere. Ricordo ancora quella notte: la finestra aperta, il silenzio di una notte d'estate, e io con le cuffie e la chitarra in mano, a cercare una melodia che mi rappresentassero davvero. Qualche tempo fa, ho condiviso l’idea con Gerolamo Sacco e Giordano Spagnol — e da lì è partito tutto. Con loro ho scritto il testo e abbiamo dato forma al brano in studio da Gerolamo a Bologna. 

È stato un processo naturale, ma allo stesso tempo curato in ogni dettaglio. Già dalle prime note avevamo quella sensazione addosso: questo pezzo ha il sapore dell’estate. Una di quelle canzoni che ti restano addosso, che ti fanno venire voglia di ballare, di viaggiare, di sentirti libero. Per me rappresenta un punto di svolta. Non solo perché racconta un’emozione vera, ma perché unisce la mia storia, i miei sogni e la mia crescita artistica. È il brano giusto al momento giusto”.

Il videoclip di “Ti vengo a prendere”, girato a Roma nella suggestiva cornice del museo Art of Play, racconta un’emozione universale: l’attesa, la delusione e il desiderio di evasione. Quando la realtà delude, si aprono le porte di un mondo magico, fatto di colori, musica, danza e complicità femminile. In questo spazio immaginario, due ragazze accolgono la protagonista in un abbraccio simbolico di libertà e rinascita. Un racconto visivo potente, che amplifica il messaggio della canzone e lascia spazio all’immaginazione, alla speranza e alla bellezza della condivisione.

Protagonista del video è l’attrice Valentina Corradi, talentuosa ballerina e showgirl nota al grande pubblico per la sua partecipazione a programmi televisivi come Striscia la Notizia (dove ha ricoperto il ruolo di velina bionda) e Paperissima Sprint, show di punta dell’estate su Canale 5. Accanto a lei, le danzatrici Alessia Camusi e Giorgia Mucmata, entrambe della scuola Bolero Life diretta da Federica De Palma, che ha collaborato alla coreografia insieme alla Corradi, contribuendo a creare una dimensione onirica e coinvolgente. Le riprese sono firmate da Gianluca Rotondi, mentre il montaggio e la color correction sono stati curati da Serena D’Andrea. Il progetto è stato prodotto da Adastra Production, con le fotografie a cura di Fabio Viti.

Biografia

Gemini è un cantautore italiano capace di coniugare la profondità della scrittura d’autore con sonorità contemporanee, dando vita a canzoni autentiche che raccontano emozioni quotidiane, sogni e fragilità. La sua cifra stilistica si distingue per intensità narrativa, originalità melodica e una forte attitudine da performer. Debutta nel 2013 con l’EP “Fuori di testa”, prodotto da Ettore Diliberto in collaborazione con Alberto Radius, scalando le classifiche Mondadori e Sorrisi & Canzoni. L’anno seguente pubblica “Chissà che sarà”, registrato nei leggendari Abbey Road Studios di Londra sotto la supervisione di Simon Gibson (già al fianco di Beatles, U2, Paul McCartney). Nel 2017, il brano vince il primo contest nazionale organizzato dalla rivista britannica Classic Rock, distinguendosi tra centinaia di proposte italiane. Nel corso degli anni si esibisce in prestigiose rassegne come Emilia Live e La Notte delle Chitarre, condividendo il palco con grandi nomi della musica italiana. Collabora con artisti del calibro di Mario Schilirò (Zucchero), Alberto Rocchetti (Vasco Rossi) e molti altri. Nel 2019 pubblica “La superficie”, entrato nella classifica Indie Music Like e accompagnato da un videoclip con Ricky Memphis. Nello stesso anno esce “La mia canzone”, con la partecipazione straordinaria di Alessandro Haber nel videoclip. Il 2021 lo vede in apertura ai concerti di Anna Tatangelo, Ron e James Senese, oltre a un live in collaborazione con l’attore Leonardo Bocci. Pubblica il singolo “Come si fa”, presentato alla Milano Music Week, e partecipa a programmi televisivi su Rai 1 (The Band con Carlo Conti), Canale 9 (Don't Forget The Lyrics) e Rai 2 (Viva il Videobox di Fiorello). Nel 2022 vince il Premio Mia Martini nella categoria Emergenti con il brano “Sapore d’estate”. L’anno successivo partecipa al Premio Ravera e pubblica “La volta buona”, presentato in diretta su Rai 1 nel programma di Caterina Balivo. Nel 2024 si aggiudica il Vertical Music Award a Casa Sanremo per il videoclip di “La volta buona”. Ad aprile pubblica “Questo strano viaggio”, prodotto da Danilo Cherni e Maurizio Perfetto, musicisti storici di Antonello Venditti. A giugno rende omaggio a Rino Gaetano con una personale rivisitazione di “Mio fratello è figlio unico”, seguita a novembre da una versione moderna dell’Inno d’Italia, girata in Piazza del Campidoglio con il coro Le Dolci Note.

Nel 2025 è protagonista del programma Bellissima Italia su Rai 2 e ospite nei format Sogni di gloria (Rai Radio 2), Videobox e Vertical Music durante il Festival di Sanremo. Attualmente è al lavoro sul nuovo album atteso per l’autunno 2025.

 

Facebook | Instagram

 

 

Rovigo, ultimi giorni per la mostra "HAMMERSHØI e i pittori del silenzio" a Palazzo Roverella

$
0
0

 


Ultimi giorni per visitare Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia!

La mostra di Palazzo Roverella che ha riscosso un ottimo successo nazionale chiuderà il 29 giugno.

La mostra ha conquistato i visitatori, i cui giudizi ne riconoscono la qualità: un autore perlopiù sconosciuto al grande pubblico ma portatore di un messaggio e una qualità universali, capaci di rapire e conquistare. La mostra è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, ed è curata da Paolo Bolpagni.

 

La mostra ha il pregio di proporre la conoscenza del più grande pittore danese della propria epoca, uno dei geni dell’arte europea tra fine Ottocento e inizio Novecento, attraverso un nucleo fondamentale di opere, selezionate da Paolo Bolpagni nella non ampia produzione dell’artista e di scandagliare filoni di ricerca rimasti finora pressoché inesplorati: da una parte il rapporto tra Hammershøi e l’Italia, dall’altra il confronto con artisti europei soprattutto coevi che, con sfumature diverse, praticarono una poetica basata sui temi del silenzio, della solitudine, delle ‘città morte’, dei ‘paesaggi dell’anima’.

 

Questo straordinario racconto artistico ha attirato – e continua ad attrarre – un pubblico tanto nutrito quanto eterogeneo, che ha saputo cogliere un’occasione unica nel panorama nazionale.

 

Info:

Palazzo Roverella www.palazzoroverella.com

ANCHE LUCA ZINGARETTI ALLA TERZA EDIZIONE DI "RACCONTA LA REALTÀ - LABORATORIO NAZIONALE DI CINEMA DOCUMENTARIO"

$
0
0

 


Si sono conclusi i lavori della terza edizione di Racconta la Realtà - Laboratorio Nazionale di Cinema Documentario rivolto a studenti e studentesse delle scuole primarie e secondarie italiane per l'anno scolastico 2024/2025 e realizzato da Doc/it – Associazione Documentaristi ItalianiRacconta la realtà è un progetto di formazione e creazione cinematografica ideato con l'obiettivo di fornire ai partecipanti - a titolo totalmente gratuito - gli strumenti per analizzare, comprendere e raccontare la realtà attraverso il linguaggio del cinema documentario.

Sostenuto da MIM - Ministero dell'Istruzione e del Merito MiC - Ministero della Cultura e realizzato con la collaborazione e il patrocinio del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre, il progetto fa parte dei bandi CIPS - cinema e immagini per la scuola, nello specifico del bando "progetti di rilevanza territoriale".

L’azione si è dispiegata su tre livelli. In primis con un percorso di alfabetizzazione al cinema documentario, attraverso una rassegna di film documentari italiani e internazionali in lingua originale con sottotitoli in italiano in ore diurne. Un percorso formativo indirizzato agli insegnanti e agli studenti interessati ad approfondire le tematiche e le forme dei film proposti con materiale didattico e servizi di tutoraggio. Film scelti per tematiche di grande attualità, in una dinamica di condivisione delle esigenze e delle aspettative del mondo della scuola e dei relativi percorsi didattici. Tra gli argomenti trattati, l'abitare una periferia, umana, sociale o urbana, la determinazione e il riconoscimento dei diritti umani, la mutazione del rapporto tra l'individuo e la tecnologia, i nuovi sistemi di produzione e distribuzione alimentare su scala mondiale, il rapporto tra uomo e natura, gli equilibri culturali e geopolitici del mondo contemporaneo, la cultura della memoria intesa come sistema di valori collettivi con particolare attenzione al tema dei diritti civili. Agli studenti e studentesse è stato offerto del materiale didattico multimediale, ideato da una commissione di esperti nominati da Doc/it, vero e proprio strumento di approfondimento dei temi e degli approcci creativi. Quindi, il laboratorio formativo/creativo, con il fine di realizzare cortometraggi documentari, avviato parallelamente allo studio dei materiali didattici e alle proiezioni in sala dei documentari. La piattaforma digitale Italiandoc Educational (www.italiandoc-edu.net) è stata resa disponibile alle scuole gratuitamente, con la funzione di una vera e propria “cassetta degli attrezzi”, in cui è stato possibile trovare i film e i materiali didattici multimediali prodotti da Doc/it con il supporto di esperti e dell'Università Roma Tre, che danni collabora alla realizzazione di questo progetto. 395 studenti di quattro scuole italiane – l'Istituto Comprensivo Regio Parco di Torino, l'IIS John von Neumann di Roma, l'ITT Livia Bottardi di Roma e il Convitto Nazionale Giovanni Falcone di Palermo hanno partecipato alle proiezioni di film e ai dibattiti con i registi, moderati da rappresentati di Doc/it, che hanno animato gli incontri nelle sale cinematografiche coinvolte dal progetto.

