Andrea Giostra ha incontrato Gabriella Deodato, Fotografa romana di talento e di successo. Gabriella è nata a Roma nel 1980, e quindi è una Fotografa giovanissima ma di grande talento e professionalità. Oltre ad amare l'Arte della fotografia, Gabriella è culturalmente al passo coi tempi del XXI secolo, nel senso che non soffre di analfabetismo idiomatico né di analfabetismo informatico: le nuove forme di analfabetismo del Secolo in cui viviamo. Parla perfettamente tre lingue (italiano, francese e spagnolo) ed ha un'ottima conoscenza dell'inglese e del tedesco: può certamente essere definita una poliglotta, cosa che le dà una marcia in più rispetto ai colleghi italiani che spesso conoscono solo la lingua madre e sono costretti ad esercitare la loro professione dentro i confini italici!
Gabriella invece già all'età di diciotto anni si trasferisce prima in Francia, poi a Parigi, dove studia fotografia presso la prestigiosa Scuola “Icart Photo”, «l'école de la photographie de Paris», dove consegue, con successo, il diploma triennale di Fotografa. Per intenderci, “Icart Photo” oggi rappresenta in Europa e nel Mondo un modello e un riferimento di competenze professionali per chi vuole esercitare il “mestiere” di fotografo professionista. È una scuola che offre ai propri studenti una formazione completa a livello tecnico, artistico, commerciale, ma al contempo valorizza il talento e la passione che l'allievo sa esprimere nei tre anni di studio.Sappiamo tutti che l'immagine, nel XXI secolo, per chi fa certi lavori di altissimo livello professionale, imprenditoriale, artistico, è tutto, e da questo punto di vista l'Arte Visiva è certamente uno degli strumenti più importanti per creare un'immagine attrattiva e seduttiva finalizzata ai risultati attesi di un'azienda, di un professionista, di un artista in senso lato. Ecco, Gabriella ha scelto una scuola che certamente dà questi strumenti.
Oggi Gabriella ha al suo attivo tre importanti mostre fotografiche: “Ombra e volto”, “Tango” e “Everything is light”; e una mostra collettiva di cui ci parlerà nella nostra conversazione.
Nel 2005 incontra il Cinema e inizia a collaborare con alcuni importanti artisti cinematografici italiani: Maria Grazia Cucinotta, Maurizio Casagrande, Ornella Muti, Alfonso Arau, Donatella Maiorca, Valeria Solarino, Isabella Ragonese, Terence Hill. Anche di queste esperienze artistiche, umane e professionali, Gabriella ci parlerà nella nostra chiacchierata.
Nel suo bagaglio professionale, seppur giovane professionista, ci sono anche lavori di cataloghi fotografici di moda, cataloghi fotografici frutto di studi e ricerche storico-artistiche. Insomma, Gabriella è una professionista di arti visive poliedrica e flessibile, ma con tecniche e capacità di utilizzare gli strumenti tecnologici ed informatici del suo lavoro, al meglio e con grande professionalità e passione.
Ciao Gabriella. Benvenuta presso la nostra Redazione e grazie per aver accettato il nostro invito. Nella tua pagina Fb ho letto una bellissima frase di Robert Capa che mi è piaciuta moltissimo «L’unica cosa a cui sono legato è la mia macchina fotografica, poca cosa, ma mi basta per non essere completamente infelice.» È questo lo spunto che prendo per farti la mia prima domanda! (sorrido). Perché hai scelto questa frase? Cosa significa per te, al di là delle parole che sono chiare, ma che nascondono un meta-messaggio molto più profondo ed interessante che vorrei che tu ci raccontassi. Cosa significa per te quello che dice Capa?
Caro Andrea, innanzitutto ti ringrazio a priori e a prescindere per l’opportunità che mi dai tramite quest’intervista di dare Voce e Luce (per rimanere in tema) al mio lavoro e al mio modo di vedere e vivere la fotografia. Ti premetto che nella mia pagina professionale Fb io posto una citazione al giorno, quindi potrei citartene tante altre che ugualmente amo. Dunque …. La fotografia è, per definizione, un punto di vista sulla vita. La vita è fatta di gioie e dolori, di errori a cui diamo il nome di “esperienze”, di attimi da ricordare e altri da (voler) dimenticare. Questa frase di Robert Capa mi piace perché lascia intendere la macchina fotografica quasi come un prolungamento del fotografo stesso, una sorta di “protesi” … un punto di vista sul mondo che ci accompagna ogni istante della nostra vita. Fa un accenno anche all’"infelicità" che è un po’ un leitmotiv della condizione umana … La felicità e l’infelicità possono essere interpretate attraverso il proprio obiettivo fotografico (e di vita): questa frase sottintende una triste indulgenza nei confronti della visione che si ha della vita e degli altri. La penso come lui: la macchina fotografica è per me amante, compagna, figlia, consigliera ed è “poca cosa” ma anche infinitamente grande.
