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Torino, il 15 giugno l’opera show “La Vestale di Elicona”. Fattitaliani intervista il regista Mario Acampa

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Andrà in scena al Teatro Carignano di Torino, giovedì 15 giugno, alle ore 20.45, l’opera show “La Vestale di Elicona”, appositamente elaborata per la Fondazione CRT che ha da poco tagliato il traguardo dei 25 anni. Lo spettacolo mette insieme alcune tra le più belle arie della lirica con un libretto inedito, basato sulla struttura del mito classico. La nuova pièce è scritta e diretta da Mario Acampa, in una produzione dell’Accademia Perosi, con musiche dal vivo dell’Orchestra dei Talenti Musicali della Fondazione CRT sotto la direzione d’orchestra di Michele Spotti.

Mario, sono passati 2 anni dalla tu prima regia lirica con l’opera “Il piccolo principe” e l’anno scorso hai debuttato con la tua prima “Tosca”. Questa volta La vestale di Elicona. Il primo Opera show italiano. Cosa è cambiato nel tuo modo di vedere la lirica?
In realtà mi piace lasciarmi sorprendere ogni volta. Mi avevano commissionato uno spettacolo per i 25 anni della Fondazione CRT e ho pensato ad un concerto all’ennesima potenza. Così è nata l’opera show. Ho scelto 12 arie tra le più famose del panorama operistico e le ho legate insieme con una storia inedita. E’ sorprendente come pur strappando le arie dal loro libretto originario riescano a mantenere la loro potenza. Ciò che amo della lirica è proprio questo, la capacità di arrivare ai bisogni viscerali della gente e ogni volta mi lascio cullare da ciò che suggerisce alla mia fantasia. E’ strano fare da apripista a questa forma di spettacolo che in Italia non è mai stata percorsa, ma penso sia giusto che qualcuno lo faccia per primo e sono pronto a seguire il mio istinto. 
Quindi basta con la recitazione? Ti sei votato alla regia lirica?
(sorride) La verità è che non ho ancora capito cosa voglio fare da grande! E in realtà spero di non capirlo mai. Quando mi propongono un progetto, che sia recitazione, regia o altro, mi fermo per un pò a pensare se l’idea mi diverte. La prova del nove è la mattina seguente, se mi alzo sorridendo al pensiero vuol dire che devo farlo o almeno provarci.

