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GIUSEPPE CEDERNA, dal 19 al 22 maggio al TEATRO INDIA di Roma con "L'ULTIMA ESTATE DELL'EUROPA"

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Da giovedì 19 a domenica 22 maggio l’attore, scrittore e viaggiatore Giuseppe Cederna ritorna in scena a Roma al Teatro India(Lungotevere Vittorio Gassman – ingresso 8 euro – info@teatrodiroma.net) con il suo nuovo monologo “L’ultima estate dell’Europa” con le musiche originali eseguite dal vivo di Alberto Capelli, alla chitarra e percussioni e Mauro Manzoni, ai flauti, sassofoni e clarinetto basso.


«E' uno spettacolo necessario per affrontare l'orrore ed esorcizzare le nostre paure. - commenta Giuseppe Cederna - La scena che apre lo spettacolo, il racconto minuto per minuto dell'attentato di Sarajevo ad opera di giovani kamikaze, viene seguita dal pubblico in un silenzio impressionante. Sembra la cronaca di un evento appena successo. Ed è appena successo.»

«Cederna non fa la storia e non descrive battaglie. – commenta Osvaldo Guerrieri - Parla di uomini inghiottiti dal fango della guerra, ne assume le voci, ne ruba le parole e ce le porge al modo di una Spoon River delle trincee. Sarebbe bello vedere una platea tutta di ragazzi.»

«Siamo in trincea, in bilico tra vita e morti. – commenta Mauro Sesia - Ed è il disequilibrio, il perno su cui per paradosso si fonda l’ottimo monologo di un ispirato Giuseppe Cederna.»

Sarajevo 28 giugno 1914. Sono le dieci del mattino di una splendida domenica di giugno. Fra quarantacinque minuti due colpi di pistola sconvolgeranno il mondo. Un tumulo informe di sacchi e legni anneriti dal fuoco- che diventerà fiume, trincea, montagna, cimitero- è la zattera a cui si aggrappa il protagonista dello spettacolo, un naufrago della Grande Guerra. Un sopravvissuto. Posseduto dall’implacabile progressione della memoria e incalzato dai temi musicali dei luoghi e dei personaggi, Giuseppe Cederna dà voce e corpo a quell’umanità di vittime e di carnefici che trasformarono l’Europa in un immenso mattatoio. Dai Futuristi ai Generali, dai fanti mandati a morire sul Carso e sull’Isonzo ai loro compagni di naufragio, quegli spettri usciti dalle trincee austriache, fino agli scrittori e ai poeti le cui parole, ancora oggi, ci illuminano e ci commuovono: Owen, Stuparich, Gadda, Ungaretti, Trilussa, Rumiz. Dall’esaltazione alla consapevolezza. Dalle “Radiose giornate di Maggio” alla notte di Caporetto.

«La guerra è molto più vicina di quello che pensiamo - commenta Giuseppe Cederna - la guerra dorme dentro di noi. Per questo, raccontarne gli orrori ma anche il desiderio e la capacità di riscatto, è doloroso e necessario. Con la pietà della memoria e la miracolosa potenza delle storie, l’uomo riesce a ribellarsi all’umiliazione del corpo e dell’anima. Anche nell’orrore, talvolta, riusciamo a trovare la nostra umanità e dignità più profonde.»

GIUSEPPE CEDERNA debutta nel 1977 a Piazza Navona come clown di strada. Nel ’78 fonda con Memo Dini la compagnia Anfeclown  dove si metterà in luce per una comicità surreale e principalmente fisica. Conclusa la vena autarchica, in teatro lo ricordiamo nel Sogno di una notte d’estate del Teatro dell’Elfo, regia di Gabriele Salvatores; in “Amadeus” di P. Shaffer a fianco di Umberto Orsini regia di Mario Missiroli; ne “Il giardino dei ciliegi” di A. Cechov regia di Gabriele Lavia; in “Puntila e il suo servo Matti” di B. Brecht regia di Pino Micol; ne “La Febbre” di W. Shawn regia di Giorgio Gallione; ne “Il grande viaggio” di Giuseppe Cederna e Francesco Niccolini. Al suo impegno teatrale alterna, dagli esordi, un’interessante attività cinematografica. Premio oscar con il film “Mediterraneo” di G. Salvatores nel 1991 nel cinema ha lavorato, tra gli altri, con Scola, Bellocchio, Comencini, Monicelli, i fratelli Taviani, Soldini, Brizzi e Rob Marshall. Ha pubblicato con Feltrinelli “Il Grande Viaggio”, un pellegrinaggio alle sorgenti del Gange; “Piano Americano”, lezioni di sopravvivenza nella giungla dorata di un set Hollywoodiano e, con il fotografo Carlo Cerchioli, “Ticino, le voci del Fiume - Excelsior 1881”.



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