La fortuna di poter raccontare la vita … a modo mio.
Molto convincente quello che hai detto Gabriella. Se devo essere sincero, da un altro punto di vista qual è il mio, la penso proprio come te!
Sai certamente, Gabriella, che Capa è soprattutto un fotografo di guerra. Una delle sue foto più celebri - forse la più famosa! - l'ha scattata in Sicilia, a pochi chilometri da Sperlinga, piccolo e bellissimo paesino al centro della Sicilia. Capa seguì l'esercito americano, dopo lo sbarco a Marsala, nella conquista prima della Sicilia e poi di tutta l'Italia. Quella foto fu scattata il 6 agosto del 1943 ed è rimasta un'icona della fotografia di tutti i tempi. Io, come sai, sono siciliano e guardare questa foto mi ha sempre dato sensazioni forti e inesprimibili. Questa premessa l'ho fatta perché la potenza della fotografia sta proprio in questo: fissa il tempo, ferma l'immagine che rimane scolpita inesorabilmente nella memoria di chi la guarda più di qualunque altra creazione dell'uomo. L'impatto di una foto a volte è devastante: sia nella sua accezione positiva che in quella negativa. Pensi che sia questa la potenza di quest'Arte? Qual è il tuo pensiero in proposito? Cos'è veramente, per l'Artista Gabriella Deodato, la fotografia?
Andrea, potrei parlare di Foto-grafia (letteralmente “scrivere con la luce”) fino a domani. Effettivamente il potere di una fotografia è grande; e oggi vista la presenza del web oserei dire che una fotografia e l’impatto che la stessa ha può risultare devastante. La potenza della Fotografia risiede, come suggerisce la tua stessa domanda, nel riuscire a cogliere un attimo e a farlo diventare eternità. L’occhio fotografico, che altro non è che un prolungamento dell’occhio umano, è capace di cogliere sfumature non a prima vista visibili. Se parliamo di reportage, la fotografia coglie momenti significativi a livello storico e sociologico; io sono più ritrattista, nel senso che ho l’ambizione di cogliere le sfumature del soggetto ritratto.
Il mio concetto di fotografia è immortalare quell’Oltre che è in ognuno di noi, la nostra essenza, la nostra anima …. Attraverso scatti che raccontano la storia di ognuno di noi, quella vera o anche a volte quella che vorremmo vivere e non abbiamo il coraggio/la possibilità di fare.
Per me la fotografia è dare Voce e Luce alla propria intimità.
Amo definire i miei book come al contempo un piccolo corto cinematografico, un abito su misura e una seduta psicoanalitica.
Si chiacchiera attraverso la macchina fotografica …. Amo e ho l’ambizione che chi posa per me si metta a nudo e abbia soprattutto voglia di farlo.
Conoscerai benissimo un’antica credenza secondo la quale “la fotografia ruba l’anima”. Oliviero Toscani, che di fotografia un po’ se ne intende (sorrido!), in una recente intervista rilasciata ad Assisi presso il Convento di San Francesco dov’era per visitarlo, ha detto che «Forse è per questo che tante persone che sono troppo fotografate rischiano di diventare vuote dentro. Tante top model, tanti uomini famosi sono vuoti», la fotografia, continua Toscani in questa intervista, di fatto ruba «il luogo della libertà, l’energia che ci fa vivere e andare avanti» e quindi, da questa prospettiva, chi scatta una foto deve sentirsi addosso una responsabilità pesante come un macigno. «La responsabilità – sostiene Toscani – è nel capire che la fotografia ritrae le persone per quello che sono. Per questo bisogna stare attenti a documentare con serietà. Io posso dire che mi domando sempre se ho sufficienti cultura e capacità per raccontare e testimoniare il tempo che sto vivendo». Forse, Gabriella, è questo che intendi quando dici che chi posa per te si mette a nudo… ovvero, mette a nudo quell’anima di cui parla questa credenza, antica quanto la prima fotografia della storia dell’uomo, quell’anima di cui parla Toscani nella sua intervista!