Altrimenti qual è il tuo primo pensiero la mattina?
La colazione! E’ il pasto che preferisco. 
Cos’hai pensato la mattina dopo la proposta della Vestale di Elicona?
E’ stata una proposta elaborata in molti mesi con il direttore di produzione, (Stefano Giacomelli, Accademia Perosi) che è ormai un fratello maggiore. Abbiamo spesso pensato alla nostra visione dell’arte e della lirica. Io amo guardare l’opera in tutte le sue forme e nei suoi allestimenti più svariati, ma non capisco perché da molti è ancora vista con paura e distacco. 
Cosa vorresti che pensasse uno spettatore dopo aver visto la tua opera show?
Vorrei che gli venisse voglia di vedere e sentire tutte le opere da cui sono tratte le arie, vorrei che iniziasse a domandarsi se preferisce Verdi o Puccini, vorrei che l’indomani andasse a correre ascoltando Bizet. 
L’intreccio alterna il messaggio aulico del riportare l’arte sulla Terra, alle dinamiche di due ragazzi che si trovano accomunati dalle stesse inquietudini, gli stessi dubbi, le stesse necessità. Com’è nata l’idea?
E’ venuta di getto. In questi anni guardiamo i telegiornali, le notizie, il mondo governato da un caos in cui tutti troviamo i nostri anestetici, ma che ci lascia dentro un profondo senso di paura. Il mio anestetico è l’amore per il mio lavoro, per l’arte. E allora la domanda che mi è sorta spontanea era: cosa sarebbe la mia vita senza? Da lì la storia mi è scivolata dalla penna. 
La vicenda si svolge sul Monte Elicona, luogo in cui gli dei dell’arte: stanchi del male che gli uomini si fanno sulla Terra, decidono di ritirarsi. Finalmente il giovane 
Aristeo, animato dall’intenzione di convincere le divinità a salvare ciò che resta di un mondo ormai sprofondato nello sconforto, decide di affrontarli. A proteggere e custodire Melete, Arche, Aede e Tersi, dei divertenti e sbadati quanto imperfetti, la bellissima vestale Armònia, vera eroina dello show. Uno sforzo di immaginazione non da poco. Sei riuscito a metterci qualcosa del tuo vissuto o è tutto inventato?
La storia è elevata in un contesto divino, ma le emozioni di cui si parla e che toccano i personaggi (Dei compresi) sono tutte umane. Aristeo e Armonia rappresentano un pò tutti noi, o almeno entrambi sono espressione di due parti di me: la parte propositiva, combattiva, solare e l’altra che a volte ha paura, non vuole essere delusa, si chiude tra le proprie certezze. Io credo che entrambi i personaggi risultino molto empatici con le emozioni del pubblico. Entrambi fanno un percorso intenso per arrivare alla coscienza di sé stessi. Non sempre è facile guardarsi allo specchio.
Nelle note di regia scrivi: “Riconosci ciò che sei nel cuore del tuo essere e cerca di diventarlo. Riusciranno i nostri eroi a diventare davvero le persone che vorrebbero essere?”
Sì, “Conosci te stesso” e “diventa ciò che sei” erano due iscrizioni di Delfi. Entrambe esprimono molto bene il concetto di riconoscimento del sé e l’impegno a capire se stessi, e superare i propri limiti. Io trovo che siano stimolanti e consolatorie allo stesso tempo e credo che rappresentino insieme lo spirito di questo spettacolo. Non voglio che la gente rida o pianga per forza, mi basta pensare che si fermi per un attimo a riflettere sul modo in cui vive. Siamo tutti pronti a criticare il mondo sui social, ma a volte penso che si potrebbe fare qualcosa di concreto nel nostro piccolo. In cuor nostro ognuno sa cosa può fare. Bisogna solo ascoltarsi di più.
Voce narrante è Giorgia Surina. Sul palco due giovani attori, Elisa Lombardi e Gennaro Iaccarino, fanno da contraltare alle voci liriche, anch’esse giovani: Valentina Iannone, Claudia Sasso, Marco Ciaponi, Evans Tonon. Un cast davvero notevole!
Io con Stefano Giacomelli e Diego Mingolla (direttore musicale) abbiamo fatto una squadra strepitosa. Dal primo giorno di prove si sono uniti tutti in modo splendido. E’ bello lavorare con persone che credono in ciò che fanno e che sono capaci di guardare avanti. Sono molto fortunato ad avere questa squadra di professionisti. E poi Giorgia Surina è stata davvero disponibile ad accettare di prestarmi la voce per narrare la storia. Abbiamo registrato a Milano e con la sua dolcezza è riuscita a dare alla mia opera quel tocco di magia che era necessario. Giorgia a inizio spettacolo ti prende metaforicamente per mano e non ti lascia per tutto lo show. Alla fine sussurra al cuore di tutti. Le sono molto grato, è una professionista, una donna e un’attrice davvero generosa e soprattutto è proprio brava. 
Hai deciso di contaminare il tutto con un linguaggio multimediale, in cosa consiste?
Beh, questa è un pò una sorpresa. Riccardo Alessandri ha realizzato i video su mia commissione. Sono immagini molto forti talvolta ma mi servivano a contestualizzare la storia ai giorni nostri, a trovare i rimandi necessari affinché il pubblico capisse che le parole non sono messe a caso nel testo, ma rappresentano la nostra quotidianità nel bene e nel male. E’ giusto smuovere le coscienze, credo sia parte del dovere dell’arte ed è altrettanto giusto che venga fatto in modo artistico appunto. Siamo in teatro e non si può rinunciare alla voglia di sognare e viaggiare con la fantasia pur fermandosi a riflettere. 
Le scenografie sono di Francesco Boerio, le coreografie di Raphael Bianco per i ballerini di Egri Bianco Danza. 
Credo che ci siano diversi modi per fare regia. In ogni caso dirigere è un atto di coraggio, o almeno io la vedo così. Imporre un punto di vista può essere rischioso e forse deve esserlo se si vogliono sperimentare nuove strade. La grande difficoltà è trovare capi reparto per scene, costumi, balletto etc. che riescano non solo ad entrare nella tua visione, ma persino ad arricchirla con il loro estro artistico. Boerio è un genio ingegneristico  oltre uno scenografo dalla sensibilità conquistatrice. Gli ho proposto l’idea di un cubo gigante capace di trasformarsi e lui ne ha fatto una scena a due piani imponente da togliere il fiato. Agostino Porchietto ai costumi è riuscito a modernizzare visivamente la storia donando un tocco di glamour che non sarei stato capace neanche di immaginare. E’ davvero lungimirante e soprattutto di grande classe. E poi Elia Piatto e Marco Tupputi riescono con trucco e capelli a creare delle sculture sui miei ragazzi. Io sono onorato di avere una squadra artistica e tecnica così.
Le coreografie di Raphael Bianco a vantaggio dei ballerini di Egri Bianco Danza imprigionano le vicende sono narrate da una musica universale quanto la storia dei protagonisti…
Rapahel di Fondazione Egri per la danza riesce a raccontare col corpo le emozioni viscerali, i bisogni e gli archetipi umani che la musica lirica e le parole del mio testo vogliono esprimere. Ogni volta rimango incantato a guardare i loro danzatori. Credo sarà una dura lotta per il pubblico scegliere dove riporre lo sguardo sul palco…ma ho cercato di bilanciare tutto ciò che avviene in scena e spero che tutti possano sentire quel qualcosa dentro che vibra mentre guardano La vestale di Elicona. 
Progetti futuri?
Stiamo a guardare. Ho finito di girare l’ultimo film italo-americano con Danny Glover (Arma Letale) dal titolo Ulisse. Io ho un ruolo strepitoso da Dio Hermes…ci sono tante cose belle alla porta. Cambierò continente per un pò…ma tornerò. Stanne certo! (ride).



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