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Alessandro Banda, dal 28 aprile in libreria “Io Pablo e le cacciatrici di eredità”, Gaffi editore

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L’epoca di “Io Pablo e le cacciatrici di eredità” è la nostra e i valori sono quelli del passato, dove, fusi abilmente in un miscuglio esiziale, percepiamo materiali letterari, stili di vita, vocazioni e talenti inespressi. Banda non propone una tesi all’incompiuto, ma ne esalta nella forma l’ardire; ricordando, analizza e ripensa negli ambienti, riportandoci agli affetti personali, non scheda indizi, ma ci immerge nel linguaggio.

La storia centrale è il frutto di un raggiro, è un percorso di doppiezza, dove ogni gesto romantico nasconde un sotterfugio e dove il protagonista si fa amare, pur di vivere un’insperata seconda giovinezza, accetta, e noi empaticamente con lui, le artefatte seduzioni di due compagne con cui partire per un lungo viaggio. Due femmine gravide di rimpianto che, in omaggio alla legge estetica del dislocamento, sfruttano il loro sapore esotico per compensare le inadeguatezze di ruolo e rango. Le frasi non dette, o le attese attenzioni spontanee e disinteressate, sfumano la riduzione di una presenza a progetto e l’esistenza diviene simbolo del possesso.
Banda fa sì che non si abbia bisogno di fornire una ragione alla conclusione: il viaggio “Merano-Mirano”, dove lo slittamento di vocale fornisce lo straniamento di non luogo e non tempo. I rituali ipocriti della vita familiare, approntano un magistrale teatro del vero più coerente e efficace del reale.
“Si è così divertito, Alessandro Banda, a scrivere Io, Pablo e le cacciatrici di eredità che leggerlo è puro godimento. È una di quelle letture oggi rare che regalano il sano e sonoro piacere della risata. È per questo che la svolta del romanzo è così lancinante. Pablo, irregolare fin dal nome, moderno Sc’vèik cacciato da ogni scuola e da ogni lavoro, anarchico nei confronti di ogni regola, viene sconfitto, dopo morto, da due delle sue innumerevoli donne, che si contendono una misera eredità, strappandola al fratello/io narrante. Il buon soldato Sc’vèik dei nostri anni cede a una provincia cattiva che ricorda Federigo Tozzi, le maschere di Pirandello, a una donna «volpina e suina», dall’emblematico e feroce nome letterario di Soppressa, in Un Veneto becero e ignorante dove l’unica religione è quella dei «soldini». Nella sua negatività, Soppressa è una figura letteraria indimenticabile. Banda ci denuda la coscienza facendoci ridere.”    Roberto Lamantea
Alessandro Banda, insegnante di scuola superiore, nasce a Bolzano nel 1963 e fin dal suo esordio nel 2001 per Einaudi si delinea come una delle voci più acclamate dalla critica letteraria, sia per la sua capacità di affrontare camaleonticamente gli stili, che per la sua tenace personalità. Pubblica poi con Laterza, Fernandel, Traven Books, ma soprattutto vari titoli con Guanda; fra quelli di maggior successo: “Scusi prof. ho sbagliato romanzo” (2005), “Come imparare a essere niente. Moro, Pasolini, Lady D.” (2010), “L’ultima estate di Catullo” (2012), fino al recente “Il lamento dell’insegnante” (2015).
Con questo libro Alessandro Banda libera finalmente la sua sirena narrativa più autentica, adottando una voce intima e inconfondibile che vi diventerà subito indispensabile.

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