Ma passiamo ad altro Gabriella, due grandissimi Artisti e Intellettuali del XX Secolo, a proposito dell'Arte fotografica, si espressero con delle frasi che rimasero storiche e sono diventate addirittura degli aforismi. Alberto Moravia - è il primo dei due che ho scelto - disse: «Il fotografo non guarda la realtà, ma la fotografa. Poi va in camera oscura, sviluppa il rullino e solo allora la guarda.» A quel punto la realtà non c'è più, ma c'è la rappresentazione della realtà che ne ha fatto il fotografo. Se è vero quello che dice Moravia, è come se il fotografo alterasse la realtà creandone una tutta sua, una realtà parallela, quella che sa creare con la sua Arte, una sorta di realtà “distorta” ma al contempo “artistica”. Cosa ne pensi in proposito? In questa prospettiva, cos'è la fotografia per te Gabriella?
Moravia dice esattamente ciò che penso anche io, nei riguardi della fotografia. Come detto in precedenza, mentre il reporter deve oggettivamente riportare fedelmente in fotografia ciò che vede ed in questo risiede la sua potenza …. Il reporter vive sul campo e immortala eventi storici, spesso a rischio della propria vita …
Per contrapposizione, io creo Storie fotografiche e in un certo qual modo vendo Sogni. Mi spiego meglio: effettivamente faccio vedere agli altri se stessi attraverso i miei occhi, un po’ come nella canzone di Renato Zero “Vorrei ti vedessi con gli occhi miei per vedere ciò che non vedi ….”
Io fotografo in genere persone “normali” (ho fotografato anche volti noti come Iva Zanicchi o Maria Grazia Cucinotta) che poco hanno a che vedere con il mondo del trucco e del cinema, e amo renderli in un certo qual modo protagonisti della propria vita. Amo renderle luminose attraverso la fotografia, il trucco, un approccio di complicità fra persone prima che fra “modella” (intendo in questo caso chiunque posi) e fotografa.
I miei book sono come un’auto-coccola o un’iniezione di autostima. Si crea insieme una storia, si sceglie un’ambientazione, una location e chiaramente si entra in una sorta di “realtà parallela” della quale siamo creatori e complici insieme.
La frase di Moravia quindi mi calza a pennello: il mio modo di fotografare è artefatto, costruito, ogni dettaglio è importante e non lascio nulla a caso. Ogni mio ritratto è vita vissuta, è tempo passato a conversare prima durante e dopo, è dettaglio, è storia personale, è segreto (rivelato o meno, a seconda della persona).
L'altro grande Artista al quale facevo riferimento - che conoscerai certamente! - è Gianni Berengo Gardin che, sempre nel secolo scorso - anche se va ricordato che Gardin è ancora in vita! - disse: «Il problema è che a gran parte dei fotografi non interessa la fotografia, ma solo la loro fotografia. Non s’interessano assolutamente della fotografia degli altri. Non s’interessano minimamente di avere una cultura fotografica.» Questa frase mi ricorda Bob Dylan (recentemente premiato con il premio Nobel per la Letteratura 2016) che non ascolta mai la musica degli altri. Non so se lo sai questo! Dylan sostiene infatti che ascoltare altra musica, oltre la sua, potrebbe inquinare la sua creatività artistica di compositore e musicista. Ecco, Gabriella, secondo te è vero che i fotografi sono autoreferenziali e narcisisti – traduciamo così la frase di Gardin! – ed al contempo hanno poca cultura fotografica? Se sì, perché secondo te? Il motivo potrebbe essere quello che sostiene Bob Dylan per la sua musica, oppure c'è veramente scarsa cultura fotografica nel tuo mondo?
Innanzitutto ognuno di noi è ciò che si crede di essere.
Intendo dire che si può avere una visione ampia della propria Arte, come una visione riduttiva, ma esserne sempre convinti e dunque convincenti.
Iniziamo col dire che ad oggi tutti fotografano e pochi sono fotografi; il cellulare è diventato il mezzo alla portata di tutti (vedi alla voce “Selfie”), e se da una parte la cosa fa sorridere i professionisti del settore, io che sono un’inguaribile ottimista e amo vedere il bicchiere mezzo pieno, ti dico che è un bene che la “Fotografia” (come concetto) possa essere alla portata di tutti, perché questo fa sì che le persone se ne interessino, pur non capendoci granché. E il parlare di una cosa la fa vivere di per sé, la rende viva, la rende interessante.
