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Festival Milano Off, "Non mi ricordo più niente" dall'11 al 18 giugno. Fattitaliani intervista il regista Emanuele Vezzoli

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Non mi ricordo più niente di Arthur Miller dall’11 al 18 giugno, in anteprima a Milano per il Festival Milano Off. Con Carola Stagnaro e Michele De Marchi. Regia di Emanuele Vezzoli.

È stata l’ultima fatica drammaturgica di Arthur Miller in cui guarda al passato con malinconia ma è speranzoso verso il futuro.
Per fattitaliani.it abbiamo intervistato il regista Emanuele Vezzoli
Non è mai stato rappresentato in Italia. Come nasce il progetto?
È una raccolta di atti unici che s’intitola “Una specie di storia d’amore” e riguarda quella parte della vita di Arthur Miller che va verso la discesa. Parla di un crinale, si arriva ad una cima da dove si vede tutto, sia la parte della vita che si è vissuta e sia quella che resta da vivere. Miller in questi atti unici parla di quella parte della vita che si deve ancora vivere ma è in discesa. Il declino, l’abbandono delle passioni che vengono quasi vissute con inerzia e si va verso la fine. Mi avevano regalato il libro ed a distanza di quasi venti anni, ho messo insieme due di questi atti unici che riguarda la mia età. Mi sento coinvolto in prima persona, sono in quell’età in cui si comincia a vivere di ricordi con un po’ di nostalgia, malinconia. I ricordi fanno un po’ fatica a venire a galla. Questa stagione della vita degli esseri umani, ha un rischio, quello di privarci un po’ del coraggio di vivere, ad essere propositivi, ad affrontare le cose, a tirare un po’ i remi in barca. Una rinuncia inconsciamente voluta quando invece ci sono tante altre possibilità, risorse, cose da fare e soprattutto rapporti umani ancora da coltivare. Quelle amicizie che vanno sempre più affievolendosi sino a diradarsi per una questione naturale. Quelle amicizie vanno coltivate perché non si sa quanto può essere prezioso far sopravvivere anche una sola di queste amicizie. Quanto sia importante non pensare di non essere più in grado di amare o di affidarsi a quel pensiero pericoloso che ci spinge a pensare che non c’è più niente da fare.
Alla soglia dei sessanta non si possono fare questi pensieri, è un po’ prematuro.
I personaggi rappresentati da Miller sono due vecchietti anche se quando scrive si consideravano già vecchietti quelli dopo i cinquant’anni. Non potevo aspettare più tanti anni per poterlo mettere in scena ed ho preferito farlo subito. 
E’ un salto nel vuoto, ci saranno molte aspettative. 
Secondo noi invece è meno rischioso perché non ci sono riferimenti. I due attori che lo fanno, Carola Stagnaro e Michele De Marchi sono bravissimi. E’ un atto unico che ha in sé della malinconia ma anche molta ironia che fa sorridere. Ha un fondo amaro però lascia anche una speranza perché ti dà quel leggero buonumore che ti porta a dire “smetto di pensare che sto invecchiando e mi concentro sulle cose positive”.
Elisabetta Ruffolo


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