In Italia sono oltre 70 mila le domande presentate dai richiedenti asilo. Per molti di loro questa è l'unica strada, seppur lunga e difficile, che possa offrire la possibilità di ricominciare a vivere una nuova esistenza, dignitosa e sicura. E' ciò che è successo a Franck Tayodjo, giornalista camerunense, arrivato in Italia dopo la fuga da un carcere del suo Paese nel quale ha subito brutali violenze fisiche e psicologiche. Ascoltiamo la sua storia nel servizio di Marina Tomarro:
Essere costretti a scappare dal proprio Paese per non avere più paura di non riuscire a tornare a casa dopo il lavoro o di non trovare la propria famiglia in buona salute o per il terrore di venire arrestati durante la notte: è stata questa la vita del giornalista Franck Tayodjo, fuggito dal Camerun dopo essere stato vittima, in prigione, di violenze di ogni genere, come ci racconta nella sua testimonianza:
R - Non ho avuto il tempo di mettere qualcosa dentro una valigia, non ho potuto prendere nulla. Ho lasciato tanto. Penso soltanto a tutto quello che ho dovuto lasciare: i famigliari, gli amici, i parenti … Essere obbligato a partire, non parti perché scegli di farlo. Torno a casa, racconto a mia moglie la giornata e le dico che un tale che lei conosce è sparito durante la notte, un giornalista che conosci non c’è più, non si sa dove sia andato. E raccontavo questo a mia moglie con un distacco, come se la cosa non mi riguardasse. Questo fino a quel giorno, quando sono venuti a bussare alla mia porta. La prima cosa che pensi è nasconderti, sperare che il tuo nascondiglio sia un posto dove nessuno ti possa trovare. Però quando senti le grida di tua moglie, di tuo figlio, sei costretto a consegnarti. Anche il più terribile degli uomini non lascerebbe piangere la sua famiglia per colpa sua. È un passaggio che ogni volta cerco di dimenticare oppure di raccontare con un certo distacco. Questa cosa ormai mi ha segnato per la vita. Quando mia moglie è arrivata qui, mi ha detto: “Tu sei cambiato”, ed io: ”Perché tu, no?”. Andare via, partire per poi ritornare, è sempre un po’ morire.
E Franck, dopo essere riuscito a fuggire, riesce ad arrivare a Roma dalla Nigeria, nascosto nella stiva di un aereo, Gli inizi sono molto difficili ma grazie all’aiuto del Centro Astalli, la sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, riesce ad ottenere lo status di rifugiato politico e a fare il ricongiungimento familiare con la moglie. E oggi la sua nuova vita è ancora tutta da costruire:
R - Non faccio previsioni. Vivo la quotidianità. E ogni cosa che accade in quella quotidianità, cerco di prenderla con due mani, cerco di vedere qualcosa di positivo in quello che arriva in quel giorno, in quel momento: se mi danno un piccolo spazio o qualcosa da mangiare, dico: “Grazie”. Quando incontro un amico o una persona che viene dal Camerun a trovarmi e mi lascia qualcosa dico: “Grazie”; quando mi chiamano per un lavoro dico: “Grazie”. Quindi non ho un progetto definito, so soltanto che non devo mettere limiti alla Provvidenza. Marina Tomarro, Radio Vaticana, Radiogiornale del 5 marzo 2017.