Fatta questa premessa, ti aggiungo che la cultura fotografica è un modo di affrontare le tematiche fotografiche stesse. Io per esempio mi interesso poco alle immagini degli altri (sì, lo confesso!), sono a tratti egocentrica e molto incentrata su di me quindi perseguo la mia strada e proseguo per la mia strada.
In fondo, se ci pensi dopo Man Ray in fotografia è stato già “fatto tutto” …. Quindi, e ti provoco rispondendo alla tua domanda con un’altra domanda, perché dovrei ispirarmi ad altri Artisti se penso che il mio punto di vista sulla fotografia sia unico?
… Potrei sembrare presuntuosa, e a tratti lo sono anche, ma il confronto lo accetto solo con chi è migliore di me. Intendo dire che sul mio modo di vedere la fotografia non transigo, ho sicuramente tante lacune a livello tecnico e comunque non si finisce mai di imparare, ma a mio parere l’avere una cosiddetta “cultura fotografica” è una scelta, non un percorso obbligato. Ci si può “ispirare” a qualcuno solo per colmare i propri vuoti artistici, come si può creare attingendo “solo” dalla propria esperienza personale.
Io non guardo molto le foto degli altri, casomai guardo molti film e mi ispiro al cinema e alla cultura cinematografica.
Sai molto meglio di me, Gabriella, che nel Cinema la “Fotografia” - in un’accezione sicuramente diversa da quella intesa del “fotografo puro”, che fa un ritratto, ovvero che fa un reportage di guerra o di eventi catastrofici, ovvero che crea un’opera fotografica di qualsiasi altro genere - ha un ruolo spesso fondamentale e spesso fa la fortuna o genera il fallimento di un Film, seppure l’intero Cast è dotato di un ottimo regista, di un geniale sceneggiatura e di attori brillanti. Ma se il Direttore della Fotografia non sa fare il suo lavoro, compromette tutta l’opera cinematografica. In fondo il Film - in italiano potremmo tradurlo con “la pellicola cinematografica” - non è altro che una serie di fotografie messe in successione attraverso la quale successione si ottiene il movimento, e quindi il “Film”! Questo per dirti, Gabriella, che qui colgo una tua piccola contraddizione in quello che hai appena detto, nel senso che ami la fotografia della settima Arte e, probabilmente, anche se forse inconsapevolmente, ti ispira perché è una “fotografia-dinamica” e non una “fotografia-statica” come quella della foto classicamente intesa, anche se poi la fotografia che intendiamo tutti, ha spesso un “movimento” straordinario che deve saper cogliere l’osservatore sulla base di come il fotografo ha creato la sua Opera d’Arte! Ma adesso passiamo ad una delle mie classiche domande.
Gabriella, la prima domanda che faccio agli artisti che intervisto, è quella di chiedere loro di presentarsi ai nostri lettori con parole semplici. Oggi con te questa domanda è andata un po' in coda (sorrido!). Ti ho presentata come un'Artista-Fotografa completa e molto attrezzata professionalmente: hai talento, passione, cultura, sei una professionista con un'esperienza variegata nel mondo della fotografia. Ma detto questo, se ti dovessi presentare ai nostri lettori come Donna, cosa diresti di te? Cosa mi dici della Gabriella Deodato Donna?
Non amo definirmi, penso sempre che debbano essere gli altri a dare una definizione di noi, in bene ed in male. Non amo chi si incensa da solo, né chi si sminuisce da solo. Comunque cercherò con parole semplici ed incisive di rispondere alla tua domanda. Come donna, non sono tanto distante dalla fotografa …. Avendo la fortuna di aver potuto fare della mia Passione il mio lavoro. La donna e la fotografa in me si confondono e si completano …. Come donna sono molto estremista, non amo le mezze misure e men che mai i compromessi. Detesto la mediocrità, la falsità, la poca umiltà e l’ipocrisia. Sono un’istintiva, una passionale, non mi pento mai di ciò che faccio. Sono sensibile (fin troppo!) e difficile da stupire. Mi capita di rimanere purtroppo stupiDa e raramente stupiTa dagli altri, nel senso che per me la lealtà e la stima sono valori fondamentali nella vita ma ad oggi sembrano merce rara. Non sono una persona attaccata ai soldi ma ai valori sì; per questo amo circondarmi di pochissime persone, quelle vere. Come fotografa tutto questo vale …. lo stesso. Cioè, la donna che è in me quale fotografa, e la fotografa che è in me, rimane donna: la mia evoluzione artistica va di pari passo spesso con la mia evoluzione personale.
