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“Nero è il cuore del papavero” di Patrizia Tocci, un libro che “…ara l’anima”

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PESCARA. All’ombra dei poster giganti dei mostri sacri del neorealismo italiano, che tappezzano le pareti del Mediamuseum di Pescara, è stato presentato un libro che “…ara l’anima”. Un romanzo-racconto intriso di poesia scritto da Patrizia Tocci, docente e scrittrice non nuova alla letteratura praticata in prima persona. Il libro si intitola “Nero è il cuore del papavero”, una prospezione tra gli affetti familiari dell’autrice ed il mondo contadino dell’Abruzzo interno di qualche anno or sono.

A presentarlo c’erano, tra gli altri, l’editore in persona, Marco Solfanelli, il professor Vito Moretti e Dante Marianacci, con intermezzi musicali della giovane fisarmonicista Arianna Di Pasquale e l’aiuto di un video di Franca Visentin, giornalista Rai.

Dunque, un “libro che ara l’anima”, come dice Paolo Rumiz nella prefazione. Anzi, “Una medicina per l’anima”, aggiunge Marianacci. Dopo quattro traslochi in quattro anni causa sisma dell’Aquila, Patrizia Tocci, che da qualche tempo vive a Pescara, scrive questo “inno all’amore”, come è stato detto stasera. “Un monumento di parole” dedicato al suo amato papà, contadino in quel di Verrecchie, profondo Abruzzo aquilano.

E lei, Patrizia, con le parole riproduce la vanga del papà, il gesto del pugno che si apre per seminare il grano. Non c’è la finzione letteraria – argomenta il professor Moretti – ma un libro che ha la sincerità della voce del tempo. Questo libro – commenta sempre il professore – parla di una generazione e restituisce un mondo.

Scrittrice vera, dunque Patrizia Tocci. Che trae da sé per esemplificare una coscienza. Una coscienza dell’essere. Un sentimento profondo che forma letteratura. Che trasfonde la vicenda intimistica in messaggio che travalica i confini. E porta questa storia di un mondo internissimo in riva a quell’Adriatico, quel mare che è in sé medesimo aperto, senza barriere.

Se posso dire, quelle albe sul mare cui ha accennato il relatore Moretti sono più forti di qualsiasi chiusura. E sublimano – ma questo lo traggo da me – una vicenda umana, se posso dire. Ecco, il mare, naturale confluenza di una coscienza. Se posso ancora dire, di un amore. Ugo Centa.


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