L'attore e regista Luca Zingaretti ha presentato al Cinema Eden di Roma, di fronte a 100 studenti della scuola IIS John von Neumann, "La casa degli sguardi", sua opera prima da regista, alla presenza dell'attrice e regista Stefania Casini come rappresentante di Doc/it e moderatrice dell'evento. Presso la scuola IIS John von Neumann di Roma si è tenuta la proiezione de "Gli Intrepidi", raccontato dal suo regista, Giovanni Cioni con la moderazione di Benedetta Valabrega di Doc/it. Sempre a Roma, e sempre con Benedetta Valabrega come moderatrice, ma al cinema Broadway, lo stesso regista Giovanni Cioni ha presentato a 135 studenti della scuola ITT Livia Bottardi il suo "Parole tremanti". A Palermo, nell'aula magna del Convitto Nazionale Giovanni Falcone gli studenti hanno visionato "La nostra strada, raccontato dal suo regista, Pierfrancesco Li Donni, in un incontro moderato da Danny Biancardi di Doc/it. Stessa location per "Il Castello Indistruttibile", presentato dallo stesso Danny Biancardi in qualità di co-regista del film (con Virginia Nardelli e Stefano La Rosa). A Torino, presso il cinema Ideal Cityplex, gli studenti dell'Istituto Comprensivo Regio Parco hanno visionato "Honeyland" di Tamara Kotevska e Ljubomir Stefanov, con Elena Filippini di Doc/it e rappresentante della casa di produzione Stefilm. Sempre al cinema Ideal Cityplex di Torino, la stessa Elena Filippini ha presentato a 60 studenti dell'Istituto Comprensivo Regio Parco il film "Mr Beau", diretto da Claudia Tosi.

Al termine dell'ultima proiezione prevista per ogni scuola gli studenti hanno potuto visionare i cortometraggi prodotti durante i laboratori. I LAB in tre delle scuole si sono tenuti – infatti - da inizio aprile a metà maggio, per un totale di 20 ore di laboratori per scuola, con i tutor/formatori: Benedetta Valabrega per l'ITT Livia Bottardi di Roma, Silvia Miola per il Convitto Nazionale Giovanni Falcone di Palermo ed Enrico Le Pera per l'Istituto Comprensivo Regio Parco di Torino.

DOC/IT: CHI SIAMO

Doc/it – Associazione Documentaristi Italiani dal 1999 è riconosciuto in Italia e all’estero come l’ente di rappresentanza ufficiale delle documentariste e documentaristi italiane/i. La mission di Doc/it è di promuovere il documentario in tutte le sue forme, sostenendone lo sviluppo e la produzione, operando per la sua più ampia diffusione. Le principali attività di Doc/it includono l’organizzazione di delegazioni di imprese e autori a mercati e festival internazionali, sia in Italia che all’estero. Ha ideato e continua a sviluppare l’Italian Doc Screenings, una delle principali piattaforme di formazione e networking del documentario italiano. Inoltre, promuove e sostiene due premi: il Doc/it Professional Award, dedicato al miglior documentario dell’anno, e il Doc/it Women Award, assegnato a una produttrice per il miglior percorso di sviluppo di un progetto documentario o seriale. Oggi Doc/it riunisce circa 200 professionisti, tra autrici, autori e case di produzione, e opera all’interno di una rete nazionale e internazionale che coinvolge oltre 3000 realtà, tra cui produttori, operatori del settore, distributori, associazioni, università, festival, enti culturali e istituzioni.


MILANO, FABBRICA DEL VAPORE: MOSTRA DI EMANUELE GIANNELLI "IL CAOS E L'UOMO. CONTEMPORANEA TENSIONE"

$
0
0

 


“La mostra di Emanuele Giannelli alla Fabbrica del Vapore rappresenta un ulteriore tassello del percorso che il Comune di Milano sta portando avanti per valorizzare la produzione artistica contemporanea all’interno dei propri spazi culturali. Le opere di Giannelli, capaci di unire forza plastica e riflessione sul presente, trovano in Fabbrica del Vapore un contesto ideale per un confronto aperto con la città e con il pubblico. Questa mostra conferma il ruolo strategico della Fabbrica del Vapore come polo culturale multidisciplinare, luogo di sperimentazione, ricerca e dialogo tra linguaggi artistici diversi.” Apre così alla personale di Emanuele Giannelli alla Fabbrica del Vapore l’Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Tommaso Sacchi.


Composta da 55 opere, di cui 18 monumentali, e suddivisa tra il grande piazzale e la Sala Bianca della Fabbrica del Vapore, la mostra EMANUELE GIANNELLI. Il Caos e l’Uomo. Contemporanea tensione si compone, inoltre, di una serie di contenuti multimediali inediti.

Scultore italiano di fama internazionale, Emanuele Giannelli, è conosciuto per le sue sculture monumentali che hanno come soggetto l’uomo contemporaneo nel suo processo di ibridazione con la tecnologia e lo sviluppo tecnologico. Figure maschili che con i loro caratteri distintivi sono alla base della riflessione dell’artista: una riflessione che non è mai critica, ma che pone queste figure nel riflesso di uno specchio dell’arte volto a restituire una visione dell’umanità caratterizzata dal cambiamento e dall’adattamento della società in cui vive, ed è anche per questo che il titolo della mostra si concentra sulle parole “caos” e “uomo” in “contemporanea tensione”, un’esplicazione che vuole raccontare la cifra creativa e la visione da cui nascono le figure di Giannelli, e anche il loro essere possenti, imponenti, monumentali.



La Fabbrica del Vapore di Milano, oggi polo culturale ed espositivo del Comune di Milano, nasce come complesso industriale di prodotti rotabili tranviari e ferroviari. La sua matrice di opificio industriale ben si coniuga con gli uomini di Giannelli che nascono come figli della rivoluzione industriale e tecnologica, indossano in molti casi occhialini da saldatore, segno inequivocabile della loro appartenenza all’epoca industriale, e altri sono la visione trasognata dei “colletti bianchi”. In questa direzione, la Fabbrica del Vapore, è uno spazio che esalta ancora di più questa essenza di modernità, contemporaneità e visionarietà delle opere di Giannelli.


Le sculture di Giannelli creeranno un percorso espositivo sorprendente, efficace ed esaustivo per il pubblico, che prevede l’installazione di circa cinquanta sculture, suddivise tra singole e gruppi scultorei. Anche l’allestimento è immaginato per offrire degli spazi di osservazione privilegiati ai visitatori, e l’intento è di creare un’atmosfera – tra allestimento e illuminazione - che consenta al pubblico di entrare nello spirito del luogo, dove l’invito è a fermarsi nello spazio dell’arte e a creare un dialogo con le figure di Giannelli e favorire una visita lenta e immersiva della mostra.


Con l’idea di esaltare il carattere dell’uomo e il caos in cui vive nell’attuale società contemporanea, la mostra presenta una serie di sculture e gruppi scultorei quali: i Kiribati; i Korf; i Sospesi; gli Stati di allerta; Mr. Arbitrium Mirrored; i Monkey Tribù; The Watcher; i Dizzy; Cacciatore di Batteri.


Particolarmente emblematico nel lavoro di Emanuele Giannelli è il concetto di “visionarietà” che parte dall’esigenza di raffigurare un uomo forte che con la sua anatomia in tensione e il suo sguardo celato al mondo reale, ma sempre rivolto a un mondo altro, è sempre colto nell’atto di compiere un pensiero e un’azione. I visionari di Giannelli guardano oltre, indagano per cogliere il nuovo, il non ancora realizzato: un nuovo confine o un nuovo orizzonte, così come è da sempre nella natura dell’uomo, mai pago e mai sazio di ciò che conosce o di ciò che possiede. È l’esaltazione della visionarietà, del sogno e dell’addivenire tra utopia e possibile realtà. Nell’epoca in cui si amplia sempre più l’immersione nel mondo virtuale rispetto al reale, i visionari di Giannelli, tema che l’artista indaga da molto tempo, sono il collegamento diretto alla dimensione immaginaria o ad una nuova dimensione del reale.


