Il 16 febbraio del 1982 in via Santo Stefano del Cacco (ben nota ai lettori di Gadda), al «Teatro Flaiano» di Roma, Giorgio Caproni tiene una conferenza dove dovrebbe commentare i suoi versi Parole (dopo l’esodo) dell’ultimo della Moglia.
Tra il pubblico siede Pietro Tordi, un attore, che da alcuni anni commette quella che in molti considerano una sua personale stranezza: registrare, in teatri, accademie o circoli, qualsiasi cosa gli riesca di captare venga detta sulla poesia. Ma le stranezze di Tordi (per noi una fortuna) ci riportano la voce di uno dei più grandi poeti del nostro novecento che, come sempre defilato, ci dirà quasi niente su quei suoi versi, e moltissimo sulla sua visione lucida e intelligente di cosa sia la poesia.
Giorgio Caproni, nato a Livorno nel 1912 e morto a Roma nel 1990. È considerato uno dei più grandi poeti del secondo novecento italiano. Oltre che poeta è stato saggista, critico, traduttore di Genet, Proust, Céline e Baudelaire e, per un breve periodo, maestro nelle scuole elementari. In vita ha pubblicato quasi venti volumi di versi, alcune raccolte di racconti e numerosi saggi critici.
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Roberto Mosena ha insegnato all’Università di Roma Tor Vergata e all’Università per Stranieri di Perugia. Ha curato e pubblicato diversi volumi sulla letteratura italiana moderna e contemporanea, tra cui il recente La letteratura al registratore. Il fondo di poesia Pietro Tordi (2015).