Il 20 giugno torna a Milano, al Teatro Manzoni “CAVEMAN. L’uomo delle caverne” interpretato da Maurizio Colombi erede italiano del personaggio ideato da Rob Becker, autore del testo originale, frutto di attenti studi di sociologia, mitologia, antropologia e sociologia.
Il pubblico sarà accolto dalla Cave Band, tastiera: Davide Magnabosco, basso: Angelo di Terlizzi, chitarra: Max Zaccaro, batteria: Americo Costantini, fiati: Marco Brioschi.
Per Fattitaliani.it abbiamo chiacchierato con Maurizio Colombi che ha già portato lo spettacolo in giro quasi per tutt’Italia. Milano ad oggi, conta una cifra da Record, 90.000 spettatori per 110 repliche. Oltreoceano gli spettatori sono stati oltre 10 milioni.
Uno spettacolo che dopo tanti anni gli riserva ancora tante soddisfazioni.
Cavemanè uno spettacolo sulla coppia che riesce a guardarsi con gli occhi degli altri. Cosa vede?
Scopre delle cose che è difficile conoscere dall’interno. Le donne scoprono immediatamente delle risposte, gli uomini invece ci mettono un po’ e sono i miei preferiti come pubblico. In Caveman la scoperta di alcune dinamiche all’interno della coppia escono in maniera divertente, comica e c’è una differenza sostanziale su come reagiscano gli uomini e su come reagiscano le donne all’ironia. Il divertimento è esagerato, si ride subito dall’inizio alla fine, fino alle lacrime e mentre ridono, si rendono conto della realtà, scoprono alcune cose. Ci sono delle coppie che ormai mi scrivono da un po’ di anni come se io fossi un terapeuta di coppia e devo spiegare che sono solo un attore. Ho delle coppie che mi seguono da molti anni, tanto che a Milano, lo facciamo tra i corsi prematrimoniali. Un centinaio di coppie che vengono a chiedermi l’autografo, mi esternano i loro problemi ed io dico che non posso esprimermi da un punto di vista professionale. E’ uno spettacolo che non finisce mai, si è evoluto nel tempo. Ci sono coppie che l’hanno visto tantissime volte; altre che vengono con il fidanzato vecchio, poi con quello nuovo, poi con il marito, soprattutto al Nord. Dicono che il rapporto di coppia sia uguale dappertutto, invece trovo una grandissima differenza a seconda del posto dove lo faccio. Lo spettacolo è stato fatto da Lugano a Catania. L’unico posto dove non sono stato è la Calabria.
Ogni spettatore si riconosce, si confronta, si diverte. In quale di questi aspetti si riconosce maggiormente?
C’è un’identificazione massiccia, forte. E’ chiaro che è tutto paradossale nel momento in cui si ritrovano nelle abitudini dell’uomo e viceversa. Si ritrovano nell’insieme delle cose, nel finale dello spettacolo che è molto bello, alla fine c’è un messaggio pro - coppia. Parlo della famiglia, del mondo gay, degli ultimi uomini rimasti che sono out perché ormai il mondo è in mano alle donne ed ai gay e l’uomo è rimasto un po’ “Coglione” in mezzo, non ha un’identità ed ha difficoltà ad affrontare i problemi.
Di tutto di più, a volte rimango esterrefatto. Una coppia che aveva un’edicola è venuta a chiedermi come superare la difficoltà di stare insieme tutto il giorno. Mi hanno detto che avevano deciso di lasciarsi per un mese ma era impossibile visto che dividevano lo stesso ambiente di lavoro. Subito dopo hanno incominciato ad abbracciarsi, a baciarsi e a piangere. Mi sentivo un cretino senza competenze per risolvere i loro problemi.
Quale saranno le prossime tappe?
Roma è una piazza difficile, non sono famoso, non sono un personaggio televisivo e quindi fatico a piazzare gli spettacoli. Caveman è una gallina dalle uova d’oro, ha avuto grande successo, grazie al passaparola. Ad esempio, al Teatro Puccini di Firenze, la prima volta son venuti 40 persone, la seconda 150, la terza e quelle successive ho sempre fatto sold out. Su Torino, Firenze, ho investito. Ci ho messo due o tre anni. Milano è sempre sold out, così adesso rilancio una città alla volta.
Sei anche regista di Peter Pan e Rapunzel e tanti altri spettacoli. Qual è quello che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
Sicuramente Peter Pan è quello con cui ho vinto più premi, Il Premio Gassman, due Biglietti d’oro, il Riccio d’Argento. Penso che Rapunzel sia stato confezionato molto bene e mi sono auto censito perché la precisione non è il mio forte, sono molto più bravo nel lato organizzativo. Ma devo dire che è una macchina da guerra.
Elisabetta Ruffolo