Chi mi conosce, sa che sono di una sincerità disarmante …. Io non riesco a frequentare, a meno che non vi sia obbligata per lavoro, chi non fa ciò che dice, chi apre bocca e da fiato. Dico sempre: «Le cose non le dite se poi non potete o non volete rispettarle che non ve l’ha chiesto nessuno.»
Le parole più belle rimangono i fatti.
Dico sempre quello che penso, in bene ed in male, e ricerco le critiche quasi più dei complimenti.
Gabriella, dalla tua risposta appari come una Donna molto sicura di sé e consapevole di quello che vuole dalla vita: e questo ti posso assicurare è una grandissima qualità, una dote che hai ricevuto, o forse, meglio, un dono! Ho intervistato centinaia di Artisti, e spesso mi accorgo che quello che manca in alcuni di loro è la chiarezza delle idee su quello che si vuole essere e su quello che si vuole realizzare nella propria vita. Lasciarsi trasportare dagli eventi è un po’ come giocare al Superenalotto! E questo non va bene! Puoi essere fortunato. Ma la fortuna non basta e non sempre arriva quando è necessaria! Ci vuole carattere, forza, tenacia, talento e determinazione per riuscire nella propria Opera, soprattutto se quest’Opera e la propria vita e se questa vita è intrisa d’Arte come per te!
Gabriella, come è stata la tua esperienza di giovane artista quando non avevi un soldo in tasca e dovevi arrangiarti per imparare, per studiare e per diventare un'Artista Vera quale sei certamente oggi? Hai fatto tutto da sola, oppure hai avuto alleati i tuoi genitori che ti hanno sostenuta da tutti i punti di vista: incoraggiandoti nell'andare avanti nella tua scelta ma anche sostenendoti economicamente?
Ho la fortuna di avere una famiglia alle spalle, in tutti i sensi e non mi stancherò mai di ritenermi molto fortunata per questo. Dopo un primo momento di arrabbiatura iniziale (quando a Parigi ho mollato l’università per la fotografia) ho sempre avuto i miei genitori come preziosi alleati e per questo non finirò mai di ringraziarli.
Si può vivere comunque con poco; ad un viaggio preferisco il prestigio di aver già pubblicato due libri fotografici; ad una domenica di relax preferisco andare in giro per teatri a promuovere il mio lavoro, seppur arricchendomi artisticamente.
Prediligo il lavorare con persone migliori di me, in modo da poter imparare; amo l’umiltà. Amo il lato della fotografia che permette anche di aiutare Associazioni umanitarie o animaliste.
Amo vivere con poco, ma con quel poco che diventa tanto perché è solo farina del mio sacco!
Bellissime parole. Di certo amerai Papa Francesco, ne sono certo!
Chi sono stati i tuoi “Maestri d'Arte” che ti hanno trasmesso la passione per la fotografia? Al di là della scuola che hai frequentato a Parigi, hai avuto modo di lavorare accanto a “mostri sacri” della fotografia? Oppure hai imparato dall'esperienza con una solida base formativa qual è quella della “Icart Photo”?
Ho lavorato con Maestri della Fotografia quali Ferdinando Scianna e Vittorio Storaro, su vari set. Ho bevuto avidamente quelle lezioni di Luce ma soprattutto di Arte ed umanità; la vera grandezza è l’umiltà ed il sapere che non si finirà mai di imparare.
Mi sento fortunata ad aver potuto rubare con gli occhi certe immagini, certi gesti …. Per il resto, ho imparato per strada, a trovare location inventate; il mondo è una gigantesca location. La scuola mi ha dato le basi tecniche ma non si è fotografi solo perché si sa usare una macchina fotografica. Il fotografo deve essere un visionario …. Un folle, un pazzo, uno che va oltre …. Sennò siamo tutti bravi a guardare con gli occhi degli altri; un fotografo deve pre-vedere ….
Non deve aver paura di creare e di inculcare la sua realtà. Comunque devo dire che imparo ogni giorno dai sorrisi, dalle lacrime, dalla Fiducia di chi viene a farsi fotografare da me.
Come tutti gli Artisti, Gabriella, nella tua carriera professionale avrai certamente incontrato delle difficoltà. Ma qual è stata la difficoltà più dura da superare, che ricordi ancora oggi, e che ti ha lasciato un segno indelebile che ti porti dentro, ma che al contempo ti ha dato la forza e la tenacia per continuare e andare avanti con più determinazione di prima?
Incontro difficoltà ogni giorno.
Nell’aridità e nella poca sensibilità delle persone, nel considerare gli Artisti come “lavoratori a metà”.