Come nessun altro scultore, Giannelli, vede l’uomo del suo tempo ibridato, intriso, ossessionato dalla tecnologia che si interpone tra il suo essere, il suo sentire, le sue emozioni e i suoi sentimenti, che vengono modificati, sostituiti e processati creando un’altra entità del vivere: quella immersa in ciò che accade oggi e ora, nel nostro tempo, e che non è giusta o sbagliata, perché l’artista non giudica, semplicemente osserva e fa osservare. Per Giannelli è necessario costruire un’umanità che conduca l’uomo al di fuori di quel processo che lo rende l’insignificante ingranaggio di un meccanismo industriale, in questo caso non c’è una “fabbrica” dell’uomo, ma una visione della diversità. Quella diversità che Erasmo da Rotterdam sintetizzò scrivendo che le idee migliori non sono figlie della ragione ma di una lucida e visionaria follia.



Particolare attenzione è stata riservata all’allestimento delle opere, sviluppato a partire dai principi di design umanistico che guidano il lavoro dei designer Paolo Nava e Luca Arosio del rinomato studio Nava + Arosio di Milano. Il percorso espositivo è stato concepito per coinvolgere attivamente lo spettatore, offrendogli la possibilità di vivere l’esperienza sia come osservatore consapevole, sia — qualora lo desiderasse — di diventare parte integrante dell’allestimento, trasformandosi in presenza attiva nello spazio. In questo modo, ogni visitatore può trovare un luogo in cui riflettere, emozionarsi o esprimere il proprio talento, in un dialogo aperto e personale con le opere di Giannelli.

Inoltre, gli stessi progettisti hanno introdotto il concetto di cambiamento emozionale della luce, creando un ambiente capace di trasformarsi tra l’illuminazione naturale del giorno e quella artificiale della sera. Il risultato è una duplice esperienza percettiva, che arricchisce le interpretazioni delle opere e offre allo spettatore emozioni differenti a seconda del momento della visita.

Questo è stato reso possibile grazie al progetto illuminotecnico di WAVE Light Studio del lighting designer Germano Monguzzi che grazie alla sponsorizzazione di PUK Italia Group  ha concepito degli effetti luminosi notturni, che caratterizzano le opere con una visione drammatica, coinvolgente e stupefacente delle singole figure e dei gruppi scultorei.

Nella “sala Bianca” gli apparecchi di illuminazione sono di ILMAS, azienda specializzata nella produzione di apparecchi di illuminazione da interno, che con l’occasione presenta una nuova gamma di proiettori con ottiche dedicate all’arte.


La mostra di Milano alla Fabbrica del Vapore sarà eccezionalmente accompagnata da un testo inedito dello scrittore italiano Fabio Genovesi che racconterà la sua visione delle opere di Giannelli. In catalogo anche il saluto dell’Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Tommaso Sacchi della Direttrice della Fabbrica del Vapore, Maria Fratelli.


La mostra è resa possibile grazie al sostegno di LEGANCE, di PUK Italian Group di Milano, di studio Nava + Arosio, di WAVE Light Studio, di Ecocontract, di Tecnika, di Verde Profilo e di Circle Dynamic Luxury Magazine e di Studio Antonio Rafanelli.

“Amore criminale”: il primo singolo di Manuel Dang è anche un video intenso e diretto

$
0
0

Fuori il video “Amore criminale” il singolo d’esordio di Manuel Dang, brano intenso e coinvolgente scritto con Federico Ranauro, già in radio e disponibile in digitale (Musica è / The Orchard).

Il messaggio che voglio lanciare con questa canzone - afferma Manuel Dang - è quello di lasciar andare ciò che non ci fa bene, anche se non ce ne rendiamo conto, ci si ingabbia in qualcosa che ci annulla… di questo bisogna liberarsene. Il titolo è nato alla fine, con Federico abbiamo iniziato a scrivere, pensando un po’ anche a varie esperienze e storie d’Amore Criminale… l’amore tossico che è come un crimine che commettiamo a noi stessi.”

Il video ufficiale è un viaggio visivo che mescola sensualità, tensione e inquietudine. Racconta una storia criminale intensa tra due giovani che vivono al limite, corrono nei campi, giocano, fino a un epilogo inaspettato che svela un amore segreto e distruttivo. Il tutto è alternato a scene di playback in un contesto visivo molto suggestivo. Girato in diverse location tra natura e zone periferiche: campi aperti, strade isolate, e un casolare abbandonato che ha dato un’atmosfera molto cinematografica per la scena clou. Le riprese del playback invece sono state ambientate in uno spazio surreale ma ricercato, con un’illuminazione forte e scenografica. Durante le riprese nei campi, i due attori si sono talmente immedesimati nei personaggi che hanno iniziato a rincorrersi davvero, scordandosi della macchina da presa.

Manuel D'Angiolillo. in arte Manuel Dang, nato il 15 giugno 2002 a Vallo della Lucania, in provincia di Salerno, sin da piccolo si cimenta nel mondo della musica, sotto l'influenza del padre musicista, iniziando a sperimentare, suonando chitarra e batteria. Da ragazzino le prime esperienze sui palchi come solista, partecipando a concorsi canori. Ha frequentato il liceo musicale di Vallo della Lucania dove si è diplomato, concludendo un percorso coronato da tante esibizioni nei vari concerti scolastici sia come cantante che musicista. A 20 anni inizia a comporre i primi pezzi, grazie ad una ispirazione che apre le porte ad un mondo musicale più profondo e personale, traducendo tutto ciò che sente dentro in una successione di note in armonia, aggrappandosi alle spalle dei più grandi cantanti e musicisti a livello mondiale. Manuel è un entusiasta di natura e sta lavorando ad un progetto a cui tiene moltissimo. Per questa estate, oltre all’uscita del singolo “Amore Criminale”, sta preparando una serie di serate live per continuare a raccontare storie vere attraverso la musica e creare qualcosa che possa davvero toccare le persone.

 

Manuel Dang è su: Instagram | TikTok | Facebook

 

Annina Vallarino, "Il femminismo inutile": un libro coraggioso. La recensione

$
0
0



Il testo di Annina Vallarino che qui si presenta e pubblicato da Rubbettino, si segnala per il suo coraggio. Non la temerità astiosa e rissosa dei social, né l’impudenza verbale e inconcludente, ma il meditato coraggio di chi vuole guardare la realtà senza far sconti e con la tranquilla forza di una ragione che non si arrende alle nebbie delle ideologie.

L’autrice è una femminista per la quale il femminismo sembra realizzare il precetto kantiano dell’illuminismo come “uscita dell’uomo (della donna) dallo stato di minorità, imputabile a se stesso”. 

Cosa significa ciò? Significa che la Vallarino rivendica, giustamente, le conquiste del femminismo storico e le relative lotte che hanno portato le donne a svolgere un nuovo ruolo nella società moderna facendole uscire, certo non totalmente, dallo “stato di minorità” in cui si trovavano confinate. E’ stato un grande processo di emancipazione collettiva in cui un nuovo soggetto sociale, identificato dal sesso di appartenenza, si faceva carico di una promessa di liberazione riguardante non solo le donne ma l’intera società. Era l’autoaffermazione decisa del proprio valore che si realizzava sfidando un mondo maschile ostile e, spesso, sprezzante verso le capacità, le competenze, le possibilità e talvolta, la vera e propria intelligenza, femminile; questa autoaffermazione portava con sé la coscienza che solo un cambiamento radicale delle strutture di potere era in grado di umanizzare e liberare dallo sfruttamento i rapporti tra i sessi e all’interno dei sessi. 

Questo femminismo storico, ricostruito citando i classici teorici e la vita concreta di molte donne, ha subito una torsione di significato alla fine del millennio e negli anni successivi. Qui il testo, rifiutandosi di sottomettere la realtà alla fantasia, analizza nel dettaglio e con ammirevole acutezza metodologica le caratteristiche del neofemminismo, partendo dal principio che “uomini e donne sono entità complesse e sfaccettate” (pag. 104). Ne esce un quadro desolante. Senza mezzi termini viene rimproverato al neofemminismo un arretramento culturale preoccupante che, a fronte di una radicalizzazione parolaia sempre più estrema, giunge a negare proprio quell’autoaffermazione singola e quella promessa di liberazione collettiva che erano le componenti principali del femminismo: le donne da soggetto della storia che prendono il proprio destino nelle proprie mani sfidando apertamente il pregiudizio e lo sfruttamento, sono tornate ad essere qualcosa di fragile, eterne vittime da difendere in qualsiasi situazione, da un appuntamento andato male a una presunta “cultura dello stupro”; il tutto condito da quella che, icasticamente, Vallarino definisce “lagna” ovvero l’insopportabile tendenza all’autocommiserazione e la sconsiderata abitudine di incolpare continuamente l’altro sesso. 

Abitudine che alla fine risulta un boomerang perché invocando sempre più fumose idee (patriarcato, cultura dello stupro, mascolinità tossica ecc. ecc.) si giunge proprio a deresponsabilizzare il criminale che agirebbe non tanto per propria scelta ma perché vittima a sua volta di una non ben precisata “cultura”: la responsabilità personale (cardine del nostro sistema giudiziario) annega nelle brume dell’indefinito e sorge lo spettro di una corruzione totale che però, a differenza del peccato originale, colpisce solo i maschi. Un caso per tutti: come è mai possibile parlare di patriarcato (società in cui, per fare un esempio, eredita i beni solo il figlio maschio) in una nazione dove una donna è primo ministro e un’altra donna guida il maggiore partito di opposizione? E’ evidente lo scollamento dalla realtà perché le parole descrivono anche chi le usa oltre che la realtà stessa. Né si salvano dalla refrigerante critica dell’autrice i cosiddetti strumenti statistici di cui si sottolineano i vari limiti che privano del tutto di valore le presunte “prove” a sostegno delle astratte fumoserie di cui sopra. 

