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Renato Carpentieri, Nastro d'argento per "La tenerezza". L'intervista di Fattitaliani: oggi è più facile restare isolati

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Ai Nastri d’argento sbanca “La Tenerezza” di Gianni Amelio con Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti, Greta Scacchi e Renato Carpentieri. Si aggiudica il Premio come Miglior Film, regista e protagonista.

Cos’è la tenerezza, un sentimento o un gesto? Amelio la vede nella testardaggine di Elena (Giovanna Mezzogiorno) che con un gesto cerca di recuperare il rapporto con il padre Lorenzo (Renato Carpentieri). La tenerezza ci dà libertà, è qualcosa di cui abbiamo bisogno per scacciare l’ansia, soprattutto in un mondo fatto di trappole ed inganni, in cui agiscono forze esterne. In questo mondo ci vuole il coraggio di fare un gesto di tenerezza, non bisogna sentirsi deboli. Il percorso che fa Elena nel film è quello di scardinare la corazza di suo padre per guarirlo. 
Per fattitaliani.it abbiamo intervistato Renato Carpentieri, attore straordinario e volto dolente perfettamente inserito in una Napoli che è trattata con grande rispetto, senza nessuna edulcorazione, narrata nella sua ricchezza e complessità di oggi. 
La tenerezza può aiutare per scacciare l’ansia? 
Il non vedere gli altri come nemici ma innanzitutto degni di rispetto fino a prova contraria e degni di gesti teneri e di attenzioni, secondo me in qualche modo ci aiuta per l’ansia. 
Ha parlato di nemici, oggi è più facile avere degli amici o dei nemici visto come vanno un po’ le cose? 
Secondo me è molto più facile restare isolati, cercare di difendersi. Tutto si ridurrebbe a scavarci una tana, come narra un racconto di Kafka, in cui c’è un animale che passa tutta la vita a rendere sicura la sua tana ma non lo è mai. Un po’ questo ci riguarda perché adesso siamo tutti più attenti a difenderci, sia per la situazione generale e sia perché l’insistere sulla diffidenza verso gli altri, ci rende isolati. 
Nel film, Lorenzo, il personaggio che interpreta, vive una sorta d’isolamento, non riesce neanche a sanare l’incomunicabilità con i figli. Tutto cambia quando lega prima con Michela (Micaela Ramazzotti) e poi con la sua famiglia che abita di fronte. Cosa succede? 
In questo rapporto non c’è nessuna costrizione ed è completamente libero da secondi fini. Ciò lo predispone a parlare di sé senza che l’altro sia pronto ad approfittarne. Questa cosa lo porta ad aprirsi. Il rapporto è molto semplice, c’è la bellissima battuta sui figli, quando dico “Confesso di averli amati da piccoli ed adesso ci sono delle difficoltà” e lei dice “adesso dovresti amarli in un altro modo perché sono cresciuti”. Ci sono delle confidenze che spesso non si fanno ai vicini di casa. È tutto gratuito, senza secondi fini. 
Qual è il rapporto di un ultrasettantenne con i figli? 
In generale non saprei, ho due figli ed ho con loro buoni rapporti, non abbiamo delle divisioni e siamo abbastanza indipendenti. Ciò mi fa veramente piacere. Per quanto riguarda Lorenzo, quando il desiderio di apertura e l’attenzione verso l’altro è cresciuta, si colma la frattura che si era creata con la figlia e ci si riesce a guardare in un altro modo, stringendosi la mano.
Cosa sta preparando a Teatro? 
Sono in prova al Teatro Stabile di Torino con “Il nome della rosa”, in una riduzione di Stefano Massini del romanzo di Umberto Eco, dove interpreto il Monaco Jorge da Burgos.
Elisabetta Ruffolo
©Riproduzione riservata

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