Per natura, io sono molto tenace e tutto ciò che è ostacolo lo considero motivo ed occasione di crescita. Non c’è un vero e proprio episodio che mi viene in mente da raccontare, ma la diffusa indifferenza alla Bellezza quella sì! Le persone sono grigie, vivono di cose grigie, non hanno tempo per badare ai loro sogni purtroppo, spesso sono rassegnate a priori. Io che sono tutto il contrario, nella mente e nell’anima, sono indignata per questa mancanza di bellezza che viene fuori nella vita di tutti i giorni quando invece di bellezza ce n’è eccome! …. Basta saperla cogliere.
La principale difficoltà che incontro è quella di essere compresa come Artista; anche noi artisti dobbiamo pagare le bollette, il nostro lavoro che richiede dedizione impegno tempo e sacrificio viene sminuito perché spesso vendiamo il “superfluo” ma regaliamo al mondo Bellezza e senza sogni la vita sarebbe davvero squallida!
Per il resto, ho riscontrato le ordinarie difficoltà che ci sono in tutte le vite.
Qual è stata invece, Gabriella, la tua più grande soddisfazione artistica che hai ottenuto fino ad oggi? Di cosa si tratta e come l'hai vissuta?
La più grande soddisfazione artistica, oltre ad aver lavorato con Artisti del calibro di Giorgio Albertazzi, Maria Grazia Cucinotta, Iva Zanicchi, etc.., è quella di aver già pubblicato due libri. Il primo, uscito nel 2015, si intitola “Luce QB Ricette d’aMore”, il secondo nel 2016 (qualche mese fa) “Amore QB Ricette di Luce”.
Dove QB, come nelle ricette, sta per “Quanto basta” perché a parer mio gli ingredienti fondamentali nella vita, come in fotografia, sono l’Amore e la Luce.
Sono entrambi i libri un sunto dei miei lavori; se del primo è per ora finita la tiratura, del secondo potete ancora trovare qualche copia sul sito della “Alterego Edizioni” di Viterbo (www.alteregoedizioni.it).
Comunque, la grande soddisfazione mia è quella di interfacciarmi quotidianamente con persone che si fidano di me, che mi seguono, che apprezzano i miei lavori e che quindi parlano in un certo qual modo la mia stessa “lingua”.
Questa è una delle mie domande ricorrenti. Che faccio a tutti gli Artisti, insieme ad un'altra che ti farò tra poco (sorrido!). Io sono sempre stato un grande lettore, ma il più grande scrittore del profondo dell'animo umano della storia dell'uomo è senza dubbio alcuno Fëdor Michajlovič Dostoevskij. In uno dei suoi romanzi più conosciuti e più belli, “Memorie dal sottosuolo”, pubblicato nel 1864, tra le righe del suo racconto ci parla della “Teoria dell'Umiliazione”. Sai, Gabriella, che a partire da questo concetto così importante che tracciò Dostoevskij nel 1864, negli anni '90 alcuni scienziati e psicologi americani ci hanno costruito su una vera e propria teoria psicodinamica, un modello psicologico che si basa su modelli scientificamente validati, e che parte dal presupposto che: “sono più le umiliazioni che subiamo nella nostra vita ad insegnarci a vivere meglio e a sbagliare sempre meno: si impara dalla propria esperienza e dai propri errori, soprattutto quando sono gli altri a farceli notare e magari ridono di noi!” Tu, Gabriella, cosa ne pensi di questo interessante concetto? Hai vissuto nella tua carriera artistica delle umiliazioni professionali che però ti hanno dato una forza ed una consapevolezza maggiore del tuo talento e delle tue qualità artistiche?
Senza volere, ho già risposto a questa tua domanda nelle tue domande precedenti. Avrei però altro da dire …. Dunque io credo, come già ti dicevo, che non si finisca mai di imparare e che la vera grandezza sia l’umiltà. Io, da persona schietta e sincera quale sono, mi reputo fortunata quando nella vita incontro chi ne sa più di me e ha voglia e volontà e tempo di insegnarmelo! Amo le critiche, le faccio mie, sono una persona che chiede subito scusa e che scarnifica sé stessa. È per questo forse che sono cosi profondamente intollerante verso gli altri; in giro c’è tanta piccolezza morale, tanto poco chiedere scusa, tanto prendersela per nulla.
Essendo una persona che dice sempre ciò che pensa, ho avuto tante liti e tanti allontanamenti anche sul lavoro, ma a tutte queste persone regalo il mio silenzio.