Il neofemminismo, in conclusione, rappresenta per la Vallarino un gigantesco arretramento delle donne e, aspetto particolare, si tratta di un arretramento, kantianamente, “imputabile a se stesse” perché l’errore fondamentale è stato il ripiegamento sulla singola da proteggersi e sempre in pericolo (quasi come un panda in via di estinzione), tralasciando l’aspetto collettivo di “uscita dallo stato di minorità”, di rivendicazione del proprio valore del femminismo storico. Resta una domanda: chi trae vantaggio da tutto ciò? Il testo fa notare come eminenti testate e giornalisti di fama abbiano scelto un adeguamento alla retorica neo femminista, che si segnala come caso particolare del totalitario  “politicamente corretto”, ma sfugge nel libro il motivo. Certo, l’autrice vuole smascherare l’aspetto reazionario del neofemminismo (anche nello scivoloso rapporto con le persone transgender), non descrivere questo lato dell’industria culturale, ma alcuni cenni sono di grande interesse. 

Sfilano così davanti ai nostri occhi chi su questa retorica costruisce le proprie carriere negli ambiti giornalistici, universitari, politici, “culturali” (sarebbe forse il caso di tornare a ripensare il significato della parola cultura), alle pasdaran social pronte a bacchettare come vergini vestali chi la pensa criticamente (alle quali sarebbe da consigliare il testo di Otto Weininger “Sesso e carattere” così, forse, comprenderebbero meglio il mondo in cui si trovano), alle influencer che, regine della mercificazione, concionano su etica e morale, alle grandi star che da superprivilegiate discettano di inclusività (con tutta la carica di untuoso e perbenistica superiorità del termine) alla rimozione ideologica del fatto che la natura è un dato che si impone al di là dell’artificio (cultura?) umana, a chi nei mass media, in tal modo, può spostare l’interesse su argomenti precisi a scapito di altri, magari più urgenti ma scomodi; il caso di Luana D'Orazio (morta per incidente sul lavoro in un'industria tessile) è significativamente ricordato così come la questione del velo islamico, vera e propria cartina al tornasole di una retorica femminista di facciata che si arrende alla retorica identitaria.

Un libro coraggioso di cui si consiglia caldamente la lettura per la precisa analisi che effettua dell’esistente.

Nicola F. Pomponio 

Capote, stasera il regista Bennett Miller al Cinema in Piazza a 20 anni dall'uscita del film cult

$
0
0

 


A vent’anni dall’uscita del film cult Capote, il 26 giugno alle 21:15 il regista Bennett Miller sarà ospite de Il Cinema in Piazza al Parco della Cervelletta per presentare il film uscito in sala nel 2005, in dialogo con Antonio Monda.


Novembre 1959. In una notte d’inverno nel cuore del Kansas, la famiglia Clutter viene sterminata. Il massacro risuona fino a New York, dove Truman Capote fiuta la possibilità di scrivere il suo romanzo più ambizioso. Ma in nome della letteratura, Capote stringe un rapporto sempre più cinico e ambiguo con i due assassini, in attesa del gran finale: la loro condanna a morte.


Creare ad ogni costo, con ossessione e strategia, a discapito di vittime e carnefici. Trasformare l’orrore in capolavoro letterario. Con la sbalorditiva interpretazione di Philip Seymour Hoffman (Oscar al miglior attore), Bennett Miller porta in scena talento, vizi ed eccentricità di uno dei più importanti scrittori del Novecento, raccontando le contraddizioni della narrativa d’inchiesta attraverso la nascita del celebre romanzo “A sangue freddo” di Capote, in un film diventato memorabile che ci interroga sul confine tra arte, cronaca nera, voyeurismo ed etica.

 

Bennett Miller sarà ospite anche al Cinema Troisi giovedì 26 giugno alle 17:00 per presentare l’acclamatissimo Foxcatcher – Una storia americana in dialogo con Mark Ruffalo, moderati da Antonio Monda.

Fuori Programma, dal 2 luglio al Teatro India di Roma il festival internazionale di danza contemporanea

$
0
0

 


Entra nel vivo Fuori Programma, il festival internazionale di danza contemporanea della Capitale con la direzione artistica di Valentina Marini, che per la sua decima edizione ha scelto l’evocativo titolo In-Canti

Dopo le residenze artistiche al Teatro Biblioteca Quarticciolo, al via martedì 2 luglio il cartellone degli spettacoli che coinvolgerà il Teatro India, i Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali per concludersi al Parco Tor Tre Teste Alessandrino, attraverso un percorso di performance en plein air al tramonto, musica dal vivo, installazioni coreografiche e creazioni site specific. 


Con le creazioni di Marcos Morau/La Veronal, Roberto Zappalà/Compagnia Zappalà Danza&Munedaiko, Michele Di Stefano con Lorenzo Bianchi Hoesch/mk, gruppo nanou, Francesco Marilungo/ Körper, Oona Doherty, Guy Nader&Maria Campos, Sau-Ching Wong&Carles Castaño Oliveros, Meytal Blanaru/Scottish Dance Theatre, Andrea Costanzo Martini, Biagio Caravano, Dom- & Asinitas, il denso cartellone di Fuori Programma 2025 invita artisti e produzioni provenienti da Libano, Spagna, Scozia e Irlanda del Nord mettendo in dialogo artisti nazionali e internazionali, nomi affermati e talenti emergenti, in una precisa miscela di generi e linguaggi espressivi.

Per celebrare un decennio di piccoli incanti, seminati in luoghi nascosti ed eccezionali della città di Roma, ci piacerebbe condividere un sentimento di fiducia nella forza collettiva, un incondizionato slancio a costruire insieme un domani, che attualmente sembra avere contorni tremanti. Allora l'incanto è il filo conduttore che tiene insieme il vasto respiro delle proposte artistiche di questo annoguidati dal desiderio di riappropriarci delle frequenze utopistiche dell'immaginazione” afferma Valentina Marini, che aggiunge: “Incanto è un sostantivo che emana la sensazione vibrante tra il sogno e la veglia, la meraviglia della riscoperta, il sintonizzarsi con gli ecosistemi che ci coesistono. In contrapposizione alla disillusione che conduce all'immobilità, evochiamo allora un sentire folle, spericolato, in un perpetuo moto che si disperda in diverse traiettorie del possibile. I nostri In-canti sono una tensione verso la sospensione temporanea della logica, non tanto per riposare nella seduzione spettacolare, quanto per ritrovare, come comunità, la forza propulsiva di reinventare insieme nuovi mondi”.

Con le creazioni di Marcos Morau/La Veronal, Roberto Zappalà/Compagnia Zappalà Danza&Munedaiko, Michele Di Stefano con Lorenzo Bianchi Hoesch/mk, gruppo nanou, Francesco Marilungo/ Körper, Oona Doherty, Guy Nader&Maria Campos, Sau-Ching Wong&Carles Castaño Oliveros, Meytal Blanaru/Scottish Dance Theatre, Andrea Costanzo Martini, Biagio Caravano, Dom- & Asinitas, Sara Gaboardi&Francesca Pagnini, gruppo corp3, Paolo Cerani&Paola Martire, Masako Matsushita&Laura Pugno e, infine, Nunzia Piccialloil denso cartellone di Fuori Programma 2025 può essere letto attraverso un’articolazione in tre ideali macro sezioni: gli spettacoli, i progetti speciali e le residenze artistiche con le relative prove aperte.

Spettacoli

Fra i protagonisti assoluti di questa decima edizione la pluripremiata compagnia spagnola La Veronal di Marcos Morau, tra le più acclamate del panorama internazionale, al festival il 5 luglio al Teatro India con Totentanz. Morgen ist die frage, rivisitazione contemporanea del rituale della “danse macabre” che nel Medioevo serviva ad esorcizzare la paura della morte in un carnevale di disperata vitalità. Nella reinterpretazione firmata dal visionario artista e coreografo spagnolo, che inizia come una sorta di seduta spiritica che coinvolge anche il pubblico,  la Totentanz è un invito a celebrare la fragilità della vita e a meditare sulla sua perdita di valore.

Dalla scena iberica – con il supporto di Acción Cultural Española (AC/E) – approdano anche due innovativi ensemble di ricerca. Il primo è GN|MC, formato dal libanese Guy Nader e dalla spagnola Maria Campos che il 2 luglio al Teatro India presentano Time Takes the Time Time Takes, un ipnotico lavoro ispirato dai movimenti oscillatori del pendolo che, attraverso le gestualità dei 5 danzatori in scena, esplodono in una sequenza di molteplici incontri, evolvendo verso un “perpetuo mobile”. Il secondo è invece il duo composto da Carles Castaño e Sau-Ching Wong che arrivano a FP25 con la Prima Italiana di KRUID, in scena il 3 e 4 luglio al Teatro India. KRUID è una performance di danza interattiva che, grazie all’utilizzo di dispositivi di realtà virtuale, genera un mondo fantastico tra forme astratte, corpi umani e architettura, offrendo un'esperienza immersiva in un ambiente in continua evoluzione. 

