Raccontare l'emigrazione non è facile. Soprattutto se non si ha conoscenza non solo dell'inarrestabile fenomeno mondiale, ma anche e specialmente di tutto ciò che comporta una scelta del genere sia per chi parte sia per chi si trova dall'altra parte del mondo che dovrebbe accogliere.
Mettere in scena l'argomento attraverso la forma dell'Opera in musica rende giustizia a chi affronta il viaggio della speranza: nessun altro linguaggio teatrale e musicale ancora oggi risulta essere più forte e impattante.
Al Théâtre National di Bruxelles, fino al 15 gennaio, c'è DARAL SHAGA presentato con la La Monnaie: è uno spettacolo che incrocia l'arte circense con quella teatrale e cinematografica, in cui - attraverso la storia di Nadra e suo padre - si dà voce e corpo ai tanti migranti che intraprendono il viaggio della speranza, verso le mete dove c'è possibilità di vivere dignitosamente e sfuggire a povertà e guerre.
Le acrobazie e le concezioni coreografiche di Philippe de Coen e Bruno Renson con i loro movimenti spettacolari impressionano lo spettatore e subito dopo lo stupore di tanta bravura c'è la riflessione della sofferenza che possono patire i migranti.
I muri, i cancelli, gli ostacoli sono lì: le fatiche, la morte di chi non ce la fa durante il cammino, la tenacia che porta fino all'estremo tentativo fino alla perdita di un'identità che è fatta di nome ma anche di luoghi e volti che si lasciano dietro.
Ottimamente amalgamati fra di loro i diversi elementi.
La musica di Kris Defoort è bellissima, struggente, parla da sé; il libretto di Laurent Gaudé riesce a dare una forma fisica alle parole; bella la regia di Fabrice Murgia che con le sovrapposizioni di piani scenici e temporali trasmette la complessità della narrazione. Grosso il contributo dato dai video creati da Giacinto Caponio e dalle luci di Emily Brassier.
Uno spettacolo da annoverare fra i futuri classici.
Giovanni Zambito