Concordo sul fatto che si impari di più dalle difficoltà che dai complimenti, dal mettersi alla prova, dal subire, dal fare di una difficoltà una forza!
Gabriella, questa è la seconda domanda ricorrente che faccio in tutte le mie interviste: mi piacerebbe conoscere il tuo pensiero rispetto ad una bellissima frase incisa nel grande Frontale del Teatro Massimo di Palermo, famoso perché costruito da due dei più grandi architetti del XIX secolo, Giovan Battista Filippo Basile e il figlio Ernesto Basile. Il Teatro Massimo di Palermo è il secondo più grande d'Europa per grandezza e capienza di spettatori e possiede una qualità acustica terza in Europa solo dopo l'Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna. La frase incisa sul Frontale è questa: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Gabriella, leggendo questa frase cosa ti viene in mente? Qual è la tua riflessione in proposito?
La prima cosa che mi viene in mente è il concetto di “cultura”. La cultura intesa come educazione e non soltanto come sapere. Credo che l’arte elevi l’essere umano, lo renda più consapevole del suo essere un infimo puntino nell’universo, e quindi lo arricchisca.
Spesso due persone che non riescono a dialogare è perché non hanno le stesse basi culturali, ci hai fatto caso? L’educazione, la signorilità, l’eleganza e la cultura andrebbero inculcate sin da piccoli, in modo da dare alle persone un’opportunità in più per il loro futuro a parer mio. La grande ignoranza sfocia nella noia e nell’essere umano che è bestiale di per sé! Mi spiego: quando sento storie di vite giovani bruciate, di ragazzi che si perdono nella droga o in altre dipendenze associo sempre tutto ciò al concetto di ignoranza e di futuro compromesso e distrutto.
L’arte può salvare le persone da sé stesse, la cultura, la bellezza … per tornare alla frase incisa. Chi ha sete e fame di bellezza, difficilmente perderà sé stesso perché avrà una tale volontà di elev-azione da sopperire ad altre mancanze quotidiane.
In questo senso secondo me “essa rivela la vita”: ci rivela a noi stessi.
Gabriella, se dovessi incontrare per strada due bambini di dieci anni che ti avessero riconosciuto come Artista, come Fotografa, e dovessero chiederti con le parole che usano i bambini: «Gabriella, ci spieghi cos'è l'Arte?» Cosa diresti loro? Come la spiegheresti l'Arte a due bambini di dieci anni?
Chiederei a loro di spiegarla a me.
La purezza, la veridicità, la pulizia d’animo che può avere un Bambino è magia.
Risposta originale! Lo ammetto. Anche se per un bambino - questo è il mio pensiero - l’Arte è qualcosa da apprendere. Il concetto di Bellezza è qualcosa di innato che portiamo dentro di noi ancestralmente. E allora, forse, bisogna insegnare loro, ai bambini, cos’è l’Arte, e senza Cultura - come hai detto tu prima, Gabriella - non ci può essere Arte perché in fondo l’Arte nasce dall’incontro tra un oggetto e un essere umano, e si trova proprio in mezzo a questi due “punti” che si incontrano. Questo per dire che se nell’essere umano-osservatore non c’è la cultura per cogliere la Bellezza dell’Oggetto Opera d’Arte, allora l’Arte non c’è perché non si concepisce, non si comprende, non esiste! E come far guardare la Pietà di Michelangelo ad uno scimpanzé! Non sono molto convinto che uno scimpanzé sappia cogliere l’emozione immensa che può dare la Bellezza dell’Opera appena citata di Michelangelo!
Gabriella, chi sono per te oggi i Fotografi che apprezzi di più? Chi sono i più grandi fotografi del XXI Secolo?
Helmut Newton, Ferdinando Scianna, Eugenio Recuenco.
Adesso parliamo di quello che hai fatto negli anni trascorsi e di quello che stai facendo in questi mesi e negli ultimi due-tre anni. Quali sono i lavori che ami ricordare ai nostri lettori che hanno riscosso un successo di pubblico e di critica importante? E quali sono i motivi per i quali sei legata professionalmente e affettivamente a questi lavori?
Sono particolarmente fiera dei miei due libri, e spero sia solo l’inizio di una lunga carriera letteraria. È bello vedere raggruppati tutti i lavori in un unico volume, ti dà un’idea del tempo che passa e di ciò che si riesci a creare e a costruire mattoncino su mattoncino. Io prediligo le relazioni umane, in quanto fotografa ritrattista; da li nasce tutto … La stima, il rispetto, la fiducia ….