Time Takes the Time Time Takes il 2 luglio è preceduto da un’esplorazione urbana nei dintorni del teatro, realizzata in collaborazione con l’associazione Roma Oltre le Mura, per offrire a spettatori e cittadini la possibilità di riscoprire bellezze e particolarità di luoghi comuni e angoli dimenticati dal movimento quotidiano della città, apprezzandone l’unicità in un’esperienza collettiva che culminerà con la visione dello spettacolo..

Dal Regno Unito arriva poi la danzatrice e coreografa nordirlandese Oona Doherty, Leone d’Argento per la Danza nel 2021 - che si muove tra teatro fisico, rivendicazione sociale e danza: in Hope Hunt and the Ascension into Lazarus, in programma il 6 luglio al Teatro India, la Doherty mostra l’energia dei quartieri sottoproletari di Belfast, mettendo in evidenza la profonda umanità che si nasconde dietro la violenza verbale e gestuale di strada e rendendo il proprio corpo un vero dispositivo narrativo che racchiude le storie di molte donne irlandesi. Ma anche lo Scottish Dance Theatre, fondato nel 1986 come progetto di danza rivolto alla comunità locale e oggi compagnia di danza più importante della Scozia, che arriva al festival, il 5 luglio al Teatro India, con Ray, creazione commissionata alla coreografa e danzatrice di origine israeliana Meytal Blanaru. Ray è una riflessione sul concetto di “emergenza”, un’esperienza collettiva in cui i corpi si esprimono nei modi più diversi, in assoluta libertà e in una dimensione che precede il campo del razionale.

L’intreccio fra danza, musica e arte visiva esplode ancora di più nei lavori presentati dagli artisti che a Fuori Programma 2025 rappresentano la scena nazionale. A partire da uno dei protagonisti più solidi e affermati del panorama europeo, il pluripremiato Roberto Zappalà, che da oltre 35 anni con la sua Compagnia Zappalà Danza racconta un Sud vivo e vibrante. Il 3 luglio al Teatro India presenta al festival in Anteprima la versione site specific di Brother to Brother - dall'Etna al Fujicon la musica live dei Munedaiko, musicisti consacrati alla pratica e valorizzazione del tamburo tradizionale giapponese. “Silenzio e caos, movimento e quiete, Oriente e Occidente, natura e cultura: dualità che permeano questa creazione e riecheggiano un detto amato in Oriente: ‘Due è uno e uno è due’." Così l’artista siciliano presenta la sua nuova creazione, che ruota intorno a due vulcani che hanno segnato l’immaginario del mondo intero, il Fuji e l’Etna. Brother to Brother si fonda sul dualismo che genera armonia: così come i vulcani sono all’origine dell’attuale conformazione del pianeta, la percussione è all’origine dell’arte musicale e culturale creata dall’uomo, a partire dal ritmo del battito cardiaco. I movimenti dei danzatori si allineano ai ritmi dei tamburi in una sorta di respiro universale e la pausa ritmica (del suono e del movimento) richiama la quiete della Natura che precede un’eruzione vulcanica. 

Un territorio completamente diverso è quello esplorato da un’altra fra le più interessanti realtà performative italiane, gruppo nanou che il 3 e 4 luglio al Teatro India presenta Redrum, primo capitolo del progetto pluriennale Overlook Hotel. Chiarissimo fin dal titolo il riferimento a Shining – capolavoro letterario di Stephen King e opera culto del maestro Stanley Kubrick – per questa installazione coreografica (Premio UBU 2024) ideata per cinque danzatori e un performer che riscrive le regole del rito teatrale, trasformando lo spettacolo in luogo da abitare. Un luogo in cui si manifesta un immaginario conturbante popolato da fantasmi e da ricordi, in cui si perde il confine tra realtà, sogno e desiderio, tra passato, presente e futuro.

Dal formato installativo si passa alla performance audiovisiva con Human, creazione firmata dal musicista e danzatore Biagio Caravano – tra i fondatori del gruppo mk – in cui il suono si sovrappone alle immagini elaborate dall’artista visivo Lorenzo Basili, in un’indagine tra il fuori e il dentro, tra provenienza e destinazione. Human verrà presentato al festival il 2 luglio al Teatro India

Il 6 luglio, ancora al Teatro India, sarà l’Intelligenza Artificiale a riscrivere le regole del gioco di Life in Lycra del coreografo ed ex danzatore della Batsheva Dance Company Andrea Costanzo Martini, un duetto che è prima di tutto un’esplorazione umoristica e fisicamente virtuosa delle dinamiche di potere e delle gerarchie in scena. 

Dopo lo straordinario successo dello scorso anno, inoltre, torna a Fuori Programma, il 4 luglio al Teatro India, l’acclamatissimo Stuporosa di Francesco Marilungo – Premio UBU 2024 come Miglior Spettacolo di Danza – che sviluppa una ricerca sulla figura della “lamentatrice” a partire dal saggio Morte e pianto rituale di Ernesto De Martino.

Progetti speciali

 

Sempre sul versante dei progetti speciali, anche per questa edizione Fuori Programma offre al pubblico del festival la possibilità di partecipare a uno dei progetti più “inebrianti” del Leone d’Argento per la Danza Michele Di Stefano/mk con Lorenzo Bianchi Hoeschl’8 luglio, in una location ancora da svelare, torna infatti Veduta>Roma, performance dal formato modulare e da fruire in cuffia dedicata alla città e alla visione prospettica del paesaggio urbano.  

Al Parco Tor Tre Teste il 9 luglio invece la chiusura della decima edizione di Fuori Programma è affidata a Picnic sul ciglio della strada, performance partecipativa curata dal gruppo di ricerca DOM-(fondato da Valerio Sirna e Leonardo Delogu) insieme alle allieve e gli allievi della scuola di italiano per migranti Asinitas. Ispirata dall’omonimo romanzo di fantascienza dei fratelli Strugackij, da cui Andrej Tarkovskij trasse il film capolavoro Stalker, la performance riprende il concetto della Stanza dei Desideri del romanzo e del film per creare uno spazio relazionale in cui condividere storie, socializzare pratiche e saperi, “attivare le nostre straordinarie tecnologie. Opporre alle passioni tristi del presente, i nostri corpi desideranti”.

Una chiusura di festival visionaria e con una precisa impronta “politica”, non soltanto per il contenuto e la forma della performance Picnic sul ciglio della strada ma per la scelta del luogo: un parco nel cuore di un quartiere “difficile” dal punto di vista sociale, al centro di numerose vicende di cronaca e sotto i riflettori per le questioni legate alla dimensione emergenziale e repressiva del “Decreto Sicurezza”, cui Fuori Programma risponde con un’azione di integrazione e inclusione ulteriore rispetto alla pratica di integrazione portata avanti da DOM- e Asinitas.

Residenze artistiche

Prosegue l’impegno del festival nel sostegno alla produzione creativa che Fuori Programma realizza attraverso le residenze artistiche al Teatro Biblioteca Quarticciolo, seguite dalle prove aperte al pubblico. In questa edizione sono coinvolte nel progetto l’artista multidisciplinare italo-giapponese Masako Matsushita con la narratrice e saggista Laura Pugno; e Nunzia Picciallo, coreografa e performer attiva anche nel campo delle arti visive.

Prosegue, infine, anche la relazione triennale con Teatro e Critica che quest’anno condurrà il workshop dedicato alla visione, alla discussione e alla scrittura critica che si muoverà su due direttive: racconto del festival e pedagogia. Il workshop è aperto a un massimo di 12 persone appassionate di arti performative e giornalismo culturale e si svolgerà dal 2 al 6 luglio 2025.

***

Fuori Programma 2025 è un progetto del Centro Nazionale di Produzione della Danza ORBITA|Spellbound, con il contributo di Ministero della Cultura, Regione Lazio, Acción Cultural Española (AC/E) attraverso il Programma per l'Internazionalizzazione della Cultura Spagnola (PICE), nell'ambito del Mobility Grant. È realizzato in collaborazione con Teatro di Roma – Teatro NazionaleTeatro Biblioteca Quarticciolo e ATCL ed è patrocinato da Municipio V, Municipio XI e Instituto Cervantes.

Primi Tempi è in co-realizzazione con Dominio Pubblico, in collaborazione con Avvertenze Generali.

Brother to Brother - dall'Etna al Fuji site specific version di Roberto Zappalà/Compagnia Zappalà Danza & Munedaiko è realizzato in collaborazione con Amat/Civitanova Danza.

Veduta>Roma di Michele Di Stefano e Lorenzo Bianchi Hoesch/mk è realizzato con il patrocinio di Roma Capitale.

