Vengo per portarvi speranza, i profughi sono volti e storie e non numeri. Sono le parole del Papa nella sua commovente visita tra i profughi sull’isola greca di Lesbo. Cinque ore dense di incontri, sguardi, abbracci.
Molti sono stati i momenti toccanti, soprattutto nel campo profughi di Mòria, dove il Papa ha salutato bambini, donne, uomini raccogliendo le loro lacrime, le loro speranze, le loro richieste di aiuto. A condividere questa visita di solidarietà col Papa sono stati il Patriarca ecumenico Bartolomeo I e l’arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, Ieronymos. La sosta a Lesbo è stata l’occasione per levare un forte appello congiunto alla comunità internazionale perché si mobiliti senza tentennamenti in difesa delle vite umane e contro le cause che alimentano le fughe di massa di intere popolazioni. La cronaca nel servizio della nostra inviata a Lesbo, Francesca Sabatinelli:Papa Francesco: “Cari fratelli e sorelle, oggi ho voluto stare con voi e vorrei dirvi che non siete soli”.
E’ arrivato Francesco, è davanti a loro, ai rifugiati, ai migranti, a tutti coloro che sono i protagonisti della “catastrofe umanitaria più grande dopo la seconda guerra mondiale”, così dice già a bordo dell’aereo che lo porta a Lesbo, quando con poche parole, da subito indica l’impronta di questa visita, diversa dagli altri viaggi apostolici, spiega, quando “si fanno tante cose” quando “c’è la gioia dell’incontro”, perché questo viaggio qui in Grecia è “segnato dalla tristezza”, è “un viaggio triste”.
Migranti non sono numeri, sono persone
Francesco parla della gente che soffre, che non sa dove andare, che è dovuta fuggire, racconta di questo tratto di mare che è divenuto ormai un cimitero, con i tanti annegati. Ed ecco che il desiderio di portare la sua vicinanza a chi fugge da guerre e violenza si concretizza in uno dei luoghi simbolo dei drammatici esodi: il Papa entra a Mòria, uno dei campi rifugiati tra i più tristemente famosi. Lo accolgono alcune centinaia di migranti, bambini, donne con il velo, anziani, al suo fianco il patriarca Bartolomeo e l’arcivescovo Ieronymos. Abbraccia i bambini, stringe le mani ai ragazzi più grandi, da loro riceve molti biglietti e richieste di selfie, e anche disegni, che il Papa, dice lui stesso, metterà sulla sua scrivania. Lo accolgono felici queste persone, migranti che non sono numeri ma volti e nomi, scrive Francesco in un tweet. Sono immagini di gioia da un luogo intriso di immensa tristezza. Per molti di loro, di fede non cristiana, questa presenza forse non avrà un significato religioso, sicuramente però sanno che chi hanno di fronte è oggi l’unica voce che si alza a difesa dei loro diritti di esseri umani. E con lui le voci di Bartolomeo e di Ieronymos. Tre leader religiosi che si sono spinti in questo luogo di frontiera per ricordare al mondo che non si devono chiudere gli occhi davanti alle sofferenze di chi cerca una vita migliore, di chi è stato costretto a “fuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione”, e a farlo soprattutto per i figli:
“Conoscete il dolore di aver lasciato dietro di voi tutto ciò che vi era caro e – quel che è forse più difficile – senza sapere che cosa il futuro avrebbe portato con sé. Anche molti altri, come voi, si trovano in campi di rifugio o in città, nell’attesa, sperando di costruire una nuova vita in questo continente”.
Il mondo si faccia attento a queste tragedie
Parla così il Papa a questi occhi che guardano, forse per la prima volta da mesi a questa parte, con la speranza di potercela fare. Perché Francesco è tra loro “semplicemente“, spiega lui stesso, per stare con loro e per ascoltare le loro storie:
“Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità”.
La solidarietà dei giovani
Il Papa parla ai migranti, ma le sue parole sono un messaggio per tutti: “Sappiamo per esperienza quanto è facile per alcune persone ignorare le sofferenze degli altri e persino sfruttarne le vulnerabilità”, anche queste crisi però “possono far emergere il meglio di noi”:
“Lo avete visto in voi stessi e nel popolo greco, che ha generosamente risposto ai vostri bisogni pur in mezzo alle sue stesse difficoltà. Lo avete visto anche nelle molte persone, specialmente giovani provenienti da tutta l’Europa e dal mondo, che sono venute per aiutarvi”.
Papa ringrazia generosità del popolo greco
L’impegno e la generosità del popolo greco sono al centro dei pensieri del Papa, lo ha detto anche al premier greco Tsipras nei pochi minuti di incontro privato all’aeroporto all’arrivo, quando Francesco, ha ringraziato il popolo greco che, nonostante la grave crisi economica, dimostra “solidarietà e dedizione ai valori universali”. La questione dei rifugiati, è il punto emerso dal colloquio, è un problema europeo e internazionale la cui risposta deve essere comprensiva e rispettare le leggi europee ed internazionali. Resta ancora moltissimo da fare, ammette Francesco rivolto agli ospiti di Moria, ma “c’è sempre qualcuno che può tendere la mano e aiutarci”. Quella mano che lui tende a chi, come un giovane profugo, a una giovane donna, gli si getta ai piedi piangendo e chiedendo di essere benedetto:
“Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi: non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera. Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri”.
Appello all'Europa
Per i cristiani il modello da seguire deve essere quello del Buon Samaritano, quello della sua misericordia, e l’appello è, prosegue Francesco, “a mostrare quella stessa misericordia a coloro che si trovano nel bisogno”. E’ un richiamo all’Europa, quello che fa il Papa:
“Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternità, solidarietà e rispetto per la dignità umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia”.
Bartolomeo: il mondo sarà giudicato da come ha trattato i profughi
Un appello fortemente condiviso da Bartolomeo e da Ieronymos al fianco del Papa per gridare al mondo questa tragedia della crisi dei rifugiati. Chi ha paura dei rifugiati non ha guardato nei loro occhi, e nei loro volti, dice il Patriarca. “Il mondo – denuncia Bartolomeo – sarà giudicato dal modo in cui vi ha trattato”.
Ieronymos: indifferenza è bancarotta dell'umanità
Le nostre voci sono unite, aggiunge Ieronymos, nel condannare lo sradicamento, nel denunciare ogni forma di svalutazione della persona umana, nonché la “bancarotta dell’umanità e della solidarietà” dell’Europa. Francesca Sabatinelli, Radio Vaticana, Radiogiornale del 16 aprile 2016.