È un po’ che non faccio mostre fotografiche, ma sto pensando ad una quarta. Per ora ho al mio attivo tre mostre personali ed una collettiva, ultimamente mi sono più dedicata ai libri, al cinema (foto di scena) ed al teatro.
Io tengo in egual misura professionalmente ed affettivamente ai miei lavori; ogni book ad un privato è frutto di tempo, dialogo, fiducia, costanza, volontà, pazienza …. In una parola: umanità.
Sai Gabriella cosa dicono gli americani rispetto al fatto di diventare delle Big Star? Dicono queste parole: “to become a great artist you have to choose: either work or love” (per diventare un grandissimo artista devi scegliere: o il lavoro o l'amore). Pensi che i grandi artisti americani, vincitori di Oscar, di Golden Globe, di Pulitzer, che hanno fatto questa scelta di vita, abbiano torto o ragione? Qual è il tuo pensiero in merito?
Io sono fortunata perché l’Amore è proprio il filo conduttore, il “fil rouge” del mio lavoro e quindi inscindibile dalla mia vita. Amore: l’unica parola che conta nella vita!
Non so se la frase a cui ti riferisci volesse dire che si deve sacrificare l’uno o l’altro …. Ma nel mio caso non è cosi. Io amo la vita, amo il mio lavoro, amo le persone a me care, amo i miei gatti (ne ho tre) e da tutto ciò traggo ispirazione per creare, quindi per me, come Artista e come donna, l’uno non può esistere senza l’altro. L’Amore è il filo conduttore di tutto ciò che faccio …. Io mi pongo sempre con pulizia e garbo, salvo poi togliere tutto se vedo che chi ho di fronte non è “ricettivo”. È per questo che a volte ho rifiutato dei lavori, perché non mi permettevano di rimanere fedele a me stessa, perché non mi arricchivano.
Non riuscirei mai a scattare senza passione, se ho antipatia per chi mi commissiona il lavoro …. Ho scelto la via dell’Arte per poter dire la mia sulla vita e sull’Amore, per poter dire NO se necessario; sennò me ne andavo a fare la segretaria.
Parole molto sagge Gabriella! Ma saprai anche che nel mondo dell’Arte in genere, nelle sue varie declinazioni, la coerenza e la fedeltà non sempre, purtroppo, sono delle “virtù” che portano al successo e a raggiungere traguardi da Big Star! Non so come bisognerebbe essere! È una domanda che pongo sempre a quasi tutti gli artisti che intervisto anche per capire! Ma di certo so che essere coerenti con sé stessi è la scelta migliore che si possa fare per non soffrire di rimpianti e di rimorsi quando la giovinezza e l’entusiasmo per le nostre passioni si affievoliranno col passare del tempo! Quindi apprezzo molto quello che hai detto e spero per te che rimarrai fedele al tuo carattere forte e determinato qual è quello che stai dimostrando in questa conversazione-intervista!
Per finire la nostra chiacchierata, Gabriella, una domanda che a me piace moltissimo. Ci riporta d'emblée a quando eravamo dei bambini spensierati, pieni di sogni e di speranze. Gabriella, hai un sogno nel cassetto che ti porti dentro fin da bambina e che oggi vorresti realizzare? Se sì, qual è?
Il mio cassetto è troppo piccolo per contenere i miei sogni. Comunque sia, il mio Sogno è continuare a fare ciò che faccio ma sempre meglio, sempre superando me stessa. Il mio sogno è che la vita mi dia la possibilità di vivere d’Arte e d’Amore.
Grazie Gabriella per aver dedicato il tuo prezioso tempo al nostro Magazine. Grazie soprattutto per una conversazione molto interessante, ricca di spunti di riflessione, di cultura e di esperienze vissute insieme, intrigante e sincera, e sono più che certo che i lettori che leggeranno questa intervista lo faranno con molta curiosità e con molto interesse.
Io e tutta la Redazione non possiamo che augurarti di raggiungere traguardi sempre più ambiziosi e importanti, e non possiamo che darti il nostro in bocca al lupo per il tuo futuro artistico e professionale. Grazie ancora e Ti aspettiamo per la prossima intervista!
Desidero ringraziare di cuore Andrea Giostra per la sua pazienza e la sua gentilezza, per le domande argute, simpatiche, spiritose, e davvero interessanti a 360 gradi, e che sono per me spunto di riflessione.
Grazie a tutta la Redazione per il vostro interesse e grazie a chiunque avrà volontà e tempo di leggere questa mia intervista.
Andrea Giostra
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