***

CALENDARIO

 

PROGETTI SPECIALI

8 luglio h19
Michele Di Stefano, Lorenzo Bianchi Hoesch/mk - Veduta
Location “a sorpresa”

9 luglio h18.30
DOM- & Asinitas
Pic-nic sul ciglio della strada

Parco Tor Tre Teste Alessandrino

SPETTACOLI

2 luglio h19.45
GN|MC Guy Nader, Maria Campos
Time takes the time time takes
Arena Teatro India

2 luglio h21
Biagio Caravano
Human
Teatro India - Sala B

3 luglio h19
Sau-Ching Wong, Carles Castaño Oliveros
KRUID  
Prima Italiana
Teatro India - Sala A

3 luglio h19.45
Roberto Zappalà/Compagnia Zappalà Danza & Munedaiko
Brother to Brother - dall'Etna al Fuji site specific version
Anteprima
Arena Teatro India

3 luglio h21
gruppo nanou
Redrum
Teatro India - Oceano Indiano

4 luglio h19
Sau-Ching Wong, Carles Castaño Oliveros
KRUID

Prima italiana
Teatro India - Sala A

4 luglio h19.45
Francesco Marilungo/Körper
Stuporosa
Arena Teatro India

4 luglio h21
gruppo nanou
Redrum
Teatro India - Oceano Indiano

5 luglio h18.45 e h21
Marcos Morau/La Veronal
Totentanz. Morgen ist die frage
Teatro India - Sala B

5 luglio h19.45
Meytal Blanaru/Scottish Dance Theatre
Ray

Arena Teatro India

6 luglio h19.45
Andrea Costanzo Martini
Life in Lycra
Anteprima
Arena Teatro India

6 luglio h20.15
Oona Doherty
Hope Hunt and the Ascension into Lazarus
Dj set a seguire
Teatro India Area Bar - Sala A

INFO E PRENOTAZIONI
fuoriprogramma.prenotazioni@gmail.com
+39 329 550 8072 (lun - ven 11/16)

www.fuoriprogramma.com/
www.instagram.com/fuoriprogrammafestival
www.facebook.com/fuoriprogrammafestival/

Pride month, discriminazioni in azienda: 3 talenti LGBTQIA+ su 10 temono ancora di fare "coming out" e abbandonano il posto di lavoro

$
0
0

 


Giugno, mese del pride. Ma non tutti possono festeggiare, evidentemente.

Secondo uno studio del Williams Institute della University of California di Los Angeles (UCLA), infatti, tre talenti LGBTQIA+ su 10 (il 33%temono ancora di fare coming out” sul posto di lavoro e lasciano l’azienda per il timore di discriminazioni. Secondo i dati raccolti, in particolare, il timore di subire ritorsioni, esclusioni o pregiudizi influisce in modo diretto sul benessere delle persone e sulla loro produttività. A spaventare, soprattutto, è il giudizio di manager o supervisor (nel 46% dei casi le persone intervistate evitano di manifestare la propria sessualità a queste figure all’interno della propria azienda), mentre meno influente è il timore di dover affrontare giudizi o stereotipi da parte del proprio team o di colleghi e colleghe (in questo caso il problema ad aprirsi colpisce “solo” il 21%). E, osservando i dati, questi timori parrebbero purtroppo giustificati: quasi 4 talenti su 10 (il 39%), infatti, riportano di aver subito discriminazioni dopo essersi aperti sul posto di lavoro, contro solo poco più di 1 su 10 (12%) di quelli che hanno celato la propria identità. Per quanto riguarda le molestie, invece, queste percentuali salgono purtroppo e rispettivamente al 42% e al 17%. Il sondaggio è stato condotto interrogando quasi 2mila persone LGBTQIA+ e dotate di un impiego nel corso di 12 mesi, tra il 2023 e il 2024.

 

“I dati di questo studio – commenta Marika Delli Ficorelli, Head of HR di Zeta Service, realtà italiana leader nella consulenza e servizi HR e payroll - parlano chiaro: la paura di ritorsioni o discriminazioni sul posto di lavoro è ancora una realtà concreta per troppe persone LGBTQIA+. E questo non può più essere ignorato. Il punto cruciale non è ‘accogliere’ o ‘proteggere’, ma creare un ambiente in cui ognuno e ognuna possa, senza doversi adeguare o temere conseguenze, vivere la propria autenticità. Accogliere la diversità non è un atto di generosità, ma un’opportunità per evolvere: le aziende che lo comprendono crescono, innovano e arricchiscono il contesto lavorativo. La nostra esperienza ci dice che quando le persone possono esprimersi liberamente, senza filtri, tutto il sistema ne beneficia. Questo è uno dei motivi per cui riteniamo che la diversità non vada celebrata solo a giugno. Ogni giorno bisogna lavorare per costruire un ambiente in cui la differenza è leva di crescita, e dove le persone LGBTQIA+ sono parte integrante e riconosciuta della comunità aziendale. Significa avere politiche concrete, formazione continua e ascolto costante, perché l’inclusione non è un badge da esibire, ma un impegno quotidiano”.

 

Anche perché, come lo studio ha evidenziato, la mancanza di inclusività, reale o anche solo percepita, può essere un pericoloso freno per la retention di collaboratori di valore. Ai dati già menzionati, infatti, bisogna aggiungere come un altro 15% delle persone intervistate, quelle che non hanno abbandonato il lavoro per il timore di essere discriminate, ha comunque preso in considerazione l'idea di lasciare nel corso dei 12 mesi precedenti al sondaggio, anche se poi all’intenzione non ha fatto seguire una vera lettera di dimissioni. E chi rimane, comunque, adotta condotte atte a nascondere la propria identità: quasi 6 su 10 (58%) hanno dichiarato di adottare comportamenti di "copertura" per evitare problemi di qualsiasi tipo. Tra questi, purtroppo, anche il modificare il proprio aspetto fisico, il cambiare quando, dove o con quale frequenza usare il bagno, l’evitare di parlare della propria famiglia o della propria vita sociale sul lavoro.

 

“Questi sono problemi reali, che incidono sulla competitività delle aziende. – prosegue Marika Delli Ficorelli, Head of HR di Zeta Service - In un mercato del lavoro sempre più competitivo, trattenere i talenti è una sfida che passa anche dall’inclusività. Non si tratta solo di valori, ma di una strategia HR precisa. Un ambiente inclusivo è anche e soprattutto un asset competitivo. Quando le persone si sentono libere di essere sé stesse, non solo restano più a lungo, ma portano più energia, creatività e innovazione. È necessario, dal nostro punto di vista ‘privilegiato’, che tutto il mondo HR italiano faccia un passo avanti: l’inclusione è il futuro sostenibile del lavoro. Ed è una responsabilità che non possiamo più rimandare. Il nostro impegno, da questo punto di vista e anche in rapporto ai nostri clienti, è in prima linea. E ci teniamo a tracciare la strada in prima persona. In Zeta Service l'inclusione della community LGBTQIA+ non è un progetto a tempo, ma un impegno quotidiano: dalle politiche aziendali – come la nostra Policy Tolleranza Zero per cui ogni persona ha il diritto di sentirsi al sicuro, tutelata e ascoltata - al congedo matrimoniale esteso a tutte le tipologie di coppie e 30 giorni di congedo retribuito per tutti i genitori intenzionali/biologici/sociali e affettivi, fino alla formazione continua per abbattere stereotipi e bias inconsci. Ma lo sappiamo: un ambiente inclusivo non si crea con un documento. Si costruisce giorno dopo giorno, grazie a una cultura condivisa e concreta. I/le manager giocano un ruolo fondamentale in questo processo: guidano con l’esempio, ascoltano, danno spazio e valorizzano la diversità. Promuoviamo questi valori anche grazie alla collaborazione e al supporto con Fondazione Libellula, che lavora quotidianamente per diffondere rispetto e inclusione all'interno delle organizzazioni. Ci piace poi coinvolgere le nostre persone in quello che consideriamo un impegno per un reale e concreto cambiamento culturale: stiamo preparando delle lavagne dell’inclusività che saranno consegnate in tutte le nostre 9 sedi sul territorio nazionale. Le nostre persone potranno costruire insieme un racconto di cos’è l’inclusività per ognuno e ognuna di noi: la lavagna ci accompagnerà per tutto il mese in tutte le nostre sedi”.  Un impegno, quello di Zeta Service, che è stato riconosciuto anche a livello internazionale: la co-Ceo Debora Moretti ha recentemente ricevuto a Varsavia il Judges Awards all’interno dei Global Payroll Awards 2025 per l’impegno nel creare un luogo di lavoro in cui le persone si sentano al sicuro, valorizzate e libere di essere sé stesse.

 

Catania Summer Fest 2025, gli eventi estivi e i concerti alla Villa Bellini di Sotto il Vulcano Fest

$
0
0

 


A Catania torna la grande stagione dei concerti estivi della rassegna SOTTO IL VULCANO FEST 2025che sarà inaugurata il 6 luglio con il primo live di Silent Bob & Sick Budd all’Arena di Villa Bellini.

La nuova edizione della rassegna conferma la collaborazione tra l’organizzazione a firma di Puntoeacapo Srle l’amministrazione del Comune di Catania guidata dal sindaco Enrico Tarantino e rientra nel programma di eventi estivi Catania Summer Fest. Il calendario del Festival, tra musica, spettacoli ed appuntamenti culturali, è stato illustrato questa mattina nella conferenza stampa al Palazzo degli Elefanti alla presenza del sindaco insieme con gli assessori della giunta, il presidente Sebastiano Anastasi e i consiglieri comunali, il capo di gabinetto Giuseppe Ferraro e il responsabile della Direzione Comunale Cultura Paolo Di Caro.

