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24.mo strage Capaci. Intervista a Nicola Tranfaglia, autore di “La mafia come metodo”

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“La mafia non è invincibile, sconfiggerla è il nostro obiettivo”. A 24 anni dalla strage di Capaci, oggi il Presidente della Repubblica Mattarella ha citato queste parole del giudice Giovanni Falcone, ucciso insieme alla moglie e a tre uomini della scorta da Cosa Nostra.
Da parte sua il presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi ha invitato a non abbassare la guardia perché – ha detto – “la mafia è piegata, ma continua ad avere rapporti con la politica e a fare affari". Ma come è cambiato il fenomeno rispetto a 24 anni fa? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Nicola Tranfaglia, docente emerito di storia all’Università di Torino ed autore del libro “La mafia come metodo”: 
R. – Le associazioni mafiose sono molto più forti, perché hanno realizzato un’alleanza stabile. L’associazione mafiosa calabrese, la ’Ndrangheta, è diventata la più forte ed è presente non soltanto in tutta Europa, ma anche nelle due Americhe. Siamo in una situazione in cui il governo attuale non ha messo in opera, in maniera adeguata, tutto quello che si può fare contro le associazioni mafiose. Noi abbiamo una situazione sempre più rischiosa per chi si pone con chiarezza di fronte alle mafie o fa parte del sistema giudiziario.
D. – L’eredità di Giovanni Falcone, oggi, è stata raccolta? Viene continuata la sua opera?  E questi uomini – se esistono – sono accompagnati dallo Stato?
R. – Di questi uomini noi continuiamo ad averne, per fortuna! Però non mi sembra che siano al centro del potere in Italia. Anzi, sono lontanissimi dal potere. Mi sembra che tutti quelli che assumono un atteggiamento effettivamente chiaro e limpido nei confronti di mafia, politica e affari si trovino in difficoltà o comunque vengano messi da parte.
D. – Non abbiamo più assistito a stragi eclatanti come quella di 24 anni fa. La mafia è più forte, ma è più silenziosa rispetto a 24 anni fa?
R. – Certo, perché riesce a compiere i suoi delitti e soprattutto gli affari. Noi non riusciamo a fare una legge adeguata al conflitto di interesse. La nuova norma – in attesa di andare al Senato – è una norma farraginosa e complicata e può diventare un bel buco nell’acqua. Non è una legge adeguata alla pericolosità del conflitto di interesse. Bisognerebbe fare qualcosa di più decisivo nei confronti delle associazioni mafiose: sia – a mio avviso – facendo in modo che nelle scuole e nelle università si parli di più di questo problema e si parli in maniera adeguata da parte di gente che conosce la storia di questo problema; sia anche cercando di mettere in azione, in maniera sempre più adeguata, i nostri strumenti educativi e repressivi.
D. – Oggi il presidente della Commissione nazionale antimafia Rosy Bindi ha detto: “La mafia c’è ancora: fa politica”. E si è rivolta alle forze politiche e ha detto: “Sono ancora in tempo per togliere qualche impresentabile dalle liste”…
R. – Per fortuna abbiamo una Commissione antimafia e una presidente della Commissione antimafia che non ha mai avuto dubbi sul problema. Questo mi fa molto piacere! Ma, a parte questo, non possiamo dire che la classe politica dirigente sia tutta tesa alla lotta contro la mafia: non possiamo proprio dirlo!
D. – Professore, a parte la politica, quali sono gli altri ambiti di interesse della mafia oggi?
R. – Sono gli affari. E “affari” significa usare lo Stato per fare denaro. Sono una Spa! Una società per azioni, in cui a volte ci sono personaggi impresentabili e personaggi presentati. Ecco! C’è di tutto: c’è l’una e l’altra cosa. Paolo Ondarza, Radio Vaticana, Radiogiornale del 23 maggio 2016.

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