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Amnesty International, nel 2016 meno esecuzioni nel mondo: 1032 rispetto alle 1634 del 2015

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Piccoli passi avanti nel mondo verso l’abolizione della pena di morte. Secondo il Rapporto 2016 di Amnesty International, reso noto oggi. 1032 le esecuzioni registrate in confronto alle 1634 del 2015. Tuttavia la pena capitale rimane una piaga, per l’eliminazione della quale la comunità internazionale deve ancora impegnarsi a fondo. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia: 

R. –Ogni anno ci troviamo a descrivere una situazione che presenta certamente dei dati positivi, perché ormai la pena di morte è un’emergenza limitata a pochi Paesi nel mondo. Nel 2016, l’87 percento delle esecuzioni note ad Amnesty è accaduto in quattro Paesi. Cina, Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan sono gli Stati in cui si eseguono più condanne a morte. Però le esecuzioni restano migliaia e dietro l’angolo c’è sempre il rischio che possano esserci nuove ondate di esecuzioni.

D. - Quali sono i Paesi in cui ci sono stati maggiori progressi, in cui la pena di morte è stata abolita, se ci sono?

R. - Benin e Nauru hanno abolito la pena di morte per tutti i reati nel 2016; la Guinea l’ha abolita soltanto per i reati ordinari, ma ad oggi sono 142 i Paesi che l’hanno abolita definitivamente, perché la mantengono solo in casi eccezionali come il tempo di guerra o perché comunque per prassi non vi ricorrono più. Insomma è una maggioranza schiacciante quella che non applica più la pena capitale. Anche all’interno di Paesi che invece continuano a farvi ricorso abbiamo registrato delle tendenze incoraggianti per il futuro. In Iran c’è stata una diminuzione del 42 percento rispetto al 2015; in Pakistan addirittura del 73 percento; negli Stati Uniti non si registrava un numero così basso di esecuzioni dal 1991. In questo Paese, soprattutto, ogni anno diminuisce il numero delle nuove condanne a morte, che, dunque, potranno anche non essere mai eseguite negli anni successivi.

D. - Ci sono Paesi in cui, invece, si rischia di reintrodurre la pena capitale, per esempio la Turchia?

R. - La Turchia ci preoccupa molto, così come le Filippine. Certamente, se la Turchia decidesse questo passo pericolosamente indietro, sarebbe un fatto grave: vorrebbe dire che non ci sarebbe più quell’eccezione unica che è la Bielorussia in Europa, ma avremo un altro Paese che potrebbe applicarla. È qualcosa su cui ovviamente noi esprimiamo profonda contrarietà e su cui i Paesi europei dovrebbero fare pressioni molto forti per evitare questa decisione.

D. - È importante ripeterlo: la pena di morte, oltre ad essere una pratica inumana, non ha alcun potere deterrente nei confronti del crimine ..

R. - No, questo ormai è dimostrato da tutti gli studi che sono stati fatti nei Paesi in cui il fenomeno è stato analizzabile ed è possibile studiarlo in modo pubblico. Non c’è prova che la pena di morte abbia un potere deterrente particolare rispetto ad altre sanzioni nei confronti del crimine. Fa parte di quegli strumenti della retorica dell’essere duri contro il crimine, che può far guadagnare consenso elettorale, ma non produce nulla in termini di sicurezza collettiva. Giancarlo La Vella, Radio Vaticana, Radiogiornale dell'11 aprile 2017.

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