 

La rassegna Sotto il Vulcano Fest nella scorsaedizione 2024 ha registrato untotale di oltre 120 mila presenze di pubblico pagante ai concerti della rassegna. E la nuova edizione si preannuncia altrettanto seguita con una data già sold out: la prima del 4 agosto che vedrà Geolier calcare il palco di Villa Bellini, tra gli artisti più attesi dell’estate live a Catania. Nel grande parterre di nomi in concerto si alterneranno poi ‘big’ della musica italiana, partecipanti all’ultima edizione del Festival di Sanremo e protagonisti della scena musicale rap-urban seguiti dai fans più giovani: Lucio Corsi, Gianna Nannini, Tananai, Brunori Sas, Psicologi, Ghali, Tony Boy, Nayt, Capo Plaza, Franco 126, Fabri Fibra, Manu Chao, Rocco Hunt.

Un’offerta artistica capace di attrarre a Catania, da tutta la Sicilia e non solo, un pubblico trasversale per età, interessi e gusti musicali.

 

Il cartellone vedrà un totale di 20 concerti all’interno del programma di appuntamenti nelle tre location di Villa Bellini, Cortile Platamone e Piazza Federico II di Svevia tra luglio ed agosto. L’Arena di Villa Bellini accoglierà la maggior parte degli eventi con tanti live pensati per far scatenare e ballare i fans più giovani e non solo. Il Cortile Platamone accoglierà l’appuntamento con I Patagarri, infine a Piazza Federico II di Svevia si terrà il live a ingresso gratuito “Hey Ho Let’s Go” che unirà in un’unica serata evento il punk rock internazionale di Marky Ramones e il rock’n’ roll della band rockabilly catanese The Boppin’ Kids.


 

CALENDARIO

 

SILENT BOB & SICK BUDD  6 luglio VILLA BELLINI

MARKY RAMONE’S BLITZKRIEG - THE BOPPIN’ KIDS 10luglio Piazza Federico II di Svevia
PSICOLOGI – 13 luglio VILLA BELLINI

I PATAGARRI – 19 luglio CORTILE PLATAMONE

NAYT– 22 luglio VILLA BELLINI

CAPO PLAZA – 26 luglio VILLA BELLINI

TEENAGE DREAM PARTY – 02 agosto  VILLA BELLINI

GEOLIER– 4 e 5 agosto VILLA BELLINI
LUCIO CORSI – 6 agosto VILLA BELLINI

TANANAI– 9 agosto VILLA BELLINI

BRUNORI SAS – 10 agosto VILLA BELLINI

GHALI– 12 agosto VILLA BELLINI

TONY BOY – 16 agosto VILLA BELLINI

MANU CHAO – 20 agosto VILLA BELLINI

FABRI FIBRA – 21 agosto VILLA BELLINI

ROCCO HUNT – 22 agosto VILLA BELLINI

GIANNA NANNINI – 23 agosto VILLA BELLINI

FRANCO126– 24 agosto VILLA BELLINI

ROSARIO MIRAGGIO – 28 agosto VILLA BELLINI

 

Per informazioni e biglietti: www.puntoeacapo.uno

 

RADIO STUDIO CENTRALE è radio media partner di SOTTO IL VULCANO FEST 2025



Agnese Contini a Fattitaliani: l'arte e la musica possono smuovere gli animi e far riflettere. L'intervista

$
0
0


Fattitaliani ha intervistato Agnese Contini
chitarrista, compositrice e musicista, tornata con il nuovo singolo Fiori nell'arco su tutte le piattaforme digitali dal 20 giugno. Una bella chiacchierata da cui emerge il valore della musica come arte, certo, ma anche come portatrice di messaggio e stile di vita. L'intervista.
“Fiori nell’arco” è un titolo molto evocativo che riprende lo slogan “mettete dei fiori nei vostri cannoni”: quanto è importante per te il legame tra musica e impegno sociale?

Direi molto importante. Credo di essere molto sensibile ad argomentazioni quali la crisi climatica e i diritti umani e adoperare la musica per parlare di questi argomenti, penso sia fondamentale per sensibilizzare la gente.
Parli di musica come “arma benefica”. In che modo pensi che l’arte possa contrastare la violenza e la discriminazione?
Penso che l’arte e la musica abbiano un forte potere comunicativo. Forse con esse non si possono materialmente fermare le guerre o gli interessi dei potenti, ma si possono smuovere gli animi e condurre a delle riflessioni. Se non si facesse neanche questo, rimarrebbe tutto uguale. Quindi la musica ci dà delle possibilità.
Il brano alterna tensione armonica e passaggi ritmici: come hai lavorato alla struttura musicale per trasmettere questo messaggio?
Quando compongo mi faccio spesso trasportare dalle emozioni o dalle intuizioni  che ho nel momento in cui sto sviluppando un motivo. Nel periodo in cui componevo questo brano ero particolarmente arrabbiata per alcune questioni che non accettavo e mi rendevo conto che suonare quel brano mi scaricava moltissimo.
Hai iniziato da autodidatta con la chitarra acustica di tuo padre. Cosa ti ha spinto a continuare e a trasformare questa passione in una professione?
Credo sia stata la voglia di approfondire lo studio della chitarra e di spingermi alla ricerca di un nuovo suono mediante lo studio del banjo. Quando la passione diventa ricerca, al di là di come si vogliamo definire le cose, tutto ha un senso diverso.

Hai studiato anche logopedia e voce artistica. In che modo questa esperienza ha influenzato il tuo approccio alla musica e alla composizione?  
Laurearmi in logopedia mi è servito soprattutto per capire me stessa. Mi iscrissi perché sin da piccola soffrivo di problemi alla voce. Non sapevo però che dietro a questa professione ci fosse nascosto un mondo vastissimo che racchiudeva aspetti multisfaccettati della voce, del linguaggio e della comunicazione. Scoprii così che ci si poteva specializzare in voce artistica e questo mi avrebbe permesso di associare il mio interesse per la voce al mondo artistico dentro il quale già ero in un modo o nell’altro. E così ho iniziato a comporre.
Hai detto che la tua musica è un modo per raccontare te stessa e ciò che vivi. Quali temi ti stanno più a cuore oggi?
⁠Sono una persona che osserva molto le persone e i comportamenti umani. Mi piace parlare di quello che mi accade o di quello che osservo nella vita o nelle persone.

Dopo “Bright” e “Fiori nell’arco”, hai in programma un album o un tour?
Sì certo, sto lavorando al mio nuovo album e contemporaneamente alla pianificazione di un tour per presentarlo.
Hai collaborato con etichette come NOS Records e INRI Classic. Come vivi il rapporto con il mondo discografico indipendente?
Credo che queste realtà siano importanti perché danno  ad ogni artista l’opportunità di farsi conoscere e di crescere. Sono molto grata a chi ho incontrato in questo mio ancora “giovane percorso”. Giovanni Zambito.

CALCINATO, 3ª edizione del SALUBER JAZZ FESTIVAL: il primo festival musicale italiano all’interno di un’azienda

$
0
0

 


Al via venerdì 27 giugno a Calcinato (Brescia) la 3ª edizione del SALUBER JAZZ FESTIVAL, il primo festival musicale italiano che ha sede all’interno di un’azienda, creato da Saluber per il benessere dei dipendenti e per regalare al territorio un momento di condivisione durante il quale immergersi nella bellezza dell’arte.

Fino a domenica 29 giugno il piazzale della sede di Saluber in via C. Cavour 141 a Calcinato (Brescia) ospiterà l’edizione 2025 del festival alla quale parteciperanno musicisti di fama internazionale, offrendo musica d'eccellenza e regalando emozioni indimenticabili al pubblico e alla comunità locale.

La direzione artistica del festival è affidata all’artista cubano Ernesto Rodriguez, più noto come Ernesttico.

Il Saluber Jazz Festival nasce dalla volontà di una piccola realtà come Saluber (azienda leader nel settore della disinfestazione e del pest control) di organizzare con le sue sole forze, senza il supporto di sponsor esterni, un festival di alto valore artistico e culturale, con l’obiettivo di arricchire culturalmente il pubblico e il territorio, creando un’esperienza unica e di qualità.

Il 27 giugno, alle ore 21.30, si apre il festival con un concerto d’eccezione che vede protagonista la pianista, cantante e compositrice Jany McPherson, accompagnata da Ronald Moran (contrabbasso) e Lukmil Perez (batteria).

 

Il 28 giugno, alle ore 21.30, la serata sarà invece dedicata ai ritmi travolgenti del Paa Kow - Afro Fusion Orchestra, collettivo formato da Paa Kow (batteria e voce), Bright Osei (basso), Richard Bansah Skuul Boy (tastiere), Emma Marsh (percussioni), Theophilus Bright Yankey (tromba), Anthony Sagoe (trombone).

 

Il 29 giugno, alle ore 21.30, chiuderanno il festival i Dirotta Su Cuba, band iconica composta da Simona Bencini (voce), Diego Calcagno (tastiere), Stefano Profazi (chitarra), Patrizio Sacco (basso), Vincenzo Protano (batteria), Donato Sensini (sax e flauto) e Antonio Scannapieco (tromba).

