Tanti quadri, personaggi e momenti narrativi con il denominatore comune di "Foxie": che sia presente o meno, la volpe fa da collante alle diverse successioni sceniche, per il carattere in sé e anche per quello che simboleggia.
Fattitaliani ha assistito alla messa in scena di "Foxie! La Petite Renarde rusée" a Tour&Taxis di Bruxelles, una produzioneDe Munt/La Monnaie: in un atto unico i tre atti dell'opera ceca di Leoš Janáček (autore di Libretto e Musica).
L'opera (in italiano La piccola volpe astuta) debuttò il 6 novembre 1924 al Teatro di Brno: racconta il mondo della volpe e dei suoi colleghi animali (ci sono cani, zanzare, libellule, grilli, cavallette, rane, civette, galli, galline) e il mondo degli esseri umani (il guardiacaccia, il maestro, il parroco).
Pare che sia stata la domestica di Janácek ad attirare l’attenzione del compositore sulle storie illustrate che nel 1920 apparivano sul quotidiano locale ‘Lidove Noviny’: protagonista una volpina catturata da un guardiacaccia, che riusciva poi a fuggire per tornare nei boschi a trovarsi un compagno e a mettere su famiglia. La versione originale era costituita da una serie di disegni di Stanislav Lolek.
Il libretto è stato definito ‘economico’ in quanto non contiene nulla di più rispetto al racconto, anzi qualcosa di meno, lasciando spazio a una notevole proporzione di musica puramente strumentale, che costituisce un’autentica intelaiatura sinfonica.
La gamma delle emozioni è vasta, e svaria dalla comicità all’erotismo a una dolorosa nostalgia, fino al sublime nel monologo finale del guardiacaccia, al quale è stata attribuita persino una ‘elevatezza shakespeariana’. Janácek, oltre a sfoltire il racconto originale, vi ha apportato delle modifiche non secondarie, quali la morte stessa della volpe.
La gamma delle emozioni è vasta, e svaria dalla comicità all’erotismo a una dolorosa nostalgia, fino al sublime nel monologo finale del guardiacaccia, al quale è stata attribuita persino una ‘elevatezza shakespeariana’. Janácek, oltre a sfoltire il racconto originale, vi ha apportato delle modifiche non secondarie, quali la morte stessa della volpe.
La morte della volpe, seppur ovviamente triste, fa parte della storia come un qualsiasi altro tassello: non viene enfatizzata né dal punto di vista strumentale né interpretativo. L'animale ha concluso il suo ciclo vitale, che continua anche senza di lei pur avendo contribuito comunque a rendere migliori le persone che ne sono venute a contatto.
Nella rappresentazione brussellese, la musica magistralmente eseguita dall'orchestra guidata dal Maestro Antonello Manacorda, assolve a due funzioni apparentemente se non antitetiche quanto meno distanti fra loro. Da un lato, sembra funzionale ai diversi quadretti che si succedono, dall'altro è a sé stante.
Racchiude quindi il significato primo dell'opera di Janáček, ma anche le scelte del regista, costumista e scenografo Christophe Coppens.
Lo spettacolo qui è pieno di adolescenti: la stessa Foxie (il soprano Lenneke Ruiten) è una ragazzina che - per le difficoltà che incontra e i problemi che vive - passa gradualmente alla fase della maturità, attraverso anche lo scontro generazionale con gli adulti che si mostrano sordi e insensibili alla sete naturale di conoscenze ed esperienza tipica di chi va crescendo (in primis la guardia - il bravissimo baritono Andrew Schroeder e sua moglie, il mezzo soprano Sara Fulgoni).
Il nostro momento preferito? il lungo dialogo cantato tra la nostra amica volpe e la sua compagna, l'eccellente Eleonore Marguerre. Da sottolineare la performance di Vincent Le Texier (Harasta) e Willem van der Heyden (il gallo/il macho).
L'ambientazione con i diversi spazi più o meno realistici (la caffetteria, la postazione della guardiola...) ha accontentato chi cercava anche degli elementi propri della storia originale.
Una grande volpe onnipresente, gli alberi animati, esseri fantastici (un po' extraterrestri, un po' come Alice) hanno comunque fatto respirare un'aria un po' da favola di cui c'è sempre bisogno, anche a ridosso di una seria riflessione sulla vita, sulla caducità dei destini e delle cose, e sulla nostalgia di ciò e di chi, rimpianto, non tornerà più.
Una grande volpe onnipresente, gli alberi animati, esseri fantastici (un po' extraterrestri, un po' come Alice) hanno comunque fatto respirare un'aria un po' da favola di cui c'è sempre bisogno, anche a ridosso di una seria riflessione sulla vita, sulla caducità dei destini e delle cose, e sulla nostalgia di ciò e di chi, rimpianto, non tornerà più.
Ecco perché alla fine ci si chiede come nell'ultima aria: È una fiaba o è tutto vero? Fiaba o verità?... Giovanni Zambito.