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Save the Children, 58 milioni di bambini non vanno a scuola. Parla Filippo Ungaro

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E’ un quadro drammatico quello che emerge dall’ultimo rapporto di "Save the Children" sulla condizione dei minori nel mondo. Sono bambini invisibili, dimenticati e vulnerabili. Sei milioni di bambini prima di compiere cinque anni muoiono per malattie curabili. Nonostante i traguardi raggiunti negli ultimi decenni, tra cui il dimezzamento della mortalità infantile dal 1990 a oggi, milioni di bambini continuano a essere esclusi e discriminati. Ne parla Filippo Ungaro, direttore della Comunicazione e Campagne comunitarie di Save the Children, intervistato da Valentina Onori:

R. – E’ intollerabile che questi bambini rimangano indietro soltanto perché nascono nel posto sbagliato o perché appartengono a minoranze etniche o perché sono bambine… Purtroppo, ancora oggi nel mondo ci sono 58 milioni di bambini che non vanno a scuola, sei milioni ancora che muoiono per cause facilmente prevenibili e curabili, 400 milioni, addirittura, sotto i 13 anni che vivono in povertà assoluta e altrettanti che sono discriminati a causa del sesso, della religione, dell’etnia e della disabilità. Questi bambini sono i più poveri fra i più poveri.
D. – Anche in questo quadro drammatico è presente la discriminazione di genere: le ragazze adolescenti più povere sono quelle più discriminate…
R. – In Afghanistan, solo il 4 % delle bambine, in contesti familiari di povertà, completa l’istruzione primaria. Normalmente vengono impiegate per varie attività, soprattutto domestiche, e se c’è da fare una scelta su chi deve andare a scuola, la bambina è sempre sacrificata.
D. – E nei Paesi ricchi le diseguaglianze ci sono?
R. – In Italia, c’è un milione di bambini che vive in povertà. In Gran Bretagna, i bambini appartenenti alle minoranze etniche, alle minoranze di origine pakistana e bengalese, crescono in povertà rispetto ai loro coetanei inglesi.
D. – Il cambiamento è possibile? 
R. – Il cambiamento è assolutamente possibile! Bisogna saperlo, bisogna crederci fino in fondo. E’ questione di volontà politica e di investimento da parte della comunità internazionale riguardo ai bambini più vulnerabili. Bisogna ricordarsi di questi bambini e investire su di loro. Ci sono tanti bambini che non possono andare a scuola perché non possono permettersi di comprare l’uniforme scolastica: è assolutamente inaccettabile nel 2016. Oggi, il mondo ha tutte le tecnologie e le risorse necessarie per poter risolvere questo problema. E il fatto che ci siano ancora quasi sei milioni di bambini che prima di compiere cinque anni muoiono per malattie banalissime, come la polmonite, la malaria, la dissenteria… Questo è un problema che si potrebbe risolvere dall’oggi al domani.
D. – Che futura generazione sarà quella di questi bambini, se non vengono aiutati?
R. - Purtroppo, questi bambini saranno condannati a non avere nessun tipo di futuro o comunque un futuro ancora una volta legato a povertà, a miseria, a stenti. Bisogna che il mondo si occupi di questi bambini più vulnerabili. E’ necessario che la comunità internazionale si muova in questo senso e faccia veramente qualcosa per loro.
D. – Quanto incide l’istruzione?
R. – L’istruzione è la chiave di volta per poter dare a questi ragazzi un futuro dignitoso e un’educazione che sia di qualità, a maggior ragione e soprattutto per le bambine. Una bambina più educata sarà, a sua volta, una mamma che si sposerà più tardi, che avrà più consapevolezza rispetto alla salute e all’educazione dei propri figli.
D. – L’aiuto più grande quale potrebbe essere?
R. – L’aiuto più grande deve venire dalla comunità internazionale. Ci deve essere una volontà politica forte, perché altrimenti quello che fa Save the Children oggi potrebbe essere cancellato da una guerra, da una catastrofe naturale domani. E’ importante che ci sia un investimento strutturale nell’eliminazione di queste discriminazioni. Intanto, bisogna riconoscere il problema e, una volta riconosciuto il problema, creare una strategia di intervento. Oggi, purtroppo, questi bambini più vulnerabili sono proprio esclusi, sono dimenticati, sono invisibili. Pochi si occupano di loro in maniera strutturale. Valentina Onori, Radio Vaticana, Radiogiornale del 27 aprile 2016.

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