Un lavoro che ha commosso profondamente critica e pubblico qui a Cannes è stato I, DanielBlake di Ken Loach. Una tematica che appartiene al regista britannico che racconta verità straordinarie colte nella loro pura essenza, girando in maniera asciutta, rapida, e senza un immagine di troppo o una parola in più ad appesantire il racconto, ed un grande, innegabile senso d’umanità.
Solo due anni fa Loach superbo quasi ottantenne, dichiarava che Jimmy’s Hall sarebbe stato il suo ultimo film. Evidentemente però ha cambiato idea ed ecco questa perla di I, Daniel Blake, che dipinge socialmente l’Inghilterra di oggi, ancora più degradata, se possibile da quella degli anni sessanta, quando Loach girava per la BBC, Cathy Come Home. Daniel Blake (Dave Johns)è un falegname che si sta lentamente riprendendo da un infarto. Il suo medico gli ha impedito tassativamente di riprendere il lavoro. Non è questo però l’avviso del burocrate incaricato della sua pratica che, senza nemmeno ascoltarlo gli dà solo 12 punti di invalidità quando per il sussidio, di cui ha bisogno per vivere, ne occorrono quindici. Purtroppo il tempo per esaminare il suo appello è indefinito e Daniel non potendo più mantenersi deve cercare un lavoro che poi è costretto a rifiutare per le sue condizioni di salute.
In tutte queste peripezie burocratiche incontra una giovane donna Katie (Hayley Squires), madre di due bambini, anche lei con terribili problemi di sopravvivenza, e per loro Daniel diventerà l’angelo custode fino a quando la sua situazione diventerà insostenibile. In La part des anges, di qualche anno fa, Loach aveva ancora una certa voglia di sorridere, ma qui niente sorrisi di fronte alla tragicità di una situazione divenuta insostenibile di fronte ad una burocrazia ottusa che invece del cuore usa solo un massiccio impiego di internet che umilia i più deboli e li scoraggia dal far valere i loro diritti, reclamando quello che gli è sacrosantamente dovuto.
Daniel e Katie, ovvero due splendidi esseri umani uniti da un destino che riserva ora solo insormontabili problemi, che amerete dalla prima all’ultima inquadratura. Loach riprende così il racconto della solidarietà umana che gli è congeniale, mentre descrive il drammatico realismo della loro vita giunta ad un punto di non ritorno, costringendo due persone ben nate ad una condotta scorretta, in cui le loro azioni, per poter sopravvivere, diventano fuori legge.
A fare da cornice a questo indimenticabile film che mostra l’ambiente depresso del nordest inglese, ecco le case popolari di Newcastle che danno un esempio perfetto di una classe sociale in decadenza nell’attuale Regno Unito. Rimarchevole è poi l’equilibrio che Loach ha messo nell’evitare che rabbia e risentimento contro la maniera di governare dei conservatori di destra, che molto hanno contribuito alla rovina di un’intera classe sociale, togliesse al film distanza e lucidità. L’applauso alla fine della proiezione per la stampa è scoppiato liberatorio, mentre le luci hanno rivelato la commozione sui volti degli spettatori.
Loach ha poi spiegato in conferenza stampa che per lui “Era importante trovare il tono giusto per una storia tanto forte, così ho chiesto alla mia troupe di essere essenziali ed assolutamente chiari. Quello che avete visto non è un fatto contingente del mio Paesemariguarda tutta l’Europa, che applica leggi crudeli contro i più deboli e vulnerabili. Non sono certo uno scherzo i 2 milioni di disoccupati, mentre i suicidi aumentano sempre più. E la burocrazia rimane a guardare, rispondendo con indifferenza”.
Ken Loach con i due protagonisti Dave Johns e Hayley Squires |
Paul Laverty, lo sceneggiatore da sempre accanto a Loach, ha sottolineato dal canto suo che queste storie, “ci hanno spezzato il cuore. Ovunque abbiamo incontrato persone umiliate con un calvario incredibile e difficilmente immaginabile. Ma la situazione può o potrebbe cambiare?“Se è vero che l’Occidente è travolto da un sistema politico strutturato apposta per negare il vero bisogno di queste classi sociali è anche vero che, in ogni territorio europeo, esistono ancora delle sinistre che hanno a cuore questo problema e che possono e devono unirsi per risolvere dall’interno questo cancro”.
Mariangiola Castrovilli