È una Via Crucis non tradizionale quella di Anne-Marie Pelletier, la biblista francese autrice delle meditazioni del Venerdì Santo di quest'anno al Colosseo.
Le stazioni rispecchiano i momenti che l’autrice ha ritenuto più significativi nel cammino di Gesù verso il Golgota: il rinnegamento di Pietro, la sofferenza di Cristo, in cui oggi si riconoscono uomini, donne e persino “bambini violentati, umiliati, torturati, assassinati”, il silenzio del sabato. Anne-Marie Pelletier ha voluto dare particolare spazio alle donne nella sua Via Crucis, cita Caterina da Siena ed Etty Hillesum e, fra i testimoni del nostro tempo, ricorda i monaci di Tibhirine. Tiziana Campisi le ha chiesto come ha sviluppato le sue riflessioni:R. - Direi che non ho pensato a quello che volevo dire o a quello che volevo trasmettere. La mia idea è stata, piuttosto, quella di ritrovarmi in questo cammino, di cercare di mettermi sui passi di Gesù che sale sul Golgota. Si tratta di una dimensione del pensiero di Dio e non del nostro, quindi ho cercato di avere un atteggiamento di ascolto e di silenzio per arrivare, per me stessa e per gli altri, allo straordinario paradosso che si realizza nell’ora della Passione, quello che le Scritture definiscono l’inaudito dell’ora di Dio e che tocca intensamente e profondamente tutto l’agire del nostro mondo contemporaneo.
D. - Le sue 14 stazioni non sono quelle tradizionali. Come mai questa scelta?
R. - Ho preso spunto dal fatto che la Via Crucis ha diversi riferimenti e che non ha uno schema vincolante e ho scelto quei momenti che mi sembravano particolarmente significativi. Così ho deciso di inserire il rinnegamento di Pietro e la scena in cui Pilato, consultato dalle autorità ebraiche, dichiara anche lui che Cristo doveva essere crocifisso. Per me era molto importante voler ricordare, in questa circostanza, ebrei e pagani uniti nella complicità della condanna a morte di Gesù. Sappiamo che nel corso dei secoli i cristiani sono stati tentati di attribuire la responsabilità della morte di Cristo solo al popolo ebraico. I testi, però, così come sono scritti, ci aiutano a capire che, in realtà, ci si trova dinanzi a un enorme dramma spirituale, nel quale ebrei e pagani sono uniti nello stesso rifiuto di Cristo, nella stessa violenza che porta alla sua condanna a morte.
D. - A che cosa si è ispirata per le sue meditazioni?
R. - Direi, fondamentalmente, sulla mia esperienza di credente, sull’esperienza della lotta della fede. Perché quando ci si trova - come nel caso della Passione di Gesù - di fronte a questo estremo del pensiero di Dio, ciascuno di noi si sente smarrito e ha difficoltà ad entrare nella logica delle Scritture, del “doveva essere così”.
D. - C’è un messaggio che vuole dare attraverso i suoi testi?
R. - Direi che fondamentalmente ho cercato di sensibilizzare sul fatto che i tragici eventi della Passione hanno dell’umano: Cristo è condannato a morte, sottoposto alla violenza degli uomini. Tali avvenimenti ci insegnano che dobbiamo riuscire a raggiungere ciò che Papa Francesco chiama l’Evangelii gaudium, “la gioia del Vangelo”. Siamo di fronte ad un grande paradosso, perché quello che abbiamo sotto gli occhi è la realtà di un fallimento, della sofferenza trionfante, del regno della morte. E’ molto importante riprendere coscienza sul fatto che essere cristiani è l’opposto di questo ricatto della violenza, della morte, e che l’amore è più forte. L’amore che viene da Dio ha la vittoria su tutto. Penso sia compito dei cristiani di oggi essere testimoni di ciò.
D. - Nell’ultima stazione lei sottolinea la presenza delle donne…
R. - Ho voluto che la XIV stazione fosse dedicata al Sabato Santo. Il Vangelo offre su tale giorno solo poche parole e queste riguardano delle donne. Sono quelle donne che, tornate dalla tomba dopo l’inumazione di Gesù, andarono a preparare i teli per poterne avvolgere il corpo dopo lo Shabbat. Anche se la nostra liturgia non gli riserva una grande risonanza, penso che il Sabato Santo sia un momento fondamentale. E’ un momento di raccoglimento, di silenzio; ci prepara a riconoscere la resurrezione. Ed è anche un momento femminile, che ci mostra le donne sottoposte alla prova della morte di Gesù, ma che allo stesso tempo continuano ad avere un atteggiamento di vita: preparano i teli con i quali andranno ad onorare il corpo di Cristo e hanno un comportamento molto diverso da quello dei discepoli di Emmaus. Questi sono delusi e disorientati, le donne, invece, non si mostrano così; semplicemente, sobriamente, preparano i teli e si dispongono così a ricevere la grande sorpresa dell’annuncio della Resurrezione. Tiziana Campisi, Radio Vaticana, Radiogiornale del 9 aprile 2017.