Si inaugura questa sera all’Arena di Verona la 95a edizione del Festival operistico con un titolo assai amato dal pubblico dell’Anfiteatro romano: “Nabucco”, diretto da Daniel Oren, in un nuovo allestimento che sorprenderà per l’ambientazione immaginata dal regista francese Arnaud Bernard. Il servizio di Luca Pellegrini:
Così cantano gli Israeliti durante la loro cattività babilonese, come immaginata da Temistocle Solera scrivendo per Verdi il libretto di “Nabucco”. In Jehovah confidano, guidati dal gran sacerdote Zaccaria. Fino a quando Nabucco rovinerà per la sua alterigia, Abigaille la regina cadrà nella follia e il popolo liberato potrà far ritorno alla sua terra.
Con oltre 200 rappresentazioni tra le antiche pietre dell’Arena, Nabucco è tra le opere più rappresentate nell’anfiteatro veronese, fin da quando apparve per la prima volta nel 1938. In questo nuovo allestimento, molto atteso, Bernard traspone la messa in scena tra il 1848 e il 1860, leggendo nel contrasto narrato nell’opera verdiana - che si esprime nel conflitto tra Babilonia e Gerusalemme - la storia d’Italia negli anni turbolenti del Risorgimento. Ma così gli aspetti profondamente religiosi legati alla storia d’Israele non corrono il pericolo di appannarsi? Lo abbiamo chiesto al regista francese:
“L’aspetto religioso non è totalmente cancellato per due motivi. Uno, perché c’è un momento di preghiera sul campo di battaglia, per cui il popolo milanese prega per essere salvato dagli austriaci: quindi comunque c’è una preghiera. E’ vero che il personaggio di Zaccaria non è più un sacerdote, non è più il prete; l’ho pensato più come un uomo politico e quindi tutto l’aspetto religioso dev’essere preso più come una dimensione politica. Però abbiamo comunque visto che il fatto che il popolo milanese, il popolo italiano si riconosce nelle sofferenze del popolo ebreo assistendo alla recita del ‘Nabucco’ di Verdi, comunque al momento in cui vediamo il popolo che guarda la recita, guarda il popolo ebreo che soffre, in quel momento siamo in una replica tradizionale del ‘Nabucco’; e quindi, in questo momento, con il sistema del teatro nel teatro, chiaramente, abbiamo ancora l’effetto religioso esattamente come scritto da Solera e Verdi. E’ una visione particolare, però l’aspetto religioso c’è”.
Un dramma legato, dunque, ad un capitolo importante della storia italiana, e vissuto da Verdi e dai milanesi.
“La storia di Solera è una fantasia. Mi sembra che non ci sia l’obbligo assoluto di raccontare la storia come è stata scritta da Solera. Tutto quel mondo viveva in continuazione nella sofferenza dell’occupazione austriaca, quindi non posso immaginare che non ci sia stato nella loro mente un momento in cui non abbiano fatto questo parallelo …”. Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 23 giugno 2017.