Antonio Blasco Bonito, sistemista di rete del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Pisa scrive sulla tastiera una parola: "Ping".
Dall'America riceve una risposta: "Ok". Così, esattamente 30 anni fa è nata la prima connessione Internet in Italia. Un evento rivoluzionario, passato inosservato da tutti in Italia, giornali compresi. I protagonisti oltre a Bonito furono Stefano Trumpy, direttore del "Cnuce" e Luciano Lenzini, responsabile dei calcolatori e delle reti. Il computer che venne utilizzato, un regalo del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, si chiamava Butterfly Gateway. I progressi in campo tecnologico e culturale e il processo che portò al collegamento con la rete Arpanet spiegati da Massimo Inguscio, presidente del Cnr al microfono di Valentina Onori: R. – Ci sono arrivati, 30 anni fa, come conseguenza di un lavorare insieme molto intenso tra Consiglio nazionale delle ricerche di allora, università, industria che, devo dire, a Pisa avevano già prodotto una calcolatrice elettronica e poi dopo avevano creato un istituto “Centro nazionale universitario di calcolo elettronico”, poi diventato istituto del Cnr, e lì a un certo punto si capì che si potevano fare questi collegamenti in Internet. Furono fatti con molto coraggio… La base di partenza era una cultura diffusa – tra l’altro, all’epoca nasceva anche il corso di laurea in scienza dell’informazione … Adesso, quella che sembra una celebrazione è una celebrazione che però testimonia anche che tutti gli ingredienti ci sono ancora. Noi ora ci proiettiamo assolutamente verso il futuro, verso l’Internet del futuro, in cui si mettono in collegamento le cose e non più solo le persone. La cosa affascinante è che questa cultura non si è persa, in Italia, anzi si è super rafforzata.
D. – Nel 1986, la prima mail partì da Pisa, dal Consiglio nazionale delle ricerche, per arrivare negli Usa, il primo collegamento ad “Arpanet”. Il tutto è passato inosservato: perché?
R. – Io mi sto rendendo conto sempre di più che il compito nostro, di operatori della scienza, è quello di continuare a informare su quello che si fa. Bisogna che davvero le persone siano consapevoli di quello che fa la scienza, dei risultati della scienza con i loro limiti, – appunto, certezze e incertezze – in modo da apprezzare non solo l’importanza di sapere di dover finanziare la scienza, ma anche a questioni legate, per esempio, ai temi del clima, oppure i temi delle grandi scelte che uno deve operare in fatto di energie… E la storia di Internet, adesso, è un po’ la stessa questione. All’epoca passò inosservata: sembrò una cosa da specialisti, da fisici, che magari volevano trasmettere dati di esperimenti di altre energie. Adesso, bisogna che tutti siano consapevoli dell’importanza di questo. Quello che è passato inosservato ora è una lezione per il presente…
D. – E’ una storia culturale, più che tecnologica e informatica per specialisti?
R. – E’ cultura. E’ cultura, sì.
D. – Era l’inizio di una rivoluzione che allora non potevamo capire…
R. – Le cose veramente importanti, quando si parte con una cosa nuova, è che si sa da dove si parte – o si pensa di sapere da dove si parte – ma non si sa mai dove si arriva: cioè, le strade non sono mai dritte. La cosa più importante è che ci siano delle sorprese, ci siano delle cose che uno non prevedeva.
D. – L’Italia, in particolare il Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, era un’eccellenza mondiale, per l’informatica. Cosa è successo, poi?
R. – L’Italia, nel campo dell’informatica, ha sempre viaggiato forte. La base dell’informatica, poi, è matematica, è tanta bella roba: la cultura c’è… E’ successo che probabilmente c’è stata negli ultimi decenni una sorta di frattura tra il mondo della ricerca del Cnr in particolare e quello universitario, che invece era stata l’arma di successo di quella vittoria, e noi adesso stiamo semplicemente ritornando a quello schema. In quei giorni in cui avvenivano queste cose di Internet, c’era tanta gente giovanissima... Cioè, le avventure le iniziano sempre i giovani.
D. – Quanto è importante questa giornata e di cosa avete parlato a Pisa?
R. – La giornata è inserita in un contesto totalmente nazionale: la giornata qui – ma non so, ci sarà un migliaio di altri posti in Italia dove si sta celebrando la stessa cosa – finora è stato tutto un succedersi di celebrazioni in ricordo del passato, ma anche di proiezioni verso il futuro. Questa giornata è esattamente nella direzione di rendere il più possibile tutta la popolazione informata su queste belle possibilità. Queste cose di cui stiamo parlando adesso partirono con Guglielmo Marconi, che era stato il secondo presidente del Consiglio nazionale delle ricerche. Abbiamo una storia che si tramanda, al tempo stesso abbiamo questa creatività, ingrediente fondamentale: se non c’è quello, non si fa nulla. Si tratta di mettere tutti in condizioni di operare con strategia. Valentina Onori, Radio Vaticana, Radiogiornale del 29 aprile 2016.