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Orazio Gentileschi, pittore e agente segreto. Esce la monografia di Maurizia Tazartes sul padre di Artemisia

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Il carattere difficile e la lingua tagliente. La grande maestria nella pittura, che lo porta a lavorare per committenti prestigiosi in tutta Europa. La vita avventurosa, che culmina nel suo ruolo di agente segreto per il re Carlo I d’Inghilterra. La figura di Orazio Lomi Gentileschi (1562-1640), padre della più famosa Artemisia, è ricostruita dalla studiosa Maurizia Tazartes in un saggio illustrato basato su ricerche approfondite e novità documentarie.
Il volume, intitolato Orazio Gentileschi “astratto e superbo toscano” (Mauro Pagliai, pp. 176, euro 16), è la prima monografia sul pittore caravaggesco dopo quella di Raymond Ward Bissel uscita nel 1981.
L’autrice ricostruisce la vita e l’attività di Gentileschi attraverso le opere certe e significative, e gli scarsi documenti, concentrandosi sui diversi cambi di rotta nel percorso umano e artistico, chiarendo punti oscuri e fornendo cronologie convincenti per dipinti di datazione incerta. Sono individuate le tappe della formazione tra Pisa e Roma, dove il pittore si sposta tra il 1576 e il 1588 alla ricerca di una propria autonomia esistenziale e artistica rispetto alla famiglia di artisti pisani. Vengono ripercorsi l’attività nell’ambiente cosmopolita romano, dove Gentileschi conosce Caravaggio, e il successivo iter tra Lazio e Marche, dove ripara dopo la violenza subita dalla figlia Artemisia da parte di Agostino Tassi. Si indagano e precisano i rapporti con i vari mecenati e gli scambi con altri artisti, tra cui il nordico e più giovane Gerrit van Honthorst, presente a Roma e dintorni nel secondo decennio del Seicento. Dopo l’attività genovese tra il 1621 e il 1624, il saggio si concentra sul periodo inglese alla corte di Carlo I, mettendo in rilievo non solo il lavoro di pittore di Gentileschi, ma il suo ruolo di agente segreto del re, oltre alla difficile vita londinese per la concorrenza di altri artisti inglesi, olandesi, tedeschi e soprattutto di Rubens e van Dyck.
Orazio emerge come un pittore dal carattere litigioso e scostante – un “astratto e superbo toscano”, come lo definì Roberto Longhi – ma anche come un grande, raffinato artista, con una pittura che da tardomanierista si evolve verso un originale caravaggismo di luce, per poi superarlo e diventare limpida ed elegante, in questo decisamente europea.

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