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Brexit, il fronte separatista preoccupa l'Unione Europea. Intervista a Marco Piantini

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In Gran Bretagna è sempre vivo il dibattito sulla possibile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, la cosiddetta Brexit. A deciderlo sarà il referendum del prossimo 23 giugno. Il fronte separatista, che già conta il sindaco di Londra Boris Johnson, insieme con i ministri della Giustizia e del Lavoro, e una buona fetta dell’opinione pubblica, preoccupa il premier David Cameron e l’Unione Europea. Stefano Pesce ha intervistato Marco Piantini, consigliere per gli Affari esteri del governo italiano: 

R. – La campagna elettorale per il referendum è appena iniziata. Sappiamo che tradizionalmente il grande pubblico britannico non ha un rapporto molto positivo con l’Unione Europea, però io ho la fiducia che il primo ministro Cameron e il principale partito di opposizione, il partito laburista, riusciranno a spiegare le ragioni della permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea.
D. – L’Unione Europea sta considerando seriamente la possibilità di un’uscita della Gran Bretagna?
R. – Certo, purtroppo si! La dobbiamo considerare seriamente…Diciamo che scaramanticamente non vogliamo crederci, perché una Unione Europea senza Regno Unito sarebbe una Unione Europea più povera; e un Regno Unito senza Unione Europea sarebbe sicuramente un Regno Unito più povero: io direi che soprattutto il Regno Unito sarebbe più povero.
D. – Quali effetti potrà avere sull’economia dell’Unione Europea l’uscita della Gran Bretagna?
R. – Ormai i legami tra tutte le economie europee e tra i diversi settori industriali e finanziari sono talmente profondi che delle rotture avrebbero gravi conseguenze per l’occupazione, per la crescita e per la stabilità.
D. – Alla Gran Bretagna conviene uscire dall’Unione Europea?
R. -  Io credo assolutamente di no!
D. – La Gran Bretagna attualmente è nell’Unione Europea, ma in che modo?
R. – E’ presente nelle dinamiche europee, da sempre con le sue caratteristiche. Ha sempre avuto dei negoziatori molto abili; è sempre stata capace di definire molto bene i suoi interessi e, a volte, anche di farli passare con forza e con decisione all’interno dell’Unione Europea. C’è, però, da chiedersi se qualche volta – paradossalmente – non abbia un po’ penalizzato se stessa, perché l’atteggiamento che spesso ha avuto di stare dentro ma con un piede fuori, le ha fatto pagare un prezzo. Credo che una parte importantissima della loro opinione pubblica e della loro classe dirigente, questo lo sa bene: è molto meglio essere parte dei processi, è molto meglio essere dentro le cose per poter incidere sulle decisioni.
D. – Si è parlato di uno statuto speciale per trovare un compromesso ed evitare le Brexit. Cosa vuole la Gran Bretagna in più rispetto alle libertà di cui già gode?
R. – E’ un accordo che entrerà in vigore soltanto se i cittadini britannici decideranno che il Regno Unito resti nell’Unione Europea.
D. – Cosa chiede il Regno Unito?
R. – Il Regno Unito fondamentalmente ha chiesto di chiarire alcuni aspetti in ambito economico per quanto riguarda la competitività, per quanto riguarda alcuni principi che sono relativi alla sovranità. Una parte particolarmente spinosa del negoziato è stata quella relativa alla libertà di circolazione dei lavoratori.
D. – L’Europa è propensa ad accontentare la Gran Bretagna?
R. – Diciamo che si è trovato un accordo. E’ stato importante affermare dei principi fondamentali ai quali non si può rinunciare: principi di non discriminazione tra i cittadini. Diciamo che si è trovato un buon compromesso in un contesto certamente non facile. Stefano Pesce, Radio Vaticana, Radiogiornale del 28 marzo 2016.

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