La scenografia di Jiří Heřman e Jan Lukášek, le luci di Daniel Tesař, lo svolgimento narrativo, i costumi di Alexandra Grusková, la bellezza e l'intensità delle interpretazioni: al Teatro Nazionale di Praga(Národní divadlo) tutto è teso a rendere l'opera comprensibile e leggera. Le note drammatiche dell'opera sono consegnate allo spettatore con una delicatezza e gentilezza di tale che ci sembra di sentire l'odore dei fiori di pesco dei giardini giapponesi che vediamo sulla scena.
Assolutamente magnifica l'interpretazione di Maria Kobielska nei panni di Cio-Cio-San: una grande resa vocale, una capacità straordinaria di rendere la complessa ingenuità del personaggio perfettamente credibile.
La capacità del regista Jiří Heřman, costruisce un racconto magistrale, carico di simboli ma perfettamente leggili, senza intellettualismi inutili: fin dalla prima scena ci fa comprendere il volgare cinismo di Pinkerton, il nostro bravo tenore Luciano Mastro.
Grazie a tutto ciò, lo spettatore non fa nessuno sforzo, non ha alcuna difficoltà: può tranquillamente abbandonarsi alla storia e alla bellezza delle note di Puccini (nella direzione del Maestro Martin Leginus) perché l'eventuale aspetto della difficoltà della comprensione è stato risolto alla base dal regista.
Una chicca è l'intepretazione del console Sharpless del baritono Pavol Remenár: in poche battute ha la capacità di restituire la difficoltà di fare prendere atto a Butterfly di una realtà che la porterà alla morte.
E poi la presenza di una figura femminile in nero che accompagna l'intera durata dello spettacolo: nel terzo atto si rivelerà essere Kate, la moglie americana di Pinkerton (Erika Vocelová Jarkovská). Attraverso questo stratagemma, si evidenziano ancora di più le intenzioni superficiali di Pinkerton che ha già in mente di rifarsi una vita negli Stati Uniti abbandonando Butterfly. Una presenza silenziosa (rispetto a quella rassicurante e sincera di Suzuki, il mezzosoprano Lenka Čermáková) a tratti inquietante perché non se ne conosce l'identità, ma che alla fine è più che giustificata dato che in effetti la vita matrimoniale di Cio-Cio-San è solo una farsa, un capriccio.
Semplicemente geniale la scena che chiude l'opera: delle onde marine, sempre più minacciose e angoscianti, ingoiano un destino fragile che si spegne nel buio assoluto dello sfondo finale, contraltare perfetta alla fioritura carica di promesse della scena di inizio.