 

Durante i tre giorni del festival, a partire dalle ore 20.00, sarà allestita presso la sede del festival la mostra fotografica “Suoni Senza Confini” di Fabio Rizzini, un viaggio visivo attraverso il linguaggio universale della musica.

Gli eventi saranno aperti, gratuitamente, a tutti coloro che vorranno partecipare, previa iscrizione sul sito: www.saluberarena.it.

«La musica e i musicisti sono al centro dell’attenzione – dichiara Ernesto Rodriguez, in arte Ernesttico – Questo è il criterio fondamentale con cui ho concepito questa terza edizione del Festival. Onorato della responsabilità che mi è stata concessa, metterò tutta la mia esperienza e passione di musicista e di direttore artistico per far vivere agli artisti e al pubblico presente emozioni uniche da ricordare».

«L’idea di creare un festival musicale è nata dal desiderio di unire passione e impegno professionale maturato durante un periodo di riflessione sul valore della cultura e sul ruolo sociale dell’impresa: dopo la pandemia, ho sentito il bisogno di contribuire al benessere delle persone anche al di fuori della mia attività quotidiana, e ho visto nella musica un potente strumento per farlo – afferma Ciro D’Amicis, CEO della Saluber Disinfestazioni e grande appassionato di musica – Il festival è diventato così un gesto di restituzione al territorio e anche un’occasione per valorizzare un settore spesso poco attrattivo, far conoscere il Know-how alla base della nostra attività e il nostro modello aziendale. Saluber Jazz Festival è un’iniziativa coerente con i principi ESG dell’azienda, che rafforza il legame tra impresa, cultura e responsabilità sociale». 

 

Jany McPherson è nata a Guantánamo (Cuba). Dopo una carriera costruita nella sua terra natia, dove ha ricevuto il prestigioso premio "Adolfo Guzmán" e ha collaborato con artisti come Omara Portuondo e Buena Vista Social Club, l'Orchestra Anacaona, Alain Pérez e molti altri, l’artista si è trasferita in Francia. Show woman e performer sul palco, ha collaborato con John McLaughlin, Mino Cinelu, Andy Narell, André Ceccarelli, Didier Lockwood, Orlando "Maraca" Valle, Pierre Bertrand, Nicolas Folmer, per citarne solo alcuni. È stata ospite di molti festival internazionali come Trinidad & Tobago Jazz Festival, Kathmandu Jazz in Nepal, Montreux Jazz Festival, Grenoble Métropole Jazz Festival, North Sea, L'Atrium Scène Nationale/Martinica, Auditorium P-E Decimus/Guadeloupe, Cotton Club Tokyo, Nice Jazz Festival, Jazz en Baie, Annecy Jazz Festival.  Il nuovo album “A Long Way” segue il precedente lavoro discografico pubblicato nel 2020 “Solo Piano!”  (Glider Media Group Ltd), ampiamente apprezzato dalla critica e da Chucho Valdés, uno dei più importanti pianisti cubani di sempre.

 

Paa Kow originario del Ghana, è batterista e compositore acclamato a livello internazionale che fonde i ritmi e le melodie vibranti delle sue radici ghanesi con il jazz e l’afro-pop, creando un suono tanto dinamico quanto unico. Acclamato da Modern Ghana come "il batterista più artistico del Ghana", il talento di Paa Kow prende vita sulla sua batteria ghanese personalizzata e intagliata a mano, uno strumento unico quanto la musica che produce. Le sue esibizioni offrono un’esperienza culturale e musicale indimenticabile, unendo il pubblico di tutto il mondo attraverso ritmo e spirito. Paa Kow si è esibito in Africa, Europa e negli Stati Uniti, affascinando il pubblico con i suoi groove profondi e la tecnica magistrale. Che sia alla guida della sua Afro-Fusion Orchestra o collaborando con altri musicisti di fama mondiale, la batteria di Paa Kow parla un linguaggio universale che ispira un legame profondo, quasi spirituale, con chi ascolta.

 

Dirotta su Cuba nascono a Firenze nel 1995. Con il singolo d’esordio “Gelosia” e l’album omonimo pubblicato dalla CGD, la band si impone immediatamente sulla scena italiana come capofila del movimento acid jazz e funky. Il disco, certificato platino, produce cinque singoli di grande successo e segna l’inizio di una carriera longeva e ricca di collaborazioni, tra cui quelle con Stefano Bollani, Mario Biondi, Gegè Telesforo, Ornella Vanoni, Claudio Baglioni e molti altri. Guidati dalla carismatica vocalist Simona Bencini, i Dirotta su Cuba hanno calcato i principali palchi italiani e internazionali, partecipando a festival, programmi TV e progetti artistici trasversali. La band ha attraversato le stagioni musicali mantenendo sempre viva la propria identità sonora, tra groove contagiosi, melodia italiana e raffinatezza soul. Nel 2025, a trent’anni dall’album d’esordio, i Dirotta su Cuba pubblicano una speciale edizione in vinile del disco “Dirotta su Cuba” e celebrano l’anniversario con il tour “Let’s Celebrate Tour II”, che li vede protagonisti sui palchi più prestigiosi, tra cui il Blue Note di Milano. Considerati una delle band più influenti del funky-pop italiano, i Dirotta su Cuba continuano a scrivere la loro storia con energia, classe e una travolgente passione per la musica dal vivo.

 

SALUBER

Saluber è un punto di riferimento nel settore della disinfestazione e del pest control per le aziende italiane con le sue sedi di Brescia e Taranto. Fondata nel 2001, è riuscita nel tempo a crescere senza perdere i valori che la rendono unica, lavorando sull’innovazione e il knowhow scientifico ma soprattutto sul benessere delle persone e dei suoi collaboratori. Saluber rappresenta oggi un modello di imprenditoria nuova, legata al territorio da un approccio culturale e multidisciplinare che restituisce valore alla comunità.

 

Le prime immagini della serie "L'ALTRO ISPETTORE" all'ITALIAN GLOBAL SERIES FESTIVAL

$
0
0

 


All’Italian Global Series Festival, l’evento dedicato alle migliori serie italiane e internazionali, mercoledì 25 giugno presso il PalaRiccione, sono state mostrate in anteprima le prime immagini dell’inedita serie Rai “L’altro ispettore”, la prima fiction italiana ad affrontare il tema della sicurezza sul lavoro. La proiezione è avvenuta durante un talk di presentazione, che ha visto sul palco i produttori, Leonardo Ferrara, Rai Fiction, e Gloria Giorgianni, founder e CEO di Anele, il protagonista Alessio Vassallo e Cesare Bocci.
 
Co-prodotta da Rai Fiction – Anele, per la regia di Paola Randi, scritta da Salvatore De Mola (anche headwriter della serie), Andrea ValagussaPaola Randi ed Emanuela Rizzuto e liberamente tratta dai romanzi di Pasquale Sgrò, la serie tv – in 6 puntate da 50’ in onda prossimamente su Rai1 – porta al centro della narrazione e dell’attenzione del pubblico il lavoro e la cultura della sicurezza attraverso le vicende private e professionali di un ispettore del lavoro.
 
Per il suo alto valore di servizio pubblico la serie ha ottenuto il Patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e di INAIL e la collaborazione del Ministro per le Disabilità – Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
 
Interpretata da Alessio Vassallo con Cesare Bocci e Francesca Inaudi, la serie tv è ambientata nella splendida cornice di Lucca, con i suoi vicoli medievali avvolti nella campagna toscana, e nei suoi dintorni, e  vede protagonista Domenico Dodaro, per gli amici Mimmo (Alessio Vassallo), un ispettore del lavoro appena rientrato a Lucca, sua città natale, dopo aver combattuto il caporalato al Sud in missioni che lo hanno portato ad essere riconosciuto come uno dei migliori ispettori del lavoro italiani.
 
Lo vedremo quindi impegnato ogni giorno a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e a indagare sui casi in cui la sicurezza è venuta meno, episodi – liberamente ispirati a fatti realmente accaduti – di cui cercherà di scoprire le reali dinamiche e responsabilità con uno sguardo imparziale e cercando la collaborazione di tutte le parti in causa, dai lavoratori agli imprenditori ai sindacati, alle istituzioni. Al suo fianco l’amico di famiglia Alessandro Lanciani (Cesare Bocci), sopravvissuto all’incidente in cui anni prima il padre di Domenico, Pietro Dodaro, amico e collega di Alessandro, aveva perso la vita. Nel cast anche Francesca Inaudi nel ruolo della PM Raffaella Pacini, ex compagna di liceo del nostro protagonista, con la quale dovrà lavorare nelle indagini dei casi di puntata, e la piccola Angelica Tuccini nei panni della figlia Mimì.
 
L’altro ispettore è una coproduzione Rai Fiction – Anele, realizzata con il contributo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, con il contributo del “PR FESR Toscana 2021-2027 - bando per la concessione di sovvenzioni a fondo perduto per la produzione di opere cinematografiche e audiovisive – Anno 2023” della Regione Toscana, con il sostegno della Città di Lucca, della Fondazione Banca del Monte di Lucca e della Fondazione Giuseppe Lazzareschi e con la collaborazione della Toscana Film Commission.