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Libri, "'Dsm-V e i film che raccontano la psiche" di Massimo Lanzaro: i protagonisti dei film sul lettino dello psichiatra

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“Ormai hanno successo solo i libri di ricette scritti dai personaggi usciti dai reality show”, faceva dire il regista Paul Haggis in “Third Person” all’editore di uno scrittore vincitore del Premio Pulitzer.
Stando a questa affermazione del 2013 gli scrittori sono tutti arditi (per fortuna) e c’è anche chi lo è più degli altri. È il caso di Massimo Lanzaro, psichiatra amante del cinema, che è stato ardito al punto tale da dare alle stampe qualche mese fa un libro che apre una nuova strada nella saggistica. Il testo in questione è “Dsm-V e i film che raccontano la psiche” (edito da ArpaNet) che si pone l’obiettivo di mettere il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali al servizio del cinema e viceversa. Come lo stesso autore ricorda “le questioni psichiatriche sono stati temi ricorrenti nei film sin dal 1904” ed il pubblico è affascinato da queste pellicole che si addentrano nella psiche e ne vorrebbero sapere sempre di più o averne più elementi per discuterne una volta che le luci in sala si accendono. Utilizzando un linguaggio ed una forma colloquiale e divulgativa il dottor Lanzaro va incontro a questa esigenza, analizzando alcune pellicole. Tra queste, ad esempio, c’è “Nightcrawler” che parla dei reporter che vanno a caccia di “sangue”, i cosiddetti “sciacalli”: qui il dottor Lanzaro analizza la personalità del protagonista Lou Bloom, interpretato da un impareggiabile Jake Gyllenhaal, e ne dà la diagnosi di disturbo antisociale di personalità. È come se il dottor Lanzaro indossasse il camice bianco e facesse sdraiare i protagonisti dei film sul lettino del suo studio. Così facendo approfondisce temi come la depressione, di cui tanto si parla ma di cui solo i medici (e quelli bravi) sanno davvero riconoscere, partendo dal personaggio Jasmine di Woody Allen interpretato da Cate Blanchett. Oppure illumina la bravura di un regista come Ferzan Ozpetek nell’affrontare il tema dell’accettazione della malattia, del cancro in particolare, nel film “Allacciate le cinture”. In questo caso, il dottor Lanzaro prima espone la teoria di Elisabeth Kubler-Ross basato sulle cinque fasi che attraversa il paziente nell’affrontare la malattia – rifiuto, rabbia, patteggiamento, depressione e accettazione – e poi elogia il regista scrivendo che nei dialoghi ha quasi inventato un’ulteriore fase, “quella della sublimazione ironica”. Al tempo stesso il dottor Lanzaro mette in guardia sia dall’utilizzo del “Dsm” che dalla lettura assoluta ed univoca dei film. Nel primo caso, perché il manuale è un’indicazione per intraprendere un percorso di guarigione per il paziente che va costruito col terapeuta, ed a volte anche con altre figure professionali. Nel secondo caso, perché il film, più di ogni arte è un’opera collettiva e non si può dire in maniera perentoria che affronti ed abbia voluto affrontare un tipo preciso di disturbo mentale. 

In merito, il dottor Lanzaro ci ricorda che “molti registi hanno ammesso di essere entusiasti quando qualcuno mostra loro aspetti inconsci del proprio lavoro di cui non erano dichiaratamente consapevoli”. Per il dottor Lanzaro il cui sogno, “come quello di Focault, sarebbe un lavoro di lungo respiro, capace di correggersi man mano che si sviluppa, aperto alle reazioni che suscita, a congiunture e a ipotesi nuove”, oggi comincia un nuovo cammino, il confronto con il pubblico. La parola chiave per lui è “interazione”, che deve essere costante con l’altro, per fare di questo sogno e di questo progetto in cui crede di “psicologia e cinema” qualcosa che sia al servizio dello spettatore più disincantato, della persona in costante ricerca della realizzazione di sé, di colui e colei che hanno necessità e voglia di capire i meandri della psiche umana così sfaccettata e variegata. Un cammino il cui inizio era stato annunciato per aprile a Roma e che il dottor Lanzaro ha voluto rimandare per iniziarlo nella sua città natale, Ottaviano (in provincia di Napoli), nella comunità che lo ha visto diventare il professionista che è oggi. La professione lo ha portato per tanto tempo all’estero (è stato direttore sanitario in Inghilterra), e ieri come oggi ogni nuovo viaggio vuole che cominci da lì. 
Così lunedì 6 giugno ad Ottaviano, appunto, all’Hotel Augustus (via Giovanni XIII, ore 17.30), terrà il primo incontro su “psicologia e cinema” che comincerà dal suo libro per diventare dialogo col pubblico, grazie all’ospitalità della Fidapa-BPW Italy locale ed alla complicità dei professori Angelo Andriuzzi e Carmine Cimmino che gli hanno trasmesso l’amore per la scrittura e per il latino e il greco, discipline quest’ultime che in medicina rendono il vocabolario specialistico più semplice. Il tutto con l’avvertenza dello sceneggiatore hollywoodiano Scott Myers che nel 2009 leggendo la critica del film “Ricomincio da capo” del dottor Lanzaro ebbe a scrivere sul suo blog di non esagerare nelle interpretazioni cinematografiche.

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