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"Va', dona la vita", un libro ricorda le 3 missionarie saveriane uccise in Burundi

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Il 7 settembre del 2014, in Burundi, venivano barbaramente uccise da uomini armati tre missionarie saveriane italiane, Bernardetta Boggian, Olga Raschietti e Lucia Pulici, che avevano dedicato tutta la vita ai più bisognosi dell'Africa.
A due anni dalla loro uccisione - ancora avvolta nel mistero - esce oggi in libreria, edito dalla Emi, il volume "Va, dona la vita" che ricostruisce le vicende delle tre missionarie. A curare il volume è una sua consorella, anch'ella missionaria tra Congo e Burundi, suor Teresina Caffi. Alessandro Gisotti l'ha intervistata:
R. – Io lavoro per metà dell’anno in Congo, nella zona vicina al Burundi, ed è là che sono arrivati i libri personali che le nostre sorelle avevano nelle loro stanze. Mettendo a posto questi libri nella biblioteca comune, ho trovato vari foglietti dei quaderni con i ricordi personali, nei quali apparivano degli scritti di queste sorelle. A volte erano foglietti consunti dal tempo, come può capitare a ciascuno di noi: fissi un’idea, una decisione, una luce che ricevi nel corso della tua vita e che tieni come un segnalibro, quasi a lasciartene accompagnare. Così mi è parso che queste parole delle sorelle meritassero di essere conosciute. Difatti, come appare dal libro, le autrici sono loro tre; le nostre parole vogliono infatti essere soltanto un’inquadratura di testi che sono soprattutto loro.
D. – Il titolo è: “Va’ e dona la vita”, che è esattamente quello che è successo…
R. – Sì. L’origine della scelta di questo titolo è perché quest’espressione viene da un canto che Olga amava molto cantare, soprattutto negli ultimi tempi. So che negli esercizi di qualche giorno prima, in pieno silenzio in Burundi, era partita a cantare “Ho udito il Signore che diceva”, che a un certo punto termina con questa frase: "Va' e dona la vita". È una frase che esprime il suo desiderio, quello delle altre due sorelle e anche il nostro, malgrado la nostra debolezza: il desiderio di dare tutto. E ci fa risollevare ogni volta che il nostro passo si fa più lento o siamo tentati di sederci. Penso che dare la vita sia il sogno nel cuore di ogni missionario!
D. – Papa Francesco, poco dopo la loro morte, sottolineò che non era successo invano. Ricordava anche come poi ogni martirio è sempre stato un seme di speranza e di nuovi frutti nella vita cristiana. La casa dove sono state uccise è oggi anche una casa di preghiera…
R. – Sì, questo aspetto senz’altro mette in evidenza il senso delle parole del Papa. La loro è una casa di preghiera, in effetti, sono stati tolti i muri interni e sono stati lasciati piccoli segni ad indicare dove si trovavano le stanze delle nostre tre sorelle. È diventata una vera e propria cappella che si chiama “piccola chiesa della pace e della misericordia”. E non è solo nel loro ricordo, ma di tutti quelli che hanno dato la vita, religiosi ma anche laici, in questo Paese. Nello stesso tempo, penso che le parole del Papa vadano accolte con fede, nel senso che l’efficacia non è immediata, perché sappiamo che il Burundi, da allora, ha conosciuto dei giorni molto bui dai quali non è ancora uscito. Tanto sangue ancora è stato versato e tanta violenza è stata ancora usata in questo Paese verso tanta povera gente. E quindi noi crediamo che queste nostre sorelle - e tanti che sono morti quando non dovevano morire - continueranno a pregare. E sicuramente verrà il giorno in cui l’efficacia di queste preghiere diventerà anche visibile. Alessandro Gisotti, Radio Vaticana, Radiogiornale del 1° settembre 2016.

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