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Karbonica, "Quei colori"è il 1° disco della band siciliana. La recensione di Fattitaliani: qualcuno qui è un po' nostalgico

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Stiamo parlando dei Karbonica, giovane band siciliana che con "Quei colori" si applica ad una particolare sfida: l'album d'esordio. Lo stile non è sicuramente una novità e probabilmente è proprio questo il punto a favore della band: chitarre, basso e batteria fanno del gruppo un revival del revivail che guarda senza dubbio agli anni d'oro del classic rock, ma passa inesorabilmente da quella scena che fra fine '90 e inizio '00, in Italia, ha visto vecchie glorie (Pelù) e nuove leve (Sarcina) coesistere.

Un'estetica da rocker, quindi, che per sua natura è dura a morire, come è giusto che sia. Senza dubbio stiamo parlando di ragazzi cresciuti con Led Zeppelin e AC/DC, affascinati dai riff e dagli assoli, che hanno visto nell'immagine e nel sogno del rock una via d'uscita valida dal sistema preconfezionato e precostituito. 
Nel disco c'è tutto questo: il suono duro e puro dei "sacri"'70 è il mezzo migliore, per i Karbonica, per veicolare un messaggio chiaro e pulito. Un messaggio fatto di critica sociale, tematiche attuali ed elogi a ciò che, secondo loro, rappresenta i veri valori. In particolare nella traccia conclusiva "Libera", il testo fa crollare le maschere e i vestiti puliti di un'ipocrisia sociale che da decenni è al centro di dibattiti e offre spunti alle più svariate forme d'arte. 
Uno spaccato dell'Italia contemporanea: quella della crisi economica e della generazione (che lentamente diventa generazioni) senza futuro, senza storia e a detta di qualcuno senza ideali. Con una struttura tipica fatta da strofe e ritornello il gruppo vuole buttare tutto giù, in quello che all'apparenza sembrerebbe un pessimismo cosmico ma che nasconde una speranza e un'energia vitale interna che si pone come obiettivo quello di cambiare le cose.
Una poetica che sfiora il populismo (in particolare nei testi di più aspra accusa sociale), ma si mantiene all'interno del limite, senza cercare consensi, senza alimentare rabbie o delusione, semplicemente analizzando una realtà che esiste e che il gruppo intende esprimere come meglo crede.
Ed è proprio il "come meglio crede" l'aspetto fondamentale del fenomeno: "quei colori" incide su traccia la libertà di fare veramente quello che si vuole, senza per forza essere condizionati dall'andamento della moda.
Brani emblematici sono la pesante accusa sociale in "Inganno", ma anche "Scappo via" e la già citata "Libera".
Un genere "fuori moda" e "fuori dal tempo" che funziona proprio per questo motivo; l'elettronica (poca ma presente) serve a sottolineare quello che suppongo essere il pensiero del gruppo: "guardate sappiamo cosa va in questo momento e cosa piace alla massa, ma non ci interessa, a noi piace questo rock e facciamo questo rock". 
Poi magari mi sbaglio e il prossimo disco sarà Techno.
 Giuseppe Vignanello

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